Superficie Minima di Costa - Dip. di Matematica Roma Tre

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Superficie Minima di Costa - Dip. di Matematica Roma Tre
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ROMA TRE
Dipartimento di matematica e fisica
Corso di Laurea Magistrale in Matematica
Tesi di Laurea Magistrale in Matematica
Superficie Minima di Costa:
Immersione ed Embedding
SINTESI
Candidato
Relatore
Federico Di Rienzo
Prof. Massimiliano Pontecorvo
Anno Accademico 2012/2013
Introduzione
Il termine superficie minima iniziò a circolare negli ambienti matematici intorno alla metà del diciottesimo secolo, attraverso gli scritti di Gauss e di
Lagrange, volti alla ricerca di una soluzione del problema dell’esistenza di
una superficie, limitata da una curva chiusa, che minimizzasse l’area. Come
vedremo successivamente l’uso del termine minimo riferito a queste superfici è in realtà improprio. Nella prima metà dell’Ottocento matematici come
Legendre, Monge, Sherk e Catalan si interessarono alla ricerca di tali superfici proponendone esempi e giungendo a risultati rilevanti; per esempio
Catalan, dimostrò che l’unica superficie minima rigata è l’elicoide. I problemi che suscitavano maggior interesse erano il cosı̀ detto “Problema di
Bjorling” e il “Problema di Plateu”. Il primo riguardava la ricerca di una
superficie minima che avesse una data curva come sua geodetica; il secondo,
invece, la ricerca di una superficie minima avente un dato bordo. Con la
convergenza dell’analisi complessa nella risoluzione di queste questioni, la
ricerca delle superfici minime si armò di mezzi più sofisticati che permisero di raggiungere risultati notevoli, come la formula di rappresentazione di
Weierstrass o le formule di Enneper. Nel secondo quarto dello scorso secolo
si giunse alla soluzione completa del problema di Plateu grazie ai lavori di
Jesse Douglas e Tibor Radò; venne formulato il problema di Bernstein, se
la minimalità del grafico di una funzione su Rn−1 , considerato come superficie in Rn , fosse legato alla linearità della funzione, mentre Osserman si
concentrò sulle superfici minime di curvatura totale finita. Importantissimo
fu il lavoro del matematico brasiliano da Costa agli inizi degli anni ottanta;
egli scoprı̀ infatti una nuova superficie, detta superficie di Costa, la quale
inificiò la congettura secondo la quale le uniche superfici minime complete
in R3 fossero il piano, l’elicoide e il catenoide. Nei suoi studi si rivelò fondamentale un nuovo strumento, il computer, che permise di graficare e quindi
visualizzare concretamente le superfici studiate. Ancora oggi lo studio delle
superfici minime risulta importante in alcuni ambiti della fisica matematica
(ad esempio nella “positive mass conjecture” o nella “Penrose conjecture”),
dell’ingegneria molecolare e nella scienza dei materiali. Non di meno ci sono
applicazioni anche nell’ambito delle arti, ad esempio in architettura o nelle
opere di Robert Engman.
2
3
Siamo oggi in grado di definire le superfici minime in 8 modi differenti, [13],
ognuno legato alla particolare applicazione che se ne può fare:
Definizione 1. Sia X : M → R3 un’immersione isoterma da una 2-varietà
riemanniana in R3 , con X = (x1 , x2 , x3 ). Allora questa è una carta locale
minima se xi è una funzione armonica per ogni i.
Definizione 2. Una superficie Σ è minima se e solo se la sua curvatura
media H si annulla in ogni punto.
Definizione 3. Una superficie Σ è minima se e solo se può essere localmente espressa come grafico di una funzione f (u, v) che risolve la seguente
