la fonderia degli animali

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la fonderia degli animali
LA FONDERIA DEGLI ANIMALI
Martedì 15 Gennaio 2008 01:08
di Sara Nicoli
Veniteci a dire, adesso, che l’insicurezza sui luoghi di lavoro è principalmente colpa dei
lavoratori che non denunciano le situazioni di pericolo per paura di essere puniti, in qualche
modo, dal datore di lavoro. Non è così, ovviamente. E la storia che stiamo per raccontare è
emblematica circa la responsabilità oggettiva delle imprese su questo dramma che meriterebbe,
più di qualunque altro aspetto sociale, una moratoria nazionale. La storia è quella di Giolivo, un
operaio di 54 anni che da sei lavora in fonderia, che è finito nei guai fino al collo perché è voluto
passare dall’altra parte, dalla parte di quei lavoratori che non subiscono per paura di ritorsioni
ma denunciano. Risultato: Giolivo è stato sospeso tre giorni dal lavoro, senza stipendio. La
colpa: aver segnalato una serie di situazioni di pericolo nel reparto in cui presta servizio da anni
nella fonderia Officine Pilenga di Comun Nuovo, in provincia di Bergamo. L’hanno accusato di
mobbing, ovvero di molestie nei confronti dell’impresa e anche dei suoi colleghi. Il suo continuo,
“inutile allarmismo” circa la sicurezza, avrebbe creato una situazione di timore e angoscia nel
reparto, mettendo a repentaglio la produttività oraria. Pare che Ottavio si sia anche fermato più
di una volta, nel momento in cui notava situazioni di pericolo, costringendo anche i compagni a
fare altrettanto. Dopo una serie di interventi, che hanno costretto l’impresa ad effettuare
controlli, il “padrone” ha detto basta: punirne uno per educarne cento. Ecco fatto: tre giorni
senza paga. Che tutti sappiano come si finisce se si protesta e che non se ne parli più. La
denuncia di un episodio tanto grave, specie ora che la sensibilità sulla questione sicurezza è
finalmente piuttosto alta dopo i terribili lutti della Thyssen Krupp di Torino, è arrivata
direttamente dalla Cgil: “Nel reparto officina, dove operano torni, frese e foratori – ha raccontato
Valter Albani, responsabile per la sicurezza dell'azienda - un lavoratore diligente e con elevata
professionalità ha cominciato a segnalare ai suoi responsabili situazioni di pericolo oggettivo:
mancanza di carter, sistemi di purificazione dei vapori non funzionanti, olio e acqua chimica sul
pavimento”. Le numerose segnalazioni verbali, andate avanti per anni, non hanno mai avuto
effetto.
Così il nostro Giolivo ha deciso di evidenziare i problemi sugli spazi liberi dei fogli di
produzione giornalieri che devono essere compilati ad ogni turno. Una provocazione che ha
dato subito qualche effetto. Ottavio è stato convocato dal caporeparto: “Gli è stato detto che
non era quello il modo di segnalare i rischi – ha raccontato ancora Albani - bisogna farlo
verbalmente, o tramite apposite schede, che però io non ho mai visto”. E come lui, ovviamente,
tutti gli altri.
Giolivo si è difeso, ha accusato l’impresa di negligenza, ha puntato l’indice verso il caporeparto
a cui, per primo, sarebbe spettato il controllo di quel particolare macchinario. La controffensiva
del potere è stata immediata. Messo sotto accusa, questo caporale di giornata, ha accusato
Giolivo di mettere a rischio la sua salute nervosa continuando a segnalare le situazioni di
pericolo. Quindi la punizione esemplare.
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Ora, non è dato sapere come il sindacato sta affrontando questa situazione di emergenza
all’interno di questa fabbrichetta del bergamasco, la fonderia Pilenga, come si diceva, che dà
lavoro a circa 240 operai e si occupa principalmente della realizzazione di componentistica per
automobili. Se non mettessimo a rischio dei posti di lavoro, ci verrebbe spontanea la richiesta di
un boicottaggio dei prodotti della suddetta azienda, tanto per contrapporre a questa inutile
prova di forza nei confronti di un operaio un’azione opposta e contraria di grande significato
simbolico. Ma le battaglie per la sicurezza sul posto di lavoro non si vincono certo con la
guerriglia. Si vincono, casomai, in tribunale, per quanto possa sembrare paradossale che ci si
debba difendere davanti ad un giudice solo per aver fatto, oltre al proprio mestiere, anche
un’operazione di salvaguardia verso i colleghi di lavoro.
Non è un caso, infatti, se il nostro Giolivo stia meditando di adire le vie legali nei confronti
dell’azienda. “In televisione vedo le marce di solidarietà per i morti sul lavoro – si è sfogato a Ra
dio Popolare
l’operaio - mentre la mia azienda mi dà del demente, cercando di zittirmi in ogni modo. Questo
accade nonostante l'Asl, informata dei fatti, abbia già eseguito numerosi sopralluoghi”. “Alla
Pilenga sono avvenuti già molti infortuni", ha spiegato Mirco Rota, segretario Fiom di Bergamo.
Il primo giugno 2006, un manutentore senegalese, dipendente di una ditta esterna, è caduto
da un tetto di 12 metri ed è morto sul colpo: la produzione non si è fermata un minuto. La Fiom
ora si è costituita parte civile. Un altro operaio, urtato da una macchina, si è rotto il bacino. A un
altro senegalese è finito un getto di ghisa rovente nell'occhio: la versione dell’azienda è che
aveva occhiali inadeguati”. Nel 2007, nel solo reparto officina si sarebbero registrati 5 infortuni
per l'olio finito sul pavimento. Purtroppo, denuncia la Fiom, nel bergamasco molte aziende
meccaniche non rispettano gli standard di sicurezza.
Alla Pilenga l'orario normale è di 50 ore settimanali: 9 ore per 5 giorni, più 4-5 il sabato
mattina. Su questi orari è in corso un'indagine dell'Ispettorato del lavoro, mentre la Asl ha già
svolto diverse ispezioni sulla sicurezza: ma l'azienda è dura ad applicare le normative, e ha
accettato di costruire l'aspiratore dei fumi solo dopo che l'Arpa ha minacciato la chiusura. I fumi,
infatti, investivano il piccolo paese di Comun Nuovo, dove si trova la fabbrica.
La storia di Giolivo, al di là della cronaca, mette in evidenza un fatto eclatante: contro le morti
bianche e la sicurezza sul lavoro c’è ancora molto da fare per affermare la cultura della
sicurezza come principio fondamentale anche della struttura di impresa. Eppure, nonostante
non ci sia praticamente giorno in cui il Capo dello Stato non colga occasione per riportare
l’attenzione collettiva sul tema (nell’ultimo discorso, qualche giorno fa, ha nuovamente definito
le stragi sul lavoro come “fenomeno gravissimo e spaventoso”ndr), c’è chi, nel mondo dorato di
Confindustria, minimizza la portata della strage quotidiana temendo un’eccessiva
drammatizzazione che risvegli, nei lavoratori, una coscienza sindacale scomoda.
Il vergognoso caso di Giolivo dimostra che è venuto il momento di alzare il tiro per debellare
pregiudizi e retropensieri che impediscono, soprattutto ai lavoratori precari, di trovare il coraggio
per rivendicare il sacrosanto diritto a non morire di lavoro, puntando il dito contro quei padroni
privi di scrupoli come quelli di Giolivo. Che, nonostante il clamore intorno al problema, le
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ispezioni e le denuncie, insistono nel non voler fare la loro parte. Tanto, sono sempre gli altri a
morire.
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