Cavallini- Banti, I danni causati dal cinghiale... Stima e Prevenzione

Transcript

Cavallini- Banti, I danni causati dal cinghiale... Stima e Prevenzione
Quaderno ARSIA 5/99
I danni causati dal cinghiale e dagli altri ungulati
alle colture agricole. Stima e prevenzione
Questo manuale, tradotto e riadattato da una
pubblicazione dell’Office National de la Chasse (Francia),
vuole essere un pratico supporto per tutti coloro che si
occupano di stima e prevenzione dei danni alle colture
agrarie.
Il testo affronta nella prima parte gli elementi da
considerare per la valutazione dei danni, per poi analizzare
le varie metodologie di prevenzione da attuare per la
protezione delle colture nei confronti dei danni causati
da ungulati ed in special modo dal cinghiale.
La parte maggiormente sviluppata dal manuale, riguarda
l’utilizzo delle recinzioni elettriche, a seconda delle colture
da proteggere e delle specie di fauna presenti. In particolare,
sono illustrate le tecniche per realizzare ed utilizzare con
profitto le recinzioni elettrificate, così come gli interventi
necessari per la loro manutenzione. La parte testuale
supportata da disegni e schemi che esemplificano i vari
accorgimenti da adottare per un corretto utilizzo di questa
tecnologia.
L’ARSIA,
Agenzia
Regionale per lo
Sviluppo e
l’Innovazione
nel settore
Agricoloforestale,
istituita con la
Legge
Regionale
37/93, è
l’organismo
tecnico
operativo della
Regione
Toscana per le
competenze nel
campo agricoloforestale e
faunistico/
venatorio.
I danni causati dal cinghiale e dagli altri ungulati
alle colture agricole. Stima e prevenzione
• Quaderno ARSIA 5/99
L. 8.000 (i.i.)
• Quaderno ARSIA 5/99
ARSIA • Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione
nel settore Agricolo-forestale
via Pietrapiana, 30 - 50121 Firenze
tel. 055 27551 - fax 055 2755216/2755231
Web: www.arsia.toscana.it
E-mail: [email protected]
Coordinamento: Paolo Cavallini e Paolo Banti, ARSIA
La presente pubblicazione è l’adattatamento e la traduzione di
Indemnisation des dégâts causés par les sangliers et les grands
gibiers aux cultures agricoles. Reconnaissance, évaluation, prévention pubblicato dall’Office National de la Chasse - Francia.
Traduzione: Paolo Cavallini
Cura ed adattamento: Paolo Cavallini e Paolo Banti, ARSIA
Cura redazionale, grafica e impaginazione:
Tosca srl, Firenze
Stampa: EFFEEMME LITO srl, Firenze
ISBN 88-8295-012-3
© Copyright 1999 ARSIA Regione Toscana
I danni causati dal cinghiale
e dagli altri ungulati alle colture agricole
Stima e prevenzione
ARSIA • Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione
nel settore Agricolo-forestale, Firenze
Sommario
Presentazione
Maria Grazia Mammuccini
7
Stima dei danni
Introduzione
9
9
1. La stima dei rendimenti
1.1 Raccomandazioni importanti
1.2 Definizione delle parcelle campione
1.3 Stima empirica del rendimento
10
2. La stima della superficie danneggiata
2.1 Raccomandazioni importanti
2.2 Consigli per la valutazione delle superfici distrutte
12
3. Raccomandazioni pratiche per tipo di coltura
3.1 Cereali autunno-vernini
3.2 Mais da granella e da foraggio
3.3 Mais da seme
3.4 Colza
3.5 Barbabietola
3.6 Colture orto-floro-vivaistiche
3.7 Vigna
3.8 Prati
13
Prevenzione: la protezione delle colture contro i danni causati dal cinghiale
e dagli altri ungulati
17
Introduzione
17
1. Il controllo delle popolazioni di ungulati
1.1 Ungulati in regime di caccia di selezione
1.2 Cinghiale
17
2. Azioni sulle colture
18
3. Azioni indirette di prevenzione dei danni
3.1 Foraggiamento dissuasivo
3.2 Colture a perdere
18
6
QUADERNO ARSIA 5/99
4. Azioni dirette di prevenzione dei danni
4.1 La protezione chimica o l’utilizzazione di repellenti
Colture annuali
Vigna e alberi da frutto
4.2 La protezione acustica
Utilizzo dei detonatori
Metodi elettro-acustici
4.3 La protezione ottica
4.4 La protezione meccanica individuale delle piante
Manicotto in rete metallica zincata
Manicotto in griglia di plastica
Conclusioni sulla protezione individuale totale
4.5 Protezione totale con recinzione metallica
4.6 La recinzione elettrica
Introduzione
I materiali
Realizzazione della recinzione elettrica
Sorveglianza e manutenzione della recinzione elettrica
Diverse possibilità di utilizzazione della recinzione elettrica
Regolamentazione dell’impiego delle recinzioni elettriche
Qualche considerazione sui costi
19
6. Conclusioni
47
Presentazione
Nel processo di riequilibrio faunistico, intrapreso dalla Regione Toscana con l’adozione della L.R.
3/94, l’ARSIA si configura come un supporto tecnico, con la finalità da una parte di stimolare il mondo
scientifico alla ricerca delle soluzioni ottimali per le
più importanti problematiche faunistiche, e dall’altra di trasferire le innovazioni più importanti e promettenti presso i responsabili della gestione diretta
(Ambiti Territoriali di Caccia, Amministrazioni provinciali, Parchi naturali, ecc.).
I danni causati dalla fauna selvatica, e soprattutto dal cinghiale, alle produzioni agricole sono cruciali in questo processo, in quanto costituiscono
una causa di conflitti fra mondo agricolo e venatorio e sono un freno rilevante alle attività di incremento faunistico a causa del crescente assorbimento delle risorse disponibili. Dopo una ricognizione
delle esperienze europee più interessanti nel settore, l’Agenzia ha quindi intrapreso un esteso programma di prevenzione dei danni in collaborazione
con alcuni Ambiti Territoriali di Caccia toscani,
seguendo le metodologie messe a punto con grande successo in Francia. La presente pubblicazione
vuole quindi essere un manuale pratico per l’impostazione di un corretto ed efficace programma di
controllo dei danni, partendo da una loro corretta
valutazione fino ad arrivare all’installazione di sistemi atti alla loro drastica riduzione. L’insieme delle
tecniche qui descritte potranno essere utili a quanti si occupano di agricoltura e gestione faunistica
nelle zone sempre più ampie in cui sono diffusi gli
ungulati selvatici.
Un particolare ringraziamento va al Dr. Jacques
Vassant dell’Office National de la Chasse, principale
estensore del documento tecnico originale da cui
scaturisce questa pubblicazione nonché al Direttore
dell’Office National de la Chasse, per l’autorizzazione alla pubblicazione.
Maria Grazia Mammuccini
Amministratore ARSIA
Stima dei danni
Introduzione
La stima della perdita di raccolto in seguito a
danni causati dal cinghiale o da altri animali selvatici è un’operazione complessa. Nonostante la legge
imponga la rifusione dei danni, senza distinzione
fra le specie che li hanno provocati, è comunque
estremamente importante identificare con chiarezza la specie responsabile, per i seguenti motivi:
• occorre escludere con sicurezza la possibilità che
i danni siano causati, in tutto o in parte, da animali
domestici o rinselvatichiti (pecore, piccioni ecc.);
• una corretta determinazione della specie è
cruciale per l’impostazione di un piano di prevenzione e per l’eventuale adozione di piani di abbattimento.
Ovviamente, la determinazione è ancora più difficile nel caso in cui più specie concorrano a causare uno stesso danno. Per l’identificazione, occorre
utilizzare esclusivamente criteri oggettivi, ovvero:
• la presenza di impronte, tracce ed escrementi;
• la presenza di sentieri d’accesso tracciati dagli
animali;
• la tipologia del danno.
La consultazione di atlanti faunistici può aiutare
nell’escludere alcune specie, di distribuzione
discontinua in alcune zone (per esempio il daino),
come potenziali responsabili.
In ogni caso, l’operatore deve avere una adeguata preparazione, non solo agronomica, ma
anche faunistica (capacità di riconoscere tracce e
segni di presenza delle varie specie).
Le cause principali della difficoltà nelle stime
sono:
— per le colture annuali:
• i danni alla semina o all’inizio della vegetazione possono causare delle riduzioni di rendimento
difficili da valutare al momento della raccolta, in
mancanza di riferimenti chiari;
• la distribuzione dei danni all’interno di una
particella è di solito eterogenea, il che impedisce la
valutazione delle superfici distrutte e del rendimento medio a partire da un campione ridotto;
• all’interno di una zona danneggiata, la proporzione di cui è possibile la raccolta è difficile da
valutare;
— per le colture pluriennali, la stima delle perdite è resa ancora più delicata in ragione della difficoltà di valutare le conseguenze nel medio periodo
di un danno verificatosi in un dato momento. In
caso di danni ingenti, la stima deve essere realizzata al momento del danno, anche se le perdite di raccolto si verificheranno negli anni successivi, e saranno influenzate anche dall’andamento climatico.
Deve quindi essere sottolineato il concetto di
stima, nel senso di una approssimazione la più vicina possibile alla realtà. Di conseguenza, l’obiettivo
di questo capitolo non è quello di proporre un
metodo di valutazione esatta delle perdite di raccolto, ma di mettere a disposizione dei tecnici un
certo numero di idee guida per affrontare il più
obiettivamente possibile una stima, e di mettere in
evidenza come certe pratiche possano causare errori rilevanti. In caso di danni molto ingenti, dovranno quindi essere adottati metodi più precisi, anche
se molto laboriosi.
La scelta di un metodo di stima deve tener
conto delle seguenti limitazioni:
• la disponibilità di tempo per il tecnico; infatti
la valutazione finale della perdita al momento della
raccolta comporta inevitabilmente un grande
numero di stime da realizzare in un periodo piuttosto breve, in particolare nel periodo immediatamente precedente la raccolta (cereali, uva, ecc.);
inoltre il numero di tecnici disponibili è spesso
troppo ridotto per consentire a ciascuno di dedica-
10
QUADERNO ARSIA 5/99
re tutto il tempo necessario ad una valutazione particolarmente rigorosa;
• il costo della stima deve essere valutato in
relazione all’entità complessiva del danno (stime
molto accurate possono essere più costose dell’indennizzo stesso).
Le basi per il calcolo dell’indennizzo
Il ruolo del tecnico si limita alla determinazione
dei parametri necessari per il calcolo dell’indennizzo, ovvero:
• la superficie delle zone danneggiate;
• il loro rendimento;
• la percentuale di danno nelle zone in oggetto.
1. La stima dei rendimenti
A seconda del tipo di danni e dell’epoca in cui
questi hanno luogo, il tecnico dovrà procedere o
alla stima del rendimento potenziale della coltura
danneggiata, oppure alla valutazione delle perdite
di rendimento in seguito a danni parziali su delle
zone ben precise.
1.1 Raccomandazioni importanti
Valutazioni ripetute
In assenza di valutazioni precedenti, nella stima
si dovrà tener conto solo delle perdite constatate al
momento della raccolta: ogni danno precedente
non potrà essere tenuto in conto, in quanto non si
potrà attribuirlo con certezza alla fauna selvatica. Se
si realizzano stime precoci, è indispensabile preparare una mappa della parcella con la localizzazione
delle parti danneggiate, in modo da riconoscere
facilmente queste zone al momento della stima finale, immediatamente precedente la raccolta.
Costituzione di zone campione
La conoscenza del rendimento che una particella avrebbe avuto senza i danni potrebbe in linea di
principio essere ottenuta preparando uno o più
recinti, protetti dall’attacco degli animali selvatici,
che potrebbero essere utilizzati come riferimento.
Questo metodo deve essere scartato per due
ragioni:
• la coltura realizzata all’interno del recinto può
essere oggetto di cure colturali particolari (per
esempio, concimazioni più abbondanti), rendendo
così non rappresentativo il campione;
• la protezione meccanica offerta da un recinto
favorisce la vegetazione, causando spesso un
aumento delle rese; questo effetto è tanto più forte
quanto più la superficie recintata è piccola.
Determinazione della resa a partire dal raccolto
medio del danneggiato
Un metodo semplice di stima consiste nel calcolare la differenza fra la produzione attesa in assenza
di danni (ottenuta moltiplicando il rendimento
medio valutato dal tecnico per la superficie totale
della parcella) e la produzione realizzata e conferita
dall’agricoltore.
Anche questo metodo deve essere scartato, in
quanto:
• la corrispondenza fra le consegne effettuate e
le parcelle da cui tali quantitativi provengono non è
sempre buona;
• una parte del raccolto può non essere conferito;
• la valutazione del raccolto atteso può comportare errori considerevoli a causa della stima nella
superficie esatta coltivata (vedere il paragrafo seguente).
Esempio: particella di grano duro con rendimento stimato di 40 quintali per ha e di superficie
dichiarata di 3 ha. Il raccolto atteso sarà dunque di
120 quintali. Il danneggiato dichiara un conferimento di 60 q.li, per cui la perdita sarà di 60 q.li.
