stoccaggio di petrolio

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stoccaggio di petrolio
Il confinamento dell’anidride carbonica
aspetti tecnici, economici ed ambientali
Valeria Spada
e-mail: [email protected]
Università degli Studi di Foggia – Facoltà di Economia – Dipartimento di Scienze
Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e Geografiche,
Via R. Caggese n.1, 71100 Foggia
INDICE
INTRODUZIONE
TREND DELLE EMISSIONI MONDIALI DI CO2
SISTEMI DI STOCCAGGIO
Giacimenti di petrolio e gas naturale
Miniere di carbone
Falde acquifere sotterranee
Profondità oceaniche
Ecosistemi terrestri
ATTIVITA’ DI R&S NEL MONDO
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
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L’obiettivo di questa lezione è quello di esaminare le prospettive di
adozione su vasta scala di tecnologie di contenimento delle emissioni di
CO2 di origine antropica nell’atmosfera, ai fini della progressiva
diminuzione degli effetti negativi che ne potrebbero conseguire
sull’ecosistema.
Stime ufficiali internazionali ipotizzano, infatti, per i prossimi 25 anni,
un aumento delle suddette emissioni a livello mondiale sia nei PS sia nei
PVS.
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La Carbon Sequestration è definita come la cattura e lo stoccaggio sicuro
della CO2, con particolare riferimento a quello geologico ed oceanico;
mentre in un orizzonte temporale più ampio si prevede la possibilità di
aumentare la fissazione della CO2 da parte degli ecosistemi terrestri (foreste
e suolo).
Ogni possibile sistema di immagazzinamento deve risultare non pericoloso
dal punto di vista ambientale, efficace ed economico. Inoltre deve essere
accettabile dalla comunità internazionale.
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Le sperimentazioni più importanti in tale contesto sono state realizzate
sotto la spinta di fattori prevalentemente economici, più che ambientali. A
tale proposito sono disponibili varie esperienze nel settore, sviluppate
principalmente nel decennio 1980-1990 dalle società petrolifere per
ottimizzare l’estrazione dei combustibili fossili dal sottosuolo.
Queste sono state successivamente abbandonate quando, intorno alla metà
degli anni 1980, il crollo del prezzo del petrolio rese non più economico
questo tipo di operazione.
Di recente, però, sono state prese nuovamente in considerazione, a causa
delle problematiche ambientali derivanti dalla emissione di CO2
nell’atmosfera.
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TREND DELLE EMISSIONI MONDIALI DI CO2
Aumento delle emissioni di CO2 per settore (Mt)
Emissioni mondiali di CO2 relative al settore energetico (Mt/anno)
Economie in Paesi in via di
transizione
sviluppo
OCSE
Mondo
1990- 2000- 1990- 2000- 1990- 2000- 1990- 20002010 2030 2010 2030 2010
2030 2010 2030
Produzione
elettricità
Industria
Trasporti
Altri usi*
Aumento
totale
1.373 1.800
11
211
1.175 1.655
244
363
44
-309
-52
-428
341
341
242
234
2.870
739
1.040
620
5.360
1.298
2.313
1.365
4.287
440
2.163
436
7.500
1.850
4.210
1.962
2.803 4.028
-746
1.158
5.268
10.336 7.325 15.552
(Fonte: A.I.E., 2002).
(Fonte: IEA, 2003).
L’impiego dei combustibili fossili nell’ambito del settore energetico ha causato, nel
corso degli anni, l’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, che è passato
da 270 ppm all’ inizio secolo scorso agli attuali 380 ppm.
Fra il 2000 ed il 2030 circa i 2/3 dell’incremento si verificherà nei PVS.
A livello mondiale quasi la metà delle emissioni sarà causato dalla produzione di
energia elettrica, il settore dei trasporti contribuirà per oltre un quarto, mentre il
comparto residenziale, commerciale ed industriale per la quantità rimanente.
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Sistemi di stoccaggio
Impianto termoelettrico con cattura
della CO2
Giacimenti di
carbone non
estraibile
Oceano
Gasdotto
Giacimenti esauriti di
petrolio e gas naturale
Acquiferi profondi
(Fonte: Cumo et al., 2003).
Il volume annuo di CO2 scambiato in tutto il mondo ai fini del riutilizzo nell’industria
chimica (all’incirca pari a 0,4 Gt) è esiguo rispetto a quello derivante dalle emissioni
negli impianti di combustione (circa 26 Gt). Pertanto si pensa allo stoccaggio in
depositi naturali, come
™ Giacimenti di petrolio e gas naturale
™ Miniere di carbone
™ Falde acquifere sotterranee
™ Profondità oceaniche
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Non sono, però, certi le condizioni di sicurezza degli stoccaggi e i possibili impatti
ambientali che ne deriverebbero.
