Nuovi spazi per comunicare

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Nuovi spazi per comunicare
Nuovi spazi per comunicare
Scritto da Steed Kulka
Nell'interesse degli addetti ai lavori e nella rapidità con cui si impossessa delle tecnologie più
creative e spettacolari ha preso il posto della multimedialità tradizionale, anche se a ben vedere
può essere considerata essa stessa una nuova frontiera multimediale lontana però dalle
scrivanie e dai salotti di casa. Parliamo di digital signage, o digital out-of-home, disciplina che
sta diffondendosi a macchia d'olio grazie alle molteplici possibilità che offre a chi si occupa di
comunicazione e pubblicità. Si tratta di un settore che richiede un mix di competenze tecniche,
fantasia e capacità di tradurre rapidamente concetti in formato visivo: pane per i denti di
numerosi fotografi e videografi che si muovono con disinvoltura nell'ambito digitale.
Approfondiamo il tema e andiamo alla scoperta di potenziali opportunità con Beppe Andrianò,
esperto di digital signage e membro del consiglio direttivo di POPAI Italia, ramificazione locale
della maggiore associazione professionale specializzata nella comunicazione sul punto vendita.
Beppe Andrianò è un esploratore di tendenze, un cacciatore di novità che si muove su un
terreno dove la ricerca dell'insolito è una costante. Ma Beppe è anche un costruttore di idee,
una persona che sa mettere in pratica i progetti che gli vengono assegnati trovando sempre la
strada giusta per appianare tutte le difficoltà e gli imprevisti che fanno parte integrante di un
settore nel quale ogni lavoro è - deve essere - fortemente differenziato da quello precedente.
Dopo oltre vent'anni trascorsi all'interno di Sony occupandosi della comunicazione al pubblico
mediante l'uso di nuove tecnologie, oggi si dedica a quello che più lo appassiona sotto il brand
Think and Make.it!, struttura in grado di seguire ogni aspetto dall'ideazione all'esecuzione e
misurazione di iniziative di digital signage. Oltre ad essere advisor di POPAI (Point of Purchase
Advertising International), siede anche nel comitato europeo di OVAB (Out-of-home Video
Advertising Bureau) responsabile della compilazione dell'indice DBCI, un indicatore dello stato
di salute del mercato del digital signage; in più è una delle firme che compongono
DailyDOOH.com, il principale blog che segue gli avvenimenti del settore.
od: Beppe, iniziamo con una definizione "formale" di digital signage?
Beppe Andrianò: Con il digital signage è in atto un salto evolutivo nella comunicazione che
richiama quanto accaduto negli anni Trenta del secolo scorso quando la tecnologia del neon ha
permesso di andare oltre le insegne tradizionali illuminandole e colorandole. Oggi sta
accadendo qualcosa di molto simile: la cartellonistica e le soluzioni per punto vendita realizzate
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in cartotecnica stanno evolvendo con un'animazione del messaggio, il gioco del colore e
l'espansione nello spazio grazie ai primi monitor autostereoscopici, schermi che consentono la
visione tridimensionale senza bisogno di occhialini. Oltre a questo lato diciamo più
"spettacolare" e di richiamo, il digital signage si stacca dall'ambito tradizionale grazie alla
possibilità di essere interattivo: il sistema più semplice è ovviamente quello dei touch screen,
ma esistono anche soluzioni più sofisticate in grado di capire quante persone stanno guardando
il messaggio in un dato momento, di quale età e di quale sesso... sono sistemi che misurano
l'efficacia e la validità di un progetto, un requisito essenziale per qualunque campagna di
comunicazione. Posso anche dirti quello che il digital signage
non è: non è la
televisione del negozio, non è il semplice broadcast isolato e fine a se stesso. Digital signage è
soprattutto un'evoluzione in movimento della comunicazione grafica statica, accessoriabile con
tutte le possibilità che la tecnologia digitale mette a disposizione.
od: Metti molto l'accento sul termine "evoluzione". In effetti, quando si parla di digital signage, la
tecnologia sembra essere una specie di bersaglio mobile: se l'applicazione è tutto sommato
definita, gli strumenti su cui si appoggia tendono a cambiare inseguendo le novità.