Se però la superficie esatta messa a coltura (escludendo quindi i bordi inerbiti, fosse, ecc.) è di 2,75
ha, la resa attesa sarà di 110 q.li, e quindi la perdita sarà di 50 q.li. Di conseguenza, una sovrastima
del 9% nella superficie coltivata corrisponde ad una
sovrastima del 20% nella perdita causata dalla fauna
selvatica. Questo metodo di calcolo, che da una
parte amplifica considerevolmente l’errore che può
essere commesso a livello della stima della superficie della coltura e d’altra parte fa riferimento a
dichiarazioni generalmente non verificabili, non
deve essere utilizzato.
Localizzazione delle zone danneggiate
e delle loro rese
In generale la produzione di una coltura non è
omogenea, soprattutto nelle grandi particelle.
Cause di tali disomogeneità possono essere, ad es.:
• la distanza dal margine del campo;
• la presenza di zone ombreggiate;
• il tipo di suolo, diverso da un punto all’altro;
• il rilievo;
• le colture precedenti (che possono non essere
le stesse per tutta la superficie);
• le dosi di fertilizzanti applicati, ecc.
È dunque indispensabile percorrere la particella,
annotare le zone danneggiate e i rendimenti per
ciascuna delle zone.
I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E
1.2 Definizione delle parcelle campione
In funzione del periodo in cui i danni sono stati
commessi, il tecnico valuterà:
• la perdita di rendimento causata dalla fauna
(per esempio, in seguito a brucatura all’inizio della
vegetazione);
• oppure la valutazione della resa che è stata
ridotta in parte o in totalità dalla fauna.
Ricerca di zone campione per la valutazione
della resa (danni sul raccolto)
Raccolto interamente distrutto
In questo caso, se non esiste una zona campione, certamente la resa da applicare risulterà da una
decisione arbitraria. Il tecnico può basarsi su altre
particelle vicine, facendo delle correzioni se necessario, oppure, in mancanza di ciò, con l’applicazione delle rese medie ottenute nel Comune, con pratiche agricole comparabili. In ogni caso, e specialmente in caso di danni su cereali dallo stato pastoso fino alla raccolta, l’osservazione della densità
degli steli e della qualità delle spighe è una buona
guida per valutare la differenza di resa in rapporto
alle rese medie del Comune.
Raccolto distrutto su una o più sezioni
della particella
In questo caso è opportuno delimitare le zone
danneggiate. La valutazione della resa di queste
zone può essere allora effettuata:
• a partire dalle osservazioni che possono essere fatte su delle sezioni intatte poste all’interno di
queste zone danneggiate;
• in mancanza di ciò, mediante l’osservazione
della resa sulle particelle non danneggiate e ad esse
contigue.
Ricerca di zone campione per la valutazione
della resa (danni sulla vegetazione)
Il tecnico è chiamato a valutare la perdita di rendimento quando una coltura è stata danneggiata
all’inizio del periodo vegetativo senza che si verifichino nuovi attacchi durante la maturazione. Questo avviene soprattutto sui cereali autunno-vernini,
consumati o calpestati in inverno e primavera. In
questo caso, l’osservazione della coltura al momento della raccolta non permette di verificare la
presenza di zone a forte danno, e il raccolto può
apparire omogeneo, anche se in realtà un danno
esiste. Si tratta in questo caso di valutare le perdite
di resa dovute a ritardi vegetativi. Si devono considerare due casi:
a) i danni alla semina o all’inizio della vegetazione sono localizzati su una o più sezioni della
particella. In questo caso, occorre:
11
• delimitare le zone danneggiate durante dei
sopralluoghi precoci;
• stimare la resa potenziale di queste zone
mediante l’osservazione della resa delle sezioni non
danneggiate all’interno delle stesse particelle, o, se
questo non è possibile, osservando la resa su particelle contigue;
b) i danni alla semina o all’inizio della vegetazione colpiscono l’intera particella. Per la stima si
dovrà dunque fare riferimento, in modo arbitrario,
alla resa media ottenuta nel Comune, con pratiche
agricole comparabili. In questo caso non si potrà
proporre alcun metodo oggettivo di valutazione.
1.3 Stima empirica del rendimento
Il concetto di stima empirica non corrisponde
ad un concetto di soggettività, ma si definisce come
un metodo di misura che non comporti l’utilizzo di
strumenti. La valutazione empirica, a ‘colpo d’occhio’ presuppone, oltre che una buona conoscenza
delle colture ed una buona pratica, il rispetto di una
procedura tesa a ridurre al minimo i rischi di errore. Il tecnico deve verificare periodicamente la bontà delle sue stime, confrontandole con rese misurate esattamente.
Il metodo più semplice consiste nel ricercare
due o tre parcelle indenni da danni per ogni coltura all’interno della zona di competenza (idealmente, il Comune o il piccolo insieme di Comuni limitrofi). Il tecnico procederà quindi alla valutazione
della resa di ogni parcella, mediante i propri criteri,
ne registrerà i risultati e li comparerà, dopo la raccolta, alla misura precisa del raccolto.
Questo metodo presuppone:
• una buona collaborazione con l’agricoltore,
che dovrà organizzare la raccolta separata delle singole parcelle e misurare la resa di ciascuna;
• la scelta di parcelle relativamente piccole (meno di 2 ha) per limitare i rischi di eterogeneità della
coltura;
• la misurazione esatta della superficie effettivamente coltivata, per poterne determinare con precisione la resa unitaria;
• la stima con i metodi abitualmente seguiti dal
tecnico;
• l’annotazione dei diversi criteri di stima convalidati (per esempio, densità della vegetazione,
lunghezza delle spighe, ecc.).
Alla fine di questa operazione, il tecnico potrà,
da un lato conoscere lo scarto fra la resa media stimata con il proprio metodo e quella registrata, e
dall’altro, se necessario, verificare altri criteri di
stima. Se lo scarto è inaccettabile, sarà necessario
ripetere più volte questa procedura.
12
QUADERNO ARSIA 5/99
In ogni caso, la validità di questo metodo, e più
in generale dei test di valutazione empirica, è tanto
maggiore quanto più il numero di ripetizioni è elevato.
2. La stima della superficie
danneggiata
2.1 Raccomandazioni importanti
Assenza di sopralluoghi precedenti
Come per la valutazione delle rese, in assenza di
verifiche precedenti che stabiliscano con certezza
l’origine dei danni, non si dovrà tenere in alcun
conto la loro presenza, eccetto quelli di cui l’origine possa essere attribuita, al momento del raccolto,
senza dubbi alla fauna selvatica.
Determinazione della superficie danneggiata
a partire dalla dichiarazione del danneggiato
Quando il tecnico si trova in presenza di una
coltura distrutta totalmente o quasi, sembrerebbe
facile poter far riferimento alla superficie catastale.
Questo metodo è sconsigliabile, in quanto:
• la parcella messa a coltura non sempre corrisponde alla particella catastale;
• le superfici indicate a partire dal rilievo catastale possono non corrispondere alla particella interessata dai danni;
• infine, anche quando la particella messa a coltura corrisponde alla particella catastale, la superficie coltivata può essere nettamente inferiore a quella catastale: la presenza di siepi, sentieri di accesso,
superfici nude per le manovre delle macchine agricole ecc. possono indurre ad una sovrastima della
superficie effettivamente coltivata.
Applicazione di un tasso medio
di danneggiamento all’intera parcella
Generalmente, la determinazione di un tasso
globale di danneggiamento risulta da una grossolana (e inammissibile) approssimazione. Questo
metodo deve essere sconsigliato, in quanto le conseguenze pratiche della sua applicazione sono rilevanti. Infatti, piccoli errori nella stima del tasso
medio portano a grandi sovra- o sottostime nel
danneggiamento totale. Ad esempio, un errore del
10% (del tutto probabile con una stima di questo
tipo) nella valutazione del danno causato ad una
particella di 4 ha, di rendimento medio stimato di
50 q.li, coltivata con un cereale di costo unitario
pari a L. 30.000 causerà un aumento dell’indennizzo pari a L. 600.000.
2.2 Consigli per la valutazione
delle superfici distrutte
In generale, il tecnico, per la propria stima, non
deve tenere di conto della dichiarazione fatta dal
danneggiato.
Valutazione delle superfici danneggiate
Caso delle colture a modesto sviluppo
Per le colture che consentono al tecnico l’osservazione agevole nel corso degli spostamenti, il
metodo consigliabile è il percorrere la parcella ed
effettuare:
• un censimento delle zone danneggiate;
• la registrazione del tasso di distruzione applicabile a ciascuna zona;
• la stima della resa di ogni zona.
Spesso il rendimento è omogeneo su tutta la
particella. Ciononostante, in caso di grande eterogeneità, questo metodo evita di dover determinare
un rendimento medio, difficile da stimare. Inoltre,
il calcolo sarà alterato a seconda che i danni principali si trovino in zone a forte o a bassa produzione.
La varia conformazione delle zone danneggiate, la
loro dimensione, che può essere molto variabile all’interno di una parcella, obbligano ad una certa approssimazione. Ogni volta che la superficie della zona danneggiata appare superiore a 100 m2, essa dovrà essere
misurata. La misura potrà essere effettuata con un
telemetro laser, un decametro oppure con il numero
di passi. In quest’ultimo caso, la lunghezza media del
passo dovrà essere misurata preventivamente.
La determinazione del percorso potrà essere
fatta per fasce, a partire dalle tracce lasciate dal trattore durante i trattamenti. In loro assenza, si
potranno utilizzare dei punti di riferimento (ad es.
gli alberi al bordo di campo) oppure dei picchetti.
Caso delle colture a forte sviluppo
Utilizzare lo stesso metodo dei percorsi causa
tre problemi principali:
• il percorrere la parcella è molto disagevole,
specialmente in periodo piovoso;
• si rischia di tralasciare alcune zone danneggiate, in quanto schermate dalla vegetazione;
• se il percorso non è ben definito, alcune zone
danneggiate possono essere prese in considerazione
più volte; per eliminare questo problema, occorre
utilizzare dei punti di riferimento o dei picchetti.
Nel caso di semina su file, il metodo migliore
consiste nel percorrere la parcella sistematicamente
ogni 6-10 file (a seconda della visibilità). Le superfici danneggiate, i tassi di distruzione e i rendimenti sono annotati come nel caso precedente.
I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E
Verifica della superficie effettiva messa a coltura
Questa verifica si impone quando:
• la coltura è totalmente distrutta sull’insieme
della parcella;
• la proporzione di coltura distrutta costituisce
più della metà dell’intera superficie: può essere più
facile sottrarre alla superficie totale le zone non
danneggiate dopo il loro censimento.
Generalmente, quando la superficie totale deve
essere verificata, il tecnico si trova in una zona
molto soggetta a danni. I danni di solito si ripetono anno dopo anno sulle stesse parcelle, anche se
con importanza variabile. Questo metodo è di solito da riservare alle zone più danneggiate.
I tecnici dovranno avere a loro disposizione le
mappe catastali di tutte le zone più danneggiate, e
dovranno misurare le zone non coltivate all’interno
delle particelle distrutte. Tali misurazioni verranno
annotate in modo da poter essere riutilizzate (ove
non si verifichino cambiamenti) negli anni seguenti.
Il modo di procedere alla verifica dipenderà
dalla situazione:
— la coltura danneggiata si estende su una o più
parcelle:
• se, dopo verifica degli estremi catastali, è evidente che la superficie ricopre in totalità le particelle
catastali in oggetto, il tecnico misurerà le tare improduttive, ricaverà quindi le superfici effettivamente
messe a coltura ed eventualmente le sommerà;
• se la superficie messa a coltura non copre che
una parte delle particelle, il tecnico dovrà allora
chiedere al danneggiato di preparare una mappa
della zona coltivata, verificare che questa corrisponda alla realtà e quindi misurarla. In caso di contrasti, si potrà procedere ad un rilievo ufficiale.
Nota - In caso di danni sulla semina che giustifichino
una risemina, il tecnico dovrà considerare per il calcolo dell’entità del danno non la superficie danneggiata, ma la superficie da riseminare; quando questa
corrisponda all’intera particella, la superficie dovrà
essere verificata. L’indennizzo non dovrà essere erogato se non dopo una verifica dell’effettiva realizzazione della risemina.
13
Nota - La diminuzione del numero di steli e di spighe
(ad esempio, a causa delle brucature invernali) non
causa una perdita di resa ad essa proporzionale.
Infatti il diradamento della coltura è spesso parzialmente compensato dal maggior peso delle spighe
rimanenti.
I cinghiali possono consumare le spighe nelle
zone abbattute (per esempio, dal vento) o grufolarvi. In questi casi è importante distinguere le perdite di prodotto dovute all’abbattimento da quelle
dovute al cinghiale. Una osservazione delle parcelle a rischio molto prima della raccolta permette di
rendersi conto dell’importanza e della situazione
delle zone abbattute.
Se è piuttosto facile calcolare la lunghezza di un
sentiero tracciato da grossi ungulati all’interno di un
campo, è però più difficile stimarne la larghezza ed il
tasso di perdita di prodotto. Questi due ultimi parametri dipendono dalla specie responsabile, dall’epoca
del passaggio e dallo stato del suolo in quel periodo,
dalla coltura, dalla varietà e dallo stadio vegetativo.