Le aree geologiche naturali adatte a tale finalità devono essere costituite da rocce
porose permeabili, con uno strato superiore impermeabile in grado di trattenere
la CO2 iniettata nel deposito per il tempo richiesto.
L’operazione di monitoraggio delle condizioni del deposito è una fase importante,
non solo per assicurare che il gas iniettato nel sottosuolo non faccia gradualmente
ritorno nell’atmosfera, ma anche in quanto un’improvvisa liberazione consistente
di CO2 in un’area popolata potrebbe causare conseguenze catastrofiche (una
concentrazione atmosferica superiore al 30% è già letale per gli esseri umani).
Pertanto la scarsa ventilazione nelle aree caratterizzate da una forte esalazione di
CO2 può rendere tali zone estremamente pericolose.
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Giacimenti di petrolio e gas naturale
É provato che i giacimenti che hanno consentito il deposito di idrocarburi per intere
ere geologiche sono adatti a contenere gas o liquidi, salvo eventuali problemi
geochimici di lungo periodo che il deposito di un fluido acido può causare.
Il vantaggio derivante da queste due tipologie di immagazzinamento è l’accurata
conoscenza geologica del deposito, acquisita durante la vita produttiva, che non
richiede rilevanti spese di esplorazione.
Il potenziale mondiale di immagazzinamento della CO2 è di circa 130 Gt per i
giacimenti petroliferi attivi e di circa 900 Gt per i giacimenti metaniferi esauriti.
In Europa la capacità di stoccaggio della CO2 o di altri gas acidi (es. H2S) nei
giacimenti di gas naturale è considerevole, circa 40 Gt, mentre per campi di petrolio è
di quasi 10 Gt.
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Molti campi petroliferi si stanno avvicinando al termine della vita
economicamente produttiva e, probabilmente, sarà possibile un loro
proficuo utilizzo per lo stoccaggio della CO2.
L’anidride carbonica è attualmente utilizzata per migliorare il recupero del
petrolio nell’ambito delle tecnologie di estrazione terziaria, che prevedono
la sua iniezione nei pozzi in forma fluida (EOR - Enhanced Oil Recovery).
Essa proviene da giacimenti naturali, ma ciò sarebbe possibile anche per
quella derivante dalle emissioni antropogeniche.
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Tuttavia è possibile che, dopo aver realizzato lo stoccaggio di CO2 in un
campo petrolifero, non si potrà più disporre del petrolio che non è stato
portato in superficie, neanche in presenza di un miglioramento delle
tecnologie estrattive.
Inoltre può accadere che, in seguito alle operazioni di trivellazione, la
copertura superiore del serbatoio abbia perso integrità e sia diminuita la
capacità di contrastare la risalita in superficie della CO2.
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Le strutture geologiche che hanno contenuto gas naturale si prestano
anch’esse al deposito di CO2 (EGR - Enhanced Gas Recovery) e, rispetto
alle precedenti, hanno la caratteristica di essere più uniformemente
distribuite
sulla
superficie
terrestre.
Al momento non è dimostrato se la iniezione di CO2 in un giacimento di gas
naturale sia in grado di potenziarne la produzione: il rischio è la
contaminazione dello stesso gas che, per essere immesso nel mercato, non
deve contenere più del 2,5% di CO2.
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Miniere di carbone
È stato dimostrato che la CO2 può essere adsorbita su un letto solido di
carbone, con rilascio del metano (che si trova adsorbito sulla superficie del
carbone e diffuso nelle porosità interne): la CO2 va ad occupare il posto del
metano, che viene rilasciato (ECBM - Enhanced Coalbed Methane).
In condizioni isoterme (temperatura costante), ottenute in laboratorio, la
CO2 adsorbita sul carbone è, in volume, circa il doppio del metano,
ottenendo il duplice risultato di stoccarla recuperando il combustibile.
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La CO2 può rimanere nel deposito praticamente per sempre, dato che non è
trattenuta da una trappola stratigrafica, ma dall’adsorbimento sul letto di
carbone a condizione che il carbone non sarà mai estratto nei secoli futuri.
Tutti i tipi di carboni fossili sono adatti all’adsorbimento: in particolare la
lignite è ricca di acqua e ciò può aumentare la capacità di deposito della
CO2, che in essa si discioglie.
Il potenziale mondiale di stoccaggio della CO2 nei giacimenti carboniferi è
stimato pari a circa 15 Gt.
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Falde acquifere sotterranee
Le falde acquifere sotterranee che, per la profondità e l’alta concentrazione
di solidi disciolti non possono essere utilizzate come sorgenti di acqua
potabile, potrebbero essere destinate allo stoccaggio della CO2, offrendo il
più grande potenziale di immagazzinamento (circa 10.000 Gt), rispetto a
qualsiasi altro tipo di deposito geologico.
