Tra musica, dreadlocks e sogni

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Tra musica, dreadlocks e sogni
Tra musica, dreadlocks e sogni
Il compound di Bauleni e’
pieno di problemi, e’ vero,
ma e’ anche un
“laboratorio” di vita, dove si
esperimentano ed
esprimono una moltitudine
di relazioni, di energie,
emozioni, un intreccio di
storie e personaggi, talenti,
musica, arte, sogni e
creativita’ che rendono quel groviglio di umanita’ un posto unico,
dove si respira tutta la freschezza della vita. Ci si sente vivi
nonostante tutto!
C’e’ Mr. Dakka per esempio, un uomo sottile e distinto sulla
sessantina, con capelli corti e brizzolati e degli occhiali ovali dorati
che gli danno un’aria da docente universitario. E’ un orologiaio,
almeno cosi’ lui dice. Ha un tavolino quadrato sotto il portico di un
negozietto all’interno del mercato, sul quale dormono ammucchiati
ricordi di orologi. Ne ho portati alcuni a cui ha cambiato la batteria e
funzionano. Mi rendo conto che l’operazione non e’ delle piu’
difficili, ma gli viene bene. Il mio, che non ha problemi di batteria,
l’ho portato almeno quattordici volte, tanto che putrebbe andareci
anche da solo. Funziona per un giorno o due e poi si stanca e si
inchioda. Ogno volta Mr. Dakka mi rassicura: “ ...no no brother
Diego, questa volta l’ho messo apposto, vai tranquillo”. Io vado
tranquillo, ma poi dopo due giorni, tranquillo torno indietro. E’ ormai
diventata una sorta di tradizione per me, un po’come andare a
prendere l’aperitivo da noi in Italia alla domenica mattina:
“cosa fai domenica? Ah no, il solito, vado a portare l’orologio a Mr.
Dakka”, e’ un modo per socializzare, per stare insieme.
Poi c’e’ Naomi, una bella ragazza di ventitre anni con un talento
naturale per il busyness. Ha un baracchino giallo alla stazione degli
autobus dove vende ricariche per telefonini. Ce ne saranno una
ventina di quelle scatole di compensato colorate e tutte vendono la
stessa cosa, eppure da lei c’e’ la fila. Questo non per la sua bellezza,
perche’ ci sono molte donne che si servono da lei. E’ il modo
accogliente e socievole con cui si rivolge alle persone. Sembra dirti
tra le righe: “prima di tutto sei una persona, poi se compri sei anche
un cliente”, completamente il contrario della logica consuminta che ti
vede solo come una risorsa da sfruttare e se avanza tempo, forse sei
anche una persona. Si possono spendere delle ore da lei, senza
comprare nulla. Da lei si socializza, tra gli schiamazzi del mercaro, il
fumo dei minibus e i clacson che suonano incessantemente.
Poi c’e’ Mr.T, cosi’ si fa chiamare. E’ un uomo sulla cinquantina,
alto, vestito sempre di nero con un giobbotto pesante di finta pelle
nera rovinatissima che indossa anche quando ci sono cinquanta gradi.
Il suo tasso alcolico e’ costantemente medio-alto, con picchi
impressionanti veso le quattro del pomeriggio. Quando si presenta
dice: “ piacere, io sono Mr.T, ovvero Mr. Toilet perche’ sono
ufficialmente in carico, nonche’ responsabile della pulizia dei bagni
del bar vicino alla stazione”, che poi pulizia e’ una parola grossa
visto che tutti i clienti si lamentano per le condizioni preoccupanti in
cui versano i bagni.... da colera tanto per intenderci. Penso lo paghino
a birre e sigarette e non so se abbia un vero e proprio stipendio, ma e’
parte dell’ambiente del bar, se non c’e’ manca e la gente chiede: “ ei
dov’e’ Mr.T oggi?”
