100 coccodrilli mortali
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100 coccodrilli mortali
COME OSSERVARE DA VICINO L’ORSO POLARE NEL SUO HABITAT 05 NATURE & ANIMALS 05 & IL MONDO SEGRETO DEI LUPI GRIGI COME SOPRAVVIVERE E RIMANERE UNITI IN GRUPPO SUPER 100 SENSI OLTRE VISTA, UDITO E OLFATTO DA RECORD INCREDIBILI FOTO E ILLUSTRAZIONI 23 SPECI SORPRENDENTI COCCODRILLI MORTALI ED ANCORA PLUS L’ORSO MALESE IL PIPISTRELLO VAMPIRO IL GRANDE GUFO UN PESCE CHE SEMBRA UNA SCATOLA QUAL E’ IL PIU’ FEROCE? 50005 LEONE CONTRO TIGRE Qual è il più veloce, forte e furtivo? IL PROTETTORE DEI GIARDINI 15 storie sul maggiore nemico dei parassiti PICCOLO E’ BELLO Faccia a faccia con i più piccoli IL RINOCERONTE Sulla terra da 30 milioni di anni 9 771277 433006 “Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut: 355/ATSUD/NA Direttore responsabile Sara Namias Redazione Italia Francesco Carlini, Michela Capra, Pamela Cowdery, Gabriella Bossi, Giulia Marani www.natureanimals.it Produzione Rosanna Checchi Impaginazione Karen Copetti Editore e Redazione Rodolfo Namias Editore Viale Piceno 14, 10129 Milano Pubblicità Concessionaria esclusiva Rodolfo Namias Editore viale Piceno 14, 20129 Milano % 02-70002222 ABBONAMENTI % 02-7000.2222 Email: [email protected] 6 fascicoli l’ anno COME EFFETTUARE I PAGAMENTI • Carta di credito • CCP N. 2382.3206 • Bonifico: Rodolfo Namias Editore Srl Iban: IT12F0326801603052288326110 Copyright © 2015 Rodolfo Namias Editore Registrazione del Tribunale di Milano N.280 del 09/9/14. 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Nell’articolo di fondo di questo numero cerchiamo di conoscere meglio il lupo, un animale che ha un’intelligenza superiore, come dimostra la sua perfetta organizzazione sociale; proprio il branco è fondamentale per la sua sopravvivenza. Il lupo lo sa e ne rispetta le regole: i membri si prendono cura l’uno dell’altro ed evitano le lotte intestine. Completamente diversa è la vita del rinoceronte; se il lupo fa del branco la sua forza, il rinoceronte conduce una vita in gran parte solitaria. In natura non teme molti predatori, la sua mole, la sua forza, i suoi terribili corni lo mettono al sicuro. Ma non dall’uomo. Un tempo il suo areale spaziava su tutta l’Africa sub-sahariana, ma i coloni europei hanno iniziato a cacciarlo compiendo dei veri e propri massacri: degli 850.000 esemplari di rinoceronte nero che esistevano nella prima metà del secolo scorso, nel 1995 ne erano sopravvissuti solo 2.410. Oggi uno dei maggiori pericoli è costituito dai bracconieri che alimentano il mercato nero dei corni, ricercatissimi dalla medicina tradizionale cinese secondo la quale il corno avrebbe proprietà curative persino contro il cancro o l’impotenza; in realtà nessuna di queste credenze è supportata da prove scientifiche, si tratta solo di superstizioni, ma la mattanza continua. Si pensi che il prezzo dei corni è superiore addirittura a quello della cocaina! Facile capire quindi perché questo mercato abbia prima portato all’estinzione le specie asiatiche del rinoceronte, ed oggi aggredisca il rinoceronte africano. L’unico modo per proteggere questa specie sarebbe quello di colpire duramente i “consumatori” ma è evidente che manca la volontà di farlo. Eppure vi sono persone impegnate a salvaguardare questa specie; abbiamo incontrato un coraggioso ranger che ogni giorno mette a repentaglio la propria vita per salvare il rinoceronte africano dallo spietato bracconaggio. “Un riservista deve essere pronto a intervenire a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ogni giorno organizzo le squadre di ranger armati che pattugliano il territorio e assegno loro le aree da perlustrare; spesso dobbiamo difendere gli animali con le armi e affrontare conflitti a fuoco. I bracconieri ci sparano