AEA_4_2015_web - Abruzzo è Appennino
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AEA_4_2015_web - Abruzzo è Appennino
copertina_4_2014.qxp_copertina_AEA_2014 12/04/15 21:07 Pagina 1 AèA abruzzoèappennino /MAGGIOO 2015 GENNAIO/MAGGIO 2015 MAC EDIZIONI 04/15 AA abruzzoèappennino LA rIvIstA DELL’AppENNINO AbruZZEsE 4 Storia di copertina Pettorano Il fascino di un paese Cammini Le Madonne che si guardano Luoghi dell’anima Tradizioni La cattedrale di San Pelino. Da scavo Scanno. La Pasqua degli archeologico a parco integrato incappucciati Scenari Una legge per la montagna abruzzese Sport e natura Il sapore della solitudine aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 1 Abruzzo è Appennino rivista trimestrale dell’appennino abruzzese spedizione in abbonamento postale numero 4 anno 2015 Registrazione Tribunale di Sulmona n. 3 del 13-12-2006 AèA abruzzoèappennino 04/15 Direttore Responsabile Antonio Di Fonso Redazione Massimo Colangelo Luca Del Monaco Giuliana Susi Riziero Zaccagnini Segreteria di redazione Riziero Zaccagnini Progetto Editoriale Massimo Colangelo Ufficio Stampa Via Collegio dei Fabbri Corfinio 67030(AQ) email [email protected] Progetto grafico indice 3 Editoriale 39 [Editorial] 4 43 10 46 Pettorano. Il fascino di un paese La riserva del monte Genzana Zo design Fotografia Luca Del Monaco 13 Traduzioni Marta Di Felice La ciclabile sul fiume Hanno collaborato Marcello Bonitatibus Michelle Capobianco Pasquale D'Alberto Italo Fasciani Massimo Maiorano Tommaso Paolini Piero Savaresi Redazione "Terre" Il parco archeologico industriale 14 Majella Home cooking. La cucina abruzzese a Manhattan 17 La conquista della Dea Turchese. Un alpinista abruzzese racconto il suo «ottomila» 22 La cattedrale di San Pelino: da scavo archeologico a parco integrato [Places of the Soul San Pelino Cathedral] 28 Santa Maria del Pertuso Regione Abruzzo L.R. 11-11-2013 Assessorato agli Enti locali Progetto pilota AbruzzoèAppennino Comuni Cocullo, Morino, Fontecchio, Raiano, Pettorano sul Gizio, Scontrone, Vittorito Partner privati Mac edizioni, TV6, Associazione Paesaggi d'Abruzzo www.abruzzoeappennino.com stampa PUBLISH pre&stampa Cepagatti Cocullo guarda Matera. Il rito dei serpari patrimonio della cultura abruzzese #Visit Raiano Un borgo tra tecnologia e turismo 49 Scanno. La Pasqua degli Incappucciati [Conquering the Turquoise Goddess. An Abruzzese Eight-thousander] REGIONE ABRUZZO Vivere in Appennino. Una nuova legge per la montagna abruzzese 29 Il centenario del terremoto del 13 gennaio 1915 a Morino 50 Campioni del biologico. Dall’olio alle ciliegie. La sfida della Cooperativa Ephedra 54 I dolci della tradizione 56 PRIMO PIANO Boockcrossing a Scontrone Gli oli abruzzesi al Sol d’oro di Verona 2015 Un software per le escursioni montane Un parco d’esperienza. Da simulacro ad opportunità 58 Bici paesaggi scrittori 61 Il sapore della solitudine. Ai confini del Parco Nazionale d’Abruzzo 64 Lo scaffale 30 Le madonne che si guardano. Santa Maria di Ronzano e le sette chiese sorelle aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 2 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 3 ANTONIO DI FONSO [Editorial by Antonio Di Fonso] a Storia di copertina ci L monese che si è inerpicato in Nepal porta a Pettorano sul alla ricerca della Dea Turchese. Del Gizio, in uno dei borghi paesaggio appenninico che diventa più belli d’Italia, nella occasione di confronto e dibattito si stagione che non è an- discute nel convegno regionale Abi- cora cominciata, la primavera che tare nell’Appennino, a cui è dedi- tarda ad arrivare, come direbbe il cato il nostro Scenario. Idee, poeta, mentre l’inverno assedia le proposte e prospettive che coinvol- montagne vicine. Questa stagione gono in prima persona chi vive e la- insolita, imprecisa meteorologica- vora nel territorio montano e mente è invece perfetta per fare da guardano con interesse ai turisti e ai cornice al nuovo numero di Abruz- visitatori. Senza tralasciare tra un zoèappennino, contribuisce con le itinerario in bici e un trekking una sue atmosfere di giornate variabili carrellata sulla gastronomia, i dolci dai cromatismi mutevoli, sospese tra della tradizione e i vini da degusta- i mandorli in fiore e le nuvole basse zione che meglio si adattano a esal- gonfie di pioggia, a dare la giusta tare il gusto e la fragranza di un atmosfera ai racconti dei nostri in- sapore inconfondibile, che nella sta- viati. Si ritrova nei Luoghi del- gione dal clima volubile finisce per l’anima intorno al sito della essere l’unica certezza. Buona let- cattedrale di San Pelino a Corfinio, tura. nel Cammino alla ricerca delle Sette chiese nel teramano, nel Percorso The cover story takes us to Pettorano sul Gizio, one of the most beautiful villages in Italy. This unusual and meteorological uncertain season, it is otherwise perfect to well represent this issue of AbruzzoèAppennino. Suspended among the almond trees in bloom and the low rainy clouds, this is the right atmosphere for our reporters to tell their stories. The same atmosphere can be found for Places of the Soul around the site of San Pelino’s Cathedral in Corfinio, in the article Cammino (The Path), in search for the Seven Churches in Teramo’s area, alongside the itinerary (Percorso) to uncover the secrets of the Incappucciati’s procession in Scanno, an Easter’s rite to be re-discovered besides the most famous Easter traditions in Sulmona and Lanciano. For those who have the passion for mountains, we have interviewed a mountaineer from Sulmona who has been able to fulfil the dream of a lifetime, climbing the Turquoise Goddess and becoming a member of the elite group of Eight-thousanders. The Apennine’s landscapes are the occasion for Abitare nell’Appennino, a debate about the way of inhabiting our geographical area and to which is dedicated our Scenario. Moreover, bike itineraries and trekking paths and a digression on gastronomy, traditional sweets and wines, the apotheosis of taste. And in this season when the weather is uncertain for definition, all this food ends up to be the only certainty. Enjoy! sui segreti della processione degli incappucciati di Scanno, un rito pasquale da riscoprire rispetto alle consolidate e celebri tradizioni della Pasqua di Sulmona e Lanciano. Ma il numero del nostro magazine propone altre sorprese. Per gli appassionati della montagna, delle grandi vette e degli ottomila c’è l’intervista a un Protagonista, un alpinista sul- 2 3 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 4 Pettorano sul Gizio Il fascino di un paese testi ANTONIO DI FONSO foto LUCA DEL MONACO aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 5 4 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 6 La mattina di metà febbraio è fredda, il cielo sereno e l’aria pungente. A piazza San Nicola le panchine del giardinetto sono vuote, alberi spogli e aiuole invernali. Dal parapetto si vede la variante che corre veloce, la strada che sale verso l’altopiano di Cinquemiglia, la stazione di fronte al paese è seminascosta da una nebbiolina leggera. La ferrovia arrivò alla fine dell’Ottocento, la linea Sulmona Carpinone divenne un tratto importante, passeggeri, viaggiatori, pendolari salivano e scendevano dalla stazione di Pettorano. Oggi è un itinerario turistico, la Transiberiana d’Abruzzo, una suggestione di viaggio che si impervia nell’Appennino incantevole di boschi, valli e altipiani. aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 7 C ON LO SGUARDO verso la stazione alla nostra sinistra, saliamo a piedi lungo via Roma, un tempo la via “nuova”, passiamo davanti a palazzi signorili – Vitto Massei, Croce che conserva un frammento di un Edictum di Diocleziano, – segni di una dignità storica e architettonica del paese che nel Settecento conobbe il periodo di arricchimento del nucleo urbano. Superiamo case e giardini chiusi, al quartiere Cencio si trova la porta omonima da cui si prosegue verso la piazza Umberto I. Una scritta del Touring club degli anni sessanta indica “Pettorano sul Gizio altezza 656 metri”. I caratteri rimandano a un’Italia che cominciava a vivere la ripresa e il boom economico, il benessere a portata di mano. Qui dalla Cencia negli anni Cinquanta della grande emigrazione del paese partivano i pullman per Napoli, da dove si sarebbero imbarcati i pettoranesi in cerca di fortuna verso l’America e il Canada. «“La migrazione ha svuitate/ le case (...) Quanta gente è partita!/ Quanta gente se n’è ita!» recita un verso di Vittorio Monaco, poeta e scrittore di Pettorano a cui l’amministrazione comunale l’estate scorsa ha dedicato una strada del quartiere. Agli inizi del Novecento il paese era il centro più popoloso della valle Peligna dopo Sulmona e Pratola. La struttura urbanistica lo testimonia, una popolazione che superava 3000 abitanti. Poi le migrazioni, l’urbanizzazione, altri progetti di vita e esigenze di lavoro hanno ridotto il numero dei residenti. Proseguiamo verso la piazza, alla curva prima di arrivare, facciamo una deviazione e giriamo a destra, a cinquanta metri si trova la Castaldina, palazzo settecentesco di stile barocco. Risaliamo in piazza Umberto I. La Chiesa madre, la Casa municipale, datata 1828, che nel nitore della costruzione rappresenta perfettamente il ruolo che aveva un tempo di sede del Comune, oggi invece alloggiato nel palazzo Ducale. Un manifesto della Pro loco ricorda un appuntamento gastronomico, nella bacheca c’è una foto di un tipico costume pettoranese a cui l’associazione ha dedicato ricerche storiche e iniziative sulla riscoperta e la valorizzazione della “tuvaglia”, come affettuosamente è chiamato l’abito tradizionale di Pettorano. La stessa associazione ogni anno organizza la sagra della polenta, il 5 gennaio. La polenta carbonaia, tagliata a fette e condita con la pancetta e le salsicce è il cibo povero, testi- monianza di una cultura popolare e contadina. Oggi è un piatto ricercato, prelibato e quella pettoranese è una esclusiva per veri cultori, i turisti che visitano il paese sempre più numerosi ne apprezzano il gusto. La fontana monumentale di Anfitrite e Nettuno troneggia nella piazza, con il suo gioco di acque. L’acqua, le fontane sono presenze ricorrenti, amiche, che scandiscono il tempo e salutano il visitatore. Non esiste paese che abbia più fontane di Pettorano, si dice da queste parti. La sorgente del Gizio è nel cuore della valle di Santa Margherita, la protettrice del paese che si festeggia il 13 luglio. “Chi non torna a Santa Margherita o se’ muèrte o se’ perdute” dice un proverbio popolare. Dalla piazza un suggestivo belvedere si affaccia sulla stessa valle, si intravede la cima del Genzana, si sente lo scorrere del fiume tra la pineta e le rue e le stradine del nucleo di case del borgo antico, via Piaia e la porta dei Mulini, sullo sfondo il cimitero vecchio, in basso il mulino e la ramiera, gli opifici del parco archeologico industriale. Sulmona in lontananza, si scorge nella tersa giornata invernale anche il Gran sasso innevato. Silenzio, il mormorio dell’acqua della fontana ci accompagna 6 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 8 mentre entriamo nel cortile Zannelli. Una piccola elegante corte lastricata, al centro la fontana, sulla sinistra il palazzo Ducale oggi sede del municipio, della biblioteca e dell’ufficio della riserva naturale di Monte Genzana. Sulla facciata una meridiana segna il tempo che fugge. Il tempo, la storia, le memorie ci accompagnano salendo verso il Castello dei Cantelmo, nella parte alta del paese, il Muraglione, lungo suggestive stradine, dove negli slarghi affiora la roccia, tra oleandri e vasi di geranio, dopo aver superato un decoroso palazzo settecentesco dalle finestre a bifora. Il castello si trova in piazzetta Arischia, lo raggiungiamo attraverso una stretta fenditura tra le mura della torre e le case, che sembra un passaggio segreto. La costruzione del castello risale al 1093, nell’XI secolo ha avuto inizio l’incastellamento del paese. Nelle pietre e nelle fessure sembrano risuonare le vicende delle lotte per l’investitura di epoca medievale, le scorribande di eserciti papisti e imperiali giunti fino a Pettorano. Tra le sue mura si sono succeduti duchi traditori, famiglie in lotta schierate con gli Svevi o gli Angioini. Il castello conservato perfettamente grazie alla ristrutturazione, ospita una sala conferenze accogliente dove si svolgono convegni e mostre. Saliamo i gradini in pietra della scalinata esterna, percorriamo il camminamento fino alla torre: da qui la veduta è magnifica, lo sguardo spazia verso Sul- mona e mentre si scorgono i castelli di Roccacasale e Popoli, si comprende meglio la funzione strategica di avvistamento. Proprio qui dal castello ogni anno il 31 dicembre a mezzanotte si svolge la serenata di Capodanno, un concertino di musici e cantori saluta il nuovo anno cantando la canzone beneaugurante, composta per l’occasione da un autore