3.2 Mais da granella e da foraggio
Danni alla semina
Delle grufolate profonde e regolari lungo le
linee di semina non implicano sempre un consumo
notevole del seme. I danni reali si osservano dopo
la germinazione. Dato che in caso di danni notevoli è preferibile invitare l’agricoltore a riseminare al
più presto, il tecnico dovrà effettuare il sopralluogo
prima possibile. Riprendendo i solchi della prima
semina, l’agricoltore può riseminare le zone danneggiate. Tuttavia, se i danni non sono omogenei
nelle diverse file, si avrà un raddoppiamento di alcune file.
Per evitare un nuovo attacco che si verificherà
con ogni probabilità sulla risemina, è assolutamente necessario adottare un metodo di prevenzione di
ulteriori danni (recinzione elettrica o foraggiamento dissuasivo su striscia nel bosco, sul percorso utilizzato dai cinghiali per giungere alla parcella danneggiata).
Danni prima del raccolto
3. Raccomandazioni pratiche
per tipo di coltura
3.1 Cereali autunno-vernini
Il tecnico dovrà utilizzare il metodo adatto per
le colture a modesto sviluppo vegetativo. Ogni
stima del tasso di distruzione complessivo per tutta
la parcella deve essere vietata.
Conteggio delle piante perse
Al contrario dei cereali autunnali, è impossibile
durante un passaggio vedere i danni su una notevole larghezza; in compenso, l’osservatore ha a disposizione dei dati affidabili per effettuare una stima:
numero di file, spaziatura fra le file (il che permette un calcolo rapido delle superfici e anche del numero medio di piante per metro). In ogni caso
bisogna stabilire la perdita di raccolto contando il
14
QUADERNO ARSIA 5/99
numero di piante perse su un certo numero di file
campione ripartite su tutta la parcella. Dal numero
di piante distrutte si può facilmente risalire alla perdita di raccolto, sia in quintali di granella che in
quintali di insilato.
L’esperienza mostra che in assenza di conteggi,
in caso di danni diffusi e di modesta entità (meno
del 20% di perdita), le stime a vista sono sempre
sopravvalutate dal 30 al 50%.
Utilizzo di metodi aerei
Per parcelle molto estese, l’impiego di aerei o
ultraleggeri è molto utile, in quanto permette una
visione globale della distribuzione e dell’entità dei
danni. Le foto consentono poi un esame ulteriore più
preciso. In ogni caso, un sopralluogo sul terreno nelle
zone più fortemente danneggiate si rende necessario,
in modo da riconoscere la causa dei danni, che può
essere (in tutto o in parte) estranea alla fauna (abbattimento da agenti atmosferici o altro).
3.3 Mais da seme
Distruzione di piante femmina
Questo si traduce in una perdita di resa, da stimare con gli stessi criteri utilizzati per il mais da
granella.
Mancata fecondazione delle pannocchie
A causa della distruzione delle file di maschi, l’impollinazione delle piante femmine può essere ridotta
o compromessa; il tecnico dovrà allora effettuare dei
conteggi campione (per esempio, su 20 piante consecutive) annotando il tasso di riempimento delle spighe per stimare la perdita (dovuta alla mancata fecondazione a causa dei danni sulle file di maschi) in relazione alle spighe non colpite dai danni.
La resa è determinata a partire dal conteggio e
dalla pesata delle spighe non colpite, in condizioni
colturali identiche. Bisogna comunque sottolineare
che il tasso di riempimento del 100% delle spighe
viene raggiunto raramente, anche in caso di assenza di danni. In caso di mancanza di piante constatata in seguito a danni alla semina, deve essere considerato il fatto che le piante restanti possono produrre spighe più pesanti e eventualmente produrne
in numero maggiore. Si deve essere molto prudenti nella determinazione del tasso di perdita, che
potrà essere stabilito solo dopo la verifica dell’effetto dei danni. Infatti è comune il caso di varietà con
bassa impollinazione a causa di eventi climatici,
edafici ecc. Il tecnico dovrà quindi tenere in considerazione il tasso medio di impollinazione, che può
essere modesto in alcune regioni. Al contrario,
l’impollinazione può essere eccellente anche in presenza di danni rilevanti.
3.4 Colza
Danni anteriori alla raccolta
La brucatura da parte di ungulati o il rivoltamento del terreno da parte dei cinghiali possono
verificarsi molto presto dopo la germinazione. È
importante effettuare sopralluoghi tempestivi, in
modo da non confondere questi effetti con problemi di altra natura (siccità, lumache, fitopatologie,
ecc.), da cui il colza è spesso colpito. Se l’agricoltore fa domanda troppo tardi perché il tecnico possa
constatare con certezza la natura del danno, non si
dovrà tener conto dei danni molto precedenti la
data della domanda (per esempio, danno da capriolo allo stadio di due foglie in settembre; domanda
di danni inviata in febbraio, quando le piante colpite sono scomparse da almeno 4 mesi). Il potenziale di recupero della pianta brucata (anche intensivamente) in inverno è molto elevato; si devono quindi identificare, durante i sopralluoghi invernali, le
zone brucate, annotando l’intensità delle brucature; questi risultati andranno poi confrontati con le
perdite reali al momento della raccolta.
Danni alla raccolta
Sono essenzialmente i danni dovuti allo sgranamento delle piante sui sentieri percorsi dagli ungulati; in questo caso, le silique sono vuote e si nota il
loro colore bianco. Si deve percorrere l’intero perimetro della parcella per contare i sentieri e misurarne larghezza e lunghezza, in modo da valutare la
superficie danneggiata.
3.5 Barbabietola
La brucatura può aver luogo molto presto, e
continuare per tutto il periodo vegetativo. Un
attacco precoce può far sparire le piante e avere
conseguenze importanti, ma i responsabili spesso
non sono i mammiferi selvatici (lumache, insetti,
fitopatologie, ecc.). Al contrario, il consumo di
foglie su una pianta adulta ha un effetto molto
minore sul rendimento finale della parcella.
3.6 Colture orto-floro-vivaistiche
È importante effettuare un primo sopralluogo
rapidamente, in quanto è spesso possibile mettere
in atto un efficace metodo di prevenzione dei
danni. Si dovranno quindi annotare:
• il numero di piante ‘perse’ (identificarne qualcuna permetterà di seguirne l’evoluzione);
• il numero di piante danneggiate, che verranno classificate in diverse categorie a seconda dell’entità del danno.
Per le colture nuove, il tecnico approfitterà dell’intervallo di tempo fra il primo sopralluogo e la
I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E
raccolta per documentarsi e, se necessario, effettuare un secondo sopralluogo. Bisogna sottolineare il
fatto che spesso gli imprenditori ignorano le conseguenze reali dei danni sullo sviluppo delle piante, e
hanno la tendenza a concludere che la perdita di
raccolto sarà notevole.
Alberi da frutto
Nuovo impianto non ancora in produzione
L’indennizzo prevederà o il rimpiazzo delle
piante perdute (costo delle piante + costi di reimpianto) oppure il ripristino delle piante danneggiate (potatura e pali di sostegno). Le perdite di raccolto dovranno essere indennizzate più tardi, al
momento della raccolta, in quanto è impossibile
prevedere in anticipo le perdite reali delle produzioni future; infatti il clima e le malattie possono
ridurre o annullare il raccolto. Inoltre, il prezzo di
vendita può variare notevolmente da un anno all’altro. Per queste valutazioni future, si sceglieranno e
si identificheranno alcuni alberi campione.
Piantagione in produzione
Si sceglieranno, in accordo con il danneggiato,
degli alberi campione rappresentativi e indenni da
danni, poi degli alberi danneggiati che rappresentino le varie categorie di danno. Si procede quindi
alla raccolta e si comparano i pesi del prodotto ottenuti dai diversi alberi;. da ciò si ricava la migliore
stima della perdita.
Vivai
La stima definitiva ha luogo l’anno della raccolta. Una percentuale di piante non commercializzabili (variabile a seconda dell’anno, delle specie,
delle varietà e delle categorie) dovrà essere ridotta.
Le piante che il tecnico considera danneggiate irreparabilmente dovranno, in sua presenza, essere distrutte dal danneggiato; se questi si rifiuta, dovranno essere escluse dal calcolo dell’indennizzo.
3.7 Vigna
Danni alla vendemmia
Danni limitati ad una parte precisa
della particella
Il tecnico dovrà contare (per fila e per pianta) il
numero di grappoli distrutti, moltiplicandoli poi
per il peso medio del grappolo (calcolato a partire
da un campione di grappoli intatti).
Danni diffusi su tutta la particella
Se i danni sono diffusi su tutta la particella,
senza una localizzazione precisa, a seconda della
grandezza della particella si può prevedere un conteggio dei grappoli distrutti su una vite ogni 2 o 3,
su un filare ogni 3-5. Se si verificano forti differen-
15
ze nel peso medio dei grappoli, si calcoleranno
medie differenziate nei vari settori. In generale, il
rendimento è inferiore sul bordo delle parcelle.
Danni ai tralci
In primavera, al momento del ricaccio, le vigne
possono subire dei danni importanti da parte del
capriolo, talvolta del cinghiale, ma spesso anche dei
lagomorfi e del bestiame domestico. La brucatura
dei giovani tralci nel primo stadio del loro sviluppo
può provocare la sparizione su una vite di uno o più
tralci. Questo tipo di danni, anche se raro, può dar
luogo a forti contestazioni sull’ammontare della
perdita, sia quantitativa che qualitativa: in effetti,
l’agostamento (fissazione della lignina nel rametto)
può essere compromesso. Questo comporta minore resistenza alle gelate e minor vigore del tralcio
nella primavera seguente e ritardi di crescita nei
nuovi impianti.
Tali danni avvengono in un periodo molto limitato, quando il tralcio misura solo alcuni centimetri
di lunghezza. Spesso sono evitati dai primi trattamenti fitosanitari, che vengono effettuati proprio in
questo periodo, e che sembrano avere un effetto
repellente.
È opportuno in un primo momento localizzare
nella particella le piante danneggiate (mediante conteggio dei filari) e se necessario riportarle in mappa,
in modo da poterle ritrovare nel corso della stima
definitiva. In ogni caso si dovrà attendere la raccolta per poter stimare i danni provocati ai tralci e valutarne l’importanza economica. La brucatura di un
tralcio all’inizio della crescita non causa infatti un
arresto definitivo della vegetazione, poiché si assiste
quasi sempre allo sviluppo di tralci di rimpiazzo, che
spesso fruttificano. Al momento della vendemmia si
verificano nuovamente le piante colpite in primavera, in modo da stimare la loro mancata fruttificazione per confronto con le piante vicine. D’altra parte,
bisogna considerare che generalmente una diminuzione nel numero di grappoli per pianta comporta
un aumento del peso medio del grappolo.
3.8 Prati
Danni da cinghiale
In caso di danni importanti, si dovrà effettuare
una risemina o un ripristino, che dovrà essere compensato solo dopo la sua effettiva realizzazione. Si
rende dunque necessario un secondo sopralluogo
di verifica. In generale, il ripristino può essere realizzato manualmente, in caso di grufolate sparse,
oppure meccanicamente, se il terreno si presta. In
caso di danni ingenti ben localizzati, il ripristino
con lavorazione e risemina non deve essere effet-
16
QUADERNO ARSIA 5/99
tuato che su zone fortemente distrutte, con grufolate profonde e più del 60% di prato distrutto.
Bisognerà tenere conto delle condizioni climatiche,
della natura del suolo e del periodo dell’anno.
Danni da cervidi
La perizia dovrà essere effettuata prima dell’eventuale pascolamento degli animali domestici,
altrimenti sarà impossibile valutare il pascolamento
dovuto ai cervidi. A seconda del tipo di suolo e
delle variazioni climatiche, un sovrapascolo invernale può causare una riduzione rilevante della produttività, fenomeno dovuto principalmente al calpestio. È quindi opportuna una prima verifica in
inverno, seguita da una valutazione della perdita di
raccolto alla ripresa vegetativa, prima del pascolo.
Prevenzione: la protezione delle colture contro i danni
causati dal cinghiale e dagli altri ungulati
Introduzione
Per assicurarsi il sostentamento, i grandi erbivori sono costretti ad alimentarsi, in parte all’interno
del bosco e in parte nelle aree coltivate. Di conseguenza, la conservazione di popolazioni rilevanti di
fauna selvatica presuppone l’accettazione di tale
consumo. Ciononostante le conseguenze economiche possono divenire insopportabili, sia per l’agricoltore che vede parzialmente distrutto il frutto del
suo lavoro, sia per il cacciatore che è tenuto a farsi
carico della rifusione di tali danni. Due fattori
essenziali concorrono, indipendentemente o simultaneamente, all’evoluzione dei danni:
• la dimensione delle popolazioni di ungulati
(numero totale di individui e densità)
• il tipo di colture impiantate nelle zone ‘a
rischio’.
