dall`Albania con un sogno: insegnare l`hip hop

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dall`Albania con un sogno: insegnare l`hip hop
24 Città
L’ECO DI BERGAMO
SABATO 20 AGOSTO 2011
a
Il rebus dell’albanese
che ha tanti cognomi
e due passaporti. Veri
Già espulso dall’Italia con documento autentico
è rientrato con un altro, regolare, e nuova identità
Ha aggirato così i controlli su precedenti reati
TIZIANO TISTA
a Ha subito due espulsioni coatte dall’Italia, con tanto di
processo penale e condanna per
essere altrettante volte rientrato in Italia, ma non è bastato
nemmeno questo a convincerlo
a restare in Albania: e questa volta il reingresso lo ha fatto con un
passaporto nuovo di zecca e perfettamente in regola.
Peccato però che il nome riportato sul documento non
coincidesse con quello che, per
lo Stato italiano, è il suo vero nome, e con il quale era stato a suo
tempo espulso, anche in quel caso - e qui sta la stranezza - con regolare passaporto albanese. È la
storia di Andrea, albanese di 25
anni, espulso nel 2008 e nel 2010
con il cognome Boci, e rientrato
in Italia nel 2011 con il cognome
Pali. Per la precisione, stando a
quanto ricostruito, le identità
che ha usato, da quando è entrato per la prima volta sul suolo
della Penisola, nel 2003, sono
tre: Altin Boci, un alias, poi Andrea Boci, quello sul primo passaporto, e quindi Andrea Pali.
L’altra sera i militari di Bergamo lo hanno fermato con alcuni
connazionali nel parco di via Ca-
prera: i suoi amici albanesi, svelano i carabinieri, erano parenti
di un ragazzo arrestato proprio
pochi giorni fa perché ritenuto
responsabile di alcune rapine
improprie ad anziane, insomma
uno dei colpi messi a segno dalla cosiddetta «banda delle collanine» (la prima, che ha visto l’arresto di due albanesi, mentre
una seconda banda di ignoti impazza ancora in provincia). I mi-
Fermato al parco di
via Caprera. Aveva
la vecchia patente:
scoperto l’inghippo
litari, quindi, decidono di controllare i documenti di tutti gli
albanesi e Andrea Pali sfodera il
suo passaporto con regolare timbro di ingresso in Italia.
Il documento è autentico, ma
i militari scoprono che questo
Andrea Pali ha con sé anche una
patente di guida, che però è intestata ad Andrea Boci. Chi è davvero l’albanese fermato al parco?
ll passaporto è in regola, ma il
confronto delle impronte digita-
li fa emergere che quelle di Andrea Pali erano le stesse di Andrea Boci, cognome con cui era
stato espulso dall’Italia (portato
fisicamente in Albania dalla polizia con volo da Orio al Serio) e
che quindi aveva commesso
nuovamente il reato di essere
tornato senza permesso. Per Andrea Pali o Boci che dir si voglia,
è scattato di nuovo l’arresto per
violazione della legge Bossi-Fini. E ieri il problema dell’identità
è approdato anche davanti al
giudice Massimiliano Magliacani, senza però trovare soluzione:
entrambi i passaporti, e quindi
entrambi i cognomi, sono risultati infatti genuini, tanto da permettere al venticinquenne di superare il passaggio alla frontiera
aeroportuale italiana, nascondendo sia i precedenti penali sia
il divieto di ingresso in Italia.
Rimasto il dubbio sulla vera
identità – si è ipotizzata anche
una procedura di cambio cognome prevista dallo Stato albanese
– alla condanna non è sfuggito:
ha patteggiato 8 mesi di reclusione, senza misure cautelari, con
nulla osta a una nuova espulsione dall’Italia. Sarà l’ultima? ■
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Il controllo del passaporto non sempre viene effettuato con la verifica dell’impronta
IL COMMENTO
Controlli
impossibili
per infinite
identità
Segue da pagina 1
A
dichiarato che aveva ottenuto,
a casa sua, la procedura di
cambio del cognome. Sarà vero? Ci sono strumenti per verificarlo? E il suo nome vero è
quello del primo passaporto o
sul secondo? Chi lo fa questo
controllo all’anagrafe albanese? A tradire il «doppio» Andrea è stata la patente di guida, intestata alla sua prima
identità: a seconda dell’opportunità, in Italia esibiva o questa (con la quale però, essendoci il vecchio nome, un controllo al terminale avrebbe
fatto saltare fuori precedenti
espulsioni e reati penali) o
quello, il passaporto nuovo,
con un nome pulito. Si dirà: sul
passaporto ci sono le impronte digitali. Ma il passaporto era
autentico, la foto corrispondeva, il suo nome e cognome nuovo lo davano, al terminale, pulito come la neve. E quindi perché fare un confronto con le
impronte e la banca dati dei fotosegnalati? Peraltro, con un
controllo sistematico delle
impronte digitali di tutti gli
stranieri in ingresso alle frontiere oltre ai freni della privacy si porrebbero non pochi
problemi. Chi potrebbe affrontare una mole di lavoro simile? Il personale di polizia
scarseggia, già fa gli straordinari (se pagati, in ritardo), soldi per apparecchiature sofisticate non ce n’è. E gli Andrea
Paci, ops, Boci vengono espulsi, a spese dello Stato (volo, più
trasferta dei poliziotti che lo
accompagnano) tornano a casa, e con 50 euro - così ha detto - si fanno un passaporto e
nome nuovi. Soprattutto «puliti». Chissà quanti ce n’è di
Andrea Paci. Uno, nessuno e
centomila. Carmen Tancredi
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L’ALTRA STORIA
Dall’Albania con un sogno: insegnare l’hip hop
H
a ballato nei videoclip di Stine –
famoso cantante
hip hop e RnB in
Albania –, partecipato ai
campionati internazionali
di Breakdance e allo show
Albanians got talent, arrivando in entrambi i casi alle semifinali. In Albania una
star, qui un immigrato come
tutti gli altri. A Bergamo –
dove ha trovato accoglienza
al dormitorio del Galgario
della Caritas – quasi per caso.
