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SEGI
Programma di Formazione in
E N D O S C O P I A
G I N E C O L O G I C A
Diagnostica
e trattamento
dei sanguinamenti
uterini anomali
I
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Sebbene i dosaggi dei farmaci riportati in questo volume siano stati accuratamente
controllati e aggiornati, gli Autori, i Redattori, SEGi e il Centro Scientifico Editore
non possono garantire che le informazioni ivi contenute siano complete in ogni parte
sia per i continui sviluppi della scienza medica sia per la possibilità di errore umano.
Gli Autori, i Redattori, SEGi e il Centro Scientifico Editore non possono essere considerati
responsabili di eventuali errori od omissioni o di conseguenze derivate dall'uso
delle nozioni qui contenute. I lettori dovranno quindi verificare le informazioni
presso altre fonti, in particolare dovranno verificare le informazioni specifiche
che accompagnano il prodotto farmaceutico che intendono somministrare
per assicurarsi che non siano intervenute modificazioni nelle dosi raccomandate,
né nelle controindicazioni alla sua somministrazione. Tale verifica è particolarmente
importante nel caso di farmaci di recente introduzione o utilizzati raramente.
Centro Scientifico Editore srl.
“Progettazione ed Erogazione di Eventi
Formativi, sia residenziali che FAD, dedicati
ai Professionisti della Sanità, nell’ambito
dell’Educazione Continua in Medicina (ECM)”
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Programma di formazione reso possibile grazie a un contributo
educazionale incondizionato di Ipsen S.p.A.
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Comitato Scientifico
CLAUDIO CRESCINI
Ospedali Riuniti di Bergamo
MARIO MALZONI
Clinica Malzoni Avellino
LUDOVICO MUZII
Università degli Studi di Roma
Campus Biomedico
MASSIMO PETRONIO
U.O. di Ginecologia e Ostetricia
Ospedale Ingrassia di Palermo
RENATO SERACCHIOLI
Ospedale Sant’Orsola Malpighi di Bologna
MICHELE VIGNALI
Università degli Studi di Milano
ERRICO ZUPI
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Responsabile Segreteria SEGi
CHIARA RONCONI
Responsabile del Corso
LUDOVICO MUZII
Università degli Studi di Roma
Campus Biomedico
Autori
MAURO BUSACCA
Clinica Ostetrica e Ginecologica
Ospedale Macedonio Melloni
Università degli Studi di Milano
FRANCESCO CASENTINO
Clinica Malzoni, Avellino
CLAUDIO CRESCINI
Ospedali Riuniti di Bergamo
ENRICO FERRAZZI
Clinica Ostetrica e Ginecologica
Dipartimento di Scienze Cliniche L. Sacco
Università degli Studi di Milano
FRANCESCO P.G. LEONE
Clinica Ostetrica e Ginecologica
Dipartimento di Scienze Cliniche L. Sacco
Università degli Studi di Milano
MARIO MALZONI
Clinica Malzoni, Avellino
LUDOVICO MUZII
Università degli Studi di Roma
Campus Biomedico
CIRO PERONE
Clinica Malzoni, Avellino
REIS RAQUEL
Clinica Malzoni, Avellino
EDOARDO VALLI
Clinica Ostetrica e Ginecologica
Università Tor Vergata
Ospedale Fatebenefratelli
Isola Tiberina Roma
VINCENZA VICARIO
Clinica Malzoni, Avellino
MICHELE VIGNALI
Università degli Studi di Milano
FULVIO ZULLO
Clinica Ostetrica e Ginecologica
Università della Magna Grecia, Catanzaro
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Sommario
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Presentazione ------------------------------------------------------------------------------- VII
L. MUZII
Obiettivi formativi -------------------------------------------------------------------------- IX
Processo diagnostico terapeutico della perdita ematica uterina atipica ----------------------- 1
E. TERRAZZI, C. CRESCINI, M. BUSACCA
Sanguinamenti uterini anomali: diagnostica ecografica della patologia endometriale ------- 6
e delle masse endouterine
F.P.G. LEONE, E. FERRAZZI
Isteroscopia diagnostica nell’AUB ---------------------------------------------------------- 13
E. VALLI
Terapia medica della menorragia ------------------------------------------------------------ 17
L. MUZII
Terapia chirurgica conservativa dei sanguinamenti uterini anomali conseguenti ----------- 22
a fibromi uterini
M. VIGNALI
Isterectomia radicale con linfadenectomia pelvica e lomboaortica per via totalmente ----- 27
laparoscopica nel carcinoma della portio
M. MALZONI, C. PERONE, V. VICARIO, R. RAQUEL, F. CASENTINO
Attualità nell’inquadramento diagnostico e terapeutico dei sanguinamenti uterini -------- 32
anomali (AUB)
F. ZULLO
Test di valutazione -------------------------------------------------------------------------- 36
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Presentazione
L’iniziativa di SEGi , denominata SEGIFORM, si propone di offrire ai soci SEGi
e non, l’opportunità di accrescere le proprie conoscenze su argomenti d’interesse ginecologico ed in particolare endoscopico, consentendo anche un’autoverifica di quanto recepito dai contenuti scientifici.
SEGi ha scelto il tema dei “Sanguinamenti Uterini Anomali” quale motivo di approfondimento culturale del biennio 2005-2007.
In questo primo numero di SEGIFORM, dunque, vengono affrontati alcuni
aspetti relativi ai sanguinamenti uterini anomali grazie ai contributi dei relatori che hanno partecipato nel Gennaio scorso a Monteporzio Catone, in provincia di Roma, ad uno dei numerosi incontri organizzati da SEGi che ha avuto un ottimo successo in termini di numero di partecipanti e di qualità dei
contributi scientifici.
In questo fascicolo è trattato il tema dell’AUB in alcuni dei suoi aspetti più
rilevanti. In particolare sono stati approfonditi i seguenti temi: il processo diagnostico-terapeutico della perdita ematica uterina atipica, la diagnostica ecografica della patologia endometriale e delle masse endouterine, l’isterescopia diagnostica nell’AUB, la terapia medica della menorragia, la terapia chirurgica conservativa dell’AUB conseguenti a fibromi uterini, l’isterectomia
radicale nel carcinoma della portio, l’attualità nell’inquadramento diagnostico e terapeutico dei sanguinamenti uterini anomali.
L’intento di questo fascicolo è di offrire allo specialista un aggiornamento in materia di diagnosi e terapia chirurgica e non dell’AUB. Per poter offrire un prodotto sempre migliore da un punto di vista clinico e scientifico
saranno benvenuti tutti i feed-back da parte dei lettori.
Ludovico Muzii
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Obiettivi formativi
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❏
Inquadrare da un punto di vista clinico i sanguinamenti uterini anomali
(AUB) secondo i più aggiornati dati epidemiologici.
❏
Seguire un corretto algoritmo nella diagnosi dell’AUB.
❏
Valutare criticamente l’affidabilità dell’ecografia e dell’isteroscopia nella
diagnosi dell’AUB.
❏
Saper applicare i vari protocolli di terapia medica dell’AUB.
❏
Conoscere le migliori evidenze della letteratura scientifica nell’ambito del
trattamento dell’AUB conseguente a fibromi uterini.
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Processo diagnostico
terapeutico della perdita
ematica uterina atipica
E. Ferrazzi
C. Crescini
M. Busacca
Prevalenza delle condizioni patologiche endouterine
che determinano la perdita ematica uterina atipica (AUB)
La perdita ematica uterina atipica, comunemente conosciuta nella letteratura scientifica e nella clinica con l’acronimo inglese di AUB (abnormal uterine bleeding) costituisce un segno di grande allarme nella paziente in età peri
e postmenopausale.
Questo comportamento, al di la delle problematiche culturali e individuali
che si associano a questo segno, è in realtà giustamente determinato dalla possibilità che questa sia la prima manifestazione di una patologia neoplastica
endometriale (o cervicale). In modo molto sintetico le tabelle 1 e 2 identificano la prevalenza delle cause dell’AUB in età pre e postmenopausale. Si deve
sottolineare che nell’età perimenopausale la quasi totalità delle cause è codificabile tra le lesioni focali, cioè interessanti un’area delimitata della cavità
endometriale (polipo, mioma) o diffuse, disfunzionali che al contrario sono
istologicamente omogenee su tutto il campo della cavità endometriale. Il carcinoma rappresenta meno dell’1% dei casi. In età postmenopausale, in pazienti non in terapia ormonale sostitutiva, dobbiamo invece rilevare come circa il 10% di AUB può essere determinato dalla presenza di una patologia maligna e al contrario che il 70-80% delle perdite ematiche origina da una condizione del tutto benigna come l’atrofia endometriale.
Tabella 1
AUB PREMENOPAUSA1
CAUSE
disfunzionale
polipi, miomi, iperplasia,
adenomiosi
carcinoma
Tabella 2
AUB POSTMENOPAUSA2-4
PREVALENZA
>50%
30-50%
CAUSE
atrofia
60-70%
polipi, miomi, iperplasia,
20-40%
carcinoma
1%
PREVALENZA
10% (range
8 – 17,5)
Prevalenza dell’AUB nella consultazione ambulatoriale. Prevalenza di terapie
per l’AUB sull’insieme dei processi diagnostico-terapeutici ginecologici
Difficile monitorare l’effettiva prevalenza dell’AUB come causa di consultazione ginecologica ambulatoriale. La maggior parte delle stime collocano questa tra il 30% e il 40% di tutte le visite ambulatoriali ginecologiche. L’effettiva rilevanza nella nostra regione può essere invece osservata nelle procedure terapeutiche correlate all’AUB eseguite in regime di ricovero ordinario (RO)
o di day hospital (DH). La tabella 3 evidenzia l’impatto di queste procedure
diagnostico terapeutiche eseguite negli ultimi anni in Lombardia. Nel 2003
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PROCESSO DIAGNOSTICO
TERAPEUTICO DELLA PERDITA
EMATICA UTERINA ATIPICA
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il totale delle procedure (escluse quelle eseguite in ambulatorio) ammontano a circa 26 mila. Date le valorizzazioni delle procedure in DH e in RO possiamo stimare un costo annuo di 28 milioni di euro. Ottimizzare il rapporto
efficacia/efficienza per questa patologia ha quindi un rilevante effetto sulla
spesa e sulla possibile ridistribuzione delle risorse in altre aree ostetricoginecologiche.
Tabella 3
Gli interventi in isteroscopia per patologie ginecologiche in regime di ricovero e cura
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
12.939
16.052
18.493
18.933
19.464
21.016
22.274
22.042
5.587
2.285
6.135
2.696
6.448
3.008
6.769
3.385
5.585
2.315
5.761
2.478
5.774
2.528
5.058
3.137
Interventi per via isteroscopica 7.352
ISC con biopsia
6.175
ISC con divisione di sinechie
endometriali
30
ISC con divisione o asportazione
di setto
59
ISC con asportazione di lesione
dell’utero (polipectomia,
miomectomia o altro)
1.088
9.917
8.359
12.045
9.580
12.164
9.147
13.875
10.285
15.255
10.278
16.552
9.629
16.984
9.521
45
73
109
122
224
169
174
74
94
172
165
180
214
228
1.439
2.298
2.736
3.307
4.573
6.540
7.061
N. Isteroscopie
Isteroscopie diagnostiche
seguite da raschiamento
COSTI
28.327.481 27.722.682
€
€
Raschiamento uterino
non preceduto da isteroscopia
diagnostica
8.647
8.897
8.625
7.273
6.866
COSTI
5.751
4.077
3.720
3.159.675
€
2.833.000
€
Scopo del percorso diagnostico-terapeutico per l’AUB
La domanda di salute che la donna con AUB porta al medico e al sistema sanitario oggi non è solo l’esclusione della patologia maligna, ma anche l’eliminazione della causa benigna della perdita ematica irregolare. Il mancato
o l’errato trattamento aumentano la pressione psicologica ed il numero di prestazioni diagnostiche e terapeutiche per lo stesso problema. Sinteticamente
il box ripercorre gli scopi del processo diagnostico terapeutico.