addosso, capita soprattutto quando sventiamo i loro tentativi di catturare un animale, ma fa parte del mio lavoro.” Per sollevarci un po’ lo spirito parliamo allora di animali simpatici che non devono temere per la loro sopravvivenza. E vivono vicino a noi. Parliamo quindi dei porcospini; lo sapevate che si chiamano così per il leggero grugnito che emettono quando sono in cerca di una compagna? Sono animali che riservano molte sorprese; ad esempio corrono all’impressionante velocità di due metri al secondo; è come se un uomo corresse alla velocità di 64 chilometri orari! Inoltre contrastano efficacemente i parassiti, tanto che li hanno trasportati in Australia e Nuova Zelanda. E poi le anatre, la cui famiglia comprende oltre 120 membri, dalle anatre marine che di rado raggiungono la terraferma fino a bizzarre creature con becchi bitorzoluti, escrescenze carnose che i maschi gonfiano nella stagione degli amori per segnalare la disponibilità all’accoppiamento. Molto interessante è anche l’articolo dedicato all’intelligenza degli uccelli, soprattutto dei corvi; sono animali che dimostrano comportamenti che una volta si pensavano propri solo delle scimmie, come la capacità di costruirsi degli strumenti per risolvere problemi di sopravvivenza. Impariamo quindi ad osservare la vita che ci circonda; non occorre andare in terre lontane per scoprire realtà capaci di affascinarci e sorprendenti. Basta attenzione e curiosità. Sara Namias sommario 56 Piccoli insetti 04 Il sorprendente mondo degli animali 62 Orsi polari 10 Dossier : Lupi grigi 64 Sfida di cervelli 18 Il ciclo di vita della coccinella 70 Il furetto dai piedi neri 20 La vita nei fondali tropicali 72 I coccodrilli piu’ letali 24 Leone contro tigre 78 Lo sapevate che... 26 Bizzarro!Il roditore 84 Guida alla fotografia naturalistica dalle zampe lunghe che si mette a urlare 28 Super sensi 36 I pipistrelli vampiri 40 Dossier : Il rinoceronte nero 88 Le foto dei lettori 72 64 56 90 Zoo nel mondo Howletts Wild Animal Park 92 Parchi e dintorni 52 I porcospini 54 Le anatre Credit delle foto di copertina Getty, Alamy, Rex Features, Thinkstock Livello di rischio estinzione in base alla classificazione IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) SPECIE ESTINTA SPECIE ESTINTA IN NATURA SPECIE GRAVEMENTE A RISCHIO SPECIE IN PERICOLO SPECIE VULNERABILE SPECIE A RISCHIO SPECIE A BASSO RISCHIO 20 & 10 o sapevate che ... 90 L LUPO GRIGIO TUTTI I LUPI SONO PRONTI A SACRIFICARSI PER IL BRANCO 40 94 Le vostre immagini 36 52 28 92 Parchi e dintorni 3 4 Il sorprendente mondo degli animali Le formiche, come apparse dal nulla, si sono precipitate sul miele cibandosene fino a ripulire completamente la foglia. Quasi fosse stato un appuntamento, le formiche sono arrivate da tutte le parti, hanno mangiato e se ne sono tornate a casa. © Rex Features Più di cento formiche circondano una goccia di miele su una foglia. Siamo a Pulau Pinang, in Malesia 5 © Rex Features Il sorprendente mondo degli animali Mamma ippopotamo riemerge dall’acqua con una nuova acconciatura Mamma ippopotamo ha un nuovo look grazie alla parrucca di alghe, che sfoggia una volta tornata in superficie. La vegetazione cresce infatti rigogliosa in questi stagni del Parco nazionale Kruger, in Sudafrica, dove agli ippopotami piace farsi il bagno. 6 L’ara scarlatta aiuta l’ara gialloblu dandole un’energica grattata di schiena I pappagalli infatti prestano molta cura alle loro penne: questi due amici si aiutano l’un l’altro. © Rex Features Il sorprendente mondo degli animali 7 Il sorprendente mondo degli animali 8 Il sorprendente mondo degli animali © Rex Features Questo cucciolo si scatena in un balletto nella foresta finlandese Sua madre lo guarda con disapprovazione mentre gli altri cuccioli non sembrano interessati a seguirne le mosse; sono troppo impegnati a mangiare mentre il fratellino si fa quattro salti. 