Per ridurre i danni, è dunque necessario agire su
questi due fattori. Inoltre, possono essere utilizzati
dispositivi di protezione che mirino a limitare o
impedire l’accesso degli animali alle colture danneggiabili.
1. Il controllo delle popolazioni
di ungulati
1.1 Ungulati in regime di caccia di selezione
L’obiettivo di un corretto piano di abbattimento è esattamente quello di fissare il prelievo da effettuare in modo da adattare la densità di popolazione esistente alla capacità del territorio; permette
quindi di raggiungere la stabilità, l’aumento o la
diminuzione delle popolazioni facendo variare il
prelievo in funzione dell’evoluzione delle popolazioni e degli obiettivi fissati per ogni distretto.
Dato che la capacità portante di un ambiente è la
quantità massima di animali sostenibili senza che si
verifichino problemi rilevanti alle colture e al bosco,
l’importanza dei danni verificati da attribuire ad una
data specie deve dunque costituire un criterio essenziale da prendere in considerazione per formulare il
piano di abbattimento annuale per quella specie.
Il ruolo del tecnico incaricato della verifica e
valutazione dei danni è quindi fondamentale: degli
errori di determinazione della specie responsabile
conducono alla formulazione di piani di abbattimento erronei.
Nota importante
La prevenzione deve coinvolgere tutti, ed in particolare i cacciatori del distretto interessato dai
danni. Il tecnico che verifica l’ammontare dei
danni dovrebbe poter contattare immediatamente
il responsabile del distretto per installare rapidamente le opere di prevenzione, soprattutto in
caso di danni alla semina, in modo che l’agricoltore possa riseminare senza timore di nuovi
danni. In ogni caso, la prevenzione deve essere
fatta prima della comparsa dei primi danni. È
dunque necessario prevedere nelle zone a rischio
un ‘comitato di vigilanza’, a livello di distretto,
diretto da una persona responsabile di installare le
opere di prevenzione al momento opportuno,
prima dell’apparizione dei primi danni.
La vigilanza deve essere permanente, le zone a
rischio devono essere sorvegliate in modo intensivo per identificare i danni appena essi compaiono,
in modo da agire rapidamente. Se, malgrado la
prevenzione, si verificano dattacchi alle colture,
gli agricoltori devono poter contattare rapidamente per telefono un responsabile che farà
installare prima possibile i dispositivi necessari per
ridurre questi danni.
18
QUADERNO ARSIA 5/99
1.2 Cinghiale
Il cinghiale può essere considerato sedentario, a
livello di un distretto di adeguate dimensioni. Il
tasso d’accrescimento della specie, a seconda del
tipo di gestione adottato (per esempio, l’abbattimento preferenziale dei giovani) e le condizioni alimentari, può variare da meno del 100% fino al
200%. Il controllo della popolazione deve essere
effettuato sull’intera popolazione, per mezzo di un
piano di abbattimento che deve essere costantemente rivisto. Quando si stima che una popolazione sia troppo abbondante, è necessario aumentare
la pressione venatoria oppure modificare le regole
di abbattimento, aumentando il tasso di prelievo
degli adulti. Quando la limitazione risulti insufficiente, dovranno essere autorizzate battute finalizzate al controllo delle popolazioni oppure battute
di disturbo che permettono di allontanare momentaneamente gli animali dalle zone vulnerabili.
2. Azioni sulle colture
L’esperienza mostra che le colture sono tanto
più vulnerabili tanto più sono vicine a un bosco
ove gli ungulati trovano rifugio; come regola generale, la zona a più alto rischio è quindi quella contigua al bosco, per una profondità di circa 400
metri. L’osservazione dei danni in funzione del
tipo di coltura mette in evidenza la grande vulnerabilità del grano tenero e del mais (sia da granella
che da foraggio). L’agricoltore può dunque parzialmente limitare i rischi di danni impiantando sul
bordo del bosco le colture meno appetite (per
esempio, i cereali aristati) o quelle su cui i danni
sono tecnicamente e economicamente più sostenibili (prati), e allontanando dal bosco le produzioni
più vulnerabili.
Un piano colturale ben realizzato, che tenga in
considerazione la dislocazione dei danni negli anni
precedenti, costituisce dunque un mezzo importante per limitare i danni.
3. Azioni indirette di prevenzione
dei danni
3.1 Foraggiamento dissuasivo
La grande attrattività che il mais esercita sul cinghiale può essere utilizzata per dissuadere questa
specie dall’alimentarsi nelle aree coltivate. Un esperimento condotto in Alta Marna (Francia) ha dimostrato che fornendo una adeguata quantità di mais (1
kg per cinghiale al giorno durante il periodo critico)
si riducono del 70% i danni sui cereali a maturazione
lattea. Perché la dissuasione sia efficace, il mais deve
essere distribuito in lunghe strisce larghe da 10 a 20
m, per un totale di 40-50 kg al chilometro.
Inoltre, è fondamentale effettuare una distribuzione ogni giorno. I diversi metodi di foraggiamento tradizionali, come il bidone forato, il mais
sotterrato, la distribuzione in cumuli sono tutti
inefficaci. Infatti, i gruppi entrano in competizione
quando si devono alimentare nello stesso punto;
d’altra parte, il foraggiamento deve essere il più
‘naturale’ possibile, per non spaventare i cinghiali
più schivi. Inoltre, i dispositivi ‘self service’, utilizzati intensivamente a partire dal loro riempimento,
vengono svuotati prematuramente e non assicurano
un foraggiamento giornaliero costante. Il costo
della dissuasione mediante foraggiamento può essere equivalente al costo della rifusione dei danni, ma
ha il grosso vantaggio di non causare conflitti sociali fra agricoltori e cacciatori.
Per i cervi, a causa delle grandi quantità di cibo
ingerite, questa tecnica non è consigliabile.
3.2 Colture a perdere
La messa a coltura di particelle situate all’interno di complessi boschivi presuppone investimenti
considerevoli, cui non corrispondono spesso che
risultati aleatori. In mezzo al bosco il suolo è generalmente difficile da lavorare (troppo secco o troppo umido, poco soleggiato), la vegetazione spesso
si sviluppa più lentamente, e le colture spesso arrivano a maturazione solo molto dopo quelle in
pieno campo. Inoltre, la resa unitaria è inferiore del
25-30%, e le superfici disponibili sono spesso molto
limitate. Di solito è quindi preferibile, per prevenire i danni da cinghiale sul grano a maturazione lattea, procedere al foraggiamento su striscia già
descritto. Per limitare i danni sul mais a maturazione lattea, il foraggiamento con mais in granella non
è sempre efficace. In questo caso, la semina di mais
di varietà precoci all’interno del bosco può ridurre
i danni, se le particelle coltivate sono numerose, di
superficie adeguata e ben diffuse in tutto il bosco.
Ciononostante, molti esempi mostrano come i cinghiali frequentino simultaneamente anche i campi
di mais in produzione, che quindi devono essere
protetti con recinzioni elettriche.
Tenendo conto delle perdite, si può stimare che
per un periodo di vulnerabilità delle colture di 2 mesi
e mezzo si debba contare su 2-3 q.li di mais in chicchi per cinghiale per avere una dissuasione efficace.
Per una densità (pre-apertura della caccia) di 10 cinghiali per 100 ha, saranno quindi necessari 20-30 q.li
di mais (oppure circa 1 ha di coltura) per 100 ha.
I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E
4. Azioni dirette di prevenzione
dei danni
4.1 La protezione chimica o l’utilizzazione
di repellenti
Colture annuali
La protezione delle colture annuali, al contrario
di quella dei rimboschimenti, non può che essere
globale: è un’utopia raccomandare l’installazione di
una protezione individuale mediante l’applicazione
di un trattamento su ogni singola pianta. L’obiettivo di una protezione globale sarà quello di creare
o l’effetto di una barriera, agendo principalmente
sull’odorato dell’animale, oppure un effetto di
disgusto, procedendo, per esempio, a trattamenti
delle sementi (soprattutto nel caso del mais).
Attualmente, nonostante le numerose sperimentazioni condotte, non si può affermare che esistano
dei prodotti adeguati a permettere una protezione
globale delle particelle coltivate, in quanto l’effetto
repulsivo dei prodotti proposti è in genere di brevissima durata, e si hanno rapidamente fenomeni di
assuefazione degli animali.
Pertanto, nello stato delle conoscenze attuali,
questi metodi non sono consigliabili.
Vigna e alberi da frutto
Le vigne e gli alberi da frutto, contrariamente
alle colture annuali, possono essere oggetto di una
protezione individuale contro la brucatura invernale dei cervidi. Alcuni prodotti, a base di ziram o di
estratti animali associati a bitumi, hanno dato risultati soddisfacenti. Il trattamento deve essere effettuato prima dell’inizio del periodo dei danni di
questo tipo, cioè in novembre-dicembre, con
tempo secco e senza gelate. Se si osservano delle
brucature nel corso della stagione invernale, è sempre possibile trattare prima della comparsa dei germogli. La protezione chimica dei germogli giovani,
in corso di crescita, contro la brucatura estiva dei
cervidi resta un problema non risolto.
4.2 La protezione acustica
La protezione acustica consiste nell’emissione
ripetuta di rumori diversi per allontanare gli animali da una zona ove causano dei danni, creando un
clima di insicurezza.
Utilizzo dei detonatori
Questi apparecchi producono automaticamente, a intermittenza, secondo la cadenza desiderata,
potenti detonazioni che tendono a spaventare gli
animali. La cadenza da utilizzare nei confronti del
19
cinghiale e del cervo è di uno ogni circa 45-60
minuti. Un solo detonatore copre da 5 a 15 ha in
terreno aperto, ma da 1 a 3 ha nei frutteti.
Anche se di buone prestazioni, questi apparecchi non possono essere utilizzati per delle protezioni di lunga durata perché già dopo 3 giorni si osservano fenomeni di assuefazione. Il metodo è applicabile soltanto durante i periodi critici (per esempio, al momento della semina).
Metodi elettro-acustici
Il principio consiste nella diffusione, tramite
altoparlanti, di frequenze sonore: emissioni sonore
udibili, di ultrasuoni o di messaggi specifici.
Ad oggi, l’efficacia di tali metodi non è stata
dimostrata.
4.3 La protezione ottica
La protezione ottica consiste nell’utilizzazione
di spauracchi di vari tipi (manichini, bande riflettenti, sacchi di materiale plastico ecc.); non presenta interesse, in quanto gli animali vi si assuefanno
molto rapidamente.
4.4 La protezione meccanica individuale
delle piante
Esistono diversi sistemi che proteggono la totalità della pianta o solamente una parte. Nel caso dei
frutteti, la protezione individuale della pianta deve
essere totale, in modo da impedire completamente
alla fauna l’accesso. Si utilizza un dispositivo a manicotto in rete di plastica o metallica, le cui dimensioni variano in funzione della specie responsabile.
Questo tipo di protezione presenta il vantaggio di
non impedire i movimenti degli animali nella piantagione.
Manicotto in rete metallica zincata
Protezione contro il capriolo
Caratteristiche della protezione: rete metallica
zincata a maglia di 2,5 x 2,5 cm; ganci di chiusura
incorporati alle estremità del manicotto; diametro
19 cm, altezza 120 cm.
La messa in opera viene effettuata attorno alle
piante da proteggere, mediante la chiusura dei
ganci e fissaggio a due paletti di legno di cm
2x2x150. Il fissaggio della base della rete ai paletti
aumenta l’efficacia del sistema, evitando che i
caprioli sollevino il manicotto.
Protezione contro il cervo e il daino
Caratteristiche della protezione:
rete metallica zincata a tripla torsione (diametro
del filo 1,2 mm) a maglia di 5 cm; diametro 19-24
cm, altezza 180 cm; due o tre paletti tondi di cm 5
20
QUADERNO ARSIA 5/99
tro i conigli, che rodono la plastica. C’è rischio di crescita dell’apice vegetativo della pianta attraverso le
maglie della rete. Nel caso in cui sia impossibile utilizzare le guaine pronte all’uso (necessità di infilarle
sulla pianta), esistono anche reti in rotolo. Per tutti i
tipi di rete è difficile eliminare le infestanti all’interno.
Esistono delle reti metalliche non zincate autodegradanti, ma spesso di durata troppo breve. Inoltre possono essere fitotossiche per le giovani piante, a causa
della liberazione massiccia di ossido di ferro.
Conclusioni sulla protezione individuale totale
1. Shelter in rete metallica per prevenzione danni
da cervo
x 220. La messa in opera è simile a quella della protezione per il capriolo.
Nota - Questo tipo di manicotto è adatto a situazioni di forte densità di fauna, grazie alla buona resistenza meccanica. È efficace anche contro le lepri e i
conigli. Ha una buona durata ed è possibile il reimpiego. D’altra parte, è necessario rimuovere la protezione dopo il periodo di impiego, in quanto ci sono
rischi di danneggiare gli alberi a causa dello sfregamento o dell’incrostazione.
Manicotto in griglia di plastica
Caratteristiche della protezione: polietilene
nero a maglie di 18 mm, venduta pronta all’impiego, diametro 18 o 33 cm, altezza 120 cm (capriolo) o 180 cm (cervo o daino). Deve essere mantenuta attorno alla pianta mediante due paletti di 150
cm (capriolo) o 250 cm (cervo o daino). In zone a
forte presenza è necessario fissare solidamente la
protezione ai paletti.