■ Esclusione/identificazione della patologia maligna
■ Valutazione accurata delle altre cause di sanguinamento
■ Scelta terapia/sorveglianza/nessun ulteriore controllo specifico
Fase diagnostica
Biopsie della cavità endometriale a “cielo coperto”
Esiste un’ampia evidenza scientifica che dimostra come le procedure a “cielo coperto”, non precedute da visualizzazione diretta o indiretta, non siano
in grado di identificare oltre il 50% delle lesioni focali della cavità uterina (polipi, miomi, iperplasie focali, carcinomi a sviluppo focale).
In particolare, la dilatazione e curettage (D&C), procedura invasiva introdotta sin dal 1834, nel 10-25% dei casi ottiene una quantità di materiale
endometriale insufficiente per l’esame istologico.5,6 In oltre il 60% dei casi la
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campionatura è inferiore al 50% della superficie cavitaria e nel 16% è inferiore a un quarto.7 Due recenti studi,8,9 che hanno confrontato i risultati della dilatazione e curettage con l’osservazione in toto della cavità endometriale dopo isterectomia, hanno dimostrato che il D&C eseguita a “cielo coperto” prima dell’isterectomia, non aveva riconosciuto il 58% delle iperplasie
complesse atipiche e l’11% dei cancri dell’endometrio.
Alla luce delle tecnologie oggi disponibili occorre sottolineare che applicare la biopsia a cielo coperto nelle sue varie forme (dilatazione e curettage
in anestesia generale, Vabra Curettage, Pipelle ecc.) è superato se non associato alla visualizzazione diretta ed indiretta della cavità endometriale.
Visualizzazione diretta o indiretta della cavità
endometriale
In postmenopausa, dove circa l’80% delle perdite ematiche sono determinate da una condizione di atrofia della mucosa endometriale, cioè da una causa parafisiologica, queste tecniche di visualizzazione consentono di chiudere il percorso diagnostico anche senza biopsia (endometrio inferiore a 4 mm,
nella visualizzazione indiretta ecografica; immagine tipica di mucosa atrofica, nella visualizzazione diretta isteroscopica).4,10-17
In caso di endometrio con caratteri ecografici non univocamente interpretabili (spessore endometriale superiore a 4 mm anche focalmente) si rende necessaria l’esecuzione di una sonoisterografia oppure di un’isteroscopia
diagnostica. Procedure entrambe da eseguire in un contesto ambulatoriale.
Le linee guida di molte società scientifiche considerano la sonoisterografia
paragonabile all’isteroscopia diagnostica per quanto concerne la possibilità
di identificare lesioni focali o diffuse.18,19
Sonoisterografia e/o isteroscopia, consentono oggi di individuare la sede
dell’eventuale prelievo bioptico.
La recente disponibilità di isteroscopi di calibro inferiore a 5 mm ha reso
possibile l’esecuzione oltre che di biopsie mirate sotto diretto controllo visivo, anche di una “piccola“ chirurgia in regime ambulatoriale.
Conclusioni
1. Alla luce delle attuali possibilità tecnologiche e delle evidenze della letteratura, le procedure bioptiche dell’endometrio a cielo coperto (dilatazione e curettage, Vabra Curettage, Pipelle e citodiagnostica) eseguite senza
una visualizzazione indiretta (ecografia endovaginale-sonoisterografia) o
diretta (isteroscopia diagnostica con isteroscopi di diametro inferiore a 5
mm) sono da considerare superate;
2. Si ritengono procedure diagnostiche adeguate:
• l’esame ecografico endovaginale, eventualmente associato a sonoisterografia per la valutazione della cavità endometriale;
• l’esame ecografico endovaginale, eventualmente associato a isteroscopia diagnostica con miniottiche;
• la fase diagnostica è completa solo quando, avendo la visualizzazione
diretta o indiretta escluso una condizione di ipo-atrofia dell’endometrio,
si sia ottenuta una biopsia adeguata della lesione.
Azioni proposte
• La perdita ematica atipica non giustifica il RO o il DH per dilatazione e
curettage. Questo salvo nei casi di metrorragia in atto severa.
• Le procedure diagnostiche di visualizzazione della cavità endometriale,
ecografia-sonoisterografia, isteroscopia sono procedure ambulatoriali.
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TERAPEUTICO DELLA PERDITA
EMATICA UTERINA ATIPICA
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• La biopsia endometriale non è una procedura terapeutica e la sua esecuzione non trasforma la fase diagnostica in una fase terapeutica. L’aggiunta di una procedura bioptica non trasforma l’isteroscopia diagnostica in un’isteroscopia operativa e non la assimila quindi all’isteroscopia operativa.
Fase terapeutica
Principi generali
La fase terapeutica dell’AUB deve essere eseguita in un contesto adeguato
alle condizioni della paziente e alla procedura terapeutica prevista.
Livelli della chirugia mininvasiva per lesioni
endometriali
In generale possiamo identificare due livelli di isteroscopia operativa (vedi
Tabella 4):
• la piccola chirurgia isteroscopica: ambulatorio chirurgico protetto, isteroscopio ≤5 mm con canale operativo, anestesia locale, eventuale sedazione;
• la chirurgia isteroscopica maggiore: istero-resettoscopio sino a 10 mm, sala
operatoria, anestesia generale/analgesia
Oltre alle tecniche resettoscopiche sono oggi possibili tecniche di ablazione endometriale non resettoscopica che sono eseguibili in ambulatorio chirurgico protetto.
Tabella 4
Prestazioni ambulatoriali e di ricovero per la AUB
AMBULATORIO
DH
RO
ECOGRAFIA ENDOVAGINALE, SONOISTEROGRAFIA,
ISTEROSCOPIA DIAGNOSTICA
SI
NO
NO
PICCOLA CHIRURGIA
ISTEROSCOPICA
SI
casi
selezionati
casi
selezionati
CHIRURGIA ISTEROSCOPICA
MAGGIORE
casi
selezionati
SI
SI
ABLAZIONE ENDOMETRIALE
NON RESETTOSCOPICA
SI
SI
casi
selezionati
La tabella 5 riporta i valori che compongono il percorso ambulatoriale per
l’AUB. Sostanzialmente i casi di AUB possono richiedere, a seconda della
complessità delle patologie, da un minimo di una procedura oltre alla visita (visita ed ecografia), a un massimo rappresentato dalla sommatoria di tutte le procedure e delle rispettive valorizzazioni.
Bibliografia
1. Bronz L et al: The value of transvaginal sonography with and without saline
instillation in the diagnosis of uterine pathology in pre- and postmenopausal
women with abnormal bleeding or suspect sonographic findings. Ultrasound
Obstet Gynecol 1997;9:53-58
2. Choo YC et al: Postmenopausal uterine bleeding of nonorganic cause. Obstet
Gynecol 1985;66:225-228
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PROCESSO DIAGNOSTICO
TERAPEUTICO DELLA PERDITA
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Il nomenclatore tariffario regionale in
vigore dal 1 gennaio 2004 relativo alle
prestazioni di assistenza specialistica
ambulatoriale prevede che siano
eseguibili a livello ambulatoriale
l’isteroscopia, la biopsia endometriale
isteroscopica e la polipectomia
endometriale isteroscopica. I piccoli
interventi ambulatoriali isteroscopici
riconosciuti dal Nomenclatore devono
essere integrati con le seguenti
ulteriori procedure: adesiolisi,
miomectomia e metroplastica,
applicazione di dispositivi intratubarici.
La valorizzazione economica
dell’isteroscopia diagnostica
ambulatoriale è € 92,96, della biopsia
isteroscopica è € 92,96, della
polipectomia isteroscopica è € 92,96.
Queste procedure operative
ambulatoriali necessitano di una
revisione della valorizzazione.
Il Vabra dovrebbe essere retribuito
€ 49,58, sottraendo cioè al valore
della biopsia endometriale a cielo
coperto (€ 92,96) il valore dell’esame
ecografico endovaginale (€ 43,38),
il quale rappresenta il valore minimo
tra gli esami di visualizzazione
dell’endometrio oggi possibile.
5
Tabella 5
Valorizzazione
economica
Procedura
Codice ministeriale
VISITA
1
16,53
89.26
ECOGRAFIA ENDOVAGINALE
2
43,38
88.79.7
SONOISTEROGRAFIA
3
IN ATTESA DI ATTRIBUZIONE
DI CODICE E VALORIZZAZIONE
MINISTERIALE*
ISTEROSCOPIA DIAGNOSTICA 4
92,96
68.12.1
VABRA-CURETTAGE
5
92,96
68.16.1
POLIPECTOMIA
6
92,96
68.29.1
*Attualmente si utilizza il codice della insufflazione tubarica che viene valorizzato con € 21,69.
3. Osmers R et al: Vaginosonography for early detection of endometrial
carcinoma? Lancet 1990;335:1569-71
4. Karlsson B et al: Transvaginal ultrasonography of the endometrium in women
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Gynecol 1982;142:1-6
7. Stock R et al: Prehysterectomy curettage. Obstet Gynecol 1975;45:537-41
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Sanguinamenti uterini anomali:
diagnostica ecografica della
patologia endometriale e delle
masse endouterine
F. P.G. Leone
E. Ferrazzi
I sanguinamenti uterini anomali costituiscono una delle prevalenti condizioni
di consulto specialistico ginecologico (30-40%) in età peri e postmenopausale.
La prevalenza di condizioni disfunzionali e organiche benigne, quali polipi endometriali, iperplasia endometriale, leiomiomi ed adenomiosi, caratterizza l’epoca perimenopausale, con una bassa prevalenza (~1%) di carcinoma endometriale. Nella postmenopausa la prevalenza di condizioni organiche maligne aumenta altresì sensibilmente (~10%), anche se tale sintomo-segno (sanguinamento uterino anomalo) è determinato da atrofia endometriale in circa il 60-70% dei casi e da lesioni organiche benigne (polipi, miomi, iperplasia) in circa il 20-40%.
Il percorso diagnostico da applicare deve necessariamente tener conto di
alcune importanti considerazioni preliminari:
• età della paziente;
• tipo di lesione endouterina: focale (interessante una area delimitata della
cavità endometriale: polipo, mioma), o diffusa (disfunzionale o organica,
al contrario istologicamente estesa a tutta la cavità endometriale);
• elevata prevalenza di condizioni organiche benigne;
• attuale modello dualistico del carcinoma endometriale: tipo I (pazienti in
peri-postmenopausa, obese-ipertese, con progressione dall’iperplasia endometriale atipica, istotipo endometrioide) e tipo II (pazienti in postmenopausa >60-65 anni, con insorgenza focale su endometrio atrofico, istotipi più aggressivi: sieroso papillifero, cellule chiare, endometrioide G3);
• intervallo comparsa segno-sintomo sanguinamento e diagnosi quale fattore prognostico di sopravvivenza per carcinoma endometriale.
