Cavallini- Banti, I danni causati dal cinghiale... Stima e Prevenzione
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Cavallini- Banti, I danni causati dal cinghiale... Stima e Prevenzione
Quaderno ARSIA 5/99 I danni causati dal cinghiale e dagli altri ungulati alle colture agricole. Stima e prevenzione Questo manuale, tradotto e riadattato da una pubblicazione dell’Office National de la Chasse (Francia), vuole essere un pratico supporto per tutti coloro che si occupano di stima e prevenzione dei danni alle colture agrarie. Il testo affronta nella prima parte gli elementi da considerare per la valutazione dei danni, per poi analizzare le varie metodologie di prevenzione da attuare per la protezione delle colture nei confronti dei danni causati da ungulati ed in special modo dal cinghiale. La parte maggiormente sviluppata dal manuale, riguarda l’utilizzo delle recinzioni elettriche, a seconda delle colture da proteggere e delle specie di fauna presenti. In particolare, sono illustrate le tecniche per realizzare ed utilizzare con profitto le recinzioni elettrificate, così come gli interventi necessari per la loro manutenzione. La parte testuale supportata da disegni e schemi che esemplificano i vari accorgimenti da adottare per un corretto utilizzo di questa tecnologia. L’ARSIA, Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore Agricoloforestale, istituita con la Legge Regionale 37/93, è l’organismo tecnico operativo della Regione Toscana per le competenze nel campo agricoloforestale e faunistico/ venatorio. I danni causati dal cinghiale e dagli altri ungulati alle colture agricole. Stima e prevenzione • Quaderno ARSIA 5/99 L. 8.000 (i.i.) • Quaderno ARSIA 5/99 ARSIA • Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore Agricolo-forestale via Pietrapiana, 30 - 50121 Firenze tel. 055 27551 - fax 055 2755216/2755231 Web: www.arsia.toscana.it E-mail: [email protected] Coordinamento: Paolo Cavallini e Paolo Banti, ARSIA La presente pubblicazione è l’adattatamento e la traduzione di Indemnisation des dégâts causés par les sangliers et les grands gibiers aux cultures agricoles. Reconnaissance, évaluation, prévention pubblicato dall’Office National de la Chasse - Francia. Traduzione: Paolo Cavallini Cura ed adattamento: Paolo Cavallini e Paolo Banti, ARSIA Cura redazionale, grafica e impaginazione: Tosca srl, Firenze Stampa: EFFEEMME LITO srl, Firenze ISBN 88-8295-012-3 © Copyright 1999 ARSIA Regione Toscana I danni causati dal cinghiale e dagli altri ungulati alle colture agricole Stima e prevenzione ARSIA • Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore Agricolo-forestale, Firenze Sommario Presentazione Maria Grazia Mammuccini 7 Stima dei danni Introduzione 9 9 1. La stima dei rendimenti 1.1 Raccomandazioni importanti 1.2 Definizione delle parcelle campione 1.3 Stima empirica del rendimento 10 2. La stima della superficie danneggiata 2.1 Raccomandazioni importanti 2.2 Consigli per la valutazione delle superfici distrutte 12 3. Raccomandazioni pratiche per tipo di coltura 3.1 Cereali autunno-vernini 3.2 Mais da granella e da foraggio 3.3 Mais da seme 3.4 Colza 3.5 Barbabietola 3.6 Colture orto-floro-vivaistiche 3.7 Vigna 3.8 Prati 13 Prevenzione: la protezione delle colture contro i danni causati dal cinghiale e dagli altri ungulati 17 Introduzione 17 1. Il controllo delle popolazioni di ungulati 1.1 Ungulati in regime di caccia di selezione 1.2 Cinghiale 17 2. Azioni sulle colture 18 3. Azioni indirette di prevenzione dei danni 3.1 Foraggiamento dissuasivo 3.2 Colture a perdere 18 6 QUADERNO ARSIA 5/99 4. Azioni dirette di prevenzione dei danni 4.1 La protezione chimica o l’utilizzazione di repellenti Colture annuali Vigna e alberi da frutto 4.2 La protezione acustica Utilizzo dei detonatori Metodi elettro-acustici 4.3 La protezione ottica 4.4 La protezione meccanica individuale delle piante Manicotto in rete metallica zincata Manicotto in griglia di plastica Conclusioni sulla protezione individuale totale 4.5 Protezione totale con recinzione metallica 4.6 La recinzione elettrica Introduzione I materiali Realizzazione della recinzione elettrica Sorveglianza e manutenzione della recinzione elettrica Diverse possibilità di utilizzazione della recinzione elettrica Regolamentazione dell’impiego delle recinzioni elettriche Qualche considerazione sui costi 19 6. Conclusioni 47 Presentazione Nel processo di riequilibrio faunistico, intrapreso dalla Regione Toscana con l’adozione della L.R. 3/94, l’ARSIA si configura come un supporto tecnico, con la finalità da una parte di stimolare il mondo scientifico alla ricerca delle soluzioni ottimali per le più importanti problematiche faunistiche, e dall’altra di trasferire le innovazioni più importanti e promettenti presso i responsabili della gestione diretta (Ambiti Territoriali di Caccia, Amministrazioni provinciali, Parchi naturali, ecc.). I danni causati dalla fauna selvatica, e soprattutto dal cinghiale, alle produzioni agricole sono cruciali in questo processo, in quanto costituiscono una causa di conflitti fra mondo agricolo e venatorio e sono un freno rilevante alle attività di incremento faunistico a causa del crescente assorbimento delle risorse disponibili. Dopo una ricognizione delle esperienze europee più interessanti nel settore, l’Agenzia ha quindi intrapreso un esteso programma di prevenzione dei danni in collaborazione con alcuni Ambiti Territoriali di Caccia toscani, seguendo le metodologie messe a punto con grande successo in Francia. La presente pubblicazione vuole quindi essere un manuale pratico per l’impostazione di un corretto ed efficace programma di controllo dei danni, partendo da una loro corretta valutazione fino ad arrivare all’installazione di sistemi atti alla loro drastica riduzione. L’insieme delle tecniche qui descritte potranno essere utili a quanti si occupano di agricoltura e gestione faunistica nelle zone sempre più ampie in cui sono diffusi gli ungulati selvatici. Un particolare ringraziamento va al Dr. Jacques Vassant dell’Office National de la Chasse, principale estensore del documento tecnico originale da cui scaturisce questa pubblicazione nonché al Direttore dell’Office National de la Chasse, per l’autorizzazione alla pubblicazione. Maria Grazia Mammuccini Amministratore ARSIA Stima dei danni Introduzione La stima della perdita di raccolto in seguito a danni causati dal cinghiale o da altri animali selvatici è un’operazione complessa. Nonostante la legge imponga la rifusione dei danni, senza distinzione fra le specie che li hanno provocati, è comunque estremamente importante identificare con chiarezza la specie responsabile, per i seguenti motivi: • occorre escludere con sicurezza la possibilità che i danni siano causati, in tutto o in parte, da animali domestici o rinselvatichiti (pecore, piccioni ecc.); • una corretta determinazione della specie è cruciale per l’impostazione di un piano di prevenzione e per l’eventuale adozione di piani di abbattimento. Ovviamente, la determinazione è ancora più difficile nel caso in cui più specie concorrano a causare uno stesso danno. Per l’identificazione, occorre utilizzare esclusivamente criteri oggettivi, ovvero: • la presenza di impronte, tracce ed escrementi; • la presenza di sentieri d’accesso tracciati dagli animali; • la tipologia del danno. La consultazione di atlanti faunistici può aiutare nell’escludere alcune specie, di distribuzione discontinua in alcune zone (per esempio il daino), come potenziali responsabili. In ogni caso, l’operatore deve avere una adeguata preparazione, non solo agronomica, ma anche faunistica (capacità di riconoscere tracce e segni di presenza delle varie specie). Le cause principali della difficoltà nelle stime sono: — per le colture annuali: • i danni alla semina o all’inizio della vegetazione possono causare delle riduzioni di rendimento difficili da valutare al momento della raccolta, in mancanza di riferimenti chiari; • la distribuzione dei danni all’interno di una particella è di solito eterogenea, il che impedisce la valutazione delle superfici distrutte e del rendimento medio a partire da un campione ridotto; • all’interno di una zona danneggiata, la proporzione di cui è possibile la raccolta è difficile da valutare; — per le colture pluriennali, la stima delle perdite è resa ancora più delicata in ragione della difficoltà di valutare le conseguenze nel medio periodo di un danno verificatosi in un dato momento. In caso di danni ingenti, la stima deve essere realizzata al momento del danno, anche se le perdite di raccolto si verificheranno negli anni successivi, e saranno influenzate anche dall’andamento climatico. Deve quindi essere sottolineato il concetto di stima, nel senso di una approssimazione la più vicina possibile alla realtà. Di conseguenza, l’obiettivo di questo capitolo non è quello di proporre un metodo di valutazione esatta delle perdite di raccolto, ma di mettere a disposizione dei tecnici un certo numero di idee guida per affrontare il più obiettivamente possibile una stima, e di mettere in evidenza come certe pratiche possano causare errori rilevanti. In caso di danni molto ingenti, dovranno quindi essere adottati metodi più precisi, anche se molto laboriosi. La scelta di un metodo di stima deve tener conto delle seguenti limitazioni: • la disponibilità di tempo per il tecnico; infatti la valutazione finale della perdita al momento della raccolta comporta inevitabilmente un grande numero di stime da realizzare in un periodo piuttosto breve, in particolare nel periodo immediatamente precedente la raccolta (cereali, uva, ecc.); inoltre il numero di tecnici disponibili è spesso troppo ridotto per consentire a ciascuno di dedica- 10 QUADERNO ARSIA 5/99 re tutto il tempo necessario ad una valutazione particolarmente rigorosa; • il costo della stima deve essere valutato in relazione all’entità complessiva del danno (stime molto accurate possono essere più costose dell’indennizzo stesso). Le basi per il calcolo dell’indennizzo Il ruolo del tecnico si limita alla determinazione dei parametri necessari per il calcolo dell’indennizzo, ovvero: • la superficie delle zone danneggiate; • il loro rendimento; • la percentuale di danno nelle zone in oggetto. 1. La stima dei rendimenti A seconda del tipo di danni e dell’epoca in cui questi hanno luogo, il tecnico dovrà procedere o alla stima del rendimento potenziale della coltura danneggiata, oppure alla valutazione delle perdite di rendimento in seguito a danni parziali su delle zone ben precise. 1.1 Raccomandazioni importanti Valutazioni ripetute In assenza di valutazioni precedenti, nella stima si dovrà tener conto solo delle perdite constatate al momento della raccolta: ogni danno precedente non potrà essere tenuto in conto, in quanto non si potrà attribuirlo con certezza alla fauna selvatica. Se si realizzano stime precoci, è indispensabile preparare una mappa della parcella con la localizzazione delle parti danneggiate, in modo da riconoscere facilmente queste zone al momento della stima finale, immediatamente precedente la raccolta. Costituzione di zone campione La conoscenza del rendimento che una particella avrebbe avuto senza i danni potrebbe in linea di principio essere ottenuta preparando uno o più recinti, protetti dall’attacco degli animali selvatici, che potrebbero essere utilizzati come riferimento. Questo metodo deve essere scartato per due ragioni: • la coltura realizzata all’interno del recinto può essere oggetto di cure colturali particolari (per esempio, concimazioni più abbondanti), rendendo così non rappresentativo il campione; • la protezione meccanica offerta da un recinto favorisce la vegetazione, causando spesso un aumento delle rese; questo effetto è tanto più forte quanto più la superficie recintata è piccola. Determinazione della resa a partire dal raccolto medio del danneggiato Un metodo semplice di stima consiste nel calcolare la differenza fra la produzione attesa in assenza di danni (ottenuta moltiplicando il rendimento medio valutato dal tecnico per la superficie totale della parcella) e la produzione realizzata e conferita dall’agricoltore. Anche questo metodo deve essere scartato, in quanto: • la corrispondenza fra le consegne effettuate e le parcelle da cui tali quantitativi provengono non è sempre buona; • una parte del raccolto può non essere conferito; • la valutazione del raccolto atteso può comportare errori considerevoli a causa della stima nella superficie esatta coltivata (vedere il paragrafo seguente). Esempio: particella di grano duro con rendimento stimato di 40 quintali per ha e di superficie dichiarata di 3 ha. Il raccolto atteso sarà dunque di 120 quintali. Il danneggiato dichiara un conferimento di 60 q.li, per cui la perdita sarà di 60 q.li. Se però la superficie esatta messa a coltura (escludendo quindi i bordi inerbiti, fosse, ecc.) è di 2,75 ha, la resa attesa sarà di 110 q.li, e