Si tratta di una prassi abbastanza diffusa nell’industria chimica per il
deposito di rifiuti liquidi e di gas acidi e può essere realizzata utilizzando
tecnologie simili a quelle in uso nei giacimenti esauriti di petrolio e di gas
naturale.
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La CO2 può, inoltre, reagire con i minerali presenti e depositarsi in forma
adsorbita o di precipitato, trappola minerale.
I minerali che possono diventare carbonati potrebbero sequestrare anche
più CO2 di quanta ne potrebbero trattenere gli acquiferi salini. Infatti,
l’ossido di magnesio contenuto in serpentino e olivina (minerali costituiti da
silicati di magnesio) si combina con la CO2 per produrre carbonato di
magnesio, altamente stabile.
Anche se questo processo è lento e contribuisce allo stoccaggio solo nel
lungo periodo, la sfida decisiva consiste nel far si che la CO2 reagisca
rapidamente con grandi quantità di questi due minerali.
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Profondita’ oceaniche
Gli oceani rappresentano il maggiore serbatoio potenziale per la CO2, contenendo
circa 150.000 Gt, come sostanza organica di origine animale, vegetale e di carbonati
minerali, rispetto a 3.000 Gt presente nell’atmosfera e 8.000 Gt negli ecosistemi
terrestri.
Sono state proposte due strategie:
1. Iniezione diretta della CO2 sul fondale oceanico. Affinché ciò sia efficace, il gas deve
essere iniettato al di sotto dello strato termoclino (tra 100 e 1000 m), nel quale la
temperatura dell’acqua diminuisce drasticamente.
In generale, più in profondità si inietta la CO2, più lungo sarà il tempo che essa
impiegherà per fare ritorno all’atmosfera.
Nell’ambito della prima strategia è possibile distinguere 3 opzioni:
• Immissione della CO2 a profondità di 1.000-2.000 m (formazione di una soluzione diluita);
• Immissione a profondità superiori a 3.000 m (creazione di idrati solidi simili al ghiaccio);
• Produzione di CO2 solida (ghiaccio secco) prima di gettarla in mare tramite navi.
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2. Aumento della cattura da parte della superficie oceanica mediante
fertilizzanti a base di ferro
La seconda strategia prevede di incrementare il ciclo oceanico del
carbonio, impiegando il ferro come fertilizzante per stimolare la crescita
del fitoplancton, che fissa il carbonio mediante fotosintesi clorofilliana,
determinando un incremento del livello complessivo di assorbimento del
carbonio da parte dell’oceano.
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Il problema di maggior rilievo per lo stoccaggio oceanico della CO2
sembra essere la possibilità di una modifica del pH dei fondali oceanici.
Una netta variazione di acidità potrebbe essere dannosa per gli organismi
come lo zooplancton, batteri e animali che vivono sul fondo e non sono in
grado di spostarsi.
Studi recenti suggeriscono che il mantenimento della concentrazione della
CO2 al di sotto di certi limiti potrebbe minimizzare il problema dell’acidità.
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Ecosistemi terrestri
Gli ecosistemi terrestri, costituiti da vegetazione e suolo contenenti comunità
microbiche e di invertebrati, immagazzinano la CO2 direttamente
dall’atmosfera.
Essi presentano una capacità di accumulo del carbonio di circa ¼ dei 7,4 Gt
C emessi annualmente nell’atmosfera dalla combustione dei combustibili
fossili.
La quantità totale di carbonio immagazzinata dagli ecosistemi terrestri
(circa 2 GtC/anno) riflette l’equilibrio di lungo periodo tra la produzione
vegetale (input) ed il processo di respirazione e decomposizione (output).
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La deforestazione, l’erosione e lo sfruttamento dei suoli, sono fenomeni
che causano rilascio di CO2 in atmosfera.
Quindi, pratiche di riforestazione, conservazione, ripristino di suoli
degradati, potenziamento delle coltivazioni portano ad una riduzione del
livello della CO2 in atmosfera.
La capacità degli ecosistemi terrestri di rimuovere più carbonio
dall’atmosfera potrebbe essere incrementata attraverso il perfezionamento
delle pratiche di coltivazione agricola, al fine di migliorare le
caratteristiche del terreno.
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Le possibilità di confinamento geologico in Italia
L’estrema eterogeneità della situazione geologica italiana condiziona
fortemente la distribuzione di serbatoi naturali adatti allo stoccaggio della
CO2.
A questa disposizione degli strati geologici si deve aggiungere la presenza
di tettonica e vulcanismi attivi, che possono rappresentare le principali vie
di fuga e di reimmissione nell’atmosfera della CO2 stoccata.