Le procedure diagnostiche “alla cieca”
sono gravate da alte percentuali di
falsi negativi, e dovrebbero essere
quindi abbandonate
6
Le procedure diagnostiche oggi disponibili sono metodiche bioptiche alla
“cieca”, o di immagine, diretta o indiretta, della cavità uterina.
Le metodiche alla “cieca”, quali il raschiamento uterino (D&C), Vabra,
Pipelle ecc., sono considerate discutibili procedure di primo livello da ormai
qualche decennio a causa dell’elevata prevalenza di falsi negativi per patologia neoplastica (3-11%) e per lesioni benigne focali endouterine (~60%).
L’ecografia transvaginale, tecnica di imaging indiretta, mediante l’utilizzo di sonde endovaginali multifrequenza (3-9MHz), risulta essere una metodica estremamente accurata e riproducibile nello studio dell’endometrio
e della cavità uterina. L’isteroscopia, tecnica di imaging diretta, mediante
l’utilizzo delle miniottiche da 2 e 3 mm, risulta essere altrettanto accurata e
con una compliance estremamente superiore al recente passato con ottiche
da 5 mm.
Queste tecniche di imaging, sostenute dai rilevanti progressi tecnologici
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degli ultimi decenni, costituiscono oggi quindi le procedure di scelta nella
valutazione delle pazienti con sanguinamento uterino anomalo, e dovrebbero
pertanto essere considerate oggi lo standard del percorso diagnostico.
In numerosi e ampi studi l’ecografia transvaginale è risultata essere la procedura più efficace ed efficiente nello studio delle pazienti con sanguinamento
uterino in postmenopausa.
La corretta valutazione dello spessore endometriale deriva dalla misura
dello spessore bi-endometriale su un piano longitudinale, nel punto più spesso, valutato dopo avere sezionato tutta la cavità uterina da angolo tubarico
a angolo tubarico. Il valore di cut-off standard è ≤4mm (Figura 1). L’utilizzo
del cut-off ≤4mm consente di predire atrofia endometriale in modo estremamente accurato, con un’elevata capacità nell’escludere malattia (VPN
~99%), anche in pazienti in terapia ormonale sostitutiva. Questa tecnica consente quindi una completa, corretta, definitiva e non-invasiva valutazione di
circa il 70% delle pazienti in postmenopausa con sanguinamento uterino anomalo. L’accuratezza del test è confermata anche da studi longitudinali che
hanno valutato l’esito a distanza di 10 anni dal primo controllo negativo. Il
limite attuale del cut-off di 4 mm è il carcinoma endometriale di tipo II, che
per le intrinseche caratteristiche biologiche della malattia (insorgenza su endometrio atrofico, sintomatologia talora precoce) può falsamente fornire un
esito di normalità. La presenza di fattori di rischio (età >65 anni, BMI >27
kg/m2) suggerisce, nelle pazienti poi asintomatiche, un successivo controllo ecografico dopo sei-dodici mesi, mentre l’eventuale ricomparsa-persitenza del sanguinamento dovrebbe richiedere un approfondimento di secondo
livello con isteroscopia e biopsia mirata.
Il riscontro ecografico di una rima endometriale ispessita (>4 mm) in pazienti sintomatiche in postmenopausa aumenta il rischio neoplastico (età e
Figura 1.
Ecografia
transvaginale: rima
endometriale ≤4mm.
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Figura 2.
Ecografia
transvaginale
con power-Doppler:
polipo endometriale.
spessore-relato), con una prevalenza di carcinoma endometriale superiore al
20%. In queste pazienti risulta necessario un approfondimento con test di secondo livello, quali la sonoisterografia e l’isteroscopia. Numerosi studi hanno evidenziato l’assoluta comparabilità di queste due metodiche nella valutazione di pazienti con sanguinamento uterino anomalo. L’integrazione con
il color-power Doppler migliora significativamente l’accuratezza diagnostica dell’esame ecografico transvaginale basale (B-mode), anche se solo in parte nelle pazienti in postmenopausa (Figura 2).
La sonoisterografia è un metodo di visualizzazione della cavità uterina in
real-time con sonda ecografica transvaginale mediante infusione transcervicale di soluzione salina sterile, che consente di identificare lesioni endouterine focali o diffuse.
La fattibilità (>95%), la durata, la compliance e la riproducibilità della procedura sono sovrapponibili all’isteroscopia. L’identificazione di una lesione
diffusa in pazienti sintomatiche in postmenopausa con rima endometriale
>4 mm, e la ridotta distensibilità della cavità uterina, aumentano significativamente il rischio di lesione neoplastica. La lesione di più frequente riscontro in questo selezionato gruppo di pazienti è comunque il polipo endometriale, i cui caratteri ecografici possono accuratamente orientare sulla benignità o malignità della lesione (Figure 3 e 4). L’integrazione dell’imaging con
un concomitante esame bioptico è possibile mediante l’utilizzo di specifici
cateteri endouterini (Nelaton 8Fr – 14Fr), che consentono di ottenere un campione endometriale adeguato per l’esame istologico in oltre il 90% dei casi.
Nelle donne in perimenopausa l’ecografia transvaginale costituisce l’indagine di primo livello, permettendo un’adeguata valutazione dell’endometrio, del miometrio ma anche della funzionalità ovarica. La corretta valutazione di condizioni organiche e disfunzionali consente una diagnosi e quin8
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Figura 3.
Sonoisterografia
con power-Doppler:
polipo endometriale.
di un’appropriata terapia medico-chirurgica. In tal senso è indicata l’esecuzione dell’esame sempre in fase proliferativa precoce.
Il color-power Doppler, la sonoisterografia e l’isteroscopia costituiscono
sovrapponibili tecniche di secondo livello per la diagnosi di patologie organiche endometriali ed endocavitarie in pazienti in età fertile.
L’utilizzo del color-power Doppler, con l’identificazione del “pedicle sign”,
Figura 4.
Sonoisterografia
con power-Doppler:
carcinoma endometriale
focale.
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Figura 5.
Sonoisterografia:
iperplasia endometriale.
Figura 6.
Sonoisterografia:
carcinoma endometriale
diffuso.
il peduncolo vascolare, permette di diagnosticare la presenza di un polipo
endometriale e di differenziarlo dall’iperplasia endometriale o dal mioma sottomucoso.
La sonoisterografia consente di distinguere lesioni diffuse, di frequente riscontro in perimenopausa e riferibili prevalentemente a iperplasia endometriale (Figura 5) o più raramente a lesioni maligne (Figura 6), da lesioni focali, riferibili a polipi (“pedicle sign”) o a miomi sottomucosi (Figura 7). In
particolare, la sonoisterografia assume specifico rilievo nella valutazione dei
miomi sottomucosi, con la possibilità di identificare correttamente tutti i parametri preoperatori necessari al trattamento resettoscopico: numero, sede,
dimensione, grading, margine libero miometriale, presenza di altri miomi,
spessore ed eventuale concomitanza di patologia endometriale.
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Figura 7.
Sonoisterografia: mioma
sottomucoso G1.
Conclusioni
Il triage diagnostico dei sanguinamenti uterini anomali basato sull’ecografia
risulta efficace ed efficiente sia in età peri che postmenopausale. L’ecografia
transvaginale è il test di primo livello, integrato da color-power Doppler e
sonoisterografia come test di secondo livello. L’isteroscopia è mandatoria nei
casi inconclusivi all’iter diagnostico ecografico.
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DIAGNOSTICA ECOGRAFICA
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SANGUINAMENTI
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Isteroscopia diagnostica
nell’AUB
E. Valli
L’AUB (abnormal uterine bleeding), è la terminologia anglosassone, ormai in
uso comune, per descrivere una serie di sintomi che vanno dallo spotting, alla
menorragia, alla metrorragia di ogni genere o entità. L’AUB è responsabile del
20% delle visite ginecologiche in premenopausa e di un quarto delle procedure chirurgiche ginecologiche. L’AUB deve essere distinto a seconda che si
verifichi in età fertile, in pre o postmenopausa, perché mentre in età fertile prevalgono le patologie disfunzionali, in pre e postmenopausa prevalgono quelle organiche. In particolare, nel 6-10% dei sanguinamenti in postmenopausa
è presente un adenocarcinoma endometriale, mentre il 30–40% è causato da
formazioni endocavitarie benigne6,14 e il 50% è privo di anomalie endometriali.1,3 L’AUB è comunque nella maggioranza dei casi il primo sintomo dell’adenocarcinoma endometriale. Nella diagnostica delle pazienti con AUB non
devono essere trascurate le patologie extra genitali come le discrasie ematiche, il più frequente dei quali è il morbo di Von Willebrand.1,14
L’esame diagnostico ideale per l’AUB dovrebbe consentire l’identificazione delle patologie con un’alta sensibilità e specificità, bassa invasività e possibilmente un basso costo. In particolare dovrebbe diagnosticare le condizioni
che necessitano di terapia chirurgica, come miomi sottomucosi o polipi, escludendo le lesioni maligne (ca endometrio) e evidenziare la patologia disfunzionale per consentire una terapia adeguata. L’RCU o il D&C (dilatazione e
curettage) che è stato considerato fino ad alcuni anni fa il gold standard per
la diagnosi dell’AUB e della patologia endocavitaria è un esame che necessita di anestesia e quindi di ricovero. L’RCU è un esame cieco, con una percentuale di circa 1% di perforazione dell’utero2 e ha un grande numero di
falsi negativi, infatti nel 9-15% degli uteri asportati dopo un RCU è stato evidenziato un polipo endometriale non rimosso e nel 60% dei casi permane nell’utero dopo RCU più della metà dell’endometrio.7,10
L’isteroscopia consente invece ambulatorialmente una valutazione visiva diretta della cavità uterina, della superficie endometriale e delle formazioni endocavitarie. Il limite dell’isteroscopia è che la sua visione è circoscritta alla cavità uterina e non può dare indicazioni sulla patologia miometriale o sul coinvolgimento miometriale o sottosieroso di una patologia endocavitaria. L’esame è inoltre invasivo e crea un disagio per la paziente che è direttamente proporzionale al diametro dello strumento e inversamente all’esperienza dell’operatore, unitamente a altri fattori quali l’aspettativa del dolore e allo stato d’ansia. Minore è il traumatismo nella zona istmica ove sono presenti le terminazioni nervose e meno doloroso e più accettabile sarà l’esame che è possibile
ambulatorialmente nel 90-98% dei casi. La riduzione del diametro dello strumento con le ottiche miniaturizzate da 2,8 mm (camicia 3,5-3,8 mm) che uni-
L’isteroscopia, per le alte sensibilità
e specificità, il costo relativamente
basso, e la buona “compliance”
da parte della paziente, è oggi
un esame fondamentale nella
diagnostica dell’AUB
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ISTEROSCOPIA DIAGNOSTICA
NELL’AUB
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scono un’ottima visione panoramica alla sottigliezza è attualmente il miglior
compromesso tra dimensioni e qualità dell’immagine. Uno studio ha evidenziato una significativa riduzione del dolore con una riduzione della camicia
da 5 a 3,5 mm di diametro.17 L’approccio in vaginoscopia (senza speculum)
proposto da Bettocchi,18 può sembrare esagerato da utilizzare in tutte le pazienti, soprattutto in età fertile, essendo lo speculum uno strumento non così
traumatico in condizioni normali e che consente di visualizzare e anche detergere la portio eliminando le secrezioni che ricoprono l’orifizio uterino esterno. Sicuramente la vaginoscopia deve essere considerata nelle pazienti in postmenopausa con stenosi vaginale, nelle quali l’applicazione dello speculum
spesso è riferita come più dolorosa dell’isteroscopia, come primo approccio nelle pazienti virgo e in presenza di vaginismo in cui consente di eseguire l’esame ambulatorialmente e in modo assai meno traumatico. Nei casi con stenosi dell’orifizio interno o con aumentata sensibilità al dolore può essere utilizzata l’anestesia locale per instillazione endocervicale o con blocco paracervicale.4 L’isteroscopia, per essere soddisfacente, deve valutare la cavità uterina
visualizzando completamente entrambi gli osti tubarici e le quattro pareti, in
particolare il colore, lo spessore (con l’impressione dello strumento sulla superficie endometriale), la superficie endometriale e la vascolarizzazione superficiale.5 Difficile, se non eseguita da mani esperte, e quindi scarsamente riproducibile su larga scala, è la valutazione funzionale della fase del ciclo, anche se alcune caratteristiche come l’aspetto delle arteriole spirali e degli orifizi ghiandolari sono più facilmente obiettivabili. L’endometrio è una struttura
che durante l’età fertile ha modificazioni cicliche mensili complesse e la sua
valutazione richiede una particolare esperienza sia morfologica che funzionale.