9 Il mondo segreto del lupo grigio 10 IL MONDO SEGRETO DEL Il lupo è un animale sociale con un’intelligenza superiore come dimostrano la perfetta organizzazione sociale, l’empatia e la sintonia che regnano all’interno del branco. Tutti i lupi sono pronti a sacrificarsi, perché sanno che solo uniti possono sopravvivere: è la forza del branco. Testi di Rick Jones Il rapporto tra uomo e lupo risale alla notte dei tempi. E non sempre è stato dei migliori. Non esiste animale nella storia del mondo che abbia goduto, o patito, un rapporto di amore e odio con l’uomo tanto intenso e travagliato. Nel corso dei millenni i nostri antenati hanno scoperto affinità insospettate con questa specie e col tempo ne è nata una certa empatia. Le più antiche pitture rupestri rinvenute in America mostrano due misteriose formazioni di cacciatori, molto simili tra loro, impegnate in una battuta di caccia. Una delle formazioni è composta da lupi stilizzati, l’altra da uomini. Nel sud della Francia, nella grotta di Chauvet, uno dei siti archeologici più noti del mondo, sono preservati spettacolari esempi di arte rupestre risalenti al Paleolitico e disegnati da uomini preistorici 32.000 anni fa. Tra le centinaia di strabilianti riproduzioni di animali di ogni specie è stata scoperta, impressa nella roccia, la prima traccia di un rapporto destinato a diventare duraturo: una serie di orme lasciate da un bambino di 8-10 anni che intersecano le impronte lasciate da quello che pare un compagno inseparabile, un canide adulto. Col tempo, i lupi che hanno instaurato uno stretto rapporto con l’uomo si sono trasformati nelle diverse sottospecie che vanno sotto il comune denominatore di “cani”. Ma il rapporto uomo-lupo non è stato sempre idilliaco. I lupi che hanno respinto ogni forma di domesticazione hanno subito una ben diversa sorte. Da millenni subiscono una persecuzione spietata da parte dell’uomo, che in alcune aree ha sterminato queste creature fino all’ultimo esemplare. Ma a cosa si deve questo stridente rapporto di odio e amore? Probabilmente alla stessa peculiarità che ha reso queste creature uniche: la fedeltà assoluta che li lega gli uni agli altri, fino all’estremo sacrificio. LUPO GRIGIO Canis lupus Classe Mammiferi Areale Praterie, foreste e tundra circumpolare Alimentazione Alci, cervi, ungulati, lepri, piccoli mammiferi, etc Vita media 7-8 anni Peso da adulto 25-50 kg Livello rischio estinzione SPECIE A BASSO RISCHIO 11 Il mondo segreto del lupo grigio L’importanza del branco Tsa Palmer dirige l’UK Wolf Conservation Trust. Si occupa di lupi da oltre 40 anni e ci spiega perché vivere in branco è essenziale per questi animali. Insieme ad altri 4 responsabili, 4 dipendenti e oltre 70 volontari, Tsa Palmer gestisce l’UK Wolf Conservation Trust, un ente britannico che da anni si batte per la salvaguardia dei lupi. La sede del WCT è a Reading, nel Berkshire, in Gran Bretagna (www.ukwct.org), dove uno speciale centro ospita alcuni esemplari cresciuti in cattività. Sotto lo stretto controllo dei responsabili, i visitatori del centro possono interagire direttamente con i lupi ospiti, che al WTC considerano “ambasciatori” della specie. L’ente finanzia progetti internazionali di tutela per garantire la salvaguardia e sopravvivenza dei lupi in tutto il mondo. Tsa ridimensiona subito l’immagine che molti ancora hanno del branco: “Ogni lupo sa esattamente qual è lo scopo principale del branco: vigilare e agire per garantire la sopravivenza degli esemplari più forti, la coppia riproduttiva; nel contempo i lupi si prendono cura l’uno dell’altro con profonda empatia.” In natura un branco può avere dimensioni variabili. Alcuni sono formati da appena 5 esemplari e i diversi ruoli al suo interno non