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ASPETTI NORMATIVI
SULLE CARATTERISTICHE DEI MATERIALI UTILIZZATI NEGLI IMPIANTI AL SERVIZIO
DELLA DISTRIBUZIONE DELLE ACQUE DESTINATE AL CONSUMO UMANO
E SUI CONTROLLI DELL’ACQUA DISTRIBUITA
Vincenzo Riganti
Università di Pavia e Università dell’Insubria
[email protected]
Introduzione
L'attenzione degli studiosi (e anche dei gestori) verso la qualità dell'acqua di acquedotto è
relativamente recente. Bisogna riconoscere che gli studiosi di acquedottistica, per molto
tempo, hanno curato soprattutto gli aspetti idraulici della rete distributiva, anche nella scelta
dei materiali (tabella 1); gli ingegneri sanitari hanno rivolto maggiore attenzione verso le
acque reflue ed i gestori hanno identificato la qualità con il rispetto dei limiti di legge, senza
tener conto del fatto che i valori tabulari rappresentano soltanto il requisito minimo da
rispettare.
Tabella 1 - Materiali utilizzati in vari paesi per la costruzione di reti acquedottistiche
(da V. Riganti, S. Biale, L. Meucci, O. Conio, F. Palumbo: La bevanda acqua. Edizioni ETS,
Pisa, 1997)
Paese
Materiali %
Acciaio e
ghisa
Plastica
Cemento
amianto
Altro
Germania
Gran Bretagna
Finlandia
Olanda
Portogallo
Italia *
59
61
14
20,9
8
55
30
14
82
36,4
44
12,5
10
17
2
41,1
35
15
1
3
2
1,6
13
17,5
*La tendenza moderna è quella di utilizzare sempre di più, quando le condizioni
idrauliche lo permettono, materiali plastici, mentre la messa in opera di nuovi manufatti
di cemento-amianto, in Italia, è proibita
Oggi tuttavia, sia per la maggiore attenzione ai problemi della qualità, sia per le più stringenti
norme europee in materia di sostanze pericolose, la situazione è cambiata. Un segno di
cambiamento è stato l'emanazione del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, concernente
l'attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo
umano; la nuova disciplina è entrata per la massima parte in vigore nel dicembre 2003 e per
alcuni parametri lo sarà in date successive1.. Il decreto legislativo, all'articolo 9, individua le
competenze dello Stato per l'emanazione di prescrizioni tecniche per la tutela preventiva
delle acque destinate al consumo umano.
1
V. Riganti. Aspetti tecnici del nuovo D. Lgsl. N. 31/2001. Ambiente & Sicurezza, n. 9, 15 maggio 2001, pag.
18-23.
Il successivo decreto del Ministero della salute n. 174, datato 6 aprile 2004 e pubblicato in
Gazzetta Ufficiale n. 166 del 17 luglio 2004, intende appunto intervenire in questo senso,
definendo le condizioni tecniche alle quali devono sottostare i materiali e gli oggetti utilizzati
negli impianti fissi di captazione, trattamento, adduzione e distribuzione delle acque destinate
al consumo umano.
Norme che incidono sulla gestione tecnica: i nuovi limiti di qualità
Dal confronto tra i valori parametrici previsti nella precedente normativa (DPR 236/1988) e
quelli della nuova normativa, possiamo osservare che scompaiono un buon numero di
parametri aspecifici, sostituiti da singoli composti più indicativi della qualità: per esempio,
non è più presente la voce "idrocarburi", per la quale era fissato un limite di 10
microgrammi/L, sostituita dalla voce "benzene", per la quale il limite è di 1 microgrammo/L.
Ne consegue che ieri un'acqua che conteneva, per es., più di 1 microgrammo/L di benzene era
ritenuta potabile, con la condizione che il totale degli idrocarburi non superasse 10
microgrammi/L, mentre dal 25 dicembre 2003 è divenuta automaticamente non potabile.
Analogamente, le acque contenenti piombo in concentrazione compresa tra 10 e 25
microgrammi/L sono oggi potabili ma non lo saranno più il 25 dicembre 2013; le acque
contenenti da 10 a 25 microgrammi/L di ione bromato sono oggi potabili ma non lo saranno
più dal 25 dicembre 2008.
