Sussidio S. Antonio

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Sussidio S. Antonio
Festa di S. Antonio abate
Giornata per la terra, l’ambiente e il creato
17 gennaio
Sussidio per la riflessione e la preghiera
1
Inno a S. Antonio (1972)
1. Tu nel fior di gentil giovinezza
dalle rive del Nilo all’eremo
come a porto di pace supremo
pronto accorri all’invito del ciel.
Ritornello: Fonte ricca di prodigi
S. Antonio del deserto
guida noi sul mare aperto
della Fede e dell’Amor.
Le virtù sian nostre vele
nave nostra sia la Chiesa
la speranza sempre accesa
vivo il Cristo dentro il cuor.
2. Ai parenti rivolto l’addio
a indigenti ogni bene donato
al lavoro ti sei consacrato
di fatiche ti è lieve il sudor.
Parole di Don Pietro Bertocchi
Musica di Don Santo Donadoni
3. Là tra nidi d’uccelli e serpenti
tutt’assorto in eccelsa preghiera
tu respiri eternal primavera
ben remoto al mondano clamor.
7. Quando avvolto nell’umil mantello
spesso vuoi meditar solitario,
non lo temi il maligno Avversario
lo soggioghi a un Invitto Poter.
4. L’alba nuova e l’immenso creato
sul tuo labbro in bei canti risuona
poi la gloria del ciel t’incorona
e la notte è grand’estasi al cuor.
8. Anche i supplici infermi tu allieti
quando i morbi disciogli e cancelli
quando membra deformi tu abbelli
di Sovrana Bontà messagger.
5. Ma se un grido di santa battaglia
la regale Alessandria sorvola
tu vi torni e con ferma parola
vi sconfiggi l’improvvido error.
9. Oggi ancor, rutilante cometa,
della Chiesa sui cieli tu splendi,
Tu ci accogli benigno, ed intendi
chi Ti invoca con saggio pensier.
6. Cresce, intanto, la mistica schiera
degli oranti che docil s’affida
alle norme dell’alta tua guida
ed ascende per arduo sentier.
2
INTRODUZIONE
A partire dal XI secolo, la devozione a S. Antonio abate e la sua iconografia hanno avuto
un nuovo impulso in Occidente in coincidenza con la traslazione delle reliquie del Santo a
Motte – Saint Didier (Isède). La devozione al Santo si diffuse in bergamasca legata anche alla
richiesta di protezione del mondo rurale, in particolare per gli animali domestici, attraverso la
tradizionale pratica della loro benedizione. Per cogliere meglio l’opportunità pastorale offerta
dalla festa del Santo evitando che essa sia vissuta come estranea all’attuale contesto ecclesiale e culturale, ma recuperandola in ottica di “Salvaguardia del creato”, gli Uffici diocesani
per la Pastorale Sociale e la Liturgia hanno predisposto questo fascicolo per l’approfondimento.
Le Comunità cristiane attraverso la ri-valorizzazione della figura di Antonio abate, della
tradizionale benedizione degli animali (che si accompagna a quella più diffusa degli automezzi), possono tentare di recuperare secondo la prospettiva biblica il tema degli animali e del
rapporto dell’uomo con essi e in modo più ampio con il creato. Una questione di estrema
attualità, ma ancora poco frequentata sotto un profilo pastorale e che mi pare oggi non priva
di qualche tratto di ambiguità. Molti animali, per disposizione della stessa provvidenza del
Creatore, partecipano in qualche modo alla vita degli uomini, perché prestano loro aiuto nel
lavoro o somministrano il cibo o servono di sollievo e di compagnia. A questo proposito il
Benedizionale scrive a riguardo “Nulla quindi impedisce che in determinate occasioni, per
es. nella festa di un santo, si conservi la consuetudine di invocare su di essi la benedizione di
Dio”.
