Dopo due anni di black out, la Giunta riallaccia il dialogo

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Dopo due anni di black out, la Giunta riallaccia il dialogo
Periodico mensile della CGIL regionale
Confederazione Generale Italiana del Lavoro
Registrazione n. 611 del 29.01.1988
Tribunale di Cagliari
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NOTIZIE
Nuova serie
Anno Sesto Numero 2
Marzo/Aprile 2012
Dopo due anni di black out,
la Giunta riallaccia il dialogo
Patto di stabilità, entrate, Fas e insularità i nodi da sciogliere a Roma
di Enzo Costa*
Da pochi giorni è ripreso il dialogo tra i sindacati confederali regionali e il presidente della
Giunta. Ci sono voluti due scioperi generali,
un Consiglio regionale aperto e la constatazione che tutti gli indicatori confermano che
le condizioni complessive dell’intera comunità
sarda continuano a peggiorare, perché ci si accorgesse che cancellare il dialogo sociale non
solo non risolve i problemi, ma rende tutti più
deboli e meno autorevoli. Si riparte dai contenuti dell’accordo sindacale del 4 di giugno
2010 (purtroppo in larga parte disatteso dalla
Giunta), e dal dibattito sviluppato nella seduta
del Consiglio regionale, puntando a recuperare
coesione e una posizione unitaria.
I problemi sono noti. Dalle entrate negate che,
nonostante il parere favorevole della Corte Costituzionale, ancora non ci vengono riconosciute
(e comunque hanno bisogno di una rivisitazione urgente del patto di stabilità), al piano per il
Sud ancora bloccato perché, nonostante il Cipe
abbia deliberato interventi per 1.437.546.761
di euro, il Governo non ha adottato gli accordi
di programma quadro per trasferire i fondi alla
Regione e aprire i cantieri per le opere infrastrutturali. Occorre poi rendere operativi i piani
di intervento per le aree di crisi già identificate: Porto Torres, Sulcis, Tossilo, La Maddalena e
Siniscola, con una metodologia che coinvolga
anche le Istituzioni territoriali. Va intensificata la difesa e il rilancio di tutto il sistema produttivo isolano, affrontando con il Governo e
l’Unione Europea il riconoscimento della nostra
condizione di insularità, del sistema di trasporto
interno e dei collegamenti aerei e marittimi con
il resto d’Italia e d’Europa. Dobbiamo parlare
di istruzione e formazione come infrastrutture
immateriali su cui investire per rilanciare una
politica di crescita, e rivedere profondamente il
Piano per il lavoro.
Il tavolo istituzionale istituito dal Governo
Monti che si è insediato il 13 marzo, va arricchito con un tavolo politico che veda la partecipazione dei sindacati e di tutta la classe dirigente sarda, così come riaffermato nell’ordine
del giorno 80/12 del Consiglio regionale.
In tanti chiedono il perché unitariamente,
come sindacato, dopo il palese tentativo di
escluderci, abbiamo deciso di riprendere la
strada del dialogo nonostante ci siano precise
responsabilità della Giunta regionale, da noi
abbondantemente sottolineate e denunciate,
nella cattiva gestione della crisi.
La risposta è il senso di responsabilità nei confronti di problemi che finiscono per scaricarsi
sulle singole persone, e che vanno affrontati
identificando soluzioni immediate. Ma c’è anche un altro elemento, la nuova coalizione tecnica, o forse politica, che governa il Paese.
Monti, insieme ai ministri, ha affrontato l’incarico con l’obbiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio, costi quel che costi, entro la
primavera del 2013. Nei provvedimenti finora
emanati non si fa distinzione tra aree forti e
aree deboli del Paese, con effetti drammatici
in Sardegna.
Il Governo, che si era presentato all’insegna del
rigore, dell’equità e della crescita, al momento
è riuscito solo a peggiorare le condizioni di vita
e il potere di acquisto di pensionati e lavoratori dipendenti, aumentando il disagio sociale. I
provvedimenti varati lasciano indenni le grandi
ricchezze e i patrimoni. Hanno toccato i diritti dei lavoratori, dall’articolo 18 alle pensioni,
senza fissare obiettivi di crescita e politiche per
la creazione di nuovi posti di lavoro.
Servono risposte a Roma e in Sardegna, devono essere concrete e tempestive e devono
finalmente parlare di pari opportunità, equità sociale e crescita, a partire dai territori più
svantaggiati come il nostro. Dobbiamo superare la stagione dei Governi tecnici e ridare la
dignità perduta alla politica. I partiti hanno le
loro responsabilità, e non sono tutti uguali, ma
il nuovo fenomeno dell’antipartitismo cancella
la democrazia e l’assenza di democrazia porta
a passaggi autoritari.
Affrontiamo i problemi alla svelta, facciamo
la riforma elettorale e ridiamo la parola ai cittadini, forse è tempo di passare in fretta alla
terza repubblica perché la seconda, a mio giudizio, ci ha fatto rimpiangere la prima.
*segretario generale
Festa del Lavoro, ecco il programma
Cagliari. Due le iniziative a cui aderisce la
Cgil: la sesta edizione di Ethnica, manifestazione per i diritti degli emigrati organizzata
dalla Provincia, al Parco di Monte Claro, dalle
15; a Settimo San Pietro, in via Gramsci dalle
10 e 30 la giornata promossa insieme a diverse associazioni, in programma tornei sportivi,
spettacoli, pranzo sociale, concerto alle 21.
Sulcis Iglesiente. Appuntamento a Villamassargia (S’ortu mannu) per la giornata organizzata da Cgil, Uil, Unione dei Comuni “Metalla
e il mare”. Alle nove e 30 l’inaugurazione della
piazza dedicata ai caduti sul Lavoro a Villamassargia, poi la passeggiata a S’Ortu Mannu,
pranzo e, nel pomeriggio musica, esposizioni
di prodotti tipici e artigianato.
Ogliastra. Primo maggio a Coccorrocci (Marina di Gairo). Dalle 9 e 30, al dibattito interverranno: Giacomo Pani, segretario generale
Camera del Lavoro, Roberto Marceddu, sindaco di Gairo, Domenico Murgioni, segretario
Pd Ogliastra, Franco Cugusi, sindaco di Ulassai, Bruno Pilia, presidente della Provincia,
Giorgio Murino, presidente Cda Ente Foreste.
Sassari. Iniziativa in un luogo simbolico per
sottolineare l’assenza di prospettive causata
dal mancato rispetto degli impegni da parte di
E-On: Cgil, Cisl e Uil si incontreranno in mattinata sulla spiaggia di Fiume Santo, di fronte
alla centrale termoelettrica abbandonata.
Olbia. Festa tutto il giorno, dalle dieci al Parco Fausto Noce, mattinata con esposizione di
prodotti locali e degustazione, la sera comizi
e concerti sino a tarda notte. All’iniziativa organizzata dal Comune partecipano sindacati,
associazioni di categoria e volontariato.