BA: La tendenza per le grandi installazioni è quella di ricercare sempre il modo di stupire il
pubblico, e per questo occorre trovare sempre soluzioni innovative. Prendiamo l'esempio dei
monitor, che in un modo o nell'altro rimangono un elemento previsto dalla quasi totalità delle
installazioni di digital signage. Una volta le persone erano abituate ai vecchi televisori a tubo
catodico, quindi un display piatto 16:9 era sufficiente per attirare la loro attenzione. Oggi che
questo tipo di monitor è universalmente diffuso, le stesse persone vi sono abituate e quindi non
lo percepiscono più. Dunque per sorprendere occorre cercare nuovi formati, andare su
dimensioni diverse da quelle abituali: magari si evita di disseminare un grande numero di
monitor e si privilegia invece la scelta di un'unica, grande parete a LED che occupi l'intero
campo visivo del passante/spettatore in maniera pervasiva. L'industria si sta sbizzarrendo, tanto
che ultimamente sono apparse sul mercato delle soluzioni a elementi modulari con meno di 1
mm di bordo che possono essere combinati liberamente per costruire matrici video delle forme
preferite. I già citati monitor autostereoscopici rappresentano un'altra novità che in questo
momento attira sicuramente l'attenzione delle persone. Vi sono sistemi olografici che proiettano
immagini in uno spazio tridimensionale in maniera tale che queste appaiano dal nulla
animandosi intorno a oggetti fisici. Soprattutto vi è una ricerca ininterrotta di soluzioni sempre
nuove perché, come ho detto, la priorità è quella di saper stupire - e per farlo non si può
percorrere una strada abitudinaria.
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od: Non tutti i progetti di digital signage giustificano però sistemi tanto sofisticati, destinati alle
grandi installazioni come hai premesso. E per i progetti più piccoli?
BA: Ci sono soluzioni alla portata di ogni progetto. Nei casi più delimitati, dove vi sia comunque
un buon livello di frequentazione del pubblico, a livello hardware si preferisce magari investire
sulla disponibilità di una congrua quantità di installazioni standard anziché su sistemi più
avanzati ma presenti in numero inferiore. Il focus si sposta allora sull'interazione e sulla
comunicazione, che risultano più agevoli se si offrono sufficienti punti interattivi. Per intenderci,
è inutile proporre una complicata unità multi-touch quando il consumatore fa già fatica a
interagire con computer, chioschi e totem usando due dita per volta; meglio allora scegliere
l'opzione che io chiamo "molti-touch" privilegiando per l'appunto la semplicità e il numero di
installazioni pronte a coinvolgere l'utente. In casi come questi sono indicatissimi touch screen
da 10-12" con capacità di aggiornamento via rete o anche via USB, a seconda degli scenari
d'impiego e della frequenza di rinnovo dei contenuti.
od: In questi casi l'elemento differenziante è indubbiamente il palinsesto. Come si lavora dal
punto di vista della logica e dei dati?
BA: Il mercato propone numerosi software di interfaccia, editor dedicati e generatori di playlist
con varie caratteristiche. In generale l'approccio di questi strumenti prevede una suddivisione
dello schermo in più zone. Questa segmentazione del video produce riquadri singolarmente
indirizzabili che possono essere associati a grafica, immagini, animazioni, filmati, feed RSS e
qualsiasi altra tipologia di contenuto. Il problema che ci siamo trascinati fin qui è stata l'estrema
frammentazione dei formati di contenuto: per questo proprio POPAI ha compiuto un paziente
lavoro in direzione della standardizzazione approntando un catalogo che riunisce tutti i formati e
tutte le risoluzioni associando una sigla univoca a ciascuna casistica. Chi produce piattaforme
per digital signage può dunque specificare con precisione i formati supportati, in modo che chi
deve progettare un'applicazione possa andare a colpo sicuro scegliendo le soluzioni più adatte.
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DailyDOOH:
www.dailydooh.com
OVAB:
www.ovab.org
Italia:
www.popai.it
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