pettoranese. Gli orchestrali girano tutta la notte, accompagnati via via da un coro spontaneo che si fa sempre più numeroso e si riscalda nelle soste accanto ai fuochi accesi per l’occasione, dal castello fino alla piazza e lungo i vicoli e le stradine. La consuetudine risale agli anni trenta, negli anni cinquanta ha conosciuto il momento di aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 9 maggiore diffusione, alcune canzoni sono divenute memoria personale e collettiva del paese, i pettoranesi dovunque si trovino, in Italia e oltreoceano, le hanno imparate, cantate e trasmesse ai propri figli. La serenata è organizzata dall’Associazione culturale Pietro De Stephanis, che si occupa di recupero e valorizzazione della storia, della cultura e delle tradizioni del paese. Il notaio De Stephanis era un personaggio originale, sindaco e consigliere comunale, nel 1865 fece votare un ordine del giorno dal consiglio comunale di Pettorano contro la pena di morte, studioso e autore di storiografie abruzzesi. Subito uscendo dalla piazza del castello si trova l’antica stazione di cambio dove si fermavano i cavalli e si ristoravano i viaggiatori lungo la strada napoleonica, che da Pettorano risale a Roccapia e poi si immette nell’Altipiano di Cinquemiglia. Oggi la napoleonica è una stradina sterrata che si arrampica nei boschi e nelle faggete, meta di passeggiatori e biker. Un tempo era la strada che Gioacchino Murat ufficiale di Napoleone fece scendendo verso Napoli, quando con i suoi soldati insieme alle baionette voleva portare le parole della rivoluzione. A pochi metri da qui uno slargo e un sentiero segnalati da una scritta, panorama Escher, ci inducono a proseguire. Un’ultima sorpresa che regala Pettorano al visitatore, un luogo dell’anima in cui il famoso artista e mate- matico olandese si fermò attratto dalle morbidezze del paesaggio, dal verde profondo dei boschi e dall’aria limpida. E qui nell’azzurro del cielo di febbraio sembra di rivivere il momento in cui Escher tratteggiò il suo disegno, la sua cartolina da Pettorano indirizzata al resto del mondo. 8 9 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 10 La riserva del monte Genzana testo GIULIANA SUSI - foto RISERVA MONTE GENZANA D ALLA BALAUSTRA del Cortile Zannelli, dalla piazza centrale, con il Genzana alle spalle e il Gran Sasso che si scorge in lontananza, dalla torre del Castello Cantelmo o dalle finestre delle case ad occidente. Da qualunque punto del paese si guardi, si aprono scenari fatti di montagne, di salite e discese sterrate immerse nel verde, con 60 chilometri di sentieri, di altane (9) per il monitoraggio faunistico, di rifugi (4) e fontanili (4), di bikers che risalgono il corso del fiume, di orsi, cervi, caprioli e di altre storie. Come quelle di treni e ferrovie. Dietro i palazzi storici, davanti un belvedere sull’ambiente, dove natura, cultura e quotidianità vivono in simbiosi. Un connubio scambievole tra paese e natura, direttamente proporzionale all’armonia tra i pettoranesi e la Riserva Naturale regionale Monte Genzana Alto Gizio, la più grande tra le abruzzesi. Istituita nel 1996, crocevia di biodiversità, fa da ponte tra i due parchi nazionali, D’Abruzzo e Majella. Punto di riferimento per la vita degli abitanti. Ad alzare il sipario su questa realtà è il direttore della Riserva, Mauro Fabrizio, quarantenne sulmonese, affiancato dal giovane Antonio Monaco, pettoranese con la passione per la fotografia naturalistica, in forza nell’ufficio (aperto tutti i giorni) al piano terra del Palazzo Ducale, sede del municipio. Ad indicare l’ingresso: una riproduzione di un orso a grandezza naturale. Non a caso, in quanto proprio l’orso (fin dai primi avvistamenti di “Peppina” nel 2012) è stato considerato un’importante e interessante novità da queste parti: una specie da tutelare e da proteggere anche da chi insegue una foto per notizia. La passione li porta subito a parlare di flora e fauna, di corsi di censitori, spiegando che gli animali ci sono sempre stati intorno a Pettorano, «ma nessuno li vedeva». O meglio, nessuno sapeva vederli. La Riserva è anche studio, divulgazione e formazione, con corsi che dal 2008 sono moltiplicati in quantità e partecipanti. Fondamentale l’attività di ricerca, che ha portato alla scoperta di nuove specie come la Salamandrina di Savi nel 2010 (oltre a una decina di rettili, 161 specie di uccelli identificati, di cui 70 nidificanti), ma anche il monitoraggio di animali, escursionismo in montagna, convegni di alto livello, sull’orso, sul lupo appenninico, sul foto-video trappolaggio, sull’analisi del rapporto tra la Statale 17 e la fauna selvatica e sulle potenzialità e criticità della fotografica naturalistica, in cui scienziati, fotografi e giornalisti di settore si sono confrontati su etica, opportunità per la conservazione della natura e sui rischi che comporta per gli animali. «In un anno abbiamo svolto 12 attività legate alla formazione, tra fauna e cartografia, che ha contato una ventina di partecipanti (15-30 anni)» spiega il direttore, con l’orgoglio di chi ha visto nascere la Riserva, in crescita esponenziale di anno in anno. È attraverso il corso di censitori che anche i pettora- aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 11 nesi stessi hanno imparato a conoscere i luoghi, i rifugi, i punti panoramici, rispettando la fauna. Sono tanti i partecipanti, esperti arrivano per lo più da 17 regioni italiane diverse, scoprendo, nell’occasione, per un week end, bellezze e tipicità di uno dei Borghi più belli d’Italia. «Sono in molti a chiederci di tenere i convegni a Pettorano», continua Fabrizio. Inutile sottolinearne la positività, «anche se la crisi si sente e, negli anni, i giorni di permanenza sono ridotti e adattati alle esigenze dei frequentanti – precisa il direttore – solo con i corsi di formazione hanno visitato Pettorano duemila persone circa. Per noi è un vanto». Per facilitare l’osservazione degli animali è stato realizzato un progetto di area faunistica abbandonando le classiche gabbie, ma permettendo il contatto con la natura stessa, attraverso strutture di avvistamento (altane e capanni), dotate di pannelli divulgativi, distribuiti nell’area, con cannocchiali e binocoli. Importanti per la Riserva il Centro studi per le reti ecologiche (per tecnici e specialisti) e il Centro di Educazione Ambientale (per giovani e studenti), coinvolgendo le scuole e avviando una collana di “Quaderni del centro studi” e redigendo un atlante faunistico della Riserva. Non solo natura. Non mancano iniziative meno scientifiche, come la gestione di settori di competenza comunale (raccolta differenziata), l’accoglienza dei giovani per l’annuale servizio civile e progetti più ricreativi, che coinvolgono il paese, nell’ambito di una promozione turistica. Prime fra tutte la riuscitissima manifestazione “Sapori in Festa”, entrata ormai tra gli eventi più attesi dell’estate peligna, apprezzata da molti habitué e scoperta da tanti turisti. Degustazioni di vini locali, prodotti tipici della Valle Peligna, assaggi degli chef dei ristoranti del posto: un sentiero gastronomico, tra stand di antichi mestieri, con la libertà di assaporare qua e là prelibatezze del territorio. Tra angoli di storica bellezza, strette rue cantate dai poeti, e il rumore dell’acqua, quella buona che sgorga a filo dalle fontanelle in pietra, gioiellini regalati dalla storia. Un fermo immagine, che la quotidianità rende vivo e la modernità, sfrontata e indispensabile, non ancora riesce a sgualcire. In un dialogo a più voci tra paese e natura. Da qualunque punto la si guardi. 10 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 12 Paese mia conchiglia Paese mia conchiglia Mia riserva sognante Mia aria di famiglia Mia pastura di ghianda Mio guscio mio uovo Mia chiusa amara mandorla Mia bussola mio bandolo Mio cammino a ritroso nel mondo troppo grande Mia radice mio lutto Mio luogo dappertutto Alveare del cuore dove invecchia e non muore l’ape dei ricordi che stilla miele e morde Vittorio Monaco da Vie della memoria e altri versi, Roma 2006 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 13 Il parco archeologico industriale Quando è la natura a raccontare la storia di un paese. Percorsi didattici lungo il fiume Gizio, mulini, ramiere, opifici che testimoniano mos maiorum del borgo, danno vita al Parco archeologico industriale nella parte occidentale di Pettorano. Un paesaggio mozzafiato, di quelli che, se colti nella giusta luce, riportano alla mente opere di Monet, tra lo scintillio delle acque fluviali e ponticelli che collegano storia e natura. Sensibilità cromatiche diverse e cangianti in ogni stagione: con i viali ricoperti di foglie ingiallite, con i prati imbiancati in inverno o tra la frescura estiva e il verde brillante della primavera. Un laboratorio multidisciplinare a cielo aperto, tra le sorgenti del fiume Gizio e il monte Genzana. È il Parco delle acque che, tra giardini e frutteti botanici (con piante appetibili per gli animali selvatici) opifici e mulini che ospitano musei risalenti ad epoche tra il 1500 e il 1800, racconta gli avvenimenti dell’antico borgo. Dove l’area diventa Parco archeologico industriale. «Si tratta di una realtà importantissima: rappresenta la storia del nostro paese e testimonia le economie del nostro passato» afferma il sindaco di Pettorano, Giuseppe Berarducci, in un rapido excursus sul recupero minuzioso e accurato delle strutture, avvenuto negli anni, dove non mancano aree pic-nic e l’accoglienza per le scolaresche che annualmente visitano il sito, compreso il Laghetto Vitto Massei, punto di sosta per le attività didattiche, visite guidate e passeggiate naturalistiche. Un itinerario che si conclude con il fitodepuratore, impianto che rappresenta una scelta di sostenibilità dell’amministrazione comunale, sensibile alle tematiche ambientali. Nel bel mezzo dell’area sorgono tre mulini, a pianta rettangolare, a ruote orizzontali e una ramiera, con tanto di antiche macine, alloggio per il mugnaio, stalla per animali che trasportavano farina e grano: il De Stephanis, costruito nel 1793; il Cantelmo appartenente ai feudatari del borgo dal 1310 al 1750, compare tra i beni del Duca già nel 1595; il Comunale (il più piccolo) fatto costruire dall’Università di Pettorano nel 1799, distrutto poi nel 1871 durante le rivolte popolari contro la tassa sul macinato. Ad occuparsi della gestione dell’importante complesso è il personale della Riserva del Monte Genzana Alto Gizio, permettendo stimolanti attività formative ed escursioni accessibili a tutte le famiglie. La ciclabile sul fiume Un percorso per biker e amanti delle passeggiate che si snoda lungo il Gizio fino al mulino e alla ramiera, gli opifici del Parco dell’archeologia industriale e dell’area attrezzata della Riserva naturale di Monte Genzana. Soprattutto nella bella stagione, il percorso è ombreggiato e suggestivo con ponticelli in legno che sopravanzano la centrale dell’Enel e le acque cristalline del fiume, in un saliscendi divertente che asseconda gli estri degli appassionati delle due ruote. La ciclabile s’imbocca da ponte d’Arce, all’altezza della fontana subito sulla destra salendo da Sulmona, entrando nella provinciale di Valle larga: cento metri e a sinistra ci si immette nella pedalabile. Dopo circa 500 metri di percorso c’è un bivio e si possono scegliere due direzioni: a sinistra si prosegue verso il paese direzione il Riaccio in un tragitto che giunge fino ai campi sportivi e al sentiero delle Callarelle. A destra la ciclabile arriva ai mulini, superati i quali si può proseguire, ma rientrando nella strada municipale che raggiunge la sorgente del Gizio. Da qui dopo una sosta e un ristoro, ci si può inoltrare nella Riserva e nella Valle di Santa Margherita, in una arrampicata che dopo circa 800 metri raggiunge la chiesetta intitolata alla santa protettrice di Pettorano, meta tradizionale di gite fuori porta il lunedì di Pasqua e il giorno di Ferragosto. Proprio a ridosso della chiesetta rupestre si trova la grotta che secondo la leggenda ha accolto e protetto il rifugio della stessa beata. DOVE MANGIARE 12 13 Il Torchio Piazza Rosario Zannelli tel. 0864 48541 La Locanda Via Muraglione tel. 0864 48212 La Quercia Statale 17 km 107 tel. 0864 48202 Il Leprotto agriturismo Via Ponte D’arce tel. 347 181 5616 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 14 MAJELLA HOME COOKING La cucina abruzzese a Manhattan di RIZIERO ZACCAGNINI - foto MICHELLE CAPOBIANCO Sabato 25 ottobre, ore 19.00: al Kitchen NYC è tutto pronto per accogliere i 18 convitati a una cena speciale. Questa sera si cucina abruzzese. Il menù propone pallotte “cacio e ove”, farro e ceci allo zafferano e peperoncino; piatto forte la pasta alla mugnaia. Un assaggio di porchetta, e poi il sapore dolce delle ferratelle e della cicerchiata. Tutto accompagnato da montepulciani e trebbiani doc, e una goccia di centerba per i più