In Breve - Consiglio Regionale della Lombardia

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In Breve - Consiglio Regionale della Lombardia
Servizio Valutazione Processo Legislativo e Politiche regionali
Ufficio Analisi Leggi e Politiche regionali Ottobre 2009
Informativa Breve
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n. 2/2009
La violenza sulle donne: quali politiche di prevenzione, soccorso e contrasto? Violenza contro le donne è qualsiasi atto di violenza di genere che comporta, o è probabile che comporti, una sofferenza fisica, sessuale o psicologica o una qualsiasi forma di sofferenza alla donna, comprese le minacce di tali violenze, forme di coercizione o forme arbitrarie di privazione della libertà personale sia che si verifichino nel contesto della vita privata che di quella pubblica. E' una violenza che si annida nello squilibrio relazionale tra i sessi e nel desiderio di controllo e di possesso da parte del genere maschile sul femminile. (Conferenza mondiale delle Nazioni Unite, Vienna, 1993) COS’È LA VIOLENZA SULLE DONNE?
COSA SAPPIAMO DI QUESTO FENOMENO? QUALI INIZIATIVE ATTIVE IN LOMBARDIA? QUALI GLI SNODI CRUCIALI NELL’OFFERTA DEI SERVIZI? COME RENDERE PIÙ EFFICACI LE AZIONI DI PREVENZIONE E CONTRASTO ALLA VIOLENZA? PER SAPERNE DI PIÙ La Conferenza Internazionale sulla violenza contro le donne, tenutasi a Roma nel settembre scorso, ha rappresentato un’occasione per esaminare questo fenomeno nella sua dimensione internazionale. Non c’è infatti paese o cultura che ne resti immune, tanto da indurre l’ONU, nel 1999, a dedicare il 25 novembre di ogni anno alla “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”. Anche in Lombardia istituzioni e decisori pubblici hanno manifestato sensibilità su questo problema. Nel 2008 alcune Province lombarde insieme alle rappresentanti della Rete nazionale dei Centri antiviolenza hanno chiesto alla Regione un intervento legislativo. Il Consiglio Regionale, nel marzo 2009, ha approvato una mozione con la quale invita la Giunta a valutare tempestivamente soluzioni specifiche. Negli ultimi tre anni forze politiche diverse, di maggioranza e minoranza, hanno presentato al Consiglio Regionale tre progetti di legge in materia. Questo report offre informazioni sulle politiche in atto per contrastare la violenza sulle donne. In Breve
La violenza sulle donne: quali politiche di prevenzione, soccorso e contrasto?
1. COS’È LA VIOLENZA SULLE DONNE? Cicatrici visibili e invisibili VIOLENZA DI GENERE E VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI La comunità internazionale ha riconosciuto e definito la violenza sulle donne come violenza di genere, dove la causa è lo squilibrio relazionale tra i due sessi frutto di condizionamenti socio‐culturali. Dal mito della "naturale" superiorità maschile contrapposta all’inferiorità femminile derivano manifestazioni di violenza che assumono diverse forme: fisica, sessuale, psicologica, economica. La violenza spesso si presenta come una combinazione di esse e si ripete nel tempo diventando persecutoria (stalking). Si tratta di una forma di esercizio del potere da parte dell’uomo sulla donna che viene tenuta in un clima di costante tensione, paura e minaccia. Il protrarsi dei maltrattamenti, anche quando non produce cicatrici visibili, causa insicurezza e depressione, lede le relazioni, compromette la capacità di svolgere gli impegni quotidiani (disattenzione sul lavoro e debolezza con i figli) , espone a malattie croniche e invalidanti1. Anche sotto la spinta dei movimenti femminili e delle organizzazioni umanitarie, le istituzioni internazionali hanno preso posizione su questo problema e hanno riconosciuto che la libertà Shutterstock – J. Bailey delle donne di opporsi alla violenza rientra tra i diritti umani2, da difendere in ambito pubblico e privato. Fino a qualche decennio fa infatti la violenza sulle donne in ambito domestico veniva considerata un fatto privato, legata a conflitti familiari o addirittura interpretata come mezzo per punire o educare le mogli. In Italia solo nel 1975 viene abolita l’autorità maritale, cioè la liceità da parte del marito di far uso di “mezzi di correzione e disciplina”; solo nel 1981 il “delitto d’onore” e il “matrimonio riparatore” scompaiono dal codice penale; solo nel 1996 la violenza sessuale passa da “reato contro la morale e il buon costume” a “reato contro la persona e la libertà individuale”. Tutto ciò contribuisce oggi a far percepire la violenza contro le donne come problema collettivo. Non un fatto privato ma un problema collettivo 2. COSA SAPPIAMO DI QUESTO FENOMENO? È RILEVANTE, È DIVERSIFICATO, È SOMMERSO
In Italia, non possiamo ancora sapere con certezza quanto sia ampio questo fenomeno e soprattutto se sia in aumento o in diminuzione. Infatti, la prima e unica indagine è stata realizzata dall’Istat nel 20063. 1
La violenza sulle donne ha anche risvolti economici. Diversi sono i tentativi di quantificarne il costo per la società. Esempi sono raccolti in Consiglio d’Europa, Combating violence agaist women, 2006. 2
“Domestic violence is a public not a private matter. The safety and welfare of the survivors must take precedence over attempts to maintain the family as a unit. The human rights of women to have freedom from violence and from abuse must be recognised as their rights as individuals, not just as the mothers of children” Recommendations of EU‐Expert Meeting in Jyväskylä (1999). 3
Istat, La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia, Roma 2006. La ricerca, svolta su richiesta del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stata effettuata con interviste telefoniche su un campione di 25.000 donne italiane tra i 16 e i 70 anni. 2
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La violenza sulle donne: quali politiche di prevenzione, soccorso e contrasto?