L’orizzonte di riferimento rimane quello della responsabilità dell’uomo verso se stesso e
gli altri uomini, verso il mondo della vita e quindi anche verso il creato tutto. Questo impegno
di responsabilità per il creato rappresenta un’urgenza centrale ed imprescindibile per il nostro tempo. Solo partendo dalla contemplazione delle bellezze del creato, anche del mondo
animale, l’uomo potrà realizzare pienamente se stesso nelle sue tre componenti relazionali
fondamentali: come “Signore e custode del creato” affidatogli dal Creatore; come fratello di
tutta l’umanità nella condivisione dei ruoli e delle responsabilità nella gestione del creato;
come figlio di Dio, che gli ha fatto dono della sua vita e di tutto l’universo.
don Francesco Poli
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S. ANTONIO
Sant’Antonio abate1 , insieme con il suo omonimo di Padova, è uno dei santi più famosi
non solo nella cristianità, ma anche al di fuori di essa.
Considerato il patriarca del monachesimo, conosciamo la sua personalità e la sua attività
grazie alla Vita, scritta da Atanasio, a sette Lettere, scritte probabilmente attorno agli anni
340/350 e a noi giunte in varie traduzioni ma della cui autenticità gli studi recenti sono certi,
ai Detti a lui attribuiti raccolti negli Apoftegmata dei Padri del deserto. Tre generi letterari
diversi con tre destinazioni diverse che ci permettono però, attraverso una lettura trasversale
e complementare, di avere un ritratto a tutto tondo dell’eremita egiziano.
Nel febbraio del 356 il vescovo Atanasio deve fuggire da Alessandria, inseguito dai soldati imperiali e dagli ariani; si rifugia nel deserto presso i monaci dai quali poco tempo prima
aveva ricevuto il mantello che un tempo aveva donato ad Antonio e che ora gli è lasciato in
eredità da Antonio stesso, morto il 17 gennaio di quell’anno. Durante quella coabitazione
forzata con i discepoli di Antonio, il patriarca alessandrino ne raccoglie le memorie riguardanti il padre e maestro e offre, con la biografia del santo, un modello di vita monastica per
coloro che, in Occidente, vogliono imitare gli anacoreti egiziani. La Vita di Antonio altro non
è che una regola monastica scritta nella forma della biografia. Antonio è il monaco ideale, il
modello a cui rifarsi per servire e piacere a Dio, è il modello di “uomo di Dio” che realizza la
fede di Nicea attraverso una divinizzazione resa possibile dall’incarnazione. Non solo. La Vita
è anche modello di vita cristiana, di incarnazione della fede e della carità; rivolta a tutti i
cristiani, essa tende a fare di coloro che confessano Cristo vero Dio e vero uomo, dei veri
“martiri”, dei testimoni non attraverso l’effusione del sangue ma per mezzo di una vita santa
e totalmente donata a Dio e ai fratelli. Tale obiettivo della Vita non va dimenticato, perché
altrimenti non si possono coglierne gli aspetti di “esagerazione” che il genere agiografico,
inaugurato proprio da Atanasio con tale racconto, comporta. Le Lettere e i Detti ci donano
un ritratto diverso e diretto di Antonio, uomo colto, profondo conoscitore delle Scritture
Sante, teologicamente formato alla scuola di Alessandria e quindi naturalmente origenista,
cui parecchi monaci e comunità si rivolgono per avere insegnamenti e delucidazioni sulla
conoscenza di sé e sulla conoscenza di Dio, i due pilastri della vita ascetica.
1
Per un personale approfondimento:
- ATANASIO DI ALESSANDRIA, Vita di Antonio, ANTONIO ABATE, Detti-Lettere , introd., trad. e note di Lisa
Cremaschi, Paoline, Milano 1995.
- AA.VV, Abba, dimmi una parola!, Qiqaion, Bose-Magnano 1989.
- CHITTY D.J., Et le désert devint une cité, Spiritualitè Orientale 31, Bellefontaine 1980.