NUOVI DIRITTI
Il Paese ha bisogno
di leggi più laiche
Unioni civili: Sassari e Porto Torres all’avanguardia, Cagliari in ritardo
di Sandro Gallittu*
Qualcosa si muove nella società, ed è opportuno approfittare di qualunque minimo segnale.
Negli ultimi anni, alcuni buoni film, alcuni
buoni dischi, persino qualche fiction televisiva di livello superiore alla media, o qualche
presa di posizione in mondi tradizionalmente
omofobi come quello del calcio (penso alle
dichiarazioni del Ct della nazionale) hanno contribuito a creare un clima di maggior
favore sociale rispetto a queste tematiche, a
volte perfino più di quanto abbiano fatto tanti convegni svolti all’interno di quattro mura
(e lo dico sentendomi serenamente coinvolto
essendo spesso un partecipante a questi convegni). Ora è necessario che anche il percorso
legislativo trovi compimento. A livello nazionale ma anche regionale, visto che qualcosa
anche qui possiamo fare. Mi viene da pensare,
in Sardegna, all’importante iniziativa intrapresa dai Comuni di Porto Torres e Sassari con
la creazione dei registri delle unioni civili, iniziativa alla quale ci auguriamo che arrivi anche il Comune di Cagliari dopo quasi un anno
di annunci ripetuti ma non seguiti, almeno
per adesso, da fatti conseguenti. E speriamo
anche che all’istituzione dei Registri delle
unioni civili possa far seguito al più presto
l’istituzione dei Registri dei testamenti biologici. Due punti secondo noi nodali nei quali le
buone prassi amministrative potrebbero fare
da momentanea supplenza (anche solo simbolica) e da apripista per politiche nazionali più
alte e più laiche.
Occorre quindi fare di più. Credo che una collettività progredisca sull’onda di una spinta
bidirezionale. Ci sono periodi nei quali è più
avanti della classe politica che esprime, ma ci
sono momenti nei quali la politica deve ricordarsi di avere (anche) una funzione di stimolo
nei confronti della collettività che amministra
e deve essere capace, anche a costo di una
momentanea perdita di consenso, di condurla
verso mete più ambiziose.
Sul tema delle unioni civili, per noi ovviamente
il punto di approdo è uno solo, la totale parità.
Ma allo stesso tempo non siamo massimalisti e
siamo comunque favorevoli a qualunque tipo
di soluzione che rappresenti un avanzamento rispetto all’attuale pantano. D’altra parte
siamo convinti che anche l’approvazione di
un disegno di legge di portata assai limitata
- come quello Bindi Pollastrini della scorsa legislatura - avrebbe rappresentato un piccolo
passo in avanti rispetto al quale non sarebbero
poi stati possibili arretramenti. Così come siamo convinti che anche piccoli provvedimenti
poco più che simbolici, quali l’istituzione dei
registri nei Comuni o l’approvazione di mozioni antiomofobia nelle Regioni, siano utili per
mandare segnali al Paese. D’altra parte, come
sindacato, abbiamo ripetutamente esercitato
(e continuiamo ad esercitare) questa funzione
di surroga, sforzandoci di inserire in ogni rinnovo contrattuale, collettivo o integrativo che
sia, norme che estendano i diritti spettanti alle
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persone in forza delle situazioni di coniugio,
ai lavoratori che si trovino invece a vivere un
rapporto affettivo ad oggi non riconosciuto
dal nostro ordinamento.
Consideriamo inoltre prioritaria l’approvazione della proposta Concia sull’introduzione
dell’aggravante di omofobia. E sarebbe auspicabile che quella proposta venisse approvata
da una maggioranza bi-partisan perché credo che non sia ulteriormente tollerabile che
in Italia ci si possa dividere ancora sui valori
fondanti dello stare insieme in una società
civile: la lotta a ogni forma di razzismo, di
sessismo, di omofobia. Cosa che altrove costituisce il terreno comune sul quale destra e
sinistra non si sognano di dividersi, per assumere poi posizioni sicuramente divergenti
sulla modalità e sulla misura di riconoscimento dei diritti: sulla lotta alle forme violente
no, nei Paesi civili non ci si divide. In Italia
purtroppo ancora sì.
La priorità rimane quella della lotta agli atti
violenti di omofobia a cominciare dal bullismo
nelle scuole, ma per noi omofobia è e continuerà ad essere anche la negazione da parte dello
Stato di quelli che sono i diritti fondamentali
della persona, dei quali come Cgil continueremo ad occuparci: diritti legati all’unione familiare, ereditari, ai rapporti di filiazione, alla
possibilità di assistenza ospedaliera al partner
o alla partner ricoverati. E ancora, diritti legati
alla libera circolazione delle persone all’interno
dello spazio europeo, sino al tema legato alle
conseguenze terribili che sui minori rischia di
avere la morte di uno dei genitori in una famiglia non riconosciuta dal nostro Stato. E se
da un lato confidiamo nel fatto che la Corte di
Giustizia Europea si pronunci al più presto sul
mancato riconoscimento entro i nostri confini
dei matrimoni celebrati all’estero e che coinvolgano un nostro connazionale, dall’altro ci
deprime e ci rattrista l’idea che il nostro Paese
possa trovarsi a dover adottare soluzioni legislative solo sull’onda di provvedimenti giurisdizionali, alla stregua di un qualunque Paese
a sovranità e democrazia limitata. È necessario
un guizzo di dignità e laicità dei nostri rappresentanti in Parlamento.
Come Cgil non possiamo poi non segnalare
un’ulteriore urgenza legislativa che riguarda le
persone transessuali: se le discriminazioni al
momento dell’assunzione a carico delle persone omosessuali in ragione del loro orientamento sono percentualmente diffusissime (l’arcigay parla del 13 per cento) questa percentuale
sale al 45 per cento per le persone transessuali
che non possono far passare sotto silenzio la
differenza di genere esistente tra quanto riportato sui documenti e quanto appare. Il cambio
di genere sui documenti è oggi consentito in
altri Paesi (Spagna ad esempio) già durante il
periodo di transizione e prima dell’intervento. Anche questo rappresenterebbe nel nostro
Paese un segnale di grande civiltà e darebbe
la sensazione che qualcosa stia cambiando e
possa cambiare.
Marzo/Aprile 2012
*responsabile Nuovi diritti Cagliari
Discriminazioni,
la battaglia
è confederale
L’area Nuovi diritti della Cgil sostiene l’autonomia
e la laicità delle istituzioni, i diritti individuali e le
libertà della persona. Nasce da una riflessione
politica non convenzionale sulle discriminazioni
dei lavoratori omosessuali e transessuali che
è iniziata circa vent’anni anni fa. Con il passare
del tempo, è stato sempre più naturale che questo luogo della Cgil fosse il più appropriato per
trattare temi nuovi e complessi come la battaglia
contro la censura della rete, la privacy, gli interrogativi posti dal progresso scientifico, la prostituzione in termini di repressione internazionale del
traffico degli esseri umani, dello sfruttamento e
della riduzione in schiavitù, il rispetto dell’autodeterminazione della persona e diritti indisponibili
per prostituti e prostitute, il difficile tema della
fecondazione assistita e della signoria sul corpo.