quindi la perdita sarà di 50 q.li. Di conseguenza, una sovrastima del 9% nella superficie coltivata corrisponde ad una sovrastima del 20% nella perdita causata dalla fauna selvatica. Questo metodo di calcolo, che da una parte amplifica considerevolmente l’errore che può essere commesso a livello della stima della superficie della coltura e d’altra parte fa riferimento a dichiarazioni generalmente non verificabili, non deve essere utilizzato. Localizzazione delle zone danneggiate e delle loro rese In generale la produzione di una coltura non è omogenea, soprattutto nelle grandi particelle. Cause di tali disomogeneità possono essere, ad es.: • la distanza dal margine del campo; • la presenza di zone ombreggiate; • il tipo di suolo, diverso da un punto all’altro; • il rilievo; • le colture precedenti (che possono non essere le stesse per tutta la superficie); • le dosi di fertilizzanti applicati, ecc. È dunque indispensabile percorrere la particella, annotare le zone danneggiate e i rendimenti per ciascuna delle zone. I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E 1.2 Definizione delle parcelle campione In funzione del periodo in cui i danni sono stati commessi, il tecnico valuterà: • la perdita di rendimento causata dalla fauna (per esempio, in seguito a brucatura all’inizio della vegetazione); • oppure la valutazione della resa che è stata ridotta in parte o in totalità dalla fauna. Ricerca di zone campione per la valutazione della resa (danni sul raccolto) Raccolto interamente distrutto In questo caso, se non esiste una zona campione, certamente la resa da applicare risulterà da una decisione arbitraria. Il tecnico può basarsi su altre particelle vicine, facendo delle correzioni se necessario, oppure, in mancanza di ciò, con l’applicazione delle rese medie ottenute nel Comune, con pratiche agricole comparabili. In ogni caso, e specialmente in caso di danni su cereali dallo stato pastoso fino alla raccolta, l’osservazione della densità degli steli e della qualità delle spighe è una buona guida per valutare la differenza di resa in rapporto alle rese medie del Comune. Raccolto distrutto su una o più sezioni della particella In questo caso è opportuno delimitare le zone danneggiate. La valutazione della resa di queste zone può essere allora effettuata: • a partire dalle osservazioni che possono essere fatte su delle sezioni intatte poste all’interno di queste zone danneggiate; • in mancanza di ciò, mediante l’osservazione della resa sulle particelle non danneggiate e ad esse contigue. Ricerca di zone campione per la valutazione della resa (danni sulla vegetazione) Il tecnico è chiamato a valutare la perdita di rendimento quando una coltura è stata danneggiata all’inizio del periodo vegetativo senza che si verifichino nuovi attacchi durante la maturazione. Questo avviene soprattutto sui cereali autunno-vernini, consumati o calpestati in inverno e primavera. In questo caso, l’osservazione della coltura al momento della raccolta non permette di verificare la presenza di zone a forte danno, e il raccolto può apparire omogeneo, anche se in realtà un danno esiste. Si tratta in questo caso di valutare le perdite di resa dovute a ritardi vegetativi. Si devono considerare due casi: a) i danni alla semina o all’inizio della vegetazione sono localizzati su una o più sezioni della particella. In questo caso, occorre: 11 • delimitare le zone danneggiate durante dei sopralluoghi precoci; • stimare la resa potenziale di queste zone mediante l’osservazione della resa delle sezioni non danneggiate all’interno delle stesse particelle, o, se questo non è possibile, osservando la resa su particelle contigue; b) i danni alla semina o all’inizio della vegetazione colpiscono l’intera particella. Per la stima si dovrà dunque fare riferimento, in modo arbitrario, alla resa media ottenuta nel Comune, con pratiche agricole comparabili. In questo caso non si potrà proporre alcun metodo oggettivo di valutazione. 1.3 Stima empirica del rendimento Il concetto di stima empirica non corrisponde ad un concetto di soggettività, ma si definisce come un metodo di misura che non comporti l’utilizzo di strumenti. La valutazione empirica, a ‘colpo d’occhio’ presuppone, oltre che una buona conoscenza delle colture ed una buona pratica, il rispetto di una procedura tesa a ridurre al minimo i rischi di errore. Il tecnico deve verificare periodicamente la bontà delle sue stime, confrontandole con rese misurate esattamente. Il metodo più semplice consiste nel ricercare due o tre parcelle indenni da danni per ogni coltura all’interno della zona di competenza (idealmente, il Comune o il piccolo insieme di Comuni limitrofi). Il tecnico procederà quindi alla valutazione della resa di ogni parcella, mediante i propri criteri, ne registrerà i risultati e li comparerà, dopo la raccolta, alla misura precisa del raccolto. Questo metodo presuppone: • una buona collaborazione con l’agricoltore, che dovrà organizzare la raccolta separata delle singole parcelle e misurare la resa di ciascuna; • la scelta di parcelle relativamente piccole (meno di 2 ha) per limitare i rischi di eterogeneità della coltura; • la misurazione esatta della superficie effettivamente coltivata, per poterne determinare con precisione la resa unitaria; • la stima con i metodi abitualmente seguiti dal tecnico; • l’annotazione dei diversi criteri di stima convalidati (per esempio, densità della vegetazione, lunghezza delle spighe, ecc.). Alla fine di questa operazione, il tecnico potrà, da un lato conoscere lo scarto fra la resa media stimata con il proprio metodo e quella registrata, e dall’altro, se necessario, verificare altri criteri di stima. Se lo scarto è inaccettabile, sarà necessario ripetere più volte questa procedura. 12 QUADERNO ARSIA 5/99 In ogni caso, la validità di questo metodo, e più in generale dei test di valutazione empirica, è tanto maggiore quanto più il numero di ripetizioni è elevato. 2. La stima della superficie danneggiata 2.1 Raccomandazioni importanti Assenza di sopralluoghi precedenti Come per la valutazione delle rese, in assenza di verifiche precedenti che stabiliscano con certezza l’origine dei danni, non si dovrà tenere in alcun conto la loro presenza, eccetto quelli di cui l’origine possa essere attribuita, al momento del raccolto, senza dubbi alla fauna selvatica. Determinazione della superficie danneggiata a partire dalla dichiarazione del danneggiato Quando il tecnico si trova in presenza di una coltura distrutta totalmente o quasi, sembrerebbe facile poter far riferimento alla superficie catastale. Questo metodo è sconsigliabile, in quanto: • la parcella messa a coltura non sempre corrisponde alla particella catastale; • le superfici indicate a partire dal rilievo catastale possono non corrispondere alla particella interessata dai danni; • infine, anche quando la particella messa a coltura corrisponde alla particella catastale, la superficie coltivata può essere nettamente inferiore a quella catastale: la presenza di siepi, sentieri di accesso, superfici nude per le manovre delle macchine agricole ecc. possono indurre ad una sovrastima della superficie effettivamente coltivata. Applicazione di un tasso medio di danneggiamento all’intera parcella Generalmente, la determinazione di un tasso globale di danneggiamento risulta da una grossolana (e inammissibile) approssimazione. Questo metodo deve essere sconsigliato, in quanto le conseguenze pratiche della sua applicazione sono rilevanti. Infatti, piccoli errori nella stima del tasso medio portano a grandi sovra- o sottostime nel danneggiamento totale. Ad esempio, un errore del 10% (del tutto probabile con una stima di questo tipo) nella valutazione del danno causato ad una particella di 4 ha, di rendimento medio stimato di 50 q.li, coltivata con un cereale di costo unitario pari a L. 30.000 causerà un aumento dell’indennizzo pari a L. 600.000. 2.2 Consigli per la valutazione delle superfici distrutte In generale, il tecnico, per la propria stima, non deve tenere di conto della dichiarazione fatta dal danneggiato. Valutazione delle superfici danneggiate Caso delle colture a modesto sviluppo Per le colture che consentono al tecnico l’osservazione agevole nel corso degli spostamenti, il metodo consigliabile è il percorrere la parcella ed effettuare: • un censimento delle zone danneggiate; • la registrazione del tasso di distruzione applicabile a ciascuna zona; • la stima della resa di ogni zona. Spesso il rendimento è omogeneo su tutta la particella. Ciononostante, in caso di grande eterogeneità, questo metodo evita di dover determinare un rendimento medio, difficile da stimare. Inoltre, il calcolo sarà alterato a seconda che i danni principali si trovino in zone a forte o a bassa produzione. La varia conformazione delle zone danneggiate, la loro dimensione, che può essere molto variabile all’interno di una parcella, obbligano ad una certa approssimazione. Ogni volta che la superficie della zona danneggiata appare superiore a 100 m2, essa dovrà essere misurata. La misura potrà essere effettuata con un telemetro laser, un decametro oppure con il numero di passi. In quest’ultimo caso, la lunghezza media del passo dovrà essere misurata preventivamente. La determinazione del percorso potrà essere fatta per fasce, a partire dalle tracce lasciate dal trattore durante i trattamenti. In loro assenza, si potranno utilizzare dei punti di riferimento (ad es. gli alberi al bordo di campo) oppure dei picchetti. Caso delle colture a forte sviluppo Utilizzare lo stesso metodo dei percorsi causa tre problemi principali: • il percorrere la parcella è molto disagevole, specialmente in periodo piovoso; • si rischia di tralasciare alcune zone danneggiate, in quanto schermate dalla vegetazione; • se il percorso non è ben definito, alcune zone danneggiate possono essere prese in considerazione più volte; per eliminare questo problema, occorre utilizzare dei punti di riferimento o dei picchetti. Nel caso di semina su file, il metodo migliore consiste nel percorrere la parcella sistematicamente ogni 6-10 file (a seconda della visibilità). Le superfici danneggiate, i tassi di distruzione e i rendimenti sono annotati come nel caso precedente. I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E Verifica della superficie effettiva messa a coltura Questa verifica si impone quando: • la coltura è totalmente distrutta sull’insieme della parcella; • la proporzione di coltura distrutta costituisce più della metà dell’intera superficie: può essere più facile sottrarre alla superficie totale le zone non danneggiate dopo il loro censimento. Generalmente, quando la superficie totale deve essere verificata, il tecnico si trova in una zona molto soggetta a danni. I danni di solito si ripetono anno dopo anno sulle stesse parcelle, anche se con importanza variabile. Questo metodo è di solito da riservare alle zone più danneggiate. I tecnici dovranno avere a loro disposizione le mappe catastali di tutte le zone più danneggiate, e dovranno misurare le zone non coltivate all’interno delle particelle distrutte. Tali misurazioni verranno annotate in modo da poter essere riutilizzate (ove non si verifichino cambiamenti) negli anni seguenti. Il modo di procedere alla verifica dipenderà dalla situazione: — la coltura danneggiata si estende su una o più parcelle: • se, dopo verifica degli estremi catastali, è evidente che la superficie ricopre in totalità le particelle catastali in oggetto, il tecnico misurerà le tare improduttive, ricaverà quindi le superfici effettivamente messe a coltura ed eventualmente le sommerà; • se la superficie messa a coltura non copre che una parte delle particelle, il tecnico dovrà allora chiedere al danneggiato di preparare una mappa della zona coltivata, verificare che questa corrisponda alla realtà e quindi misurarla. In caso di contrasti, si potrà procedere ad un rilievo ufficiale. Nota - In caso di danni sulla semina che giustifichino una risemina, il tecnico dovrà considerare per il calcolo dell’entità del danno non la superficie danneggiata, ma la superficie da riseminare; quando questa corrisponda all’intera particella, la superficie dovrà essere verificata. L’indennizzo non dovrà essere erogato se non dopo una verifica dell’effettiva realizzazione della risemina. 13 Nota - La diminuzione del numero di steli e di spighe (ad esempio, a causa delle brucature invernali) non causa una perdita di resa ad essa proporzionale. Infatti il diradamento della coltura è spesso parzialmente compensato dal maggior peso delle spighe rimanenti. I cinghiali possono consumare le spighe nelle zone abbattute (per esempio, dal vento) o grufolarvi. In questi casi è importante distinguere le perdite di prodotto dovute all’abbattimento da quelle dovute al cinghiale. Una osservazione delle parcelle a rischio molto prima della raccolta permette di rendersi conto dell’importanza e della situazione delle zone abbattute. Se è piuttosto facile calcolare la lunghezza di un sentiero tracciato da grossi ungulati all’interno di un campo, è però più difficile stimarne la larghezza ed il tasso di perdita di prodotto. Questi due ultimi parametri dipendono dalla specie responsabile, dall’epoca del passaggio e dallo stato del suolo in quel periodo, dalla coltura, dalla varietà e dallo stadio vegetativo. 