Dispensa Hitchcock - Cineforum del Circolo

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Dispensa Hitchcock - Cineforum del Circolo
UN INVENTORE DI CINEMA DI NOME ALFRED HITCHCOCK
(Londra 1899 – Los Angeles 1980)
H
itchcock, re della suspense? Sì, certamente. Anzi proprio
il suo ideologo: “Per produrre suspense è indispensabile
che il pubblico sia perfettamente al corrente di tutti gli
elementi in gioco.”
Hitchcock, re del mystery? Anche, naturalmente; purché non sia
il giallo all’Agatha Christie, meccanismo freddo senza coinvolgimento ed emozione in attesa solo della risposta al quesito “chi è
stato”, il cosiddetto Whodunit.
Hitchcock, re del realismo narrativo? No, tutt’altro. Il MacGuffin
(nomignolo dato al pretesto narrativo che promuove l’azione
delle sue avventure) è sempre deliziosamente inconsistente,
indefinito, quasi astratto.
Hitchcock, re dell’ambiguità e dell’apparenza ingannatrice?
Eccome! Basti pensare per esempio a quali ruoli sociali rispettabilissimi appartengano i suoi cattivi di turno…
Hitchcock, solo regista o anche cineasta, cioè protagonista in
prima persona dello sviluppo creativo delle scelte produttive dell’industria cinematografica? La sua inarrivabile filmografia parla
da sola. Egli ha nobilitato i generi toccati contribuendo a
definirne contorni e contenuti. E ne ha creati di originali e sorprendenti. In questa sede evidenzieremo solo quello degli Intrighi Internazionali.
Nove film muti, quattordici sonori del periodo inglese e trenta diretti a Hollywood ci presentano un
itinerario artistico-creativo che copre oltre mezzo secolo, dal 1925 (The Pleasure Garden) al 1976
(Complotto di famiglia – Family Plot). Oltre cinquanta anni di lavoro ininterrotto, di dedizione a volte anche
maniacale al raggiungimento di un personale obiettivo: dare forma visiva, fortemente se non esclusivamente
visiva, al suo cinema.
Diventare ed essere autore dei suoi film non per la creazione delle storie rappresentate (quasi sempre di
derivazione letteraria e adattate per lui da sceneggiatori appositamente istruiti e guidati), ma per il come
queste storie venivano tradotte dalla parola scritta alla suggestione delle immagini. Ed ecco allora che
l’azione della macchina da presa di Hitchcock diventa la prima attrice su cui il regista conta per davvero,
accompagnata dall’altro vero attore protagonista, il montaggio magico e creatore.
Hitchcock fa poca gavetta: inizia disegnando le didascalie sulla pellicola dei film e quasi subito si trova fortuitamente alla regia in una produzione anglo-tedesca di secondo piano nel momento più formativo della cinematografia mondiale.
Gli anni Venti sono il decennio più creativo di tutta la storia del cinema. In Germania, in Francia, negli USA,
nell’URSS, ovunque, il cinema, fortunatamente ancora muto, trova intellettuali e uomini di genio desiderosi
solo di confrontarsi con quella ancor giovane invenzione che ai più dapprima era sembrata adatta al pubblico delle fiere e allo strato sociale più basso e incolto. In quegli anni il Cinema con la maiuscola nasce
davvero, cresce, si inventa e si afferma definitivamente come forma d’arte e nuovo fenomeno industriale.
Il giovane Hitchcock, imparati i primi rudimenti alla scuola della Hollywood di quei tempi, la modernissima
casa di produzione tedesca UFA di Berlino, gira diversi film di vario genere, alla ricerca di un “suo” cinema.
Intanto ha già acquisito caratteristiche espressive che lo accompagneranno quasi sempre negli anni a venire:
humour e understatement. Poi ha intuito che nel cinema il vero arbitro del successo è il pubblico. Pertanto si
ingegnerà, pur rispettandolo sempre, a realizzare film di suo appagamento. Storie ricche di emozioni, tecnicamente sempre più valide, immerse nella realtà e nell’attualità dei tempi.