Osserviamo anche che il contenuto di ione clorito, inevitabile sottoprodotto della disinfezione
con diossido di cloro, era ininfluente sulla potabilità dell'acqua, ma è divenuto influente a
partire dal 25 dicembre 2003.
Da ultimo, osserviamo che l'evoluzione delle conoscenze tossicologiche porta alla riduzione
(a volte, graduale nel tempo) dei valori parametrici per contaminanti che sono stati
riconosciuti come disruptori endocrini (per es. l'arsenico) o la cui neurotossicità risulta
maggiore di quanto si riteneva in precedenza (per es. il piombo) o la cui cancerogenicità è
ritenuta dimostrata (per es. il nichel).
Per le conseguenze impiantistiche di queste (ed altre) modificazioni dei valori parametrici
rimandiamo ad altre nostre comunicazioni presentate in un precedente convegno2.
Il punto di rispetto dei valori parametrici
Un altro aspetto rilevante riguarda il punto nel quale devono essere rispettati i valori
parametrici, cioè i valori il cui superamento comporta un intervento da parte dell'autorità
pubblica. La precedente normativa (DPR 236/1988) identificava tale punto con il contatore
dell'utente: l'azienda distributrice era responsabile sia dei trattamenti, sia della rete
distributiva, ma non di quanto avveniva dal contatore al rubinetto dell'utente.
Ora i valori di parametro (lo specifico riferimento è ai parametri microbiologici e chimici che
figurano nell’allegato I del decreto legislativo) devono essere rispettati nel punto, all'interno
di locali o stabilimenti, in cui le acque fuoriescono dai rubinetti, di norma utilizzati per il
consumo umano. Viene comunque ancora esclusa la responsabilità del gestore della rete
quando si possa dimostrare che l'inosservanza dei valori parametrici è dovuta all'impianto di
distribuzione domestico o alla sua manutenzione. Non si configura quindi un obbligo di
intervento pubblico diretto sugli impianti dei privati; tuttavia l'ente pubblico, sulla base di
quanto affermato dalla direttiva, deve prendere misure appropriate per ridurre o eliminare il
rischio che esse (acque al rubinetto dell'utente domestico) risultino non conformi ai valori di
parametro.
Queste misure possono consistere:
• in misure che i gestori della rete distributiva possono prendere per modificare la natura e
le caratteristiche delle acque prima della fornitura, al fine di ridurre o eliminare il rischio
2
V. Riganti. La nuova normativa sulle acque ad uso potabile. Atti della 16a Giornata di studio di Ingegneria
sanitaria ambientale: Nuova normativa sulle acque potabili:aspetti gestionali e impiantistici. Brescia, 12 giugno
2001
che le acque non rispettino i valori di parametro dopo la fornitura (potrebbero essere
interventi di correzione della corrosività dell'acqua distribuita);
• nell'offerta di consulenza ai proprietari sugli eventuali provvedimenti correttivi che essi
devono adottare (potrebbero essere il rifacimento della rete interna);
• nell'informazione dei consumatori interessati, che possono essere diversi dai proprietari
dell’edificio, accompagnata dai consigli su provvedimenti correttivi supplementari
(potrebbero essere trattamenti al punto d'uso).
Diverso è il caso degli edifici che ospitano strutture in cui l'acqua è fornita al pubblico, quali
scuole, ospedali, ristoranti: in questo caso vi è un preciso obbligo di intervento, da parte
dell'ente, società o privato proprietari della rete interna.
La più accreditata dottrina ritiene che anche gli Amministratori dei condomini abbiano la
responsabilità di controllo e di intervento sulle reti interne condominiali
I metodi di analisi
Un terzo aspetto di rilievo riguarda i metodi di analisi della qualità delle acque dovrebbero
essere tali, secondo la nuova normativa, da garantire risultati affidabili e comparabili. La
novità della cosa non è nella affermazione di principio, bensì nella quantificazione di ciò che
si intende per affidabilità e comparabilità. L'allegato III del decreto legislativo difatti
stabilisce, per un certo numero di parametri, le caratteristiche di esattezza in % del valore di
parametro, precisione in % del valore di parametro, limite di rilevazione in % del valore di
parametro che devono essere possedute dal metodo di analisi utilizzato. A volte non è agevole
conseguire tali risultati nei laboratori aziendali: è il caso, per esempio, del benzene e dei
bromati.