Noi riteniamo che solo dalla collaborazione tra
chi conduce queste battaglie nel sociale, nelle
istituzioni e nel mondo del lavoro, possano nascere circuiti virtuosi che facciano sì che il nostro
Paese progredisca verso lidi che ad altri, europei
(e non solo) sono già noti. D’altra parte, se non
fosse questa l’ottica di partenza, sarebbe persino
difficile capire perché il sindacato debba occuparsi di queste tematiche al di fuori dell’ambito
strettamente lavoristico. La ragione sta appunto,
da un lato, nelle sinergie alle quali ho appena accennato e, dall’altro, in quello che è l’elemento
caratterizzante del sindacato: la confederalità. Nel
momento in cui riteniamo che la confederalità
sia la nostra ragione fondante, questo ci porta
innanzitutto a rifuggire da comportamenti di tipo
corporativistico e dall’altro ci induce ad avere un
punto di vista non settoriale sul modello di società al quale aspirare. E siccome un modello di
società non è fatto di compartimenti stagni ma
rappresenta un puzzle complesso dove ciascuna
tessera ha il suo significato e contribuisce alla
creazione di un quadro unitario, omogeneo e non
schizofrenico, ecco perché un sindacato confederale come la Cgil è approdata ad occuparsi di
queste tematiche in una dimensione generale. I
diritti delle persone Glbt (lesbiche, gay, bisessuali
e transgender) non possono essere considerati
come separati rispetto al più generale tema dei
diritti delle persone e della laicità dello Stato. E
in effetti, estendendo questo principio, credo che
nessuno possa pensare che i diritti degli immigrati
o i diritti delle donne siano temi che interessino ai
soli immigrati o alle sole donne e per i quali debbano scendere in piazza da soli. Perciò, in questi
anni di attività, abbiamo cercato di coinvolgere il
più ampio numero di persone nelle nostre iniziative e nelle nostre manifestazioni. Se si crede in un
modello di società inclusivo e non esclusivo ci si
crede a prescindere da quello che è il colore della
pelle, il genere di appartenenza, l’orientamento
sessuale o l’identità di genere. (s.g.)
INTERVENTI
Una politica miope compromette
l’eccellenza nei trapianti
Appello ai partiti: «Interventi immediati e scelte più coraggiose»
di Pino Argiolas*
Le eccellenze nella Sanità - e i
trapianti lo sono di sicuro - portano a una crescita e a un miglioramento di tutti gli altri comparti
connessi che, non potendo stare
fermi, sono costretti ad aggiornarsi e a migliorare, di fatto facendo crescere qualitativamente
tutto il settore nell’Isola.
Non è un processo facile, ma crediamo che la Sardegna e i suoi
uomini siano abituati a grandi
sfide e, se si riuscirà ad ottimizzare in maniera seria le risorse
disponibili - che non sono poca
cosa, infatti la Sanità utilizza oltre il cinquanta per cento delle
risorse iscritte nel Bilancio regionale - anche da questo settore
potrà arrivare un grande contributo allo sviluppo dell’Isola e a
un miglioramento della qualità
della vita dei sardi.
Per queste ragioni, all’assessore alla Sanità, Simona De Francisci, e a tutte le forze politiche
presenti in Consiglio Regionale,
chiediamo di avere più coraggio nelle scelte da fare. Il settore
dei trapianti, aldilà dei risultati
positivi del 2011 (che però non
vengono confermati dai dati dei
primi mesi del 2012), ha bisogno
urgentemente, e voglio davvero ribadire urgentemente, di più
risorse umane e di strutture adeguate ai nuovi e pressanti bisogni che emergono nella società.
Le strutture, talvolta obsolete,
del G. Brotzu e i pochi addetti
a disposizione dei vari chirurghi
(del fegato, rene e cuore), di certo
non invogliano a fare i miracoli
che talvolta vengono chiesti dai
parenti dei pazienti che arrivano
in ospedale in situazioni quasi
disperate. Si fanno correttamente tutti gli interventi in cui si ha
la massima garanzia di riuscita e
di sopravvivenza per i pazienti
e, purtroppo per gli altri, si è costretti a rimandare in centri trapianto più attrezzati e più dotati
per seguire i pazienti nel post,
fuori dalla Sardegna. All’assessore e ai consiglieri chiediamo di
dare oggi le risposte necessarie a
evitare che pazienti sardi siano
ancora costretti a varcare il Tirreno per affrontare difficili viaggi
della speranza insieme alle famiglie. Questo ci converrebbe non
solo in termini di immagine, il
che comunque non guasta mai,
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Donatori
si diventa
Fonte Crt Sardegna
ma anche in termini economici:
un trapianto fuori Sardegna costa alla Regione circa duecentomila euro (fegato e cuore) subito
e, molto altro ancora nel followup dei pazienti che deve essere eseguito dal Centro Trapianti
dove è stato fatto l’intervento.
Chiediamo inoltre che la Regione provveda, con urgenza, ad
assicurare parità di trattamento
a tutti i trapiantati sardi, a prescindere dall’organo trapiantato.
In particolare, le associazioni di
volontariato sarde propongono l’estensione ai trapiantati di
cuore, fegato e pancreas di tutti i
sussidi che l’ottima Legge regionale 8 maggio 1985, numero 11
(e successive modificazioni) prevede solo per i trapiantati di rene,
in quanto a quella data erano i
soli trapianti che venivano eseguiti in Sardegna.
Questo appello lo rivolgiamo anche alle forze sociali e alla Cgil in
particolare, affinché nei frequenti
incontri con il governo regionale,
Marzo/Aprile 2012
per esempio nella formulazione
del Bilancio ma non solo, la Sanità sia tenuta nella massima evidenza, e sia tenuto nella dovuta
considerazione anche lo sviluppo
e il sostegno dei trapianti d’organo, per dotare questo settore delle
opportune risorse finanziarie.
Con questo intervento vorrei cogliere l’occasione per ringraziare di cuore tutte le famiglie che
hanno compiuto un grandissimo
gesto d’amore donando gli organi
di un congiunto, e tutti gli operatori sanitari, dalla più piccola
Rianimazione a tutti coloro che
operano per la buona riuscita dei
trapianti negli ospedali G. Brotzu
e R. Binaghi di Cagliari, in qualsiasi ora e giorno dell’anno, senza
guardare se è Natale o Ferragosto
in quanto le donazioni, quando ci
sono, non aspettano. Con la fiducia che possono avere tutti coloro
che con un trapianto hanno ricominciato a vivere una nuova vita,
attendiamo risposte.