sono sempre chiaramente definiti. Tutti i branchi sono composti da una famiglia nucleare, formata da una coppia con i cuccioli degli ultimi 1-3 anni. I branchi più grandi comprendono esemplari di molte cucciolate precedenti. ”In un branco di leoni vi è un unico esemplare maschio, il più forte, che si accoppia e riproduce con più femmine. I lupi viceversa hanno sviluppato una strategia più sofisticata. La coppia riproduttiva è formata dagli esemplari migliori e più forti di entrambi i sessi, quelli più adatti a riprodursi; gli altri membri del branco si aggregano e collaborano per fornire loro la massima assistenza. E sono molto uniti, rinsaldano costantemente i legami sociali dedicando molto tempo alla vita in comune, soprattutto quando stanziano per qualche tempo in un territorio. E sono profondamente empatici.” “Sono creature estremamente schive e circospette. Spesso i subordinati fanno da sentinella e precedono il branco nei suoi spostamenti per controllare che non vi siano pericoli.” La ricognizione ha uno scopo preventivo, serve a proteggere la preziosa coppia riproduttiva da potenziali situazioni di pericolo, per garantire così non solo la sopravvivenza dei geni del branco, trasmessi dagli esemplari più forti e intelligenti, ma anche la loro dispersione: eventuali individui che si allontaneranno dal branco per formare un proprio nucleo familiare saranno essi stessi forti e capaci di sopravvivere. “Spesso la femmina in gestazione non partecipa alle battute di caccia per non mettere a repentaglio la propria sicurezza e quella dei cuccioli che porta in grembo, il rischio sarebbe eccessivo” spiega Tsa. “Quale membro del branco di rango più elevato riceverà in ogni caso la sua parte di cibo, dato che ha bisogno di nutrirsi per dar vita alla futura generazione.” L’istinto innato di lottare per il predominio pare particolarmente sviluppato nelle femmine. Ecco perché le lupe cresciute in cattività a Reading vengono tenute costantemente sotto controllo quando raggiungono la maturità e il pieno sviluppo. In natura, le femmine che raggiungono uno o due anni d’età lasciano il branco e vanno “in dispersione”, per libera scelta o perché allontanate. Le lupe ospitate a Reading invece vengono trasferite in altri centri più attrezzati e adatti alle loro esigenze, gestiti da organizzazioni per la tutela della specie. È per la loro sicurezza. Se non fossero trasferite, le rivalità interne potrebbero portare a scontri anche letali, perché l’istinto naturale spinge le femmine a dominare i maschi, per potersi accoppiare e assumere il controllo all’interno del branco. Tutti i branchi sono composti da una famiglia nucleare, formata da una coppia con i cuccioli degli ultimi 1-3 anni. I branchi più grandi comprendono esemplari di molte cucciolate.” 12 Lupo grigio Le 6 regole d’oro del branco Per restare forte e unito il branco deve rispettare alcune regole inviolabili 1. Lasciarsi guidare dai genitori In ogni branco la coppia dominante è quella che sa cosa occorre fare, guida il gruppo e decide per tutti. I cuccioli seguono sempre papà e mamma fiduciosi. La prima regola del branco è “obbedire ai genitori”. Il diritto di accoppiarsi e riprodursi è riservato esclusivamente agli individui più forti e intelligenti, il maschio e la femmina alfa, che spesso non hanno legami di parentela. Il grosso del branco è formato dai cuccioli che nascono di anno in anno: diventano membri subordinati e restano sotto il controllo dei genitori fino a che non sono pronti ad andarsene per conto proprio. Qualsiasi lupo in teoria può diventare un alfa dominante, ma per poterlo diventare in genere deve abbandonare i genitori e trovare altri lupi con cui creare un nuovo branco. 