Nota - Questo tipo di protezione ha una ottima efficacia contro i danni da capriolo. Buona resistenza
della plastica agli U.V. La plastica si stira durante la
crescita dell’albero, fino a rompersi senza rischio di
inglobamento nella corteccia. Di conseguenza, non è
indispensabile la rimozione. L’utilizzo dei paletti è
indispensabile. Questa protezione non è efficace con-
Questi metodi, a causa del loro alto costo, devono essere riservati a dei casi particolari e limitati.
Inoltre, si devono segnalare svariati inconvenienti:
• rischio di interferenza della rete metallica nella
corretta crescita della pianta;
• impossibilità di rimuovere le infestanti all’interno della rete;
• rischio di danneggiamento della rete in plastica,
sia da parte dei lagomorfi, sia da parte dei cervidi;
• rischio di cedimento dei manicotti non sufficientemente rigidi.
La durata della protezione è variabile a seconda
del tipo di manicotto adottato: quelli metallici sono
molto più resistenti di quelli sintetici, che si disintegrano sotto l’azione del gelo e degli ultravioletti
nel corso di 3-5 anni. Le plastiche nere e marroni
utilizzate attualmente sono più resistenti di quelle
gialle e bianche impiegate in precedenza.
4.5 Protezione totale con recinzione
metallica
I recinti in rete destinati a proteggere le zone
agricole dai cinghiali e dagli altri ungulati sono
poco utilizzate, a causa del carattere temporaneo
delle colture e del costo elevato del materiale e della
posa in opera. Ciononostante possono essere giustificate per alcune colture particolarmente appetite
(vivai, orto-floricoltura). In nessun caso tali recinzioni devono essere generalizzate, dato che costituiscono un impedimento molto forte per gli spostamenti degli animali. Il loro finanziamento deve
essere a carico del proprietario.
La recinzione è realizzata con una rete di altezza che va da 2 m (capriolo) e 2,5 m (cervo e daino).
I pali (diametro 9 cm) devono essere piantati ogni
3-4 m. La rete vi può essere fissata in modo permanente con delle grappe, ma si preferisce un sistema
smontabile che permette di rimuovere sezioni della
recinzione (ad es., per far uscire animali eventualmente rinchiusi nel recinto).
Questa protezione non resiste durevolmente al
cinghiale, che vi può aprire delle brecce.
I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E
4.6 La recinzione elettrica
Introduzione
L’impiego della recinzione elettrica come metodo di protezione delle colture dai danni causati
dalla fauna selvatica non è una innovazione recente. Infatti, a partire dal 1946, degli agricoltori del
Dipartimento francese dell’Alta Marna utilizzavano
questo tipo di protezione per limitare i danni causati dai cinghiali, molto numerosi dopo la guerra.
Già all’epoca, i risultati erano stati ottimi, nonostante un certo numero di difficoltà: elettrificatori
poco potenti (il che limitava la superficie delle zone
protette), manutenzione difficile (sfalcio manuale
della vegetazione), ecc. Dal 1970 in poi, il Consiglio Superiore della Caccia, divenuto poi Ufficio
Nazionale della Caccia (ONC) è tenuto a rifondere
i danni causati alle colture dai cinghiali e dalla grossa fauna oggetto di piani di abbattimento. A causa
dell’importanza del finanziamento necessario, e in
considerazione della situazione critica di alcuni
agricoltori particolarmente colpiti, l’ONC è stato
spinto a proporre l’utilizzo di sistemi di protezione.
Sono quindi state intraprese diverse sperimentazioni: tentativi di dissuasione acustica, repellenti chimici, protezione con recinti elettrici. Quest’ultimo
metodo, anche se non costituiva una novità, necessitava ancora di una considerevole messa a punto, in
modo da ottenere una recinzione di facile installazione e manutenzione, che permettesse la protezione di vaste zone coltivate e che fosse compatibile
con le esigenze di una agricoltura meccanizzata.
Inoltre, era necessario valutare il rapporto fra
l’efficacia e il costo di tale metodo di protezione,
nelle normali condizioni di utilizzo; l’ONC non
poteva proporre o incoraggiare degli investimenti
se questi non erano inferiori alle economie realizzate sul piano della rifusione danni. Era inoltre necessario assicurarsi che i cinghiali e gli altri ungulati
non si spostassero sistematicamente nei campi che
restavano non protetti.
Lo studio che ha portato alla realizzazione del
presente documento ha avuto inizio nel 1976, nel
Dipartimento dell’Alta Marna. La messa a punto di
questo metodo e la sua dimostrazione sono state
ottenute dopo un periodo di tre anni. A partire dal
1980 è la Federazione dei Cacciatori che ne prosegue l’impiego. È ormai dimostrato come la recinzione elettrica costituisca senza ombra di dubbio
un modo efficace di protezione delle colture contro
i danni da cinghiale (anche se tale protezione non
può essere totale), a condizione di rispettare un
certo numero di regole relative alla scelta dei materiali, alle condizioni di installazione, alla manuten-
21
zione e alla sorveglianza delle apparecchiature; i
due ultimi punti costituiscono dei fattori essenziali
per il successo di una operazione di prevenzione.
I materiali
Il cavo
Il cavo da utilizzare è di acciaio zincato e ritorto
(composto da più fili) montato su avvolgitore. Questo tipo di filo presenta molti pregi:
• flessibilità;
• grande robustezza;
• resistenza allo strappo grazie alla sua elasticità;
• in caso di strappo, può essere riparato con un
semplice nodo.
Se montato su avvolgitore-tenditore (500 m di
cavo per avvolgitore sono un buon compromesso)
è di facile impiego:
• si srotola facilmente applicandolo al retro di
un veicolo;
• la tensione del filo può essere facilmente regolata;
• in caso di rottura, è facile allentare il cavo,
ripararlo e tenderlo di nuovo;
• lo stoccaggio e il successivo riutilizzo sono
particolarmente facili;
• l’avvolgitore può essere attaccato su un picchetto di legno, senza bisogno di accessori speciali.
Bisogna sottolineare che gli altri tipi di cavo
hanno svariati inconvenienti:
• le bande di plastica (larghe 1-2 cm) sono fragili e di scarsa conduttività; inoltre, offrono notevole resistenza al vento, che quindi rischia di abbattere la recinzione; il loro continuo movimento le sfibra e le rompe a livello degli isolatori. D’altro canto,
i cervi le vedono e tentano di superarle saltando;
• il filo spinato richiede molta manodopera per
la posa in opera, la riparazione, lo stoccaggio;
• il fil di ferro liscio si stende con molta difficoltà, si rompe molto facilmente e il suo reimpiego
è difficile;
• il filo plastificato è scarsamente resistente e
viene deteriorato dai roditori, sia al momento dello
stoccaggio che sul terreno, in periodo di inutilizzo.
I picchetti
La scelta dei picchetti deve consentire una facile
installazione e rimozione, in funzione della protezione desiderata o delle correzioni da apportare nel
tracciato della recinzione. Sono utilizzati due tipi di
picchetti:
I picchetti di forza
Sono particolarmente adatti ad assicurare solidità alla recinzione i paletti di legno (castagno o
22
QUADERNO ARSIA 5/99
picchetti in ferro
picchetti in legno
2. Picchetto d’angolo che non dà un supporto sufficiente
3. Picchetto d’angolo ben installato
acacia), in quanto molto rigidi. Vengono utilizzati
negli angoli e alle estremità del recinto. Per consentire una tensione soddisfacente del cavo, devono
essere conficcati solidamente e, se necessario, sostenuti con tiranti o sostegni laterali. Se i pali devono
restare sul posto per vari anni, si consiglia di bruciarne la parte da interrare per garantire una migliore conservazione.
Gli isolatori
A ogni tipo di picchetto si possono adattare vari
tipi di isolatori. I migliori risultati sono ottenuti:
• per i picchetti d’angolo, con gli isolatori tipo
“carrucola”;
• per i picchetti di supporto, con degli isolatori
a spirale tipo “coda di maiale”.
I picchetti di supporto
Questi devono servire solo da supporto ai cavi;
non possono quindi sopportare una trazione laterale.
Devono essere leggeri, poco ingombranti, facilmente
trasportabili e stoccabili. Devono inoltre poter supportare degli isolatori regolabili in altezza con semplice pressione manuale. La scelta dovrà quindi orientarsi su picchetti ad asta, più o meno rigidi, di sezione circolare e di 12 mm di diametro. Esistono tipi in
materiali isolanti, il che evita ogni rischio di massa a
terra per contatto dei cavi sui picchetti.
Sono disponibili picchetti:
• in fibra di vetro: particolarmente rigidi e isolanti, sono i più adatti;
• in plastica: hanno l’inconveniente di curvarsi
sotto la tensione del filo se la recinzione non è perfettamente rettilinea;
• in acciaio zincato e plastificato: sono nettamente più costosi dei tipi precedenti;
• in ferro tondo da edilizia: sono economici e
resistenti, ma hanno l’inconveniente di essere conduttori.
Gli isolatori d’angolo, tipo “carrucola”
Sono in polietilene, elastici, robusti, facili da
installare. Devono essere attaccati ai picchetti d’angolo con un fil di ferro liscio n. 16 o 18. Non devono mai essere fissati con un tirafondi, perché in caso
di tensione del filo c’è il rischio di far ruotare il palo
e di strappare l’isolatore.
Gli isolatori a spirale, tipo “coda di maiale”
Questi isolatori si possono montare sui picchetti a sezione circolare, in ferro o plastificati.
Presentano i seguenti vantaggi:
• sono di montaggio rapido, senza necessità di
utensili;
• l’altezza di installazione è regolabile in ogni
momento con la semplice pressione della mano;
• l’isolamento resta ottimo anche in caso di
pioggia, brina o neve, in quanto la distanza del filo
dal picchetto è di 4 cm;
• lasciano scorrere liberamente il cavo, anche se
con nodi, questo permette una buona tensione del
cavo e un facile riavvolgimento;
• restano fissati ai picchetti in caso di trasporto
I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E
23
4. Fissaggio di un isolatore di tipo “carrucola” su un
picchetto d’angolo
5. Fissaggio di un isolatore “a coda di maiale” su un
picchetto in fibra di vetro
e di stoccaggio;
• un isolatore supplementare può essere
aggiunto con facilità, nel caso si renda necessario
aumentare il numero di cavi.
sufficiente nel cavo. Possono essere classificati in 3
gruppi, a seconda della sorgente di corrente elettrica che li alimenta: pile, accumulatori o corrente.
Gli elettrificatori
L’elettrificatore costituisce l’equipaggiamento
fondamentale della recinzione. La sua scelta è
essenziale. Sul mercato esistono due grandi famiglie
di elettrificatori:
• apparecchi di concezione antica, detti “meccanici” in riferimento al tipo di ruttore di cui sono
muniti (in particolare, ruttori in acciaio o mercurio). Questo tipo di apparecchio permette di ottenere per ogni impulso una tensione che varia da V
1.000 a 2.500 circa, a seconda che si tratti di un
elettrificatore a pile o a corrente;
• apparecchi di concezione recente, detti “elettronici” o ad impulso corto. Questi apparecchi permettono di ottenere per ogni impulso una tensione
che varia da V 2.000 a 10.000, a seconda che si
tratti di un elettrificatore a pile o a corrente.
Nel caso di recinzioni elettriche impiantate per
proteggere le colture contro i danni da fauna selvatica, realizzate con grandi lunghezze di filo e installate in zone ad alto rischio di messa a massa (abbondante vegetazione erbacea o arbustiva, utilizzo
di picchetti in ferro, ecc.) devono essere impiegati
esclusivamente elettrificatori ad impulso corto, di
migliori prestazioni, il che permette, in caso di
messa a massa, di mantenere una tensione elettrica
Elettrificatori a pile
Sono molto pratici, in quanto:
• la durata di una pila è di almeno sei mesi;
• permettono di elettrificare fino a 2 km di
recinzione a due cavi.
Possono quindi essere utilizzati per la protezione di parcelle di 3-5 ha.
Elettrificatori ad accumulatori
Questi apparecchi sono:
• potenti, in quanto permettono di elettrificare
fino a 5 km di recinzione (a 2 o 4 cavi), e assicurano una tensione soddisfacente in caso di massa;
• utilizzabili dappertutto, contrariamente agli
elettrificatori a corrente.
L’impiego degli elettrificatori presenta però due
inconvenienti importanti:
• devono essere ricaricati ogni tre settimane, il
che comporta la necessità di trasporto e di manipolazione, oltre che il rischio di dimenticarlo;
• sono rubati più spesso degli altri tipi.
Devono quindi essere impiegati quando non sia
possibile utilizzare un elettrificatore a corrente.
Nota - Tenuto conto della necessità di ricarica, bisogna prevedere in media 3 batterie ogni 2 elettrificatori. Devono essere utilizzate batterie a forte amperaggio.
24
QUADERNO ARSIA 5/99
6. Recinzione a 1, 2 e 4 fili
di totalmente irrilevante (L.