Va sottolineato che il decreto legislativo vieta che i controlli aziendali (del gestore del
servizio pubblico integrato) vengano effettuati dal controllore pubblico (ASL), al quale sono
riservati i controlli di garanzia.
La norme sui materiali da costruzione
Il decreto del Ministero della salute n. 174, datato 6 aprile 2004 e pubblicato in Gazzetta
Ufficiale n. 166 del 17 luglio 2004, definisce le condizioni tecniche alle quali devono
sottostare i materiali e gli oggetti utilizzati negli impianti fissi di captazione, trattamento,
adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano3.
La normativa pregressa
Fino ad oggi le norme alle quali si faceva riferimento, direttamente o indirettamente, erano i
regolamenti locali di igiene da un lato, le norme sui materiali destinati al contatto con gli
alimenti (Decreto del Ministro della sanità 21 marzo 1973 e successive integrazioni e
modificazioni), dall'altro, le circolari ministeriali su particolari argomenti. A titolo di esempio,
nel caso delle materie plastiche e gomma per tubazioni ed accessori destinati a venire a
contatto con acqua potabile e da potabilizzare possiamo citare la circolare del Ministro della
sanità n. 102 del 2 dicembre 1978; l'impiego dei tubi di rame elettrolitico nelle condotte di
acqua potabile all'interno delle abitazioni era normato del DPR 3 agosto 1968, n. 1095; le
tubazioni per acqua potabile in zinco sono state ammesse con il Regio Decreto 3 febbraio
1901, n. 45 (Regolamento generale sanitario) come modificato dal Regio Decreto 23 giugno
1904, n. 369; l'impiego delle tubazioni per acqua potabile in piombo, che era tollerato con
l'art. 36 delle Istruzioni ministeriali 20 giugno 1896, è stato successivamente ammesso con i
due Regi decreti già citati a proposito dello zinco. Per completezza, si ricordi anche che la
legge 27 marzo 1992 ha dettato norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto, in
3
Difatti l’art. 9 del d. lgsl. 31/2001 così recita:
“Nessuna sostanza o materiali utilizzati per i nuovi impianti o per l'adeguamento di quelli esistenti, per la
preparazione o la distribuzione delle acque destinate al consumo umano, o impurezze associate a tali sostanze o
materiali, deve essere presente in acque destinate al consumo umano in concentrazioni superiori a quelle
consentite per il fine per cui sono impiegati e non debbono ridurre, direttamente o indirettamente, la tutela della
salute umana prevista dal presente decreto”.
precedenza ammesso nelle tubazioni per le acque potabili come fibrocemento purché non
contenente crocidolite.
La direttiva europea 89/106/CE e il mandato M/136
La regolamentazione su materiali ed oggetti impiegati nelle tubazioni, raccordi e guarnizioni a
contatto con l’acqua potabile è gestita dalla Commissione Europea che ha conferito al CEN,
l’ente normatore europeo, il mandato M/136. Tale mandato rientra nell’ambito della direttiva
89/106/CE “relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed
amministrative degli stati membri concernente i prodotti da costruzione” e della direttiva
98/83/CE “concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano”, di cui si è detto
più sopra.
La direttiva 89/106/CE individua sei requisiti essenziali cui i prodotti da costruzione devono
essere conformi e prevede inoltre che, a partire da una certa data, alcuni prodotti da
costruzione non possano circolare sul mercato europeo se non conformi ai requisiti essenziali.
La conformità ai requisiti essenziali deve essere "manifestata" con l’apposizione della
marcatura CE. I requisiti essenziali individuati dalla CPD, che interessano i prodotti da
costruzione a contatto con acqua potabile, sono in particolare:
- igiene, salute e ambiente (requisito 3);
- sicurezza nell’impiego (requisito 4).
Il mandato M/136 raccomanda di seguire, per la conformità ai requisiti essenziali della
direttiva 89/106/CE, gli stessi metodi di prova sia per i prodotti a contatto con acqua potabile
che non.
I prodotti inclusi nel mandato M/136 comprendono:
- materiali cementizi (calcestruzzo prefabbricato/rinforzato con fibre/armato/non armato,
rivestimenti a base di malta di cemento, cemento rinforzato con fibre,…);
- materiali metallici (acciaio, alluminio, rame, leghe, ghisa,…);
- materiali organici (plastiche, polimeri, gomme, elastomeri, PVC,…);
- materiali vetrosi (vetro, gres,…);
- materiali compositi (poliestere rinforzato con fibre di vetro, resine epossidiche rinforzate
con fibre di carbonio,…).