2. Rispettare la gerarchia “ a tavola” Per rimarcare il proprio status di dominante la coppia riproduttiva mangia sempre per prima e può scegliere le parti migliori della preda. I lupi divorano la carcassa quasi interamente, mangiano ogni parte della preda tranne il cranio. Anche se l’animale catturato è di grandi dimensioni e ad abbatterlo è stato l’intero branco, le parti migliori (quelle ricche di grasso come il cervello, il cuore, la groppa e le spalle) spettano alla coppia alfa, che è la prima a mettere i denti sull’ambito pasto. Il resto del branco aspetta impaziente il proprio turno tenendosi a distanza ed emettendo piccoli gemiti. Al lupo omega, quello di rango più basso, a volte restano solo la pelle e le ossa. 4. Guidare “da dietro” Nel 1995 il Parco Nazionale di Yellowstone (USA) ha dato il via a un piano di reintroduzione del lupo. Il predatore mancava dal parco da 69 anni. Alcuni ricercatori, capitanati da Rolf. O. Peterson, hanno avuto perciò l’occasione di osservare in diretta come si forma un branco in natura. Hanno scoperto che la coppia riproduttiva incita il branco spronandolo all’azione e negli spostamenti indica la direzione, senza però mettersi alla guida della fila (lo fa dalle retrovie). Quando vanno in ricognizione, o a caccia, a fare da apripista sono le femmine di rango inferiore imparentate con la femmina alfa. Il potere decisionale è temporaneamente affidato ad altre femmine adulte, anche se la coppia alfa conserva il predominio e può sempre far prevalere la propria decisione, anche se dal fondo della fila. 3. Rimarcare il ruolo di capobranco Le esibizioni di forza e supremazia servono agli individui alfa per rimarcare e consolidare la propria posizione gerarchica. Di tanto in tanto gli alfa mettono a terra i subordinati, li “montano”, li inseguono e fingono di aggredirli. Può sembrare brutale, ma non lo è, fa parte delle dinamiche del branco e nessuno se la prende. Nel 2009 il professor David Mech, un’autorità nel campo dello studio dei lupi, ha sedato un maschio dominante che da tempo martoriava i subordinati più giovani per poterlo esaminare. Mentre l’esemplare alfa era addormentato, i subordinati che aveva perseguitato lo hanno difeso facendogli la guardia e controllando preoccupati quanto accadeva 6. Marcare il territorio Un esemplare dominante senza un numero sufficiente di subordinati è praticamente “uno sfrontato”’. Lo status di dominante innesca nei lupi alfa dei cambiamenti comportamentali. Mentre perlustrano il territorio gli alfa, soprattutto i maschi con al seguito branchi numerosi, urinano di frequente, a volte ogni due minuti. La posizione assunta dai cani quando fanno pipì richiama quella che nei lupi è detta “minzione a zampa alzata”. L’urina serve a marcare il territorio, ovvero i suoi confini, e a segnalare agli altri lupi la presenza di un branco al suo interno. Il dominante urina con la zampa alzata perché marcando oggetti verticali lascia segnali olfattivi più durevoli: sul terreno verrebbero più facilmente cancellati. Le tracce olfattive ad altezza di muso, inoltre, sono più facilmente riconoscibili. 5. Creare nuove alleanze Quale che sia la sua collocazione geografica, il 5%-20% di una popolazione di lupi è costituito da individui entrati in “dispersione”, ovvero da lupi che hanno abbandonato il branco in cui sono nati per crearne uno nuovo. In genere i lupi lasciano il branco all’età di 1 o 2 anni, quando raggiungono la maturità sessuale, ma può accadere che anche individui adulti decidano di andarsene per conto proprio. Prima di unirsi a un altro branco, o trovare un partner con cui crearne uno nuovo, certi lupi percorrono oltre 800 km. La dispersione su grandi distanze riduce i rischi di accoppiamento tra consanguinei (endogamia) e spiega come riescano i lupi a colonizzare velocemente vaste aree, disponibilità di cibo permettendo. 