temerari. aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 15 IAMO A MANHATTAN e ai fornelli c’è Michelle Di Benedetto Capobianco, ricercatrice di sapori genuini e promotrice di eventi gastronomici “made in Italy”. Originaria di Salle, in provincia di Pescara, dove l’abbiamo incontrata l’estate scorsa durante uno dei suoi soggiorni abruzzesi, Michelle ci racconta una classica storia comune a tanti giovani figli dell’emigrazione: i sacrifici dei genitori abruzzese il padre, siciliana la madre - l’impegno nello studio, la laurea in giurisprudenza e l’avvio di una carriera radiosa in un prestigioso studio legale newyorkese. Molte le soddisfazioni, una buona posizione economica, l’orgoglio dei genitori, il dovere morale di dar senso a tanti anni di studio. Ma la felicità sembrava essere altrove, e all’ennesima telefonata del “capo” il sabato pomeriggio, circondata dai tre figli che esigevano le dovute attenzioni, Michelle ha deciso di reinventare la propria vita. «Qualcosa ho perso, ma ho guadagnato tempo per dedicarmi ai figli e… alla cucina. Cucinare e ricercare le sfumature della gastronomia italiana era la mia fuga. Ogni volta che potevo partivo per l’Italia ed esploravo le “strade del gusto”. Un po’ ovunque, mai in S Abruzzo: nel mio immaginario era il luogo dove tornavo da bambina, era la regione di papà, mentre io ambivo a scoprire l’Italia delle città d’arte, delle regioni tanto rinomate all’estero, del mare. Quando è arrivato il primo figlio pensammo di trascorrere una vacanza più tranquilla, e decidemmo di venire a Salle, nella casa che i miei genitori hanno sempre conservato. Arrivammo in Abruzzo, e m’innamorai». Nessuna scuola da chef dietro le spalle, dunque, ma una passione coltivata da sempre e un’intuizione avuta in un giorno di sole. «Tre anni fa, al parco giochi con altre mamme: ho iniziato a parlare di un business di catering un po’ originale, cucinare la cena per le famiglie, magari per chi non ha tempo la sera. Una mamma si è girata e ha detto “that’s a good idea”». La sera stessa è nata Majella Home Cooking. «Pensavo a mio cugino: quando tornavo da giovane a Salle lui, piccolino, mi seguiva dappertutto e invece di chiamarmi Michelle mi chiamava Maiella. Ho inviato una e-mail a tutte le persone che conoscevo scrivendo semplicemente che da quel momento mi occupavo di catering e, se volevano, potevano iniziare a prenotare». Prima le cene in casa, poi il catering per piccoli eventi. Il passaparola (nella grande mela?!) è stato la pubblicità maggiore. Pochi “ospiti” per volta, persone che cercano la qualità, che amano scoprire. Lo scorso anno il debutto a Manatthan, con tre incontri dal titolo esplicito: Taste Abruzzo. Menù a prezzo fisso, prodotti di origine abruzzese, vino. Assistita dal papà o dalla mamma, Michelle introduce la cena con una dimostrazione pratica. Il cibo viene preparato in diretta, come la mugnaia che ha imparato ad impastare la scorsa estate, recandosi a casa di una signora di Elice. «Venni a sapere della signora fortuitamente durante una conferenza a Santo Stefano a cui era presente un’amica della nipote. Così siamo andati “a lezione” da Giusi. Donna di poche parole, donna di campagna, mani d’oro e un’ospitalità incredibile. Fu un evento per noi e per loro: ad accoglierci trovammo i familiari, le amiche: tutti in cucina, tutti che chiacchieravano, mentre lei in silenzio lavorava l’impasto con una disciplina estrema». In quei giorni Michelle ha girato molto l’Abruzzo, chiudendo la sua “vacanza studio” alla Del Verde per ritirare il premio vinto l’anno precedente per la promozione di 14 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 16 saggi e delle storie incontrati da lei nei suoi soggiorni italiani. «Per un’esperienza davvero autentica, parola oggi spesso abusata». Nel frattempo potremo incrociarla a luglio a Sulmona, dove collaborando con le vivaci promotrici di “Welcome To Sulmona”, animerà un Market tour tra i banchi del mercato in piazza Garibaldi e un Corso sugli stuzzichini all’Hotel Santa Croce per turisti anglofoni e stranieri che hanno scelto di venire a vivere in Abruzzo. una ricetta con la pasta di Fara. Intanto Majella Home Cooking è diventato un blog con l’immancabile pagina facebook, dove trovare ricette e consigli e discutere di cucina, mentre già si preparano i prossimi eventi gastronomici nel cuore della grande mela: I Sapori della Pasqua italiana e in aprile lo Speciality Pasta. Michelle immagina per il futuro di organizzare un tour della regione seguendo l’enogastronomia. Non i migliori luoghi d’Abruzzo, non i ristoranti di maggior pregio o le cantine più blasonate, ma l’Abruzzo del gusto, dei sapori, delle tradizioni, l’Abruzzo dei pae- Una marchigiana e un’inglese, sulmonesi di adozione, e la scommessa su un futuro a vocazione turistica per l’Abruzzo interno. Nasce Welcome to Sulmona, un progetto imprenditoriale a cavallo tra la promozione del territorio e la fornitura di servizi e consulenze per il turista straniero che vuol vivere un’esperienza vera, a contatto con la vita reale di una regione da questo punto di vista ancora affascinante. Tante le iniziative da scoprire e seguire attraverso il blog e i social network. Info www.welcometosulmona.com www.majellahomecooking.com facebook: welcome to sulmona e-Mail: [email protected] twitter: @ovidsulmona Facebook: Majella Home Cooking aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 17 La conquista della Dea Turchese Un alpinista abruzzese racconta il suo “ottomila” testo LUCA DEL MONACO - foto di ITALO FASCIANI 16 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 18 2 ph Luca Del Monaco Ottobre 2014, ore 07.45, temperatura -25 °C, quota 8201m. Dopo 7 ore di scalata iniziate la notte precedente alle 00.30, dal campo 3 a quota 7520m, la vetta è raggiunta...senza ossigeno. Italo Fasciani, veterinario cinquantenne di Sulmona, Istruttore di alpinismo e scialpinismo si appassiona da piccolo alla natura e alla montagna in particolare. Il nonno e il padre, cacciatori e soprattutto amanti dell’ambiente incontaminato gli trasmettono la passione. aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 19 Una passione che diventa presto malattia: “La montagna è una malattia che induce benessere” ama ripetere Italo. Poter diventare un giorno parte di quella selezionata élite di persone che hanno scalato una delle 14 cime che superano gli 8000 metri è sempre stato il sogno di una vita. I punti di riferimento: Cassin, Bonatti, Messner e l’abruzzese Domenico Alessandri (Mimì per gli amici). Ad oggi in Abruzzo ci sono solo tre persone ad aver scalato un 8000! Dopo anni di sacrifici e studi, scartate per motivi geopolitici le vette Pakistane, la scelta ricade sul Cho Oyu. Con i suoi 8201 metri, la montagna Nepalese, rappresenta la sesta montagna più alta del pianeta. La preparazione della scalata è durata tre anni. All’inizio tutto era stato programmato insieme a due amici di Sulmona e a un altro abruzzese. All’ultimo momento per motivi più o meno gravi i compagni di cordata hanno dovuto rinunciare alla spedizione. Rimasto solo, dopo molte ricerche Fasciani trova una spedizione di persone in partenza dal Nord Italia. Anche se partire con degli sconosciuti è un grosso rischio, non c’erano alternative. Si forma un gruppo di 6 alpinisti italiani. Quattro di questi raggiungeranno la vetta, uno di essi sarà Italo. Scalare un 8000 è un’impresa per fisici e menti allenate. Occorre aver conseguito quella memoria storica allo sforzo e alla sopportazione di dolore e stanchezza. Italo riassume tutto in una parola: esperienza. Per prepararsi oltre alle normali attività aggiunge ripetute salite e discese giornaliere sul monte Soratte. A questo alterna, sfruttando i ritagli di tempo che gli permette il lavoro, puntate pomeridiane con salite e pernottamenti in vetta al Gran Sasso per poi tornare la mattina in ufficio. L’allenamento è lungo e duro; si alternano momenti di esaltazione ad altri di insicurezza. D’altronde con la zona della morte non ci si scherza. Il rischio è altissimo. Soprattutto in discesa il numero di incidenti mortali è elevato, quando molte morti sopraggiungono per sfinimento. A quelle quote è molto frequente l’edema polmonare o peggio ancora quello cerebrale (che a differenza del primo non dà quasi nessun sintomo). L’ossigeno è poco e il riscaldamento corporeo è scarso. Per raggiungere il Cho Oyu bisogna arrivare a Katmandù e proseguire in direzione NE verso il confine con il Tibet. Arrivati alla base della montagna, si sale in jeep fino a quota 4900 metri, poi in 4-5 giorni si raggiunge il campo base a 5700, facendo anche puntate e scalate su cime minori (si parla di 5600 metri) nei dintorni per cominciare ad acclimatare il corpo alla quota. Il campo base è una piccola comunità multinazionale, circa 150 persone provenienti da ogni parte del mondo. Solo 5 le donne. Una tenda mensa comune e una piccola tenda/toilette per ogni spedizione gli unici comfort-servizi. L’alimentazione è importantissima. La cucina dei cuochi sherpa è monotona ed insufficiente. Piatto tipico la dalbà, composta da riso, verdure, poca carne, salse piccanti, molto speziate e troppa cipolla. Ogni alpinista porta con sé una scorta di alimenti per integrare la dieta. Di solito si tratta di parmigiano e prosciutto speck. La scelta di Italo è leggermente differente e da buon peligno sostituisce lo speck con delle salsicce stagionate di Sulmona. Alla loro vista i compagni di avventura lo hanno da prima preso in giro, finendo poi per diventarne golosi e trascurare il pregiato prosciutto. Arrivati al campo base si iniziano le scalate di preparazione psicofisica alla vetta. Si scala man mano a quote sempre più alte e si scende a dormire un po’ più in basso. Così si raggiunge il campo 1 a quota 6400 metri e si torna a dormire al campo base. Si raggiunge il campo 2 a 7140 metri e si torna a dormire al campo 1 fino a raggiungere il campo 3. L’ascensione alla vetta parte dal campo 3 ai 7520 alle ore 00.30 del 2 Ottobre 2014. La temperatura è di -33°. Sulle spalle uno zaino leggerissimo con il minimo indispensabile: moffole di ricambio, due paia di occhiali per proteggere gli occhi, una mascherina, due thermos d’alta quota e poco altro. Dopo 7h di salita con la media di 100 metri di dislivello ogni ora di scalata, alle ore 07.45 si arriva in vetta. La temperatura è “mite” (solo -25°C!) il vento è debole e la visuale mozzafiato. Il monte Everest distante solo 20 km spicca sulle altre vette hymalaiane. Prima di ripartire c’è tempo per riorganizzare le idee e fare la foto con il gagliardetto di famiglia. Solo qualche ora prima, alle prime luci dell’alba, alla vista di una paretina verticale, che ad altre quote non sarebbe stata nemmeno notata, già oltre gli 8000 metri c’era stato l’unico momento di insicurezza di tutta la spedizione. Poi arrivati al pianoro che precede la cima un liberatorio pianto accompagna Italo alla vetta. 18 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:03 Pagina 20 [Conquering the Turquoise Goddess An Abruzzese Eight-thousander] by Luca Del Monaco Italo Fasciani, a veterinary from Sulmona in his fifties, is a mountaineer and ski climbing instructor. His father and grandfather were amateurs and were able to pass on to Italo their love for nature and mountain’s peaks. This passion soon becomes an obsession: “Mountains are like a disease for me, a disease that leads to well-being” he loves to say. The ultimate challenge for Italo has been for years the dream to become a height-thousander, in other words a member of that elite group of people that were able to climb high an over 8000 meters peak. Having always admired famous climbers as Cassin, Bonatti, Messner and the Abruzzese Domenico Alessandrini. Italo tries several times to turn that dream into reality, and after years of research and preparation, he finally resolves to climb the Cho Oyu (8201mtrs AMSL), the sixth highest mountain on Earth. With a preparation lasted about 3 years, and supported by a long standing experience, Italo is ready to start his adventure. He completes his first journey’s leg reaching the base camp of the Cho Oyu, travelling to Kathmandu with a well prepared group of climbers, and through Tibet heading NE. After a couple of weeks, finally he sees the occasion to reach the very top. The last ascent starts from Camp 3 from the 7520mtrs at 00.30 am of the 2nd October 2014. Temperature is -33˚C. On his shoulder the lightest backpack possible: a spare pair of gloves, two pairs of glasses for eyes protection, a mask, two water bottles and little else. After 7 hours climbing and with just a tiny uncertain moment so far, right before the final steps, Italo finally reaches the top of the mountain at 7.30 am. The sight is breath-taking. The Everest is just opposite his position, only 20kms away, and the mountains mightiness seizes his mind and heart. Feelings are overwelming. Italo cries tears of happiness