1000 al mese, nel caso di un elettrificatore sempre in funzione).
Conclusioni
La scelta migliore sarà quindi:
• un elettrificatore a impulsi
corti (elettronico)
• ogni volta che sia possibile,
anche a costo di un maggior
lavoro e costo di installazione,
utilizzare un elettrificatore a
rete, che dovrà assicurare una
tensione minima di 6.000 volt
sulla recinzione, e almeno un
impulso al secondo.
Realizzazione della recinzione
elettrica
Caratteristiche della recinzione
a seconda della specie
In ogni situazione, la recinzione
elettrica dovrà essere concepita
come l’investimento minimo per
ridurre i danni, perciò sarà realizzata diversamente a seconda:
Recinzione ad 1 filo
Recinzione a 2 fili
Recinzione a 4 fili
• della specie di cui si voglia
impedire il passaggio;
Elettrificatori a corrente
• del livello di rischio, legato alla frequentazioSono di gran lunga i più soddisfacenti, in quanne abituale degli animali;
to possono alimentare più di 5 km di recinzione a
• dell’appetibilità della coltura da proteggere.
4 fili (o più di 10 km a 2 fili) e resistono molto bene
alle messe a terra causate dal contatto con erba o
Il cinghiale
rami. Necessitano di una presa di corrente a 220 V.
In zone poco frequentate da questa specie e per
È inoltre possibile portare a grande distanza l’imcolture poco appetibili, un singolo filo a 25 cm da
pulso elettrico con un semplice cavo, sia aereo (norterra può essere sufficiente. Nelle zone molto fremale filo da recinzione), sia sotterraneo (filo elettriquentate, e per le colture più vulnerabili (per es.:
co isolato), a partire dall’elettrificatore collegato
semina di mais) si dovranno installare 2 cavi (a 25 e a
alla rete in una fattoria o in una abitazione, fino alla
50 cm dal suolo). Nel primo caso, potranno essere
recinzione. È quindi fortemente consigliabile effetsufficienti picchetti di 60 cm, mentre nel secondo
tuare degli allacciamenti a partire da elettrificatori,
bisognerà prevedere picchetti di 120 cm; nel terreno
anche distanti alcuni chilometri, in quanto il costo
lavorato, è talvolta necessario infilarli per 40 cm in
di montaggio è più che compensato dalla eliminamodo da avere una installazione soddisfacente.
zione dei costi di manutenzione delle batterie e
dalla maggiore efficacia.
Il cervo e il daino
Una recinzione a due fili destinata alla protezioIl consumo di elettricità è dell’ordine dei 8-12
ne delle colture contro i danni da cinghiale può
Watt (10% di una normale lampada); il costo è quin-
I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E
25
7. Aggiunta di fili supplementari
su un passaggio di fauna
Fili supplementari
essere efficace anche contro i Filo elettrificato
cervidi, se la coltura è poco
appetita. Più in generale, per
ottenere una buona protezione
è necessario l’impiego di 4 cavi
(a 25, 50, 120 e 170 cm da
terra). Saranno necessari picchetti di 2,4 m.
Ai fili dovranno essere fissate
delle strisce (tipo nastro da cantieri) di 60 cm; per ogni spazio fra
due picchetti, bisogna prevedere
un minimo di due strisce su
ognuno dei fili in alto ed una per
ogni filo in basso.
Questo tipo di recinzione
permette quindi una protezione
sia dai cervidi sia dal cinghiale.
Talvolta, gli animali riescono
a passare la recinzione; questo di
solito accade sempre negli stessi
luoghi, lungo un passaggio. In
questi casi, si dovrà:
• modificare l’altezza dei fili;
• inserire alcuni fili supplementari, fissati su degli isolatori
e collegati al filo elettrificato con
dei fili di ferro;
• aggiungere delle strisce segnaletiche;
• fissare una banda di rete metallica al filo, in
modo che sia elettrificata. Bisognerà in questo caso
fare attenzione a non mettere a massa la recinzione.
Determinazione del tracciato della recinzione
Una volta che la recinzione sia installata, il successo della protezione sarà lungi dall’essere realizzato, ma dipenderà dalla qualità della manutenzione e della sorveglianza dell’installazione: una recinzione deteriorata, qualunque sia la causa, può, in
pochissimo tempo, annientare ogni sforzo effettuato fino ad allora.
È per questo che, quando si tratta di determinare il tracciato del recinto, è essenziale pensare alla
facilità di accesso su tutto il perimetro, in modo che
la manutenzione e la sorveglianza non costituiscano uno sforzo eccessivo che, nel tempo, finirà per
scoraggiare anche i più entusiasti. Inoltre, alcune
particolarità topografiche costringono a delle precauzioni per evitare la penetrazione degli animali.
Regole generali
In ogni caso, la recinzione:
• dovrà essere installata in mezzo ad una zona
priva di vegetazione, di larghezza minima di 1,5 m;
• dovrà comportare le minime limitazioni possibili per l’agricoltore e per gli altri utilizzatori dello
spazio ad essa circostante;
• dovrà avere un facile accesso.
Con queste limitazioni, il tracciato sarà determinato tentando di sfruttare al meglio le possibilità
offerte dal terreno, e in particolare:
• ogni volta che sia possibile, la recinzione sarà
installata sul margine di una strada o di un sentiero
percorribile in auto; se questo manca, è da prevedere una sua creazione; in questo modo, l’installazione, la manutenzione e la sorveglianza saranno
26
QUADERNO ARSIA 5/99
8. Due recinzioni distanti un metro possono essere
saltate
9. Dopo aver saltato la recinzione già in essere, come
d’abitudine, l’animale urterà nella recinzione elettrica
10. Disposta in questo modo, al piede di una scarpata, la recinzione potrà essere saltata
11. L’animale urterà contro la recinzione
e non passerà
grandemente facilitate;
• in generale, è preferibile installare la recinzione nel bosco, piuttosto che nei terreni agricoli, in
quanto i lavori annuali di manutenzione sono limitati se si fa passare il recinto all’interno di boschi con
coperture sufficientemente alte e dense. Sarà allora
sufficiente procedere a degli interventi limitati, per
liberare il recinto da rami e arbusti. Nei casi in cui si
debba necessariamente attraversare una parcella
tagliata recentemente o una zona arbustiva, sarà
necessario aprire un passaggio, più rettilineo possibile, largo 1,5 m. In questo modo la recinzione non
rischia di essere danneggiata durante le lavorazioni
agricole, e la crescita della vegetazione è debole, il
che facilita grandemente la manutenzione;
• quando la recinzione deve essere installata nei
campi (in caso di difficoltà di installazione nel
bosco o di protezione di una parcella isolata) è preferibile sacrificare 1,5 m di coltura sul perimetro
considerato, in modo che la recinzione sia disposta
su di un suolo relativamente piatto, piuttosto che
installarla su una scarpata, su un fossato o in altre
zone accidentate. In effetti, oltre alle complicazioni durante il lavoro, potranno rimanere degli spazi
troppo ampi fra i fili e il suolo, il che permette il
passaggio degli animali.
Casi particolari
Limitazioni topografiche obbligano talvolta a
modificare il tracciato previsto per assicurare l’efficacia della recinzione.
a) La recinzione elettrica deve essere posta in
I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E
27
12. Gli animali passeranno lungo la recinzione
e avranno accesso all’area da proteggere
13. Gli animali saranno allontanati dalla zona
da proteggere
prossimità di una recinzione preesistente (per esempio, recinto da pecore) che gli animali sono abituati
a oltrepassare. In questo caso, dopo aver oltrepassato, come d’abitudine, la recinzione fissa, l’animale
urterà sulla recinzione elettrica. Se questa è impiantata a meno di 3 m dalla recinzione fissa, gli animali passeranno le due recinzioni anche se ricevono
una scarica elettrica: nello slancio, non avranno la
possibilità di riprendersi e di confrontarsi con il
nuovo ostacolo in condizioni normali. È dunque
indispensabile prevedere uno spazio di più di 3 m (5
m sono di norma soddisfacenti) fra una recinzione
preesistente e una recinzione elettrica.
b) La recinzione elettrica deve essere installata
vicino a una scarpata. In questo caso, se la recinzione è posta al piede del dislivello, gli animali che
arrivano dall’alto la passeranno. Dovrà quindi essere piazzata o sul bordo superiore della scarpata,
oppure a una distanza di 3-4 m dal piede.
c) La recinzione deve lasciare il passaggio di una
via di circolazione (strada, ferrovia, ecc.). Una
recinzione disposta su un tracciato rettilineo, interrotto per lasciare il passaggio di una strada, non
impedirà il passaggio degli animali, che potranno
sfruttare questa apertura per accedere alla zona da
proteggere. È quindi indispensabile adottare una
protezione supplementare, prevedendo un ritorno
lungo la strada, per una lunghezza di 30-50 m;
così, gli animali saranno costretti ad allontanarsi
dalle colture e saranno spinti a ripartire. Infatti è
piuttosto raro che gli animali si infilino in un corridoio di alcune decine di metri, circondato da una
recinzione elettrica.
Preparazione del terreno
Come abbiamo visto, l’installazione della recinzione deve essere effettuata, su tutta la sua lunghezza, al centro di una zona larga un minimo di
1,5 m, priva di vegetazione e più pianeggiante possibile. Infatti, se la fascia diserbata è troppo stretta,
la vegetazione arriverà a toccare i fili e fare massa.
È molto raro che l’installazione possa essere realizzata sul suolo nudo esistente; sarà dunque di solito necessario preparare il terreno.
Di conseguenza:
• tutta la vegetazione, per una larghezza di 1, 5
m e un’altezza di 2 m sarà sfalciata o altrimenti
distrutta;
• la recinzione sarà installata su una fascia non
seminata larga 1,5 m;
• se il terreno è accidentato (per esempio, presenza di solchi profondi) si realizzerà un livellamento mediante una fresa.
Dovrà essere previsto inoltre un trattamento
erbicida. Questa condizione è determinante per il
buon funzionamento della recinzione: infatti, se
28
QUADERNO ARSIA 5/99
14. m = picchetti di forza in legno; l = picchetti di sostegno in ferro; caso A: i picchetti di ferro cederanno negli
angoli e la recinzione si allenterà; B: buona disposizione dei picchetti
15. Cattivo posizionamento dell’isolatore
16. Posizionamento adeguato
rimangono delle erbe o piccoli rami, diventeranno
buoni conduttori in periodi umidi (rugiada, pioggia), causando forti perdite di corrente, anche con
dei buoni elettrificatori a impulso breve. Il diserbo
chimico deve essere effettuato all’inizio del periodo
vegetativo, in primavera, oppure il prima possibile
dopo l’installazione della recinzione (non prima,
per essere sicuri di trattare nel posto giusto).
Si effettuerà un trattamento erbicida a largo spettro (atrazina o simazina, più un altro principio attivo
in modo da distruggere per assorbimento radicale le
graminacee e le dicotiledoni annuali). Altre dicotiledoni non possono essere distrutte efficacemente se
non dopo germinazione, in quanto i prodotti agiscono per assorbimento foliare. È preferibile effettuare due trattamenti: antigraminacee il più presto
possibile, antidicotiledoni dopo la germinazione. Nel
secondo trattamento si può aggiungere, se necessario, un antigraminacee se non fossero state distrutte
completamente durante il primo trattamento.
I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E
17. A: gli animali potranno passare nel punto “e”
Note:
• i trattamenti erbicidi devono sempre essere effettuati in periodi non piovosi (24 h minimo);
• l’applicatore a zaino è sconsigliato, eccetto per piccole superfici o per zone di difficile accesso che non
si sia potuto evitare nella determinazione del tracciato (in questo modo si possono trattare strisce di 250300 m al massimo);
• lo sfalcio, in periodo vegetativo, è insufficiente, in
quanto causa sempre una ricrescita;
• il Glyphosate, prodotto spesso proposto per il
diserbo, può risultare corrosivo per i cavi;
• il cloruro di sodio va evitato perché corrosivo.
Montaggio
Disposizione dei picchetti
a) Caso generale: i picchetti più robusti, in
legno, saranno utilizzati negli angoli, qualunque sia
la loro apertura alle estremità del recinto e come
supporto degli avvolgitori; i picchetti di supporto,
in ferro, posti fra i picchetti di legno, saranno
disposti a distanze di 12-13 m in terreno pianeggiante; è necessario disporre gli isolatori nel senso
della trazione del cavo, in modo da evitarne la rotazione e, di conseguenza, la messa a terra sui picchetti in ferro.
b) Su rilievo accidentato: come già sottolineato,
è indispensabile che il recinto segua il rilievo del
29
B: posizionamento corretto dei picchetti
terreno, in modo da evitare di lasciare fra il livello
del suolo e i fili spazi eccessivi, che porterebbero al
passaggio di animali.
Installazione degli isolatori
Una volta fissati i picchetti, la messa in opera
degli isolatori si realizza facendo scivolare la spirale
lungo il picchetto metallico con pressione manuale
fino all’altezza desiderata.