Sempre nel mercato c’e’ Chisomo (che si pronuncia Cisomo), una
ragazza di diciannove anni che ha appena terminato la Secondary
School e non vede l’ora di poter proseguire gli studi ed andare
all’universita’. Lavora nel negozietto del padre dove vende materiale
elettrico, poco lontano dal tavolino quadrato di Mr. Dakka, il
fenomeno degli orologi. Mi piace fermermi da lei ed ascoltare le sue
idee, farmi interrogare dalle sue domande e parlare del suo piu’
grande sogno: quello di diventare medico. Tra un cliente e uno
scroscio di pioggia, e’ impegnata a sfogliare un vecchio volume di
enciclopedia medica senza copertina, dalle pagine ingiallite,
impregnate di “Bauleni” e spaccato in due come una mela, che lei
tiene come un tesoro da maneggiare con delicatezza e rispetto, quasi
tenesse in mano il suo sogno. Lei ci crede veramente e mi dice
sempre: “vedrai Diego, un giorno verrai da me a farti curare, saro’ il
tuo medico! ...vedrai!”. E’ molto gentile da parte sua anche se suona
come una gufata. Ma si, in fondo prima o poi qualcosa mi verra’. Alla
fine Chisomo ha ragione e mi riporta alla mia umanita’ e alla realta’
di ogni esistenza di cui la malattia e’ parte.
C’e’ anche Moses, un Rastaman di trentanni con dei dreadlocks
che raccoglie in due grosse ciocche, una sulla destra e una sulla
sinistra della testa e che il piu’ delle volte copre con una grande cuffia
di lana del Barcellona, di cui e’ tifosissimo. E’ un falegname e lavora
tutto il giorno nella bottega vicino alla guest house proprio nel centro
piu’ rumoroso del compound di Bauleni, dove i bar si concentrano
cambiando l’odore dell’aria, da quello pesante del diesel della
stazione a quello acre del mais fermentato che bevono come birra
locale. Le sue specialita’ sono poltrone e divani che costruisce con
una certa liberta’ espressiva. Una cosa non puo’ mancare nelle sue
opere: devono essere
rigorosamente ricoperte di
un vellutone soffocante che
fa sudare al solo pensiero di
sedercisi sopra, anche se
sedersi non e’ la parola
giusta, perche’ in quelle
poltrone ci si sprofonda
dentro. Non e’ una sua fissa,
in tutte le case si possono
trovare poltrone foderate di
questo materiale sintetico
Moses davanti al suo laboratorio
non proprio estivo ne
tantomeno adatto per luoghi polverosi come il compuond nella
stagione secca, ma qui e’ un must. Moses non ha studiato molto, ma
ha una mente da filosofo. E’ bello ascoltarlo, con quella sua
spiritualita’ rastafarian, mentere si arrabatta a tagliate pezzi di legno
in una nuvola di segatura che si appoggia sui dreadlocks come neve
che si spruzza a presepe finito. Sogna di poter mettersi in proprio
anche se ci vogliono molti soldi. Lavora duro, come tutti i rastafarian
del compound, dalla mattina a sera tarda. Ha tre bambini, l’ultimo ha
sette mesi, e una moglie giovane che non ha nulla a che vedere con i
rasta. Moses mi dice sempre: “sai bro, io nella vita voglio combinare
qualcosa di bello, voglio realizzarmi, non grandi cose, ma avere un
negozietto mio, mandare i miei figli a scuola e vivere in una casa
decente. Non sono fatto per starmene in un bar tutto il giorno a bere
e buttare via la vita... e’ troppo? No bro, Jah (JAH e’ il nome che i
Rasta danno a Dio) mi aiutera’ e ce la faro’! Sono tanti ancora i
personaggi e le storie di Bauleni che potrei raccontare, tanto che non
basterebbero tre vite per abbozzarle tutte. Racconti di vita vera tra
degrado, problemi e ingiustizie ma ancora una volta mi rifaccio alle
parole di De Andre’: dai diamanti non nasce niente, dal letame
nascono fiori”.
...e io mi siedo incantato a meditare il miracolo della vita che fiorisce
in Bauleni, tra musica, dreadlocks e sogni.
Vi porto al cuore
Diego (Gigo)