and relief. His dream of a lifetime has been fulfilled. Il rischio è sempre in agguato ed un compagno di scalata torna con 4 falangi congelate. Italo ricorre al suo sangue freddo ed alla sua conoscenza medica per portare i primi soccorsi, che come confermeranno poi anche in ospedale saranno decisivi per limitare i danni, comunque seri. Quattro falangi verranno asportate. L’emozione più bella che resta è quella di una amicizia solida nata coi compagni di avventura. Con Stelvio è nato un legame forte e ci si sente ancora regolarmente. Il sogno nel cassetto si chiama Makalù 8463m! aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:04 Pagina 21 20 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:04 Pagina 22 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:04 Pagina 23 La Cattedrale di San Pelino: da scavo archeologico a parco integrato Importanti scoperte nel sito di Corfinio foto di LUCA DEL MONACO Sulle tracce della storia per valorizzare il futuro del territorio. Da scavi archeologici a parco integrato. È il caso di Corfinio, l’antica capitale della Lega Italica durante la guerra sociale contro Roma nel 91 a.C., che continua a restituire preziose testimonianze di un importante passato, capace di stupire ed emozionare anche quando sembra che il percorso a ritroso sia già delineato. ETERNO fascino dell’antico. Interrotte alla fine degli anni ottanta del Novecento, sono ricominciate lo scorso autunno le indagini archeologiche, nell’ambito di un complesso progetto pluriennale, fatto di studi e scavi (per due mesi l’anno) che consente di allungare lo sguardo al turismo culturale, con itinerari all’interno di un parco archeologico, comprendente museo, biblioteche, laboratori di restauro. Interessante iniziativa che vede in sinergia Comune, Ministero, Soprintendenza per i Beni Archeologici d’Abruzzo, Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara e Diocesi. Tra i responsabili del progetto la professoressa Maria Carla Somma, docente di archeologia medievale nell’Ateneo dannunziano. Un laboratorio di studi sul campo, ghiotta opportunità per L’ molti universitari dell’ateneo abruzzese, che potranno incrementare il proprio bagaglio di esperienze e conoscenze confrontandosi con lo scavo vero e proprio. Teatro della nuova intensa campagna 2014, al suo esordio, è l’area alle porte del paese, identificata dall’età tardo antica con il toponimo di Valva, un punto strategico in cui si possono ricostruire vicende legate sia alla Corfinium romana sia tardo antica e alto medievale, fino alla realizzazione della basilica di San Pelino. Il recupero e il riesame dei materiali archeologici rinvenuti negli interventi precedenti viaggiano al fianco di nuove ricerche tese a capire le trasformazioni urbanistiche dell’antico paese dall’Età classica al Medioevo. Focus degli scavi su tre aree: una comprendente la cattedrale valvense, per cui lo scopo è completare le indagini nella zona intorno all’edificio ro- manico, tra i più importanti d’Abruzzo, in cui insistono necropoli tardo antiche, la Cappella di Sant’Alessandro e la torre di guardia. La seconda località è nota come Campus, per accertare testimonianze che riconducessero a uno spazio aperto utilizzato per l’addestramento militare. Terza area di indagine è quella dedicata a Sant’Ippolito, più distante dall’abitato di Corfinio, in cui si ipotizza un luogo di culto paleocristiano. Gli scavi, nell’area caratterizzata da monumenti funerari e da una serie di sepolture più modeste, sono importanti per capirne l’eredità post classica, quando sui resti dell’antica capitale italica nacque un 22 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:04 Pagina 24 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:04 Pagina 25 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:04 Pagina 26 [Places of the Soul San Pelino Cathedral] Important archaeological findings were discovered in the area around San Pelino Cathedral in Corfinio. A chance to increase the touristic appeal of the area, and at the same time, a concrete possibility to create the right condition for a fruitful cultural exchange with the universities in Abruzzo. San Pelino Cathedral, also known as Basilica of Valva, was the seat of the ancient diocese of Valva and is located at the outskirt of the village. It is one of the most important Romenesque momuments in Abruzzo and its origins are still bound in mystery. It is probable that a first building was erected in the very same site in which the saint was martyrized, around the IV century, later damaged and rebuilt starting from 1075, following the will of Saint Clemente in Casauria’s bishop and abbot of Valva, Trasmondo. The most ancient element of this construction includes the basilica and the Saint Alexander’s Oratory, of which the access is situated at the side of the church’s aisle. Named after the pope Alexander I, the Oratory hosted the pope’s remains before they were moved somewhere else. nuovo centro. Si è sempre cercato, in sostanza, di concentrarsi sulla città romana, mentre, con le indagini archeologiche dei mesi scorsi si è fatta strada la valorizzazione della zona retrostante la cattedrale. Spostando, infatti, l’attenzione dall’epoca romana a quella medievale, sono emersi elementi che lasciano ipotizzare la presenza di un edificio episcopale, che avrebbe modificato l’assetto paesaggistico della città. I secoli bui, dunque, affermano la presenza di Valva, da sempre identificato come un territorio. Il complesso valvense odierno è legato all’opera del vescovo di Valva e abate di San Clemente a Casauria, Trasmondo, alla fine dell’XI secolo, come spiega la professoressa Somma in un’intervista video. Dalle indagini (ancora in corso) è stato possibile rinvenire tracce che racconterebbero la costruzione del lungo cantiere e sotto la stratificazione, legata alla struttura medioe- vale, è emerso un grande edificio medioevale a impianto rettangolare, che, secondo la docente, sulla base delle dimensioni e della posizione si è proposto di identificare con la figura dell’episcopio altomedievale. L’assenza, al momento, di ulteriori elementi non permette di capire la forma e l’ubicazione della Basilica, che, dunque, sarebbe esistita almeno dal v secolo, ristrutturata, poi, probabilmente in età altomedievale. Al di sotto delle strutture romaniche in parte ricoperte. “È straordinario il racconto storico che ne emerge. Significa che nelle vicinanze della cattedrale, nella sua parte tardo antica e altomedievale ci sono segni importanti di insediamento che riusano le strutture più antiche, come il cosiddetto recinto o campus in quanto già fortificate. L’unicum archeologico che si profila nella ricostruzione diventa quindi di grande interesse anche per capire le fasi aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:04 Pagina 27 5 sorta di campo scuola che vede direttamente coinvolti giovani archeologi e studenti universitari. Nello stesso tempo è un’occasione ulteriore per accrescere l’appeal turistico del territorio peligno. È giusto ricordare infine che attività di ricerca e testimonianze architettoniche risultano fondamentali alla crescita della consapevolezza storico- culturale delle popolazioni locali”. La cattedrale di San Pelino, conosciuta anche come basilica valvense, in quanto sede dell’antica diocesi di Valva, è situata a poche centinaia dal centro di Corfinio. Si tratta di uno dei monumenti romanici abruzzesi più importanti, le cui origini non sono ancora chiare. Probabilmente un primo edificio sarebbe sorto nel luogo in cui fu martirizzato il santo, intorno alla metà del IV secolo, poi danneggiato e ricostruito dal 1075 per volere del vescovo di Valva e abate di San Clemente a Casauria, Trasmondo. L’elemento più antico nel complesso, che comprende la basilica, è l’Oratorio di Sant’Alessandro (dedicato al papa ne accolse le spoglie, poi traslate) a cui si accede dalla navata destra della chiesa. Dedicato al papa ne accolse le spoglie, poi traslate. 5 dello sviluppo storico dell’intero territorio” ha commentato il sindaco di Corfinio, Massimo Colangelo. Il quale, nel ricordare “i flussi notevoli di visitatori registrati nelle diverse aree di indagini”, ha aggiunto che questo progetto di recupero è “un’esperienza che si sta rivelando importante. Dal punto di vista della ricerca e della formazione intende avviare rapporti di collaborazione con le università, proponendosi come una aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:04 Pagina 28 Santa Maria del Pertuso N EL COMUNE di Morino, tra i boschi che fanno da cornice alla cascata di Zompo Lo Schioppo, sull’antico e ripido sentiero delle Scalelle, immersa nel silenzio, a mille metri di quota si trova l’Eremo di Santa Maria del Pertuso o Madonna di Caùto. Il sentiero è sicuramente tra i più suggestivi della Riserva, sia per gli scorci paesaggistici sia per le caratteristiche architettoniche. Un percorso legato alla tradizione popolare, alla storia vera e leggendaria dei luoghi che attraversa, dove la natura incontaminata convive da secoli con la fede, la storia, la cultura e le tradizioni della popolazione morinese. L’accesso al sentiero si trova nel Parcheggio dell’Area Sosta di Piano Sacramento e sale affiancando le pareti rocciose delle Scalelle, dopo un primo tratto assolato ci si addentra nella faggeta fino a giungere al punto che tradizionalmente viene indicato come “inginocchiatoio”, una roccia dove la leggenda vuole che si sia inginocchiata la Madonna salendo verso l’Eremo. Superato un punto panoramico, da qui infatti è possibile godere oltre che della vista sulla rigogliosa faggeta che caratterizza la Riserva anche di una vista sulla grotta da cui fuoriesce la Cascata di Zompo lo Schioppo, ci si addentra nel bosco fino ad arrivare al “Fosso dei Briganti” dove un ruscello attraversa il sentiero e la tradizione popolare racconta si nascondessero i briganti e i loro tesori. Oltrepassando il ruscello si sale ancora, si prosegue sotto una rossastra parete calcarea, qui i pastori contavano i loro capi di bestiame prima di tornare a valle, facendoli passare attraverso un “buco”, Caùta in dialetto morinese, che dà il nome alla Chiesa della Madonna di Caùto. A pochi metri dal “buco di Caùto”, visibile anche nella parte superiore della cascata, si scorge la Chiesa, incavata nella roccia e risalente al 1100, all’interno sono visibili affreschi, purtroppo corrosi dall’umidità, che raffigurano episodi della vita di Santa Caterina d’Alessandria e alcuni personaggi, tra cui San Clemente. Accanto alla Chiesa, su una balconata rocciosa sono state ricavate due tombe, appartenenti probabilmente ai monaci che abitavano il piano inferiore del romitorio. Il culto della Madonna del Pertuso è ancora vivo nella popolazione di Morino, una tradizione secolare che nella prima domenica di maggio si rinnova in un pellegrinaggio verso la Chiesetta. aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 13:04 Pagina 29 Il centenario del terremoto del 13 gennaio 1915 a Morino I N OCCASIONE del Centenario del terremoto del 13 gennaio 1915, a Morino, numerosi volontari hanno contribuito a riportare alla luce i resti del borgo distrutto dal terremoto, rendendolo ora visitabile e facendolo diventare il centro di tutte le attività previste per le celebrazioni del Centenario del Terremoto del 13 Gennaio 1915. La messa in sicurezza dei percorsi è quasi totalmente ultimata e il borgo di Morino Vecchio aspetta di riprender vita grazie a una serie di manifestazioni ed eventi che avranno come tema la prevenzione, la sicurezza e il recupero della memoria storica dei luoghi attraverso spettacoli, mostre, convegni, giornate formative. L’anno del centenario a Morino è iniziato con le celebrazioni religiose in memoria dei 191 morinesi che hanno trovato la morte sotto le macerie e con la rappresentazione della Passione di Cristo, che si è snodata lungo il vecchio percorso della Via Crucis fino a Piazza San Rocco a Morino Vecchio. Le manifestazioni proseguiranno con la Mostra Fotografica Itinerante, organizzata e curata dall’Associazione Petrarolo in collaborazione con il Comitato Valle Roveto per il Centenario del Terremoto 1915 di cui il comitato locale di Morino fa parte e con cui collabora attivamente sin dalla sua nascita. La mostra inaugurata il 28 Marzo nella Biblioteca don Gaetano Squilla di Civitella Roveto, in seguito toccherà vari paesi della Valle Roveto arrivando a Morino il 24 aprile. Il mese di Maggio sarà dedicato alle scuole del territorio, i ragazzi potranno infatti visitare il Borgo di Morino Vecchio e, guidati dai volontari, potranno conoscerne la storia, le tradizioni e i racconti orali tramandati da chi quei posti li ha abitati lasciando la propria memoria come eredità. Il 2 giugno Morino Vecchio sarà il protagonista della giornata conclusiva del Cammino dell’accoglienza che coinvolge le scuole del territorio della Marsica e della Valle del Liri, e la Mostra Fotografica Itinerante si sposterà a Grancia. Ad agosto Morino Vecchio tornerà a fare da sfondo al festival di teatro, musica e cultura Ambient’Arti a Morino e il gruppo di attori locali, sotto la guida della Cooperativa Teatro Lanciavicchio, metterà in scena i racconti legati al sisma, la manifestazione ospiterà al suo interno convegni, incontri, e spettacoli di musica e teatro. 