L’errore più comune è di considerare come organica una patologia disfunzionale basandosi sulla presenza di aree o rilievi superficiali di aspetto polipoide. Non bisogna al contrario sottovalutare formazioni con alterata vascolarizzazione o superficie definendole come disfunzionali, soprattutto in postmenopausa. L’isteroscopia non consente di eseguire una valutazione istologica e infatti tutti i tentativi di correlazione isteroscopico istologica sono gravati da un’alta percentuale di falsi negativi e positivi che risultano maggiori per
la patologia endometriale benigna senza atipie (30-40%). Una delle critiche che
più frequentemente si pongono alla validità e all’utilità dell’esame isteroscopico è infatti quello di avere una scarsa sensibilità e specificità per la diagnosi delle condizioni endometriali, quali l’iperplasia semplice e complessa e la
patologia disfunzionale (60-80%). Il ruolo dell’esame isteroscopico però non
è quello di fornire una diagnosi, ma con l’aiuto di un eventuale esame istologico, di indirizzare a una terapia (medica o chirurgica ) e escludere la presenza di condizioni maligne. L’isteroscopia ha in tutte le casistiche una sensibilità molto alta (92-98%) nella diagnosi dell’adenocarcinoma endometriale.3,6,7,11,14,16 In letteratura c’è molta differenza di vedute circa l’opportunità, la
necessità e le metodiche di esecuzione della biopsia endometriale durante l’esame isteroscopico. Inizialmente la biopsia veniva eseguita mediante curettage mirato dopo visione con presenza di falsi negativi in caso di lesioni focali.
Solo recentemente la miniaturizzazione delle ottiche, unita al miglioramento
delle pinze endoscopiche, ha consentito di poter eseguire biopsie dirette, sotto visione isteroscopica, di dimensioni adeguate per un esame istologico soddisfacente.7 Un caso particolare sono i polipi in postmenopausa, che hanno una
percentuale di malignità che varia dallo 0,5 al 5% e sono la più frequente causa di falsi negativi nella diagnosi di adenocarcinoma. Tali formazioni vanno
asportate completamente non essendo soddisfacente una biopsia parziale.11,14,19
La scelta tra l’utilizzo dell’ecografia transvaginale e l’isteroscopia diagnostica per la diagnosi dell’AUB è oggetto di un’ampia discussione in let-
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ISTEROSCOPIA
DIAGNOSTICA
NELL’AUB
teratura. Il miglioramento delle tecniche ultrasonografiche con le sonde endocavitarie ha consentito la diffusione dell’ecografia endovaginale come metodica per la diagnostica della patologia endometriale. Questa diffusione ha
portato, dopo molti lavori contraddittori sull’argomento, a definire il cut off
per la patologia endometriale in postmenopausa che è stato stabilito a 5 mm,
al di sotto del quale con ecogenicità regolare la probabilità di trovare una patologia endometriale risulta inferiore al 0.5%.15
In premenopausa il riscontro di un’irregolarità dell’ecopattern endometriale con iperecogenicità o un suo ispessimento è frequente sia nelle pazienti
sintomatiche che in quelle asintomatiche. Nelle pazienti con l’AUB in premenopausa, l’ecografia transvaginale è utile come primo approccio ma la
grande sensibilità che ne risulta è accompagnata da una bassa specificità, infatti esiste una grande percentuale di casi in cui l’ecografia evidenzia come
polipi alterazioni che sono disfunzionali e non necessitano di terapia chirurgica. Una nostra casistica sull’argomento ha esaminato una serie di isteroscopie diagnostiche eseguite per sospetto polipo endometriale diagnosticato con ecografìa transvaginale in pre e postmenopausa. La percentuale di
falsi positivi in premenopausa risultava essere del 40% mentre in postmenopausa del 26%. In particolare i falsi positivi in premenopausa erano rappresentati da casi di iperplasia polipoide o endometrio con superficie polipoide, di aspetto disfunzionale, con referto istologico di endometrio proliferativo o proliferazione irregolare.20 Queste pazienti possono giovarsi di una
terapia medica e in piccola percentuale di un’ablazione endometriale, ove la
terapia medica fallisca, mentre la diagnosi di polipo endometriale richiede
la sua asportazione, con aumento ingiustificato delle isteroscopie operative.
Sulla base di questi dati sembra utile un’isteroscopia diagnostica in caso di
sospetto ecografico di polipo endometriale in premenopausa. In postmenopausa i falsi positivi sono rappresentati da sinechie e raccolte di muco, ma,
non esistendo la patologia disfunzionale, i falsi negativi sono minori e l’isteroscopia diagnostica può essere eseguita nei casi dubbi mentre nei casi certi può esserne eseguita direttamente una operativa.
Allo scopo di migliorare la sensibilità e la specificità dell’ecografia transvaginale è stata proposta l’utilizzazione dell’iniezione in cavità di soluzione fisiologica come mezzo di contrasto durante l’esame ultrasonografico (sonisterografia, SHG) e in tale modo si è aumentata notevolmente la sensibilità e la specificità. Numerosi lavori in letteratura hanno paragonato la sensibilità e la specificità delle metodiche evidenziando risultati non dissimili
dall’isteroscopia.8,11,14,16 L’esame diventa non meno invasivo dell’isteroscopia
diagnostica e in alcuni casi impossibile (sinechie e stenosi cervicali), con la
difficoltà di eseguire l’esame in vaginoscopia (stenosi vaginali). Una recente
review di Cochrane ha confrontato isteroscopia, ecografia transvaginale e isterosonografia concludendo che tutti gli esami sono molto sensibili per la diagnosi della patologia endometriale e che la sonoisterografia e l’isteroscopia
sono maggiormente e ugualmente specifiche. Il dolore medio non risulta statisticamente differente tra le due metodiche, mentre l’isteroscopia risulta più
veloce come tempo medio di esecuzione. Lo studio conclude che la TVUS
(transvaginal ultrasound), per la sua scarsa invasività, deve essere il primo
approccio all’AUB, ma la diagnosi deve essere spesso integrata da una delle altre due metodiche.12
L’integrazione di più metodiche può migliorare e ridurre i falsi positivi e
negativi, in particolare la isterosonografia è una metodica che può essere utilizzata in sinergia con l’isteroscopia per migliorare le rispettive diagnosi. Attualmente l’utilizzo e la diffusione delle metodiche diagnostiche dipende soprattutto dalla disponibilità della strumentazione, dal training specifico de15
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ISTEROSCOPIA DIAGNOSTICA
NELL’AUB
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gli operatori e dai costi locali di utilizzazione. La ricerca di metodiche meno
invasive nella diagnostica deve portare a una riduzione dell’utilizzazione delle metodiche invasive, ma questo non deve essere gravato da una riduzione
della sensibilità e della specificità diagnostica.
L’isteroscopia diagnostica rimane, allo stato attuale, un esame fondamentale per la diagnosi nell’AUB, essendo l’unico esame che consente una visione diretta della cavità uterina e della superficie endometriale. L’isteroscopia, nella
grande maggioranza dei casi, consente di escludere ulteriori indagini diagnostiche o di indirizzare verso una terapia e la sua utilità diagnostica può essere
incrementata dall’attuale possibilità di eseguire biopsie mirate e asportazione
di piccole formazioni endocavitarie, diventando terapeutica ambulatoriale.
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Terapia medica
della menorragia
L. Muzii
Introduzione
Il sanguinamento uterino anomalo (o AUB, da “abnormal uterine bleeding”)
è un problema clinico di notevole rilevanza. Alla base dell’AUB può esserci
una patologia organica (polipi, fibromi, iperplasia, tumore), una patologia sistemica, oppure il sanguinamento può avere una natura disfunzionale in un
utero per il resto nella norma. In quest’ultimo caso il sanguinamento viene
definito DUB (“disfunctional uterine bleeding”).
Il DUB è quindi un sanguinamento uterino anomalo in età riproduttiva in
assenza di cause congenite o acquisite dimostrabili. Possiamo dunque affermare che quella di DUB è una diagnosi di esclusione. Il DUB può essere distinto (anche se questa differenziazione non è universalmente riconosciuta)
in DUB ovulatorio e DUB anovulatorio. Il DUB ovulatorio si ha in presenza
di normale produzione di progesterone ed è quindi un sanguinamento da deprivazione progestinica. Il DUB anovulatorio si ha in assenza di produzione
ciclica di progesterone. Il DUB ovulatorio sarà quindi ciclico, mentre il DUB
anovulatorio sarà irregolare sia come ciclicità che come quantità del sanguinamento. La forma di DUB ovulatorio più frequente e clinicamente rilevante è la menorragia/ipermenorrea.
Seguendo questa definizione, la menorragia viene dunque definita come
una mestruazione molto abbondante, in cicli ovulatori, in presenza di un utero strutturalmente normale. In caso di presenza di anomalie uterine minori
(piccoli fibromi intramurali, ad esempio), non sarà possibile quantificare l’importanza di queste anomalie nel determinare la sintomatologia se non dopo
gli opportuni interventi terapeutici ex adiuvantibus.
La terapia della menorragia può consistere in una semplice condotta d’attesa (qualora il sanguinamento abbondante non determini conseguenze clinicamente rilevanti, come l’anemia), oppure in una terapia medica. La terapia chirurgica, sia essa conservativa (ablazione/resezione endometriale) o demolitiva (isterectomia totale o subtotale), è solitamente riservata ai casi in cui
la terapia medica fallisce.
Qui di seguito verranno illustrate in dettaglio le varie possibilità di terapia medica in caso di menorragia, con particolare enfasi sui dati derivanti dalla medicina basata sull’evidenza.
Definizione di menorragia
La mestruazione normale viene definita come episodio di sanguinamento ciclico della durata di 4±2 giorni, durante il quale vengono persi circa 35-40 ml
di sangue. L’apporto di ferro in una dieta regolare riesce a compensare perdite di sangue fino a 60-80 ml. La menorragia viene definita come perdita di
sangue in un flusso mestruale superiore a 80 ml. Una perdita tale determi17
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TERAPIA
MEDICA
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Tra le risorse più complete e di facile
accesso sul tema della terapia
dell’AUB segnaliamo il sito della
Cochrane Collaboration
(www.cochrane.org) e le linee-guida
del Royal College of Obstetricians and
Gynecologists (www.rcog.org.uk)
na, in normali condizioni di apporto ed assorbimento di ferro, una condizione
di anemia. In presenza di ridotto apporto o assorbimento di ferro, l’anemia
può rendersi evidente anche con perdite mestruali inferiori a 80 ml.