*presidente Prometeo Aitf Onlus
Ci sono diversi modi, il primo e
anche il più semplice, é scrivere su un foglio di carta nome e
cognome, data di nascita, codice
fiscale e indirizzo, e dichiarare
esplicitamente “sono favorevole
alla donazione degli organi dopo
la mia morte”. Il foglio potrà poi
essere conservato insieme ai documenti di identità personale o
alla patente di guida.
Il secondo sistema consiste nel
compilare una tessera, o Card della Donazione, rilasciata dalle diverse associazioni di volontariato che
operano Sardegna e conservarla,
anche in questo caso, insieme ai
documenti. C’è poi la possibilità
di iscriversi al Registro nazionale
dei donatori di organi e tessuti:
occorre compilare una scheda
rilasciata dall’Aido (Associazione
italiana donatori di Organo), che
poi la trasmetterà al sistema denominato Sit del Centro nazionale dei
Trapianti del ministero della Salute.
Da pochi mesi inoltre, gli ospedali G.Brotzu e R.Binaghi - sede dei
centri trapianti di fegato, cuore,
rene e pancreas - hanno aperto
uno sportello attraverso il quale ci
si può iscrivere all’Albo dei donatori (il Centro regionale dei trapianti
la trasmetterà al Registro nazionale
dei donatori d’organo).
In ogni caso, dall’esperienza dei
Rianimatori nei vari ospedali sardi,
emerge l’importanza di esplicitare
la volontà di diventare donatori ai
propri congiunti, perché in questo
modo appare meno difficile prendere una decisione in un momento
drammatico e raramente i parenti
contraddicono la volontà del proprio caro.
La mattina del 13 maggio, al
Parco di Terramaini di Pirri, la
Prometeo Aitf Onlus organizza
la manifestazione, alla quale
possono partecipare anche
bambini, Corri... Donando per
promuovere la donazione e informare i cittadini. In quell’occasione verrà consegnata, a chi
ne farà richiesta, la Card del Donatore dalla Prometeo Onlus e
sarà presente anche l’Aido, per
le iscrizioni all’Albo.
LAVORO
«La flessibilità? Un’utopia riformista
che ci ha regalato vite precarie»
Il volume edito dalla Cuec, “Precarietà: da
dove viene e dove va”, è il primo dei Quaderni del Lavoro, un progetto della Cgil
sarda che coinvolge giovani ricercatori
in collaborazione con l’università. L’autore è Stefano Boi, 23 anni, laureato alla
triennale in Scienze Politiche a Cagliari,
ora in Olanda, per frequentare il master
su Politiche e Scienza per la Sostenibilità.
Contratti atipici utilizzati in modo spregiudicato per abbassare costi e tutele
di Stefano Boi*
Si fa spesso un gran parlare del dramma sociale della precarietà, ma è raro avere l’opportunità di approfondire e capire l’origine
di questo fenomeno e le sue caratteristiche,
come a me è capitato.
La storia della precarietà è legata a doppio
filo soprattutto a un altro concetto, la flessibilità, quell’ideale al quale si è tentato di
tendere fin dagli anni Ottanta, il grande
principio di modernizzazione del mercato del
lavoro, secondo il quale il lavoratore, “liberato” dalla dipendenza dal posto fisso, avrebbe
potuto cambiare mestiere, acquisire competenze, avere una carriera ricca e soddisfacente, ed essere sempre immerso in un processo
di formazione continua.
Implementando questo principio, spesse volte il legislatore sembra aver agito in modo
acritico, pur di non fermare la marcia di questo nuovo progresso. Tre sono state le tappe
fondamentali di questo percorso: il Contratto
di formazione e lavoro nel 1984, il Pacchetto
Treu nel 1997, la Riforma Biagi nel 2003.
La precarietà è l’altra faccia della flessibilità,
è l’utopia riformista diventata incubo quotidiano per milioni di lavoratori (quasi 7 ormai in Italia, 245 mila in Sardegna), attorno
ai quali si è costruita, per non rinnegare il
principio ispiratore, una lettura schematica
di questa tragedia. I Precari come giovani
ed esordienti del mercato del lavoro, bloccati nella strada verso una maggiore stabilità
dalla presenza di una generazione più vecchia di lavoratori iper-tutelati. Niente di più
sbagliato: i dati ci dicono che i precari non
sono in maggioranza giovani (hanno più di
30 anni nel 59 per cento dei casi in Italia,
e nel 64 per cento in Sardegna), non sono
esordienti del mercato del lavoro (i cosiddetti
contratti atipici sono stati introdotti a partire
dagli anni Ottanta), e non ci sono prove che
la loro condizione sia dovuta alla presenza di
lavoratori maggiormente tutelati (tra i quali,
al contrario, si diffonde sempre più la stessa
insicurezza di cui i primi sono vittime).
È questa una narrazione distorta che serve a
non abbandonare l’ideale della flessibilità e a
legare addirittura la risoluzione del dramma
del precariato a una maggiore implementazione di questo stesso principio, quasi a voler rimuovere una riflessione approfondita
sul tema. Forse proprio perché, se si facesse,
non potrebbe che portare a conclusioni assai
amare: il precariato è stato uno strumento
straordinario nel comprimere i costi del lavoro, gli investimenti, da quanto ha iniziato a
diffondersi, hanno subito un trend di caduta
che ancora non si è fermato, questo fenomeno ha nel tempo condannato sempre più lavoratori a una vita instabile, una folle corsa
nella quale si lotta per rimanere nel mercato
del lavoro, mentre si accettano orari sempre
più pesanti, stipendi sempre più bassi, tutele
sempre più scarse, con lo spettro della disoccupazione sempre presente.
Se questa è la precarietà oggi, chiedersi dove
va è sicuramente la domanda più difficile,
ma gli elementi descritti già danno un’idea
di cosa ci aspetta. A questi si potrebbe aggiungere l’insicurezza che si sta diffondendo tra i lavoratori occupati stabilmente, il
diffondersi sempre maggiore di tirocini e
stage (qualche volta persino finanziati da
soldi pubblici) come strumento di impiego
non retribuito, il numero sbalorditivo che
ha oggi raggiunto il numero di contratti
esistenti nel mercato del lavoro (ormai arrivate all’impressionante cifra di 46), e la sua
frammentazione.
Dove va la precarietà è una domanda alla
quale non si possono dare risposte certe,
poiché la conformazione del mercato del lavoro è stata in questi decenni determinata
dall’azione legislativa dei Governi via via
succedutisi. A quelli che verranno si può
però chiedere di non prenderci per fessi. Di
non continuare a propagandare una visione del mercato del lavoro diviso in modo
manicheo tra garantiti e non garantiti e tra
giovani e non più giovani, e di sottoporre
al vaglio della ragione il cammino fin qui
compiuto in nome della tanto agognata
flessibilità. Perché, alla fin fine, se di precarietà si parla è perché dei contratti atipici si
è sempre fatto un utilizzo abusivo, usandoli
per abbassare il costo e le tutele nel lavoro.