28 29 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:00 Pagina 30 LE MADONNE CHE SI GUARDANO Santa Maria di Ronzano e le sette chiese sorelle di RIZIERO ZACCAGNINI - foto LUCA DEL MONACO aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:00 Pagina 31 Un po’ di blu dietro le nuvole grigie sfilacciate. Pioverà, ma in questa mattina di inizio marzo il vento ancora umido dell’ultimo nubifragio ci regala lo spettacolo del Corno Grande - versante teramano- innevato che si accende ai pochi raggi di sole, ruvido immenso pacifico. nostra meraviglia non sfugge alla signora Teresa mentre cerca la chiave d’accesso alla chiesa. «Noi forse ci siamo abituati: è parte della nostra vita, accompagna le nostre giornate. Ma al mattino, trovare il Gran Sasso alla finestra che sembra si possa toccare, resta sempre una grande emozione». Il panorama è la prima felice sorpresa che incontriamo giunti sul piazzale antistante la chiesa di Santa Maria di Ronzano, incuriositi da un culto persosi nel tempo, che da queste parti sembra abbia lasciato qualche traccia: la devozione per le Sette Madonne Sorelle. «Le Madonne che si guardano», annuisce Teresa con un’espressione che dice già tutto di un culto radicato attorno alla presenza, sospesa tra realtà e leggenda, di sette edifici sacri dedicati a Maria, edificati in modo da potersi tutti “vedere” tra loro. Il nostro sguardo involontariamente già ha iniziato a cercare sui colli attorno, alle pendici dei Monti della Laga, mentre Teresa ci invita ad entrare nell’edificio attraverso il piccolo portale della navata destra. Seconda sorpresa. La chiesa, che all’esterno risulta spoglia, custodisce nell’abside il più La antico ciclo di affreschi romanici d’Abruzzo, risalente al 1171 (o 1181, seguendo un’altra interpretazione di un’iscrizione molto danneggiata). Il pensiero delle “sette sorelle” resta fuori dall’uscio, quando Teresa inizia a descriverci le scene dipinte sulla parete absidale. Sotto il Cristo Benedicente, ai lati della monofora, l’Annunciazione è stretta nell’abbraccio degli Apostoli. Una seconda fascia ci narra la Visita a Elisabetta, la Natività, la fuga in Egitto e la Strage degli Innocenti, mentre nel semicircolo più basso troviamo gli ultimi giorni di Cristo, l’arresto, il confronto con Pilato, la flagellazione, la Crocifissione, la Deposizione e le donne piangenti (o forse adoranti al cielo, simbolo della resurrezione). Nella parete destra del transetto, la “storia della Salvezza”, la Creazione del Mondo, la cacciata dall’Eden (Adamo intento a zappare la terra), l’Annuncio ad Anna e Gioacchino, la Presentazione di Maria al Tempio, il suo Sposalizio e la Presentazione al Tempio di Gesù. Sull’altro fronte il Giudizio universale, la porta del Paradiso e i Patriarchi con in grembo le anime salvate. Gli affreschi ci avvolgono in un’atmosfera resa ancora più suggestiva dal forte contrasto con i mattoncini spogli delle pareti e la viva pietra calcarea, bianca, delle colonne. Rese uniche da un incendio che in epoca lontana ne contorse le forme, le colonne trasudano ancora il nero di una fuliggine secolare. Un volto di un Santo, forse di un Cristo, su uno dei pilastri, ci racconta del tempo in cui tutto l’edificio era dipinto. In un’intercapedine tra l’abside e il muro esterno, accesso ad un locale abitato fino al 1960 da un eremita, Teresa ci racconta la leggenda delle due croci che sarebbero state ritrovate nei terreni circostanti la chiesa, nascoste come ad evitare razzie di invasori. La piccola, in argento dorato, lavorata in filigrana e coperta di gemme, risalente al XIII secolo, conterrebbe un frammento della Croce di Cristo. Ritrovamenti miracolosi, reliquie dalla Terra Santa, eremiti: segni del culto delle “Sette Madonne sorelle”. Usciamo dalla chiesa, la stupenda statua della Vergine, in 30 31 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:00 Pagina 32 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:00 Pagina 33 32 33 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:00 Pagina 34 legno d’ulivo dipinto sembra guardarci. Dove c’era il convento benedettino, c’è il cimitero: il fischiare del vento tra le chiome dei cipressi accompagna le parole della nostra guida. Elenca le altre sei chiese dedicate a Maria: Santa Maria a Pagliare, sulle pendici del Gran Sasso, luogo di grande suggestione, Santa Maria di Basciano, Santa Maria di Ceriseto, Santa Maria della Neve a Befaro, Santa Maria del Soccorso a Penna Sant’Andrea. Ne manca una, ma per noi è arrivata la terza sorpresa. Le chiese nominate da Teresa non sono quelle di cui avevamo sentito parlare. Almeno non tutte. Qui ogni valle sembra avere le sue sette protettrici. Abbiamo le Sette sorella della valle Siciliana, quelle dell’alto Fino, le Madonne del Vomano. Si apre dinanzi a noi lo scenario di un culto che accomuna l’appennino teramano. Ma d’altra parte come stupirsi, qui tutto si sovrappone, si assembla e si sfiora come le montagne vicine. Siamo nelle terre di confine Quello che doveva essere l’inizio di un cammino, diventa la promessa di un nuovo viaggio a tappe, aspettando che la neve si sciolga e che i sentieri tornino ad aprire un viatico verso le chiese più appartate. Santa Maria di Ronzano ha “preteso” la nostra attenzione, e il tempo ci è sfuggito di mano. Saliamo a Basciano, dove il parroco ci permette una visita furtiva alla piccola chiesa sulla cima del colle, in cui spicca l’altare in legno sotto le formelle ceramiche del soffitto. Un panorama meraviglioso è la conferma della tradizione. In lontananza scorgiamo Santa Maria di Ronzano riposare poco distante dal fiume. È proprio vero, le Madonne si guardano. Tornando indietro ci fermiamo a Propezzano, fingendo sia la settima chiesa. Le difficoltà che di tanto in tanto s’incontrano nel trovare un custode disponibile ad “aprire le porte” non ci permettono di visitare un magnifico monumento del romanico abruzzese, simbolo di un territorio in cui l’arte e l’architettura sacra hanno lasciato segni prestigiosi. Ritorneremo. Partiremo da qui il prossimo cammino per andare incontro alle sette sorelle. Bibliografia Castel Castagna e la chiesa di Santa Maria a Ronzano, AA.VV Andromeda Editrice 1999 Storia dell’architettura in Abruzzo, I.C. Gavini Costantini Ed. 1990 Monumenti medievali in Abruzzo, E. Bertaux Polla Ed. 1995 Le sette Madonne sorelle e la magnificazione del nume. Avvio a una demopsicologia delle credenze, G. Profeta Japadre 1997 La mostra “La Sapienza risplende”. Madonne d’Abruzzo tra Medioevo e Rinascimento, P. Di Felice in Il corpo nell’immaginario. Simboliche politiche e del sacro, AA.VV. Nuova Cultura 2012 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:00 Pagina 35 34 35 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:00 Pagina 36 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:00 Pagina 37 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:00 Pagina 38 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:00 Pagina 39 Vivere in Appennino Una nuova legge per la montagna abruzzese Abbiamo incontrato l’assessore regionale Bartolomeo Donato Di Matteo, che tra le sue deleghe ha anche quella ai Parchi, Riserve e Montagna, Emigranti e Tradizioni locali. Su questi temi e in merito al convegno “Vivere in appennino” organizzato da Regione Abruzzo, Anci, Uncem, Abruzzo sviluppo e la nostra rivista, che si tiene a Manoppello il 17 aprile, gli abbiamo rivolto alcune domande. Sullo sviluppo della montagna abruzzese, su un modello ecosostenibile di crescita che possa coniugare economia, ambiente e identità culturali: le linee dell’Abruzzo che verrà cominciano a delinearsi. Nel recente convegno di Cocullo, l’Appennino in tasca, si è parlato di legge sulla montagna. Una scelta strategica fondamentale per le Comunità dell’Abruzzo interno. La montagna è una risorsa fondamentale per la nostra Regione, risorsa spesso sottovalutata o comunque non tenuta nella giusta considerazione. La nostra Giunta intende preservare un bene così prezioso e personalmente ritengo fondamentale la formulazione di una legge ad hoc. In merito questo conve- gno rappresenta un’occasione preziosa per recepire spunti e proposte sul tema. La Regione Abruzzo deve impegnarsi a promuovere effettivamente la montagna, soprattutto tramite la formulazione di un corpus normativo adeguato, tutelando le popolazioni che vi abitano, che scelgono di impiantare le loro attività nei luoghi montani piuttosto che sulla costa, ed è necessario al riguardo riequilibrare anche l’offerta turistica che spesso va a svantaggio dei primi rispetto ai secondi. La nostra Regione, in linea con l’Europa, ha indicato come linee principali del Nuovo Piano di Sviluppo proprio la creazione di Sistemi produttivi ecosostenibili. Quali risorse bisognerebbe investire in questa direzione? La prima visita ufficiale di questo mandato come Assessore ai Parchi ed alla Montagna, l’ho avuta presso la Riserva Naturale regionale Lago di Penne. In quell’occasione ho indicato quel complesso naturalistico un esempio di 38 39 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:00 Pagina 40 sviluppo ecosostenibile importante nella nostra Regione. I Parchi e le Riserve giocano un ruolo fondamentale nel nostro Abruzzo e possono essere considerati quali interlocutori e luoghi privilegiati per la costituzione di sistemi produttivi ecosostenibili. L’Abruzzo, in linea con l’Europa, ha, difatti, indicato nel Nuovo Piano di Sviluppo tra le linee principali proprio la creazione di Sistemi produttivi ecosostenibili su cui bisogna investire le risorse future. Centrale nel nuovo approccio delle politiche per lo sviluppo sostenibile è, com’è noto, l’idea che gli interventi sui sistemi produttivi e sui servizi realizzati con specifiche finalità ambientali siano all’origine di importanti ricadute, non solo ambientali ma anche economiche e sociali. Tali interventi saranno indispensabili per la competitività e la crescita dei sistemi economici. Altrettanto centrale è l’idea, ormai ampiamente condivisa, che tali interventi non possono essere esclusivamente di natura tecnologica, né possono avere esclusivamente natura “energetica”, ma debbono essere frutto di un approccio integrato in grado di condurre i sistemi produttivi verso la sostenibilità con politiche, tecnologie, metodologie, sistemi di gestione, logistica, ecc. È fondamentale per la nostra regione mirare alla tutela ed allo sviluppo delle produzioni legate alla valoriz- zazione del territorio e dell’ambiente, delle attività culturali, promuovere interventi e progetti volti a ridurre le disparità territoriali, a sostenere l’occupazione, a favorire il ricambio generazionale, facilitando le pari opportunità e la contaminazione positiva delle esperienze e delle professioni di qualità. Fondamentali al raggiungimento di tale scopo si configurano il sostegno della formazione e dell’alta formazione in funzione dei fabbisogni professionali dei diversi settori e delle imprese per la occupabilità e l’inclusione sociale delle persone, con particolare attenzione alle fasce deboli; nonché il reinserimento delle attività produttive, artigianali, aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:00 Pagina 41 professionali e commerciali nei centri storici regionali. Le tradizioni locali, il patrimonio storico e antropico abruzzese son un tesoro da promuovere e valorizzare. Quali sono le scelte del governo regionale finalizzate a far conoscere le nostre culture popolari? La delega alle Tradizioni popolari affidatami dal Presidente Luciano D’Alfonso mi riempie d’orgoglio poiché le ritengo un’infinita ricchezza culturale per la nostra Regione, spesso poco conosciute, al punto di aver depositato presso il Consiglio Regionale una proposta di Legge in materia di “Valorizzazione del patrimonio culturale immateriale della Regione Abruzzo” lo scorso febbraio 2015.Per quanto concerne il patrimonio storico e antropico abruzzese nonché la tutela e la valorizzazione delle aree interne, credo fortemente in un loro necessario recupero, ed anche in merito a questo ho subito depositato, sempre lo scorso febbraio, presso il Consiglio Regionale un progetto di legge recante “Valorizzazione e sviluppo aree interne e borghi caratteristici dell’Abruzzo”. I punti fondamentali da rimarcare sono certamente il sostegno finanziario (con previsione di specifici incentivi) per le realtà imprenditoriali (es. zootecnia in ambito agricolo) che decidono di investire in tali territori, la defiscalizzazione e la volontà di tutelare in maniera efficiente le famiglie che decidono di risiedere nei piccoli centri