3.2 Mais da granella e da foraggio Danni alla semina Delle grufolate profonde e regolari lungo le linee di semina non implicano sempre un consumo notevole del seme. I danni reali si osservano dopo la germinazione. Dato che in caso di danni notevoli è preferibile invitare l’agricoltore a riseminare al più presto, il tecnico dovrà effettuare il sopralluogo prima possibile. Riprendendo i solchi della prima semina, l’agricoltore può riseminare le zone danneggiate. Tuttavia, se i danni non sono omogenei nelle diverse file, si avrà un raddoppiamento di alcune file. Per evitare un nuovo attacco che si verificherà con ogni probabilità sulla risemina, è assolutamente necessario adottare un metodo di prevenzione di ulteriori danni (recinzione elettrica o foraggiamento dissuasivo su striscia nel bosco, sul percorso utilizzato dai cinghiali per giungere alla parcella danneggiata). Danni prima del raccolto 3. Raccomandazioni pratiche per tipo di coltura 3.1 Cereali autunno-vernini Il tecnico dovrà utilizzare il metodo adatto per le colture a modesto sviluppo vegetativo. Ogni stima del tasso di distruzione complessivo per tutta la parcella deve essere vietata. Conteggio delle piante perse Al contrario dei cereali autunnali, è impossibile durante un passaggio vedere i danni su una notevole larghezza; in compenso, l’osservatore ha a disposizione dei dati affidabili per effettuare una stima: numero di file, spaziatura fra le file (il che permette un calcolo rapido delle superfici e anche del numero medio di piante per metro). In ogni caso bisogna stabilire la perdita di raccolto contando il 14 QUADERNO ARSIA 5/99 numero di piante perse su un certo numero di file campione ripartite su tutta la parcella. Dal numero di piante distrutte si può facilmente risalire alla perdita di raccolto, sia in quintali di granella che in quintali di insilato. L’esperienza mostra che in assenza di conteggi, in caso di danni diffusi e di modesta entità (meno del 20% di perdita), le stime a vista sono sempre sopravvalutate dal 30 al 50%. Utilizzo di metodi aerei Per parcelle molto estese, l’impiego di aerei o ultraleggeri è molto utile, in quanto permette una visione globale della distribuzione e dell’entità dei danni. Le foto consentono poi un esame ulteriore più preciso. In ogni caso, un sopralluogo sul terreno nelle zone più fortemente danneggiate si rende necessario, in modo da riconoscere la causa dei danni, che può essere (in tutto o in parte) estranea alla fauna (abbattimento da agenti atmosferici o altro). 3.3 Mais da seme Distruzione di piante femmina Questo si traduce in una perdita di resa, da stimare con gli stessi criteri utilizzati per il mais da granella. Mancata fecondazione delle pannocchie A causa della distruzione delle file di maschi, l’impollinazione delle piante femmine può essere ridotta o compromessa; il tecnico dovrà allora effettuare dei conteggi campione (per esempio, su 20 piante consecutive) annotando il tasso di riempimento delle spighe per stimare la perdita (dovuta alla mancata fecondazione a causa dei danni sulle file di maschi) in relazione alle spighe non colpite dai danni. La resa è determinata a partire dal conteggio e dalla pesata delle spighe non colpite, in condizioni colturali identiche. Bisogna comunque sottolineare che il tasso di riempimento del 100% delle spighe viene raggiunto raramente, anche in caso di assenza di danni. In caso di mancanza di piante constatata in seguito a danni alla semina, deve essere considerato il fatto che le piante restanti possono produrre spighe più pesanti e eventualmente produrne in numero maggiore. Si deve essere molto prudenti nella determinazione del tasso di perdita, che potrà essere stabilito solo dopo la verifica dell’effetto dei danni. Infatti è comune il caso di varietà con bassa impollinazione a causa di eventi climatici, edafici ecc. Il tecnico dovrà quindi tenere in considerazione il tasso medio di impollinazione, che può essere modesto in alcune regioni. Al contrario, l’impollinazione può essere eccellente anche in presenza di danni rilevanti. 3.4 Colza Danni anteriori alla raccolta La brucatura da parte di ungulati o il rivoltamento del terreno da parte dei cinghiali possono verificarsi molto presto dopo la germinazione. È importante effettuare sopralluoghi tempestivi, in modo da non confondere questi effetti con problemi di altra natura (siccità, lumache, fitopatologie, ecc.), da cui il colza è spesso colpito. Se l’agricoltore fa domanda troppo tardi perché il tecnico possa constatare con certezza la natura del danno, non si dovrà tener conto dei danni molto precedenti la data della domanda (per esempio, danno da capriolo allo stadio di due foglie in settembre; domanda di danni inviata in febbraio, quando le piante colpite sono scomparse da almeno 4 mesi). Il potenziale di recupero della pianta brucata (anche intensivamente) in inverno è molto elevato; si devono quindi identificare, durante i sopralluoghi invernali, le zone brucate, annotando l’intensità delle brucature; questi risultati andranno poi confrontati con le perdite reali al momento della raccolta. Danni alla raccolta Sono essenzialmente i danni dovuti allo sgranamento delle piante sui sentieri percorsi dagli ungulati; in questo caso, le silique sono vuote e si nota il loro colore bianco. Si deve percorrere l’intero perimetro della parcella per contare i sentieri e misurarne larghezza e lunghezza, in modo da valutare la superficie danneggiata. 3.5 Barbabietola La brucatura può aver luogo molto presto, e continuare per tutto il periodo vegetativo. Un attacco precoce può far sparire le piante e avere conseguenze importanti, ma i responsabili spesso non sono i mammiferi selvatici (lumache, insetti, fitopatologie, ecc.). Al contrario, il consumo di foglie su una pianta adulta ha un effetto molto minore sul rendimento finale della parcella. 3.6 Colture orto-floro-vivaistiche È importante effettuare un primo sopralluogo rapidamente, in quanto è spesso possibile mettere in atto un efficace metodo di prevenzione dei danni. Si dovranno quindi annotare: • il numero di piante ‘perse’ (identificarne qualcuna permetterà di seguirne l’evoluzione); • il numero di piante danneggiate, che verranno classificate in diverse categorie a seconda dell’entità del danno. Per le colture nuove, il tecnico approfitterà dell’intervallo di tempo fra il primo sopralluogo e la I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E raccolta per documentarsi e, se necessario, effettuare un secondo sopralluogo. Bisogna sottolineare il fatto che spesso gli imprenditori ignorano le conseguenze reali dei danni sullo sviluppo delle piante, e hanno la tendenza a concludere che la perdita di raccolto sarà notevole. Alberi da frutto Nuovo impianto non ancora in produzione L’indennizzo prevederà o il rimpiazzo delle piante perdute (costo delle piante + costi di reimpianto) oppure il ripristino delle piante danneggiate (potatura e pali di sostegno). Le perdite di raccolto dovranno essere indennizzate più tardi, al momento della raccolta, in quanto è impossibile prevedere in anticipo le perdite reali delle produzioni future; infatti il clima e le malattie possono ridurre o annullare il raccolto. Inoltre, il prezzo di vendita può variare notevolmente da un anno all’altro. Per queste valutazioni future, si sceglieranno e si identificheranno alcuni alberi campione. Piantagione in produzione Si sceglieranno, in accordo con il danneggiato, degli alberi campione rappresentativi e indenni da danni, poi degli alberi danneggiati che rappresentino le varie categorie di danno. Si procede quindi alla raccolta e si comparano i pesi del prodotto ottenuti dai diversi alberi;. da ciò si ricava la migliore stima della perdita. Vivai La stima definitiva ha luogo l’anno della raccolta. Una percentuale di piante non commercializzabili (variabile a seconda dell’anno, delle specie, delle varietà e delle categorie) dovrà essere ridotta. Le piante che il tecnico considera danneggiate irreparabilmente dovranno, in sua presenza, essere distrutte dal danneggiato; se questi si rifiuta, dovranno essere escluse dal calcolo dell’indennizzo. 3.7 Vigna Danni alla vendemmia Danni limitati ad una parte precisa della particella Il tecnico dovrà contare (per fila e per pianta) il numero di grappoli distrutti, moltiplicandoli poi per il peso medio del grappolo (calcolato a partire da un campione di grappoli intatti). Danni diffusi su tutta la particella Se i danni sono diffusi su tutta la particella, senza una localizzazione precisa, a seconda della grandezza della particella si può prevedere un conteggio dei grappoli distrutti su una vite ogni 2 o 3, su un filare ogni 3-5. Se si verificano forti differen- 15 ze nel peso medio dei grappoli, si calcoleranno medie differenziate nei vari settori. In generale, il rendimento è inferiore sul bordo delle parcelle. Danni ai tralci In primavera, al momento del ricaccio, le vigne possono subire dei danni importanti da parte del capriolo, talvolta del cinghiale, ma spesso anche dei lagomorfi e del bestiame domestico. La brucatura dei giovani tralci nel primo stadio del loro sviluppo può provocare la sparizione su una vite di uno o più tralci. Questo tipo di danni, anche se raro, può dar luogo a forti contestazioni sull’ammontare della perdita, sia quantitativa che qualitativa: in effetti, l’agostamento (fissazione della lignina nel rametto) può essere compromesso. Questo comporta minore resistenza alle gelate e minor vigore del tralcio nella primavera seguente e ritardi di crescita nei nuovi impianti. Tali danni avvengono in un periodo molto limitato, quando il tralcio misura solo alcuni centimetri di lunghezza. Spesso sono evitati dai primi trattamenti fitosanitari, che vengono effettuati proprio in questo periodo, e che sembrano avere un effetto repellente. È opportuno in un primo momento localizzare nella particella le piante danneggiate (mediante conteggio dei filari) e se necessario riportarle in mappa, in modo da poterle ritrovare nel corso della stima definitiva. In ogni caso si dovrà attendere la raccolta per poter stimare i danni provocati ai tralci e valutarne l’importanza economica. La brucatura di un tralcio all’inizio della crescita non causa infatti un arresto definitivo della vegetazione, poiché si assiste quasi sempre allo sviluppo di tralci di rimpiazzo, che spesso fruttificano. Al momento della vendemmia si verificano nuovamente le piante colpite in primavera, in modo da stimare la loro mancata fruttificazione per confronto con le piante vicine. D’altra parte, bisogna considerare che generalmente una diminuzione nel numero di grappoli per pianta comporta un aumento del peso medio del grappolo. 3.8 Prati Danni da cinghiale In caso di danni importanti, si dovrà effettuare una risemina o un ripristino, che dovrà essere compensato solo dopo la sua effettiva realizzazione. Si rende dunque necessario un secondo sopralluogo di verifica. In generale, il ripristino può essere realizzato manualmente, in caso di grufolate sparse, oppure meccanicamente, se il terreno si presta. In caso di danni ingenti ben localizzati, il ripristino con lavorazione e risemina non deve essere effet- 16 QUADERNO ARSIA 5/99 tuato che su zone fortemente distrutte, con grufolate profonde e più del 60% di prato distrutto. Bisognerà tenere conto delle condizioni climatiche, della natura del suolo e del periodo dell’anno. Danni da cervidi La perizia dovrà essere effettuata prima dell’eventuale pascolamento degli animali domestici, altrimenti sarà impossibile valutare il pascolamento dovuto ai cervidi. A seconda del tipo di suolo e delle variazioni climatiche, un sovrapascolo invernale può causare una riduzione rilevante della produttività, fenomeno dovuto principalmente al calpestio. È quindi opportuna una prima verifica in inverno, seguita da una valutazione della perdita di raccolto alla ripresa vegetativa, prima del pascolo. Prevenzione: la protezione delle colture contro i danni causati dal cinghiale e dagli altri ungulati Introduzione Per assicurarsi il sostentamento, i grandi erbivori sono costretti ad alimentarsi, in parte all’interno del bosco e in parte nelle aree coltivate. Di conseguenza, la conservazione di popolazioni rilevanti di fauna selvatica presuppone l’accettazione di tale consumo. Ciononostante le conseguenze economiche possono divenire insopportabili, sia per l’agricoltore che vede parzialmente distrutto il frutto del suo lavoro, sia per il cacciatore che è tenuto a farsi carico della rifusione di tali danni. Due fattori essenziali concorrono, indipendentemente o simultaneamente, all’evoluzione dei danni: • la dimensione delle popolazioni di ungulati (numero totale di individui e densità) • il tipo di colture impiantate nelle zone ‘a rischio’. Per ridurre i danni, è dunque necessario agire su questi due fattori. Inoltre, possono essere utilizzati dispositivi di protezione che mirino a limitare o impedire l’accesso degli animali alle colture danneggiabili. 