Per questi prodotti viene richiesto di valutare se sono idonei al contatto con acqua potabile per
stimarne il potenziale effetto negativo sulla salute e sulle caratteristiche organolettiche.
L’attività dell’ente normatore europeo per determinare tali effetti si sviluppa in due stadi:
1. produzione di campioni di acqua di migrazione: un campione di prodotto viene trattato con
acqua in condizioni normalizzate, con un processo di lavaggio, scorrimento e/o percolazione
preceduto da un predefinito tempo di contatto;
2. analisi dell’acqua di migrazione, per valutare la concentrazione di prodotti chimici migrati
oppure dei loro effetti.
Le analisi saranno strutturate su tre livelli:
- prova 1: caratteristiche organolettiche, domanda di cloro e carbonio organico totale;
- prova 2: parametri previsti dalla direttiva 98/83/CE;
- prova 3: crescita microbiologica, citotossicità.
Le norme EN UNI
Finora sono state pubblicate tre norme europee per la valutazione degli effetti dei materiali
sull’acqua potabile (prove distruttive):
1.La norma UNI EN 13052-1:2002 “Influenza dei materiali sull’acqua destinata al consumo
umano – Materiali organici - Determinazione del colore e della torbidità nelle reti di
tubazioni – Metodo di prova”: la norma descrive un metodo di prova per la determinazione
del colore e della torbidità di acque di prova dopo il contatto con materiali organici utilizzati
nelle reti di tubazioni. La superficie dei pezzi di prova è portata in contatto con le acque di
prova in seguito ad un pretrattamento di scarico, stagnazione con o senza disinfezione e
quindi prelavaggio. I pezzi di prova sono messi a contatto con acque clorate e non clorate per
72 ore a 23°C, o messi a contatto con acque non clorurate per 24 ore ad una temperatura
specificata nell’intervallo da 60°C a 85°C. Dopo questo contatto l’acqua di migrazione è
valutata per colore e torbidità;
2. la norma UNI EN 1420-1:2002 “Influenza dei materiali sull’acqua destinata al consumo
umano – Determinazione dell’odore e del sapore dell’acqua nelle reti di tubazioni – Metodo
di prova”: la norma specifica un metodo di prova per la determinazione dell’odore e del
sapore delle acque sottoposte a prova dopo il contatto con materiali organici utilizzati nei
sistemi di tubazioni; la superficie dei pezzi di prova viene messa a contatto con le acque di
prova dopo un definito trattamento preliminare di flussaggio, stagnazione con o senza
disinfezione seguita da prelavaggio. I pezzi di prova vengono messi a contatto con acque
clorate e non clorate per 72 ore a 23°C, oppure con acqua non clorata per 24 ore ad una
temperatura specificata compresa tra 60°C e 85°C. Dopo questo contatto, l’acqua di
migrazione viene valutata al fine di determinare la soglia di odore e la soglia di sapore;
3. la norma UNI EN 12873-1:2004 “Influenza dei materiali sull’acqua destinata al consumo
umano – Influenza dovuta alla migrazione – Parte 1: Metodo di prova per prodotti realizzati
in fabbrica di materiali non metallici e non cementizi”: la norma specifica un metodo per
determinare la migrazione di sostanze da prodotti, realizzati o applicati in fabbrica, di
materiali non cementizi e non metallici destinati ad essere utilizzati a contatto con acqua
potabile; ciascun pezzo di prova è sottoposto ad un procedimento di pretrattamento
specificato di ristagno e di prelavaggio. La superficie del pezzo di prova è messa in contatto
con l’acqua di prova per la durata di almeno tre periodi di migrazione in successione. Un
periodo di migrazione consiste in:
- 72 ore a 23°C per prodotti destinati al contatto con acqua fredda,
- 24 ore ad una temperatura specificata nell’intervallo da 60°C a 85°C per prodotti destinati al
contatto con acqua tiepida o calda.
I tassi di migrazione dei primi tre periodi di migrazione sono determinati mediante analisi
delle sostanze richieste nelle rispettive acque di migrazione.