- DEVILLIERS N., Antonio il grande, padre dei monaci, Torino 1973.
- REGNAULT L., La vita quotidiana dei Padri del deserto, Casale Monferrato 1994.
4
LA VITA
La vita di Antonio è una via, un itinerario, volto alla ricerca costante di un approfondimento di quell’appello iniziale con cui il Signore ha chiamato Antonio alla sua sequela, facendogli
abbandonare tutti i suoi beni. Antonio, di famiglia egiziana nobile e ricca, ha diciotto o vent’anni
quando, divenuto orfano, entrando in chiesa sente proclamare il testo di Mt 19, 21: “Se vuoi
essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri; poi vieni, seguimi e avrai un
tesoro nei cieli”. Siamo nel 270 circa. Interpreta la lettura come se fosse rivolta proprio a lui,
vende i suoi beni e si dedica alla vita ascetica prima davanti alla sua casa, poi ai margini del
villaggio, dove avvengono le prime lotte con il demonio. Proprio per combattere apertamente con il nemico antico Antonio parte per una regione cosparsa di tombe lontana dal suo
villaggio, confidando solo in Dio. A trentacinque anni, terminata questa prima lunga prova, il
Signore gli appare e lo consola. In seguito si ritira nel deserto, rinchiudendosi in un fortino
abbandonato da cui esce, dopo vent’anni, trasfigurato dalla grazia di Dio. È in questo periodo
che diviene padre spirituale di una moltitudine di monaci ed asceti, guaritore di molti malati
e sofferenti nello spirito. Per ricercare una maggiore solitudine si inoltra ulteriormente nel
deserto stabilendosi su una montagna, ma non può sfuggire a quelli che ormai si considerano i suoi discepoli e che ricercano da lui insegnamenti, aiuto, conforto, miracoli e guarigioni.
Ritorna due volte ad Alessandria: la prima nel 306/311 per consolare i cristiani condannati a
morte dalla persecuzione di Massimino Daia; la seconda a 87 anni, nel 338 ad un Sinodo dei
Vescovi dell’Egitto, per confutare gli ariani. Nel 356, secondo la tradizione a più di cent’anni,
Antonio muore, non prima di avere ordinato a due suoi discepoli di seppellirlo in un luogo
nascosto per evitare un culto alle sue reliquie che Antonio considerava incompatibile con il
suo essere una cosa sola con Cristo e sepolto con Lui. Il suo corpo venne ritrovato due secoli
dopo, per mezzo di una rivelazione, quindi trasportato ad Alessandria ed in seguito a
Costantinopoli. Da qui nell’XI secolo passarono in Francia. Il suo culto si diffuse subito in
tutto l’Oriente e in tutto l’Occidente.
Il suo cammino spirituale e il suo insegnamento si possono racchiudere in questi tre elementi:
1) L’obbedienza alla Parola del Signore, la quale genera una adesione sempre più radicale
alla volontà di Dio. Ciò conduce alla conoscenza di Dio.
2) Il combattimento spirituale effettuato nel deserto, dove si sperimenta la propria miseria
e la misericordia di Dio, dove si vagliano i pensieri del proprio cuore, affrontando le
tentazioni e i demoni. Ciò conduce alla conoscenza di sé.
3) La consapevolezza, mantenuta in ogni circostanza, che Dio in Cristo Gesù ci ha visitato.
Nell’Emmanuele Dio si è fatto conoscere come il Dio con noi, il Dio che ci ama e nel cui
amore tutti viviamo. Il credente ha ricevuto in dono da Dio questo amore, il solo che lo
rende capace di amare veramente i fratelli. Ciò conduce alla perfetta carità.
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S. ANTONIO
E GLI ANIMALI
Dalle fonti che abbiamo considerato non pare emergere un legame diretto tra S. Antonio
e gli animali. È però un fatto che in tutta Italia il 17 gennaio si benedicono gli animali e che
l’iconografia del santo lo raffigura quasi sempre in compagnia di un maiale. Da dove tutto ciò
derivi non lo possiamo affermare con certezza, ma si possono fare soltanto alcune ipotesi.