1. Il controllo delle popolazioni di ungulati 1.1 Ungulati in regime di caccia di selezione L’obiettivo di un corretto piano di abbattimento è esattamente quello di fissare il prelievo da effettuare in modo da adattare la densità di popolazione esistente alla capacità del territorio; permette quindi di raggiungere la stabilità, l’aumento o la diminuzione delle popolazioni facendo variare il prelievo in funzione dell’evoluzione delle popolazioni e degli obiettivi fissati per ogni distretto. Dato che la capacità portante di un ambiente è la quantità massima di animali sostenibili senza che si verifichino problemi rilevanti alle colture e al bosco, l’importanza dei danni verificati da attribuire ad una data specie deve dunque costituire un criterio essenziale da prendere in considerazione per formulare il piano di abbattimento annuale per quella specie. Il ruolo del tecnico incaricato della verifica e valutazione dei danni è quindi fondamentale: degli errori di determinazione della specie responsabile conducono alla formulazione di piani di abbattimento erronei. Nota importante La prevenzione deve coinvolgere tutti, ed in particolare i cacciatori del distretto interessato dai danni. Il tecnico che verifica l’ammontare dei danni dovrebbe poter contattare immediatamente il responsabile del distretto per installare rapidamente le opere di prevenzione, soprattutto in caso di danni alla semina, in modo che l’agricoltore possa riseminare senza timore di nuovi danni. In ogni caso, la prevenzione deve essere fatta prima della comparsa dei primi danni. È dunque necessario prevedere nelle zone a rischio un ‘comitato di vigilanza’, a livello di distretto, diretto da una persona responsabile di installare le opere di prevenzione al momento opportuno, prima dell’apparizione dei primi danni. La vigilanza deve essere permanente, le zone a rischio devono essere sorvegliate in modo intensivo per identificare i danni appena essi compaiono, in modo da agire rapidamente. Se, malgrado la prevenzione, si verificano dattacchi alle colture, gli agricoltori devono poter contattare rapidamente per telefono un responsabile che farà installare prima possibile i dispositivi necessari per ridurre questi danni. 18 QUADERNO ARSIA 5/99 1.2 Cinghiale Il cinghiale può essere considerato sedentario, a livello di un distretto di adeguate dimensioni. Il tasso d’accrescimento della specie, a seconda del tipo di gestione adottato (per esempio, l’abbattimento preferenziale dei giovani) e le condizioni alimentari, può variare da meno del 100% fino al 200%. Il controllo della popolazione deve essere effettuato sull’intera popolazione, per mezzo di un piano di abbattimento che deve essere costantemente rivisto. Quando si stima che una popolazione sia troppo abbondante, è necessario aumentare la pressione venatoria oppure modificare le regole di abbattimento, aumentando il tasso di prelievo degli adulti. Quando la limitazione risulti insufficiente, dovranno essere autorizzate battute finalizzate al controllo delle popolazioni oppure battute di disturbo che permettono di allontanare momentaneamente gli animali dalle zone vulnerabili. 2. Azioni sulle colture L’esperienza mostra che le colture sono tanto più vulnerabili tanto più sono vicine a un bosco ove gli ungulati trovano rifugio; come regola generale, la zona a più alto rischio è quindi quella contigua al bosco, per una profondità di circa 400 metri. L’osservazione dei danni in funzione del tipo di coltura mette in evidenza la grande vulnerabilità del grano tenero e del mais (sia da granella che da foraggio). L’agricoltore può dunque parzialmente limitare i rischi di danni impiantando sul bordo del bosco le colture meno appetite (per esempio, i cereali aristati) o quelle su cui i danni sono tecnicamente e economicamente più sostenibili (prati), e allontanando dal bosco le produzioni più vulnerabili. Un piano colturale ben realizzato, che tenga in considerazione la dislocazione dei danni negli anni precedenti, costituisce dunque un mezzo importante per limitare i danni. 3. Azioni indirette di prevenzione dei danni 3.1 Foraggiamento dissuasivo La grande attrattività che il mais esercita sul cinghiale può essere utilizzata per dissuadere questa specie dall’alimentarsi nelle aree coltivate. Un esperimento condotto in Alta Marna (Francia) ha dimostrato che fornendo una adeguata quantità di mais (1 kg per cinghiale al giorno durante il periodo critico) si riducono del 70% i danni sui cereali a maturazione lattea. Perché la dissuasione sia efficace, il mais deve essere distribuito in lunghe strisce larghe da 10 a 20 m, per un totale di 40-50 kg al chilometro. Inoltre, è fondamentale effettuare una distribuzione ogni giorno. I diversi metodi di foraggiamento tradizionali, come il bidone forato, il mais sotterrato, la distribuzione in cumuli sono tutti inefficaci. Infatti, i gruppi entrano in competizione quando si devono alimentare nello stesso punto; d’altra parte, il foraggiamento deve essere il più ‘naturale’ possibile, per non spaventare i cinghiali più schivi. Inoltre, i dispositivi ‘self service’, utilizzati intensivamente a partire dal loro riempimento, vengono svuotati prematuramente e non assicurano un foraggiamento giornaliero costante. Il costo della dissuasione mediante foraggiamento può essere equivalente al costo della rifusione dei danni, ma ha il grosso vantaggio di non causare conflitti sociali fra agricoltori e cacciatori. Per i cervi, a causa delle grandi quantità di cibo ingerite, questa tecnica non è consigliabile. 3.2 Colture a perdere La messa a coltura di particelle situate all’interno di complessi boschivi presuppone investimenti considerevoli, cui non corrispondono spesso che risultati aleatori. In mezzo al bosco il suolo è generalmente difficile da lavorare (troppo secco o troppo umido, poco soleggiato), la vegetazione spesso si sviluppa più lentamente, e le colture spesso arrivano a maturazione solo molto dopo quelle in pieno campo. Inoltre, la resa unitaria è inferiore del 25-30%, e le superfici disponibili sono spesso molto limitate. Di solito è quindi preferibile, per prevenire i danni da cinghiale sul grano a maturazione lattea, procedere al foraggiamento su striscia già descritto. Per limitare i danni sul mais a maturazione lattea, il foraggiamento con mais in granella non è sempre efficace. In questo caso, la semina di mais di varietà precoci all’interno del bosco può ridurre i danni, se le particelle coltivate sono numerose, di superficie adeguata e ben diffuse in tutto il bosco. Ciononostante, molti esempi mostrano come i cinghiali frequentino simultaneamente anche i campi di mais in produzione, che quindi devono essere protetti con recinzioni elettriche. Tenendo conto delle perdite, si può stimare che per un periodo di vulnerabilità delle colture di 2 mesi e mezzo si debba contare su 2-3 q.li di mais in chicchi per cinghiale per avere una dissuasione efficace. Per una densità (pre-apertura della caccia) di 10 cinghiali per 100 ha, saranno quindi necessari 20-30 q.li di mais (oppure circa 1 ha di coltura) per 100 ha. I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E 4. Azioni dirette di prevenzione dei danni 4.1 La protezione chimica o l’utilizzazione di repellenti Colture annuali La protezione delle colture annuali, al contrario di quella dei rimboschimenti, non può che essere globale: è un’utopia raccomandare l’installazione di una protezione individuale mediante l’applicazione di un trattamento su ogni singola pianta. L’obiettivo di una protezione globale sarà quello di creare o l’effetto di una barriera, agendo principalmente sull’odorato dell’animale, oppure un effetto di disgusto, procedendo, per esempio, a trattamenti delle sementi (soprattutto nel caso del mais). Attualmente, nonostante le numerose sperimentazioni condotte, non si può affermare che esistano dei prodotti adeguati a permettere una protezione globale delle particelle coltivate, in quanto l’effetto repulsivo dei prodotti proposti è in genere di brevissima durata, e si hanno rapidamente fenomeni di assuefazione degli animali. Pertanto, nello stato delle conoscenze attuali, questi metodi non sono consigliabili. Vigna e alberi da frutto Le vigne e gli alberi da frutto, contrariamente alle colture annuali, possono essere oggetto di una protezione individuale contro la brucatura invernale dei cervidi. Alcuni prodotti, a base di ziram o di estratti animali associati a bitumi, hanno dato risultati soddisfacenti. Il trattamento deve essere effettuato prima dell’inizio del periodo dei danni di questo tipo, cioè in novembre-dicembre, con tempo secco e senza gelate. Se si osservano delle brucature nel corso della stagione invernale, è sempre possibile trattare prima della comparsa dei germogli. La protezione chimica dei germogli giovani, in corso di crescita, contro la brucatura estiva dei cervidi resta un problema non risolto. 4.2 La protezione acustica La protezione acustica consiste nell’emissione ripetuta di rumori diversi per allontanare gli animali da una zona ove causano dei danni, creando un clima di insicurezza. Utilizzo dei detonatori Questi apparecchi producono automaticamente, a intermittenza, secondo la cadenza desiderata, potenti detonazioni che tendono a spaventare gli animali. La cadenza da utilizzare nei confronti del 19 cinghiale e del cervo è di uno ogni circa 45-60 minuti. Un solo detonatore copre da 5 a 15 ha in terreno aperto, ma da 1 a 3 ha nei frutteti. Anche se di buone prestazioni, questi apparecchi non possono essere utilizzati per delle protezioni di lunga durata perché già dopo 3 giorni si osservano fenomeni di assuefazione. Il metodo è applicabile soltanto durante i periodi critici (per esempio, al momento della semina). Metodi elettro-acustici Il principio consiste nella diffusione, tramite altoparlanti, di frequenze sonore: emissioni sonore udibili, di ultrasuoni o di messaggi specifici. Ad oggi, l’efficacia di tali metodi non è stata dimostrata. 4.3 La protezione ottica La protezione ottica consiste nell’utilizzazione di spauracchi di vari tipi (manichini, bande riflettenti, sacchi di materiale plastico ecc.); non presenta interesse, in quanto gli animali vi si assuefanno molto rapidamente. 4.4 La protezione meccanica individuale delle piante Esistono diversi sistemi che proteggono la totalità della pianta o solamente una parte. Nel caso dei frutteti, la protezione individuale della pianta deve essere totale, in modo da impedire completamente alla fauna l’accesso. Si utilizza un dispositivo a manicotto in rete di plastica o metallica, le cui dimensioni variano in funzione della specie responsabile. Questo tipo di protezione presenta il vantaggio di non impedire i movimenti degli animali nella piantagione. Manicotto in rete metallica zincata Protezione contro il capriolo Caratteristiche della protezione: rete metallica zincata a maglia di 2,5 x 2,5 cm; ganci di chiusura incorporati alle estremità del manicotto; diametro 19 cm, altezza 120 cm. La messa in opera viene effettuata attorno alle piante da proteggere, mediante la chiusura dei ganci e fissaggio a due paletti di legno di cm 2x2x150. Il fissaggio della base della rete ai paletti aumenta l’efficacia del sistema, evitando che i caprioli sollevino il manicotto. Protezione contro il cervo e il daino Caratteristiche della protezione: rete metallica zincata a tripla torsione (diametro del filo 1,2 mm) a maglia di 5 cm; diametro 19-24 cm, altezza 180 cm; due o tre paletti tondi di cm 5 20 QUADERNO ARSIA 5/99 tro i conigli, che rodono la plastica. C’è rischio di crescita dell’apice vegetativo della pianta attraverso le maglie della rete. Nel caso in cui sia impossibile utilizzare le guaine pronte all’uso (necessità di infilarle sulla pianta), esistono anche reti in rotolo. Per tutti i tipi di rete è difficile eliminare le infestanti all’interno. Esistono delle reti metalliche non zincate autodegradanti, ma spesso di durata troppo breve. Inoltre possono essere fitotossiche per le giovani piante, a causa della liberazione massiccia di ossido di ferro. Conclusioni sulla protezione individuale totale 1. Shelter in rete metallica per prevenzione danni da cervo x 220. La messa in opera è simile a quella della protezione per il capriolo. Nota - Questo tipo di manicotto è adatto a situazioni di forte densità di fauna, grazie alla buona resistenza meccanica. È efficace anche contro le lepri e i conigli. Ha una buona durata ed è possibile il reimpiego. D’altra parte, è necessario rimuovere la protezione dopo il periodo di impiego, in quanto ci sono rischi di danneggiare gli alberi a causa dello sfregamento o dell’incrostazione. Manicotto in griglia di plastica Caratteristiche della protezione: polietilene nero a maglie di 18 mm, venduta pronta all’impiego, diametro 18 o 33 cm, altezza 120 cm (capriolo) o 180 cm (cervo o daino). Deve essere mantenuta attorno alla pianta mediante due paletti di 150 cm (capriolo) o 250 cm (cervo o daino). In zone a forte presenza è necessario fissare solidamente la protezione ai paletti. Nota - Questo tipo di protezione ha una ottima efficacia contro i danni da capriolo. Buona resistenza della plastica agli U.V. La plastica si stira durante la crescita dell’albero, fino a rompersi senza rischio di inglobamento nella corteccia. Di conseguenza, non è indispensabile la rimozione. L’utilizzo dei paletti è indispensabile. Questa protezione non è efficace con- Questi metodi, a causa del loro alto costo, devono essere riservati a dei casi particolari e limitati. Inoltre, si devono segnalare svariati inconvenienti: • rischio di interferenza della rete metallica nella corretta crescita della pianta; • impossibilità di rimuovere le infestanti all’interno della rete; • rischio di danneggiamento della rete in plastica, sia da parte dei lagomorfi, sia da parte dei cervidi; • rischio di cedimento dei manicotti non sufficientemente rigidi. La durata della protezione è variabile a seconda del tipo di manicotto adottato: quelli metallici sono molto più resistenti di quelli sintetici, che si disintegrano sotto l’azione del gelo e degli ultravioletti nel corso di 3-5 anni. Le plastiche nere e marroni utilizzate attualmente sono più resistenti di quelle gialle e bianche impiegate in precedenza. 