UN FENOMENO RILEVANTE L’Istat ha stimato in oltre 6.700.000 le donne che sono state vittime di violenza fisica o Una vittima sessuale, psicologica ed economica, nel corso della vita. ogni tre donne E’ circa il 32% delle donne tra i 16 e i 70 anni. Una su tre. Nel corso della loro vita quasi 4 milioni hanno subito violenze fisiche (19% del campione), 5 milioni forme di violenza sessuale (24%) e, tra queste, circa 1 milione ha subito stupri o tentati stupri (5%). La violenza fisica e sessuale viene di frequente aggravata da comportamenti persecutori, definiti stalking, 937 mila casi. Occorre inoltre aggiungere 1 milione e 139 mila donne che hanno avuto a che fare con soli comportamenti di tipo persecutorio (molestie telefoniche, e‐mail e messaggi, appostamenti, richieste di incontro) per un totale di circa 2 milioni 76 mila casi. Il 19% di essi da imputare all’ex partner. Il fenomeno riguarda sia il nord che il sud, sia le classi sociali più elevate che quelle con un minore grado di istruzione. Le regioni che hanno percentuali di violenza fisica e sessuale più elevate sono Emilia‐Romagna e Lazio (38%), Liguria (35%), Lombardia e Toscana (34%). Gli ultimi posti sono occupati dalle regioni del sud, con la Calabria all’ultimo posto (22%). Al nord si rileva l’incidenza maggiore di casi di violenza, ma questo potrebbe dipendere dal fatto che qui le donne sono più disposte ad esternare il problema. UN FENOMENO DIVERSIFICATO Nell’immaginario collettivo la violenza sulle donne viene comunemente associata a comportamenti aggressivi sul piano fisico, riconosciuta in base a lesioni e ferite visibili, i cui Le forme e i volti della violenza danni vengono valutati se associati a un trauma o a un avvenimento preciso. In realtà, la violenza di genere può assumere molte forme ‐ fisica, sessuale, psicologica, economica, persecutoria ‐ e diversi volti ‐ mariti, compagni, parenti, amici, datori e colleghi di lavoro, conoscenti e sconosciuti. La violenza può esprimersi con modalità diverse e può consumarsi in un episodio o ripetersi. Quindi è un fenomeno diversificato principalmente per tre aspetti: la natura, l’autore e la durata della violenza. Un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale e la maggior parte ha subito più episodi di violenza. La violenza ripetuta avviene più frequentemente da parte del partner così come le violenze fisiche, che avvengono per la maggior parte in famiglia. Anche il rischio di subire uno stupro o un tentativo di stupro è tanto più elevato quanto più è stretta la relazione tra autore e vittima. I partner, attuali ed ex, sono infatti responsabili della quota più elevata di alcuni tipi di violenza sessuale (stupri e rapporti non desiderati), mentre gli sconosciuti commettono soprattutto molestie fisiche sessuali4. Prendendo ad esempio le violenze fisiche e quelle sessuali, l’indagine dell’Istat mostra come anche violenze della stessa natura possano differenziarsi per le modalità e l’intensità con le quali vengono esercitate: dalle minacce alle percosse ed all’aggressione armata, dalle molestie allo stupro. Anche l’Osservatorio della Provincia di Milano ha raccolto informazioni5 su questo In Lombardia fenomeno ma, a differenza di quelli rilevati dall’Istat, questi dati riguardano solamente quell’esigua percentuale di donne che in Lombardia si è rivolta ai centri antiviolenza nel 2006 (a livello nazionale è il 3%). Complessivamente i contatti a scopo informativo o per chiedere assistenza sono stati 1.737 e gli episodi di violenza rilevati 3.073 (più episodi per uno stesso caso). 4
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Istat, indagine citata. Osservatorio Provincia di Milano, Servizio politiche di genere, I numeri delle donne, 2007. 3
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La violenza sulle donne: quali politiche di prevenzione, soccorso e contrasto?
Per quanto riguarda forma, autore e durata della violenza: tra le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza lombardi nel 2006: • il 38% è vittima di violenze psicologiche • il 31% di violenze fisiche • il 14% di violenze economiche • l’89% dei maltrattamenti dura da più anni tra gli uomini autori di violenze su donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza lombardi nel 2006: • il 75% è il marito • lo 0,3% uno sconosciuto • l’84% ha nazionalità italiana • il 48% ha un reddito medio • il 39% non ha particolari problemi psichici Negli ultimi anni vi è stata una crescita costante delle violenze esercitate dall’ex partner: dallo 0,3% del 2000 al 15% del 2007. Probabilmente il grande numero di separazioni e divorzi, di cui la Lombardia detiene il primato, avviene in modo burrascoso6. UN FENOMENO SOMMERSO La quasi totalità delle violenze non è denunciata. La maggior parte si consuma nel silenzio. Per paura di ritorsioni, su di sé o sui figli. Perché chi esercita la violenza può arrivare ad influenzare la psiche della vittima, a colpevolizzarla a tal punto da farle perdere il rispetto di se stessa e, addirittura, convincerla di meritarsi ciò che subisce. Perché il semplice confidarsi può essere vissuto come l’ammissione di un fallimento della propria vita personale e familiare. Per il timore di non essere credute e capite, di non essere aiutate in modo efficace. Così molte donne finiscono per ignorare il problema o per minimizzarlo e questo frena la ricerca dell’aiuto esterno necessario per rielaborare e superare quanto è successo. Il fenomeno resta sommerso per circa il 96% delle violenze subìte da un non partner e il 93% di quelle da partner. Lo stesso avviene per il 92% degli stupri. E’ consistente anche la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite (34% per quelle subite dal partner e 24% per quelle subite da altri)7. • solo 7 donne su 100 hanno denunciato il proprio compagno all’autorità giudiziaria • 34 su 100 non si sono confidate con nessuno • 37 si sono rivolte ad un amico o vicino di casa, 33 ad un familiare, 4 al medico • 3 hanno chiesto aiuto a centri o associazioni
Questa scarsa propensione a denunciare le violenze subite o anche solo a parlarne, è coerente con le risposte date dalle donne, intervistate sulla percezione della gravità di un fatto di violenza da parte del partner: per il 27% il fatto si è configurato come reato, per il 6
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EURISPES, Finché vita non ci separi… Caratteristiche ed evoluzioni dei matrimoni in Italia, 2006. Istat, indagine citata. 4