Se si vuole combattere la precarietà si inizi
a ragionare su come combattere l’abuso che
si è fatto e si fa di questi strumenti e, così
facendo, si inizi anche ad immaginare una
idea di sviluppo che non sia basata sulla
compressione dei diritti. Sarebbe uno splendido punto di partenza.
La ricetta per crescere
Istruzione, fisco, regole
*ricercatore
La segretaria generale: «La scuola dovrebbe essere obbligatoria sino a 18 anni»
Sintesi dell’intervento di Susanna Camusso
alla presentazione del volume il 27 marzo a
Cagliari
Un altro mondo è possibile? È questa la domanda intorno alla quale vogliamo ragionare per provare a costruire un futuro migliore.
La risposta è sì. Perché diventi realtà occorre
lavorare nella giusta direzione e cambiare il
modello che si è affermato e che Stefano Boi
ha descritto nel suo libro. All’idea di lavoro
flessibile si è legata per anni la garanzia che
Nuova serie - Anno VI - Marzo/Aprile 2012
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Tribunale di Cagliari
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Marzo/Aprile 2012
Da maggio dell’anno scorso ha lavorato
alla ricerca sulla precarietà, nata dalla
collaborazione tra il sindacato e il Dipartimento di Scienze sociali e delle Istituzioni della Facoltà di Scienze Politiche di
Cagliari. Alla presentazione del volume,
il 27 marzo, nell’aula magna in viale Fra
Ignazio, ha partecipato la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso.
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avrebbe regalato a tutti un futuro radioso e
che fosse indissolubile dalla crescita del mondo occidentale. Il termine precarietà è arrivato
dopo ma l’idea di partenza era questa: il lavoro stabile e rigido costituiva un freno allo
sviluppo, un ostacolo da rimuovere e sostituire con la flessibilità. A distanza di tempo, possiamo dire che, oggettivamente, la capacità di
crescita, i livelli di istruzione e distribuzione
del reddito nel mondo occidentale sono andati
a picco proprio da quando si è deciso che la
flessibilità avrebbe garantito l’avvenire di tutti. Si è deciso allora di pagare meno e investire
meno sul lavoro, per poi investire in finanza.
L’effetto è stato devastante, perché ciò che caratterizza un modello di crescita è proprio la
scelta di fondo su dove investi, quali prospettive questo comporta e che tipo di distribuzione del reddito ne deriva.
La crisi finanziaria ha dimostrato a tutti che
così non si può andare avanti. Occorre rimettere al centro il lavoro. Persino gli Stati Uniti,
che hanno sempre avuto il modello più flessibile del mondo, ora investono sul sistema industriale e sulla produzione come elementi per
uscire dalla crisi. L’Europa da questo punto di
vista è in ritardo. Chi continua a considerare
le forme di flessibilità come uno straordinario
orizzonte positivo, fa un’operazione ideologica
che non ha nessun riscontro nella realtà economica. Intervenire contro la precarietà significa iniziare a ragionare di crescita. Non a caso
noi continuiamo a dire che c’è crescita quando
si creano posti di lavoro. In tre anni ne abbiamo perso un numero impressionante. Siamo il
Paese che perde più Pil e produttività. E questo
di certo non dipende dal fatto che i lavoratori
si impegnano poco ma dalla perdita di competitività del Paese, conseguenza diretta della
riduzione degli investimenti sul lavoro.
Per invertire la rotta occorre puntare, prima
di tutto, su tre fattori: Istruzione, fisco, cultura delle regole. Occorre ripensare la relazione tra istruzione e mercato del lavoro. Si è
costituita una frattura: la formazione avviene
sul posto di lavoro, senza nessun nesso con
la fase precedente, quella dell’istruzione che,
progressivamente, ha perso qualità. Gli anni
Marzo/Aprile 2012
della crescita sono quelli dell’istruzione obbligatoria di massa, quelli in cui si combatteva
l’analfabetismo e si cercava di diffondere la
cultura. Ora siamo in un processo regressivo,
con l’obbligo scolastico spostato da 16 a 15
anni. Invece dovremmo potenziare il percorso
dell’istruzione e collegarlo al mondo del lavoro, Non è all’ordine del giorno, ne parliamo
noi come Cgil ma credo che il primo strumento utile al cambiamento, sia un percorso di
istruzione obbligatorio fino ai 18 anni, più un
sostegno per la prosecuzione degli studi.
Oltre a questo, per ripartire è indispensabile
intervenire sul fisco. La distribuzione della
ricchezza verso la finanza è legata al fatto che
fare soldi così, costa meno tasse che investirli
sul lavoro e sull’impresa. Una logica da ribaltare, riducendo le tasse sul lavoro e alzando
quelle sulle rendite finanziarie. È questo il
senso della nostra richiesta di patrimoniale.
Perché la logica del fisco implica necessariamente un determinato modello di sviluppo.
Terza questione, cultura delle regole. Qui c’è
un lavoro durissimo perché noi veniamo da
una lunga stagione in cui regola voleva dire
vincolo negativo. Abbiamo avuto un ministro
per il Lavoro che ha pensato di risolvere il
problema dei contenziosi giuridici sulla precarietà impedendo ai precari di fare le cause.
Invece di garantire la regola che permette a
tutti di avere certezza del diritto, ha eliminato
la regola stessa. Ora, per la prima volta il governo ha detto che si possono ridurre le forme
di ingesso al lavoro e si può provare a intervenire sugli abusi. La partenza è stata buona,
l’arrivo un po’ meno. Ma è già qualcosa perché
gran parte dei temi che ruotano attorno alla
precarietà sono culturali e ideologici, e una
inversione di tendenza rappresenta un’apertura dentro cui bisogna infilarsi per cambiare il
sistema. Certo, l’Europa parla di flexsecurity
e noi invece siamo a un timido ampliamento
di ammortizzatori sociali sui quali poi il governo non vuole spendere. Ora vedremo come
andrà la discussione in Parlamento, ma c’è da
dire che per la prima volta, dopo tanti anni, il
Paese parla di nuovo di lavoro. Anche questo
significa che un’altro mondo è possibile.