La menorragia, o DUB ovulatorio, si verifica a causa di un’alterazione dell’emostasi a livello endometriale. I meccanismi alla base di tale alterazione
non sono stati chiaramente definiti, ma sono probabilmente implicate alterazioni nel rapporto tra prostaglandine F2α da una parte e E2 e prostacicline
(PGI2) dall’altra. L’assetto ormonale della paziente è normale (nonostante la
definizione di sanguinamento “disfunzionale”), come normali sono tutti i sintomi legati alla ciclicità dell’ovulazione.
Dovrebbe essere ovvio che un sanguinamento abbondante, sia esso soggettivamente riportato dalla paziente, sia esso oggettivamente rilevato da metodiche quali le tavole PBAC (“pictorial blood loss assessment chart”)1 o l’ematina alcalina,2 non costituisce una patologia da trattare salvo che non si
verifichi una situazione di anemia. È stato stimato che circa il 30% delle donne in età riproduttiva siano affette da menorragia,3 ma solo una parte di queste ha una reale indicazione alla terapia. Nei casi più lievi, una semplice terapia marziale, con apporto giornaliero di 60-180 mg di ferro elementare, può
essere l’unica opzione necessaria. In casi più importanti, o qualora l’aumentato apporto dietetico non riesca a compensare le perdite ematiche, è indicata una terapia medica ormonale o con antifibrinolitici.
Come esempio pratico di terapia marziale, occorre sottolineare come il solfato ferroso contenuto in compresse commercialmente disponibili abbia un
rapporto di 5:1 con il ferro elementare. Una compressa contenente 500 mg di
solfato ferroso corrisponde quindi a 100 mg di ferro elementare, quantità sufficiente per compensare perdite ematiche lievi-moderate. Una compressa effervescente contenente 695 mg di ferro gluconato corrisponde a 80 mg di ferro elementare, dose giornaliera anch’essa sufficiente in casi di menorragia lieve. Fiale orali di gluconato ferrico da 5 ml corrispondono a 62,5 mg di ferro
elementare, perciò può non essere sufficiente una sola somministrazione giornaliera. Flaconcini orali di 800 mg di ferro proteinsuccinato corrispondono a
40 mg di ferro elementare, rendendo necessarie due assunzioni giornaliere.
Antifibrinolitici
L’acido tranexamico (AT) è un derivato sintetico dell’aminoacido lisina, ed
esprime la sua attività antifibrinolitica attraverso un’inibizione reversibile del
plasminogeno. L’AT è tra i farmaci più utilizzati in Europa, mentre il suo uso
negli Stati Uniti è limitato. Uno dei motivi che limitano la diffusione dell’AT
è il timore di effetti collaterali gravi quali trombosi venose.4-5 Studi con lungo follow-up hanno però dimostrato che l’incidenza di trombosi venose in
pazienti sottoposte a terapia con AT è simile a quella della popolazione generale.6
Le dosi terapeutiche di AT per il trattamento della menorragia sono di 1
g tre o quattro volte al giorno durante i primi quattro giorni del flusso mestruale. Considerando che le compresse in commercio sono da 250 mg e da
500 mg, mentre i flaconcini utilizzati per bocca sono da 500 mg, la dose terapeutica raccomandata è di 2 compresse o flaconcini da 500 mg per tre o,
meglio, quattro volte al giorno. Dosaggi inferiori, utilizzati spesso nella pratica clinica, sono quasi del tutto inefficaci. Il dosaggio terapeutico (4 g/die)
è efficace nel ridurre la quantità di flusso mestruale del 40-50 %.7,8
Considerando i dati della medicina basata sull’evidenza, ed in particolare una metanalisi del gruppo Cochrane,9 l’AT ha dimostrato, rispetto al placebo, una riduzione significativa della menorragia. Nel confronto con altre
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TERAPIA MEDICA
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terapie mediche (progesterone in fase luteale, acido mefenamico, etamsilato), l’AT si è dimostrato significativamente più efficace.
Secondo alcuni autori,7 l’AT, dati i bassi costi e l’elevata efficacia, dovrebbe essere considerato il farmaco di prima scelta nella terapia della menorragia. Secondo le linee guida del Royal College of Obstetricians and Gynecologysts,10 l’AT, l’acido mefenamico e la pillola estroprogestinica costituiscono il primo approccio terapeutico in caso di menorragia. Se alla rivalutazione dopo tre mesi di terapia il sintomo non è migliorato, la paziente dovrebbe essere riferita allo specialista. In questo caso, in seconda battuta, possono
essere consigliate terapie ormonali di secondo livello (danazolo, gestrinone,
analoghi del GnRH), lo IUD al progesterone o la chirurgia, conservativa o
demolitiva.11 In caso di paziente desiderosa di prole, è ovvio come solo AT e
FANS siano da considerare.
Farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS)
L’esatto meccanismo d’azione dei FANS nel trattamento della menorragia non
è chiaro, ma è probabile che l’efficacia si eserciti attraverso un’inibizione
selettiva di prostaglandine vasodilatatrici come le PGE2 e la PGI2 (prostaciclina).
I FANS utilizzati sono diversi. Il naproxene va utilizzato a dosi di 250-500
mg per 2-4 volte al dì. L’acido mefenamico viene utilizzato alle dosi di 250500 mg per 2-4 volte al dì, mentre l’ibuprofene va utilizzato al dosaggio di
600-1200 mg/die.8
In una metanalisi del gruppo Cochrane12 i FANS si sono dimostrati superiori rispetto al placebo, ma di efficacia inferiore rispetto all’AT e al danazolo. Tra gli svantaggi dei FANS rispetto all’AT ci sono gli effetti collaterali nel
tratto gastro-intestinale, mentre, tra i vantaggi, va segnalata la contemporanea efficacia nell’eventuale dismenorrea. Dall’analisi del Cochrane, basata su
16 studi randomizzati, non sono emerse differenze tra i vari tipi di FANS (e
tra naprossene e acido mefenamico in particolare). Se necessario, FANS e AT
possono essere usati contemporaneamente.10
Progestinici ed estroprogestinici
Il progesterone somministrato in fase luteale può essere efficace nel trattamento del DUB anovulatorio,13 mentre non ha nessun effetto in caso di DUB
ovulatorio o menorragia.14 Il dato dell’inefficacia del progesterone in fase luteale, derivante dalla medicina basata sull’evidenza, è ancor più sorprendente
se consideriamo che la terapia progestinica per 12-15 giorni al mese nella seconda fase del ciclo è solitamente il primo tentativo terapeutico instaurato
dallo specialista. Ci sono invece dati sufficienti per concludere che il classico trattamento con progestinici somministrati nella seconda fase del ciclo è
sicuramente inferiore al trattamento con FANS o AT,14 mentre i progestinici
potrebbero essere efficaci se utilizzati per almeno 21 giorni al mese.14 Tale trattamento è però gravato da effetti collaterali, per cui il suo utilizzo dovrebbe
essere limitato nel tempo.
L’uso della pillola estroprogestinica, seppure molto diffuso, non è supportato da solide evidenze scientifiche.15 Sebbene utilizzata spesso, la pillola è stata confrontata ad altri trattamenti in un solo studio randomizzato, con
un numero di pazienti arruolate troppo esiguo per permettere conclusioni
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TERAPIA
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definitive.15 In questo unico studio, infatti, sono state arruolate un totale di
45 pazienti, assegnate al trattamento con pillola, danazolo, acido mefenamico o naprossene. La riduzione della menorragia è risultata simile per i diversi
trattamenti. È ovvio che con numeri così piccoli, per lo più inseriti in un disegno dello studio complesso, che prevedeva il passaggio delle pazienti da
un trattamento all’altro (cross-over design), esiste la possibilità che reali differenze nei trattamenti non siano emerse per l’esiguità del campione. I revisori del gruppo Cochrane concludono infatti che la loro metanalisi non ha
ottenuto conclusioni in merito al quesito che si erano prefissati per la scarsità dei dati.15
Gli IUD al progesterone che rilasciano 20 microgrammi di levonorgestrel
(LNG) al giorno, sono tra i presidi di più recente introduzione. Sono disponibili comunque metanalisi sul loro impiego nella menorragia,16 che dimostrano la loro efficacia rispetto al progesterone somministrato per 21 giorni,
mentre la loro efficacia, sempre secondo i dati del gruppo Cochrane, è inferiore rispetto all’ablazione/resezione endometriale. In una valutazione globale di tali presidi sono anche da considerare i possibili effetti anti-impianto degli LNG-IUD, poiché, dopo il primo anno di utilizzo, molte pazienti hanno cicli regolari. Da un punto di vista esclusivamente terapeutico nei confronti
della menorragia, gli IUD sembrano essere un trattamento valido, da utilizzare come secondo livello, quando le terapie di primo livello (AT o FANS)
abbiano fallito.11
Conclusioni
In caso di menorragia che necessiti il trattamento, una terapia marziale può
essere sufficiente, almeno nei casi più lievi. In caso di menorragia di maggiore severità, AT o FANS possono essere considerati i farmaci di prima scelta. L’AT, troppo spesso utilizzato a dosaggi subottimali, deve essere somministrato in dosi di 3-4 gr/die. In caso di fallimento di tali terapie si possono
considerare trattamento di secondo livello, quali IUD al progesterone o ablazione endometriale. La paziente va coinvolta attivamente nella scelta del trattamento e una adeguata informazione sull’efficacia prevista e sugli effetti collaterali è fondamentale per la “compliance” e il successo della strategia terapeutica.
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TERAPIA MEDICA
DELLA MENORRAGIA
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Terapia chirurgica conservativa
dei sanguinamenti uterini
anomali conseguenti
a fibromi uterini
M. Vignali
I sanguinamenti uterini anomali (o Abnormal Uterine Bleeding - AUB) possono essere secondari a patologie della gravidaza e del puerperio, a difetti
coagulativi sistemici (malattia di Von Willebrand), a patologie organiche dell’apparato genitale (polipi e fibromi sottomucosi o intramurali) o a sanguinamenti uterini disfunzionali (Disfunctional Uterine Bleeding - DUB). Un sanguinamento uterino è definito disfunzionale in presenza di un sanguinamento
anomalo non correlato a cause congenite o acquisite. Nella tabella 1 sono indicate alcune fra le più frequenti cause di AUB. Il problema dei sanguinaTabella 1
Cause
di sanguinamenti
uterini anomali
Età riproduttiva
■ Complicanze della gravidanza
(Aborto, GEU, Patologie del trofoblasto)
■ Cicli anovulatori
■ Fibromi sottomucosi
■ Polipi endometriali
■ Farmaci con azione diretta o indiretta sulla coagulazione
■ Iperplasia dell’endometrio
■ Adenocarcinoma dell’endometrio
■ Infezioni genitali
■ Anomalie della coagulazione
Perimenopausa
■ Cicli anovulatori
■ Patologie organiche focali dell’utero
(fibromi, polipi, adenomiosi)
■ Patologie organiche diffuse dell’utero
(iperplasia e adenocarcinoma dell’endometrio e adenomiosi
diffusa)
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TERAPIA CHIRURGICA CONSERVATIVA
DEI SANGUINAMENTI UTERINI ANOMALI
CONSEGUENTI A FIBROMI UTERINI
menti uterini è molto comune, e può comportare un progressivo peggioramento della qualità di vita della donna, limitando le sue attività quotidiane,
perlopiù conseguenti all’affaticamento correlato allo stato anemico, e interferendo con l’attività sessuale.