E che tempi erano quegli anni Venti? La prima guerra mondiale e la rivoluzione russa avevano scombussolato l’ordine politico-sociale preesistente. La letteratura corrente si era impadronita degli umori e degli eventi che ne derivarono. La realtà dei fatti sembrava dar ragione a qualunque supposizione, visto quello che
accadeva in Italia, in Germania e nei paesi dell’Est e nella stessa Gran Bretagna in odore di proto-fascismo.
Misteri, complotti, intrighi erano diventati argomenti usuali per la stampa e la pubblicistica quotidiana.
Personaggi prima letterari e poi cinematografici come il capitano Hugh Bulldog Drummond e il Dottor
Mabuse avevano aperto la strada. Un po’ come successivamente nel secondo dopoguerra e con la guerra fredda doveva nascere una fioritura di storie di spie, con James Bond e compagni.
Hitchcock, superata indenne la barriera del sonoro, ed entrato con disinvoltura negli anni Trenta andò ispirandosi al clima di quegli eventi sviluppando una precisa linea d’azione, creando e perfezionando un nuovo
genere e incrociandolo con un altro che aveva già scoperto essergli congeniale, quello del mystery, fin dal
1925 stesso con The Lodger, primo e precocissimo exploit.
Gli Intrighi Internazionali di Alfred Hitchcock.
Con L’uomo che sapeva troppo (The Man Who Knew Too Much, 1934) Hitchcock inaugura una serie clamorosa di successi. Seguono I trentanove scalini (The Thirty Nine Steps, 1935), L’agente segreto (The Secret
Agent, 1936), Sabotaggio (Sabotage, 1936), La signora scompare (The Lady Vanishes, 1938).
Trasferitosi ad Hollywood, la serie continua con Il prigioniero di Amsterdam (Foreign Correspondant,
1940), Sabotatori (Saboteur, 1942), Notorious, l’amante perduta (Notorious, 1946), la seconda edizione
de L’uomo che sapeva troppo (The Man Who Knew Too Much, 1956), Intrigo internazionale (North by
North-West, 1959), Il sipario strappato (Torn Curtain, 1966).
I due “Intrighi” di questa mini-rassegna sono stati determinanti per la carriera del regista che solo dopo queste
prove si decise ad accettare le offerte di Hollywood che da tempo lo corteggiava.
I TRENTANOVE SCALINI (1935)
Il successo del precedente L’uomo che sapeva troppo (1934) fu internazionale e proiettò Hitchcock nell’olimpo del divismo.
L’anno dopo bissò l’exploit con I trentanove scalini. Non solo fu un trionfo, ma anche l’occasione di realizzare appieno tutte le idee che aveva via via maturato in un decennio di lavoro a proposito della concezione
del suo cinema ideale.
IL TITOLO. Nonostante come si vedrà dai titoli di testa il film riporti in italiano il titolo qui indicato e così
gli altri remake del 1958 e 1978, i più diffusi Dizionari italiani riportano il titolo “Il club dei trentanove”.
Nell’edizione uscita nell’Italia del regime il doppiaggio aveva trasformato il paesaggio e i luoghi della vicenda in territori americani.
IL SOGGETTO. Il film fu ispirato da un romanzo del
membro del Parlamento John Buchan, divenuto poco
dopo Barone e nominato Governatore Generale del
Canada. Un politico e diplomatico insieme, uomo di
esperienza diretta delle cose dietro le quinte. La
sceneggiatura fu realizzata dallo stesso Buchan e da
Charles Bennett, già autore di Blackmail, portato
sullo schermo da Hitchcock nel 1929, e successivamente attivo a Hollywood con Hitchcock quando
questi si trasferì presso lo studio del produttore
David Selznick.
GLI ATTORI. Il film si avvalse di due star del botteghino, Robert Donat e Madeleine Carroll. Il primo stava
per esordire a Hollywood in Capitan Blood ma rinunciò per lavorare con Hitchcock facendo così, oltre che
la sua fortuna, anche quella di Erroll Flynn. Peter Sellers diceva di lui che era un dio.