«Vorrei trasmettere la mia
passione per la breakdance,
e poterla insegnare nelle
scuole di ballo», spiega Blerton Saraci, 27 anni, ballerino di breakdance, in un italiano quasi perfetto, imparato da piccolo guardando i
cartoni italiani in tv. È arrivato con un volo low cost.
«Avevo solo 40 euro in tasca
e nessun appoggio. Alcuni
connazionali mi hanno indicato la Caritas dove chiedere aiuto e finora ho potuto
trovare alloggio al dormitorio del Galgario. Nei prossimi giorni devo tornare in Albania, perché il mio visto –
della durata di tre mesi – sta
per scadere. In questo mese ho
contattato diverse scuole di
danza per propormi come insegnante: spero tanto che qualcuna mi possa fare un contratto,
così da poter trasformare il mio
visto in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Bergamo mi piace molto come città e
vorrei tanto potermi costruire
una nuova occasione da qui».
Se qualcuno volesse aiutare
Blerton, può contattare Alex
Ghisalberti del Centro di primo
ascolto della Caritas Diocesana
Bergamasca.
Ma partiamo dall’inizio. Originario di Peshkopia, cittadina a
Nordest dell’Albania, Blerton
comincia ad appassionarsi alla
breakdance a 17 anni, da autodidatta. «La mia famiglia mi diceva di smettere, perché non
sarei andato da nessuna parte
– spiega –. Ma alla fine si sono
dovuti ricredere». Da Peshkopia Blerton si trasferisce a Tirana, dove entra in una crew,
una band di ragazzi di breakdance, di cui diventa il leader
con il nome d’arte di Cak. Nel
2003 la crew partecipa allo
show «Pole position», un programma trasmesso su Top
Blerton Saraci, 27 anni FOTO ZANCHI
Channel – il canale più importante albanese –, dove diversi
gruppi si sfidano a suon di coreografie: il suo gruppo arriva
in finale. Da qui cominciano le
collaborazioni nei videoclip di
cantanti hip hop e RnB e con diverse scuole di danza, tra cui figura il Teatro nazionale di opera e balletto dell’Albania, dove
collaborano con il famoso coreografo Arjan Sukniqi. Arriva
la visibilità, ma i guadagni sono
sempre pochi. Così Blerton ini-
zia a insegnare: breakdance e
hip hop. Ma il sogno della crew
è partecipare alla «Battle of the
year», il contest di breakdance
più famoso al mondo. Così si
uniscono alla crew «Breaking
feet», ma partecipare al contest si rivela un’impresa più difficile del previsto: il problema è
ottenere i visti. Per quattro anni ogni domanda viene respinta, poi finalmente riescono a
passare i confini e quest’anno,
a maggio, arrivano alle semifi-
nali. È però con lo show «Albanians got talent» che la
crew si fa maggiormente notare. I ragazzi arrivano infatti alle semifinali. Sulle note classiche di Vals di Amelia, personificano marionette guidate da fili invisibili
che si esibiscono in pose di
breakdance. «Gli applausi
del pubblico mi han fatto venire la pelle d’oca – prosegue
Blerton –. Tutti, giudici
compresi, si sono alzati in
piedi ad applaudire». Tra i
giurati siede il regista Altin
Basha, che propone ai ragazzi di partecipare al suo show
«Portokalli», miraggio per
molte scuole di ballo. «Eravamo famosi, ma i soldi non
bastavano – spiega Blerton
–: per ogni coreografia prendevo 150 euro, i ragazzi 100.
Con 300 euro al mese non si
va da nessuna parte. Così
abbiamo deciso di partire, di
fare uno Street show in giro
per l’Europa». Ma all’ultimo
i ragazzi hanno paura e si tirano indietro. «Ero molto
deluso e arrabbiato – spiega
Blerton –, ma deciso a partire anche da solo. Sono andato in Grecia da un amico per
un mese, ma il lavoro non
era molto. Un giorno il mio
amico mi dice che per l’Italia ci sono voli a basso prezzo, e così eccomi qui». ■
Giada Frana