equazione alle derivate parziali del secondo ordine, non lineare:
fuu (1 + fv2 ) − 2(fu fv )fuv + fvv (1 + fu2 ).
Definizione 4. Una superficie Σ ⊂ R3 è minima se e solo se è un punto
critico per la funzione variazione d’area:
Z Z p
A(t) = A(Xt (D̄)) =
E t Gt − (F t )2 dudv
D̄
.
Definizione 5. Una superficie Σ è minima se e solo se ogni punto p ∈ Σ
ha un intorno avente la più piccola area rispetto al suo bordo.
Definizione 6. Un’immersione conforme X : M → R3 è minima se e solo
se ogni punto p ∈ M ha un intorno con la più piccola energia di Dirichlet,
relativamente al suo bordo.
Definizione 7. Una superficie Σ ⊂ R3 è una superficie minima se e solo
se ogni punto p ∈ Σ ha un intorno Dp che è uguale all’unica soap films
idealizzata, avente ∂Dp come bordo.
Nota 1. Se, da un punto di vista fisico, consideriamo una membrana separante due mezzi, allora la sua curvatura media dipenderà, tramite una
costante non nulla, dalla differenza di pressione tra i due mezzi; in particolare se tale differenza è nulla, sarà nulla anche la curvatura media della
membrana. Ecco perchè le soap films sono una realizzazione fisica nello
spazio del concetto di superficie minima.
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Definizione 8. Una superficie Σ ⊂ R3 è minima se e solo se la proiezione
stereografica dell’applicazione di Gauss N : Σ → C ∪ {∞} è una funzione
meromorfa.
Durante la nostra trattazione avremo modo di mostrare come effettivamete alcune di queste siano equivalenti tra loro, rimandando per le altre alla
bibliografia. Questa tesi si svilupperà nel modo seguente:
Nel primo capitolo forniremo delle nozioni base di geometria differnziale e di
analisi complessa, nozioni che saranno necessarie per comprendere i passaggi dei successivi capitoli. Nel secondo ci soffermeremo invece sulle superfici
minime e in particolar modo sulla loro definizione come variazione normale
della funzione area, iniziando a mostrare alcune delle loro principali proprietà. Nel terzo capitolo dimostreremo la formula di rappresentazione di
Weierstrass, strumento necessario per l’immersione della superficie di Costa
in R3 . Approfondiremo inoltre la trattazione delle superfici minime, soffermandoci in particolare sulla loro applicazione di Gauss e curvatura totale.
Per applicare al nostro caso la formula di Weierstrass dovremo ricorrere
alla funzione P(z) di Weierstrass, una fondamentale funzione ellittica; per
tale motivo il quarto capitolo della tesi sarà incentrato sulla presentazione di tale funzione e di alcune sue proprietà. Nel quinto capitolo saremo
quindi in grado di esporre il risultato principale, dimostrando sia l’immersione che l’embeddedness della superficie di Costa. Infine nel sesto e ultimo
capitolo presenteremo i comandi necessari per rappresentare, attraverso il
software Mathematica, la superficie studiata. In questo estratto riportiamo
i principali risultanti, provenienti per lo più dal quinto capitolo.
5
Figura 1: Superficie di Costa
Immersione ed embedding
della superficie di Costa
Mostreremo inizialmente come sia possibile immergere la superficie di Costa
in R3 [7] e come, partendo da tale risultato, si arrivi a dimostrarne anche
l’embeddedness [9]. Concluderemo con un accenno alla generalizzazione di
tale risultato a superfici di gene k ≥ 1 e 3 fini [10]. Un potente strumento,
che ci permetterà di raggiungere il primo risultato cercato, è la seguente
Formula di rappresentazione di Weierstrass. Siano f (z) e g(z) due
funzioni meromorfe definite in una regione U ⊂ C. Fissato z0 ∈ U si
definiscono