Il nuovo decreto ministeriale
Il nuovo decreto ministeriale, che si propone di ricondurre ad unità le disparate norme in
materia, ha avuto una gestazione alquanto travagliata: a quanto sembra, anche a livello
europeo (la direttiva europea 98/34/CE, come modificata dalla direttiva 98/48/CE, prevede
una procedura di informazione) ma anche e soprattutto a livello nazionale. Prova ne è che il
prescritto parere del Consiglio di Stato risale a due anni prima (20 maggio e 26 agosto 2002)4.
Il principio generale al quale si informa il regolamento è che i materiali e gli oggetti utilizzati
negli impianti fissi di captazione, di trattamento, di adduzione e di distribuzione delle acque
destinate al consumo umano devono essere compatibili con le caratteristiche definite
nell’allegato I del decreto legislativo n. 31 del 2001 (quindi, con i valori parametrici richiesti
per le acque destinate al consumo umano diretto, o all’impiego nelle industrie alimentari). Di
più, non devono dare origine a caratteristiche dell’acqua che siano nocive alla salute 5 né
devono modificarne sfavorevolmente le caratteristiche organolettiche 6.
Questa norma generale viene meglio precisata nelle norme specifiche riguardanti i materiali
che costituiscono gli impianti fissi (capo 1) e le tubazioni, i raccordi, le guarnizioni e gli
accessori (capo 2).
4
Di questo travaglio rimane evidente traccia nel testo pubblicato, laddove stabilisce, nell’allegato IIIa, che
additivi come fosfiti, solfati e stearati di piombo possono essere utilizzati fino al 25 dicembre 2003 (data ormai
trascorsa, alla quale sono entrate in vigore le disposizioni del d. lgsl. 31/2001), oppure dove detta la prescrizione
che i materiali e gli oggetti non devono, nel tempo, modificare le caratteristiche delle acque poste con essi in
contatto, in maniera tale da non consentire il rispetto dei limiti vigenti negli effluenti “dagli impianti di
depurazione delle acque reflue urbane” (Art. 2 comma 2).
5
Cfr. l’art. 4 comma 2 del d. lgsl. 31/2001, laddove prescrive che le acque destinate al consumo umano non
devono contenere sostanze in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute
umana.
6
Le caratteristiche organolettiche sono una importante componente della “qualità emozionale” delle acque
potabili: un loro deterioramento porta il consumatore a preferire altre bevande, come l’acqua minerale naturale o
l’acqua purificata.
Il complesso dei materiali che possono essere utilizzati a contatto con le acque destinate al
consumo umano si presenta come un vero e proprio elenco positivo. A questo elenco possono
essere aggiunti nuovi materiali, che saranno autorizzati attraverso una apposita procedura
valutativa a livello ministeriale. Materiali che non siano compresi nell’elenco ma siano stati
autorizzati da uno Stato membro dell’Unione europea (o facente parte dall’accordo sullo
Spazio Economico Europeo) possono essere impiegati a condizione che nello Stato membro
sia stata effettuata una valutazione igienico-sanitaria da parte di un organismo tecnicoscientifico riconosciuto (art. 5), con procedura comparabile a quella che, in Italia, è richiesta
per le richieste di autorizzazione all’impiego di un nuovo materiale (art. 6).
Le imprese che producono materiali che possono essere utilizzati a contatto con le acque
destinate al consumo umano devono provvedere ai controlli di idoneità e tenere a disposizione
del Ministero della salute le informazioni relative; i responsabili degli interventi di
realizzazione o di ristrutturazione degli impianti fissi di captazione, trattamento, adduzione e
distribuzione delle acque destinate al consumo umano devono essere in possesso delle
indicazioni sopra citate. Sono previsti obblighi inerenti alla etichettatura dei materiali ed al
loro trasporto e stoccaggio.
Aspetti tecnici del decreto
Gli aspetti tecnici del decreto sono contenuti nei numerosi allegati, che verranno ora
sommariamente presi in esame.
L’allegato I elenca i metalli e loro leghe che possono essere utilizzati per la produzione di
manufatti destinati a venire a contatto con acque destinate al consumo umano.
Essi comprendono:
• gli acciai al carbonio, tal quali o rivestiti;
• le ghise, tal quali o rivestite;
• l’acciaio al carbonio, zincato;
• l’acciaio inossidabile;
• il rame e sue leghe;
• l’alluminio;
• il titanio e sue leghe.