dell’entroterra, e coloro che decidono di lavorarvi, considerando le esigenze differenti rispetto a coloro che vivono nella costa. È fondamentale allo scopo di rivitalizzare i borghi e i piccoli centri delle aree montane ricostituire un rapporto saldo con le comunità degli emigranti. Queste ultime rappresentano oltre che la memoria 40 41 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:00 Pagina 42 anche una nuova frontiera di relazioni, potenziali opportunità di sviluppo e iniziative. Ricollegandomi al punto precedente, confermo l’importanza di rivitalizzare i borghi storici e i piccoli centri delle aree montane anche per mezzo di un ulteriore patrimonio della nostra Regione: gli emigrati. Come Assessore delegato all’emigrazione e Presidente CRAM ho tutta l’intenzione, come ho già avuto modo in passato di fare, di valorizzare i nostri cari abruzzesi residenti all’estero, che con la loro caparbietà e coraggio hanno fatto conoscere nel mondo la nostra Regione. Questa Giunta si è dimostrata da subito molto attenta ai nostri emigrati ed ha messo in campo una serie di iniziative volte a rinforzarne i legami che rappresentano per noi immensa ric- chezza. Sono in programma una serie di eventi da svolgere d’intesa con le numerose Associazioni di abruzzesi all’Estero. Tutela e valorizzazione dell’identità storica, culturale, artistica, architettonica, archeologica e paesaggistica-ambientale devono configurarsi, necessariamente, quali priorità per il nostro Abruzzo. aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:02 Pagina 43 COCULLO GUARDA MATERA Il rito dei serpari patrimonio della cultura abruzzese di PASQUALE D’ALBERTO - foto LUCA DEL MONACO aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:02 Pagina 44 ostruire una prospettiva per il futuro del paese: è questo l’impegno che l’amministrazione comunale di Cocullo, d’intesa con le associazioni, sta dispiegando da qualche anno. Un futuro imperniato su due direttrici: turismo unito alla ricettività e cultura. Il lavoro sulla ricettività turistica ha segnato dei punti importanti e tiene conto del fatto che Cocullo è un centro che vede ogni giorno, ma soprattutto nei fine settimana, migliaia di turisti uscire dal vicino casello dell’autostrada per raggiungere i campi da sci di Roccaraso e Scanno e, d’estate, il lago e le località del Parco nazionale d’Abruzzo. Anche per questo sono sorti negli ultimi tempi due ostelli in località Casale, uno privato ed uno a gestione della Cooperativa “Il Faro”. Circa 30 posti letto che si sono rivelati preziosi in occasione delle manifestazioni che si svolgono sul territorio, a partire dall’annuale appuntamento con il Rito dei Serpari. Poi c’è il progetto, inserito nel piano Fas della valle del Sagittario e nel Patto territoriale, di un’area camper da realizzare alla periferia del paese. E grazie al lavoro di ristrutturazione del post terremoto, la messa a C disposizione di decine di abitazioni private nel centro storico, nell’ottica della costruzione di un vero “albergo diffuso”. “Quello della ricettività – continua il sindaco Risio – è uno dei problemi principali del territorio peligno. Non si può realizzare il decollo turistico se non siamo in grado di ospitare visitatori e turisti”. Infine la vera scommessa: la candidatura del rito dei serpari di Cocullo a patrimonio immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco. All’idea sta lavorando un gruppo di lavoro rappresentativo di varie università italiane, composto da antropologi della Simbdea, guidato dalla senese Valentina Zingari, affiancata da Enrico Grammaroli, Omerita Ranalli e Lia Giancristofaro. L’obiettivo è quello di inoltrare la candidatura per la primavera del 2016. Nella redazione del progetto c’è l’obiettivo di coinvolgere nel profondo (gli antropologi lo chiamano “itinerario partecipativo”) la comunità di Cocullo, ma anche enti pubblici, associazioni, imprenditori, operatori turistici, istituti religiosi e culturali del territorio del centro Abruzzo, delle regioni vicine e dell’intera Italia. Importante sarà anche il coinvolgimento delle tante personalità della cultura che in questi anni, grazie all’attività del “Centro di documentazione per le tradizioni popolari”, hanno frequentato Cocullo in vari momenti dell’anno. In occasione della festa di quest’anno, il prossimo primo maggio, sarà firmato un “Protocollo d’intesa” per la candidatura di Cocullo al riconoscimento Unesco. “È un processo esaltante, ma difficile – sottolinea l’assessore alla cultura del Comune Loreta Risio – perché bisogna superare diffidenze, scetticismi e campanilismi. Il nostro intendimento – aggiunge – è far capire a Sulmona, L’Aquila, Pescara, insomma a tutta la Regione, che un successo di questa nostra scommessa fa bene a tutti, dà visibilità, attira turismo, fa crescere le nuove generazioni e le attività produttive. Basta guardare a Matera: il successo recentemente conseguito, come capitale europea della cultura 2019, coinvolgerà tutta la Basilicata”. aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:02 Pagina 45 44 45 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:02 Pagina 46 #VISIT RAIANO Un borgo tra tecnologia e turismo di MARCELLO BONITATIBUS Il turismo è uno di quei settori dove l’uso di nuove tecnologie, in particolare quelle legate alla rete internet, fa registrare i ritmi di crescita più elevati con l’impiego di strumenti e soluzioni interessanti e innovative. Inizialmente sono stati i siti web “vetrina” di località e strutture ricettive, che riproponevano in formato digitale i contenuti dei depliant, guide e cataloghi cartacei. Erano siti di tipo informativo, che negavano qualsiasi interazione fra quanti veicolavano l’informazione e gli utenti; al massimo vi si proponeva il numero di telefono e un indirizzo e-mail a cui un potenziale turista poteva rivolgersi. Nella sostanza questi siti si basavano su un modello di comunicazione unidirezionale da uno (ente e/o operatore turistico) a molti (potenziali turisti). Nel volgere di pochi anni questo modello di comunicazione e promozione turistica – e non solo – ha subito delle grandi trasformazioni. I siti statici sono stati trasformati in agenti di viaggio virtuali, ovvero strumenti con i quali il potenziale turista potesse costruirsi la vacanza su misura: dalla scelta dell’itinerario, alla prenotazione della struttura dove dormire, a quella dove mangiare o divertirsi. Non è un caso, quindi, che in Italia le transazioni concluse attraverso il canale digitale, pari a circa 31,5 miliardi di euro, rappresentino ormai il 22% degli acquisti complessivi in turismo, viaggi e vacanze1. È tuttavia con il generalizzato aumento dell’uso di dispositivi mobili come strumenti per accedere al web e con la proliferazione dei social network che è radicalmente cambiata la catena relazionale della domanda e dell’offerta turistica. Nei confronti della prima i social network assumono il ruolo di consulenti di supporto per: a) l’analisi e il confronto delle offerte trovate; b) l’acquisto dell’offerta singola o del pacchetto; c) la pianificazione e l’acquisto del viaggio; d) le attività da svolgere nei luoghi di vacanza. D’altro canto le “conversazioni” dei turisti sui social network non solo forniscono preziose informazioni per il miglioramento dell’offerta esistente ma possono anche essere il mezzo per innescare processi di sviluppo locale e marketing d’area, poiché stimolano la struttu- razione di una nuova offerta territoriale, precedentemente esclusa dagli operatori del settore, perché sottovalutata o non percepita come spendibile sul mercato. In questo scenario vuole collocarsi #VisitRaiano, un progetto di comunicazione turistica per la promozione del comune di Raiano, nato con l’intento di coniugare l’approccio turistico «tradizionale» alle nuove modalità di avvicinamento e scoperta dei luoghi legate all’utilizzo del web e dei social network, soprattutto attraverso smartphone e tablet, Il progetto ha il suo fulcro in un sito web bilingue (Italiano-Inglese), ottimizzato per essere consultato con dispositivi mobili. Sulle pagine del sito si presenta il territorio comunale la cui visita è proposta al potenziale turista attraverso un percorso che tocca 15 luoghi di interesse. Questi sono rappresentati puntualmente su una foto area da cui è possibile accedere alle singole schede descrittive, ognuna delle quali è corredata da una galleria fotografica. Le schede delle tre emergenze più importanti di Raiano (Eremo di San Venanzio, convento degli Zoccolanti e aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:02 Pagina 47 lo storico Frantoio Fantasia) sono arricchite da un video di circa 3 minuti. Alla fine di ogni scheda si trova il link per accedere alla descrizione della tappa successiva o per tornare a leggere quella relativa alla precedente. Naturalmente è possibile condividere con la proprie reti sociali sia le schede che le foto. Se il progetto #VisitRaiano fosse caratterizzato solo da queste funzioni offerte dal sito non avrebbe nulla di innovativo, poiché sarebbe servito a produrre un ennesimo catalogo/depliant turistico un po’ più ricco dei precedenti e con un carattere marcatamente istituzionale, considerato che sul web non è proposta alcuna offerta commerciale, né la possibilità di acquistare on line. Quello che rende interessante e, per certi versi, innovativo il progetto è la possibilità di accedere ai contenuti e alle funzioni del sito durante il percorso, basta puntare la fotocamera del proprio dispositivo mobile sul QR Code riportato sul cartello posizionato nei pressi del luogo che si sta visitando. È indubbiamente una soluzione semplice ed economica, non solo perché consente al visitatore l’accesso alle informazioni di cui ha bisogno in qualsiasi momento, ma anche perché le informazioni stesse possono essere facilmente aggiornate, e magari arricchite, a costi sicuramente più contenuti rispetto a quelli necessari per produrre nuove guide a stampa o sul altri supporti. Una ulteriore innovazione proposta dal progetto è rappresentata dagli hashtag (parole chiave precedute dal simbolo #) suggeriti ai visitatori per condividere l’esperienza di visita sulle proprie reti sociali. Anche se non può considerarsi una soluzione tecnologicamente innovativa, poiché non richiede investimenti materiali di alcun tipo, sicuramente è una soluzione innovativa dal punto di vista metodologico, poiché attribuisce esplicitamente un ruolo centrale al social network per la promozione turistica del territorio. Va evidenziato inoltre che gli hashtag individuati - #VisitRaiano, #visitabruzzo e #yourabruzzo – oltre che sul sito sono riportati anche sui cartelli posti davanti ai luoghi di interesse e sui materiali a stampa che illustrano il progetto, in una prospettiva sinergica fra reale e virtuale, rafforzata dall’esplicito collegamento alle reti sociali presidiate dal settore turismo della Regione Abruzzo. Come dire: Raiano non è che un “pezzo” del grande e magnifico puzzle turistico abruzzese. aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:02 Pagina 48 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:02 Pagina 49 Scanno La Pasqua degli Incappucciati di RIZIERO ZACCAGNINI - foto LUCA DEL MONACO A Scanno la campana della Parrocchiale ha chiamato un’ultima volta i fedeli a raccolta, giovedì sera, per l’estremo saluto al Cristo vivente. Non ci saranno messe domani, nel giorno del lutto. Giorno di visita al sepolcro, rievocato in ogni chiesa del borgo. Giorno della severa processione degli Incappucciati, che non attenderanno l’imbrunire per uscire da Sant’Eustachio e portare, con passo lento, la loro preghiera ai sepolcri. Non aspettatevi il sontuoso incedere dei mazzieri la sera del venerdì Santo a Sulmona, la processione corale che dalla cattedrale di San Giustino si riversa lungo le strade del centro storico di Chieti, il trascinarsi sofferto del “cireneo” che a piedi nudi trascina la pesante croce per i vicoli di Lanciano. Non c’è il buio della sera, non ci sono i fanali accesi di luce intensa e cupa, nessun effetto scenico a riempire di pathos l’incedere dei confratelli. Solo un borgo silente, nell’aria rarefatta del mattino, a suggerire, sussurrare l’imminente inizio di un rituale infondo intimo, che trova tutta la sua forza evocativa nella semplicità con cui viene vissuto e riproposto ogni anno. Alle nove, guidati dal parroco, i fedeli si mettono in cammino. Li precede la croce, spoglia del Cristo ormai deposto. Coperta da uno straccio bianco a simboleggiare il sudario, è l’unico richiamo alla passione che la processione porta con sé. I sodali della confraternita della Madonna delle Grazie accompagnano il crocifisso disposti su due file. Vestiti di tonaca bianca e mozzetta color del cielo, indossano un copricapo bianco erto con due soli fori per gli occhi, a nascondere completamente il volto. «Il cappuccio rende tutti uguali, azzera la scala sociale – ci ricorda Claudio, scannese, appassionato delle tradizioni locali - . È questo l’unico vero elemento scenico della processione, comune ad altre in Abruzzo, ma con l’originalità del fatto che si svolge in pieno giorno. Il richiamo non è tanto alla passione e alla morte di Cristo, ma specificatamente alla visita ai sepolcri, che diventa un rituale collettivo per la comunità». E quando capita in un mattino assolato, il passaggio sordo degli incappuc- 48 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:02 Pagina 50 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:02 Pagina 51 ciati tra i palazzi, muti ad ascoltare i canti struggenti e le preghiere dei fedeli, crea un’atmosfera surreale. Fino a pochi anni fa il giro delle chiese era molto più lungo. Ci si incamminava partendo dalla Madonna delle Grazie, la chiesa della Confraternita, fino alla chiesa di Sant’Eustachio, per poi tornare indietro. Un percorso a tappe scandito, chiesa dopo chiesa, dalla recita del rosario in ossequio ad ogni sepolcro visitato. Il terremoto del 2009 ha impedito per alcuni anni la celebrazione di questo storico rituale, danneggiando gravemente buona parte delle chiese. Diverse sono tutt’ora inagibili, e oggi il percorso della processione è stato notevolmente accorciato. Le varie chiese prima toccate dal passaggio degli Incappucciati ora vengono visitate idealmente: il corteo si avvia direttamente dalla chiesa madre per raggiungere Sant’Antonio e poi tornare indietro. Alle undici tutto è finito, ma il paese stenta a torna al brusio quotidiano. È il tempo dell’attesa. Al calar della sera ci si ritroverà di nuovo, dietro le note del Miserere, come tradizione vuole, per la consueta processione del “Cristo morto”. 