TERRITORI
«Ripartiamo da turismo e agroindustria»
Ogliastra alla ricerca del riscatto
A giugno sindacati in piazza insieme alle associazioni di categoria
di Giacomo Pani*
La ricostituzione della Camera del Lavoro
dell’Ogliastra con il Congresso del dicembre
2005, ha segnato un punto di svolta nel panorama sindacale ogliastrino, sanando una
ferita aperta tra i lavoratori. Ciò è avvenuto
grazie al lavoro di Luigi Vacca, al quale sono
subentrato nell’incarico di segretario generale il 19 gennaio, con l’obiettivo di proseguire il cammino già avviato per il progresso
e la modernizzazione del nostro territorio. È
un percorso condiviso con il mondo del lavoro che rappresentiamo, assieme alle altre
organizzazioni sindacali e al tessuto civile e
democratico della provincia. Una sfida che
ho racconto non senza preoccupazione, consapevole del grande lavoro che mi attende
e che ci attende come Cgil, un impegno che
vorrei condividere con i compagni che hanno ruolo e responsabilità nelle strutture confederali e di categoria, e con tutti i compagni
iscritti alla nostra grande organizzazione.
In questi anni la Cgil è diventata di nuovo protagonista in tutte le maggiori vertenze aziendali e territoriali. Un punto di partenza che ci
deve vedere ancora protagonisti delle grandi
battaglie per le questioni fondamentali dello
sviluppo. In particolare delle attività produttive e del turismo, in coerenza con le vocazioni
del territorio e dell’ambiente. Abbiamo bisogno di un moderno sistema di infrastrutture
materiali e immateriali, puntando sul rispetto
della sostenibilità ambientale nell’attuazione
degli interventi e nell’utilizzo delle risorse
naturali. Perciò dobbiamo salvaguardare il
patrimonio paesaggistico e valorizzare i beni
culturali. Per farlo è indispensabile investire
sulla conoscenza, quella di base, ma anche la
formazione professionale, con il sostegno alle
imprese affinché si rinnovino con percorsi di
ricerca e innovazione. È inoltre determinante
integrare il comparto del turismo e le attività
produttive, specie nel settore agro-alimentare
e artigianale.
Questi sono i temi al centro delle rivendicazioni del movimento sindacale, e noi crediamo che debbano essere prioritari anche per
le politiche della Provincia e dei Comuni.
In particolare vorremmo che venissero risolti alcuni nodi strutturali, che sintetizzerei
in quattro punti. Il primo è il porto: deve
essere una struttura al servizio del progetto complessivo di sviluppo dell’Ogliastra in
ambito turistico e industriale, fruibile tutto l’anno. Per quanto riguarda l’aeroporto
invece, dovrà avere la certezza definitiva
della proprietà, e chiarezza dell’utilizzo con
apertura definita, limitata al periodo estivo.
Sulla viabilità principale, occorre avere certezza delle risorse finanziarie da spendere,
per il completamento dei lotti della statale
125 per Cagliari, della 389 per Nuoro, del-
6
Provincia più piccola della Sardegna,
ferma a 58 mila abitanti, con un’economia debole e un indice di disoccupazione al 17 per cento (fonte Istat), l’Ogliastra colleziona primati in negativo e non
mostra segnali di ripresa di un tessuto
sociale e produttivo che negli anni ha visto peggiorare i suoi indicatori. Un’area
depressa che l’ultimo rapporto sul mercato del lavoro in Sardegna del Centro
studi relazioni industriali (Csri) racconta così: “In questa Provincia si riduce
in maniera particolarmente rilevante la
partecipazione al mercato del lavoro di
tutta la popolazione nelle classi di età
più giovani. I tassi di attività tra i 15 e
i 24 anni e tra i 25 e i 34 anni si sono
ridotti (dal 2008 al 2010) tra gli 8 e i 10
punti percentuali”. E ancora: “Il tasso di
disoccupazione giovanile ha avuto un
aumento netto e pesante – il più elevato
nella regione – passando dal 31 per cento del 2008 al 45,8 per cento del 2010”.
Questi dati spiegano la ragione del movimento di protesta che unisce i sindacati Cgil, Cisl e Uil alle diverse associazioni di categoria radicate nel territorio
e che sfocerà in una manifestazione in
programma il 9 giugno. (g.p.)
la 198 per Seui, e le strade interne Tortoli, Lanusei, la Loceri, Bivio di Cea, la Gairo
Taquisara, Jerzu innesto 125 per Cagliari, la
Lotzorai, Talana, Urzulei. Fondamentale un
ragionamento sulle reti, per uscire dall’isolamento puntiamo sulla fibra ottica, ma occorre anche potenziare la qualità della rete
telefonica fissa, oltre che delle reti elettrica
e idrica. Ecco gli obiettivi delle nostre rivendicazioni: il reinsediamento produttivo delle
Marzo/Aprile 2012
aree industriali di Arbatax, una viabilità efficiente e moderna, i temi del traffico delle
merci e dei passeggeri da potenziare attraverso il porto, le reti telematiche, la banda
larga e la fibra ottica, la valorizzazione delle
risorse locali e l’immenso patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale. Per vincere le sfide occorre coinvolgere nei processi
democratici della nostra società il mondo
dei giovani, tenuti colpevolmente fuori dai
processi decisionali. Occorre valorizzare la
conoscenza, la cultura, i valori peculiari del
nostro sapere e della nostra tradizione. In
questo l’Ogliastra può dare esempi di eccellenza in molti campi, come la ricerca genetica, la biodiversità, la qualità dell’ambiente. Questo è il lavoro che ci attende, perché
sempre più occorre conoscere le problematiche complesse del nostro tempo, studiare
e confrontarci per arrivare a una sintesi
condivisa e offrire veramente il meglio che
possiamo raccogliere. Per farlo occorre una
Cgil più forte, più unita e più coesa.
*segretario generale Ogliastra
[email protected]
Interventi
Il futuro del turismo è il trasporto aereo
Vacanze sempre più brevi, traffico marittimo in calo
di Marco Bertuccelli*
Nel nuovo Piano nazionale degli
aeroporti, lo scalo di Cagliari è
considerato “strategico”, Olbia
e Alghero sono tra i “primari”.
Una posizione di tutto rispetto
nel panorama nazionale, anche
se decisamente migliorabile. Ad
esempio, con l’adeguamento dei
collegamenti aeroporto-città, l’allungamento della pista a Olbia, la
promozione di sistemi di co-modalità di trasporto, con iniziative per
attrarre investimenti e nuove rotte
(qui è importante anche il ruolo
di marketing delle società di gestione). Negli ultimi cinque anni il
traffico passeggeri è cresciuto del
22,8 per cento, (più del doppio di
quello nazionale, 9,24 per cento),
da 5.771.627 a 7.087.833. Il traffico internazionale è in crescita, ma
nel 2011 rappresentava solo il 27
per cento del movimento complessivo (a livello nazionale superava il
56 per cento). Il 2007 segna una
svolta nel trasporto in Sardegna: è
l’ultimo anno che vede il numero
dei passeggeri trasportati via mare
superiore a quelli per via aerea (il
51,31 di traffico su nave). Nel corso degli anni la percentuale di traffico aereo cresce sino ad arrivare
al 60 per cento nel 2011, mentre
quella del trasporto su nave (complice l’aumento dei prezzi del comparto marittimo) registra un crollo
di 21 punti rispetto al 2007.
