Dopo due anni di black out, la Giunta riallaccia il dialogo
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Dopo due anni di black out, la Giunta riallaccia il dialogo
Periodico mensile della CGIL regionale Confederazione Generale Italiana del Lavoro Registrazione n. 611 del 29.01.1988 Tribunale di Cagliari www.cgilsarda.it [email protected] NOTIZIE Nuova serie Anno Sesto Numero 2 Marzo/Aprile 2012 Dopo due anni di black out, la Giunta riallaccia il dialogo Patto di stabilità, entrate, Fas e insularità i nodi da sciogliere a Roma di Enzo Costa* Da pochi giorni è ripreso il dialogo tra i sindacati confederali regionali e il presidente della Giunta. Ci sono voluti due scioperi generali, un Consiglio regionale aperto e la constatazione che tutti gli indicatori confermano che le condizioni complessive dell’intera comunità sarda continuano a peggiorare, perché ci si accorgesse che cancellare il dialogo sociale non solo non risolve i problemi, ma rende tutti più deboli e meno autorevoli. Si riparte dai contenuti dell’accordo sindacale del 4 di giugno 2010 (purtroppo in larga parte disatteso dalla Giunta), e dal dibattito sviluppato nella seduta del Consiglio regionale, puntando a recuperare coesione e una posizione unitaria. I problemi sono noti. Dalle entrate negate che, nonostante il parere favorevole della Corte Costituzionale, ancora non ci vengono riconosciute (e comunque hanno bisogno di una rivisitazione urgente del patto di stabilità), al piano per il Sud ancora bloccato perché, nonostante il Cipe abbia deliberato interventi per 1.437.546.761 di euro, il Governo non ha adottato gli accordi di programma quadro per trasferire i fondi alla Regione e aprire i cantieri per le opere infrastrutturali. Occorre poi rendere operativi i piani di intervento per le aree di crisi già identificate: Porto Torres, Sulcis, Tossilo, La Maddalena e Siniscola, con una metodologia che coinvolga anche le Istituzioni territoriali. Va intensificata la difesa e il rilancio di tutto il sistema produttivo isolano, affrontando con il Governo e l’Unione Europea il riconoscimento della nostra condizione di insularità, del sistema di trasporto interno e dei collegamenti aerei e marittimi con il resto d’Italia e d’Europa. Dobbiamo parlare di istruzione e formazione come infrastrutture immateriali su cui investire per rilanciare una politica di crescita, e rivedere profondamente il Piano per il lavoro. Il tavolo istituzionale istituito dal Governo Monti che si è insediato il 13 marzo, va arricchito con un tavolo politico che veda la partecipazione dei sindacati e di tutta la classe dirigente sarda, così come riaffermato nell’ordine del giorno 80/12 del Consiglio regionale. In tanti chiedono il perché unitariamente, come sindacato, dopo il palese tentativo di escluderci, abbiamo deciso di riprendere la strada del dialogo nonostante ci siano precise responsabilità della Giunta regionale, da noi abbondantemente sottolineate e denunciate, nella cattiva gestione della crisi. La risposta è il senso di responsabilità nei confronti di problemi che finiscono per scaricarsi sulle singole persone, e che vanno affrontati identificando soluzioni immediate. Ma c’è anche un altro elemento, la nuova coalizione tecnica, o forse politica, che governa il Paese. Monti, insieme ai ministri, ha affrontato l’incarico con l’obbiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio, costi quel che costi, entro la primavera del 2013. Nei provvedimenti finora emanati non si fa distinzione tra aree forti e aree deboli del Paese, con effetti drammatici in Sardegna. Il Governo, che si era presentato all’insegna del rigore, dell’equità e della crescita, al momento è riuscito solo a peggiorare le condizioni di vita e il potere di acquisto di pensionati e lavoratori dipendenti, aumentando il disagio sociale. I provvedimenti varati lasciano indenni le grandi ricchezze e i patrimoni. Hanno toccato i diritti dei lavoratori, dall’articolo 18 alle pensioni, senza fissare obiettivi di crescita e politiche per la creazione di nuovi posti di lavoro. Servono risposte a Roma e in Sardegna, devono essere concrete e tempestive e devono finalmente parlare di pari opportunità, equità sociale e crescita, a partire dai territori più svantaggiati come il nostro. Dobbiamo superare la stagione dei Governi tecnici e ridare la dignità perduta alla politica. I partiti hanno le loro responsabilità, e non sono tutti uguali, ma il nuovo fenomeno dell’antipartitismo cancella la democrazia e l’assenza di democrazia porta a passaggi autoritari. Affrontiamo i problemi alla svelta, facciamo la riforma elettorale e ridiamo la parola ai cittadini, forse è tempo di passare in fretta alla terza repubblica perché la seconda, a mio giudizio, ci ha fatto rimpiangere la prima. *segretario generale Festa del Lavoro, ecco il programma Cagliari. Due le iniziative a cui aderisce la Cgil: la sesta edizione di Ethnica, manifestazione per i diritti degli emigrati organizzata dalla Provincia, al Parco di Monte Claro, dalle 15; a Settimo San Pietro, in via Gramsci dalle 10 e 30 la giornata promossa insieme a diverse associazioni, in programma tornei sportivi, spettacoli, pranzo sociale, concerto alle 21. Sulcis Iglesiente. Appuntamento a Villamassargia (S’ortu mannu) per la giornata organizzata da Cgil, Uil, Unione dei Comuni “Metalla e il mare”. Alle nove e 30 l’inaugurazione della piazza dedicata ai caduti sul Lavoro a Villamassargia, poi la passeggiata a S’Ortu Mannu, pranzo e, nel pomeriggio musica, esposizioni di prodotti tipici e artigianato. Ogliastra. Primo maggio a Coccorrocci (Marina di Gairo). Dalle 9 e 30, al dibattito interverranno: Giacomo Pani, segretario generale Camera del Lavoro, Roberto Marceddu, sindaco di Gairo, Domenico Murgioni, segretario Pd Ogliastra, Franco Cugusi, sindaco di Ulassai, Bruno Pilia, presidente della Provincia, Giorgio Murino, presidente Cda Ente Foreste. Sassari. Iniziativa in un luogo simbolico per sottolineare l’assenza di prospettive causata dal mancato rispetto degli impegni da parte di E-On: Cgil, Cisl e Uil si incontreranno in mattinata sulla spiaggia di Fiume Santo, di fronte alla centrale termoelettrica abbandonata. Olbia. Festa tutto il giorno, dalle dieci al Parco Fausto Noce, mattinata con esposizione di prodotti locali e degustazione, la sera comizi e concerti sino a tarda notte. All’iniziativa organizzata dal Comune partecipano sindacati, associazioni di categoria e volontariato. NUOVI DIRITTI Il Paese ha bisogno di leggi più laiche