I quaderni di Lexambiente
Transcript
I quaderni di Lexambiente
ASPETTI DI ATTIVITA’ DI INDAGINE CONNESSA AI REATI AMBIENTALI Testo tratto dal volume “Reati Ambientali ed indagini di Polizia Giudiziaria” di L. RAMACCI Rimini 2007, settima edizione, Maggioli Editore Tutela dell’ambiente ed indagini di Polizia Giudiziaria Il codice di procedura penale oggi in vigore, pur con le modifiche via via apportate, comunque richiede una particolare professionalità da parte del personale di Polizia Giudiziaria non solo durante le indagini preliminari, ma anche nella successiva fase dibattimentale, tanto in relazione agli atti compiuti che vengono, almeno in parte, valutati ai fini della decisione e contribuiscono così alla formazione della prova, quanto in sede di testimonianza, al cospetto di un giudice pressoché ignaro dei fatti. Tale stato di cose appare maggiormente accentuato nei procedimenti che riguardano i reati commessi con violazione delle norme poste a tutela dell’ambiente. Invero, da una quasi totale assenza di leggi, che costringeva gli operatori ad applicare in maniera talora impropria le norme del codice penale, si è passati ad una situazione in cui norme numerose, ma spesso di difficile interpretazione, regolano i diversi e talora anche gli stessi aspetti di una medesima materia. Altre norme, inoltre, prevedono generalmente una suddivisione di competenze tra Stato, Regioni, Province e Comuni e così contribuiscono a rendere ancora più ardua l’opera dell’interprete. La Polizia Giudiziaria, nell’espletare le attività di istituto dovrà tenere conto di tutto ciò, considerando inoltre che, a fronte di pene a volte irrisorie, i processi riguardanti la materia in esame incidono su interessi economici e politici di notevole rilievo. Ne consegue che chi opera in tale campo sovente troverà, nello svolgimento delle indagini, maggiori difficoltà rispetto a quelle incontrate per i più comuni reati previsti dal codice penale. Un ulteriore problema consiste nel fatto che la maggior parte degli atti di indagine compiuti, o per lo meno i più importanti tra essi, assumono la veste di ‘‘atti irripetibili’’ i quali, come si è visto, giocano un ruolo importante ai fini della decisione, avendo ingresso nel dibattimento come fonti di prova. Parimenti importante è l’acquisizione di documenti (autorizzazioni ed altri atti amministrativi) che consentono al Pubblico Ministero e, successivamente, al giudice, di ricostruire l’intero iter seguito nei procedimenti amministrativi che precedono il rilascio dei predetti atti o che comunque illustrano quale sia stata la posizione assunta dalle parti private e dagli enti pubblici preposti alla tutela dell’ambiente nell’ambito dei fatti oggetto di indagine. La rilevanza della prova documentale non fa tuttavia venir meno l’importanza della prova testimoniale: la complessità delle pratiche amministrative o di alcune indagini compiute, rende pressoché indispensabile la presenza dell’ufficiale o agente di Polizia Giudiziaria che le ha svolte, quantomeno per illustrare quei particolari che non vengono immediatamente posti in evidenza dal contenuto dei documenti prodotti. Non va poi sottaciuto che, nonostante il risalto che attualmente viene dato ai problemi connessi con la tutela dell’ambiente, quasi mai si dà seguito concreto alle frequenti dichiarazioni di intenti, specie dei soggetti pubblici, cosicché la Polizia Giudiziaria si troverà qualche volta ad operare senza il sostegno o, peggio, con l’opposizione esplicita o implicita, di quanti, preposti a detta tutela, esercitano con scarsa attenzione le funzioni loro attribuite, rendendo più difficoltosa l’attività di indagine. Le circostanze sopra indicate rendono dunque necessaria la massima attenzione ed un costante contatto con l’ufficio del Pubblico Ministero, con il quale saranno concordate le modalità di esecuzione dei singoli atti di indagine. 