Se la terapia medica ormonale (pillola estroprogestinica o solo progestinici) e non ormonale (antinfiammatori non steroidei e antifibrinolitici), non
è sufficiente a risolvere il problema dei sanguinamenti uterini, è necessario
ricorrere a una terapia chirurgica. L’isterectomia tradizionalmente è sempre
stata considerata il trattamento conclusivo per i sanguinamenti uterini anomali, in grado di risolvere definitivamente il problema emorragico, con un
alto grado di soddisfazione per la paziente e un miglioramento della qualità
di vita e dell’attività sessuale.1-4
Si calcola che ogni anno solo negli Stati Uniti, vengano eseguite circa
550.000 isterectomie, il 90% delle quali sono elettive ed eseguite prima della
menopausa prevalentemente per sanguinamenti uterini anomali e altra patologia benigna ginecologica.5 L’isterectomia tuttavia è un intervento chirurgico maggiore, che condiziona negativamente la vita della paziente nelle
settimane successive all’intervento,6 inoltre è associato a un tasso di mortalità dello 0,38-1 per 1000, a gravi complicanze nel 3% delle pazienti e a complicanze minori, quali iperpiressia ed infezioni, anche nel 30% dei casi.7,8
Nell’ultimo decennio la conservazione dell’utero è diventata un’esigenza
prioritaria per molte donne e questo atteggiamento ha comportato una maggiore apertura verso soluzioni terapeutiche meno radicali dell’isterectomia.
Nell’ambito dei sanguinamenti anomali conseguenti a una patologia organica dell’apparato genitale, i fibromi rappresentano sicuramente una delle cause più frequenti. Il 35-50% delle isterectomie eseguite ogni anno hanno per indicazione i fibromi uterini.9 I fibromi uterini rappresentano la più
comune patologia ginecologica, con un’incidenza del 20-77% nelle donne in
età riproduttiva, anche se la reale incidenza è sconosciuta dal momento che
più del 50% di questi tumori sono asintomatici.10,11
L’approccio chirurgico conservativo dei fibromi uterini può avvenire per
via laparotomica, laparoscopica o, nel caso di fibromi intracavitari o sottomucosi, per via isteroscopica. L’approccio laparoscopico può concretizzarsi
nell’asportazione chirurgica del fibroma, cioè la miomectomia, oppure ricorrere ad alternative come la criomiolisi, l’occlusione delle arterie uterine o
la termoablazione del fibroma (Tabella 2). Una valida alternativa è rappre-
Tabella 2
Terapia chirurgica dei fibromi uterini
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TERAPIA CHIRURGICA CONSERVATIVA
DEI SANGUINAMENTI UTERINI ANOMALI
CONSEGUENTI A FIBROMI UTERINI
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sentata dall’embolizzazione delle arterie uterine. La scelta della via chirurgica deve essere fondata su solide basi scientifiche che permettano di ricorrere alla tecnica che consenta un maggior tasso di successi, in termine di risoluzione della sintomatologia, con il minor numero di recidive.
In una review di 27 studi, Vercellini et al.12 ha confrontato il tasso di recidive dopo miomectomia, rilevando una variabilità che oscilla tra il 4%13 e il
47%14 e una percentuale di reintervento tra lo 0 e il 18%. Il confronto, in termini di recidiva, tra la miomectomia tradizionale per via laparotomica e la
miomectomia laparoscopica ha evidenziato percentuali perlopiù sovrapponibili, oscillanti tra il 21 e il 46%.15-17
L’embolizzazione delle arterie uterine, introdotta da Ravina18 nel 1995, è
una procedura mininvasiva radiologica che, raggiunte le arterie uterine, grazie a delle particelle di alcool polivinilico somministrate attraverso un catetere introdotto nell’arteria femorale, sotto guida angiografica, ne provoca l’occlusione bilaterale, instaurando uno stato di ischemia transitoria che nel tempo porta a degenerazione jalina del fibroma, una riduzione del volume del
35-40% e una conseguente risoluzione della sintomatologia nel 90% dei casi.
Il tasso di complicanze è relativamente basso,19 come riportato nella tabella
3, tuttavia è importante rilevare come una complicanza correlata a questa procedura sia l’insorgenza di una menopausa precoce (2-5%), probabilmente dovuta all’involontaria embolizzazione del supporto vascolare delle ovaie. Il riscontro di questa complicanza ha indotto l’American College of Obstetricians
and Gynecologists a sconsigliare questa procedura alle pazienti con desiderio di gravidanze.20 Inoltre, un recente studio di Goldberg21 che ha confrontato l’embolizzazione delle arterie uterine (53 pazienti) con la miomectomia
per via laparoscopica (169 pazienti), in termini di esiti delle gravidanze, ha
evidenziato nel gruppo delle embolizzazioni, un maggior tasso di parti prematuri (OR 6,2; 95% CI, 1,4, 27,7) e di presentazioni anomale (OR 4,3; 95%
CI, 1,0, 20,5).
Un’interessante alternativa alle terapie conservative per il trattamento dei
fibromi uterini finora esposte, è l’occlusione delle arterie uterine a livello dell’arteria iliaca interna per via laparoscopica. Una prima esperienza di confronto
tra questa procedura (22 pazienti) e l’embolizzazione delle arterie uterine (24
pazienti) pubblicata nel 2003 da Hald et al.22 ha dimostrato a 6 mesi di followup una riduzione della sintomatologia emorragica del 50% e una riduzione
volumetrica dell’utero del 37%, con un minor impiego di analgesici.
Tabella 3
Complicanze
dell’embolizzazione delle
arterie uterine
(da: Falcone T and
Bedaywy MA. Minimally
invasive surgery of
uterine fibroids.
Curr Opin Obstet
Gynecol
24
Complicanze
Complicanze maggiori
Morte
Danno vascolare
Embolia polmonare
Infezione uterina
Menopausa precoce
Complicanze minori
Perforazione uterina
Disfunzioni sessuali
Sfaldamento del fibroma
Danno nervo sciatico
Numero di casi
Autore
Anno
1
1
Vari casi
1-2%
Lanocita et al. [26]
Vashisht et al. [27]
Wong et al. [28]
Spies et al. [21*]
Goodwin et al. [29]
Bradley et al. [31]
1999
1999
2000
2001
1997
1998
3
1
5%
1
Wong et al. [28]
Goodwin et al. [29]
Berkowitz et al. [32]
Wong et al. [28]
2000
1997
1999
2000
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TERAPIA CHIRURGICA CONSERVATIVA
DEI SANGUINAMENTI UTERINI ANOMALI
CONSEGUENTI A FIBROMI UTERINI
La criomiolisi è una procedura mininvasiva in cui, grazie a un approccio
laparoscopico, una particolare sonda viene introdotta nel fibroma uterino, precedentemente inciso per circa 5 mm di lunghezza e 1 cm di profondità. Nella sondaviene fatto passare un gas pressurizzato che fuoriuscendo da un piccolo orifizio posto sulla punta della stessa, provoca il congelamento (-90 °C)
di un’area ellissoidale circostante la sonda. Il tessuto raffreddato a una temperatura di -20 °C va incontro a un processo di degenerazione scleroialina,
con conseguente necrosi tissutale e riduzione volumetrica del fibroma. Recentemente, Zupi et al.23 hanno valutato un gruppo di 20 pazienti sottoposte a criomiolisi laparoscopica e hanno evidenziato una riduzione volumetrica del fibroma del 60% e una risoluzione della sintomatologia nel 100% delle pazienti a 12 mesi dall’intervento.
La lisi dei fibromi uterini può essere ottenuta anche mediante l’ipertermia,
come nel caso dello studio sperimentale di Bergamini et al.,24 su una serie di
18 pazienti sottoposte ad ablazione termica laparoscopica mediante una sonda a energia a radiofrequenza, che genera una temperatura superiore ai 50 °C,
in grado di determinare una denaturazione proteica e una fusione delle membrane cellulari fino alla morte delle cellule stesse. A un follow-up di 12 mesi,
gli autori riportano una riduzione volumetrica del fibroma dell’83% e una
risoluzione del sintomo emorragico nel 100% delle pazienti.
Alla luce di quanto osservato finora la miomectomia, l’embolizzazione delle arterie uterine e la criomiolisi costituiscono delle valide alternative all’isterectomia nel trattamento dei fibromi uterini sintomatici, tuttavia sono necessarie ulteriori ricerche che valutino l’efficacia di questi trattamenti basata sul confronto tra gli stessi.
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TERAPIA CHIRURGICA CONSERVATIVA
DEI SANGUINAMENTI UTERINI ANOMALI
CONSEGUENTI A FIBROMI UTERINI
form
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Isterectomia radicale
con linfadenectomia pelvica
e lomboaortica per via
totalmente laparoscopica
nel carcinoma della portio
Seppur rara, la patologia maligna della
cervice uterina entra in diagnosi
differenziale con altre cause di AUB
27
M. Malzoni
C. Perone
V. Vicario
R. Raquel
F. Cosentino
I continui progressi della chirurgia laparoscopica e degli strumenti chirurgici laparoscopici, stanno modificando l’approccio verso le patologie oncologiche ginecologiche, a favore di un utilizzo, quando possibile, sempre più crescente della chirurgia mininvasiva in oncologia.
L’isterectomia radicale totalmente laparoscopica (TLRH) con linfadenectomia negli stadi iniziali del carcinoma della portio, è stata inizialmente recepita con diffidenza e titubanza dalla comunità di ginecologi oncologi, i quali per decenni hanno utilizzato approcci chirurgici classici e standardizzati,
quali la via addominale e, in alternativa, la via vaginale.
Risale a circa 15 anni or sono, l’utilizzo della laparoscopia nel management del cancro della cervice uterina. Il suo ruolo tuttavia, era limitato alla
dissezione dei tessuti linfonodali, come primo step chirurgico, seguito successivamente dall’isterectomia radicale vaginale, comunemente definita intervento di Shauta, effettuata nella variante di Amreich (equivalente alla PIVER III), o nella variante di Stoeckel (equivalente alla PIVER II) in base al
volume stimato del tumore. In un secondo tempo, la laparoscopia fu utilizzata come guida alla preparazione dell’isterectomia radicale vaginale, sezionando il parametrio a livello della sua origine per via endoscopica in accordo con le tecniche descritte da Dargent e Querleu (1992). La prima isterectomia radicale eseguita totalmente per via laparoscopica, è stata descritta da Canis (1990) e Nezhat (1992). Le critiche avanzate nei confronti di questa nuova metodica, furono prevalentemente volte ai tempi operatori troppo lunghi se paragonati alla via addominale, ma soprattutto a una dubbia
radicalità oncologica nei confronti di parametri, paracolpi e linfonodi asportati. Durante l’ultimo decennio, numerosi studi, sebbene su un limitato numero di pazienti, hanno documentato sia la fattibilità della resezione radicale per via laparoscopica, sia un numero di linfonodi asportati del tutto sovrapponibile rispetto alla tecnica addominale, come per altro riportato anche dal GOG (Gynecological Oncology Group). Tuttavia, ancora pochi dati
riguardanti la morbidità e la sopravvivenza a lungo termine dopo TLRH sono
disponibili. Inoltre, la fattibilità della TLRH dopo brachiterapia preoperatoria non è mai stata riportata.