La prima è legata alla fama di guaritore dal “fuoco di sant’Antonio”. Coloro che ne erano
colpiti si recavano in Francia nella chiesa di Saint-Antoine de Viennois dove erano conservate le reliquie del santo. Il flusso era tale che presto si dovette costruire un ospedale e fondare
una confraternita di religiosi per l’assistenza: l’Ordine Ospedaliero degli Antoniani che aveva
come insegna una gruccia a forma di T passata poi tra gli attributi iconografici di Antonio.
La sussistenza di tale ospedale era garantita anche dall’allevamento di maiali, mantenuti
dalla carità pubblica, che potevano circolare liberamente ed erano identificati da una campanella al collo. Anche la campanella passerà poi tra gli attributi iconografici del santo. I maiali
vennero posti sotto la protezione di sant’Antonio e per estensione tutti gli animali domestici.
Un’altra tradizione vede nel maiale la raffigurazione del demonio sconfitto da Antonio e
costretto da Dio a seguirlo sotto queste sembianze. Secondo un’altra interpretazione Antonio avrebbe guarito un maiale unico sostentamento di una famiglia poverissima.
Quale che sia la vera origine di tale devozione, emergono alcune linee di interpretazione
che colgono da una parte la continua lotta di Antonio contro il Maligno e dall’altra la sua
profonda carità verso i sofferenti. È attorno a questi due elementi che possiamo trovare un
senso ad una tradizione che, pure nella società post-moderna in cui ci è dato di vivere, si
mantiene salda e diffusa.
L’invito e l’impegno che ne derivano sono duplici: combattere “la buona battaglia della
fede” in totale aderenza alla volontà di Dio, respingendo le insidie del Nemico; vivere in Dio
una carità talmente vera e profonda da coinvolgervi tutto il creato.
Don Gilberto Sessantini
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UOMO,
ANIMALI: UNA QUESTIONE ETICA
Lo spunto immediato di questa riflessione è suggerito dalla tradizionale pratica della benedizione degli animali, in occasione della festa di s. Antonio abate. Per cogliere meglio l’opportunità offerta da questa pratica pastorale, ed evitare di cadere solo nella riesumazione di un
‘relitto’ – perché ormai sganciato da un contesto culturale ed ecclesiale molto diverso – del
passato o nella pratica di una superstizione pagana, può essere istruttivo tracciare qui alcune
brevi linee di riflessione.
Il tema degli animali e del rapporto dell’uomo con essi e, più complessivamente, con la
natura, è una questione che ha per alcuni versi oggi un certo tratto di ambiguità. Qualcuno, per
esempio, oggi parla di ‘diritti degli animali’, riconoscendo in essi dei veri e propri soggetti di
diritto, e cioè delle ‘persone’, mentre tali non sarebbero feti o infanti o altri uomini in situazioni-limite.
Vediamo dunque di indicare alcuni criteri per orientarci nella questione.
1.
Il contesto attuale è profondamente mutato.
Il mondo contadino e rurale era segnato da una spontanea profonda vicinanza (certo non
priva di elementi di ambiguità) tra uomo e animali, in specie quelli domestici, legati al lavoro
e al nutrimento, e quelli legati all’attività dei cacciatori. Il passaggio da questo mondo alla
cultura post-moderna, mercantile, industriale, urbanizzata e informatizzata, ha modificato il
senso della presenza degli animali: essi sono oggi ricercati come portatori di compagnia,
prevalentemente per le persone anziane o sole (e questo tratto mette in rilievo la solitudine
della vita urbana), oppure per il gioco e il divertimento, soprattutto per i bambini (e certo
questo è molto meglio dell’indiscriminato consumo televisivo o dell’abuso dei giochi informatici, troppo solitari e virtuali), oppure come elementi quasi decorativi soprattutto per certi
animali, piccoli e ‘domestici’, oppure sono utilizzati per la protezione e la custodia della casa,
o come supporto e aiuto ad attività lavorative (di soccorso, o altro). In altri contesti gli animali
vengono (giustamente) utilizzati in vista della sperimentazione tecnico-scientifica, con il rischio evidente però che, senza determinate garanzie, ci si lasci andare ad abusi indiscriminati.