4.5 Protezione totale con recinzione metallica I recinti in rete destinati a proteggere le zone agricole dai cinghiali e dagli altri ungulati sono poco utilizzate, a causa del carattere temporaneo delle colture e del costo elevato del materiale e della posa in opera. Ciononostante possono essere giustificate per alcune colture particolarmente appetite (vivai, orto-floricoltura). In nessun caso tali recinzioni devono essere generalizzate, dato che costituiscono un impedimento molto forte per gli spostamenti degli animali. Il loro finanziamento deve essere a carico del proprietario. La recinzione è realizzata con una rete di altezza che va da 2 m (capriolo) e 2,5 m (cervo e daino). I pali (diametro 9 cm) devono essere piantati ogni 3-4 m. La rete vi può essere fissata in modo permanente con delle grappe, ma si preferisce un sistema smontabile che permette di rimuovere sezioni della recinzione (ad es., per far uscire animali eventualmente rinchiusi nel recinto). Questa protezione non resiste durevolmente al cinghiale, che vi può aprire delle brecce. I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E 4.6 La recinzione elettrica Introduzione L’impiego della recinzione elettrica come metodo di protezione delle colture dai danni causati dalla fauna selvatica non è una innovazione recente. Infatti, a partire dal 1946, degli agricoltori del Dipartimento francese dell’Alta Marna utilizzavano questo tipo di protezione per limitare i danni causati dai cinghiali, molto numerosi dopo la guerra. Già all’epoca, i risultati erano stati ottimi, nonostante un certo numero di difficoltà: elettrificatori poco potenti (il che limitava la superficie delle zone protette), manutenzione difficile (sfalcio manuale della vegetazione), ecc. Dal 1970 in poi, il Consiglio Superiore della Caccia, divenuto poi Ufficio Nazionale della Caccia (ONC) è tenuto a rifondere i danni causati alle colture dai cinghiali e dalla grossa fauna oggetto di piani di abbattimento. A causa dell’importanza del finanziamento necessario, e in considerazione della situazione critica di alcuni agricoltori particolarmente colpiti, l’ONC è stato spinto a proporre l’utilizzo di sistemi di protezione. Sono quindi state intraprese diverse sperimentazioni: tentativi di dissuasione acustica, repellenti chimici, protezione con recinti elettrici. Quest’ultimo metodo, anche se non costituiva una novità, necessitava ancora di una considerevole messa a punto, in modo da ottenere una recinzione di facile installazione e manutenzione, che permettesse la protezione di vaste zone coltivate e che fosse compatibile con le esigenze di una agricoltura meccanizzata. Inoltre, era necessario valutare il rapporto fra l’efficacia e il costo di tale metodo di protezione, nelle normali condizioni di utilizzo; l’ONC non poteva proporre o incoraggiare degli investimenti se questi non erano inferiori alle economie realizzate sul piano della rifusione danni. Era inoltre necessario assicurarsi che i cinghiali e gli altri ungulati non si spostassero sistematicamente nei campi che restavano non protetti. Lo studio che ha portato alla realizzazione del presente documento ha avuto inizio nel 1976, nel Dipartimento dell’Alta Marna. La messa a punto di questo metodo e la sua dimostrazione sono state ottenute dopo un periodo di tre anni. A partire dal 1980 è la Federazione dei Cacciatori che ne prosegue l’impiego. È ormai dimostrato come la recinzione elettrica costituisca senza ombra di dubbio un modo efficace di protezione delle colture contro i danni da cinghiale (anche se tale protezione non può essere totale), a condizione di rispettare un certo numero di regole relative alla scelta dei materiali, alle condizioni di installazione, alla manuten- 21 zione e alla sorveglianza delle apparecchiature; i due ultimi punti costituiscono dei fattori essenziali per il successo di una operazione di prevenzione. I materiali Il cavo Il cavo da utilizzare è di acciaio zincato e ritorto (composto da più fili) montato su avvolgitore. Questo tipo di filo presenta molti pregi: • flessibilità; • grande robustezza; • resistenza allo strappo grazie alla sua elasticità; • in caso di strappo, può essere riparato con un semplice nodo. Se montato su avvolgitore-tenditore (500 m di cavo per avvolgitore sono un buon compromesso) è di facile impiego: • si srotola facilmente applicandolo al retro di un veicolo; • la tensione del filo può essere facilmente regolata; • in caso di rottura, è facile allentare il cavo, ripararlo e tenderlo di nuovo; • lo stoccaggio e il successivo riutilizzo sono particolarmente facili; • l’avvolgitore può essere attaccato su un picchetto di legno, senza bisogno di accessori speciali. Bisogna sottolineare che gli altri tipi di cavo hanno svariati inconvenienti: • le bande di plastica (larghe 1-2 cm) sono fragili e di scarsa conduttività; inoltre, offrono notevole resistenza al vento, che quindi rischia di abbattere la recinzione; il loro continuo movimento le sfibra e le rompe a livello degli isolatori. D’altro canto, i cervi le vedono e tentano di superarle saltando; • il filo spinato richiede molta manodopera per la posa in opera, la riparazione, lo stoccaggio; • il fil di ferro liscio si stende con molta difficoltà, si rompe molto facilmente e il suo reimpiego è difficile; • il filo plastificato è scarsamente resistente e viene deteriorato dai roditori, sia al momento dello stoccaggio che sul terreno, in periodo di inutilizzo. I picchetti La scelta dei picchetti deve consentire una facile installazione e rimozione, in funzione della protezione desiderata o delle correzioni da apportare nel tracciato della recinzione. Sono utilizzati due tipi di picchetti: I picchetti di forza Sono particolarmente adatti ad assicurare solidità alla recinzione i paletti di legno (castagno o 22 QUADERNO ARSIA 5/99 picchetti in ferro picchetti in legno 2. Picchetto d’angolo che non dà un supporto sufficiente 3. Picchetto d’angolo ben installato acacia), in quanto molto rigidi. Vengono utilizzati negli angoli e alle estremità del recinto. Per consentire una tensione soddisfacente del cavo, devono essere conficcati solidamente e, se necessario, sostenuti con tiranti o sostegni laterali. Se i pali devono restare sul posto per vari anni, si consiglia di bruciarne la parte da interrare per garantire una migliore conservazione. Gli isolatori A ogni tipo di picchetto si possono adattare vari tipi di isolatori. I migliori risultati sono ottenuti: • per i picchetti d’angolo, con gli isolatori tipo “carrucola”; • per i picchetti di supporto, con degli isolatori a spirale tipo “coda di maiale”. I picchetti di supporto Questi devono servire solo da supporto ai cavi; non possono quindi sopportare una trazione laterale. Devono essere leggeri, poco ingombranti, facilmente trasportabili e stoccabili. Devono inoltre poter supportare degli isolatori regolabili in altezza con semplice pressione manuale. La scelta dovrà quindi orientarsi su picchetti ad asta, più o meno rigidi, di sezione circolare e di 12 mm di diametro. Esistono tipi in materiali isolanti, il che evita ogni rischio di massa a terra per contatto dei cavi sui picchetti. Sono disponibili picchetti: • in fibra di vetro: particolarmente rigidi e isolanti, sono i più adatti; • in plastica: hanno l’inconveniente di curvarsi sotto la tensione del filo se la recinzione non è perfettamente rettilinea; • in acciaio zincato e plastificato: sono nettamente più costosi dei tipi precedenti; • in ferro tondo da edilizia: sono economici e resistenti, ma hanno l’inconveniente di essere conduttori. Gli isolatori d’angolo, tipo “carrucola” Sono in polietilene, elastici, robusti, facili da installare. Devono essere attaccati ai picchetti d’angolo con un fil di ferro liscio n. 16 o 18. Non devono mai essere fissati con un tirafondi, perché in caso di tensione del filo c’è il rischio di far ruotare il palo e di strappare l’isolatore. Gli isolatori a spirale, tipo “coda di maiale” Questi isolatori si possono montare sui picchetti a sezione circolare, in ferro o plastificati. Presentano i seguenti vantaggi: • sono di montaggio rapido, senza necessità di utensili; • l’altezza di installazione è regolabile in ogni momento con la semplice pressione della mano; • l’isolamento resta ottimo anche in caso di pioggia, brina o neve, in quanto la distanza del filo dal picchetto è di 4 cm; • lasciano scorrere liberamente il cavo, anche se con nodi, questo permette una buona tensione del cavo e un facile riavvolgimento; • restano fissati ai picchetti in caso di trasporto I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E 23 4. Fissaggio di un isolatore di tipo “carrucola” su un picchetto d’angolo 5. Fissaggio di un isolatore “a coda di maiale” su un picchetto in fibra di vetro e di stoccaggio; • un isolatore supplementare può essere aggiunto con facilità, nel caso si renda necessario aumentare il numero di cavi. sufficiente nel cavo. Possono essere classificati in 3 gruppi, a seconda della sorgente di corrente elettrica che li alimenta: pile, accumulatori o corrente. Gli elettrificatori L’elettrificatore costituisce l’equipaggiamento fondamentale della recinzione. La sua scelta è essenziale. Sul mercato esistono due grandi famiglie di elettrificatori: • apparecchi di concezione antica, detti “meccanici” in riferimento al tipo di ruttore di cui sono muniti (in particolare, ruttori in acciaio o mercurio). Questo tipo di apparecchio permette di ottenere per ogni impulso una tensione che varia da V 1.000 a 2.500 circa, a seconda che si tratti di un elettrificatore a pile o a corrente; • apparecchi di concezione recente, detti “elettronici” o ad impulso corto. Questi apparecchi permettono di ottenere per ogni impulso una tensione che varia da V 2.000 a 10.000, a seconda che si tratti di un elettrificatore a pile o a corrente. Nel caso di recinzioni elettriche impiantate per proteggere le colture contro i danni da fauna selvatica, realizzate con grandi lunghezze di filo e installate in zone ad alto rischio di messa a massa (abbondante vegetazione erbacea o arbustiva, utilizzo di picchetti in ferro, ecc.) devono essere impiegati esclusivamente elettrificatori ad impulso corto, di migliori prestazioni, il che permette, in caso di messa a massa, di mantenere una tensione elettrica Elettrificatori a pile Sono molto pratici, in quanto: • la durata di una pila è di almeno sei mesi; • permettono di elettrificare fino a 2 km di recinzione a due cavi. Possono quindi essere utilizzati per la protezione di parcelle di 3-5 ha. Elettrificatori ad accumulatori Questi apparecchi sono: • potenti, in quanto permettono di elettrificare fino a 5 km di recinzione (a 2 o 4 cavi), e assicurano una tensione soddisfacente in caso di massa; • utilizzabili dappertutto, contrariamente agli elettrificatori a corrente. L’impiego degli elettrificatori presenta però due inconvenienti importanti: • devono essere ricaricati ogni tre settimane, il che comporta la necessità di trasporto e di manipolazione, oltre che il rischio di dimenticarlo; • sono rubati più spesso degli altri tipi. Devono quindi essere impiegati quando non sia possibile utilizzare un elettrificatore a corrente. Nota - Tenuto conto della necessità di ricarica, bisogna prevedere in media 3 batterie ogni 2 elettrificatori. Devono essere utilizzate batterie a forte amperaggio. 