Unioni civili: Sassari e Porto Torres all’avanguardia, Cagliari in ritardo di Sandro Gallittu* Qualcosa si muove nella società, ed è opportuno approfittare di qualunque minimo segnale. Negli ultimi anni, alcuni buoni film, alcuni buoni dischi, persino qualche fiction televisiva di livello superiore alla media, o qualche presa di posizione in mondi tradizionalmente omofobi come quello del calcio (penso alle dichiarazioni del Ct della nazionale) hanno contribuito a creare un clima di maggior favore sociale rispetto a queste tematiche, a volte perfino più di quanto abbiano fatto tanti convegni svolti all’interno di quattro mura (e lo dico sentendomi serenamente coinvolto essendo spesso un partecipante a questi convegni). Ora è necessario che anche il percorso legislativo trovi compimento. A livello nazionale ma anche regionale, visto che qualcosa anche qui possiamo fare. Mi viene da pensare, in Sardegna, all’importante iniziativa intrapresa dai Comuni di Porto Torres e Sassari con la creazione dei registri delle unioni civili, iniziativa alla quale ci auguriamo che arrivi anche il Comune di Cagliari dopo quasi un anno di annunci ripetuti ma non seguiti, almeno per adesso, da fatti conseguenti. E speriamo anche che all’istituzione dei Registri delle unioni civili possa far seguito al più presto l’istituzione dei Registri dei testamenti biologici. Due punti secondo noi nodali nei quali le buone prassi amministrative potrebbero fare da momentanea supplenza (anche solo simbolica) e da apripista per politiche nazionali più alte e più laiche. Occorre quindi fare di più. Credo che una collettività progredisca sull’onda di una spinta bidirezionale. Ci sono periodi nei quali è più avanti della classe politica che esprime, ma ci sono momenti nei quali la politica deve ricordarsi di avere (anche) una funzione di stimolo nei confronti della collettività che amministra e deve essere capace, anche a costo di una momentanea perdita di consenso, di condurla verso mete più ambiziose. Sul tema delle unioni civili, per noi ovviamente il punto di approdo è uno solo, la totale parità. Ma allo stesso tempo non siamo massimalisti e siamo comunque favorevoli a qualunque tipo di soluzione che rappresenti un avanzamento rispetto all’attuale pantano. D’altra parte siamo convinti che anche l’approvazione di un disegno di legge di portata assai limitata - come quello Bindi Pollastrini della scorsa legislatura - avrebbe rappresentato un piccolo passo in avanti rispetto al quale non sarebbero poi stati possibili arretramenti. Così come siamo convinti che anche piccoli provvedimenti poco più che simbolici, quali l’istituzione dei registri nei Comuni o l’approvazione di mozioni antiomofobia nelle Regioni, siano utili per mandare segnali al Paese. D’altra parte, come sindacato, abbiamo ripetutamente esercitato (e continuiamo ad esercitare) questa funzione di surroga, sforzandoci di inserire in ogni rinnovo contrattuale, collettivo o integrativo che sia, norme che estendano i diritti spettanti alle 2 persone in forza delle situazioni di coniugio, ai lavoratori che si trovino invece a vivere un rapporto affettivo ad oggi non riconosciuto dal nostro ordinamento. Consideriamo inoltre prioritaria l’approvazione della proposta Concia sull’introduzione dell’aggravante di omofobia. E sarebbe auspicabile che quella proposta venisse approvata da una maggioranza bi-partisan perché credo che non sia ulteriormente tollerabile che in Italia ci si possa dividere ancora sui valori fondanti dello stare insieme in una società civile: la lotta a ogni forma di razzismo, di sessismo, di omofobia. Cosa che altrove costituisce il terreno comune sul quale destra e sinistra non si sognano di dividersi, per assumere poi posizioni sicuramente divergenti sulla modalità e sulla misura di riconoscimento dei diritti: sulla lotta alle forme violente no, nei Paesi civili non ci si divide. In Italia purtroppo ancora sì. La priorità rimane quella della lotta agli atti violenti di omofobia a cominciare dal bullismo nelle scuole, ma per noi omofobia è e continuerà ad essere anche la negazione da parte dello Stato di quelli che sono i diritti fondamentali della persona, dei quali come Cgil continueremo ad occuparci: diritti legati all’unione familiare, ereditari, ai rapporti di filiazione, alla possibilità di assistenza ospedaliera al partner o alla partner ricoverati. E ancora, diritti legati alla libera circolazione delle persone all’interno dello spazio europeo, sino al tema legato alle conseguenze terribili che sui minori rischia di avere la morte di uno dei genitori in una famiglia non riconosciuta dal nostro Stato. E se da un lato confidiamo nel fatto che la Corte di Giustizia Europea si pronunci al più presto sul mancato riconoscimento entro i nostri confini dei matrimoni celebrati all’estero e che coinvolgano un nostro connazionale, dall’altro ci deprime e ci rattrista l’idea che il nostro Paese possa trovarsi a dover adottare soluzioni legislative solo sull’onda di provvedimenti giurisdizionali, alla stregua di un qualunque Paese a sovranità e democrazia limitata. È necessario un guizzo di dignità e laicità dei nostri rappresentanti in Parlamento. Come Cgil non possiamo poi non segnalare un’ulteriore urgenza legislativa che riguarda le persone transessuali: se le discriminazioni al momento dell’assunzione a carico delle persone omosessuali in ragione del loro orientamento sono percentualmente diffusissime (l’arcigay parla del 13 per cento) questa percentuale sale al 45 per cento per le persone transessuali che non possono far passare sotto silenzio la differenza di genere esistente tra quanto riportato sui documenti e quanto appare. Il cambio di genere sui documenti è oggi consentito in altri Paesi (Spagna ad esempio) già durante il periodo di transizione e prima dell’intervento. Anche questo rappresenterebbe nel nostro Paese un segnale di grande civiltà e darebbe la sensazione che qualcosa stia cambiando e possa cambiare. Marzo/Aprile 2012 *responsabile Nuovi diritti Cagliari Discriminazioni, la battaglia è confederale L’area Nuovi diritti della Cgil sostiene l’autonomia e la laicità delle istituzioni, i diritti individuali e le libertà della persona. Nasce da una riflessione politica non convenzionale sulle discriminazioni dei lavoratori omosessuali e transessuali che è iniziata circa vent’anni anni fa. Con il passare del tempo, è stato sempre più naturale che questo luogo della Cgil fosse il più appropriato per trattare temi nuovi e complessi