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40% il fatto è stato sì qualcosa di sbagliato, ma non un reato, mentre per il 32% è stato solo qualcosa che è accaduto8. A Milano Un’ulteriore conferma giunge dalle rilevazioni compiute presso le unità di pronto soccorso di Milano9, secondo le quali 207 donne giunte al pronto soccorso, nel biennio 2006/2007, hanno dichiarato di essere vittime di violenza domestica. Il 19% di queste donne, quasi una su cinque, si era già recata presso le stesse unità per episodi traumatici, senza dichiarare di aver subito violenza. L’iter legale (denuncia o assistenza) è stato avviato solo nel 59% dei casi. I dati raccolti presso le unità di pronto soccorso sono stati utilizzati per una stima grezza del rapporto tra casi dichiarati e casi di violenza domestica sospetta, dalla quale si conclude che il 90% delle donne non dichiarano di aver subito violenza pur essendone vittima. 3. QUALI INIZIATIVE ATTIVE IN LOMBARDIA? CONTATTO TELEFONICO E PRIMO SOCCORSO, CENTRI ANTIVIOLENZA E CASE DI ACCOGLIENZA L’esigenza di risposte concrete ai diversi bisogni delle vittime di violenza è una sfida che hanno cercato di raccogliere diversi soggetti pubblici e privati che operano sul territorio regionale. Di seguito ne descriviamo alcune. CONTATTO TELEFONICO E PRIMO SOCCORSO Il Dipartimento per le Pari Opportunità ha messo a disposizione un numero gratuito di pubblica utilità, attivo 24 ore su 24, Antiviolenza Donna 1522. Per chiedere aiuto è sufficiente sollevare il telefono, sembra semplice. Ma decidere di farlo rappresenta un atto di coraggio che purtroppo per molte donne rimane ancora un ostacolo insormontabile. Per il primo intervento a Milano esistono due servizi pubblici: SVS (Soccorso Violenza Sessuale) e SVD (Soccorso Violenza Domestica), collocati presso l’Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena. Il primo è finanziato da Regione, Comune di Milano e dal Policlinico stesso, il secondo da Comune e Policlinico. Queste strutture lavorano per emergenze, sono collegati al pronto soccorso e offrono, in qualsiasi momento, aiuto ginecologico, consulti di medicina legale, assistenza sociale e psicologica. A questi due servizi di tipo sanitario si affianca l’assistenza legale gratuita offerta da SVS Donna aiuta donna ONLUS. Tramite i consultori pubblici l’aiuto può continuare anche dopo l’emergenza, i servizi sono gratuiti e l’equipe è solitamente composta da: psicologa, ginecologa, assistente sociale, ostetrica, mediatrice linguistico‐culturale e segretaria. Per loro iniziativa oppure indirizzate dai servizi sociali o dal numero verde, le donne (anche con figli) minacciate o vittime di violenza possono inoltre rivolgersi ai centri antiviolenza. Queste organizzazioni forniscono protezione, ascolto, sostegno, consulenza e informazioni. Assistenza e Alcuni centri antiviolenza sono dotati di apposite strutture ed alloggi che offrono alle donne accoglienza la possibilità di allontanarsi dai loro aggressori e rimanere in un luogo sicuro dove condividere i loro problemi, comunicare con altre donne ed essere aiutate da operatori qualificati che di solito sono volontari. La permanenza presso questi centri è limitata e funzionale a fornire tutti gli strumenti utili per riacquisire l’autonomia nel più breve tempo possibile. Ma come è nata e come si è sviluppata fino ad oggi questa modalità di intervento? 8
Istat, indagine citata. Progetto SVELA, Il rivelamento della violenza contro le donne, Una ricerca presso due enti ospedalieri di Milano: Azienda Ospedaliera Luigi Sacco e Fondazione Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano (capofila Provincia di Milano), cofinanziato dall’UE nell’ambito del Programma Agis 2006. 9
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Dalle origini in Europa … … alla diffusione in Italia Quali sono e dove si trovano quelle lombarde La violenza sulle donne: quali politiche di prevenzione, soccorso e contrasto?
CENTRI ANTIVIOLENZA E CASE DI ACCOGLIENZA Dalla fine degli anni ’70, con la diffusione dei movimenti femministi, sono nate in Europa organizzazioni, indipendenti e autogestite da donne, impegnate nella lotta contro la violenza. Tra le prime iniziative le case rifugio per assicurare protezione alle donne che subivano maltrattamenti in famiglia. Le case garantivano libero accesso, riservatezza, accoglienza e solidarietà da parte di altre donne (attraverso gruppi di ascolto e di mutuo aiuto). Con il passare degli anni l’attività di queste associazioni si è progressivamente ampliata. Oltre all’ospitalità e all’aiuto pratico, hanno cominciato a disporre sempre più spesso di professionalità specifiche per offrire servizi di consulenza psicologica e legale, percorsi di psicoterapia e reinserimento, orientamento ed accompagnamento al lavoro. Oggi la maggior parte dei centri antiviolenza. offre servizi diretti ad aiutare la donna a rendersi autonoma il prima possibile, per sottrarsi in modo stabile e duraturo dalla situazione in cui subisce violenza. Le organizzazioni svolgono anche campagne di informazione e sensibilizzazione, talvolta corsi di formazione, raccolgono ed elaborano dati, materiale bibliografico e documentario. Queste organizzazioni indipendenti sono riconosciute dai governi e dalle istituzioni internazionali10 come un attore chiave nei servizi di accoglienza e supporto alle donne che subiscono violenza. Hanno posto all’attenzione dell’opinione pubblica il problema e sono state promotrici di leggi e politiche in molti paesi europei. Anche in Italia i movimenti femministi hanno dato origine, negli anni ’80, ad organizzazioni autonome costituite da donne volontarie impegnate ad aiutare altre donne in difficoltà. Col tempo sono sorte altre associazioni o cooperative di diversa origine ed ispirazione, che offrono diversi tipi di servizi di aiuto. Tuttora non esiste un termine univoco per indicare e classificare le diverse iniziative (Centri antiviolenza, Case rifugio, Case di accoglienza, Case delle donne, Case ospitalità, Telefoni delle donne ecc.) e non ci sono indicazioni normative specifiche, a livello nazionale, per il loro riconoscimento. Molte organizzazioni si sono riunite a livello nazionale e sovranazionale per ottenere mutuo riconoscimento e condividere codici etici e metodologie, oltre che chiedere iniziative da parte dei governi. In Italia nel 1991 si è formata una prima rete informale di Centri antiviolenza che nel 2006 hanno sottoscritto la Carta della rete nazionale dei Centri antiviolenza e delle Case delle donne. La Carta è servita per darsi valori comuni, riconoscimento reciproco ed un riferimento all’identità e alla metodologia dei Centri. A partire da questa prima rete, nel 2008 54 centri (11 in Lombardia) hanno costituito l’associazione DiRe (Donne in Rete contro la violenza)11 che aderisce alla più importante rete delle ONG femminili a livello europeo WAVE (Women Against Violence Europe)12 di cui fanno parte circa 400 ONG che trattano la violenza domestica. In Lombardia esistono 22 sedi di organizzazioni iscritte all’Albo regionale delle associazioni, dei movimenti e delle organizzazioni femminili13, che aiutano le donne vittime di violenza. Sono molto diverse tra loro per storia, origini, ispirazione, attività e modalità operative. Le prime due sono state fondate nel 1945 (il Villaggio della madre e del fanciullo di Milano e la sede dell’Unione Donne in Italia di Lecco), le più recenti nel 2007. Fra esse, 11 appartengono all’Associazione DiRe (indicate in tabella 1 con il colore giallo). 10