5. L’uso del computer nelle indagini riguardanti la tutela dell’ambiente La capillare diffusione dei personal computer anche negli uffici di Polizia Giudiziaria e nelle Procure ha determinato un uso sempre più consistente di tali strumenti quale valido ausilio per l’espletamento dell’attività di indagine. Nonostante i mezzi forniti siano spesso modesti e di bassa qualità e l’addestramento del personale pressoché nullo, grazie all’iniziativa di alcuni, essi si sono rivelati un indispensabile ausilio nello svolgimento di attività investigativa complessa. Anche le indagini riguardanti l’accertamento di violazioni di norme antinquinamento possono essere validamente svolte mediante l’utilizzazione di strumenti informatici e con risultati soddisfacenti. Infatti, una grossa mole di dati può essere gestita con facilità anche da una sola persona, con consistente risparmio di tempo nella redazione di atti da trasmettere all’autorità giudiziaria che, a sua volta, avvalendosi degli stessi mezzi, potrà procedere con rapidità alla definizione del relativo procedimento penale. Va tuttavia evidenziato che non sono necessarie particolari cognizioni tecniche ovvero macchinari sofisticati per procedere all’automazione del lavoro, essendo per contro sufficiente saper utilizzare un qualsiasi programma di ‘‘database’’ e di ‘‘word processing’’ che consenta l’archiviazione e la successiva elaborazione dei dati raccolti. L’effettuazione di controlli eseguiti mediante l’utilizzazione del computer comporta, inoltre, un efficace effetto deterrente in quanto consente il controllo periodico ‘‘a tappeto’’ di intere zone del territorio con impiego di mezzi quantitativamente modesti, cosicché i titolari di insediamenti a rischio di inquinamento saranno più facilmente indotti a comportamenti più prudenti ed attenti alla salvaguardia dell’ecosistema, avendo la certezza di essere sottoposti a verifica costante ed in caso di accertamento di violazioni alla legge penale, di essere inseriti in una banca dati, dalla quale potranno richiamarsi in ogni momento tutte le informazioni raccolte in occasione dei controlli precedentemente effettuati. Le medesime informazioni potranno, evidentemente, essere utilizzate nel corso di verifiche tendenti ad accertare l’eliminazione delle situazioni di irregolarità in precedenza riscontrate. L’utilizzazione dei mezzi informatici non elimina, ovviamente, la necessità di un accesso da parte della Polizia Giudiziaria negli insediamenti da controllare, ma consente esclusivamente, come si è detto, una più agevole gestione dei dati acquisiti. Non vengono meno neppure le difficoltà connesse alla necessità di effettuare un numero considerevole di campionamenti ed analisi, difficoltà che potranno, tuttavia, essere agevolmente superate attraverso lo svolgimento «ragionato» dei controlli da eseguire (sfruttando ad es. le informazioni sulle dimensioni, la tipologia e le caratteristiche degli insediamenti da controllare, l’estensione del territorio ed il numero di insediamenti in esso esistente etc.). I dati raccolti consentiranno, inoltre, di avere una visione globale della situazione consentendo, altresì, nell’ambito territoriale oggetto di controlli, la possibilità di procedere all’elaborazione di dati statistici sull’inquinamento, con la conseguente individuazione di ‘‘aree a rischio’’ o di situazioni di irregolarità prima non conosciute. Al solo scopo di illustrare le potenzialità degli strumenti informatici nelle indagini in tema di inquinamento, basterà ricordare che tale sistema è stato sperimentato alcuni anni or sono presso la Procura Circondariale di Belluno con risultati sorprendenti, nonostante l’impiego decisamente modesto di mezzi e personale. Infatti, con un solo agente di Polizia Giudiziaria addetto alla gestione dei dati, un computer di scarsa capacità e l’uso di semplicissimi programmi reperibili in commercio a prezzi irrisori, è stata organizzata e gestita l’attività di tre magistrati su un territorio comprendente 