come la battaglia contro la censura della rete, la privacy, gli interrogativi posti dal progresso scientifico, la prostituzione in termini di repressione internazionale del traffico degli esseri umani, dello sfruttamento e della riduzione in schiavitù, il rispetto dell’autodeterminazione della persona e diritti indisponibili per prostituti e prostitute, il difficile tema della fecondazione assistita e della signoria sul corpo. Noi riteniamo che solo dalla collaborazione tra chi conduce queste battaglie nel sociale, nelle istituzioni e nel mondo del lavoro, possano nascere circuiti virtuosi che facciano sì che il nostro Paese progredisca verso lidi che ad altri, europei (e non solo) sono già noti. D’altra parte, se non fosse questa l’ottica di partenza, sarebbe persino difficile capire perché il sindacato debba occuparsi di queste tematiche al di fuori dell’ambito strettamente lavoristico. La ragione sta appunto, da un lato, nelle sinergie alle quali ho appena accennato e, dall’altro, in quello che è l’elemento caratterizzante del sindacato: la confederalità. Nel momento in cui riteniamo che la confederalità sia la nostra ragione fondante, questo ci porta innanzitutto a rifuggire da comportamenti di tipo corporativistico e dall’altro ci induce ad avere un punto di vista non settoriale sul modello di società al quale aspirare. E siccome un modello di società non è fatto di compartimenti stagni ma rappresenta un puzzle complesso dove ciascuna tessera ha il suo significato e contribuisce alla creazione di un quadro unitario, omogeneo e non schizofrenico, ecco perché un sindacato confederale come la Cgil è approdata ad occuparsi di queste tematiche in una dimensione generale. I diritti delle persone Glbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) non possono essere considerati come separati rispetto al più generale tema dei diritti delle persone e della laicità dello Stato. E in effetti, estendendo questo principio, credo che nessuno possa pensare che i diritti degli immigrati o i diritti delle donne siano temi che interessino ai soli immigrati o alle sole donne e per i quali debbano scendere in piazza da soli. Perciò, in questi anni di attività, abbiamo cercato di coinvolgere il più ampio numero di persone nelle nostre iniziative e nelle nostre manifestazioni. Se si crede in un modello di società inclusivo e non esclusivo ci si crede a prescindere da quello che è il colore della pelle, il genere di appartenenza, l’orientamento sessuale o l’identità di genere. (s.g.) INTERVENTI Una politica miope compromette l’eccellenza nei trapianti Appello ai partiti: «Interventi immediati e scelte più coraggiose» di Pino Argiolas* Le eccellenze nella Sanità - e i trapianti lo sono di sicuro - portano a una crescita e a un miglioramento di tutti gli altri comparti connessi che, non potendo stare fermi, sono costretti ad aggiornarsi e a migliorare, di fatto facendo crescere qualitativamente tutto il settore nell’Isola. Non è un processo facile, ma crediamo che la Sardegna e i suoi uomini siano abituati a grandi sfide e, se si riuscirà ad ottimizzare in maniera seria le risorse disponibili - che non sono poca cosa, infatti la Sanità utilizza oltre il cinquanta per cento delle risorse iscritte nel Bilancio regionale - anche da questo settore potrà arrivare un grande contributo allo sviluppo dell’Isola e a un miglioramento della qualità della vita dei sardi. Per queste ragioni, all’assessore alla Sanità, Simona De Francisci, e a tutte le forze politiche presenti in Consiglio Regionale, chiediamo di avere più coraggio nelle scelte da fare. Il settore dei trapianti, aldilà dei risultati positivi del 2011 (che però non vengono confermati dai dati dei primi mesi del 2012), ha bisogno urgentemente, e voglio davvero ribadire urgentemente, di più risorse umane e di strutture adeguate ai nuovi e pressanti bisogni che emergono nella società. Le strutture, talvolta obsolete, del G. Brotzu e i pochi addetti a disposizione dei vari chirurghi (del fegato, rene e cuore), di certo non invogliano a fare i miracoli che talvolta vengono chiesti dai parenti dei pazienti che arrivano in ospedale in situazioni quasi disperate. Si fanno correttamente tutti gli interventi in cui si ha la massima garanzia di riuscita e di sopravvivenza per i pazienti e, purtroppo per gli altri, si è costretti a rimandare in centri trapianto più attrezzati e più dotati per seguire i pazienti nel post, fuori dalla Sardegna. All’assessore e ai consiglieri chiediamo di dare oggi le risposte necessarie a evitare che pazienti sardi siano ancora costretti a varcare il Tirreno per affrontare difficili viaggi della speranza insieme alle famiglie. Questo ci converrebbe non solo in termini di immagine, il che comunque non guasta mai, 3 Donatori si diventa Fonte Crt Sardegna ma anche in termini economici: un trapianto fuori Sardegna costa alla Regione circa duecentomila euro (fegato e cuore) subito e, molto altro ancora nel followup dei pazienti che deve essere eseguito dal Centro Trapianti dove è stato fatto l’intervento. Chiediamo inoltre che la Regione provveda, con urgenza, ad assicurare parità di trattamento a tutti i trapiantati sardi, a prescindere dall’organo trapiantato. In particolare, le associazioni di volontariato sarde propongono l’estensione ai trapiantati di cuore, fegato e pancreas di tutti i sussidi che l’ottima Legge regionale 8 maggio 1985, numero 11 (e successive modificazioni) prevede solo per i trapiantati di rene, in quanto a quella data erano i soli trapianti che venivano eseguiti in Sardegna. Questo appello lo rivolgiamo anche alle forze sociali e alla Cgil in particolare, affinché nei frequenti incontri con il governo regionale, Marzo/Aprile 2012 per esempio nella formulazione del Bilancio ma non solo, la Sanità sia tenuta nella massima evidenza, e sia tenuto nella dovuta considerazione anche lo sviluppo e il sostegno dei trapianti d’organo, per dotare questo settore delle opportune risorse finanziarie. Con questo intervento vorrei cogliere l’occasione per ringraziare di cuore tutte le famiglie che hanno compiuto un grandissimo gesto d’amore donando gli organi di un congiunto, e tutti gli operatori sanitari, dalla più piccola Rianimazione a tutti coloro che operano per la buona riuscita dei trapianti negli ospedali G. Brotzu e R. Binaghi di Cagliari, in qualsiasi ora e giorno dell’anno, senza guardare se è Natale o Ferragosto in quanto le donazioni, quando ci sono, non aspettano. Con la fiducia che possono avere tutti