Analogamente essi a volte, da possibile cibo per l’uomo, diventano esclusivamente ‘carne
da macello’, specialmente nello sfruttamento di certi allevamenti su scala ‘industriale’. Queste tendenze si inseriscono in un più complessivo quadro ove gli stessi rapporti umani vengono ridotti a livello strumentale, segnati da un eccesso puramente mercantilistico ed
economicistico. Contro questi eccessi, a volte, si reagisce oggi con altri eccessi: come il già
menzionato discorso sui diritti degli animali o l’eccessiva attenzione, che può assumere tratti
chiaramente compensatori, da qualcuno data agli animali domestici.
2.
C’è un passo della Scrittura (Gn 1,28) che secondo alcuni studiosi sarebbe stato all’origine
del ‘mito della crescita’, che la fede ebraico-cristiana avrebbe provocato in tutto il sistema di
vita occidentale, giustificando una sorta di jus utendi et abutendi (diritto di uso e abuso) da
parte dell’uomo nei confronti degli animali e più in generale della natura. In realtà Gn 1,28
(«Dio li benedissse e disse loro: “siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela
e dominate sui pesci del male e sugli uccelli del cielo e su ogni vivente che striscia sulla
7
terra”»), ancor prima che un comandamento implica una benedizione: all’uomo la terra e gli
animali sono dati come grazia e ‘benedizione’. «Soggiogate la terra», poi, nel linguaggio
sacerdotale significa la presa di possesso dei territori necessari ad ogni popolo per la sua
vita. E «dominate» non è legato all’idea del calpestare, ‘sfruttare’, ma a quella di accompagnare, pascolare, condurre, guidare, reggere, comandare: esso indica la funzione pastorale
di accompagnamento assegnata all’uomo, anzitutto come una benedizione e poi come un
compito, nei confronti degli animali – senza contare che nei versetti successivi (Gn 1,2930) non si fa nessuna menzione, tra gli alimenti dati all’uomo, della carne degli animali,
come invece nella benedizione espressa a Noè e alla sua discendenza (Gn 9,1ss), dopo il
diluvio e la diffusione di un generale clima di violenza sulla terra, che ha toccato anche il
rapporto tra uomo e animali. Del resto, i profeti (cfr. Is 11,1-9) descrivono spesso i tempi
messianici facendo allusione alla riconciliazione, che in essi avverrà per dono di Dio, tra
uomo e natura e in particolare tra uomini (bambini) e animali.
La responsabilità dell’uomo verso se stesso e gli altri uomini, la sua responsabilità verso il
mondo-della-vita, significa anche responsabilità verso il creato tutto, e dunque anche verso
gli animali. All’interno del creato infatti gli animali hanno una singolare prossimità verso
l’uomo e insieme un’originaria differenza: sono anch’essi respiranti, ‘viventi’, ma non hanno l’alito vitale, il soffio di vita, come dice anche Gen 2,7. Per ciò essi non possono colmare
la solitudine dell’uomo: non sono carne della sua carne e osso delle sue ossa, e dunque
non hanno la ‘parola’ o meglio il ‘discorso’.