R
z f (w)
2 )dw

x
(z)
=
<
(1
−
g(w)

1


R z 0 2
z
2 )dw
x2 (z) = < z0 if (w)
(1
+
g(w)
2

R


 x3 (z) = < z f (w)g(w)dw
z0
(1)
e quindi l’applicazione X(z) = (x1 , x2 , x3 ), dove abbiamo posto z = u + iv.
Vale la seguente proposizione:
Proposizione 2. Ogni superficie minima semplicemente connessa immersa
in R3 può essere rappresentata attarverso la carta locale definita tramite la
formula di rappresentazione di Weierstrass, in cui le funzioni f (z) e g(z)
hanno le proprietà del lemma precedente e la regione U può essere o il disco
unitario o l’intero piano complesso, e l’integrale calcolato su un qualunque
arco contenuto in U dal punto z0 al punto z. La superficie è regolare se e solo
se f (z) soddisfa la proprietà aggiuntiva che si annulla solo nei poli di g(z)
ed ha in questi punti uno zero il cui ordine è esattamente il doppio di quello
del polo di g(z). Indicheremo talvolta con (f (z), g(z)) la rappresentazione di
Weierstrass associata alle funzioni f (z) e g(z).
6
7
Nota 3. Faremo riferimento ad una rappresentazione di Weierstrass con la
forma (f, g), evidenziando le funzioni a cui la applichiamo.
Teorema (Costa) 4. [7] Esiste un’immersione minima completa in R3 di
genere 1 e 3 fini, con le seguenti proprietà:
1. La sua curvatura totale è −12π.
2. I suoi fini sono embedded.
La dimostrazione di questo teorema è basata √sull’utilizzo della formula (f (z), g(z)), con f (z) = P(z)dz e g(z) = 2eP10 (z)2π . P(z) è una fondamentale funzione ellittica, detta P di Weierstrass, che definiremo sul reticolo L(1, i),formato cioè da quadrati, all’interno dei quali P(z) sviluppa le
seguenti simmetrie:
ä
1+ä
Ω1 + ä
V
IV
VI
III
Ω2 + 1
Ω2
VII
II
VIII
0
I
Ω1
1
Figura 2: FPP
Lemma 5. Sia P(z) definita sul reticolo L(1, i); concentrandoci sul FPP ,
Fig. 2, e ponendo ω1 = 1/2, ω2 = i/2 e ω3 =
i+1
2 ,
valgono allora le seguenti
relazioni:
P(α(ω3 + z)) = −P(ω3 + z) con α(ω3 + z) = ω3 + iz̄ riflessione rispetto alla
diagonale positiva;
P(ρ(ω3 + z)) = −P(ω3 + z) con ρ(ω3 + z) = ω3 + iz rotazione di
π
2
intorno
a ω3 ;
P(β(ω3 + z)) = P(ω3 + z) con β(ω3 + z) = ω3 + z̄ riflessione rispetto alla
retta orizzontale.
Prendendo spunto dal lavoro di Costa, i matematici William H. Meeks
e David A. Hoffman sono riusciti a dimostrarne anche l’embeddedness. Presenteremo ora il percorso che porta a tale risultato. La strategia seguita è
8
la seguente:
dimostreremo come prima cosa l’esistenza di un embedding per Σ al di fuori di un insieme compatto K sufficientemente grande nella proposizione 6;
sfruttando poi le simmetrie di Σ, derivanti dalle simmetrie della funzione P,
dimostreremo l’embedding per una delle otto parti in cui è possibile scomporrre Σ, estendendo il risultato alle rimanenti sette e quindi a tutta la
superficie. Iniziamo quindi dalla seguente:
Proposizione 6.
1. I fini di Σ sono paralleli.
2. Fuori da un insieme compatto K ⊂ M sufficientemente grande X è
un embedding.
3. La terza coordinata X3 (z) ha il seguente comportamento avvicinandosi
ai fini:
se z → ω1 , X3 (z) → −∞
se z → ω2 , X3 (z) → +∞
se z → 0, X3 (z) → 0 e il fine E0 è asintotico ad un piano x3 =costante.
Dimostrata questa prima parte, passiamo ora allo studio delle simmetrie
di Σ. Sia G il gruppo diedrale con 8 elementi; considereremo che G agisca
su FPP attraverso le riflessioni per le rette verticali, orizzontali ed oblique
passanti per ω3 , e rotazioni di multipli di π/2 intorno ad ω3 . Gli elementi
di G risultano quindi essere:
• β(ω3 + z) = ω3 + z̄
riflessione rispetto alla retta orizzontale;
• ρk (ω3 + z) = ω3 + (ı)k z
1, 2, 3;
rotazione di kπ/2 di centro ω3 e con k =
• α(ω3 + z) = ρ(β(ω3 + z)) = ω3 + iz̄
positiva;
riflessione rispetto alla diagonale
• α̂(ω3 + z) = ρ2 (β(ω3 + z)) = ω3 − z̄ riflessione rispetto alla retta
verticale;
• µ(ω3 + z) = ρ3 (β(ω3 + z)) = ω3 + iz̄ riflessione rispetto alla diagonale
negativa.
Come si vede chiaramente dalla definizione di questi elementi, G risulta
generato da β e ρ. Possiamo anche considerare l’azione di G su tutto R3 ,
identificando β e ρ rispettivamente con le matrici
9