coloro che con un trapianto hanno ricominciato a vivere una nuova vita, attendiamo risposte. *presidente Prometeo Aitf Onlus Ci sono diversi modi, il primo e anche il più semplice, é scrivere su un foglio di carta nome e cognome, data di nascita, codice fiscale e indirizzo, e dichiarare esplicitamente “sono favorevole alla donazione degli organi dopo la mia morte”. Il foglio potrà poi essere conservato insieme ai documenti di identità personale o alla patente di guida. Il secondo sistema consiste nel compilare una tessera, o Card della Donazione, rilasciata dalle diverse associazioni di volontariato che operano Sardegna e conservarla, anche in questo caso, insieme ai documenti. C’è poi la possibilità di iscriversi al Registro nazionale dei donatori di organi e tessuti: occorre compilare una scheda rilasciata dall’Aido (Associazione italiana donatori di Organo), che poi la trasmetterà al sistema denominato Sit del Centro nazionale dei Trapianti del ministero della Salute. Da pochi mesi inoltre, gli ospedali G.Brotzu e R.Binaghi - sede dei centri trapianti di fegato, cuore, rene e pancreas - hanno aperto uno sportello attraverso il quale ci si può iscrivere all’Albo dei donatori (il Centro regionale dei trapianti la trasmetterà al Registro nazionale dei donatori d’organo). In ogni caso, dall’esperienza dei Rianimatori nei vari ospedali sardi, emerge l’importanza di esplicitare la volontà di diventare donatori ai propri congiunti, perché in questo modo appare meno difficile prendere una decisione in un momento drammatico e raramente i parenti contraddicono la volontà del proprio caro. La mattina del 13 maggio, al Parco di Terramaini di Pirri, la Prometeo Aitf Onlus organizza la manifestazione, alla quale possono partecipare anche bambini, Corri... Donando per promuovere la donazione e informare i cittadini. In quell’occasione verrà consegnata, a chi ne farà richiesta, la Card del Donatore dalla Prometeo Onlus e sarà presente anche l’Aido, per le iscrizioni all’Albo. LAVORO «La flessibilità? Un’utopia riformista che ci ha regalato vite precarie» Il volume edito dalla Cuec, “Precarietà: da dove viene e dove va”, è il primo dei Quaderni del Lavoro, un progetto della Cgil sarda che coinvolge giovani ricercatori in collaborazione con l’università. L’autore è Stefano Boi, 23 anni, laureato alla triennale in Scienze Politiche a Cagliari, ora in Olanda, per frequentare il master su Politiche e Scienza per la Sostenibilità. Contratti atipici utilizzati in modo spregiudicato per abbassare costi e tutele di Stefano Boi* Si fa spesso un gran parlare del dramma sociale della precarietà, ma è raro avere l’opportunità di approfondire e capire l’origine di questo fenomeno e le sue caratteristiche, come a me è capitato. La storia della precarietà è legata a doppio filo soprattutto a un altro concetto, la flessibilità, quell’ideale al quale si è tentato di tendere fin dagli anni Ottanta, il grande principio di modernizzazione del mercato del lavoro, secondo il quale il lavoratore, “liberato” dalla dipendenza dal posto fisso, avrebbe potuto cambiare mestiere, acquisire competenze, avere una carriera ricca e soddisfacente, ed essere sempre immerso in un processo di formazione continua. Implementando questo principio, spesse volte il legislatore sembra aver agito in modo acritico, pur di non fermare la marcia di questo nuovo progresso. Tre sono state le tappe fondamentali di questo percorso: il Contratto di formazione e lavoro nel 1984, il Pacchetto Treu nel 1997, la Riforma Biagi nel 2003. La precarietà è l’altra faccia della flessibilità, è l’utopia riformista diventata incubo quotidiano per milioni di lavoratori (quasi 7 ormai in Italia, 245 mila in Sardegna), attorno ai quali si è costruita, per non rinnegare il principio ispiratore, una lettura schematica di questa tragedia. I Precari come giovani ed esordienti del mercato del lavoro, bloccati nella strada verso una maggiore stabilità dalla presenza di una generazione più vecchia di lavoratori iper-tutelati. Niente di più sbagliato: i dati ci dicono che i precari non sono in maggioranza giovani (hanno più di 30 anni nel 59 per cento dei casi in Italia, e nel 64 per cento in Sardegna), non sono esordienti del mercato del lavoro (i cosiddetti contratti atipici sono stati introdotti a partire dagli anni Ottanta), e non ci sono prove che la loro condizione sia dovuta alla presenza di lavoratori maggiormente tutelati (tra i quali, al contrario, si diffonde sempre più la stessa insicurezza di cui i primi sono vittime). È questa una narrazione distorta che serve a non abbandonare l’ideale della flessibilità e a legare addirittura la risoluzione del dramma del precariato a una maggiore implementazione di questo stesso principio, quasi a voler rimuovere una riflessione approfondita sul tema. Forse proprio perché, se si facesse, non potrebbe che portare a conclusioni assai amare: il precariato è stato uno strumento straordinario nel comprimere i costi del lavoro, gli investimenti, da quanto ha iniziato a diffondersi, hanno subito un trend di caduta che ancora non si è fermato, questo fenomeno ha nel tempo condannato sempre più lavoratori a una vita instabile, una folle corsa nella quale si lotta per rimanere nel mercato del lavoro, mentre si accettano orari sempre più pesanti, stipendi sempre più bassi, tutele sempre più scarse, con lo spettro della disoccupazione sempre presente. Se questa è la precarietà oggi, chiedersi dove va è sicuramente la domanda più difficile, ma gli elementi descritti già danno un’idea di cosa ci aspetta. A questi si potrebbe aggiungere l’insicurezza che si sta diffondendo tra i lavoratori occupati stabilmente, il diffondersi sempre maggiore di tirocini e stage (qualche volta persino finanziati da soldi pubblici) come strumento di impiego non retribuito, il numero sbalorditivo che ha oggi raggiunto il numero di contratti esistenti nel mercato del lavoro (ormai arrivate all’impressionante cifra di 46), e la sua frammentazione. Dove va la precarietà è una domanda alla quale non si possono dare risposte certe, poiché la conformazione del mercato del lavoro è stata in questi decenni determinata dall’azione legislativa dei Governi via via succedutisi. A quelli che verranno si può però chiedere di non prenderci per fessi. Di non continuare a propagandare una visione del mercato del lavoro diviso in modo manicheo tra garantiti e non garantiti e tra giovani e non più giovani, e di sottoporre al vaglio della ragione il cammino fin qui compiuto