24 QUADERNO ARSIA 5/99 6. Recinzione a 1, 2 e 4 fili di totalmente irrilevante (L. 1000 al mese, nel caso di un elettrificatore sempre in funzione). Conclusioni La scelta migliore sarà quindi: • un elettrificatore a impulsi corti (elettronico) • ogni volta che sia possibile, anche a costo di un maggior lavoro e costo di installazione, utilizzare un elettrificatore a rete, che dovrà assicurare una tensione minima di 6.000 volt sulla recinzione, e almeno un impulso al secondo. Realizzazione della recinzione elettrica Caratteristiche della recinzione a seconda della specie In ogni situazione, la recinzione elettrica dovrà essere concepita come l’investimento minimo per ridurre i danni, perciò sarà realizzata diversamente a seconda: Recinzione ad 1 filo Recinzione a 2 fili Recinzione a 4 fili • della specie di cui si voglia impedire il passaggio; Elettrificatori a corrente • del livello di rischio, legato alla frequentazioSono di gran lunga i più soddisfacenti, in quanne abituale degli animali; to possono alimentare più di 5 km di recinzione a • dell’appetibilità della coltura da proteggere. 4 fili (o più di 10 km a 2 fili) e resistono molto bene alle messe a terra causate dal contatto con erba o Il cinghiale rami. Necessitano di una presa di corrente a 220 V. In zone poco frequentate da questa specie e per È inoltre possibile portare a grande distanza l’imcolture poco appetibili, un singolo filo a 25 cm da pulso elettrico con un semplice cavo, sia aereo (norterra può essere sufficiente. Nelle zone molto fremale filo da recinzione), sia sotterraneo (filo elettriquentate, e per le colture più vulnerabili (per es.: co isolato), a partire dall’elettrificatore collegato semina di mais) si dovranno installare 2 cavi (a 25 e a alla rete in una fattoria o in una abitazione, fino alla 50 cm dal suolo). Nel primo caso, potranno essere recinzione. È quindi fortemente consigliabile effetsufficienti picchetti di 60 cm, mentre nel secondo tuare degli allacciamenti a partire da elettrificatori, bisognerà prevedere picchetti di 120 cm; nel terreno anche distanti alcuni chilometri, in quanto il costo lavorato, è talvolta necessario infilarli per 40 cm in di montaggio è più che compensato dalla eliminamodo da avere una installazione soddisfacente. zione dei costi di manutenzione delle batterie e dalla maggiore efficacia. Il cervo e il daino Una recinzione a due fili destinata alla protezioIl consumo di elettricità è dell’ordine dei 8-12 ne delle colture contro i danni da cinghiale può Watt (10% di una normale lampada); il costo è quin- I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E 25 7. Aggiunta di fili supplementari su un passaggio di fauna Fili supplementari essere efficace anche contro i Filo elettrificato cervidi, se la coltura è poco appetita. Più in generale, per ottenere una buona protezione è necessario l’impiego di 4 cavi (a 25, 50, 120 e 170 cm da terra). Saranno necessari picchetti di 2,4 m. Ai fili dovranno essere fissate delle strisce (tipo nastro da cantieri) di 60 cm; per ogni spazio fra due picchetti, bisogna prevedere un minimo di due strisce su ognuno dei fili in alto ed una per ogni filo in basso. Questo tipo di recinzione permette quindi una protezione sia dai cervidi sia dal cinghiale. Talvolta, gli animali riescono a passare la recinzione; questo di solito accade sempre negli stessi luoghi, lungo un passaggio. In questi casi, si dovrà: • modificare l’altezza dei fili; • inserire alcuni fili supplementari, fissati su degli isolatori e collegati al filo elettrificato con dei fili di ferro; • aggiungere delle strisce segnaletiche; • fissare una banda di rete metallica al filo, in modo che sia elettrificata. Bisognerà in questo caso fare attenzione a non mettere a massa la recinzione. Determinazione del tracciato della recinzione Una volta che la recinzione sia installata, il successo della protezione sarà lungi dall’essere realizzato, ma dipenderà dalla qualità della manutenzione e della sorveglianza dell’installazione: una recinzione deteriorata, qualunque sia la causa, può, in pochissimo tempo, annientare ogni sforzo effettuato fino ad allora. È per questo che, quando si tratta di determinare il tracciato del recinto, è essenziale pensare alla facilità di accesso su tutto il perimetro, in modo che la manutenzione e la sorveglianza non costituiscano uno sforzo eccessivo che, nel tempo, finirà per scoraggiare anche i più entusiasti. Inoltre, alcune particolarità topografiche costringono a delle precauzioni per evitare la penetrazione degli animali. Regole generali In ogni caso, la recinzione: • dovrà essere installata in mezzo ad una zona priva di vegetazione, di larghezza minima di 1,5 m; • dovrà comportare le minime limitazioni possibili per l’agricoltore e per gli altri utilizzatori dello spazio ad essa circostante; • dovrà avere un facile accesso. Con queste limitazioni, il tracciato sarà determinato tentando di sfruttare al meglio le possibilità offerte dal terreno, e in particolare: • ogni volta che sia possibile, la recinzione sarà installata sul margine di una strada o di un sentiero percorribile in auto; se questo manca, è da prevedere una sua creazione; in questo modo, l’installazione, la manutenzione e la sorveglianza saranno 26 QUADERNO ARSIA 5/99 8. Due recinzioni distanti un metro possono essere saltate 9. Dopo aver saltato la recinzione già in essere, come d’abitudine, l’animale urterà nella recinzione elettrica 10. Disposta in questo modo, al piede di una scarpata, la recinzione potrà essere saltata 11. L’animale urterà contro la recinzione e non passerà grandemente facilitate; • in generale, è preferibile installare la recinzione nel bosco, piuttosto che nei terreni agricoli, in quanto i lavori annuali di manutenzione sono limitati se si fa passare il recinto all’interno di boschi con coperture sufficientemente alte e dense. Sarà allora sufficiente procedere a degli interventi limitati, per liberare il recinto da rami e arbusti. Nei casi in cui si debba necessariamente attraversare una parcella tagliata recentemente o una zona arbustiva, sarà necessario aprire un passaggio, più rettilineo possibile, largo 1,5 m. In questo modo la recinzione non rischia di essere danneggiata durante le lavorazioni agricole, e la crescita della vegetazione è debole, il che facilita grandemente la manutenzione; • quando la recinzione deve essere installata nei campi (in caso di difficoltà di installazione nel bosco o di protezione di una parcella isolata) è preferibile sacrificare 1,5 m di coltura sul perimetro considerato, in modo che la recinzione sia disposta su di un suolo relativamente piatto, piuttosto che installarla su una scarpata, su un fossato o in altre zone accidentate. In effetti, oltre alle complicazioni durante il lavoro, potranno rimanere degli spazi troppo ampi fra i fili e il suolo, il che permette il passaggio degli animali. Casi particolari Limitazioni topografiche obbligano talvolta a modificare il tracciato previsto per assicurare l’efficacia della recinzione. a) La recinzione elettrica deve essere posta in I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E 27 12. Gli animali passeranno lungo la recinzione e avranno accesso all’area da proteggere 13. Gli animali saranno allontanati dalla zona da proteggere prossimità di una recinzione preesistente (per esempio, recinto da pecore) che gli animali sono abituati a oltrepassare. In questo caso, dopo aver oltrepassato, come d’abitudine, la recinzione fissa, l’animale urterà sulla recinzione elettrica. Se questa è impiantata a meno di 3 m dalla recinzione fissa, gli animali passeranno le due recinzioni anche se ricevono una scarica elettrica: nello slancio, non avranno la possibilità di riprendersi e di confrontarsi con il nuovo ostacolo in condizioni normali. È dunque indispensabile prevedere uno spazio di più di 3 m (5 m sono di norma soddisfacenti) fra una recinzione preesistente e una recinzione elettrica. b) La recinzione elettrica deve essere installata vicino a una scarpata. In questo caso, se la recinzione è posta al piede del dislivello, gli animali che arrivano dall’alto la passeranno. Dovrà quindi essere piazzata o sul bordo superiore della scarpata, oppure a una distanza di 3-4 m dal piede. c) La recinzione deve lasciare il passaggio di una via di circolazione (strada, ferrovia, ecc.). Una recinzione disposta su un tracciato rettilineo, interrotto per lasciare il passaggio di una strada, non impedirà il passaggio degli animali, che potranno sfruttare questa apertura per accedere alla zona da proteggere. È quindi indispensabile adottare una protezione supplementare, prevedendo un ritorno lungo la strada, per una lunghezza di 30-50 m; così, gli animali saranno costretti ad allontanarsi dalle colture e saranno spinti a ripartire. Infatti è piuttosto raro che gli animali si infilino in un corridoio di alcune decine di metri, circondato da una recinzione elettrica. Preparazione del terreno Come abbiamo visto, l’installazione della recinzione deve essere effettuata, su tutta la sua lunghezza, al centro di una zona larga un minimo di 1,5 m, priva di vegetazione e più pianeggiante possibile. Infatti, se la fascia diserbata è troppo stretta, la vegetazione arriverà a toccare i fili e fare massa. È molto raro che l’installazione possa essere realizzata sul suolo nudo esistente; sarà dunque di solito necessario preparare il terreno. Di conseguenza: • tutta la vegetazione, per una larghezza di 1, 5 m e un’altezza di 2 m sarà sfalciata o altrimenti distrutta; • la recinzione sarà installata su una fascia non seminata larga 1,5 m; • se il terreno è accidentato (per esempio, presenza di solchi profondi) si realizzerà un livellamento mediante una fresa. Dovrà essere previsto inoltre un trattamento erbicida. Questa condizione è determinante per il buon funzionamento della recinzione: infatti, se 28 QUADERNO ARSIA 5/99 14. m = picchetti di forza in legno; l = picchetti di sostegno in ferro; caso A: i picchetti di ferro cederanno negli angoli e la recinzione si allenterà; B: buona disposizione dei picchetti 15. Cattivo posizionamento dell’isolatore 16. Posizionamento adeguato rimangono delle erbe o piccoli rami, diventeranno buoni conduttori in periodi umidi (rugiada, pioggia), causando forti perdite di corrente, anche con dei buoni elettrificatori a impulso breve. Il diserbo chimico deve essere effettuato all’inizio del periodo vegetativo, in primavera, oppure il prima possibile dopo l’installazione della recinzione (non prima, per essere sicuri di trattare nel posto giusto). Si effettuerà un trattamento erbicida a largo spettro (atrazina o simazina, più un altro principio attivo in modo da distruggere per assorbimento radicale le graminacee e le dicotiledoni annuali). Altre dicotiledoni non possono essere distrutte efficacemente se non dopo germinazione, in quanto i prodotti agiscono per assorbimento foliare. È preferibile effettuare due trattamenti: antigraminacee il più presto possibile, antidicotiledoni dopo la germinazione. Nel secondo trattamento si può aggiungere, se necessario, un antigraminacee se non fossero state distrutte completamente durante il primo trattamento. I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E 17. A: gli animali potranno passare nel punto “e” Note: • i trattamenti erbicidi devono sempre essere effettuati in periodi non piovosi (24 h minimo); • l’applicatore a zaino è sconsigliato, eccetto per piccole superfici o per zone di difficile accesso che non si sia potuto evitare nella determinazione del tracciato (in questo modo si possono trattare strisce di 250300 m al massimo); • lo sfalcio, in periodo vegetativo, è insufficiente, in quanto causa sempre una ricrescita; • il Glyphosate, prodotto spesso proposto per il diserbo, può risultare corrosivo per i cavi; • il cloruro di sodio va evitato perché corrosivo. Montaggio Disposizione dei picchetti a) Caso generale: i picchetti più robusti, in legno, saranno utilizzati negli angoli, qualunque sia la loro apertura alle estremità del recinto e come supporto degli avvolgitori; i picchetti di supporto, in ferro, posti fra i picchetti di legno, saranno disposti a distanze di 12-13 m in terreno pianeggiante; è necessario disporre gli isolatori nel senso della trazione del cavo, in modo da evitarne la rotazione e, di conseguenza, la messa a terra sui picchetti in ferro. b) Su rilievo accidentato: come già sottolineato, è indispensabile che il recinto segua il rilievo del 29 B: posizionamento corretto dei picchetti terreno, in modo da evitare di lasciare fra il livello del suolo e i fili spazi eccessivi, che porterebbero al passaggio di animali. Installazione degli isolatori Una