50 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:02 Pagina 52 Co sa e CAMPIONI DEL BIOLOGICO DALL’OLIO ALLE CILIEGIE La sfida della Cooperativa Ephedra di RIZIERO ZACCAGNINI aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:02 Pagina 53 T coltivazioni di varietà commerciali, dall’altra nuovi frutteti in cui riprende la produzione delle ciliegie autoctone. «Ci siamo poi lasciati guidare da intuizioni semplici. La decisione di produrre miele è nata, ad esempio, riflettendo sull’impollinazione dei ciliegi. Così come l’incontro con l’Università di Perugia, e la costatazione di una forte richiesta di mandorle da parte dell’industria dolciaria - pensate ai soli confetti di Sulmona - ci hanno convinti a partecipare al progetto di recupero dei mandorli locali, un tempo pezzo forte dell’economia agraria territoriale, oggi praticamente scomparsi». Olio, ciliegie, mandorle, ma anche prodotti lavorati, confetture, frutti dell’orto, grani, farine. Oggi che la cooperativa ha perso la gestione della Riserva, l’avventura del biologico e del tipico diventa per Ephedra la sfida essenziale. Su questo argomento ha le idee chiare Eugenio, giovane socio, romano originario di Raiano, una laurea in giurisprudenza e tanta esperienza nei “campi” in giro per l’Italia. «Coltiviamo il rapporto diretto con la persona, puntando a conquistarne il gusto con il prodotto, raccontandone la lavorazione, la storia, la provenienza. Sin dal logo della cooperativa, una pittura rupestre rinvenuta sulle montagne alle nostre spalle». Il tratto distintivo del marchio Ephedra. 5 Un gelato aglio e olio. “Dal 1964 autentico gelato artigianale”. Il Bar Aterno compie cinquant’anni. Da sempre ricercata nei gusti e attenta alla qualità dei prodotti di base delle proprie creme, la gelateria di Raiano ha negli ultimi anni osato molto in creatività, in un gioco di equilibri tra innovazione e tradizione. Gelati alla ciliegia e alla mora, ai frutti di stagione, alla mentuccia selvatica, rigorosamente fresca; binomi di ricotta e cannella, nocciola e noce, a cui un “matrimoni felice” con l’esperienza della cooperativa Ephedra ha aggiunto il gelato all’olio d’oliva e, proposta ancor più ardua, quello all’aglio rosso. Poco coraggiosi, abbiamo provato il primo: eccellente. Per l’aglio aspettiamo recensioni… Info: Bar Aterno Via della Repubblica, 22 Raiano (AQ) Tel. 0864.72323 Facebook: Bar Aterno arte e spiritualità. 5 RE VOLTE campioni. Tre vittorie coronate dalla medaglia d’oro dello scorso anno al concorso internazionale Biol. 1.500 piante di “Rustica e Gentile” per un olio dalle qualità ormai rinomate, tipico della valle Peligna. Questo è il biglietto da visita della cooperativa Ephedra. «Ci è dispiaciuto davvero non poter partecipare anche quest’anno al concorso, ma le condizioni climatiche critiche della scorsa stagione hanno limitato pesantemente la produzione. La medaglia d’oro per noi è la dimostrazione delle potenzialità che il territorio esprime, non solo nell’olivicoltura, in cui abbiamo creduto sin dalla nascita della cooperativa». Gabriele Camerlengo ci racconta la storia dell’azienda di cui è socio passeggiando tra i ciliegi che timidamente si affacciano alla primavera e le arnie ben protette dalle api di guardia. «Ephedra è nata nel 2000, con la missione di gestire e promuovere la Riserva delle Gole di San Venanzio. Il turista andava via senza portare con sé un ricordo concreto, oltre alla indiscutibile bellezza dei luoghi. Decidemmo così di avventurarci nella produzione dell’olio, conoscendone le peculiarità da assaggiatori. Il successo ottenuto ci spinse ad andare avanti, dedicandoci alla riscoperta della vocazione agricola di un territorio che un tempo regalava frutti eccezionali». Dall’olio passano alle ciliegie, altra tipicità locale a cui da decenni è dedicata una delle più antiche sagre d’Abruzzo. Da una parte 44 52 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:02 Pagina 54 Colori I dolci della tradizione sapori e di MASSIMO MAIORANO - foto LUCA DEL MONACO aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:02 Pagina 55 riamente legati ad un evento, quelli della domenica per intenderci, come le ferratelle (neole, pizzelle) preparate con il classico stampo di ferro, i mostaccioli, che in ogni paese hanno una ricetta differente (fantastici quelli scannesi), il parrozzo, i bocconotti, i nocci attorrati (progenitori dei confetti) e così via. Infine c’erano quelli che non venivano preparati in casa, ma comperati per l’occasione come i famosi confetti di Sulmona, il torrone tenero, o le particolari sise delle monache. Quest’ultimo dolce merita una nota. Di esso si conosce la storia: nasce nel 1884 con il nome di Tre Monti dalle mani del pasticcere Giuseppe Palmerio di Guardiagrele e prende il nome di oggi quando il poeta dialettale Modesto Della Porta afferma: «me sembrane proprie sise de monache» per via della forma e dello zucchero a velo che le rende di colore pallido. A tal proposito qualcuno afferma che invece il nome derivi dal fatto che questo dolce fosse prodotto dalle Clarisse un secolo prima, ma all’epoca la crema pasticciera non era stata ancora inventata. Ognuno di noi ama in particolare almeno uno dei nostri dolci della tradizione, e per questo forse abbiamo la possibilità di parlare al presente e non al passato quando si tratta di questo tema; la maggior parte dei dolci tipici sono ancora prodotti nelle pasticcerie ed a casa, basta non dimenticarli, continuare a perpetuare la tradizione per lasciarla a chi verrà dopo di noi. E magari sarà il caso però di seguire anche la tradizione di mangiarlo la domenica o quando è festa, forse ce lo gusteremo di più e... staremo più in forma! 5 Vademecum semplificato per l’abbinamento Per i dolci più delicati Plaisir Moscato Passito di Az. Agr. Ciccio Zaccagnini - Bolognano (PE) Per i dolci più strutturati Moscatello Passito di Az. Agr. Angelucci - Castiglione a Casauria (PE) Per i dolci con cioccolato o confetture scure Passito Rosso di montepulciano di Az. Agr. Pietrantonj - Vittorito (AQ) 5 Una volta si aspettava la domenica o il giorno della festa per avere la possibilità di mangiare «il dolce». Alcuni di noi ricordano quel periodo anche con una certa emozione: la domenica mattina, appena svegli, si sentiva il profumo provenire dalla cucina e si saltava giù dal letto per andare a spiare da «cosa» provenisse quel magnifico profumo. Ancora più emozionante era l’avvicinarsi delle feste comandate come il Natale o la Pasqua con tutto quel ben di Dio a disposizione da mangiare. I dolci della tradizione hanno sempre avuto uno stretto legame con il proprio territorio. Lo hanno avuto per via degli ingredienti, la maggior parte dei quali provenienti dalle produzioni locali come mandorle, miele, ricotta, mostocotto, grano solina (a proposito provate a fare le ferratelle con la solina). Ed hanno avuto uno stretto legame con la cultura popolare e religiosa, dove ad ogni festa era abbinato un dolce. A Natale gli scarponi, i ceciripieni, i caggiunitte, a Pasqua la crostata di ricotta e i fiadoni, a San Giuseppe le zeppole, a Carnevale le frappe (o chiacchiere) e la cicerchiata, e se ne potrebbero aggiungere ancora. Ma in casa venivano preparati anche altri dolci, non necessa- 54 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:03 Pagina 56 Boockcrossing a Scontrone Alberi che si trasformano in librerie libere per promuovere il piacere della lettura attraverso lo scambio di volumi e romanzi in stile bookcrossing. È l’innovativa iniziativa adottata dal piccolo comune di Scontrone che diventa il primo “borgo della lettura” in Abruzzo. Un progetto che prevede non solo tronchi che diventano piccole biblioteche a disposizione della cittadinanza, situati anche nella frazione di Villa Scontrone, ma laboratori didattici per i bambini e “adotta un autore”, al fine di favorire il contatto tra scrittori e cittadini attraverso incontri, seminari e letture all’interno del paese. Chiunque, in sostanza, avrà la possibilità di portare un libro affinché venga trovato e letto da un’altra persona, la quale potrà lasciare un commento e rimettere in circolo il volume. Un’idea, nata nel vicino Molise e curata dai giornalisti Roberto Colella e Davide Vitiello, si avvale del contributo, tra gli altri, del professore Rocco Cirino, che ha realizzato le troncolibrerie recuperando due pini neri di mezzo secolo di età, crollati nel 2012 a causa della abbondanti nevicate. Quegli alberi ora ospite- ranno libri. “Abbiamo raccolto subito con entusiasmo la proposta – ha spiegato il sindaco di Scontrone, Ileana Schipani “ perché unisce passione per la lettura e disponibilità alla condivisione della cultura. Con questa iniziativa dal forte valore simbolico vogliamo riscoprire proprio il piacere della condivisione, in particolare di un oggetto che può creare un grande senso di comunanza e contribuire alla costruzione del senso civico: scambiare, donare, non danneggiare, prendersi cura di un bene comune come un libro”. I due “tronchi-libreria” rappresentano per ora soltanto un prototipo delle “biblioteche” che verranno. “Stiamo studiando “ conclude Schipani “una soluzione per porre i libri al sicuro e al riparo dagli agenti atmosferici. Guarderemo e imiteremo i paesi del nord Europa, dove questa esperienza degli alberi adibiti a librerie è molto diffusa da tempo”. acevoli sorprese per la produzione olivicola abruzzese. Se è stato l’anno della Sicilia, con tre aziende del siracusano ad ottenere l’oro in diverse categorie, anche questa volta, nonostante sia stata un’annata pessima, l’Abruzzo torna dal Sol con quattro importanti medaglie. Sul podio, per la categoria fruttato leggero, la medaglia d’argento del Frantoio della Valle di Prezza (AQ), non nuovo a simili successi, affiancato dal bronzo dell’azienda agricola La Selvosa di Vasto (CH). Altri due bronzi sono stati conquistati dall’azienda agricola Masciantoio di Casoli (CH) e dal frantoio Hermes di Penne (PE), rispettivamente per il biologico e il monovarietale. Info www.solagrifood.com tonio Mangiarelli – comprende buona parte dei sentieri del Parco della Majella, tutti i sentieri del Monte Genzana, alcuni della Valle del Sagittario e tutti i sentieri del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise: questi ultimi a cura della Sottosezione CAI “Coppo dell’Orso” di Trasacco. Le tracce sono liberamente scaricabili ed utilizzabili da chiunque abbia un apparecchio GPS o più semplicemente uno smartphone con adeguato software”. Info www.caisulmona.it; mail: [email protected] Un parco d’esperienza. Da simulacro ad opportunità Un software per le escursioni montane Gli oli abruzzesi al Sol d’oro di Verona 2015 “Il concorso oleario internazionale più importante al mondo”. Così si presenta il Sol d’oro di Verona, istituito nel 2002 con l’obiettivo di valorizzare i migliori extravergini del mondo. Giunta alla sua tredicesima edizione, la manifestazione ha sempre riservato pi- “Oltre 2.700 km. di sentieri montani del Centro Abruzzo, disponibili nelle tracce GPS sul sito internet del CAI di Sulmona”. È solo l’ultimo di una serie di iniziative sulla sentieristica che la sezione CAI sulmonese ha svolto nel corso degli anni. Un lavoro costruito con un particolare riguardo nei confronti