in nome della tanto agognata flessibilità. Perché, alla fin fine, se di precarietà si parla è perché dei contratti atipici si è sempre fatto un utilizzo abusivo, usandoli per abbassare il costo e le tutele nel lavoro. Se si vuole combattere la precarietà si inizi a ragionare su come combattere l’abuso che si è fatto e si fa di questi strumenti e, così facendo, si inizi anche ad immaginare una idea di sviluppo che non sia basata sulla compressione dei diritti. Sarebbe uno splendido punto di partenza. La ricetta per crescere Istruzione, fisco, regole *ricercatore La segretaria generale: «La scuola dovrebbe essere obbligatoria sino a 18 anni» Sintesi dell’intervento di Susanna Camusso alla presentazione del volume il 27 marzo a Cagliari Un altro mondo è possibile? È questa la domanda intorno alla quale vogliamo ragionare per provare a costruire un futuro migliore. La risposta è sì. Perché diventi realtà occorre lavorare nella giusta direzione e cambiare il modello che si è affermato e che Stefano Boi ha descritto nel suo libro. All’idea di lavoro flessibile si è legata per anni la garanzia che Nuova serie - Anno VI - Marzo/Aprile 2012 Registrazione n. 611 del 29.01.1988 Tribunale di Cagliari Direttore Editoriale Enzo Costa Direttore responsabile Daniela Pistis Impaginazione 51M1 design Tel 070 663589 Stampa Jobs snc Tel 070 2298049 Amministrazione A.C.E.R.O. CGIL Sarda Viale Monastir 35 - 09122 Cagliari tel. 070 2795353 fax 070 272680 www.cgilsarda.it [email protected] 4 Marzo/Aprile 2012 Da maggio dell’anno scorso ha lavorato alla ricerca sulla precarietà, nata dalla collaborazione tra il sindacato e il Dipartimento di Scienze sociali e delle Istituzioni della Facoltà di Scienze Politiche di Cagliari. Alla presentazione del volume, il 27 marzo, nell’aula magna in viale Fra Ignazio, ha partecipato la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso. 5 avrebbe regalato a tutti un futuro radioso e che fosse indissolubile dalla crescita del mondo occidentale. Il termine precarietà è arrivato dopo ma l’idea di partenza era questa: il lavoro stabile e rigido costituiva un freno allo sviluppo, un ostacolo da rimuovere e sostituire con la flessibilità. A distanza di tempo, possiamo dire che, oggettivamente, la capacità di crescita, i livelli di istruzione e distribuzione del reddito nel mondo occidentale sono andati a picco proprio da quando si è deciso che la flessibilità avrebbe garantito l’avvenire di tutti. Si è deciso allora di pagare meno e investire meno sul lavoro, per poi investire in finanza. L’effetto è stato devastante, perché ciò che caratterizza un modello di crescita è proprio la scelta di fondo su dove investi, quali prospettive questo comporta e che tipo di distribuzione del reddito ne deriva. La crisi finanziaria ha dimostrato a tutti che così non si può andare avanti. Occorre rimettere al centro il lavoro. Persino gli Stati Uniti, che hanno sempre avuto il modello più flessibile del mondo, ora investono sul sistema industriale e sulla produzione come elementi per uscire dalla crisi. L’Europa da questo punto di vista è in ritardo. Chi continua a considerare le forme di flessibilità come uno straordinario orizzonte positivo, fa un’operazione ideologica che non ha nessun riscontro nella realtà economica. Intervenire contro la precarietà significa iniziare a ragionare di crescita. Non a caso noi continuiamo a dire che c’è crescita quando si creano posti di lavoro. In tre anni ne abbiamo perso un numero impressionante. Siamo il Paese che perde più Pil e produttività. E questo di certo non dipende dal fatto che i lavoratori si impegnano poco ma dalla perdita di competitività del Paese, conseguenza diretta della riduzione degli investimenti sul lavoro. Per invertire la rotta occorre puntare, prima di tutto, su tre fattori: Istruzione, fisco, cultura delle regole. Occorre ripensare la relazione tra istruzione e mercato del lavoro. Si è costituita una frattura: la formazione avviene sul posto di lavoro, senza nessun nesso con la fase precedente, quella dell’istruzione che, progressivamente, ha perso qualità. Gli anni Marzo/Aprile 2012 della crescita sono quelli dell’istruzione obbligatoria di massa, quelli in cui si combatteva l’analfabetismo e si cercava di diffondere la cultura. Ora siamo in un processo regressivo, con l’obbligo scolastico spostato da 16 a 15 anni. Invece dovremmo potenziare il percorso dell’istruzione e collegarlo al mondo del lavoro, Non è all’ordine del giorno, ne parliamo noi come Cgil ma credo che il primo strumento utile al cambiamento, sia un percorso di istruzione obbligatorio fino ai 18 anni, più un sostegno per la prosecuzione degli studi. Oltre a questo, per ripartire è indispensabile intervenire sul fisco. La distribuzione della ricchezza verso la finanza è legata al fatto che fare soldi così, costa meno tasse che investirli sul lavoro e sull’impresa. Una logica da ribaltare, riducendo le tasse sul lavoro e alzando quelle sulle rendite finanziarie. È questo il senso della nostra richiesta di patrimoniale. Perché la logica del fisco implica necessariamente un determinato modello di sviluppo. Terza questione, cultura delle regole. Qui c’è un lavoro durissimo perché noi veniamo da una lunga stagione in cui regola voleva dire vincolo negativo. Abbiamo avuto un ministro per il Lavoro che ha pensato di risolvere il problema dei contenziosi giuridici sulla precarietà impedendo ai precari di fare le cause. Invece di garantire la regola che permette a tutti di avere certezza del diritto, ha eliminato la regola stessa. Ora, per la prima volta il governo ha detto che si possono ridurre le forme di ingesso al lavoro e si può provare a intervenire sugli abusi. La partenza è stata buona, l’arrivo un po’ meno. Ma è già qualcosa perché gran parte dei temi che ruotano attorno alla precarietà sono culturali e ideologici, e una inversione di tendenza rappresenta un’apertura dentro cui bisogna infilarsi per cambiare il sistema. Certo, l’Europa parla di flexsecurity e noi invece siamo a un timido ampliamento di ammortizzatori sociali sui quali poi il governo non vuole spendere. Ora vedremo come andrà la discussione in Parlamento, ma c’è da dire che per la prima volta, dopo tanti anni, il Paese parla di nuovo di lavoro. Anche questo significa che un’altro mondo è possibile. TERRITORI «Ripartiamo da turismo e agroindustria» Ogliastra alla ricerca del riscatto A giugno sindacati in piazza insieme alle associazioni di categoria di Giacomo Pani* La ricostituzione