Raccomandazione dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa n.1582 del 2002 sulla violenza domestica contro le donne; Risoluzione del Parlamento Europeo, 2 febbraio 2006; Decisione congiunta del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea, 20 giugno 2007; Commissione europea, 1 marzo 2006. 11
www.centriantiviolenza.eu 12
www.wave‐network.org 13
L..r. 16/1992, DCR 1447/1995 6
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Tabella 1 ‐ Organizzazioni operative in Lombardia iscritte all’Albo regionale Nome Prov. Anno Ispirazione 1. Aiuto donna uscire dalla violenza BG 1996 2. Casa delle donne BS 1989 3. Telefono Azzurro Rosa BS 1989 4. Casa Maria Assunta COF CO 1957 5. Telefono Donna Como CO 1991 Femminile. volontaria 6. Ass.ne Donne contro la violenza CR 1996 Femminile volontaria CR 2001 7. Ass.ne AIDA Incontro donne antiviolenza 8. L’altra metà del cielo Telefono Donna Primo contatto Telefonico Sportello Femminile. volontaria ‐ Telefonico UDI Sportello Laica, nasce dal Sindacato Telefonico,Sportello dalle di Polizia 9 alle 24 Solo su segnalazione di Religiosa, ente morale forze dell’ordine, Comune o consultorio Femminile volontaria Telefonico sportello Telefonico Sportello su appuntamento Telefonico/segr. Femminile volontaria Sportello Telefonico Femminile volontaria Sportello Telefonico Femminile volontaria ‐ UDI Sportello Telefonico Femminile volontaria Sportello Tipo di servizi e di consulenze Posti letto Psicologica e legale ‐ Psicologica e legale ‐ Psicologica e legale ‐ Psicologica, reinserimento al lavoro ex prostitute o 30 posti ragazze madri 4/5 posti per Psicologica e legale donne, 4/6 per minori Psicologica e legale 5 posti per solo donne Psicologica e legale ‐ Psicologica e legale 1 appartamento per due posti con figli LC 1997 9. Telefono Donna UDI LC 1945 10. Telefono Rosa MN 1997 11. Amici Casa Accoglienza Cinisello B.mo MI 1983 Laica volontaria Telefonico 12. Donne Insieme contro la MI violenza 2000 Laica volontaria Telefonico Sportello 13. Casa Accoglienza Donne MI Maltrattate CADMI 1990 Femminile volontaria, sostenuta anche da Regione, Provincia e Comune Telefonico Sportello 14. Cerchi D’Acqua Coop MI 2000 Cooperativa. sociale collabora con CADMI, convenz. con Comune Telefonico Sportello 15. SVD Soccorso violenza domestica MI 2007 16. SVS Soccorso violenza sessuale MI 1996 17. SVS Donna aiuta donna, MI Policlinico 1997 Laica volontaria Telefonico 24 h. 18. Telefono Donna Niguarda MI e Policlinico 1992 Femminile volontaria, in collaborazione con Comune, ASL, Osp. Policlinico e Niguarda Telefonico Sportello 19. Villaggio della madre e del fanciullo onlus 1945 Laica volontaria Solo accesso mediato dai Psicologica, legale e sanitaria circa 20 posti per servizi territoriali: (con ASL e in proprio) madri e figli consultorio, Asl, servizi sociali tribunale. MI Pubblica, Comune, ASL, Osp. Policlinico Mangiagalli Pubblica ASL, Osp. Policlinico Mangiagalli 20. CADOM BRIANZA Centro aiuto donne maltrattate MB 1994 Femminile volontaria 21. Coop Liberamente PV 2005 Cooperativa. sociale 22. EOS Centro di ascolto e accompagnamento VA 1996 Laica femminile ‐ CGIL e libere professioniste Telefonico Telefonico 24 h. Telefonico Sportello Telefonico Sportello Telefonico Sportello Psicologica e legale ‐ 15 operatrici Psicologica e legale, gruppi di ‐ aiuto Medica e psicologica per 15 posti totali adulti adulto/bambino programmi e bambini, indirizzo concordati con enti sanitari non segreto Psicologica e ‐ psicoterapeutica, legale Legale, psicologica, 4 appartamenti per economica, progetti complessivi 13 posti educativi per figli minori e letto sostegno alla genitorialità Legale, psicologica e terapeutica individuale e di gruppo ‐ Pronto soccorso, sanitaria, psicologica e di assistenza ‐ sociale Pronto soccorso, sanitaria, psicologica e di assistenza ‐ sociale e medico legale Assistenza legale su percorsi ‐ di sostegno Psicologica e legale ‐ Legale, psicologica, economica ‐ Legale, psicologica ‐ Legale, psicologica, sanitaria ‐ Fonte: Albo regionale delle associazioni, dei movimenti e delle organizzazioni femminili (l.r. 16/1992, D.C.R. V/1447/1995). Le informazioni sono state raccolte sul web e verificate telefonicamente. 7
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I 22 Centri iscritti all’Albo regionale presentano alcuni tratti distintivi: X la maggior parte dei Centri ha una connotazione laica, ed è gestito da personale femminile volontario, ad esclusione dei centri di pubblico soccorso operanti presso gli ospedali milanesi, due cooperative sociali e un ente morale di ispirazione religiosa; X l’iter di accesso ai centri prevede sempre un primo contatto telefonico (se manca l’operatore può essere lasciato un messaggio alla segreteria) durante il quale la donna spiega il motivo della chiamata e fissa un appuntamento; X solo l’SVS (Soccorso Violenza Sessuale) presso l’Ospedale Policlinico/Mangiagalli ha un servizio telefonico che copre le 24 ore; X il colloquio di accoglienza prevede incontri con consulenti legali o psicologi e, a seconda dei casi, vengono concordati percorsi mirati anche per il reinserimento al lavoro; X I servizi offerti dai Centri raramente prevedono l’assistenza medica (la presenza di un medico è saltuaria) che viene di norma demandata alle ASL di competenza; una vera e propria assistenza sanitaria di tipo ginecologico o medico chirurgico viene prestata dai Centri afferenti agli Ospedali Policlinico e Niguarda; X per quanto riguarda l’ospitalità delle donne vittime di violenza e dei loro figli, i Centri che non dispongono di una casa alloggio propria, contattano istituti religiosi o strutture messe a disposizione dai comuni, compresi i dormitori pubblici, oppure stipulano convenzioni con enti privati o religiosi. Alcuni Centri hanno avuto esperienza di affitto di alloggi, ma hanno dovuto interrompere il servizio per mancanza di fondi. I termini di durata dell’ospitalità possono variare da caso a caso e non sempre è possibile garantire un domicilio segreto. Nel caso specifico di Telefono Azzurro Rosa di Brescia, il Comune ha concesso in comodato per 29 anni una cascina che è stata interamente ristrutturata e autofinanziata dai volontari e potrà ospitare circa 30 persone (al momento la struttura non è ancora agibile). Oltre ai centri esiste un insieme di soggetti che hanno competenze e che sostengono Gli aspetti critici iniziative (ministero, ASL, AO, enti locali, forze dell’ordine, magistrature, prefetture, uffici scolastici regionale e provinciali) di contrasto alla violenza. Ciò che spesso manca è l coordinamento degli interventi a livello istituzionale. I centri antiviolenza, anche dal punto di vista delle metodologie d’intervento sulle donne assistite, hanno espresso l’esigenza di uniformare i protocolli e rafforzare lo scambio di informazioni. Alcuni di essi, ad esempio, hanno deciso di uniformare la scheda utilizzata durante i colloqui di accoglienza con la quale si rilevano dati della vittima, dell’autore, del contesto di vita e dell’episodio violento. L’intento è quello di avere informazioni omogenee e confrontabili sui singoli casi e contribuire così ad accrescere la conoscenza sulle diverse casistiche. Un altro aspetto rispetto al quale esistono diversi modi di procedere è la formazione degli operatori, affidata all’iniziativa delle associazioni. Può accadere quindi che non sia prevista per tutte le fasi di assistenza, ma che si concentri solo su alcuni tipi di intervento o che sia svolta in modi molto diversi tra loro. Queste diverse modalità adottate per formare gli operatori spesso incidono sulla qualità e sulle tipologie di servizi erogati. Il rischio è che e le modalità per affrontare e risolvere le situazioni di violenza siano demandate alla sensibilità del singolo individuo e non vi siano competenze specialistiche e che la qualità dei servizi erogati sia molto diversa. 8