1 0 0
B = 0 −1 0 ,
0 0 1


0 −1 0
0 .
R = 1 0
0 0 −1
Abbiamo quindi il seguente teorema:
Teorema 7. G agendo su R3 , è un gruppo di simmetrie di Σ ⊂ R3 . L’immersione X : M −→ R3 è compatibile con l’azione di G su M e R3 .Cioè:
1. X ◦ ρ = R
2. X ◦ β = B.
Nella metrica indotta su M , gli elementi di G sono isometrie.
I seguenti corollari ci evidenziano immediatamente le cercate simmetrie
di M :
Corollario 8.
1. I piani x2 = 0 e x1 = 0 sono piani di simmetria per
Σ = X(M ); i segmenti ω2 , 1 + ω2 e 0, 1 sono mandati nel piano x2 = 0,
mentre i segmenti ω1 , ω1 + i e 0, i sono mandati nel piano x1 = 0.
2. L’ isometria α = ρ ◦ β di M (ossia la riflessione rispetto alla diagonale
positiva di FPP ) è compatibile con la simmetria di Σ dovuta a RB,
cioè una rotazione di π intorno alla retta x1 − x2 = x3 = 0
Corollario 9. Σ è formata da 8 pezzi tra loro congruenti. Ognuno di essi
è isometrico a X(T ), con T ∈FPP definito come:
1
1
T = {u + iv| ≤ u ≤ 1; ≤ u ≤ v} r {ω2 + 1, i + i}.
2
2
Tali isometrie sono quelle contenute in G.
10
Figura 3: X(T )
Nota 10. T cosı̀ definito corrisponde al triangolo III nella figura 2.
I prossimi 4 lemmi serviranno per spiegare quale sia l’immagine del bordo
dell’insieme T attraverso la carta locale X(z).
Lemma 11. Data la componente X3 (z) della carta locale di Weierstrass,
allora risulta X3 (z) > 0 ⇔ z ∈ M r (A ∪ β(A)) e X3 (z) = 0 ⇔ z ∈ L con
L = 0, 1 + i ∪ i, 1,
e A il triangolo di vertici O, 1 e ω3 di Fig. 2, in cui <(P(z)) > 0. Inoltre
X(z) manda iniettivamente la diagonale con pendenza positiva sulla retta
x1 − x2 = x3 = 0 e la diagonale con pendenza negativa sulla retta x1 + x2 =
x3 = 0.
Lemma 12. Per δ > 0 sufficientemente piccolo, X(z) è un embedding
sull’insieme:
{z ∈ M |
Lemma 13. Il segmento ω3 , ω3 +
|X3 (z)| < δ}.
1
2
è mandato in maniera iniettiva in una
curva contenuta nel quadrante non negativo del piano x2 = 0. La curva
incontra gli assi solo in X(ω3 ) = 0.
Lemma 14. Il segmento ω2 , i è mandato da X nel semipiano superiore del
piano x1 = 0. È un grafico lungo il semiasse positivo x3 e il valore x2 → ∞
quando ci si avvicina a ω2 o i.
Dalla seguente proposizione si vede in particolare come ω2 , i è mandato
nel piano x1 = 0.
11
Proposizione 15. Sia T ⊂FPP il triangolo definito come
1
1
T = {u + iv| ≤ u ≤ 1; ≤ u ≤ v} r {ω2 + 1, i + i}
2
2
e sia R = T ∪ α̂(T ) (l’unione dei triangoli III e V I in figura 2), allora X(z)
manda l’interno di R nell’ insieme
E = {(x1 , x2 , x3 )|x2 > 0,
x3 > 0}
1+ä
T
Ω2 + 1
Ω3
Figura 4: T
Siamo ora in grado di dimostrare che X(z)|T è un embedding:
Proposizione 16. Sia T il triangolo definito in precedenza; allora
X(z)|T
è un embedding di T nell’ottante non negativo di R3 , che manda T nel bordo
e T̊ nell’interno.
Risultato che può essere quindi esteso a tutta la superficie, grazie alle
isometrie di G:
Teorema 17. Sia X : M → R3 la carta locale definita tramite la formula
di rappresentazione di Weierstrass con funzioni f = P(z) e g =
a
,
P0 (z)
allora
X(z) è un embedding.
Prendendo spunto da questo risultato, gli stessi autori D.A. Hoffman
e W.H. Meeks, sono riusciti a dimostrare il seguente teorema che qui ci
limitiamo ad accennare [9]:
12
Teorema 18. ∀
k ≥ 1, esiste una superficie minima completa, corretta-
mente embedded, di gene k e 3 fini. La superficie di gene k, chiamata Mk ,
ha le seguenti proprietà:
1. La curvatura totale di Mk è −4π(k + 2);
2. Mk ha due catenoidi e un piano come fini;
3. Mk interseca il piano x3 = 0 in k + 1 rette che formano angoli uguali
nell’ origine;
4. Rimuovendo una qualsiasi delle rette del punto precedente si disconnette la superficie;
5. L’ intersezione di Mk con un qualsiasi piano parallelo (ma non uguale)
al piano x3 = 0 è una curva di Jordan;
6. Il gruppo delle simmetrie di Mk è il gruppo diedrale con 4(k+1) elementi generato da


1 0 0


0 −1 0


0 0 1
e


Rk
0




0


0 0 −1
con Rk matrice di una rotazione di π/(k + 1) nel piano x3 = 0;
7. Mk può essere scomposta in 4(k + 1) parti congruenti;
8. Mk è l’unica superficie minima correttamente embedded di gene k con
3 fini, curvatura totale finita, e un gruppo di simmetria contenente
almeno 4(k + 1) elementi.
Bibliografia
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c
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