69 Comuni, ai fini del controllo sul rispetto della normativa in tema di inquinamento idrico e rifiuti di tutti gli insediamenti produttivi esistenti e (limitatamente all’osservanza delle norme sull’inquinamento idrico) degli oltre 400 impianti di depurazione comunale. I programmi applicativi erano inoltre impostati in modo da essere utilizzati non solo per l’effettuazione delle indagini e la redazione degli atti di P.G., ma anche per la stesura di tutti gli atti di competenza dei singoli magistrati fino all’emissione del decreto penale o del decreto di citazione a giudizio. L’esperienza, limitatamente alla fase delle indagini preliminari, è poi proseguita presso la Procura Circondariale di Venezia, attraverso la creazione di un apposito Nucleo di Tutela Ambientale istituito presso la Sezione di Polizia Giudiziaria. Per quanto riguarda il pratico espletamento dell’attività di indagine, occorre dire che l’accorgimento principale è quello di creare uno ‘‘schedario elettronico’’ le cui singole schede (record) contengano il maggior numero di dati ed informazioni da utilizzare successivamente. I dati riguardanti gli insediamenti potranno essere individuati secondo le necessità operative (la scelta potrà riguardare specifici settori di attività, distinte zone di territorio, elenchi in ordine alfabetico etc.). Essi potranno inoltre contenere tutte le informazioni che si riterranno utili per la prosecuzione delle indagini (ad esempio: ragione sociale, ubicazione, generalità del titolare, tipo di lavorazione, materie prime impiegate etc.). Il contenuto dei singoli ‘‘record’’ potrà essere utilizzato dalla P.G. sia come archivio, sia per la redazione dei singoli atti (ad esempio per il verbale di accertamento sui luoghi), mentre il magistrato che coordina le indagini potrà servirsi degli stessi dati per la redazione di atti di sua competenza (es. delega indagini, decreti di sequestro etc.). I dati potranno essere evidentemente ricavati anche da banche dati (ad esempio, archivio della camera di commercio etc.) ovvero da altri archivi informatizzati cui hanno accesso le forze di polizia. L’utilizzazione del mezzo informatico nella gestione delle indagini in tema di norme antinquinamento consente anche di ottenere migliori risultati qualora l’operatore che sovrintende alla gestione dei dati svolga, in qualità di ufficiale di Polizia Giudiziaria, funzioni di coordinamento e collegamento con il personale che procede direttamente alla effettuazione dei controlli. L’utilizzo del computer secondo le modalità descritte, lungi dal costituire uno strumento rivoluzionario ed accessibile soltanto a personale esperto, consente in definitiva di rendere più agevole e più rapida l’attività di indagine e quella ad essa conseguente. La velocità di elaborazione dei dati e le capacità di memoria dei computer attualmente in commercio non pongono praticamente alcun limite alle relative possibilità di utilizzazione e soprattutto consentono un costante ed efficace controllo del territorio. Va poi ricordato, per concludere, che l’utilizzazione del computer può consentire anche un rapido e costante aggiornamento e rappresentare un efficacissimo strumento di comunicazione. È noto infatti che un numero sempre più elevato di computer sono ora connessi in Internet. Ciò consente l’accesso ad un numero veramente imponente di informazioni. Attraverso la Rete telematica è infatti possibile l’accesso ad un quantitativo quasi illimitato di informazioni. Esistono numerosissime banche dati contenenti materiale giuridico e comunque di interesse per gli operatori di polizia e del diritto: è possibile rinvenire e consultare gratuitamente, infatti, testi di legge, sentenze, articoli e molto altro materiale. Alcuni siti e banche dati sono inoltre specificamente dedicati alle tematiche ambientali . La posta elettronica consente inoltre un rapidissimo scambio di informazioni e documenti a costo inferiore rispetto ad