Non compare nell’elenco il piombo ed anzi vengono esplicitamente abrogate le previgenti
norme che ne autorizzavano, sotto certe condizioni, l’impiego.
Per ciascuno dei materiali consentiti vengono elencati i requisiti di purezza, indicando il
tenore massimo di altri costituenti e il contenuto massimo ammissibile di impurezze
considerate tossiche.
Le impurezze più frequentemente indicate come soggette a controllo corrispondono, in linea
di massima, ai metalli che la moderna tossicologia considera maggiormente pericolosi per la
salute umana, quali arsenico (considerato oggi un importante disruptore endocrino),
antimonio (al quale si imputa l'aumento del colesterolo nel sangue), piombo (neurotossico
nella prima infanzia), nichel (ritenuto cancerogeno) e cadmio (nefrotossico). A questo
proposito, si ricordi che, rispetto al previgente D.P.R. 236/1988, per i primi quattro parametri
i valori limite di concentrazione nelle acque potabili sono stati sensibilmente ridotti dal d.
lgsl. 31/2001. Non può essere letta in questa chiave tossicologica la limitazione posta al
contenuto di ferro nei manufatti in rame e in titanio, per i quali si dovrebbe ipotizzare una
motivazione legata alle caratteristiche di resistenza del materiale, che per vero ci appare
alquanto improbabile. Il dubbio che viene prospettato dagli operatori del settore è la
disponibilità, a prezzi accessibili, di metalli e di leghe aventi le caratteristiche volute;
sarebbero stato preferibile, secondo molti operatori, definire l’accettabilità dei materiali in
base a saggi di migrazione globale e specifica. Saggi che, comunque, sono esplicitamente
previsti per l’acciaio inossidabile, con riferimento in taluni casi al citato decreto ministeriale
21 marzo 1973 e successivi aggiornamenti e in altri casi all'allegato IIIc del decreto qui
commentato.
Desta qualche sorpresa il limite posto al contenuto in rame degli ottoni, fissato al 3,5%. In
altre legislazioni sono stabiliti limiti assai più severi, in considerazione del fatto che, in
condizioni statiche, è ben, dimostrata la consistente cessione di piombo alle acque da parte
della rubinetteria in ottone 7. Il piombo è presente in questa lega per assicurare una buona
lavorabilità alle macchine utensili; il problema è all’attenzione dell’Unione Europea, che ha
disposto indagini sperimentali.
Del tutto corretta è l’indicazione , rivolta agli installatori, di evitare accoppiamenti galvanici
sfavorevoli. Difatti, in occasione del rifacimento di reti interne 8 possono essere utilizzati
diversi materiali metallici (tabella 2), tra i quali è privilegiato il rame; la sua giunzione con
altri metalli può dar luogo a rilevanti cessioni, se non si tiene conto della rispettiva posizione
nella serie elettrochimica degli elementi.
Tabella 2 - Materiali impiegati nella costruzione di impianti idrici interni
(da V. Riganti, S. Biale, L. Meucci, O. Conio, F. Palumbo: La bevanda acqua. Edizioni ETS,
Pisa, 1997)
Materiale
Anno di introduzione
Piombo*
Acciaio
Rame
Ferro galvanizzato
Polietilene
PVC
Polipropilene
1800
1900
1920
1940
1950
1950
1980
*Il piombo è stato il primo metallo usato per la costruzione di tubi destinati al trasporto di acqua già in
epoca antica: il primo utilizzo segnalato è relativo alla città di Efeso
L’allegato II regolamenta i materiali a base di leganti idraulici, smalti porcellanati, ceramiche
e vetri che possono essere utilizzati per la produzione di manufatti di uso sia negli impianti di
trattamento, sia nelle case. Non tragga in inganno la loro elencazione, che farebbe pensare a
materiali prettamente inorganici: in realtà, nei materiali leganti possono essere incorporate
fibre di natura organica, sia naturali (fibre cellulosiche), sia sintetiche (poliolefine,
poliacrilonitrile, poliammidi, poliesteri).
Per i materiali a base di leganti idraulici, oltre alle aggiunte degli additivi minerali autorizzati
nella regolamentazione relativa ai materiali ed oggetti a contatto con le sostanze alimentari9,
viene consentita l'aggiunta di materiali ivi non elencati (come argille, silicoalluminati dei
metalli alcalini ed alcalino-terrosi, silice di combustione, allumina, ma non amianto.