Degli oltre 7 milioni di passeggeri
aerei del 2011, più del 52% è transitato da Cagliari, circa il 27% Olbia ed il 21% Alghero. Gli aeroporti
del nord Sardegna prevalgono nel
movimento internazionale, con il
59 per cento. I primi cinque Paesi di provenienza sono Germania,
Gran Bretagna, Spagna, Francia e
Svizzera. La Gallura ha il primato
del complesso di passeggeri (nave
e aereo) con 5.422.858 (nave
3.458.162 - aereo 1.874.696),
7
Cagliari 4.028.883 (nave 330.000
- aereo 3.698.883), Alghero-Porto
Torres 2.374.185 (nave 859.931
- aereo 1.514.259). Sceglie l’aereo
il 92% di chi transita a Cagliari,
percentuale che scende al 35% in
Gallura, dove resta preponderante
il vettore marittimo.
Oltre a questi dati, è interessante
osservare quelli relativi alle spese
e alle giornate di vacanza dei cittadini europei. Nel 2010 le giornate
di vacanza sono state un miliardo,
di cui 231 milioni fatte all’estero e,
fra queste, 51 milioni per vacanze
di breve durata (fino a 3 giorni). I
turisti tedeschi, inglesi, spagnoli e
francesi, (maggiori frequentatori
della Sardegna), hanno trascorso
all’estero oltre 145 milioni di giornate di vacanza, di cui oltre 26 milioni fino a tre giorni, spendendo
circa 111 miliardi di euro su 180
miliardi di spesa turistica complessiva per vacanze trascorse
all’estero. Le giornate di vacanza
degli italiani (dato 2009) sono state 81 milioni, di cui ben 66 milioni
trascorse in Italia (spesa complessiva 19 miliardi di euro) e di queste
circa 38 milioni di durata breve.
Emerge chiaramente un dato,
che ha valore anche in Sardegna:
il trasporto aereo appare oggi
come la modalità più efficace e
efficiente per favorire la mobilità
e incrementare il movimento turistico. Ciò vale particolarmente
nei periodi non estivi, rendendo
quindi possibile l’allungamento
della stagione come già avviene
nelle vicine Baleari. I punti di forza sono: diffusione degli aeroporti
e vicinanza alle grandi città, dove
frequentemente il viaggio inizia o
termina; ottimale localizzazione
degli aeroporti in Sardegna (Cagliari a sud, Olbia a nord-est, Alghero a nord-ovest e Tortolì a sudest) per servire in tempi brevi tutti
i territori; tempi di viaggio ridottissimi (i Paesi europei si possono
Marzo/Aprile 2012
raggiungere entro massimo tre
ore) mentre la traversata marittima più breve (Olbia-Civitavecchia)
dura sei ore a cui è da aggiungere
il percorso terrestre. Un elemento
interessante, quello del tempo,
perché permette di raggiungere la
Sardegna anche per vacanze brevi,
il classico week-end, una tipologia
di vacanza che, come raccontano
i dati, ha riguardato 51 milioni di
giornate per gli stranieri e 38 milioni per gli italiani.
Oltre ai tempi, occorre considerare i costi: grazie alla concorrenza,
ai voli low cost ed alla continuità
territoriale oggi è spesso più conveniente l’aereo rispetto al traghetto le cui tariffe hanno subito forti
aumenti in larga parte imputabile
all’incremento del costo del carburante che ha reso poco remunerativa, se non in perdita, la gestione
della nave soprattutto in periodi di
scarso traffico. L’aereo, al contrario, non solo è riuscito a ridurre i
consumi di carburante - il cui costo costituisce comunque un freno
per la crescita - ma ha conseguito
un maggior indice di riempimento,
grazie alla preferenza accordatagli
dai viaggiatori, ottenendo anche
benefici sull’assegnazione gratuita
di quote di CO2.
Ora non c’è dubbio che la Sardegna
sia in grado di offrire un prodotto
turistico straordinario, in particolare per il suo ambiente e percorsi
naturalistici. L’Isola infatti risulta
ai primi posti tra le regioni italiane
per le superfici destinate a parchi,
aree marine protette, zone umide
di importanza internazionale, siti di
importanza comunitaria e zone di
protezione speciale dell’avifauna,
aree archeologiche. Insomma paesaggi, costieri e interni, di incomparabile bellezza. Si tratta di requisiti essenziali per un turismo di
qualità ma che, da soli, non sono
sufficienti per attrarre un numero
crescente di turisti e, soprattutto,
allungare la stagione; un obiettivo
quest’ultimo che, evidentemente,
richiede soluzioni innovative e sicuramente una politica integrata
del turismo.
Le osservazioni svolte sui dati
del movimento della navigazione marittima e aerea e sugli altri
dati statistici offrono una traccia
per proposte e programmi che,
se consideriamo il preoccupante calo dei primi dati del traffico
2012, andrebbero attivati con
urgenza avendo sempre presenti la salvaguardia e la protezione
dell’ambiente. Prima di tutto occorre una politica che garantisca trasporti efficienti, sicuri e
intermodali, con applicazione di
tariffe economicamente accessibili (particolarmente le aeree), per
incrementare gli indici di mobilità,
obiettivo che oggi potrebbe essere
favorito dalla istituzione dell’ Autorità per i trasporti indipendente.
Poi occorrerebbe promuovere
l’immagine e la visibilità dell’Isola
– mettendo tutto on-line - e rendere disponibili proposte più allettanti “tutto compreso” nei mesi
di bassa e media stagione, magari
rivolte a particolari gruppi sociali
(terza età, scuole, congressisti,
ecc.). Infine, sarebbe utile realizzare marchi certificati dei luoghi
di ristorazione e delle le strutture
ricettive che rispettino criteri ambientali, sociali, economici, valorizzino cultura e produzioni locali
e promuovano la formazione certificata dei lavoratori.
*esperto Trasporti
Direzione Regionale INCA CGIL
Viale Monastir, 35
09122 Cagliari
Tel. +39 070 287656
Fax +39 070 275120
Direzione Regionale CAAF CGIL
Viale Monastir, 35
09122 Cagliari
Tel. +39 070 291056
Fax +39 070 291055
Nuova campagna fiscale,
tariffe ferme al 2011
Anche il Caaf Cgil della Sardegna si appresta ad affrontare la
campagna fiscale del 2012. Una situazione difficile quella in cui
si va ad operare. Il Ministero ha deciso di diminuire il compenso
per l’elaborazione dei modelli 730 con una perdita secca per il
nostro Caaf piuttosto consistente.