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Le
formazioni geologiche italiane, potenzialmente idonee per il
confinamento della CO2, sono rappresentate dagli acquiferi salini profondi,
dai campi geotermici e dai giacimenti di petrolio e di gas esauriti.
Queste strutture geologiche, per quanto riguarda principalmente gli
acquiferi salini profondi, ma anche alcuni giacimenti di petrolio e gas
depletati, sono per lo più localizzate sia lungo la fascia adriatica e in Val
padana sia nei bacini del margine tirrenico.
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ATTIVITA’ DI R&S NEL MONDO
1.
In più parti del mondo sono stati avviati progetti pilota che prevedono
l’iniezione sperimentale di CO2 nei giacimenti carboniferi: ciò avviene, ad
esempio, negli Stati Uniti d’America e anche in Polonia, dove si sta svolgendo
uno studio, finanziato dall’Unione Europea. Negli USA è stato calcolato che
esistono circa 6000 miliardi di t di carbone, considerato non estraibile, perché
ubicato a profondità maggiori di circa 1800 m. Essi rappresentano siti
potenziali per lo stoccaggio della CO2 e per il recupero del metano in essi
contenuto.
2.
Lo stoccaggio nelle profondità degli oceani è stato sperimentato nel 1998 da
parte di alcuni scienziati del Monterey Bay Aquarium Research Institute
(MBARI) in California.
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3. Nel campo petrolifero di Sleipner West, di proprietà della Statoil,
localizzato nel Mare del Nord, circa a 250 km di distanza dalla costa
della Norvegia, il contenuto in CO2 del gas naturale prodotto deve
essere ridotto dal 9 al
2,5%, al fine di rispettare gli standard
commerciali.
A Sleipner la CO2 recuperata è compressa e iniettata attraverso un
solo pozzo nella formazione di Utsira, un acquifero salino dello
spessore di 250 m localizzato a circa 800 m di profondità sotto il
livello del mare.
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4. Il progetto di stoccaggio geologico della CO2 più imponente al mondo,
concepito per conciliare interessi EOR con interessi climatologici è il
Progetto IEA Weyburn, avviato nel 2000 anche da partnerschip
europea.
Il campo petrolifero di Weyburn è situato in Canada; dopo la sua
scoperta nel 1954 ed il suo esaurimento nel 1964, la compagnia
petrolifera di bandiera ha iniziato nel 2000 la tecnica EOR, iniettando
circa 5000 t di CO2 al giorno negli strati calcareo-marnoso.
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5. Ben poco è stato fatto in Italia sullo stoccaggio geologico della CO2,
ad eccezione di iniziative nel campo della cattura di CO2 reflua
industriale e dell’avvio, all’inizio del 2005, di progetti di fattibilità
con fondi industriali e non ministeriali: progetto ECBM SulcisPromecas e il progetto ENI GHG di stoccaggio di CO2 in campi a gas
depleti della Val Padana.
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CONCLUSIONI
Il ricorso alle tecnologie di cattura e stoccaggio geologico della CO2 è considerato, nel
breve-medio periodo, una possibile “fase di transizione”, da attuarsi in attesa che le
attività di R&S perfezionino un sistema più sicuro ed economico per ridurre le
emissioni di CO2 nell’atmosfera.
Esistono tuttavia una serie di impedimenti che ne ostacolano una rapida penetrazione
nel mercato energetico e che devono essere rimossi. Essi sono:
TECNOLOGICI: le suddette tecnologie sono state provate su base sperimentale, ma
potranno essere diffuse su scala commerciale soltanto se i costi e i rischi saranno
contenuti e se si attribuirà alla riduzione delle emissioni un valore di mercato.
AMBIENTALI: gli impatti ambientali sono oggetto di studio e il problema della
sicurezza del deposito diviene prioritario, non essendo ancora chiaro come i sistemi
geologici e oceanici reagirebbero all’iniezione di CO2 su larga scala.
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ECONOMICI: stime nord americane e nord europee indicano un costo attuale
di smaltimento della CO2 pari a 20-40 €/t stoccata, valore non insignificante.
NORMATIVI: andrà definita una normativa specifica sullo smaltimento della CO2
nel sottosuolo, mancando regolamenti o leggi sulla materia in oggetto.
SOCIALI: l’informazione del pubblico è una necessità prioritaria, in quanto è
importante che l’accettazione sociale sia basata sulla chiara comprensione di tutti gli
aspetti connessi con tali tecnologie, compresi quelli ambientali e della sicurezza.
Pertanto l’attuale mancanza di risposte sperimentali e di certezze tecnico-scientifiche,
unitamente agli ostacoli di natura politica e legale sul confinamento geologico della
CO2, costituiscono i principali impedimenti allo sviluppo su larga scala delle
tecnologie suddette.
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BIBLIOGRAFIA
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