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4. QUALI GLI SNODI CRUCIALI NELL’OFFERTA DEI SERVIZI? DISTRIBUZIONE, ACCESSO, FINANZIAMENTO, SPECIALIZZAZIONE, STANDARD, COORDINAMENTO E CONOSCENZA L’esistenza di case rifugio, il numero di posti disponibili, la loro accessibilità e la presenza di standard di funzionamento in sede europea sono considerati indicatori chiave per riconoscere la presenza di una politica di contrasto alla violenza di genere (COE, 2006). A partire da queste indicazioni, abbiamo identificato alcuni snodi cruciali per l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi di aiuto alle donne vittime di violenza, sintetizzando le informazioni offerte in merito da ricerche, atti dell’Unione Europea e leggi delle altre regioni italiane. DISTRIBUZIONE TERRITORIALE LA LEGISLAZIONE REGIONALE E PROVINCIALE IN MATERIA DI VIOLENZA DI GENERE Quindici Regioni e una Provincia Autonoma hanno leggi che prevedono misure di contrasto alla violenza nei confronti delle donne. Le differenze nei diversi modelli di intervento riguardano la diffusione dei centri, la regolazione dell’accesso e le forme di finanziamento previste per garantire i servizi. Regione/ Provincia Sicilia n. 22 del 9 maggio 1986 Bolzano n. 10 del 6 novembre 1989 Lazio n. 64 del 15novembre 1993 n. 16 del 14 maggio 2009 Basilicata n. 9 del 29 marzo 1999 Lombardia n. 23 del 6 dicembre 1999 Friuli Venezia Giulia n. 17 del 16 agosto 2000 Secondo un recente studio del Consiglio europeo, la numerosità e la distribuzione Un’offerta poco geografica dei servizi rimane uno dei diffusa maggiori problemi in Europa (COE, 2008). La maggior parte dei servizi offerti si concentra nelle aree urbane e resta indisponibile per una grossa fetta della popolazione femminile che vive in zone periferiche. legge Emilia Romagna n. 2 del 12 marzo 2003 Puglia n. 17del 25 agosto 2003 n. 7 del 21 marzo 2007 Campania n. 11 del 23 febbraio 2005 Abruzzo n. 31 del 20 ottobre 2006 Liguria n. 12 del 21 marzo 2007 n. 26 del 1 agosto 2008 Sardegna n. 8 del 7 agosto 2007 La maggior parte delle leggi delle altre Calabria n. 20 del 21 agosto 2007 Regioni italiane, in linea di principio, Toscana n. 59 del 16 novembre 2007 prevede di supportare la costituzione di Marche n. 32 del 11 novembre 2008 nuovi centri oltre a quelli già esistenti sul Adeguare l’offerta, territorio, presupponendo che quanto più Piemonte n. 16 del 29 maggio 2009 ma non disperdere i sono diffuse le iniziative tanto migliore sarà finanziamenti la risposta al problema. Alcune Regioni hanno stabilito il numero di strutture che dovrebbero sorgere sul territorio ipotizzando un livello di servizio adeguato alle dimensioni del fenomeno: ‐ la legge della Sardegna prevede al massimo 8 centri antiviolenza attivi in tutta la regione e l’apertura di case di accoglienza soltanto nei comuni sopra i 30.000 abitanti; ‐ la Calabria indica un bacino di utenza per ogni centro non inferiore a 140.000 abitanti. Altre Regioni, per evitare una eccessiva dispersione dei finanziamenti, garantiscono prioritariamente il proseguimento delle attività dei centri esistenti. MODALITÀ DI ACCESSO L’accesso ai centri è solitamente consentito a tutte le donne indipendentemente dalla cittadinanza e dallo stato giuridico (cittadine italiane ma anche immigrate, clandestine o rifugiate). Fanno eccezione le leggi della Campania e dell’Abruzzo dove le donne straniere possono essere accolte presso i centri ed usufruire dei servizi soltanto se in possesso del permesso 9
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di soggiorno. Dunque in questi centri non potranno rifugiarsi ad esempio donne oggetto di tratta. In Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Sardegna l’ingresso nelle case protette avviene soltanto Criteri definiti o tramite i centri antiviolenza che selezionano i casi da inviare. In Liguria l’accesso avviene valutazione dei centri tramite i centri antiviolenza o tramite i servizi sociali. In Toscana è un insieme di soggetti e istituzioni messi in rete (centri antiviolenza, comuni, ospedali e USL, scuole, forze dell’ordine, prefettura e magistratura) che può intercettare una richiesta di aiuto e attivare interventi e servizi, eventualmente anche l’accoglienza presso case rifugio. CRITERI DI FINANZIAMENTO Per la maggior parte i servizi vengono offerti da organizzazioni senza scopo di lucro, che dipendono dal lavoro di volontari e dalla disponibilità di risorse che le istituzioni occasionalmente attribuiscono loro per finanziare progetti o attività particolari, o da donazioni di privati e fondazioni. Generalmente quindi dispongono di poche risorse che mettono a rischio la continuità della loro funzione. Uno studio ONU14 sulle best practice sottolinea che le organizzazioni che devono richiedere fondi ogni anno ed elaborare nuovi progetti per attrarre fondi, incontrano difficoltà nel sostenere la loro attività quotidiana. In altri casi l’attività è sostenuta dagli enti di governo locali che finanziano queste organizzazioni o mettono a disposizione strutture e competenze. E’ il caso della maggior parte dei centri antiviolenza in Italia, anche se con modalità diverse da regione a regione. La Provincia di Bolzano finanzia le Case delle donne, le gestisce direttamente o in convenzione con associazioni o cooperative del terzo settore. In Lazio spetta alle Province provvedere al finanziamento dei centri antiviolenza anche mediante un contributo regionale annuale. Anche in Campania la gestione dei centri è a carico dagli enti locali. La Regione Sardegna, l’Abruzzo, il Friuli Venezia Giulia e la Calabria prevedono che i centri e le case possono essere aperti e gestiti sia da enti locali che da associazioni, eventualmente anche in collaborazione. Il coinvolgimento degli enti locali è previsto a fronte di una Cooperazione tra enti partecipazione economica che varia dal 10% della Calabria al 50% del Friuli V.G.15. Le locali e ONG Regioni concedono contributi per progetti, mentre non è prevista la costituzione di un fondo specifico. La legge della Regione Abruzzo contiene i criteri di valutazione sulla base dei quali verranno valutati i progetti e distribuiti i contributi: il grado di funzionalità e sicurezza garantito dalle strutture; il numero delle operatrici dei centri; il grado di ricettività della struttura rispetto al bacino d’utenza. Simili i parametri stabiliti dalla Calabria: oltre alla funzionalità, sicurezza e ricettività della struttura, vengono considerati il livello di professionalità degli operatori. In alcuni casi per accedere ai finanziamenti viene considerata determinante l’esperienza accumulata. Tabella 2 ‐ Alcuni esempi di risorse impegnate attraverso leggi regionali Abruzzo Friuli Venezia Giulia Calabria 200.000 € 500.000 € 250.000 € per il primo anno per il primo anno per il primo anno a regime 800.000 € ogni anno Sardegna 4.800.000 € nei primi 3 anni 14