In questi casi le soluzioni sono obbligate: ridurre i costi o aumentare le tariffe. È evidente che la soluzione dell’aumento delle
tariffe sarebbe la più semplice e scontata. Forse tutti gli altri Caf
lo faranno. Però aumentare la tariffe sarebbe un ulteriore schiaffo a una popolazione come quella della Sardegna, che affronta
una crisi difficilissima. Fabbriche che chiudono, economia che
langue, contratti bloccati, disoccupazione crescente, famiglie
che devono mantenere giovani senza lavoro e che non hanno
possibilità di costruirsi un futuro: come facciamo a chiedere a
loro ancora di più, proprio noi, un sindacato?
L’assemblea dei soci (tutte le Camere del Lavoro, sindacato dei
pensionati e il Regionale Cgil) ha così deciso di tenere ferme
le tariffe, a parte l’aumento dell’Iva che non è nostra facoltà ridurre. Ci presenteremo così ai nostri utenti con le stesse
tariffe del 2011 imponendoci un lavoro molto duro per restare in equilibrio economico. Un approfondito lavoro iniziato
nel 2010 di ristrutturazione organizzativa, razionalizzazione
delle spese, ottimizzazione delle risorse che dovrà portarci a
contenere sensibilmente i costi. Ma la vera sfida riguarderà
l’aumento della produzione, a parità di forza lavoro. Puntando su un’organizzazione del lavoro più razionale ed elastica,
in modo da utilizzare al meglio nei momenti più opportuni
le professionalità altissime dei nostri operatori, cercheremo di
elevare il livello della produttività spingendoci su una forte
destagionalizzazione del nostro lavoro, andando oltre la produzione dei soli modelli 730. Ci proporremo con un servizio di
elaborazione delle successioni più accurato e veloce, coprendo
meglio il territorio regionale. Potenzieremo il servizio Colf e
Badanti. Saremo presenti più capillarmente sul territorio organizzando un servizio basato sulla telematica, in collaborazione
con i volontari dello Spi sindacato. Ma soprattutto ci rivolgeremo al nostro interno, variando le scelte di politica pubblicitaria. Punteremo a far conoscere meglio i nostri servizi agli
iscritti della Cgil: sembra incredibile, ma per molti dei nostri
iscritti il Caaf è solo 730. Utilizzeremo, soprattutto, il sistema
Cgil per far passare la nostra informazione. In uno sforzo di
sinergia fra i vari pezzi della macchina organizzativa complessa ed efficiente come quella della Cgil, si dovrà realizzare così
quello scambio di informazioni e sollecitazioni che permetteranno economie di scala importanti ed efficaci.
Proprio queste economie, realizzate all’interno della Cgil, liberano ulteriori risorse da riversare nel sistema per garantire sviluppo, solidità della società e qualità del servizio all’altezza della
sfida che ci troviamo di fronte.
Ma la vera arma vincente resta comunque la professionalità dei
nostri operatori. Anche in questa difficile fase sono state investite risorse importanti nell’aggiornamento sulle novità fiscali, dalla cedolare secca all’Imu. Dobbiamo inoltre formare 120
operatori su una materia complicata e complessa utilizzando il
nuovo software Caafsi, frutto della collaborazione dei principali
Caf della Cgil che operano in Italia. Certo, come ogni novità, si
potrà patire qualche piccola defaillance inziale, che siamo sicuri
verrà abbondantemente superata e compensata con il proseguire
dell’attività.
Ivo Vacca, presidente Caaf
8
Marzo/Aprile 2012
Invalidi civili: nel 2012
verifiche straordinarie
Il piano di verifica sanitaria e reddituale su 500 mila invalidi previsto dalla Legge 122/2010, sarà concluso nel 2012 con ulteriori 250
mila controlli che saranno gestiti dall’Inps.
Quest’anno la novità consiste nel fatto che alle consuete verifiche
sulla sussistenza dei requisiti sanitari, verranno aggiunte quelle relative all’handicap grave di cui all’articolo 3 comma 3 della Legge
104/92.
L’Inps ha elaborato un campione da sottoporre alle verifiche attingendo dai nominativi esistenti nel calendario delle pensioni alla
data del primo gennaio 2012 e considerando solo i titolari di prestazione con decorrenza anteriore al primo aprile 2007.
Da questo campione sono stati estrapolati:
· i titolari di indennità di accompagnamento e di comunicazione di
età compresa tra i 18 e i 67 anni compiuti;
· i titolari di assegno mensile di età compresa tra i 45 anni e i 60
anni compiuti;
· i titolari di prestazione economica con revisione a scadenza nel
2012;
· i soggetti con handicap grave di cui all’articolo 3 comma 3 Legge
104/92.
Sono esclusi dal piano di verifica:
· gli ultrasessantacinquenni titolari di assegno e pensione sociale
sostitutivi che non siano titolari di indennità di accompagnamento;
· i soggetti di cui al decreto 2 agosto 2007 nei cui confronti sia già
avvenuto il riconoscimento di portatori di menomazioni e patologie ingravescenti, inclusi i soggetti affetti da sindrome che siano
titolari di indennità di accompagnamento o di comunicazione;
· i titolari di prestazione da revisionare entro la metà di giugno
2012 che seguiranno le regole ordinarie delle visite di revisione
gestite dalla procedura informatica INVCIV2010.
I soggetti interessati alla verifica riceveranno dall’Inps una raccomandata con la richiesta della documentazione medica. Che non
sarà invece richiesta ai soggetti titolari di prestazione a scadenza
per revisione. In questo caso la documentazione sanitaria sarà prodotta dagli interessati in sede di visita diretta. I destinatari della
raccomandata, entro quindici giorni dal ricevimento, dovranno inviare al Centro-Medico Legale Inps competente, la documentazione
richiesta.
Se la Commissione medica non può svolgere alcuna valutazione in
base alla documentazione che il soggetto ha inviato, si procede con
la convocazione a visita diretta.
La convocazione a visita è prevista anche per coloro che non invieranno nessuna documentazione sanitaria e sarà effettuata dalla
sottocommissione decentrata. Tra i soggetti convocati direttamente a visita rientrano i titolari di prestazione a scadenza per revisione.
Anche per loro, c’è la possibilità della valutazione agli atti ma solo
in casi eccezionali.
Se l’interessato non può recarsi alla visita perché intrasportabile o
ricoverato, può inviare al Centro Medico Legale dell’Inps, nel limite
dei 7 giorni precedenti la data di convocazione, la certificazione
sanitaria che attesti la sua condizione (intrasportabile o ricoverato)
con la richiesta di visita domiciliare o presso la struttura sanitaria
di ricovero.
Nei casi in cui la convocazione arrivi anche a invalidi affetti da patologie rientranti tar quelle di cui al Decreto ministeriale 2 agosto
2007, sarà opportuno far pervenire alla Commissione medica preposta, la certificazione sanitaria attestante la gravità delle infermità
al fine di usufruire dell’esonero anche da ulteriori verifiche.
Paolo Matta, direttore Inca Cgil Cagliari