della Camera del Lavoro dell’Ogliastra con il Congresso del dicembre 2005, ha segnato un punto di svolta nel panorama sindacale ogliastrino, sanando una ferita aperta tra i lavoratori. Ciò è avvenuto grazie al lavoro di Luigi Vacca, al quale sono subentrato nell’incarico di segretario generale il 19 gennaio, con l’obiettivo di proseguire il cammino già avviato per il progresso e la modernizzazione del nostro territorio. È un percorso condiviso con il mondo del lavoro che rappresentiamo, assieme alle altre organizzazioni sindacali e al tessuto civile e democratico della provincia. Una sfida che ho racconto non senza preoccupazione, consapevole del grande lavoro che mi attende e che ci attende come Cgil, un impegno che vorrei condividere con i compagni che hanno ruolo e responsabilità nelle strutture confederali e di categoria, e con tutti i compagni iscritti alla nostra grande organizzazione. In questi anni la Cgil è diventata di nuovo protagonista in tutte le maggiori vertenze aziendali e territoriali. Un punto di partenza che ci deve vedere ancora protagonisti delle grandi battaglie per le questioni fondamentali dello sviluppo. In particolare delle attività produttive e del turismo, in coerenza con le vocazioni del territorio e dell’ambiente. Abbiamo bisogno di un moderno sistema di infrastrutture materiali e immateriali, puntando sul rispetto della sostenibilità ambientale nell’attuazione degli interventi e nell’utilizzo delle risorse naturali. Perciò dobbiamo salvaguardare il patrimonio paesaggistico e valorizzare i beni culturali. Per farlo è indispensabile investire sulla conoscenza, quella di base, ma anche la formazione professionale, con il sostegno alle imprese affinché si rinnovino con percorsi di ricerca e innovazione. È inoltre determinante integrare il comparto del turismo e le attività produttive, specie nel settore agro-alimentare e artigianale. Questi sono i temi al centro delle rivendicazioni del movimento sindacale, e noi crediamo che debbano essere prioritari anche per le politiche della Provincia e dei Comuni. In particolare vorremmo che venissero risolti alcuni nodi strutturali, che sintetizzerei in quattro punti. Il primo è il porto: deve essere una struttura al servizio del progetto complessivo di sviluppo dell’Ogliastra in ambito turistico e industriale, fruibile tutto l’anno. Per quanto riguarda l’aeroporto invece, dovrà avere la certezza definitiva della proprietà, e chiarezza dell’utilizzo con apertura definita, limitata al periodo estivo. Sulla viabilità principale, occorre avere certezza delle risorse finanziarie da spendere, per il completamento dei lotti della statale 125 per Cagliari, della 389 per Nuoro, del- 6 Provincia più piccola della Sardegna, ferma a 58 mila abitanti, con un’economia debole e un indice di disoccupazione al 17 per cento (fonte Istat), l’Ogliastra colleziona primati in negativo e non mostra segnali di ripresa di un tessuto sociale e produttivo che negli anni ha visto peggiorare i suoi indicatori. Un’area depressa che l’ultimo rapporto sul mercato del lavoro in Sardegna del Centro studi relazioni industriali (Csri) racconta così: “In questa Provincia si riduce in maniera particolarmente rilevante la partecipazione al mercato del lavoro di tutta la popolazione nelle classi di età più giovani. I tassi di attività tra i 15 e i 24 anni e tra i 25 e i 34 anni si sono ridotti (dal 2008 al 2010) tra gli 8 e i 10 punti percentuali”. E ancora: “Il tasso di disoccupazione giovanile ha avuto un aumento netto e pesante – il più elevato nella regione – passando dal 31 per cento del 2008 al 45,8 per cento del 2010”. Questi dati spiegano la ragione del movimento di protesta che unisce i sindacati Cgil, Cisl e Uil alle diverse associazioni di categoria radicate nel territorio e che sfocerà in una manifestazione in programma il 9 giugno. (g.p.) la 198 per Seui, e le strade interne Tortoli, Lanusei, la Loceri, Bivio di Cea, la Gairo Taquisara, Jerzu innesto 125 per Cagliari, la Lotzorai, Talana, Urzulei. Fondamentale un ragionamento sulle reti, per uscire dall’isolamento puntiamo sulla fibra ottica, ma occorre anche potenziare la qualità della rete telefonica fissa, oltre che delle reti elettrica e idrica. Ecco gli obiettivi delle nostre rivendicazioni: il reinsediamento produttivo delle Marzo/Aprile 2012 aree industriali di Arbatax, una viabilità efficiente e moderna, i temi del traffico delle merci e dei passeggeri da potenziare attraverso il porto, le reti telematiche, la banda larga e la fibra ottica, la valorizzazione delle risorse locali e l’immenso patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale. Per vincere le sfide occorre coinvolgere nei processi democratici della nostra società il mondo dei giovani, tenuti colpevolmente fuori dai processi decisionali. Occorre valorizzare la conoscenza, la cultura, i valori peculiari del nostro sapere e della nostra tradizione. In questo l’Ogliastra può dare esempi di eccellenza in molti campi, come la ricerca genetica, la biodiversità, la qualità dell’ambiente. Questo è il lavoro che ci attende, perché sempre più occorre conoscere le problematiche complesse del nostro tempo, studiare e confrontarci per arrivare a una sintesi condivisa e offrire veramente il meglio che possiamo raccogliere. Per farlo occorre una Cgil più forte, più unita e più coesa. *segretario generale Ogliastra [email protected] Interventi Il futuro del turismo è il trasporto aereo Vacanze sempre più brevi, traffico marittimo in calo di Marco Bertuccelli* Nel nuovo Piano nazionale degli aeroporti, lo scalo di Cagliari è considerato “strategico”, Olbia e Alghero sono tra i “primari”. Una posizione di tutto rispetto nel panorama nazionale, anche se decisamente migliorabile. Ad esempio, con l’adeguamento dei collegamenti aeroporto-città, l’allungamento della pista a Olbia, la promozione di sistemi di co-modalità di trasporto, con iniziative per attrarre investimenti e nuove rotte (qui è importante anche il ruolo di marketing delle società di gestione). Negli ultimi cinque anni il traffico passeggeri è cresciuto del 22,8 per cento, (più del doppio di quello nazionale, 9,24 per cento), da 5.771.627 a 7.087.833. Il traffico internazionale è in crescita, ma nel 2011 rappresentava solo il 27 per cento del movimento complessivo (a livello nazionale superava il 56 per cento). Il 2007 segna una svolta nel trasporto in Sardegna: è l’ultimo anno che vede il numero dei passeggeri trasportati via mare superiore a quelli per via aerea (il 