Onu, Division for the advancement of women – Good practices in combating and eliminating violence against women, 2005. La Regione Calabria stabilisce che gli enti locali promotori coprano il 10% delle spese di funzionamento e garantiscano le strutture che ospitano i centri e le case di accoglienza. In Sardegna la quota è del 25%, in Abruzzo almeno il 40%, in Friuli almeno il 50%. 15
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Liguria e Toscana prevedono finanziamenti attraverso leggi che operano in campo sociale, sanitario e della sicurezza urbana o abitativa, e demandano ad atti successivi l’individuazione della loro entità. Anche i criteri con i quali le amministrazioni quantificano l’apporto finanziario per il funzionamento dei centri possono essere diversi. Nel caso in cui, ad esempio, sia previsto il rimborso dei costi sostenuti per ogni donna ospitata, il criterio per la quantificazione può essere la durata della permanenza. In alternativa può essere predeterminata una quota pro capite in base al periodo di permanenza massima o al numero massimo di consulti offerti. Entrambe le soluzioni presentano aspetti di criticità. 16
Finanziamenti in base Secondo recenti testimonianze di alcune organizzazioni milanesi , gli interventi di aiuto al periodo di possono prevedere tempi estremamente variabili: dal pronto intervento (15‐60 giorni), alla permanenza? prima accoglienza (4‐6 mesi fino a un anno), alla seconda accoglienza (1 anno). Questo perché alcune donne hanno storie complesse che richiedono supporto per periodi più lunghi rispetto a interventi su situazioni critiche episodiche. In questi casi tempi di permanenza ridotti nelle case di accoglienza o un numero limitato di consulti messi a disposizione potrebbero non essere sufficienti per garantire un aiuto efficace. Dall’altra parte i risultati di uno studio di valutazione commissionato dall’Assemblea Legislativa dello stato americano del Minnesota17 mostrano come finanziare le organizzazioni in base al tempo di permanenza che ogni donna trascorre presso un centro antiviolenza abbia portato ad un rapido aumento della spesa pubblica, non necessariamente compensato da migliori risultati. E’ stato dimostrato che più le donne rimangono nei centri più il rimborso che l’organizzazione ottiene tende a crescere, nascondendo comportamenti opportunistici da parte dei centri. SPECIALIZZAZIONE DEI SERVIZI L’ONU raccomanda18 di assicurare alle vittime l’accesso a una vasta gamma di servizi che tenga conto dei bisogni originati dai diversi tipi di violenza, del contesto in cui vivono, delle diverse condizioni di accesso e di trattamenti differenziati. I servizi offerti dai centri specializzati su particolari forme di violenza sono ancora poco Diverse competenze diffusi in Europa. Ma i centri che aiutano chi ha subito violenza in famiglia non per diversi bisogni necessariamente hanno le competenze per rispondere ai bisogni, ad esempio, di donne vittime di stupro, sfruttamento sessuale o mutilazioni genitali. In questi casi la natura traumatica degli episodi, la necessità di effettuare esami diagnostici, trattamenti e indagini medico legali rendono necessaria la presenza di personale medico specializzato 24h. su 24. Secondo un recente studio del Consiglio europeo19 i servizi più diffusi in Europa sono: case rifugio, servizi di ascolto e accoglienza, linee telefoniche di emergenza. Meno diffusi i centri specializzati nell’offrire supporto alle vittime di violenza sessuale, di cui è un esempio il SVS dell’Ospedale Policlinico di Milano. Recentemente anche la regione Toscana si è mossa in questa direzione e ha previsto il coinvolgimento delle strutture sanitarie regionali per assicurare il pronto intervento sui casi di violenza20. Presso le aziende sanitarie USL e gli ospedali vengono istituiti Centri di coordinamento che devono assicurare l’intervento di personale sanitario appositamente formato per condurre procedure diagnostiche e referti, e attivare strutture e professionalità eventualmente esterne per l’assistenza psicologica o legale delle vittime. 16
A cura di Caritas Ambrosiana e Provincia di Milano, Donne italiane e straniere maltrattate in famiglia, 2007. Centre for Applied Research & Policy Analysis, An evaluatione of Minnesota’s shelter program for battered women, 2001. 18
Segretariato Generale delle Nazioni Unite 2006, riprendendo i principi della Piattaforma di Pechino (documento di riferimento approvato dalla IV Conferenza Mondiale ONU delle Donne, nel 1995, i cui principi sono stati riaffermati dall’Assemblea Generale nel 2000). 19
Counsil of Europe, Combating violence against women. Minimum standards for support services, 2008. 20
L.r. 59/2007, Norme contro la violenza di genere. 17 11
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STANDARD PER LA QUALITÀ DEI SERVIZI Attualmente il dibattito presso la comunità internazionale riguarda la necessità di adottare e condividere standard qualitativi minimi. Diverse istituzioni internazionali21 hanno fornito indicazioni sui servizi necessari per assicurare il supporto adeguato, ma soltanto alcuni paesi si sono già dotati di standard di riferimento (ad esempio Lussemburgo e Gran Bretagna)22. In alcuni Stati i governi richiedono il raggiungimento di standard di servizio come condizione per il riconoscimento e per ottenere finanziamenti, ma spesso le ONG hanno bisogno di supporto per raggiungerli23. L’unico servizio per il quale è stato definito in ambito europeo un livello di fornitura più Quanti posti adeguato24 sono le case di accoglienza: un posto/famiglia ogni 10.000 abitanti. Questo prevedere? criterio tiene conto del fatto che una buona percentuale di posti nelle case è destinata ai bambini. In Europa la proporzione di alloggi ogni 10.000 abitanti varia dallo 0,01 posto della Grecia ai 5 posti della Germania25. Solo il Portogallo, tra i paesi europei, ha definito a livello legislativo parametri per la distribuzione territoriale delle case rifugio. Applicando alla Lombardia questo parametro, risulterebbero necessari circa 960 posti/famiglia26. Attualmente, in base alla ricerca telefonica effettuata presso le 22 associazioni lombarde (dati riportati nella tabella n. 1 pag. 7), è possibile stimare una disponibilità di circa 50 posti/famiglia, cioè 0,05 posti ogni 10.000 abitanti. Spesso sono le ONG, quando si