altri mezzi di comunicazione (fax, posta ordinaria ecc.). Sequestro preventivo e reati ambientali Si ritiene di dover trattare in questa sede l’argomento in quanto il sequestro preventivo può rappresentare un utilissimo ausilio nello svolgimento delle indagini per l’accertamento dei reati ambientali con riferimento alle materie, nessuna esclusa, che verranno di seguito esaminate. Nei capitoli che seguono verranno di volta in volta esaminate le modalità operative con riferimento alle materie trattate, mentre nel presente paragrafo verranno presi in considerazione gli aspetti di carattere generale. Si è parlato in precedenza dei sequestri e delle norme di procedura che ne regolano la concreta applicazione. Il sequestro preventivo non è uno strumento del tutto nuovo, poiché sotto la vigenza del codice di procedura abrogato e durante le prime indagini in tema di reati ambientali alcuni Pretori avevano già utilizzato l’istituto del sequestro probatorio (unico allora noto all’ordinamento) con finalità analoghe. Questa misura cautelare reale consente, in pratica, di interrompere attività illecite ovvero di impedire il compimento di altri reati commessi con violazione delle norme di tutela ambientale. Si tratta dell’unico mezzo veramente efficace a disposizione di chi opera in campo ambientale, perché - a fronte di sanzioni irrisorie ed al conseguente scarsissimo effetto deterrente nei confronti di soggetti economicamente forti - consente l’immediata interruzione dell’attività illecita, costringe l’interessato ad adeguarsi in breve tempo alla normativa precedentemente violata e, interrompendo il funzionamento di un impianto, colpisce gli interessi di chi effettivamente trae vantaggio dalla situazione di illegalità, anche se tale soggetto non è ancora identificato oppure ha fatto sì che risulti quale legale rappresentante dello stabilimento un’altra persona o un “prestanome”. La casistica è molto vasta e la misura cautelare in esame può essere utilizzata con riferimento a quasi tutte le ipotesi di reato che verranno esaminate. Come si è già precisato il sequestro preventivo è disciplinato dall’articolo 321 c.p.p. e può essere adottato su iniziativa della Polizia Giudiziaria o del Pubblico Ministero ovvero su richiesta di quest’ultimo al GIP. Sempre al GIP compete la convalida del sequestro eseguito di iniziativa. Una figura particolare di sequestro preventivo è rappresentata dal c.d. sequestro condizionato. Esso è, in sostanza, un sequestro preventivo la cui esecuzione viene dal GIP sottoposta a determinate prescrizioni, da adempiere entro un termine fissato dal giudice stesso. Il mancato adempimento da parte dell’indagato di quanto prescritto determina l’esecuzione del provvedimento. Il sequestro ‘‘condizionato’’ è anch’esso una creazione della giurisprudenza di merito e si è rivelato particolarmente utile, laddove consente di salvaguardare contemporaneamente le esigenze di tutela dell’ambiente e quelle economiche e personali del soggetto nei confronti del quale viene adottato il provvedimento. La validità del sequestro ‘‘condizionato’’ è stata in un caso riconosciuta anche dalla Corte di Cassazione 1 . Successivamente, però, la stessa Corte ha escluso la possibilità di ricorrere ad una siffatta forma di sequestro 2 , cosicché deve ora registrarsi un contrasto giurisprudenziale non ancora definitivamente risolto. Nella pratica, l’adozione del sequestro ‘‘condizionato’’ non appare problematica, pur comportando difficoltà nella fase attuativa (v. oltre). Naturalmente esso dovrà essere emanato dal GIP su richiesta del Pubblico Ministero poiché non appare consigliabile l’adozione di un provvedimento siffatto da parte della Polizia Giudiziaria o dal P.M. in via d’urgenza, poiché l’urgenza stessa impedirebbe di calibrarne adeguatamente il contenuto e le modalità di esecuzione. Nelle indagini in tema di reati ambientali non è infatti infrequente che l’imprenditoreindagato ricorra, a