51,31 di traffico su nave). Nel corso degli anni la percentuale di traffico aereo cresce sino ad arrivare al 60 per cento nel 2011, mentre quella del trasporto su nave (complice l’aumento dei prezzi del comparto marittimo) registra un crollo di 21 punti rispetto al 2007. Degli oltre 7 milioni di passeggeri aerei del 2011, più del 52% è transitato da Cagliari, circa il 27% Olbia ed il 21% Alghero. Gli aeroporti del nord Sardegna prevalgono nel movimento internazionale, con il 59 per cento. I primi cinque Paesi di provenienza sono Germania, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Svizzera. La Gallura ha il primato del complesso di passeggeri (nave e aereo) con 5.422.858 (nave 3.458.162 - aereo 1.874.696), 7 Cagliari 4.028.883 (nave 330.000 - aereo 3.698.883), Alghero-Porto Torres 2.374.185 (nave 859.931 - aereo 1.514.259). Sceglie l’aereo il 92% di chi transita a Cagliari, percentuale che scende al 35% in Gallura, dove resta preponderante il vettore marittimo. Oltre a questi dati, è interessante osservare quelli relativi alle spese e alle giornate di vacanza dei cittadini europei. Nel 2010 le giornate di vacanza sono state un miliardo, di cui 231 milioni fatte all’estero e, fra queste, 51 milioni per vacanze di breve durata (fino a 3 giorni). I turisti tedeschi, inglesi, spagnoli e francesi, (maggiori frequentatori della Sardegna), hanno trascorso all’estero oltre 145 milioni di giornate di vacanza, di cui oltre 26 milioni fino a tre giorni, spendendo circa 111 miliardi di euro su 180 miliardi di spesa turistica complessiva per vacanze trascorse all’estero. Le giornate di vacanza degli italiani (dato 2009) sono state 81 milioni, di cui ben 66 milioni trascorse in Italia (spesa complessiva 19 miliardi di euro) e di queste circa 38 milioni di durata breve. Emerge chiaramente un dato, che ha valore anche in Sardegna: il trasporto aereo appare oggi come la modalità più efficace e efficiente per favorire la mobilità e incrementare il movimento turistico. Ciò vale particolarmente nei periodi non estivi, rendendo quindi possibile l’allungamento della stagione come già avviene nelle vicine Baleari. I punti di forza sono: diffusione degli aeroporti e vicinanza alle grandi città, dove frequentemente il viaggio inizia o termina; ottimale localizzazione degli aeroporti in Sardegna (Cagliari a sud, Olbia a nord-est, Alghero a nord-ovest e Tortolì a sudest) per servire in tempi brevi tutti i territori; tempi di viaggio ridottissimi (i Paesi europei si possono Marzo/Aprile 2012 raggiungere entro massimo tre ore) mentre la traversata marittima più breve (Olbia-Civitavecchia) dura sei ore a cui è da aggiungere il percorso terrestre. Un elemento interessante, quello del tempo, perché permette di raggiungere la Sardegna anche per vacanze brevi, il classico week-end, una tipologia di vacanza che, come raccontano i dati, ha riguardato 51 milioni di giornate per gli stranieri e 38 milioni per gli italiani. Oltre ai tempi, occorre considerare i costi: grazie alla concorrenza, ai voli low cost ed alla continuità territoriale oggi è spesso più conveniente l’aereo rispetto al traghetto le cui tariffe hanno subito forti aumenti in larga parte imputabile all’incremento del costo del carburante che ha reso poco remunerativa, se non in perdita, la gestione della nave soprattutto in periodi di scarso traffico. L’aereo, al contrario, non solo è riuscito a ridurre i consumi di carburante - il cui costo costituisce comunque un freno per la crescita - ma ha conseguito un maggior indice di riempimento, grazie alla preferenza accordatagli dai viaggiatori, ottenendo anche benefici sull’assegnazione gratuita di quote di CO2. Ora non c’è dubbio che la Sardegna sia in grado di offrire un prodotto turistico straordinario, in particolare per il suo ambiente e percorsi naturalistici. L’Isola infatti risulta ai primi posti tra le regioni italiane per le superfici destinate a parchi, aree marine protette, zone umide di importanza internazionale, siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale dell’avifauna, aree archeologiche. Insomma paesaggi, costieri e interni, di incomparabile bellezza. Si tratta di requisiti essenziali per un turismo di qualità ma che, da soli, non sono sufficienti per attrarre un numero crescente di turisti e, soprattutto, allungare la stagione; un obiettivo quest’ultimo che, evidentemente, richiede soluzioni innovative e sicuramente una politica integrata del turismo. Le osservazioni svolte sui dati del movimento della navigazione marittima e aerea e sugli altri dati statistici offrono una traccia per proposte e programmi che, se consideriamo il preoccupante calo dei primi dati del traffico 2012, andrebbero attivati con urgenza avendo sempre presenti la salvaguardia e la protezione dell’ambiente. Prima di tutto occorre una politica che garantisca trasporti efficienti, sicuri e intermodali, con applicazione di tariffe economicamente accessibili (particolarmente le aeree), per incrementare gli indici di mobilità, obiettivo che oggi potrebbe essere favorito dalla istituzione dell’ Autorità per i trasporti indipendente. Poi occorrerebbe promuovere l’immagine e la visibilità dell’Isola – mettendo tutto on-line - e rendere disponibili proposte più allettanti “tutto compreso” nei mesi di bassa e media stagione, magari rivolte a particolari gruppi sociali (terza età, scuole, congressisti, ecc.). Infine, sarebbe utile realizzare marchi certificati dei luoghi di ristorazione e delle le strutture ricettive che rispettino criteri ambientali, sociali, economici, valorizzino cultura e produzioni locali e promuovano la formazione certificata dei lavoratori. *esperto Trasporti Direzione Regionale INCA CGIL Viale Monastir, 35 09122 Cagliari Tel. +39 070 287656 Fax +39 070 275120 Direzione Regionale CAAF CGIL Viale Monastir, 35 09122 Cagliari Tel. +39 070 291056 Fax +39 070 291055 Nuova campagna fiscale, tariffe ferme al 2011 Anche il Caaf Cgil della Sardegna si appresta ad affrontare la campagna fiscale del 2012. Una situazione difficile quella in cui si va ad operare. Il Ministero ha deciso di diminuire il compenso per l’elaborazione dei modelli 730 con una perdita secca per il nostro Caaf piuttosto consistente. In questi casi le soluzioni sono obbligate: ridurre i costi o aumentare le tariffe. È evidente che la soluzione dell’aumento delle tariffe sarebbe la più semplice e scontata. Forse tutti gli altri Caf lo faranno. Però aumentare la tariffe sarebbe un ulteriore schiaffo a una popolazione come