collegano tra loro, ad adottare autonomamente direttive interne che vincolino al rispetto di caratteristiche comuni. Dove fanno parte di reti queste spesso richiedono ai membri il rispetto di regole etiche o metodologie di lavoro. FARE NETWORK E COORDINARE LE INIZIATIVE Le iniziative che coinvolgono più soggetti sono relativamente recenti ma stanno crescendo in Europa, in particolare in Austria e Germania; diversi sono i modelli adottati e i progetti finanziati attraverso il programma comunitario Daphne; la Rete delle Città Urban antiviolenza inoltre ha incoraggiato questa tendenza. In Italia solo la Toscana, nella legge recentemente approvata27, dichiara tra gli obiettivi principali quello di “mettere in rete” la pluralità di soggetti coinvolti e favorire la comunicazione costante. RILEVARE DATI E INFORMAZIONI PER COSTRUIRE CONOSCENZA Osservatori internazionali rilevano che uno dei maggiori problemi è il fatto che generalmente la raccolta di dati non viene fatta in modo sistematico28 e comparabile poiché non esiste un sistema univoco di rilevazione. 21
ONU “Beijing Platform for action” 1995, Cedaw Committee 2005, Segretariato generale delle Nazioni Unite 2006, Risoluzione del Parlamento europeo sulla violenza contro le donne Doc. A2‐44/86. 22
Il Lussemburgo ha definito standard di qualità elaborati dal governo in collaborazione con leONG e applicati a tutti i servizi e in Gran Bretagna il governo ha finanziato la rete che riunisce i centri di aiuto alle donne (Women’s Aid) per sviluppare standard di funzionamento e diffondere buone pratiche. 23 Solo in 28 paesi su 46 le ONG ricevono finanziamenti da autorità pubbliche. (Counsil of Europe, Stocktaking study on the mesures and actions taken in Council of Europe member states, 2008). 24 In diverse occasioni gli organismi europei hanno concordato su questo standard: Consiglio Europeo, 1997 e 2006, Parlamento europeo, 1986, 1998 e 1999. 25
Counsil of Europe, 2008, op. cit.. 26
Dato ottenuto considerando la popolazione residente in Lombardia nel 2008, di 9.642.406 maschi e femmine, Istat, 2008. 27
L.r. 59/2007, Norme contro la violenza di genere. 28
Council of Europe, Administrative data collection on domestic violence in Council of Europe member States, 2008. 12
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Nella prospettiva delle autorità giudiziarie i casi di violenza contro le donne vengono catalogati in base al crimine commesso e la violenza domestica non viene rilevata se non corrisponde ad un crimine preciso. Presso le strutture sanitarie il personale medico ha in carico la cura della patologia del paziente e non ha invece la responsabilità di identificarne le cause. Informazioni utili si possono trovare anche presso le forze dell’ordine, i servizi sociali e le ONG. Ma la raccolta di dati non è compito primario di nessuno di questi soggetti. Inoltre, a seconda delle finalità di lavoro, ci saranno differenti metodi per raccoglierli e diverse ragioni per farlo. Nel dicembre 2006, l’Assemblea Generale dell’ONU ha adottato una risoluzione per richiedere al Segretariato Generale di istituire un data base coordinato di tutti gli Stati al fine di monitorare l’estensione, la natura e le conseguenze delle diverse forme di violenza sulle donne, nonché l’impatto e la riuscita delle politiche e degli interventi, buone prassi incluse. La Statistical Commission (che unisce tutti gli Istituti Nazionali di Statistica) ha ricevuto il mandato di elaborare indicatori comuni da utilizzare nei diversi Paesi e di definire una periodicità nella rilevazione dei dati sulle violenze contro le donne. A questo scopo un gruppo di lavoro, di cui fa parte Istat, sta predisponendo una prima proposta operativa. Allo stato attuale diversi Paesi sono già entrati a far parte del data base dell’ONU. In Spagna Un esempio di best practise può essere l’osservatorio sulla violenza contro le donne creato in Spagna che ha sviluppato un sistema di indicatori e variabili sulla violenza di genere e organizza incontri e seminari con le istituzioni e gli altri attori per incoraggiarli a intraprendere rilevazioni di dati e accordarsi sulle modalità di raccolta (The Spanish Organic Act on Integrated Protection Measures against Gender Violence, 2004). Da alcuni anni la Provincia di Milano ha promosso, con le associazioni femminili e i centri Nella Provincia antiviolenza, attività per migliorare la raccolta di dati ed informazioni, il confronto su di Milano criticità ed esperienze e la programmazione di possibili interventi mirati. 5. COME RENDERE PIU’ EFFICACI LE AZIONI DI PREVENZIONE E CONTRASTO ALLA VIOLENZA? L’INTERVENTO PUBBLICO PER PREVENIRE, PER CONOSCERE, PER AIUTARE CHI HA SUBITO VIOLENZA Le iniziative europee, italiane e lombarde per contrastare la violenza di genere e per offrire supporto alle donne che ne sono state vittima sembrano avere molti punti in comune: •
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si intrecciano politiche di sensibilizzazione, politiche per sostenere i servizi e accrescere la conoscenza del fenomeno, politiche per aiutare le vittime da cui ci si attendono risultati nel breve periodo e politiche di prevenzione da attuare nel lungo termine; è diffusa la consapevolezza che la propensione a dichiarare le violenze da parte delle donne presenta ancora diverse criticità ed ha ampi margini di miglioramento; i soggetti attivi sono pubblici e privati, svolgono attività diverse con metodi diversi, ma tutti manifestano l’esigenza di azioni per il coordinamento; gli interventi volti ad aiutare le donne che subiscono violenza non possono prescindere dal ruolo centrale attualmente svolto dai centri antiviolenza; l’iniziativa locale, pubblica e privata, non è sufficiente a garantire diffusione e continuità dei servizi e delle iniziative. Le esperienze in atto in Lombardia segnalano la mancanza di un sistema organico, anche normativo, che possa regolare e sostenere gli interventi di contrasto alla violenza: “… tutte le buone prassi ed azioni contro la violenza di genere sono sorte e si sono sviluppate grazie ad iniziative private oppure grazie agli enti locali, mentre manca un quadro legislativo 13