fronte di incisivi provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria per impedire il permanere di situazioni pregiudizievoli, alla strategia da alcuni efficacemente definita del ‘‘ricatto occupazionale’’: al provvedimento di sequestro si risponde, cioè, mobilitando le maestranze impiegate nell’insediamento ovvero minacciando pubblicamente la chiusura o altre conseguenze sfavorevoli per i dipendenti e le loro famiglie, derivanti dalla impossibilità di svolgere, a causa del sequestro, la normale attività imprenditoriale-produttiva. Il sequestro ‘‘condizionato’’ consente di ovviare a simili evenienze. In primo luogo il P.M., ricevuta la notizia di reato, può desumere dal contenuto degli atti quali siano gli interventi necessari per ovviare alla situazione di danno o di pericolo per l’ambiente riscontrata dalla P.G., ovvero richiedere a quest’ultima più specifiche informazioni in tal senso. Successivamente, nel formulare al GIP la richiesta di sequestro preventivo, può chiedere di subordinare l’esecuzione del provvedimento all’adempimento di particolari prescrizioni ovvero al conseguimento di determinate autorizzazioni o di altri titoli abilitativi. Sarà, ad esempio, possibile: 1) subordinare l’esecuzione di un sequestro comportante la chiusura di uno scarico all’adozione di misure (installazione di depuratori, filtri ecc.) idonee ad impedire, in futuro, il ripetersi della situazione di pregiudizio riscontrata o all’applicazione di apparecchiature 1 Cass., Sez. I, 29 settembre 1994, Berton. Va detto anche che la giurisprudenza di merito (v. ad es. Trib. Venezia 21 febbraio 1996, Vianello e, più recentemente, 23 aprile 1997, Lentsios) ha rilevato che è inammissibile la richiesta di riesame avverso un provvedimento di sequestro la cui esecuzione era stata differita fissando un termine per la consegna spontanea da parte degli indagati delle cose da sequestrare, in quanto presupposto indefettibile per l’ammissibilità della domanda è l’esecuzione del provvedimento; l’assunto può ritenersi valido anche in caso di sequestro ‘‘condizionato’’. 2 Cass., Sez. III, 11 febbraio 1998 (c.c. 3 dicembre 1997), Sartori in Rivista Penale n. 4/1998. automatiche che consentano una costante verifica di reflui scaricati (ciò, naturalmente, qualora non si sia accertato che la violazione è ancora in essere); 2) subordinare l’esecuzione di un sequestro di uno scarico non autorizzato o superante i limiti di accettabilità, al conseguimento, entro un breve termine, dell’autorizzazione prevista dalla legge ovvero all’adeguamento dei reflui ai limiti predetti, consentendone provvisoriamente il mantenimento con recapito in vasche o altri contenitori a tenuta ed eventuale smaltimento da parte di ditta autorizzata, a cura e spese dell’indagato; 3) subordinare l’esecuzione del sequestro di un’area utilizzata come discarica abusiva alla preventiva bonifica della stessa con conseguente stoccaggio definitivo dei rifiuti in impianto attrezzato ed autorizzato, previa cessazione dell’attività illecita. Le indicazioni di cui sopra sono state fornite a titolo puramente esemplificativo poiché nella pratica il provvedimento è passibile di adattamento alle più svariate esigenze. Nei casi in cui l’applicazione del sequestro ‘‘condizionato’’ si dovesse, peraltro, risolvere in una sorta di autorizzazione a proseguire nella commissione del reato oppure quando il giudice o il P.M. ritengano di seguire l’orientamento che nega l’applicabilità di tale tipologia di sequestro, può sempre costituire valida alternativa il sequestro puro e semplice dell’impianto, con restituzione immediata subordinata all’adempimento di particolari prescrizioni. Ciò è reso possibile da quanto disposto nell’articolo 85 delle disposizioni di attuazione del c.p.p.. Nell’applicare tale forma di sequestro dovranno, comunque, essere adottati alcuni accorgimenti: a) il termine fissato per l’adempimento delle prescrizioni indicate dal