Madeleine Carroll, la seconda bionda di una lunga serie di attrici bionde (la prima fu la tedesca Anny Ondra
ne L’isola del peccato, The Manxman, 1929), dopo il periodo inglese, impreziosito da ben due collaborazioni
con Hitchcock (la seconda fu nel successivo L’agente segreto) si trasferì in America, dove fece un’altra bella
carriera, si sposò con Sterling Hayden, e scoppiata la guerra ritornò in patria solo per dare il suo apporto nello
sforzo bellico, finendo per meritarsi la Legione d’Onore per il coraggio dimostrato nell’assistenza ai feriti sul
fronte francese.
LA TRAMA. Il meccanismo della trama è essenzialmente il seguente.
A un giovanotto (Robert Donat) dopo uno spettacolo al Music Hall di Londra in cui si esibiva un certo Mister
Memory, dalla memoria prodigiosa, capita per non essere incolpato di un delitto che non ha commesso di
dover fuggire dalla polizia e cercare lui stesso in Scozia il responsabile del crimine. Questi nel frattempo si
chiarisce essere il capo dell’organizzazione segreta “I 39 scalini” che sta per trafugare vitali segreti militari.
Il giovanotto deve sfuggire dunque anche ai criminali che si vedono ora in pericolo, e deve inoltre guardarsi
dall’incredulità di una giovane bionda (Madeleine Carroll) alla quale si trova fortuitamente ammanettato e
con la quale è costretto a fuggire inseguito da polizia e agenti nemici. Finalmente ricredutasi, la giovane e il
fuggitivo ritornano a Londra dove il capo de “I 39 scalini” si è recato al teatro Palladium per ricevere la formula segreta da trafugare. Ritrovando sul palcoscenico Mister Memory il giovanotto intuisce cosa sta per
accadere e ne provoca lo svelamento e quindi la fine del complotto.
APPARIZIONE DI HITCHCOCK. Un passante che getta per terra una carta mentre Donat e Carroll all’uscita del Music Hall prendono il bus.
REMAKE. Due edizioni inglesi: I trentanove scalini (The Thirty-Nine Steps, 1978) di Don Sharp e ancora I
trentanove scalini (The Thirty-Nine Steps, 1958) di Ralph Thomas.
Per la prossima stagione è annunciata una nuova edizione hollywoodiana.
RECENSIONI. “Questa soave, divertente storia di spie è diretta con un così sicuro tocco che la suspense si
carica di brio; è uno dei tre o quattro migliori lavori che Hitchcock abbia mai fatto.” (Pauline Kael, The New
Yorker).
“…da un romanzo d’avventura del tutto debole Hitchcock ha fatto un buon film. Ha inventato nuovi episodi. Ha introdotto allegria e ingegnose beffe…Ha intercettato un buon erotic relief per niente sdolcinato. Ha
introdotto un personaggio piacevolissimo – Mr. Memory -…” (Jorge Luis Borges, Sur n. 19 Buenos Aires,
aprile 1936)
LA SIGNORA SCOMPARE (1938)
IL SOGGETTO. Il film è tratto da un romanzo di una scrittrice di successo, Ethel Lina White, specialista di
mystery, ben nota al cinema anche per altri film tratti dalle sue opere come La scala a chiocciola (1946) e Il
fantasma (1945). La sceneggiatura è a cura di Sidney Gilliat e Frank Launder, due giovani professionisti già
collaboratori di Hitchcock, che svilupperanno in seguito brillanti carriere come sceneggiatori, registi e produttori, sia nel cinema che successivamente nella televisione. Particolarmente attivi nel mystery e nell’horror.
GLI ATTORI. Gli attori protagonisti sono Margaret Lockwood e Michael Wilding. La prima veniva dal teatro
e grazie al successo con Hitchcock fu subito chiamata a Hollywood, ma dopo due film da poco ritornò in
patria per continuare la strada iniziata nel cinema inglese.