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nazionale e regionale relativo ai servizi antiviolenza”29. Per stimolare una risposta a questi bisogni le Province di Milano, Como, Cremona, Bergamo e Varese insieme alle rappresentanti della Rete dei Centri antiviolenza e delle Case delle donne della Lombardia hanno chiesto30 alla Regione l’approvazione di una legge. Il Consiglio regionale, lo scorso marzo, ha approvato una mozione31 e negli ultimi anni i Consiglieri hanno presentato tre progetti di legge in materia di violenza di genere. Che scopo dovrebbe avere l’intervento pubblico? Le iniziative pubbliche che cercano di offrire una soluzione a questo problema solitamente Tre tipi prevedono interventi di diversa natura: quelli concentrati sulle attività di prevenzione; di intervento quelli volti a promuovere la conoscenza e quelli di aiuto alle vittime della violenza. PREVENZIONE E SENSIBILIZZAZIONE La lotta contro le varie forme di violenza di genere può essere sostenuta attraverso politiche volte a promuovere, nel lungo periodo, cambiamenti culturali. Questo tipo di interventi mira a trasmettere un modello di relazione tra uomo e donna fondato sull’uguaglianza ed il rispetto. Prevede il coinvolgimento della scuola, dei media e del mondo del lavoro. L’idea di fondo è che favorire questo cambiamento culturale possa prevenire atteggiamenti di prevaricazione. CONOSCENZA DEL FENOMENO Tutte le ricerche che tentano di stimare l’estensione del fenomeno della violenza di genere nelle diverse forme e manifestazioni si scontrano con la povertà di dati e informazioni a disposizione. Non tanto perché mancano tentativi di rilevazione e quantificazione (l’indagine Istat citata è una delle più ricche finora svolte in Europa) quanto per la reticenza da parte delle vittime a riconoscere di avere subito una lesione dei propri diritti e libertà e a denunciarla. Tuttavia molte informazioni provengono dall’attività dei diversi soggetti che entrano in contatto con donne che hanno subito violenza e che decidono di chiedere aiuto ‐centri antiviolenza, strutture socio‐sanitarie e ospedaliere, forze dell’ordine. Le informazioni sono spesso carenti perché raccolte per finalità diverse e spesso in maniera poco sistematica. L’intervento pubblico può favorire la raccolta, la circolazione ed il confronto di queste informazioni, che permetterebbero di coordinare le diverse strategie ed eventualmente mettere in campo misure di contrasto alla violenza più appropriate. Possono contribuire a questo scopo le attività di valutazione che mirano a capire se determinati programmi e interventi pubblici hanno prodotto i risultati sperati. Altre politiche hanno invece come obiettivo quello di aumentare la consapevolezza generale del problema della violenza, educare a riconoscerne le manifestazioni, portare a conoscenza di un vasto pubblico gli interventi attuati per contrastarla. INIZIATIVE PER AIUTARE LE DONNE CHE HANNO SUBITO VIOLENZA Maltrattamenti, episodi di aggressività, prevaricazione e prepotenza necessitano in primo luogo di immediate azioni di soccorso, dirette a ridurre i danni provocati dalle violenze subìte. Le associazioni femminili sottolineano quanto sia determinante la fiducia che le donne hanno nei mezzi che vengono offerti per risolvere i loro problemi e a questo può servire una rete di servizi capace di dare sostegno attraverso risposte certe, percepite come 29
IReR “La violenza sulle donne”, p. 66. 2009. Il primo Tavolo Istituzionale contro la violenza sulle donne si è tenuto a Palazzo Isimbardi il 4 marzo 2008. 31
D.C.R. del 10 marzo 2009, n. VIII/823, Mozione concernente soluzioni, strumenti e azioni specifiche a favore delle donne vittime di violenza sessuale e valorizzazione dell’attività, svolta dai centri antiviolenza. 30
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soluzioni efficaci ai bisogni di soccorso, ascolto, assistenza o tutela in un clima di speranza e stima. Se la violenza di genere è violazione dei diritti umani, contrastarla con ogni mezzo è un fatto di civiltà, di salvaguardia della persona, è condizione indispensabile per una democrazia.
PER SAPERNE DI PIÙ Bibliografia x IReR, a cura di Sonia Stefanizzi e Daniela Gregorio La violenza sulle donne, Collana Ricerche del Consiglio Regionale Lombardia, 2009 x Spinelli Barbara, Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale, Franco x
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x Manuale ‐Per la Valutazione del rischio di recidiva nei casi di VIOLENZA DOMESTICA Versione italiana a cura di A.C. Baldry e A. D’Ambrosio ‐ Autori: P.R. Kropp, S.D. Hart, C.D. Webster, & D. Eaves ‐ 2003 British Columbia Institute Against Family Violence ‐ www.sara‐project.org http://www.provincia.brescia.it/portal/pls/portal/docs/1/214161.PDF x Recommendation Rec (2002) n. 5 of the Committee of Ministers to member States on the protection of women against violence adopted on 30 April 2002 and Explanatory Memorandum. http://www.coe.int/t/e/human_rights/equality/05._violence_against_women/003_Rec(2002)05.asp x Adami Cristina, a cura di, Progetto Urban. Dentro la violenza: cultura, pregiudizi, stereotipi, Franco Angeli, Milano, 2002 x Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissione Nazionale per la parità tra uomo e donna,Violenza sessuale. 20 anni per una legge (Roma, 1998) Riferimenti web x Il portale del Progetto ARIANNA della Presidenza del Consiglio – Dipartimento per le Pari Opportunità. Nella x
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sezione documenti/studi e ricerche è possibile scaricare autorevoli studi in materia. http://www.antiviolenzadonna.it/ Ministero per le Pari Opportunità. Il sito riporta, tra l’altro, le ultime novità legislative in tema di violenza contro le donne e stalking ‐ http://www.pariopportunita.gov.it/ Osservatorio nazionale sullo stalking – Associazione italiana di psicologia e criminologia. Centri di ascolto e Consulenza attivi a Milano, Pescara e Roma. Il sito pubblica inoltre studi sul fenomeno in diversi ambiti anche a livello europeo. http://www.stalking.it/ D.i.Re :L’Associazione Nazionale D.i.Re contro la violenza (Donne in Rete contro la violenza) Onlus. http://www.centriantiviolenza.eu/ Casa di accoglienza delle donne maltrattate di Milano ‐ CADMI. Dalla sua nascita, l'Associazione è impegnata nel far emergere il fenomeno della violenza contro le donne e approfondirne la conoscenza attraverso studi e rilevazioni quantitative e qualitative. Sul sito è pubblicato l’elenco delle case delle donne in Lombardia. http://www.cadmi.org/servizi/ricerca.htm CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE ‐ Un’iniziativa della Presidenza italiana del G8‐ Roma, 9‐10 settembre 2009 ‐ Documento finale: http://www.pariopportunita.gov.it/images/stories/documenti_vari/UserFiles/Ministro/g8_conclusioni_carfa
gna_it.pdf La Commissione Regionale Pari Opportunità interviene sul tema 'Violenza sulle donne' e invita il Parlamento, le Regioni, le Amministrazioni provinciali e le Amministrazioni comunali a farsi carico, ciascuno per propria competenza, del problema. Maggio 2008 http://www.tellusfolio.it/index.php?prec=/index.php&cmd=v&lev=44&id=5741 Il gruppo di lavoro che ha elaborato questa analisi è composto da Pinuccia Dantino (project leader), Elvira Carola
(coordinamento), Paola Comini, Francesco Pellegrini e Michela Rocca.
Editing e segreteria: Daniela Carnelli.
Le informazioni riportate nelle tabelle e nei grafici sono state attinte alle diverse fonti indicate in calce e sono state
oggetto di elaborazione da parte del gruppo di lavoro.
Stampa a cura dell’U.O.O. Centro Stampa e Fotocomposizione del Consiglio Regionale della Lombardia.
E’ possibile chiedere copia della pubblicazione presso la segreteria dell’Ufficio Analisi Leggi e Politiche regionali
tel. 0267482437 - e-mail: [email protected]
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