volta fissati i picchetti, la messa in opera degli isolatori si realizza facendo scivolare la spirale lungo il picchetto metallico con pressione manuale fino all’altezza desiderata. Installazione dei cavi Il cavo, montato su avvolgitore, è attaccato in partenza su un isolatore di tipo “carrucola”, fissato ad un picchetto di legno mediante un filo di ferro, poi è fatto scivolare negli isolatori a spirale inseriti sui picchetti in ferro. Gli avvolgitori (essi stessi elettrificati) sono fissati ad un isolatore a carrucola fissato su un picchetto di legno. In questo modo, il peso della bobina permette di assicurare una tensione permanente del filo. Si dovranno prevedere sistemi per attraversare eventuali vie di comunicazione. Inoltre l’installazione di interruttori in alcuni punti della recinzione permette di facilitare grandemente la sorveglianza e la manutenzione del dispositivo. Per assicurare il buon funzionamento della recinzione è indispensabile: • collegare fra loro, verticalmente, e almeno 30 QUADERNO ARSIA 5/99 Avvolgitore Isolatori Tensione del filo 18. Fissaggio dei fili e dell’avvolgitore su picchetti di forza Cavo isolato 19. Passaggio sotterraneo di un filo elettrico ogni 400 m, i fili della recinzione; • collegare fra loro, orizzontalmente, i fili situati ad una stessa altezza e provenienti da due avvolgitori differenti; • assicurarsi, in ogni caso, di avere un contatto perfetto fra i due fili, in modo da limitare le perdite di corrente. Se la recinzione è installata per vari anni consecutivi, dovranno essere utilizzati dei capicorda inossidabili. Si possono proporre varie soluzioni al problema dell’attraversamento di una via di circolazione: a) sentieri e strade sterrate: se con fondo naturale o con passaggi sotterranei preesistenti, il filo isolato andrà fatto passare sotto terra; in caso contrario, si utilizzerà un passaggio aereo; si disporranno due pali (3-5 m) ai lati della strada, e si fisserà un isolatore d’angolo su ciascuno di essi; il filo di recinzione sarà fissato al palo, all’altezza abituale, mediante isolatore; un cavo passante sugli isolatori fissati ai pali e collegato alla recinzione assicurerà l’elettrificazione. Tali passaggi non costituiscono un pericolo in quanto la corrente elettrica è a basso amperaggio. Nota - Nel bosco, degli alberi potranno essere utilizzati al posto dei pali; si dovrà però procedere ad una buona potatura per evitare i contatti fra i rami e il filo in caso di vento, oppure utilizzare un cavo isolato. I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E 31 20. Passaggio sopraelevato al di sopra di un sentiero b) strade a traffico sostenuto: la soluzione migliore è il passaggio di un cavo isolato sotto un ponte o in uno scolo d’acqua, prevedendo un sistema di fissaggio che mantenga il cavo nella parte superiore del passaggio. Se questo non è possibile, il cavo dovrà essere interrato in una trincea profonda 15-20 cm. Nel bosco è possibile utilizzare gli alberi più alti per far passare il filo sopra la strada. In tutti i casi di attraversamento di una strada o sentiero bisogna prevedere un ritorno della recinzione lungo la strada stessa (vedi Figg. 12-13, a p. 27). I cancelli sono da sconsigliare perché non sono quasi mai richiusi. Utilizzo degli interruttori: quando si verifichi una messa a terra importante, in conseguenza di un danneggiamento, su una sezione di recinzione elettrificata da un solo punto (3-5 km di recinzione), la tensione elettrica, a ogni impulso, sarà abbassata su tutta la sezione. L’impiego di un voltmetro, se permette di verificare l’esistenza di una messa a terra importante, non consente però di localizzarla. Invece, se la sezione di 5 km è divisa in 5 sezioni di 1 km ciascuna, grazie a degli interruttori, la localizzazione dell’avaria è molto più facile e veloce: partendo dalla sorgente di corrente, l’incaricato della verifica può, ogni chilometro, interrompere la corrente nella sezione che segue. Se il voltmetro indicherà allora una tensione sufficiente nella parte di recinzione che precede l’interruttore, questo significa che la recinzione non è danneggiata fra l’elettrificatore e il primo interruttore; l’avaria deve quindi situarsi oltre. L’operatore metterà quindi sotto tensione tutta la recinzione richiudendo l’interruttore; ripeterà poi la stessa operazione con il secondo interruttore (situato 1 km oltre). Con questo metodo si può identificare la sezione di recinto danneggiata. Si dovrà quindi controllare solo 1 km di recinzione, e non più l’intero recinto. È evidente quanto questo accorgimento permetta di migliorare la verifica del buon funzionamento, per cui è particolarmente consigliato nelle zone di difficile accesso. Bisogna comunque fare attenzione che gli interruttori siano poco visibili, per evitare vandalismi e sabotaggi, pur piazzandoli in punti di facile accesso. Nota - Dovranno essere utilizzati interruttori stagni, previsti per l’impiego in esterni. 32 QUADERNO ARSIA 5/99 21. Esempio Esempio: P rappresenta l’elettrificatore; E l’estremità della recinzione; A, B, C, D gli interruttori. L’operatore verifica che su tutta la recinzione (P-E) il voltaggio è insufficiente (500 V): la recinzione è quindi danneggiata; si sposta quindi in A e interrompe la corrente da A a E. Il voltmetro, posto fra P e A, indica 4.500 V; il danno si situa quindi fra A ed E. Dopo aver richiuso l’interruttore in A, l’operatore si sposta in B, apre l’interruttore (interrompe dunque la corrente fra B e E). Il voltmetro posto fra P e B indica 700 V: la massa si verifica quindi fra questi due punti; dato che non si era riscontrata alcuna anomalia fra P e A, la massa deve quindi trovarsi fra A e B. Dopo aver effettuato la riparazione, l’operatore richiude il circuito tramite l’interruttore B; la recinzione è di nuovo elettrificata. Se il voltmetro indica una tensione soddisfacente, non si hanno altri danneggiamenti. Se, al contrario, la tensione resta debole, l’operatore dovrà continuare a verificare ogni sezione della recinzione a valle di B per localizzare le altre avarie. Regolazione dell’altezza degli isolatori Quando il cavo sarà stato teso, è essenziale procedere alla regolazione definitiva dell’altezza degli isolatori. Se sono posti troppo in alto, i cinghiali giovani potranno passare sotto il primo cavo; se sono posti troppo in basso, il primo filo rischierà maggiormente di essere messo a massa e i cervidi potranno passare attraverso due fili troppo distanti. Installazione degli elettrificatori-collegamento Qualunque sia l’elettrificatore, è indispensabile realizzare una buona presa di terra con un minimo di due picchetti zincati conficcati profondamente a 1 metro di distanza l’uno dall’altro e collegati fra loro. In periodo secco si consiglia di annaffiarli regolarmente per ottenere una efficacia maggiore. Numero di elettrificatori In pratica, si deve prevedere un elettrificatore ogni 5 km di recinzione al massimo. Infatti, i rischi di messa a massa aumentano con la lunghezza del filo. Se il perimetro alimentato da un elettrificatore è di 15 km, l’avaria in un solo punto rende l’insieme inefficace. Se invece si mettono in opera tre elettrificatori, in caso della stessa avaria, 10 km di perimetro continueranno a essere elettrificati. L’aumento del numero di elettrificatori migliora quindi proporzionalmente l’efficacia della protezione. Installazione di un elettrificatore a corrente Questo tipo di elettrificatore si allaccia direttamente ad una presa di corrente a 220 V. Sarà quindi installato generalmente in una fattoria o in una abitazione, al sicuro da furti o danneggiamenti. Si deve evitare di porre l’apparecchio in ambienti umidi, poiché la polvere che si deposita sugli elettrodi, una volta divenuta umida, può causare perdite di corrente. I vapori di ammoniaca che provengono da una stalla provocheranno una rottura dei fili. Bisogna inoltre fare attenzione che il contatto fra i fili e l’elettrificatore sia perfetto, in quanto i contatti poco stretti causano perdite importanti. Infine, se due elettrificatori devono essere montati su una stessa presa di corrente, bisogna tenere i due cavi elettrici distanti fra di loro, poiché se sono vicini e paralleli su una lunga distanza, i due campi elettromagnetici interferiranno e le due apparecchiature non saranno più pienamente funzionanti. Per lo stesso motivo, due fili che provengano da due elettrificatori non devono mai essere montati sullo stesso picchetto. Installazione di un elettrificatore ad accumulatore Gli inconvenienti di questo tipo di apparecchi, sottolineati precedentemente (ricarica degli accumulatori ogni tre settimane, rischi di furti) costringono ad alcune precauzioni al momento dell’installazione. Per ridurre il pericolo di furti, sarà opportuno, ogni volta che sia possibile, collocare l’apparecchio in prossimità di abitazioni. Altrimenti, dovrà essere collocato in posizione poco visibile. Le apparecchiature dovranno comunque essere facili da raggiungere con un veicolo, altrimenti la ricari- I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E ca delle batterie diverrà rapidamente troppo faticosa, il che di solito conduce ad una manutenzione inefficiente. Nota - È indispensabile elettrificare la recinzione subito dopo l’installazione, altrimenti questa sarà rapidamente danneggiata dagli animali, che non la considereranno un ostacolo. Sorveglianza e manutenzione della recinzione elettrica Considerazioni generali Quando la recinzione è installata, il successo della protezione dipende dalla qualità della sorveglianza e della manutenzione fornite. Dall’esperienza maturata scaturiscono alcune considerazioni fondamentali: A). è inopportuno installare una recinzione elettrica se non si sono previsti i mezzi (materiali e personale) necessari per assicurarne la manutenzione e sorveglianza; B) si deve sempre preferire una apparecchiatura che permetta una facile manutenzione e verifica a una di costo più ridotto, ma che necessita di un grande impegno di manodopera per assicurarne il buon funzionamento. In effetti, è piuttosto raro che una recinzione sia mal installata, mentre è molto più frequente che non sia effettuata una corretta manutenzione. Questo essenzialmente per tre ragioni: • a causa della sua pianificazione, la recinzione è di difficile manutenzione; • chi pianifica le operazioni non sempre si rende conto dell’importanza di una verifica regolare per ottenere un risultato soddisfacente; • non sempre si prevede la necessità di affidare questi compiti ad una persona sufficientemente competente e disponibile, dotata di un mezzo di trasporto e del materiale adeguato. È per queste considerazioni che, a seconda della dimensione del problema, è preferibile impiegare a tempo parziale o pieno del personale da cui si può esigere un lavoro rigoroso, piuttosto che fare appello alla buona volontà locale che, di solito per mancanza di tempo, ridurrà prima o poi i suoi livelli di attenzione, a discapito dell’efficacia del sistema. È evidente che, una volta installata, la recinzione, pienamente funzionale o meno, comporta un costo di ammortamento. Frequenza delle verifiche Nelle prime tre o quattro settimane dopo l’installazione, la recinzione deve essere verificata quotidianamente su tutta la sua lunghezza; gli animali, non ancora abituati, possono infatti causare fre- 33 quenti interruzioni. Questa sorveglianza deve essere particolarmente rigorosa al momento della semina del mais: in una sola notte, i cinghiali possono causare dei danni rilevanti. Per il resto, un controllo di funzionamento regolare ogni 2-3 giorni può essere sufficiente. I lavori di manutenzione • Lavori di manutenzione propriamente detti Si tratta di lavori prevedibili, quali: a) il diserbo sul tracciato della recinzione, in proporzione alla ricrescita della vegetazione; il diserbo verrà effettuato chimicamente, con trattamenti erbicidi già esposti precedentemente b) la sostituzione e ricarica degli accumulatori; questo lavoro, anche se impegnativo, deve essere eseguito regolarmente, almeno ogni tre settimane. Le buone condizioni di manutenzione di una batteria sono le seguenti: • effettuare sempre una ricarica completa, altrimenti diventa rapidamente inutilizzabile • non attendere la scarica completa dell’accumulatore prima di ricaricarlo • prima di ogni ricarica, verificare il livello dell’elettrolito e se necessario ripristinarlo • se durante il trasporto la batteria viene accidentalmente rovesciata, è preferibile ripristinare il livello con acqua distillata, poi caricare lentamente (48 h), vuotarla e quindi riempirla nuovamente con soluzione di acido. Lavori di riparazione L’obiettivo della verifica è ovviamente quello di trovare le anomalie di funzionamento e di porvi rimedio. Nella maggior parte dei casi si tratta di rimettere in funzione la recinzione in seguito a danni causati dagli animali, dalle lavorazioni agricole, e talvolta ad atti di vandalismo. Occasionalmente