La responsabilità dell’uomo implica che egli sappia assumere un’attitudine sapienziale, e
non esclusivamente tecnico-scientifica verso la natura e il mondo animale: e questo contrasta nettamente con le abitudini dominanti. Non si tratta affatto di rifiutare la scienza, la
tecnica o il mercato, ma di non lasciarsi dominare da esse. Il potere dell’uomo nei confronti
del creato non è affatto un potere arbitrario. La valorizzazione di un sapere più sapienziale,
e non solo scientifico, implica che l’uomo impari a vivere nel mondo non solo o tanto come
in un’officina, o un semplice repertorio di strumenti, ma che egli abiti la terra come in una
casa, un luogo simbolico di esperienza del mondo, e dunque come in una dimora ricca di
senso, ove gli è ‘dato’ d’ascoltare la parola stessa di Dio. Soprattutto di questo ha bisogno:
ha bisogno, l’uomo, di una parola, di un senso, per vivere. Questo non indulge affatto a
nostalgie naturiste: la dimora ricca di senso non è la foresta vergine, bensì un mondo
umano, un mondo fraterno. E questo non è semplice conquista dell’uomo. Non è anzitutto
una meta da raggiungere, da strappare, ma anzitutto un dono da ricevere.
3.
Il senso della benedizione degli animali, dunque, dev’essere inteso in questo orizzonte. È
un rito, un gesto, chiesto e dato, che può favorire e accompagnare il sorgere di un’altra
attitudine verso il mondo: è ringraziamento a Dio per i beni che ci dona; è preghiera di
richiesta, che parte dalle mille esperienze della nostra fragilità, del nostro limite, per invocare protezione, aiuto, soccorso; è infine preghiera di invocazione della benedizione di
Dio, perché essa possa sempre accompagnare il nostro lavoro. Allora la parola della preghiera, come nella celebrazione dell’Eucarestia nelle preghiere che accompagnano la presentazione dei doni, diventa rivelatrice dei tanti doni, che continuamente riceviamo: essa
riconosce che i frutti del nostro lavoro sono anzitutto donati e chiede di non perdere
questa ‘memoria’.
Don Maurizio Chiodi
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LA BENEDIZIONE DEGLI ANIMALI
INIZIO
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo
Amen.
Dio mirabile in tutte le sue opere sia con tutti voi.
E con il tuo spirito
MONIZIONE
Nel disegno di Dio creatore, anche gli animali che popolano il cielo, la terra e il mare, partecipano della vicenda umana. La provvidenza che abbraccia tutta la scala degli esseri viventi, si
avvale di questi preziosi e fedeli amici dell’uomo e della loro immagine per significare i doni
della salvezza. Salvati dalle acque del diluvio per mezzo dell’arca, partecipano in qualche modo
al patto di alleanza con Noè; l’agnello richiama l’immolazione pasquale e la liberazione dalla
schiavitù dell’Egitto; un grande pesce salva Giona dal naufragio; i corvi nutrono il profeta Elia;
gli animali, con gli uomini sono coinvolti nella penitenza di Ninive e con tutto il creato rientrano
nel piano dell’universale redenzione.
Invochiamo dunque la benedizione di Dio per intercessione di Sant’Antonio sopra queste creature e rendendo grazie al Creatore che le ha poste al nostro servizio, chiediamo di poter
camminare sempre nella sua legge e di non venire mai meno alla nostra dignità umana e
cristiana.
LETTURA DELLA PAROLA DI DIO
Gn 1,1.20-28
[1]In principio Dio creò il cielo e la terra.
[20]Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al
firmamento del cielo». [21]Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano
e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E
Dio vide che era cosa buona. [22]Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le
acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». [23]E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
[24]Dio disse: “La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie
selvatiche secondo la loro specie”. E così avvenne: [25]Dio fece le bestie selvatiche secondo la
loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro
specie. E Dio vide che era cosa buona. [26]E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine,
a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte
le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
[27]Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
[28]Dio li benedisse e disse loro:
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«Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra;
soggiogatela e dominate
sui pesci del mare
e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente,
che striscia sulla terra».
oppure Gn 2,19-20
[19]Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del
cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo
avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. [20]Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma
l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile.