Installazione dei cavi
Il cavo, montato su avvolgitore, è attaccato in
partenza su un isolatore di tipo “carrucola”, fissato
ad un picchetto di legno mediante un filo di ferro,
poi è fatto scivolare negli isolatori a spirale inseriti
sui picchetti in ferro. Gli avvolgitori (essi stessi elettrificati) sono fissati ad un isolatore a carrucola fissato su un picchetto di legno. In questo modo, il
peso della bobina permette di assicurare una tensione permanente del filo.
Si dovranno prevedere sistemi per attraversare
eventuali vie di comunicazione. Inoltre l’installazione di interruttori in alcuni punti della recinzione permette di facilitare grandemente la sorveglianza e la manutenzione del dispositivo.
Per assicurare il buon funzionamento della recinzione è indispensabile:
• collegare fra loro, verticalmente, e almeno
30
QUADERNO ARSIA 5/99
Avvolgitore
Isolatori
Tensione del filo
18. Fissaggio dei fili e dell’avvolgitore su picchetti di forza
Cavo isolato
19. Passaggio sotterraneo di un filo elettrico
ogni 400 m, i fili della recinzione;
• collegare fra loro, orizzontalmente, i fili situati ad una stessa altezza e provenienti da due avvolgitori differenti;
• assicurarsi, in ogni caso, di avere un contatto
perfetto fra i due fili, in modo da limitare le perdite di corrente. Se la recinzione è installata per vari
anni consecutivi, dovranno essere utilizzati dei
capicorda inossidabili.
Si possono proporre varie soluzioni al problema
dell’attraversamento di una via di circolazione:
a) sentieri e strade sterrate:
se con fondo naturale o con passaggi sotterranei
preesistenti, il filo isolato andrà fatto passare sotto
terra; in caso contrario, si utilizzerà un passaggio
aereo; si disporranno due pali (3-5 m) ai lati della
strada, e si fisserà un isolatore d’angolo su ciascuno
di essi; il filo di recinzione sarà fissato al palo, all’altezza abituale, mediante isolatore; un cavo passante sugli isolatori fissati ai pali e collegato alla recinzione assicurerà l’elettrificazione. Tali passaggi non
costituiscono un pericolo in quanto la corrente
elettrica è a basso amperaggio.
Nota - Nel bosco, degli alberi potranno essere utilizzati al posto dei pali; si dovrà però procedere ad una
buona potatura per evitare i contatti fra i rami e il filo
in caso di vento, oppure utilizzare un cavo isolato.
I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E
31
20. Passaggio sopraelevato al di sopra di un sentiero
b) strade a traffico sostenuto:
la soluzione migliore è il passaggio di un cavo
isolato sotto un ponte o in uno scolo d’acqua, prevedendo un sistema di fissaggio che mantenga il
cavo nella parte superiore del passaggio. Se questo
non è possibile, il cavo dovrà essere interrato in una
trincea profonda 15-20 cm. Nel bosco è possibile
utilizzare gli alberi più alti per far passare il filo
sopra la strada.
In tutti i casi di attraversamento di una strada o
sentiero bisogna prevedere un ritorno della recinzione lungo la strada stessa (vedi Figg. 12-13, a p.
27). I cancelli sono da sconsigliare perché non sono
quasi mai richiusi.
Utilizzo degli interruttori: quando si verifichi
una messa a terra importante, in conseguenza di un
danneggiamento, su una sezione di recinzione elettrificata da un solo punto (3-5 km di recinzione), la
tensione elettrica, a ogni impulso, sarà abbassata su
tutta la sezione. L’impiego di un voltmetro, se permette di verificare l’esistenza di una messa a terra
importante, non consente però di localizzarla.
Invece, se la sezione di 5 km è divisa in 5 sezioni di 1 km ciascuna, grazie a degli interruttori, la
localizzazione dell’avaria è molto più facile e veloce: partendo dalla sorgente di corrente, l’incaricato
della verifica può, ogni chilometro, interrompere la
corrente nella sezione che segue. Se il voltmetro
indicherà allora una tensione sufficiente nella parte
di recinzione che precede l’interruttore, questo
significa che la recinzione non è danneggiata fra l’elettrificatore e il primo interruttore; l’avaria deve
quindi situarsi oltre. L’operatore metterà quindi
sotto tensione tutta la recinzione richiudendo l’interruttore; ripeterà poi la stessa operazione con il
secondo interruttore (situato 1 km oltre). Con
questo metodo si può identificare la sezione di
recinto danneggiata. Si dovrà quindi controllare
solo 1 km di recinzione, e non più l’intero recinto.
È evidente quanto questo accorgimento permetta
di migliorare la verifica del buon funzionamento,
per cui è particolarmente consigliato nelle zone di
difficile accesso. Bisogna comunque fare attenzione
che gli interruttori siano poco visibili, per evitare
vandalismi e sabotaggi, pur piazzandoli in punti di
facile accesso.
Nota - Dovranno essere utilizzati interruttori stagni,
previsti per l’impiego in esterni.
32
QUADERNO ARSIA 5/99
21. Esempio
Esempio:
P rappresenta l’elettrificatore; E l’estremità della
recinzione; A, B, C, D gli interruttori.
L’operatore verifica che su tutta la recinzione
(P-E) il voltaggio è insufficiente (500 V): la recinzione è quindi danneggiata; si sposta quindi in A e
interrompe la corrente da A a E. Il voltmetro, posto
fra P e A, indica 4.500 V; il danno si situa quindi fra
A ed E. Dopo aver richiuso l’interruttore in A, l’operatore si sposta in B, apre l’interruttore (interrompe dunque la corrente fra B e E). Il voltmetro
posto fra P e B indica 700 V: la massa si verifica
quindi fra questi due punti; dato che non si era
riscontrata alcuna anomalia fra P e A, la massa deve
quindi trovarsi fra A e B.
Dopo aver effettuato la riparazione, l’operatore
richiude il circuito tramite l’interruttore B; la recinzione è di nuovo elettrificata. Se il voltmetro indica
una tensione soddisfacente, non si hanno altri danneggiamenti. Se, al contrario, la tensione resta debole, l’operatore dovrà continuare a verificare ogni
sezione della recinzione a valle di B per localizzare
le altre avarie.
Regolazione dell’altezza degli isolatori
Quando il cavo sarà stato teso, è essenziale procedere alla regolazione definitiva dell’altezza degli
isolatori. Se sono posti troppo in alto, i cinghiali
giovani potranno passare sotto il primo cavo; se
sono posti troppo in basso, il primo filo rischierà
maggiormente di essere messo a massa e i cervidi
potranno passare attraverso due fili troppo distanti.
Installazione degli elettrificatori-collegamento
Qualunque sia l’elettrificatore, è indispensabile
realizzare una buona presa di terra con un minimo
di due picchetti zincati conficcati profondamente a
1 metro di distanza l’uno dall’altro e collegati fra
loro. In periodo secco si consiglia di annaffiarli
regolarmente per ottenere una efficacia maggiore.
Numero di elettrificatori
In pratica, si deve prevedere un elettrificatore
ogni 5 km di recinzione al massimo. Infatti, i rischi
di messa a massa aumentano con la lunghezza del
filo. Se il perimetro alimentato da un elettrificatore
è di 15 km, l’avaria in un solo punto rende l’insieme
inefficace. Se invece si mettono in opera tre elettrificatori, in caso della stessa avaria, 10 km di perimetro continueranno a essere elettrificati. L’aumento
del numero di elettrificatori migliora quindi proporzionalmente l’efficacia della protezione.
Installazione di un elettrificatore a corrente
Questo tipo di elettrificatore si allaccia direttamente ad una presa di corrente a 220 V. Sarà quindi installato generalmente in una fattoria o in una
abitazione, al sicuro da furti o danneggiamenti. Si
deve evitare di porre l’apparecchio in ambienti
umidi, poiché la polvere che si deposita sugli elettrodi, una volta divenuta umida, può causare perdite di corrente. I vapori di ammoniaca che provengono da una stalla provocheranno una rottura dei
fili. Bisogna inoltre fare attenzione che il contatto
fra i fili e l’elettrificatore sia perfetto, in quanto i
contatti poco stretti causano perdite importanti.
Infine, se due elettrificatori devono essere montati su una stessa presa di corrente, bisogna tenere i
due cavi elettrici distanti fra di loro, poiché se sono
vicini e paralleli su una lunga distanza, i due campi
elettromagnetici interferiranno e le due apparecchiature non saranno più pienamente funzionanti.
Per lo stesso motivo, due fili che provengano da
due elettrificatori non devono mai essere montati
sullo stesso picchetto.
Installazione di un elettrificatore
ad accumulatore
Gli inconvenienti di questo tipo di apparecchi,
sottolineati precedentemente (ricarica degli accumulatori ogni tre settimane, rischi di furti) costringono ad alcune precauzioni al momento dell’installazione. Per ridurre il pericolo di furti, sarà opportuno, ogni volta che sia possibile, collocare l’apparecchio in prossimità di abitazioni. Altrimenti,
dovrà essere collocato in posizione poco visibile. Le
apparecchiature dovranno comunque essere facili
da raggiungere con un veicolo, altrimenti la ricari-
I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E
ca delle batterie diverrà rapidamente troppo faticosa, il che di solito conduce ad una manutenzione
inefficiente.
Nota - È indispensabile elettrificare la recinzione
subito dopo l’installazione, altrimenti questa sarà
rapidamente danneggiata dagli animali, che non la
considereranno un ostacolo.
Sorveglianza e manutenzione
della recinzione elettrica
Considerazioni generali
Quando la recinzione è installata, il successo
della protezione dipende dalla qualità della sorveglianza e della manutenzione fornite. Dall’esperienza maturata scaturiscono alcune considerazioni fondamentali:
A). è inopportuno installare una recinzione elettrica se non si sono previsti i mezzi (materiali e personale) necessari per assicurarne la manutenzione e
sorveglianza;
B) si deve sempre preferire una apparecchiatura
che permetta una facile manutenzione e verifica a
una di costo più ridotto, ma che necessita di un
grande impegno di manodopera per assicurarne il
buon funzionamento.
In effetti, è piuttosto raro che una recinzione sia
mal installata, mentre è molto più frequente che
non sia effettuata una corretta manutenzione.
Questo essenzialmente per tre ragioni:
• a causa della sua pianificazione, la recinzione
è di difficile manutenzione;
• chi pianifica le operazioni non sempre si rende
conto dell’importanza di una verifica regolare per
ottenere un risultato soddisfacente;
• non sempre si prevede la necessità di affidare
questi compiti ad una persona sufficientemente
competente e disponibile, dotata di un mezzo di
trasporto e del materiale adeguato.
È per queste considerazioni che, a seconda della
dimensione del problema, è preferibile impiegare a
tempo parziale o pieno del personale da cui si può
esigere un lavoro rigoroso, piuttosto che fare appello alla buona volontà locale che, di solito per mancanza di tempo, ridurrà prima o poi i suoi livelli di
attenzione, a discapito dell’efficacia del sistema.
È evidente che, una volta installata, la recinzione, pienamente funzionale o meno, comporta un
costo di ammortamento.
Frequenza delle verifiche
Nelle prime tre o quattro settimane dopo l’installazione, la recinzione deve essere verificata quotidianamente su tutta la sua lunghezza; gli animali,
non ancora abituati, possono infatti causare fre-
33
quenti interruzioni. Questa sorveglianza deve essere particolarmente rigorosa al momento della semina del mais: in una sola notte, i cinghiali possono
causare dei danni rilevanti. Per il resto, un controllo di funzionamento regolare ogni 2-3 giorni può
essere sufficiente.
I lavori di manutenzione
• Lavori di manutenzione propriamente detti
Si tratta di lavori prevedibili, quali:
a) il diserbo sul tracciato della recinzione, in
proporzione alla ricrescita della vegetazione; il
diserbo verrà effettuato chimicamente, con trattamenti erbicidi già esposti precedentemente
b) la sostituzione e ricarica degli accumulatori;
questo lavoro, anche se impegnativo, deve essere
eseguito regolarmente, almeno ogni tre settimane.
Le buone condizioni di manutenzione di una batteria sono le seguenti:
• effettuare sempre una ricarica completa, altrimenti diventa rapidamente inutilizzabile
• non attendere la scarica completa dell’accumulatore prima di ricaricarlo
• prima di ogni ricarica, verificare il livello dell’elettrolito e se necessario ripristinarlo
• se durante il trasporto la batteria viene accidentalmente rovesciata, è preferibile ripristinare il
livello con acqua distillata, poi caricare lentamente
(48 h), vuotarla e quindi riempirla nuovamente con
soluzione di acido.
Lavori di riparazione
L’obiettivo della verifica è ovviamente quello di
trovare le anomalie di funzionamento e di porvi
rimedio. Nella maggior parte dei casi si tratta di
rimettere in funzione la recinzione in seguito a
danni causati dagli animali, dalle lavorazioni agricole, e talvolta ad atti di vandalismo. Occasionalmente
si deve anche modificare la recinzione in punti particolarmente frequentati dagli ungulati.