Giudice deve essere congruo ma non consentire all’indagato di perseverare nella sua condotta a tempo indeterminato, ad esempio mediante la richiesta di proroghe giustificate dall’impossibilità di adempiere per cause tecniche; b) tutta l’attività che l’indagato è obbligato a compiere deve essere sottoposta a costante controllo da parte della Polizia Giudiziaria al fine di evitare che il provvedimento venga di fatto aggirato. In conclusione, si deve affermare che il sequestro ‘‘condizionato’’ (o, in alternativa, il dissequestro ‘‘condizionato’’) pur non costituendo uno strumento di abituale ricorso, considerate le difficoltà di attuazione pratica e l’impegno costante richiesto al P.M. ed alla Polizia Giudiziaria che devono curarne l’esecuzione, può in determinati casi rivelarsi estremamente efficace e contribuire a rendere effettivo l’intervento penale, troppo spesso puramente simbolico. Come si è accennato anche in precedenza la scelta tra il sequestro di iniziativa da parte della P.G. e quello richiesto dal P.M. e disposto dal Giudice è estremamente delicata perché, oltre ad incidere in modo rilevante su interessi economici anche notevoli, può avere conseguenze rilevanti anche sul successivo sviluppo delle indagini preliminari. Il codice di procedura prevede infatti che avverso il provvedimento di sequestro possa essere presentata richiesta di riesame al Tribunale da parte dell’interessato. Ciò costringe il pubblico ministero a rivelare, in tutto o in parte, il contenuto degli atti contenuti nel proprio fascicolo che devono essere trasmessi al Tribunale per consentire ai giudici di valutare la legittimità del provvedimento, confermandolo o revocandolo. Non è pertanto infrequente, ad esempio, il caso in cui la richiesta viene presentata al solo scopo di verificare quali siano gli elementi in possesso del P.M. salvo rinunciare al riesame senza affrontare il giudizio del tribunale quando vi sono poche possibilità di ottenere il dissequestro. E’ dunque molto importante tenere presente questo aspetto valutando attentamente l’opportunità di procedere di iniziativa al sequestro pregiudicando la possibilità di ulteriori indagini “a sorpresa”. Troppo spesso, infatti, esigenze di “statistica” o di “cura dell’immagine” del reparto di appartenenza possono indurre a ricorrere al sequestro per conseguire un risultato immediato e spesso di forte impatto mediatico ponendo però in pericolo il coretto espletamento di successivi accertamenti che potrebbero portare alla scoperta di altre e più consistenti informazioni. Si pensi, ad esempio, al caso in cui venga sequestrata di iniziativa una discarica non autorizzata di rifiuti casualmente rinvenuta in occasione di normale attività di controllo del territorio. Il sequestro impedirà senz’altro l’ulteriore utilizzazione dell’area per lo stoccaggio definitivo di rifiuti, ma metterà inevitabilmente in allarme coloro che tale discarica avevano realizzato ed utilizzato, ben potendo costoro non coincidere con i proprietari del terreno. Nel dubbio, dunque, è meglio concordare con il Pubblico Ministero l’esecuzione di tali operazioni. Indagini in materia ambientale e rapporti con altri soggetti coinvolti. Nel secondo paragrafo del presente capitolo si è cercato di evidenziare quali siano gli interessi sui quali incidono le indagini in materia di ambiente e le inevitabili difficoltà che il personale di PG potrà incontrare nell’espletamento delle stesse. Da ciò discende la necessità di operare con sufficiente autonomia senza alcun condizionamento da parte di superiori gerarchici e\o soggetti esterni, anche se l’esperienza insegna che non sarà sempre possibile. Nondimeno l’espletamento di tale tipologia di indagini rende necessario instaurare una serie di rapporti anche con altri soggetti la cui partecipazione all’attività di indagine è indispensabile (si è già detto, ad esempio, degli ausiliari di P.G.). Appare dunque necessario fornire anche