degli stranieri, sempre più numerosi sui sentieri abruzzesi. Alla versione italiana si affiancano, infatti, quelle in inglese, francese e tedesco. “La georeferenziazione – spiega il presidente An- Un incontro improntato alla concretezza, ideato dalla Commissione Ambiente di AICS e dall’Ente Parco della Majella, nel cui titolo racchiude l'essenza degli scopi che si prefigge: strutturare un format che trasformi il parco da simulacro ad opportunità. Il ruolo di un parco all'interno di una comunità, può e deve essere motore di sviluppo, creatore di opportunità, realizzando combinazioni e collaborazioni innovative al fine di trasformare sempre più il parco in risorsa mantenendolo integro. I 38 comuni coinvolti nel parco della Majella, gli imprenditori, gli operatori della cultura, dello sport, trovano posto nella idea pro- aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:03 Pagina 57 getto di sviluppo. A tal proposito si parlerà di incremento dell'interazione tra il mondo della scuola ed il parco naturale, proponendo un valore di credito nel curricula dello studente, come alla gita scolastica nel parco aggiornando il panel di opzioni/gita, da offrire agli istituti scolastici: culturale, naturalistica, sportiva, gastronomico/artigianale. Si parlerà, con Nicola Ucci, presidente del Cralnetwork, anche di incontro tra domanda ed offerta nel comparto turistico con azioni mirate al turismo rurale, ed alla valorizzazione delle eccellenze di un territorio. Tra gl altri, partecipano all’evento Franco Iezzi, presidente del Parco Nazionale della Majella. Andrea Padovani, presidente regionale Aics Abruzzo, Andrea Nesi, coordinatore nazionale Commissione Ambiente di Aics, Luisa Taglieri, vice sindaco di Sulmona, Bruno Molea, presidente nazionale AICS, commissione cultura della Camera dei Deputati. Il convegno-workshop si terrà il 4 maggio alle ore 16,00 a Sulmona presso la sede del Parco Nazionale della Majella. 56 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:03 Pagina 58 Bici paesaggi scrittori di TOMMASO PAOLINI UESTA MATTINA al solito punto di ritrovo, mentre si discuteva sul giro da fare, osservando il variopinto gruppo di biker, riflettevo sul fatto che l’andare in bicicletta non rappresenta solo uno spostamento orizzontale, ma anche verticale: non nel senso dell’altimetria! Notavo nel gruppo persone di tutte le età: dai 15 anni agli 80, che stanno insieme senza che avvertano le differenze. Studenti liceali e universitari, inoccupati, Q disoccupati e precari, operai a tempo pieno e in cassa integrazione, artigiani e imprenditori, liberi professionisti e impiegati pubblici e privati, medici e infermieri, insegnanti e bidelli, cuochi e ristoratori, ferrovieri e barbieri, venditori e tanti pensionati. Mi sono chiesto: “Perché tutte queste persone stanno insieme?” Ho pensato che pedalare è sì un atto naturale, che oltre a liberare la mente, tonificare il corpo, far scoprire e apprezzare ad anda- tura lenta territori non pienamente conosciuti dando la possibilità di far assaporare il dolce incanto della natura, permette anche di colmare quelle barriere linguistiche e sociali così frequenti ai giorni nostri. Con ancora nella testa questa riflessione, che dà alla bici compiti inusuali e importanti, mi sono accodato al gruppo che, tra i vigneti ancora pieni di grossi grappoli di uva nera quasi pronta per essere vendemmiata, in questo mattino di luce aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:03 Pagina 59 chiara, pedalava verso le verdi colline del pescarese. Percorriamo la SS17 fino a Popoli ad andatura sostenuta perché la strada scivola via in leggera discesa. Dopo Popoli imbocchiamo la SS5, che si incunea tra le gole del fiume Pescara. Non c’è vento. Il traffico è molto limitato sia perché è giorno festivo sia perché la crisi economica ha ridotto all’osso gli spostamenti automobilistici. Viaggiamo occupando buona parte della corsia di destra e non sentiamo strombazzamenti di sorta che ci invitano a stare in fila indiana sulla strada. Le buche però sono numerose e ci costringono a continui slalom per evitarle mettendo a dura prova la nostra abilità. Il profilo d’ombra disegnato dalle nostre figure curve sulle biciclette ogni tanto viene inghiottito da quello degli alberi che si stagliano con le loro chiome sopra di noi. Superiamo i bivi di Tocco da Casauria e di Torre de’ Passeri. Intorno al trentesimo chilometro inizia l’impegnativa, anche se breve, erta di Colle Morto. Spingo il 50/21 e subito sono costretto ad alzarmi sui pedali per non perdere contatto con lo scalmanato gruppo. Ci tuffiamo in discesa verso Piano d’Orta e, ridotta di molto la velocità per aspettare il verde al semaforo del bivio, riprendiamo la nostra corsa. Sui dolci saliscendi che portano a Scafa, guardando sulla destra vediamo una magnifica vigna ricolma di Montepulciano d’Abruzzo che sale sul dorso di un colle fino a incidersi nel cielo. Mi viene in mente Cesare Pavese, del racconto La vigna: “È un cielo sempre tenero e maturo, dove non mancano le nubi sode di settembre” Attraversiamo Scafa pedalando sulla nazionale che fiancheggia il cementificio dai cui comignoli non esce più fumo. Dopo la rotonda, adornata di una bella fontana dalla quale zampillano copiosi flussi di acqua, allo stop giriamo a sinistra con direzione Alanno Stazione. Pedaliamo su un tratto di strada pieno di buche, avvallamenti e smottamenti che ci richiedono un’attenzione estrema e ci impongono di limitare fortemente la velocità. Al bivio che porta ad Alanno Stazione il manto stradale diventa di nuovo buono. Schierati a ventaglio per ripararci da un leggero vento che buttava a terra le prime foglie e con lo stormire dei rami che confondeva le nostre voci, in un battibaleno percorriamo la lunga striscia di asfalto con alcuni tratti in leggera ascesa prima di fermarci alla fontana di Manoppello, in prossimità del bivio per Rosciano, per il necessario rifornimento d’acqua e per le immancabili foto ricordo. Rimontiamo in sella. Prendiamo la strada a destra della fontana e, dopo aver sottopassato i grandi piloni dell’autostrada, ci rimettiamo sulla SS5 che ripercorriamo sempre ad andatura sostenuta a ritroso. Sulla salita appena dopo il doppio semaforo, quando Scafa inizia a diluirsi nei campi, udiamo “un musicista inconsueto, / per l’aria invisibile plana, strane note squillando … / che ora si versano, turbinandomi intorno come tempesta, / ora basse, fioche, ora perdute in lontananza”: Walt Witman, Il mistico trombetta. Giù nei campi un contadino guarda placido i solchi appena aperti da un grosso trattore. Credo immagini il nuovo vigneto che deve ancora venire per dare gioia ai nostri palati quando riempirà i calici di rosso rubino del meraviglioso Montepulciano d’Abruzzo. Manca poco a mezzogiorno quando arriviamo a Sulmona dopo aver pedalato per una novantina di km. 58 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:03 Pagina 60 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:03 Pagina 61 solitudine AI CONFINI DEL PARCO NAZIONALE D’ABRUZZO IL PERCORSO Testo e foto di PIERO SAVARESI quindi esimerci dal proporre una facile escursione sugli sci e la scelta è caduta su uno dei luoghi più noti dell’Appennino abruzzese, il monte Godi. Un itinerario semplice ma divertente, breve ma di grande soddisfazione, un percorso citato nel volume di riferimento degli scialpinisti degli Appennini, «La montagna incantata Vol.2» di Luca Mazzoleni CARATTERISTICHE TECNICHE Tipo percorso: anello. Livello di difficoltà: MS Dislivello discesa: 450m. Dislivello salita: 490m. Lunghezza: 4,5km. Durata: 3,5h. DESCRIZIONE Salita Parcheggiata l’auto all’altezza dell’ultima evidente curva (1554m.) prima di raggiungere Passo Godi in località «Le Pietrature» si fa rotta verso direzione nord-ovest superando la sbarra alla cui sinistra è presente la tabella informativa del Parco Nazionale D’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM). Costeggiando la piccola area ristoro il sentiero di fondo valle tende a salire lievemente fino raggiunge il valico posto a COME RAGGIUNGERE PASSO GODI DI SCANNO Dall’autostrada A25 uscire all’altezza dello svincolo di Cocullo, proseguire per l’abitato del paese di Scanno fino a raggiungerlo e superarlo seguendo la segnaletica per Passo Godi. Poco prima di raggiungere questa località, la strada si fa piana e una evidente curva a sinistra, prima di raggiungere gli impianti sciistici, segnala il punto dove parcheggiare l’auto. Questo luogo è inoltre caratterizzato dalla presenza, a destra, di un piccolo spiazzo delimitato da una sbarra di metallo ed i resti di un cadente ponte in cemento a testimonianza del vecchio tracciato stradale. Il territorio abruzzese è vario, geologicamente tormentato e naturalisticamente ricco; gli innumerevoli ed imponenti gruppi montuosi hanno reso complessa la vita quotidiana delle popolazioni, presenti nei pochi territori adatti all’insediamento e allo sviluppo di comunità urbane, rendendo dispendiosa anche la sola comunicazione. I limiti di un tempo costituiscono oggi un valore aggiunto per i turisti che, facilitati dal miglioramento delle arterie viarie, possono godere di un territorio caratterizzato da una «wilderness» unica. Il sapore della solitudine nella natura è grande in estate ma ancor maggiore in inverno, quando diventa difficile raggiungere luoghi remoti. Così l’Abruzzo è diventata la meta preferita di una moltitudine di turisti della neve di tutta Italia, oltre che di innumerevoli cittadini europei innamorati del nostro Paese. Non potevamo aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:03 Pagina 62 quota 1631 metri che separa la Valle dei Campanili(appena percorsa) dalla località Capo D’Acqua posta ai piedi della Serra di Ziomas. Superato il valico si continua lungo la strada costeggiando, in lieve discesa, il monte Godi (2011 m.) fino a raggiungere la prima lingua boscosa che si protende dai pendii della montagna fino a sfiorare il sentiero, si piega, quindi, decisamente verso sinistra (sud), abbandonando la strada per ascendere il pendio che conduce verso vetta. In salita è possibile percorrere il fondo valle ed attraversare direttamente il bosco o tenendosi leggermente a sinistra superare un sottile diaframma di piante che nasconde un evidente ed ampio corridoio nello stesso. Oltrepassata la fascia boschiva si prosegue a salire lungo il pendio fino a raggiungere la cresta che separa la cima del monte Godi (a destra) da quella della sua anticima a sinistra. Nonostante la meta dell’escursione sia l’anticima del monte, data la brevità della distanza, si consiglia di raggiungere in pochi minuti la vetta principale per godere dell’ampia vista che questo luogo regala delle montagne abruzzesi e del cuore del parco, un’insolita vista della Majella e delle innumerevoli cime di Montagna Grande saranno di sicuro sufficienti aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:03 Pagina 63 a ripagare del limitato sforzo aggiuntivo richiesto. Si percorre quindi la breve cresta(direzione est) prima in discesa e poi in salita fino a raggiungere la vetta secondaria posta a 1997m. Discesa Scendendo in direzione nord lungo il filo di cresta si raggiunge il bosco di faggi che sembra sbarrare il cammino dello sciatore, portarsi a sinistra evitando la cima del mi- nuscolo colle dove il bosco ha origine e rientrare a destra raggiungendo una piccola radura che superata, tenendo la destra, conduce, dopo lo stretto e tortuoso ma breve passaggio nel bosco, ad un ampio pendio scevro da vegetazione, proseguire ancora pochi metri in direzione nord e scendere svoltando a destra (est) per raggiungere il luogo dove è stata parcheggiata l’auto. 62 aea_2015_primavera.qxp_Layout 1 13/04/15 15:03 Pagina 64 64 Castagne pazze, V. Monaco Edizioni Di Cioccio 1977 Specie de vierne. Poesie in lingua morta, V. Monaco Melusina 1989 La canzone d’iù viente. Canzoniere del vento 1977 – 1999 Edizione rivista abruzzese 1999 Microstorie, V. Monaco Ianieri 2008 Nevelle e altre vie, V. Monaco Edizioni Voci e Scrittura, 2009 Capetiempe, V. Monaco Synapsiedizioni 2008 Aria sottile, J. Krakauer Corbaccio I miei ricordi, W. Bonatti Baldini Castoldi Dalai In vetta a un sogno, S. Moro Rizzoli La montagna a modo mio, R. Messner Corbaccio Cho Oyu. La dea turchese, Messner Reinhold, 2013, Corbaccio Due e un ottomila. Gasherbrum I e II in stile alpino, R. Messner, 2015, Corbaccio I misteri della montagna, M. Corona, 2015, Mondadori Curve sulla Dea Turchese, F. Beozzi, 2013, Ripido Sapore d'Abruzzo, P. Marchi Paolo, K. Griffiths, 2008, Textus Eremi d'Abruzzo. Guida ai luoghi di culto rupestri, E. Micati, 2014, Carsa Edizioni La festa di san Domenico a Cocullo, V. Petrarca, 2004, Synapsi edizioni Obiettivo Scanno. Cartier - Bresson, Giacomelli, Monti, Roiter, Berengo Gardin, Bucci e altri. A cura di Tanturri R., 1997, Marsilio Castel Castagna e la chiesa di Santa Maria di Ronzano, G. Corrieri, Andromeda Editrice