quella della Sardegna, che affronta una crisi difficilissima. Fabbriche che chiudono, economia che langue, contratti bloccati, disoccupazione crescente, famiglie che devono mantenere giovani senza lavoro e che non hanno possibilità di costruirsi un futuro: come facciamo a chiedere a loro ancora di più, proprio noi, un sindacato? L’assemblea dei soci (tutte le Camere del Lavoro, sindacato dei pensionati e il Regionale Cgil) ha così deciso di tenere ferme le tariffe, a parte l’aumento dell’Iva che non è nostra facoltà ridurre. Ci presenteremo così ai nostri utenti con le stesse tariffe del 2011 imponendoci un lavoro molto duro per restare in equilibrio economico. Un approfondito lavoro iniziato nel 2010 di ristrutturazione organizzativa, razionalizzazione delle spese, ottimizzazione delle risorse che dovrà portarci a contenere sensibilmente i costi. Ma la vera sfida riguarderà l’aumento della produzione, a parità di forza lavoro. Puntando su un’organizzazione del lavoro più razionale ed elastica, in modo da utilizzare al meglio nei momenti più opportuni le professionalità altissime dei nostri operatori, cercheremo di elevare il livello della produttività spingendoci su una forte destagionalizzazione del nostro lavoro, andando oltre la produzione dei soli modelli 730. Ci proporremo con un servizio di elaborazione delle successioni più accurato e veloce, coprendo meglio il territorio regionale. Potenzieremo il servizio Colf e Badanti. Saremo presenti più capillarmente sul territorio organizzando un servizio basato sulla telematica, in collaborazione con i volontari dello Spi sindacato. Ma soprattutto ci rivolgeremo al nostro interno, variando le scelte di politica pubblicitaria. Punteremo a far conoscere meglio i nostri servizi agli iscritti della Cgil: sembra incredibile, ma per molti dei nostri iscritti il Caaf è solo 730. Utilizzeremo, soprattutto, il sistema Cgil per far passare la nostra informazione. In uno sforzo di sinergia fra i vari pezzi della macchina organizzativa complessa ed efficiente come quella della Cgil, si dovrà realizzare così quello scambio di informazioni e sollecitazioni che permetteranno economie di scala importanti ed efficaci. Proprio queste economie, realizzate all’interno della Cgil, liberano ulteriori risorse da riversare nel sistema per garantire sviluppo, solidità della società e qualità del servizio all’altezza della sfida che ci troviamo di fronte. Ma la vera arma vincente resta comunque la professionalità dei nostri operatori. Anche in questa difficile fase sono state investite risorse importanti nell’aggiornamento sulle novità fiscali, dalla cedolare secca all’Imu. Dobbiamo inoltre formare 120 operatori su una materia complicata e complessa utilizzando il nuovo software Caafsi, frutto della collaborazione dei principali Caf della Cgil che operano in Italia. Certo, come ogni novità, si potrà patire qualche piccola defaillance inziale, che siamo sicuri verrà abbondantemente superata e compensata con il proseguire dell’attività. Ivo Vacca, presidente Caaf 8 Marzo/Aprile 2012 Invalidi civili: nel 2012 verifiche straordinarie Il piano di verifica sanitaria e reddituale su 500 mila invalidi previsto dalla Legge 122/2010, sarà concluso nel 2012 con ulteriori 250 mila controlli che saranno gestiti dall’Inps. Quest’anno la novità consiste nel fatto che alle consuete verifiche sulla sussistenza dei requisiti sanitari, verranno aggiunte quelle relative all’handicap grave di cui all’articolo 3 comma 3 della Legge 104/92. L’Inps ha elaborato un campione da sottoporre alle verifiche attingendo dai nominativi esistenti nel calendario delle pensioni alla data del primo gennaio 2012 e considerando solo i titolari di prestazione con decorrenza anteriore al primo aprile 2007. Da questo campione sono stati estrapolati: · i titolari di indennità di accompagnamento e di comunicazione di età compresa tra i 18 e i 67 anni compiuti; · i titolari di assegno mensile di età compresa tra i 45 anni e i 60 anni compiuti; · i titolari di prestazione economica con revisione a scadenza nel 2012; · i soggetti con handicap grave di cui all’articolo 3 comma 3 Legge 104/92. Sono esclusi dal piano di verifica: · gli ultrasessantacinquenni titolari di assegno e pensione sociale sostitutivi che non siano titolari di indennità di accompagnamento; · i soggetti di cui al decreto 2 agosto 2007 nei cui confronti sia già avvenuto il riconoscimento di portatori di menomazioni e patologie ingravescenti, inclusi i soggetti affetti da sindrome che siano titolari di indennità di accompagnamento o di comunicazione; · i titolari di prestazione da revisionare entro la metà di giugno 2012 che seguiranno le regole ordinarie delle visite di revisione gestite dalla procedura informatica INVCIV2010. I soggetti interessati alla verifica riceveranno dall’Inps una raccomandata con la richiesta della documentazione medica. Che non sarà invece richiesta ai soggetti titolari di prestazione a scadenza per revisione. In questo caso la documentazione sanitaria sarà prodotta dagli interessati in sede di visita diretta. I destinatari della raccomandata, entro quindici giorni dal ricevimento, dovranno inviare al Centro-Medico Legale Inps competente, la documentazione richiesta. Se la Commissione medica non può svolgere alcuna valutazione in base alla documentazione che il soggetto ha inviato, si procede con la convocazione a visita diretta. La convocazione a visita è prevista anche per coloro che non invieranno nessuna documentazione sanitaria e sarà effettuata dalla sottocommissione decentrata. Tra i soggetti convocati direttamente a visita rientrano i titolari di prestazione a scadenza per revisione. Anche per loro, c’è la possibilità della valutazione agli atti ma solo in casi eccezionali. Se l’interessato non può recarsi alla visita perché intrasportabile o ricoverato, può inviare al Centro Medico Legale dell’Inps, nel limite dei 7 giorni precedenti la data di convocazione, la certificazione sanitaria che attesti la sua condizione (intrasportabile o ricoverato) con la richiesta di visita domiciliare o presso la struttura sanitaria di ricovero. Nei casi in cui la convocazione arrivi anche a invalidi affetti da patologie rientranti tar quelle di cui al Decreto ministeriale 2 agosto 2007, sarà opportuno far pervenire alla Commissione medica preposta, la certificazione sanitaria attestante la gravità delle infermità al fine di usufruire dell’esonero anche da ulteriori verifiche. Paolo Matta, direttore Inca Cgil Cagliari