a tale proposito qualche sommaria indicazione. Il primo degli esempi che andremo ad illustrare riguarda un rapporto per così dire “fisiologico” al processo penale ed è quello con il Pubblico Ministero. In più parti di questo volume abbiamo evidenziato l’importanza di un costante colloquio con il magistrato che segue le indagini rispetto ai diversi istituti processuali. In questa sede è importante evidenziare come la conoscenza da parte del P.M. degli orientamenti della giurisprudenza locale può rappresentare un valido aiuto per il compimento di attività di indagine, evitando successive declaratorie di nullità degli atti compiuti o, comunque, una limitata efficacia degli stessi in quanto non rispondenti ai canoni individuati dai giudici del luogo ove l’atto viene compiuto. Inoltre, in caso di urgenza e di impossibilità di contattare il P.M. titolare delle indagini o responsabile del gruppo di lavoro (se costituito nella Procura di appartenenza) che si occupa dei reati ambientali, la PG potrà rivolgersi comunque al pubblico ministero in turno di reperibilità il quale sarà sempre raggiungibile telefonicamente secondo le direttive che ciascuna Procura della Repubblica impartisce alla Polizia Giudiziaria medesima. Altro aspetto rilevante da tenere presente riguarda la natura “tecnica” di molti tra gli accertamenti richiesti dalle indagini in questa complessa materia. Ciò comporta la necessità di stabilire un valido ed efficace rapporto di collaborazione con il personale tecnico considerando che questo, anche quando possiede la qualifica di operatore di PG, non possiederà, di regola, uno specifico addestramento al compimento di atti di PG (quali, ad esempio, ispezioni, perquisizioni e sequestri) che costituiscono invece la quotidiana routine per gli appartenenti a Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Carabinieri, Corpo Forestale etc. Diversamente, tali ultimi soggetti saranno difficilmente in grado di eseguire correttamente un campionamento di reflui o di rifiuti o altre attività che richiedano una particolare competenza tecnica. Tale particolare situazione rende pertanto necessario il formarsi di un leale e solido spirito di leale collaborazione, finalizzato ad un completo ed esaustivo compimento degli atti di indagine che metta in condizioni l’autorità giudiziaria di valutare adeguatamente i fatti accertati. Inutile aggiungere che un elemento essenziale, data la delicatezza delle indagini e – lo si ripete ancora – la rilevanza degli interessi politici ed economici coinvolti è indubbiamente la reciproca fiducia. Ci permettiamo infine di richiamare l’attenzione su un ultimo particolare non meno rilevante. Nel trattare dei rapporti tra P.G. ed altri soggetti non può farsi a meno di notare come, spesso, la necessità di ottenere risultati immediati e visibilità sui mass media sia avvertita come esigenza superiore rispetto all’esito finale degli accertamenti. Tale aspetto non indifferente andrebbe sempre tenuto presente al fine di evitare che indagini le quali, se effettuate con minore precipitazione potrebbero portare alla scoperta di ulteriori elementi se non di altre attività illecite, vengano “bruciate” attraverso la diffusione di notizie e particolari che consentono talvolta all’indagato di apprestare anche gli accorgimenti necessari per evitare ulteriori conseguenze dell’attività di P.G. Con l’ulteriore, negativa conseguenza che alla pubblicazione delle notizie segue talvolta un minore interesse ed un impiego di risorse più limitato per gli ulteriori accertamenti eventualmente necessari. Gli stessi inconvenienti si riscontrano, nella quotidiana esperienza, nella spesso frequente mancanza di collaborazione tra personale di P.G. appartenente ad amministrazioni diverse e, in alcuni casi, finanche a reparti diversi della medesima amministrazione. Sarebbe dunque opportuno evitare, per quanto possibile, che le situazioni sopra descritte abbiano a verificarsi.