Nulla viene detto sulla cessione del legante vero e proprio (cementi, malte, calcestruzzi);
l'allegato si dilunga invece sui coadiuvanti e sulle aggiunte, facendo richiamo al successivo
allegato III per le fibre organiche, al precedente allegato I per le fibre metalliche, e più in
7
G. Bertanza, V. Riganti, R. Pedrazzani. Metal release from brass taps: test in static conditions. Journal of
Commodity Science, 2002, 41, (II), 67-88.
8
Si ricordi che il punto nel quale devono essere rispettati i valori parametrici non è più l’entrata al contatore
dell’utente, ma è il rubinetto da cui fuoriescono acque utilizzate per il consumo umano (art. 5 del d. lgsl.
31/2001).
9
Si tratta di una normativa in continua evoluzione, seguendo quanto dispone l’Unione Europea in materia.
Ricordiamo, a titolo di esempio, quanto previsto dal Decreto del Ministero della salute 28 marzo 2003, n. 123,
pubblicato in Gazzetta Ufficiale N. 125 del 31 Maggio 2003, che costituisce il regolamento recante
aggiornamento del decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente la disciplina igienica degli imballaggi,
recipienti, utensili destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d'uso personale, in
recepimento delle direttive 2001/62/CE, 2002/16/CE e 2002/17/CE, anche in relazione ai saggi per la
determinazione della migrazione specifica.
generale (anche per i vetri) alla già citata regolamentazione relativa ai materiali ed oggetti a
contatto con le sostanze alimentari. Per gli smalti porcellanati valgono le norme del d. lgsl.
108/1992 e per le ceramiche quelle del decreto ministeriale 4 aprile 1985.
L'allegato III tratta delle materie plastiche (allegato IIIa) e gomme naturali e sintetiche
(allegato IIIb).
Per le materie plastiche il punto di partenza è, ancora una volta, la regolamentazione relativa
ai materiali ed oggetti a contatto con le sostanze alimentari. Si ricordi che rivestimenti plastici
sono abbastanza frequenti nei serbatoi di accumulo e che condotte in materiale plastico sono
altrettanto frequentemente utilizzate negli acquedotti. L' idoneità degli oggetti destinati a
venire a contatto con l'acqua è verificata attraverso i saggi di migrazione, sia globale sia
specifica (nei casi indicati); è ammesso l'impiego dei coloranti che, nella normativa sugli
additivi alimentari, non siano espressamente vietati per l'impiego a contatto con l'acqua. Ove
possibile, il controllo della idoneità deve essere effettuato sull'oggetto finito; ove questo non
sia possibile (per es., nel caso del rivestimento di un serbatoio), su un provino adeguatamente
dimensionato.
Analoga è la normativa sulle gomme naturali e sintetiche, per le quali vale quanto contenuto
nel decreto ministeriale 21 marzo 1973 e successive integrazioni e modificazioni. Ai
componenti previsti in quest'ultimo decreto vengono aggiunti ossido di ferro, acido miristico e
suoi sali alcalini, idrossido di potassio, pirofosfato di sodio, esafluorodipentametilene.
I metodi analitici
Dal decreto ministeriale 21 marzo 1973 ad oggi, agli originali metodi di determinazione della
migrazione globale e specifica, sono state apportate, dall'Unione europea, numerose
modificazioni e integrazioni, talvolta molto complesse. Il decreto qui commentato dedica un
apposito allegato (IIIc) alla descrizione dei metodi da adottare nel caso specifico dei materiali
ed oggetti utilizzati negli impianti fissi di captazione, trattamento, adduzione e distribuzione
delle acque destinate al consumo umano. Il metodo, nella sua formulazione generale, consiste
nel mettere a contatto con un solvente simulante un apposito campione del materiale, in
condizioni ben definite; dopo un tempo predeterminato, si evapora il liquido e si pesa il
residuo estratto dal campione (migrazione globale). L'allegato IIIc stabilisce, come è ovvio,
che il solvente simulante deve essere l'acqua distillata e fissa le condizioni di tempo e di
temperatura di contatto, nonché le caratteristiche dimensionali del campione da saggiare. Se il
parametro da determinare è la migrazione di un costituente specifico (colorante, additivo,
ecc.) non cambia la procedura di estrazione, ma si rimanda ai metodi analitici specifici.