si deve anche modificare la recinzione in punti particolarmente frequentati dagli ungulati. Il materiale necessario L’operatore incaricato della verifica e della manutenzione della recinzione dovrà avere a sua disposizione: A) un veicolo; questo dovrà assolvere a due funzioni: permettere degli spostamenti rapidi per controllare notevoli estensioni di recinzione e consentire il trasporto del materiale dappertutto. Come già menzionato, è preferibile creare un percorso di sorveglianza accanto alla recinzione, in modo da facilitare le operazioni; B) un voltmetro digitale; è un apparecchio indispensabile per controllare la tensione elettrica nei cavi, 34 QUADERNO ARSIA 5/99 e quindi il buon funzionamento della recinzione; C) una cassa degli attrezzi con almeno: • un mazzuolo • pinze e tenaglie • un cacciavite a manico isolante • chiodi e tirafondi • isolatori • cavo d’acciaio da recinzione • fil di ferro; D) utensili per tagliare la vegetazione. Quando la preparazione del terreno, per installare la recinzione, richiede il taglio della vegetazione su una lunghezza notevole, si potrà utilizzare un decespugliatore a filo. Quando il diserbo chimico, indispensabile per la manutenzione della recinzione, non potrà essere effettuato con una macchina agricola munita di una lancia con getto direzionale, bisognerà prevedere l’impiego di un nebulizzatore a zaino. Ove sia necessario l’impiego di elettrificatori a batteria, bisognerà prevedere inoltre: • uno o più carica-batterie; • un densimetro per valutare la concentrazione di acido; • acido solforico e acqua distillata. Infine, è particolarmente desiderabile che l’operatore sia dotato di un telefono per essere informato delle avarie constatate da altri (agricoltori, cacciatori, ecc.). Il personale necessario Una persona impiegata a tempo pieno e ben attrezzata, dotata di un veicolo, può verificare e mantenere circa 50 km di recinzione, se questi si trovano nella stessa zona. Ciononostante si possono registrare grandi variazioni a seconda che i punti di elettrificazione utilizzati siano alimentati da una batteria (nel qual caso si dovrà prevedere una minore lunghezza totale) o da corrente (maggiore lunghezza). Diverse possibilità di utilizzazione della recinzione elettrica La recinzione si può installare fondamentalmente in due modi: • protezione individuale, attorno alle parcelle particolarmente appetite; • protezione lineare, nelle zone di confine tra estesi complessi boschivi e zone a forte vocazione agricola. Protezione individuale Questa tipologia si utilizza quando danni rilevanti sono provocati esclusivamente in alcune particelle di colture a forte reddito. Fra queste, le più frequenti sono: Il mais Questa è una coltura particolarmente appetita dal cinghiale. Se la parcella in oggetto è lontana dal bosco o vicina ad un paese (poco vulnerabile), un recinto a un filo può essere sufficiente; se invece è situata in una zona molto frequentata dagli ungulati, bisognerà prevedere un recinto a due cavi. In ambedue i casi, la recinzione deve essere messa in opera nel giorno stesso della semina, e la verifica deve essere giornaliera fino a che le pianticelle non avranno raggiunto i 10 cm. In seguito, la recinzione potrà essere scollegata fino a circa il 10 agosto; i livelli di verifica dovranno poi essere crescenti fino al momento della raccolta. Nota - In generale i cervidi non sono molto attratti dal mais, per cui la recinzione a due fili può essere sufficiente, se si ha cura di fissare al filo superiore delle strisce. I cereali autunno-vernini Spesso le parcelle di cereali autunno-vernini (grano, avena ecc.) sono troppo numerose per proteggerle tutte. In questo caso, si applicherà la recinzione individuale esclusivamente sulle parcelle più vulnerabili; per prevenire i danni da cinghiali, si utilizzeranno le stesse modalità usate per il mais. Per il cervo, viste le disponibilità alimentari generalmente presenti nel periodo critico, di solito due fili saranno sufficienti a prevenire quasi totalmente i danni. Il colza Il più vulnerabile è il colza invernale, molto esposto ai danni da cervidi in periodo invernale proprio perché particolarmente appetito. Si rende quindi indispensabile una recinzione a due cavi con strisce, disposti a 0,7 e 1,5 m dal suolo. Questa sarà elettrificata preferibilmente con un apparecchio a corrente; in alternativa si utilizzeranno apparecchi a pile, mentre quelli alimentati da accumulatori non danno dei rendimenti sufficienti in caso di freddo intenso. La protezione lineare In generale, una protezione lineare sul bordo del bosco permette di proteggere, con la stessa lunghezza di recinzione, una superficie coltivata molto più grande: se si considera che spesso i danni più rilevanti si hanno in una fascia di 400 m dal bosco, con una recinzione rettilinea di 2 km è possibile proteggere 80 ha di colture molto esposte. Con gli stessi 2 km di recinzione in protezione parcellare, sarà invece possibile proteggere al massimo una parcella quadrata di 500 m di lato, ovvero 25 ha. Inoltre, la recinzione lineare permette di proteggere un insieme di colture, e non soltanto le più appe- I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E tite. Infine, spesso la recinzione lineare può essere installata all’interno del bosco, il che facilita la manutenzione e libera gli agricoltori da ogni limitazione. Perciò questo metodo sarà da preferirsi per assicurare la protezione di un insieme di campi raggruppati all’interno del bosco. Quando si vogliano proteggere delle ampie zone coltivate, è difficile determinare dove iniziare e dove terminare una recinzione. In generale, i grossi ungulati si rifugiano all’interno dei grandi complessi boschivi, da dove escono per alimentarsi. Se il bosco confina in modo netto con i campi, senza boschetti, la recinzione può essere installata senza difficoltà su tutta la parte vulnerabile. Sarà sempre possibile prolungarla se questo si rende necessario. Se sono presenti piccoli appezzamenti boscati all’interno delle aree agricole, questi potranno servire da rifugio per i cinghiali. In questi casi, solo l’esperienza potrà permettere di determinare il tracciato migliore. In ogni caso, la recinzione dovrà essere posta in opera piuttosto presto, prima che una parte importante degli animali si stabilisca nelle zone coltivate; in questo caso infatti si avrà l’effetto opposto a quello desiderato, in quanto gli animali saranno “imprigionati” nelle zone danneggiabili. 35 recinzione elettrica non costituisce un pericolo, sarà di solito sufficiente segnalare la sua presenza con dei cartelli (20 x 10 cm), assicurati ai cavi ogni 50 m, indicanti “Attenzione Recinto elettrico”. Il cartello deve essere di colore giallo da entrambi i lati. Anche la scritta deve essere presente sulle due facce. I cartteri impiegati devono essere di 25 mm (minimo). Qualche considerazione sui costi Con questo paragrafo si vuole indicare l’ordine di grandezza dei costi, pur considerando che questi possono fluttuare considerevolmente in funzione di molti fattori. Ciononostante, i margini indicati permettono di comparare i costi della prevenzione con quello dei danni indennizzati (distretto per distretto), in modo da valutare l’opportunità per ogni situazione di intraprendere un programma di prevenzione. La soglia minima potrà essere considerata quella per cui il livello annuo della rifusione dei danni supera il costo del programma di prevenzione. Il costo del materiale I costi del materiale per la costruzione e per la manutenzione sono illustrati nelle Tabb. 1 e 2. Investimento Regolamentazione dell’impiego delle recinzioni elettriche Si dovranno utilizzare solo apparecchi rispondenti alle norme in vigore (in particolare, la norma europea NF EN 61 011 o 61 011-2). Dato che la Investimento totale per chilometro di recinzione La Tab. 3 indica, per ogni tipo di recinzione, l’investimento per chilometro da prevedere (un chilometro di recinzione permette di proteggere una particella di 5 ha). Tab. 1 - Il costo del materiale - Il materiale per la costruzione Materiale Costo unitario (in lire, min e max) 500 m di cavo montato su tenditore Picchetto di legno (5x5x120 cm) Picchetto di ferro 12 mm (120 cm) Isolatori Elettrificatore a pila Pila 9V Elettrificatore ad accumulatore Accumulatore 12V Elettrificatore a corrente 80.000-130.000 3.000-4.500 1.000-2.000 300-650 150.000-250.000 35.000-45.000 250.000-300.000 50.000-100.000 250.000-360.000 Tab. 2 - Il costo del materiale - Il materiale per la manutenzione Materiale Voltmetro Decespugliatore a filo Applicatore di diserbo Caricabatteria Costo unitario (in lire, min e max) 150.000-200.000 1.000.000 200.000-300.000 120.000 36 QUADERNO ARSIA 5/99 Tab. 3 - Investimento totale per chilometro di recinzione Tipo di recinzione 1 filo 2 fili 4 fili Elettrificatore a pila Elettrificatore ad accumulatore L. 700.000 L. 950.000 L. 1.500.000 Elettrificatore a corrente L. 800.000 L. 1.100.000 L. 1.600.000 L. 600.000 L. 850.000 L. 1.400.000 Nota: le spese di manodopera sono escluse dalla presente valutazione. Tab. 4 - Investimento annuo per chilometro di recinzione Tipo di recinzione 1 filo 2 fili 4 fili Elettrificatore a pila L. L. L. Elettrificatore ad accumulatore 220.000 280.000 380.000 L. L. L. Elettrificatore a corrente 280.000 330.000 440.000 L. L. L. 140.000 190.000 300.000 Nota: le spese di manodopera sono escluse dalla presente valutazione. Tab. 5 - I tempi di lavoro per la realizzazione della recinzione Lavoro Tempi di lavoro Installazione di una recinzione a due fili su terreno nudo attorno ad una particella media di 4 ha (c.a 1 km di perimetro accessibile in automobile) Installazione di una recinzione a quattro fili su terreno nudo su una lunghezza di 1 km accessibile in automobile Installazione di una recinzione a quattro fili su terreno nudo su una lunghezza di 1 km non accessibile in automobile Apertura di un sentiero largo 1,5 m in una macchia fitta per la lunghezza di 1 km Diserbo chimico su 1 km 2 h per due persone (4 h totale) 4 h per due persone (8 h totale) 7 h per due persone (14 h totale) 16 h per due persone (32 h totale) 1 h per due persone (2 h totale) Alle spese qui indicate andranno inoltre sommati i costi relativi al veicolo. Investimento annuo per chilometro di recinzione La Tab. 4 indica, per ogni tipo di recinzione, l’ammortamento annuo del materiale necessario per un chilometro. Per questo calcolo, si sono considerate le seguenti durate di ammortamento: • 5 anni per picchetti, fili e isolatori; • 3 anni per gli elettrificatori. Tempi di lavoro per la realizzazione della recinzione La Tab. 5 indica i tempi medi necessari per mettere in opera i diversi tipi di recinzione. Tali tempi sono stati ottenuti nelle seguenti condizioni: • squadra di lavoro di due persone; • uso di un’auto per il trasporto del materiale. I tempi di spostamento per arrivare alla particella non sono stati presi in considerazione. Caso del capriolo In generale la recinzione elettrica è inefficace nei confronti del capriolo. Sperimentazioni realizzate dall’ONC hanno dimostrato che anche aumentando il numero di fili fino a 6 e disponendoli in varie configurazioni l’efficacia non aumenta. Anche le strisce di materiale colorato non sono efficaci. Alcuni risultati sono stati ottenuti nei frutteti, colture orticole e vivai. L’efficacia della recinzione sembra aumentare man mano che ci si allontana dai boschi e quando la copertura vegetale attorno alla parcella protetta è bassa e non permette al capriolo di nascondervisi durante la giornata. I D A N N I A L L E C O LT U R E A G R I C O L E 6. Conclusioni La recinzione elettrica è oggi il solo metodo affidabile e realizzabile a grande scala di protezione delle colture contro i danni dei grossi ungulati. Questa tecnica ha delle limitazioni, in quanto la sua messa in opera necessita di una buona organizzazione, e la sua efficacia è condizionata dall’adozione di un insieme di regole. Queste regole, così come qui esposte, possono apparire troppo rigorose, ma è solo dalla loro stretta osservanza che dipende la riuscita di una operazione di protezione delle colture. Il metodo di protezione mediante recinzione elettrica non può in ogni caso essere generalizzato 37 e deve essere riservato ad alcune zone particolarmente delicate, in quanto: A) è difficile da impiegare quando i danni sono molto dispersi; B) si tratta di un metodo costoso, giustificabile solo ove si abbiano danni importanti; C) richiede una adesione diffusa a tutti i livelli, fra agricoltori, cacciatori e forestali. Ogni malcontento può impedirne il buon funzionamento; D) non può rimpiazzare la necessaria gestione, anche numerica, delle popolazioni di grossi ungulati. È fondamentale mantenere delle densità compatibili con le produzioni agricole e forestali, adottando opportuni piani di abbattimento. Finito di stampare nel luglio 1999 da EFFEEMME LITO srl a Firenze per conto di ARSIA • Regione Toscana