Nella nostra struttura, l’isterectomia radicale con linfadenectomia pelvica e lomboaortica per via laparoscopica, viene effettuata dal 2000, nei casi di
cancro della cervice uterina dallo stadio Ia1 allo stadio Ib1 secondo la FIGO.
Tutti gli interventi sono effettuati in anestesia generale, le pazienti sono
sottoposte a una preparazione intestinale 24 ore prima dell’intervento, e viene somministrata una profilassi antibiotica (cefoxitin 2 g endovena) un’ora
prima dell’intervento. La cavità vaginale viene disinfettata con soluzione iodina, il catetere vescicale viene posizionato sul tavolo operatorio, una se-
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ISTERECTOMIA RADICALE CON
LINFADENECTOMIA PELVICA E LOMBOAORTICA
PER VIA TOTALMENTE LAPAROSCOPICA NEL
CARCINOMA DELLA PORTIO
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quenziale compressione degli arti inferiori, mediante appositi strumenti, viene praticata durante l’intervento come profilassi antitrombotica. Dopo l’induzione dell’anestesia generale, un sondino nasogastrico viene inserito per
decomprimere lo stomaco, e rimosso alla fine dell’intervento. La paziente viene posta in posizione dorsolitotomica con l’ausilio dei gambali pneumatici
di Allen. Un manipolatore uterino a punta smussa (mod Clermond Ferrand
STORZ®) viene inserito senza dilatazione del collo dell’utero.
Vie di accesso e tempi chirurgici della linfadenectomia
pelvica
Un’ottica da 10 mm viene inserita attraverso un’incisione verticale due dita
sopra l’ombelico dopo l’induzione dello pneumoperitoneo con ago di Veress;
tre vie ancillari sovrapubiche sono utilizzate: una da 5 mm sulla linea mediana circa 3 cm al di sotto dell’ombelico, una da 10 mm in fossa iliaca sul
lato sinistro e una da 5 mm in fossa iliaca sul lato destro, entrambe lateralmente rispetto ai vasi epigastrici inferiori. Prima delle procedure operatorie,
un’accurata ispezione delle strutture pelviche e dei recessi addominali superiori viene effettuata, segue un lavaggio peritoneale (50 cc) per esame citologico. La linfadenectomia pelvica transperitoneale viene effettuata con la
paziente in posizione di Trendelemburg compresa tra 30˚ e 45˚ e una pressione endoaddominale di CO2 di 15 mm Hg, per facilitare l’esposizione della pelvi e del retroperitoneo; tutta la matassa intestinale viene posizionata nel
medio-alto addome sempre al di sopra del promontorio sacrovertebrale. A
tal fine, se necessario, si effettua adesiolisi viscerale per meglio mobilizzare
l’intestino. Solitamente viene effettuata una linfadenectomia pelvica bilaterale “en-bloc”.
La linfadenectomia inizia con lo sviluppo degli spazi paravescicali e pararettali, e con la demarcazione dei limiti mediali, laterali, craniali e caudali
della stessa. Solo in un secondo momento seguirà la rimozione in blocco del
tessuto linfatico. Il legamento rotondo viene coagulato con pinza bipolare
(max 45W) prossimalmente alla parete pelvica e reciso; segue l’apertura del
foglietto anteriore e posteriore del legamento largo con l’identificazione dell’uretere e l’incisione del peritoneo pelvico lungo l’asse dei vasi iliaci. La dissezione dello spazio paravescicale viene effettuata per via smussa con forbici e dissettori che fungono anche da pinza bipolare (BiClamp ERBE®), iniziando dal tessuto aureolare lateralmente rispetto all’arteria ombelicale obliterata (limite mediale) che viene tenuta in trazione e spinta medialmente dalla pinza assistente. Il nervo otturatorio viene visualizzato. I vasi iliaci esterni vengono separati dal muscolo psoas (limite laterale) preservando il nervo genitofemorale, caudalmente fino all’osso pubico e alla visualizzazione
dell’anastomosi tra vena iliaca esterna e vena otturatoria profonda (limite caudale) e cranialmente fino alla biforcazione iliaca (limite craniale). Segue lo scollamento in profondità con visualizzazione del muscolo otturatore interno. I
linfonodi iliaci esterni sono dissecati dalla superficie laterale degli omonimi
vasi in senso caudo-craniale, liberando in questo modo la cosiddetta area interiliaca o di “Leveuf et Godard” da tutti i linfonodi che contiene. La pinza
assistente lateralizza i vasi iliaci consentendo l’accesso alla fossa otturatoria
che si presenta lateralmente; il nervo e i vasi otturatori sono scheletrizzati interamente prima di procedere alla dissezione in blocco dei linfonodi iliaci
esterni e otturatori superficiali e profondi (livello 1 di Querley). La successiva apertura della fossa pararettale, nello spazio compreso tra arteria iliaca
interna lateralmente, arteria uterina inferiormente e uretere medialmente, rende possibile la dissezione dei linfonodi iliaci comuni e, preservando il ples28
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ISTERECTOMIA RADICALE CON
LINFADENECTOMIA PELVICA E LOMBOAORTICA
PER VIA TOTALMENTE LAPAROSCOPICA NEL
CARCINOMA DELLA PORTIO
so ipogastrico superiore, dei linfonodi dell’area presacrale (livello 2 di Querley). I linfonodi rimossi in blocco ed estratti con endobag, si inviano per esame istologico estemporaneo, che, se negativo, darà il via all’isterectomia radicale, al contrario, la linfadenectomia verrà estesa ai livelli 3-4 di Querley.
Tempi chirurgici dell’isterectomia radicale
Preparazione dell’arteria uterina alla sua origine dalla ombelicale obliterata, quindi coagulo e sezione della stessa. Preparazione del tunnel ureterale
e per via smussa dissezione dell’uretere dal tetto del tunnel; coagulo e sezione con forbici a lama fredda del tetto del tunnel ureterale. Coagulo e sezione del legamento cardinale (parametrio laterale) in prossimità della parete pelvica fino a creare un unico spazio “paravescicorettale”. A questo punto l’uretere viene liberato dalla parte esterna del legamento vescicouterino
(parametrio anteriore) mediante la sezione del legamento stesso in prossimità della vescica. Segue la mobilitazione dell’utero in antiversoflessione e
preparazione dello spazio rettovaginale con scollamento del retto dalla parete vaginale posteriore, coagulo e sezione dei legamenti uterosacrali (parametrio posteriore).
Il tempo finale consiste nella sezione del terzo superiore della vagina a circa 3-5 cm dalla cervice, con incisione circolare con elettrodo monopolare in
taglio puro sulla guida di porcellana del manipolatore uterino. L’utero è rimosso dalla via vaginale e la vagina viene suturata per via endoscopica.
Come si è detto in precedenza, la laparoscopia rende possibile una sezione dei parametri e dei paracolpi in perfetto accordo con i criteri di radicalità
oncologica doverosi in questi casi, consentendo anche una buona modulazione della radicalità stessa, con risultati chirurgici assolutamente soddisfacenti. La PIVER III a volte è seguita da disfunzioni delle basse vie urinarie e
del retto, come alterazione della sensibilità rettale e vescicale, incontinenza
da stress e da urgenza, ipotonia o ipertono vescicale e reflusso vescicoureterale. Tutte queste disfunzioni sono correlate con il grado di radicalità chirurgica e possono essere ricondotte a denervazioni iatrogene delle vie simpatiche e parasimpatiche durante la dissezione dei parametri.
La conservazione dell’innervazione della vescica e del retto richiede una
conoscenza dell’anatomia nervosa della pelvi e un tipo di approccio chirurgico che solo negli ultimi anni si sta diffondendo tra i vari operatori. Vari autori, infatti, stanno dimostrando che in una chirurgia “nerve-sparing”, le vene
uterine profonde possono essere utilizzate come limite di separazione tra la
porzione anteriore vascolare e quella posteriore neuronale del legamento cardinale. La preservazione della porzione caudale neuronale del legamento cardinale, che contiene fibre dell’innervazione parasimpatica della vescica, potrebbe infatti ridurre la morbilità vescicale. Forse, in un futuro prossimo, anche i classici termini anatomici di legamento uterosacrale e cardinale, da sempre intesi unicamente come strutture di sostegno, potrebbero essere rivisti.
Sintetizzando quindi, si può affermare che nella chirurgia profonda della pelvi (oncologia ma anche endometriosi) la radicalità chirurgica dovrebbe andare di pari passo con il rispetto dei plessi nervosi e dell’innervazione orto
e parasimpatica, condizione questa purtroppo, non sempre facilmente attuabile. Sicuramente però, la chirurgia laparoscopica, più di ogni altra, si presta all’attuazione delle due condizioni menzionate, grazie ai vantaggi della
magnificenza della visione insita nella tecnica e alla possibilità di dissezione
dei tessuti senza sangue.
In conclusione, nuove prospettive si aprono alla chirurgia laparoscopica,
mentre sembra sempre più consolidato il ruolo centrale che la stessa può oc29
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cupare nella chirurgia oncologica. In ogni caso, sono necessari follow-up più
lunghi e studi prospettici randomizzati per una migliore valutazione degli
outcomes oncologici e neurologici a breve e lungo termine.
Letture consigliate
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ISTERECTOMIA RADICALE CON
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PER VIA TOTALMENTE LAPAROSCOPICA NEL
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Attualità nell'inquadramento
diagnostico e terapeutico
dei sanguinamenti uterini
anomali (AUB)
F. Zullo
Le prospettive future mediche e chirurgiche
I sanguinamenti uterini anomali (AUB) rappresentano un disturbo correlato a diverse patologie organiche e funzionali con un importante impatto economico e sociale per la Sanità Pubblica. Uno studio americano ha mostrato
che circa il 20% delle visite ginecologiche ambulatoriali e il 25% degli interventi chirurgici ginecologici sono dovute ad AUB.1
Le linee-guida internazionali riportano l’assenza di raccomandazioni di
tipo I A, cioè supportate da più studi scientifici randomizzati controllati, nelle strategie di management degli AUB.2
La necessità di ricercare nuove strategie nel trattamento degli AUB nasce,
oltre che dalla continua spinta dell’innovazione scientifica, anche, e forse soprattutto, dai grossi limiti dei presidi medici e chirurgici attualmente disponibili.
Non è ben definito quale trattamento medico sia più efficace nel management degli AUB. Infatti, sebbene siano diverse le opzioni terapeutiche disponibili, solo pochi studi, peraltro non randomizzati, hanno confrontato i
diversi presidi medici, mentre gran parte degli studi pubblicati ha confrontato i singoli trattamenti con il placebo considerando come sintomo esclusivamente la menorragia. Scarsa sembra l’efficacia della terapia medica nel trattamento degli AUB da causa organica, inoltre, notevoli limiti sono rappresentati dalla necessità di somministrazione cronica e quindi bassa compliance
e da importanti effetti collaterali dei farmaci realmente efficaci (es. GnRHanaloghi, danazolo ecc.).
Ad oggi, la terapia medica ricopre un importante ruolo nel trattamento degli AUB da causa funzionale. In particolare la spirale medicata al levonorgestrel (LNG-IUD) è stata soprattutto impiegata negli AUB da disfunzione
ovulatoria con eccellenti risultati. Sembra, infatti, che in circa il 90% delle pazienti trattate sia dimostrabile una riduzione del sanguinamento dopo tre mesi
di trattamento con una più elevata compliance rispetto agli altri trattamenti
legata agli scarsi effetti collaterali.3
Dati recenti mostrano come la LNG-IUD è più efficace del norethisterone
ciclico4 e dell’acido mefenamico,5 ma meno efficace dell’ablazione endometriale per via resettoscopica anche se nel trattamento a lungo termine migliora
la qualità di vita e la menometrorragia in maniera simile alla chirurgia conservativa.6 Nella scelta tra LNG-IUD e ablazione endometriale come trattamento di prima linea negli AUB potrebbe e dovrebbe essere utile la valutazione dell’età cronologica e dell’età ovarica (FSH in 3ª giornata). Considerando, dunque, l’età cronologica e ovarica è possibile modulare l’intervento
da metodiche non invasive a mininvasive o radicali.