oppure Gn 6, 17-22
[17]Ecco io manderò il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni
carne, in cui è alito di vita; quanto è sulla terra perirà. [18]Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. [19]Di quanto vive,
di ogni carne, introdurrai nell’arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te: siano
maschio e femmina. [20]Degli uccelli secondo la loro specie, del bestiame secondo la propria
specie e di tutti i rettili della terra secondo la loro specie, due d’ognuna verranno con te, per
essere conservati in vita. [21]Quanto a te, prenditi ogni sorta di cibo da mangiare e raccoglilo
presso di te: sarà di nutrimento per te e per loro». [22]Noè eseguì tutto; come Dio gli aveva
comandato, così egli fece.
oppure Is 11,6-10
[6]Il lupo dimorerà insieme con l’agnello,
la pantera si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un fanciullo li guiderà.
[7]La vacca e l’orsa pascoleranno insieme;
si sdraieranno insieme i loro piccoli.
Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
[8]Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide;
il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi.
[9]Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno
in tutto il mio santo monte,
perché la saggezza del Signore riempirà il paese
come le acque ricoprono il mare.
[10]In quel giorno
la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli,
le genti la cercheranno con ansia,
la sua dimora sarà gloriosa.
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PREGHIERA DEI FEDELI
Dio ha creato l’uomo e lo ha posto sulla terra, perché esercitando il suo dominio su tutti gli
animali celebri la gloria del suo Creatore. Uniamoci al cantico delle creature e diciamo insieme: Quanto sono grandi le tue opere, Signore!
Sii benedetto, Signore,
Che provvedi il cibo a ogni essere vivente, preghiamo.
Sii benedetto, Signore,
che hai messo gli animali a servizio dell’uomo come aiuto nella fatica quotidiana, preghiamo.
Sii benedetto, Signore,
che nei gigli dei campi e negli uccelli dell’aria ci hai dato un segno della tua bellezza e della tua
provvidenza, preghiamo.
Sii benedetto, Signore,
che nell’agnello pasquale, ci hai dato l’immagine del tuo Figlio nel quale possiamo chiamarci
ed essere tuoi figli, preghiamo.
Sii benedetto, Signore,
che per mezzo degli animali domestici ci doni sollievo e compagnia, preghiamo.
Sii benedetto, Signore
Per tutte le tue creature che ci invitano a cantare la tua lode, preghiamo.
PADRE NOSTRO
PREGHIERA DI BENEDIZIONE
O Dio, fonte di ogni bene,
che negli animali ci hai dato un segno della tua provvidenza
e un aiuto nella fatica quotidiana
per intercessione di Sant’Antonio
fa’ che sappiamo servirci saggiamente di essi,
riconoscendo la dignità e il limite della nostra condizione umana.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
Mentre asperge persone e animali dice le seguenti parole
Ravviva in noi, o Padre,
nel segno di quest’acqua benedetta
l’adesione a Cristo,
primizia della creazione nuova
e fonte di ogni benedizione
CONCLUSIONE
Dio, che ha creato gli animali della terra
come aiuto e sostegno nella nostra vita terrena,
ci protegga e ci custodisca sempre.
Amen.
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INDICE
Inno a S. Antonio ..................................................................................
Introduzione .........................................................................................
S. Antonio .............................................................................................
La vita ...................................................................................................
S. Antonio e gli animali .........................................................................
Uomo, animali: una questione etica ......................................................
La Benedizione degli animali ................................................................
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L’immagine di S. Antonio abate, è la riproduzione di una antica stampa,
molto diffusa nei paesi della bergamasca,
spesso cartonata e appesa nella stalla o nel fienile.
Bergamo 07.01.2004
con approvazione ecclesiastica
INFO
Ufficio per la Pastorale Sociale
Diocesi di Bergamo
Piazza Duomo, 5 – 24129 Bergamo
Tel. 035/278209 – Fax 035/278250
E-mail [email protected]
Sito
digilander.libero.it/pastoralesocialebg
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