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commentary Commentary, 14 ottobre 2016 TALEBANI, LE MILLE TESSERE DEL PUZZLE AFGHANO FRANCESCA MARINO A ©ISPI2016 bbiamo informato il governo cinese delle atrocità commesse dalle forze di occupazio“ ne ai danni della popolazione afghana. Vogliamo che le autorità cinesi ci aiutino a sollevare il problema nelle conferenze internazionali e a liberarci dalle forze di occupazione”. Ad appellarsi ai rappresentanti di Pechino, sono i talebani, che, guidati dal capo del loro ufficio politico in Qatar, Abbas Stanakazai, sono volati lo scorso luglio in Cina per “discutere la situazione in Afghanistan”. Situazione che sempre più somiglia a una tragica farsa. Per riassumere le puntate precedenti di quello che ormai sembra sempre più un serial televisivo neanche tanto buono: ai talebani afghani è stato concesso di aprire un ufficio politico a Doha, in Qatar. L’apertura di quella che in un primo momento era stata configurata come vera e propria ambasciata con tanto di bandiera del governo talebano sulla porta, aveva scatenato le ire funeste di Kabul. L’ufficio era stato chiuso e poi riaperto in sordina, mentre a Islamabad si creava quello che è stato definito il Quadrilateral Coordination Group: un panel composto da rappresentanti di Pakistan, Stati Uniti, Afghanistan e Cina che dovrebbe propiziare il processo di pace. Una prima tornata di incontri si era svolta lo scorso anno a Murree, in Pakistan, ma i colloqui erano stati poi interrotti dalla notizia della morte del mullah Omar e non sono stati ufficialmente mai più ripresi. I rappresentanti dei talebani che siedono a Doha hanno difatti annunciato che non riconoscono la legittimità degli incontri, formali o informali che siano, di Murree. Non solo, si sono dichiarati indisponibili a qualunque trattativa fino a che anche l’ultimo soldato americano avrà abbandonato l’Afghanistan. La richiesta di riprendere la discussione di eventuali accordi di pace, inoltrata da Ghani spalleggiato da Washington e dai pachistani, è stata rigettata in toto anche dalla fazione combattente che ha preso la via delle montagne pur di non avere nulla a che fare col governo di Kabul. Gli americani hanno minacciato i talebani di un incremento delle azioni militari e della violenza nel paese se non decideranno di sedere al tavolo delle trattative. Minaccia che lascia più o meno il tempo che trova, visto che il movimento islamista, come è ormai noto a tutti, tengono saldamente in mano la maggior parte del territorio. Negoziano da una posizione di forza e lo sanno perfettamente. I colloqui di pace sono, secondo Washington e secondo alcuni analisti, un passo Francesca Marino, giornalista freelance ed analista esperto di Asia meridionale 1 Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. commentary fondamentale per assicurare la definitiva pacificazione del paese. E deve essere per questo motivo che i talebani sono stati derubricati da terroristi a oppositori e hanno ottenuto di arrivare al tavolo delle trattative di Murree senza condizioni. Non hanno deposto le armi, non si sono dissociati dalle posizioni di al-Qaida e dello Stato islamico, né tantomeno pensano a rinunciare all’uso della violenza: in pratica, a Murree si trattava mentre a Kabul ammazzavano civili e militari. talebani, Islamabad ha inaugurato una nuova strategia politica: accusa la Research and Analysis Wing indiana (Raw) – ossia l’intelligence militare – di finanziare i talebani afghani e pachistani per creare problemi al Pakistan e prendere il controllo di Kabul e, per fare buon peso, anche del Balochistan. Il fatto è che il controllo dell’Afghanistan, diretto o indiretto che sia, è adesso più che mai cruciale per potenzialmente infiniti giochi politici, economici e militari nella regione. E Islamabad, in nome e per conto proprio e anche dei fratelli cinesi, non rinuncia ad esercitare il controllo sui colloqui e sugli accordi di riconciliazione che devono per forza portare il bollino di controllo dei pachistani per scongiurare il pericolo di ritrovarsi a Kabul con una compagine governativa ingestibile o filo-occidentale e filo-indiana. I cinesi, padroni ormai di mezzo Balochistan e gestori di fatto della disastrata economia pachistana, ci tengono a loro volta a non rinunciare all’apertura a ovest: e ci tengono tanto da mettersi, per la prima volta nella storia, diplomaticamente in gioco. Mentre sembra pronto a entrare in campo un altro giocatore di peso, la Russia, che ha annunciato per bocca dell’inviato speciale in Afghanistan Zamir Kabulov di essere “pronta a creare un nuovo format per i colloqui di pace”. ©ISPI2016 Di recente, gli Haqqani hanno rilanciato ulteriormente: le trattative, se trattative devono esserci, dovranno essere in linea con i precetti della Sharia. Le questioni sul tavolo sono molte e nessuna di semplice soluzione: Ghani, o chiunque faccia parte in senso lato del suo governo, sono sempre più vicini politicamente agli Stati Uniti, all’India e all’Iran. I talebani, divisi per fazioni ma uniti in senso generale, sono manovrati dal Qatar, dall’Arabia Saudita, dalla Cina e dal Pakistan, che opera per nome e per conto dei precedenti. Pakistan che non ha nessuna intenzione di vedere insediato a Kabul un governo che non può controllare e che ha tutto l’interesse, al momento, a lasciare la situazione attuale nell’apparente caos in cui si trova. D’altra parte, per giustificare probabilmente la mano libera lasciata ai 2 3 ©ISPI2016