Il secondo, figlio di una star del muto, Roy Redgrave, e a sua volta padre di tre valenti attrici con lo stesso
cognome, Lynn, Corin e Vanessa, aveva esordito non accreditato ne L’agente segreto dello stesso Hitchcock
due anni prima. Ha lavorato con grandi registi ed è ben ricordato per i ruoli in Addio Mister Harris (The
Browning Version, 1951), L’importanza di chiamarsi Ernesto (The Importance of Being Earnest, 1952) –
film entrambi di Anthony Asquith.
La governante Miss Froy - il ruolo dell’anziana donna che scompare del titolo - fu affidato a un “monumento” vivente della storia inglese. Attrice attiva già nel muto, per la sua attività di sostegno morale delle truppe
con le sue esibizioni durante la prima guerra mondiale fu insignita nel 1918 dell’altissima onorificenza di
Dame Commander of the English Empire. Ecco perché suo nome divenne Dame Mary Whitty.
LA TRAMA. Il meccanismo della trama è essenzialmente il seguente.
Di ritorno in Gran Bretagna un gruppo di passeggeri di un treno riprende il viaggio dopo una notte di sosta
forzata a causa di una valanga, in un piccolo albergo di una località di una repubblica dei Balcani, ostile
all’Inghilterra. La breve sosta era stata l’occasione per conoscersi e abbozzare delle relazioni di viaggio. E’
per questo che Iris (Margaret Lockwood) si accorge che Miss Froy (Dame Mary Whitty) è inspiegabilmente
e improvvisamente scomparsa. A nulla vale la buona volontà di Iris di denunciare l’accaduto perché gli altri
passeggeri negano addirittura l’esistenza stessa dell’anziana governante. Anche il giovane eccentrico musicologo Gilbert (Michael Wilding) dapprima non le crede. A poco a poco tuttavia la coppia di giovani svela
la trama del complotto volto ad eliminare Miss Froy perché in realtà è una spia inglese che sta riportando a
Londra vitali segreti alla vigilia di una guerra incombente. Liberatasi, Miss Froy scende dal treno in territorio ostile e fugge da sola affidando ai due giovani il messaggio segreto sotto forma di motivo musicale. Iris
e Gilbert, a loro volta in fuga sul treno verso il confine, devono lottare anche con le armi contro gli agenti
nemici senza tuttavia dimenticare il motivetto che devono riportare a Londra dove anche Miss Froy è riuscita felicemente ad arrivare sana e salva.
APPARIZIONE DI HITCHCOCK. Cammina sul marciapiede della Victoria Station fumando una sigaretta
quando Iris e Gilbert scendono dal treno.
REMAKE. Il mistero della signora scomparsa (The Lady Vanishes, 1979). Regia di Anthony Page. Ruoli
principali: Cybill Shepherd e Elliott Gould. Angela Lansbury è Miss Froy. Co-sceneggiatore Sidney Gilliat,
quarant’anni dopo la prima edizione!
RECENSIONI. “…E dando un buon avvertimento, ancora vi raccomandiamo di diffidare da questa specie di
ragno rotondetto che è Hitch. L’uomo è diabolico e il suo film diabolicamente intelligente. “ (Frank Nugent,
The New York Times, 26 dicembre 1938).
“…il film è uno dei rari racconti di Hitchcock che si situa in un contesto storico preciso, nell’immediata vigilia della guerra piena di minacce e ambiguità…. La sua satira prende di mira i caratteri tipici dell’inglesità…” (Jacques Lourcelles, Dictionnaire du Cinéma, 1992).
Alla fine della visione dei due film del periodo aureo inglese possiamo provare a riscontrare se sono presenti e pienamente rispettati i criteri adombrati all’inizio di questo breve scritto. E rispondere alla domanda se
vent’anni prima dell’inizio della grande produzione di capolavori americani a colori Hitchcock non avesse
già realizzato con i mezzi e le risorse disponibili grandi capolavori in bianco e nero.