Un importante ruolo viene oggi svolto dalla chirurgia, anche se si deve,
in ogni modo, sempre tener conto del rischio di un eccessivo trattamento, de-
La scelta della terapia dell’AUB
andrebbe fatta seguendo le migliori
evidenze disponibili nella letteratura
internazionale, e cioè seguendo
i dettami della Evidence-Based
Medicine
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NELL'INQUADRAMENTO
DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO DEI
SANGUINAMENTI UTERINI ANOMALI (AUB)
ATTUALITÀ
gli elevati costi diretti ed indiretti, del desiderio riproduttivo anche in età avanzata e della necessità di tecniche sempre meno invasive. Tra le tecniche chirurgiche impiegabili ricordiamo una serie di tecniche, alcune altamente demolitive (isterectomia totale, isterectomia sopracervicale ecc.), altre più conservative (ablazione endometriale, resezione endometriale isteroscopica ecc.)
e, infine, tecniche minimamente invasive che rimangono ancora relegate al
campo sperimentale (embolizzazione arteria uterina, criomiolisi ecc.). Tra le
opzioni chirurgiche, di grande interesse appare l’ablazione endometriale eseguibile con diverse tecniche. Tale procedura può considerarsi una valida alternativa all’isterectomia; entrambe, infatti sono efficaci e sicure anche se l’isterectomia, nonostante il maggiore tempo operatorio, il più lungo tempo di
degenza e il più alto tasso di complicanze, risolve in maniera permanente il
sintomo.7
L’isterectomia subtotale è meno efficace rispetto a quella radicale nella riduzione degli AUB a un anno dal trattamento, tuttavia, le complicanze postoperatorie, la durata dell’intervento e la perdita di sangue risultano inferiori.8 Diversi dati hanno dimostrato che l’isterectomia subtotale potrebbe preservare anche la funzione sessuale, aumentando il numero di orgasmi e la
soddisfazione sessuale rispetto all’isterectomia totale.9
Un recente studio ha comparato la resezione endometriale isteroscopica e
l’isterectomia sopracervicale laparoscopica nel trattamento della metrorragia
e ha concluso che l’isterectomia sopracervicale, sebbene sia più invasiva, è
una procedura più efficace e curativa della resezione endometriale isteroscopica,10 in particolare la differenza di efficacia si palesa al follow-up a lungo termine (2 anni).10
Negli ultimi anni si è rivolta l’attenzione verso nuove tecniche conservative o minimamente invasive, come l’embolizzazione dell’arteria uterina, l’occlusione laparoscopica dell’arteria uterina, l’ablazione termica ecograficamente guidata di mioma uterino e l’ablazione termica a radiofrequenze per
via laparoscopica di mioma uterino.
Tra queste ultime, quella più studiata è stata l’embolizzazione dell’arteria
uterina; questa tecnica consiste nell’identificazione dell’arteria uterina mediante catetere radio-opaco introdotto a livello dell’arteria renale e, successivamente, nell’embolizzazione selettiva della stessa. Recenti studi hanno dimostrato che l’embolizzazione, quando è effettuata da un operatore esperto,
dà sollievo dai sintomi compressivi a breve termine e riduzione dei giorni di
flusso mestruale con miglioramento complessivo della qualità di vita.11,12,13,14
Il tasso di complicanze associato alla procedura chirurgica è basso, tuttavia,
in rari casi, si è giunti a praticare l’isterectomia e alla morte della paziente.
Molti dubbi sussistono ancora sulla fattibilità dell’embolizzazione in donne
in premenopausa che desiderano preservare la propria fertilità e sugli outcome riproduttivi,15 mentre sembra poco indicata in donne in postmenopausa.
Infine le linee guida sottolineano come sia importante il lavoro di equipe tra
la figura del ginecologo e quella del radiologo.16,17
Un recente studio ha valutato l’efficacia della criomiolisi nel trattamento
di miomi uterini e ha dimostrato come questa sia efficace nel ridurre il volume delle formazioni miomatose e nel migliorare la sintomatologia ad esse
correlata.17,18
L’ablazione termica a radiofrequenze per via laparoscopica riduce progressivamente, fino al sesto mese dall’intervento, il volume del mioma e migliora contemporaneamente il quadro sintomatologico e la qualità di vita.19
Quale di queste nuove tecniche è quella più efficace, non può essere ancora definito per la mancanza di studi comparativi, per l’assenza di un unanime consenso sull’end-point primario da valutare e, infine, per i numerosi
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NELL'INQUADRAMENTO
DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO DEI
SANGUINAMENTI UTERINI ANOMALI
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ATTUALITÀ
form
(AUB)
problemi aperti, quali la sicurezza e la fattibilità in donne desiderose di prole ecc.
Concludendo, nel management delle pazienti con AUB è importante tener presente che:
• l’isteroscopia rimane il momento diagnostico fondamentale;
• la miomectomia isteroscopica, entro il limite dei 2-3 noduli intracavitari,
è una moderna e consolidata metodica di trattamento dell’AUB;
• è importante considerare l’età ovarica nel discriminare tra LNG-IUD e ablazione endometriale quale opzione di I livello per il trattamento dell’AUB
(eventuali finestre di terapia medica);
• in assenza di patologia organica endocavitaria, l’ablazione endometriale
andrebbe considerata come opzione terapeutica a elevata chance di successo a lungo termine;
• l’unico trattamento definitivo resta l’isterectomia nelle sue varianti miniinvasive, ad esempio sopracervicale laparoscopica;
• l’assenza di dati sull’efficacia a lungo-termine delle altre moderne metodiche di trattamento, anche in termini di costo/efficacia, dell’AUB;
• l’embolizzazione dell’arteria uterina, il più studiato trattamento alternativo, non è una procedura economica e priva di rischi, i dati a lungo-termine sono scarsi soprattutto in caso di pazienti con desiderio riproduttivo;
• le altre procedure di trattamento dell’AUB sono ancora in una fase di studio di fattibilità.
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NELL'INQUADRAMENTO
DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO DEI
SANGUINAMENTI UTERINI ANOMALI (AUB)
ATTUALITÀ
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Test di valutazione
1. L’incidenza del carcinoma endometriale in pazienti con AUB è:
a) intorno all’1% in premenopausa
b) intorno all’10% in postmenopausa
c) inferiore all’incidenza di patologia benigna in ogni fascia d’età
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
2. Il D&C eseguito a cielo coperto, non preceduto da visualizzazione:
a) se eseguito in maniera energica e completa, ha una efficacia simile alla biopsia sotto visione diretta
b) arriva comunque a campionare, nella maggioranza dei casi, più del
50% della superficie endocavitaria
c) può non riconoscere il 50-60% delle iperplasie complesse atipiche
e l’11% dei carcinomi endometriali
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
3. L’ecografia endovaginale nel “triage” diagnostico dell’AUB:
a) dovrebbe essere il test diagnostico di primo livello
b) deve essere by-passato, in donne in postmenopausa, inviando la
paziente direttamente ad accertamento bioptico, dato che l’incidenza di carcinoma endometriale è riportata intorno al 10%
c) deve essere integrata da accertamento bioptico in ogni caso
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
4. L’isteroscopia diagnostica è meglio tollerata dalla paziente quando:
a) eseguita con ottiche miniaturizzate
b) eseguita con speculum di dimensioni ridotte
c) eseguita con anidride carbonica riscaldata
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
5. L’ecografia endovaginale per la diagnostica dei polipi endometriali in
premenopausa:
a) è accurata quanto in postmenopausa
b) è meno accurata che in postmenopausa, avendo una percentuale
di falsi positivi del 40%, rispetto al 26% della postmenopausa
c) è più accurata che in postmenopausa, avendo percentuali simili di
falsi positivi, ma percentuali di falsi negativi significativamente inferiori
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TEST
DI VALUTAZIONE
d) deve essere necessariamente integrata con la sonoisterografia
e) deve essere necessariamente integrata con l’isteroscopia diagnostica
6. Il DUB (disfunctional uterine bleeding) ovulatorio:
a) si ha in pazienti con utero strutturalmente normale
b) ha ciclicità irregolare
c) è associato a disfunzioni ormonali
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
7. La menorragia è:
a) una perdita ematica superiore ai 40 ml
b) un DUB
c) associata a disfunzioni ormonali
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
8. L’acido tranexamico:
a) viene considerato tra le terapie di primo livello della menorragia
b) va utilizzato a dosi di 4 gr/die (8 flaconcini/die)
c) non è associato ad aumento significativo di trombosi venosa
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
9. Il progesterone somministrato dal 12°-14° al 25°-28° giorno del ciclo:
a) dati i bassi costi e l’alta tollerabilità, deve essere considerato tra le
terapie di primo livello della menorragia
b) ha una efficacia significativamente superiore al placebo
c) ha una efficacia significativamente inferiore rispetto ad acido tranexamico e FANS
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
10. Lo IUD rilasciante levonorgestrel (LNG-IUD):
a) porta ad una riduzione del sanguinamento nel 90% delle pazienti
dopo tre mesi di utilizzo
b) ha una efficacia significativamente superiore rispetto al progesterone ciclico per 21 giorni e all’acido mefenamico
c) ha una efficacia significativamente inferiore rispetto all’ablazione
endometriale
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
11. La pillola estroprogestinica:
a) è controindicata nel DUB
b) può essere utilizzata nel trattamento della menorragia, anche se le
evidenze scientifiche sulla sua efficacia sono limitate
c) può essere utilizzata nel trattamento della menorragia come terapia di secondo livello, quando altre terapie (FANS, acido tranexamico) abbiano fallito, poiché è associata a percentuali di risposta
maggiori
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
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DI VALUTAZIONE
form
12. La sonoisterografia:
a) è una metodica ecografia di visualizzazione della cavità uterina con
infusione transcervicale di soluzione salina
b) è una metodica ormai standardizzata per valutare la pervietà tubarica mediante infusione transcervicale di soluzione salina
c) è una metodica di affidabilità simile o superiore all’isterosalpingografia
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
13. Il color-power Doppler:
a) permette di eseguire una diagnosi differenziale tra mioma sottomucoso e intramurale
b) è una metodica di secondo livello, dopo l’ecografia endovaginale,
utile in alcuni casi di diagnosi differenziale in caso di patologia endometriale
c) permette la diagnosi precoce del carcinoma endometriale
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
14. L’embolizzazione delle arterie uterine:
a) porta ad una risoluzione della sintomatologia nel 90% dei casi trattati
b) è associata a tassi di complicanze relativamente bassi
c) è sconsigliata in donne desiderose di prole
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
15. L’intervento di isterectomia radicale vaginale, nella variante di Stoeckel:
a) può essere associato a linfadenectomia laparoscopica
b) può essere associato alla laparoscopia per eseguire alcuni tempi dell’isterectomia
c) equivale ad una radicalità di tipo 2 secondo Piver e Rutledge
d) nessuna delle precedenti
e) tutte le precedenti
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