Il materiale necessario
L’operatore incaricato della verifica e della
manutenzione della recinzione dovrà avere a sua
disposizione:
A) un veicolo; questo dovrà assolvere a due funzioni: permettere degli spostamenti rapidi per controllare notevoli estensioni di recinzione e consentire il trasporto del materiale dappertutto. Come
già menzionato, è preferibile creare un percorso di
sorveglianza accanto alla recinzione, in modo da
facilitare le operazioni;
B) un voltmetro digitale; è un apparecchio indispensabile per controllare la tensione elettrica nei cavi,
34
QUADERNO ARSIA 5/99
e quindi il buon funzionamento della recinzione;
C) una cassa degli attrezzi con almeno:
• un mazzuolo
• pinze e tenaglie
• un cacciavite a manico isolante
• chiodi e tirafondi
• isolatori
• cavo d’acciaio da recinzione
• fil di ferro;
D) utensili per tagliare la vegetazione.
Quando la preparazione del terreno, per installare la recinzione, richiede il taglio della vegetazione su una lunghezza notevole, si potrà utilizzare un
decespugliatore a filo.
Quando il diserbo chimico, indispensabile per la
manutenzione della recinzione, non potrà essere
effettuato con una macchina agricola munita di una
lancia con getto direzionale, bisognerà prevedere
l’impiego di un nebulizzatore a zaino.
Ove sia necessario l’impiego di elettrificatori a
batteria, bisognerà prevedere inoltre:
• uno o più carica-batterie;
• un densimetro per valutare la concentrazione
di acido;
• acido solforico e acqua distillata.
Infine, è particolarmente desiderabile che l’operatore sia dotato di un telefono per essere informato delle
avarie constatate da altri (agricoltori, cacciatori, ecc.).
Il personale necessario
Una persona impiegata a tempo pieno e ben
attrezzata, dotata di un veicolo, può verificare e mantenere circa 50 km di recinzione, se questi si trovano
nella stessa zona. Ciononostante si possono registrare
grandi variazioni a seconda che i punti di elettrificazione utilizzati siano alimentati da una batteria (nel
qual caso si dovrà prevedere una minore lunghezza
totale) o da corrente (maggiore lunghezza).
Diverse possibilità di utilizzazione
della recinzione elettrica
La recinzione si può installare fondamentalmente in due modi:
• protezione individuale, attorno alle parcelle
particolarmente appetite;
• protezione lineare, nelle zone di confine tra
estesi complessi boschivi e zone a forte vocazione
agricola.
Protezione individuale
Questa tipologia si utilizza quando danni rilevanti sono provocati esclusivamente in alcune particelle di colture a forte reddito. Fra queste, le più
frequenti sono:
Il mais
Questa è una coltura particolarmente appetita
dal cinghiale. Se la parcella in oggetto è lontana dal
bosco o vicina ad un paese (poco vulnerabile), un
recinto a un filo può essere sufficiente; se invece è
situata in una zona molto frequentata dagli ungulati, bisognerà prevedere un recinto a due cavi. In
ambedue i casi, la recinzione deve essere messa in
opera nel giorno stesso della semina, e la verifica
deve essere giornaliera fino a che le pianticelle non
avranno raggiunto i 10 cm. In seguito, la recinzione potrà essere scollegata fino a circa il 10 agosto; i
livelli di verifica dovranno poi essere crescenti fino
al momento della raccolta.
Nota - In generale i cervidi non sono molto attratti
dal mais, per cui la recinzione a due fili può essere
sufficiente, se si ha cura di fissare al filo superiore
delle strisce.
I cereali autunno-vernini
Spesso le parcelle di cereali autunno-vernini
(grano, avena ecc.) sono troppo numerose per proteggerle tutte. In questo caso, si applicherà la recinzione individuale esclusivamente sulle parcelle più
vulnerabili; per prevenire i danni da cinghiali, si utilizzeranno le stesse modalità usate per il mais. Per il
cervo, viste le disponibilità alimentari generalmente
presenti nel periodo critico, di solito due fili saranno sufficienti a prevenire quasi totalmente i danni.
Il colza
Il più vulnerabile è il colza invernale, molto esposto ai danni da cervidi in periodo invernale proprio
perché particolarmente appetito. Si rende quindi indispensabile una recinzione a due cavi con strisce,
disposti a 0,7 e 1,5 m dal suolo. Questa sarà elettrificata preferibilmente con un apparecchio a corrente;
in alternativa si utilizzeranno apparecchi a pile, mentre quelli alimentati da accumulatori non danno dei
rendimenti sufficienti in caso di freddo intenso.
La protezione lineare
In generale, una protezione lineare sul bordo
del bosco permette di proteggere, con la stessa lunghezza di recinzione, una superficie coltivata molto
più grande: se si considera che spesso i danni più
rilevanti si hanno in una fascia di 400 m dal bosco,
con una recinzione rettilinea di 2 km è possibile
proteggere 80 ha di colture molto esposte. Con gli
stessi 2 km di recinzione in protezione parcellare,
sarà invece possibile proteggere al massimo una
parcella quadrata di 500 m di lato, ovvero 25 ha.
Inoltre, la recinzione lineare permette di proteggere un insieme di colture, e non soltanto le più appe-
I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E
tite. Infine, spesso la recinzione lineare può essere
installata all’interno del bosco, il che facilita la
manutenzione e libera gli agricoltori da ogni limitazione. Perciò questo metodo sarà da preferirsi per
assicurare la protezione di un insieme di campi raggruppati all’interno del bosco. Quando si vogliano
proteggere delle ampie zone coltivate, è difficile
determinare dove iniziare e dove terminare una
recinzione. In generale, i grossi ungulati si rifugiano all’interno dei grandi complessi boschivi, da
dove escono per alimentarsi. Se il bosco confina in
modo netto con i campi, senza boschetti, la recinzione può essere installata senza difficoltà su tutta
la parte vulnerabile. Sarà sempre possibile prolungarla se questo si rende necessario. Se sono presenti piccoli appezzamenti boscati all’interno delle aree
agricole, questi potranno servire da rifugio per i
cinghiali. In questi casi, solo l’esperienza potrà permettere di determinare il tracciato migliore. In ogni
caso, la recinzione dovrà essere posta in opera piuttosto presto, prima che una parte importante degli
animali si stabilisca nelle zone coltivate; in questo
caso infatti si avrà l’effetto opposto a quello desiderato, in quanto gli animali saranno “imprigionati”
nelle zone danneggiabili.
35
recinzione elettrica non costituisce un pericolo, sarà
di solito sufficiente segnalare la sua presenza con dei
cartelli (20 x 10 cm), assicurati ai cavi ogni 50 m,
indicanti “Attenzione Recinto elettrico”. Il cartello
deve essere di colore giallo da entrambi i lati. Anche
la scritta deve essere presente sulle due facce. I cartteri impiegati devono essere di 25 mm (minimo).
Qualche considerazione sui costi
Con questo paragrafo si vuole indicare l’ordine di
grandezza dei costi, pur considerando che questi
possono fluttuare considerevolmente in funzione di
molti fattori. Ciononostante, i margini indicati permettono di comparare i costi della prevenzione con
quello dei danni indennizzati (distretto per distretto), in modo da valutare l’opportunità per ogni
situazione di intraprendere un programma di prevenzione. La soglia minima potrà essere considerata
quella per cui il livello annuo della rifusione dei danni
supera il costo del programma di prevenzione.
Il costo del materiale
I costi del materiale per la costruzione e per la
manutenzione sono illustrati nelle Tabb. 1 e 2.
Investimento
Regolamentazione dell’impiego
delle recinzioni elettriche
Si dovranno utilizzare solo apparecchi rispondenti alle norme in vigore (in particolare, la norma
europea NF EN 61 011 o 61 011-2). Dato che la
Investimento totale per chilometro di recinzione
La Tab. 3 indica, per ogni tipo di recinzione,
l’investimento per chilometro da prevedere (un chilometro di recinzione permette di proteggere una
particella di 5 ha).
Tab. 1 - Il costo del materiale - Il materiale per la costruzione
Materiale
Costo unitario (in lire, min e max)
500 m di cavo montato su tenditore
Picchetto di legno (5x5x120 cm)
Picchetto di ferro 12 mm (120 cm)
Isolatori
Elettrificatore a pila
Pila 9V
Elettrificatore ad accumulatore
Accumulatore 12V
Elettrificatore a corrente
80.000-130.000
3.000-4.500
1.000-2.000
300-650
150.000-250.000
35.000-45.000
250.000-300.000
50.000-100.000
250.000-360.000
Tab. 2 - Il costo del materiale - Il materiale per la manutenzione
Materiale
Voltmetro
Decespugliatore a filo
Applicatore di diserbo
Caricabatteria
Costo unitario (in lire, min e max)
150.000-200.000
1.000.000
200.000-300.000
120.000
36
QUADERNO ARSIA 5/99
Tab. 3 - Investimento totale per chilometro di recinzione
Tipo di recinzione
1 filo
2 fili
4 fili
Elettrificatore a pila
Elettrificatore ad accumulatore
L. 700.000
L. 950.000
L. 1.500.000
Elettrificatore a corrente
L. 800.000
L. 1.100.000
L. 1.600.000
L. 600.000
L. 850.000
L. 1.400.000
Nota: le spese di manodopera sono escluse dalla presente valutazione.
Tab. 4 - Investimento annuo per chilometro di recinzione
Tipo di recinzione
1 filo
2 fili
4 fili
Elettrificatore a pila
L.
L.
L.
Elettrificatore ad accumulatore
220.000
280.000
380.000
L.
L.
L.
Elettrificatore a corrente
280.000
330.000
440.000
L.
L.
L.
140.000
190.000
300.000
Nota: le spese di manodopera sono escluse dalla presente valutazione.
Tab. 5 - I tempi di lavoro per la realizzazione della recinzione
Lavoro
Tempi di lavoro
Installazione di una recinzione a due fili su terreno nudo attorno
ad una particella media di 4 ha (c.a 1 km di perimetro accessibile
in automobile)
Installazione di una recinzione a quattro fili su terreno nudo
su una lunghezza di 1 km accessibile in automobile
Installazione di una recinzione a quattro fili su terreno nudo
su una lunghezza di 1 km non accessibile in automobile
Apertura di un sentiero largo 1,5 m in una macchia fitta
per la lunghezza di 1 km
Diserbo chimico su 1 km
2 h per due persone (4 h totale)
4 h per due persone (8 h totale)
7 h per due persone (14 h totale)
16 h per due persone (32 h totale)
1 h per due persone (2 h totale)
Alle spese qui indicate andranno inoltre sommati i costi relativi al veicolo.
Investimento annuo per chilometro di recinzione
La Tab. 4 indica, per ogni tipo di recinzione,
l’ammortamento annuo del materiale necessario
per un chilometro. Per questo calcolo, si sono considerate le seguenti durate di ammortamento:
• 5 anni per picchetti, fili e isolatori;
• 3 anni per gli elettrificatori.
Tempi di lavoro per la realizzazione
della recinzione
La Tab. 5 indica i tempi medi necessari per mettere in opera i diversi tipi di recinzione. Tali tempi
sono stati ottenuti nelle seguenti condizioni:
• squadra di lavoro di due persone;
• uso di un’auto per il trasporto del materiale.
I tempi di spostamento per arrivare alla particella non sono stati presi in considerazione.
Caso del capriolo
In generale la recinzione elettrica è inefficace
nei confronti del capriolo. Sperimentazioni realizzate dall’ONC hanno dimostrato che anche aumentando il numero di fili fino a 6 e disponendoli in
varie configurazioni l’efficacia non aumenta. Anche
le strisce di materiale colorato non sono efficaci.
Alcuni risultati sono stati ottenuti nei frutteti,
colture orticole e vivai. L’efficacia della recinzione
sembra aumentare man mano che ci si allontana dai
boschi e quando la copertura vegetale attorno alla
parcella protetta è bassa e non permette al capriolo
di nascondervisi durante la giornata.
I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E
6. Conclusioni
La recinzione elettrica è oggi il solo metodo
affidabile e realizzabile a grande scala di protezione
delle colture contro i danni dei grossi ungulati.
Questa tecnica ha delle limitazioni, in quanto la
sua messa in opera necessita di una buona organizzazione, e la sua efficacia è condizionata dall’adozione di un insieme di regole.
Queste regole, così come qui esposte, possono
apparire troppo rigorose, ma è solo dalla loro stretta osservanza che dipende la riuscita di una operazione di protezione delle colture.
Il metodo di protezione mediante recinzione
elettrica non può in ogni caso essere generalizzato
37
e deve essere riservato ad alcune zone particolarmente delicate, in quanto:
A) è difficile da impiegare quando i danni sono
molto dispersi;
B) si tratta di un metodo costoso, giustificabile
solo ove si abbiano danni importanti;
C) richiede una adesione diffusa a tutti i livelli,
fra agricoltori, cacciatori e forestali. Ogni malcontento può impedirne il buon funzionamento;
D) non può rimpiazzare la necessaria gestione,
anche numerica, delle popolazioni di grossi ungulati. È fondamentale mantenere delle densità compatibili con le produzioni agricole e forestali, adottando opportuni piani di abbattimento.
Finito di stampare
nel luglio 1999
da EFFEEMME LITO srl
a Firenze
per conto di
ARSIA • Regione Toscana