13 Il mondo segreto del lupo grigio Come comunicano Per scambiarsi messaggi i lupi usano segnali olfattivi, visuali e uditivi. Espressioni del muso, posture e linguaggio del corpo scandiscono la vita sociale del branco e ne rimarcano le regole, trasmettendole ai nuovi membri. Per i lupi la comunicazione vocale è fondamentale. La usano per scambiarsi informazioni in modo istantaneo. Ululati, latrati, guaiti e ringhi hanno tutti un proprio significato. Quando un lupo ringhia o abbaia, lo fa per rimettere in riga un altro lupo e intimargli di non oltrepassare il segno, di abbassare la cresta se ha mancato di rispetto al maschio dominante o di andarsene se si è avventurato nel territorio di un altro branco. Gemiti e guaiti sono un segno di sottomissione. L’ululato ha varie funzioni. In genere quando i lupi ululano all’unisono lo fanno da una posizione centrale del proprio territorio, raramente dai confini. L’ululato consente ai membri del branco separati o dispersi di comunicare a distanza. I lupi riuniti ululano spesso in coro per pura eccitazione, ad esempio quando si ritrovano o prima di partire per la caccia. Attraverso il linguaggio del corpo i lupi comunicano il proprio umore e le proprie intenzioni. Se vogliono giocare, per invitare gli altri a partecipare al gioco, fanno una specie di inchino: sollevano il fondoschiena e protendono in avanti le zampe anteriori come per stiracchiarsi. Se un lupo tira indietro le orecchie significa che si sente minacciato ed è pronto a battersi. Il portamento del dominante Il capobranco sta dritto sulle zampe completamente distese, tiene le orecchie dritte e la testa alta, come per guardare tutti dall’alto in basso. La posizione della coda è il segnale più chiaro con cui un lupo segnala il suo rango all’intero del branco. I lupi dominanti tengono la coda sollevata, almeno a 90 gradi, in posizione orizzontale. La sottomissione attiva, un atteggiamento “da cuccioli” La sottomissione “attiva” prevede manifestazioni di arrendevolezza, in pratica atteggiamenti simili a quelli dei cuccioli per chiedere cibo agli adulti. Il lupo subordinato si avvicina a quello dominante con fare festoso e una postura bassa, gli lecca il muso da sotto tenendo sempre la testa più in basso rispetto a quella del lupo alfa. 14 Lupo grigio Sottomissione passiva: a pancia in su Se mostra i denti, è un avvertimento La sottomissione “passiva” è l’estremo atto di subordinazione. Significa sottomissione totale. Il lupo subordinato si sdraia sul fianco o sulla schiena scoprendo il fianco e il ventre, le sue parti più vulnerabili, e permette al lupo dominante di annusargli i genitali. In genere tutto finisce con una veloce annusatina, ma può accadere chi ha violato le leggi del branco venga aggredito, anche violentemente. Quando un lupo si sente minacciato ed è pronto a difendersi, e quindi ad aggredire, solleva le labbra e mette in mostra il suo poderoso armamentario di denti. Se lo fa per sfidare un altro lupo, come di fronte alla carcassa di una preda o per questioni di gerarchia, nella gran parte dei casi uno dei due contendenti si fa da parte: arretra senza battersi per evitare uno scontro in cui rischierebbe di restare ferito. 15 Branchi rivali L’organizzazione sociale e gerarchica del branco consente di prevenire lotte intestine. Difficilmente gli individui di uno stesso branco si azzuffano. Ma cosa succede quando due branchi entrano in contatto? In genere i lupi preferiscono combattere una guerra psicologica anziché arrivare allo scontro fisico. Per un lupo ferito andare in cerca di una preda, riuscire ad abbatterla e perfino mantenere il proprio rango all’interno del branco diventa un’ardua impresa, e in uno scontro fisico si corre sempre il rischio di restare feriti. Come misura preventiva, i lupi dominanti delimitano chiaramente il territorio con segnali biochimici, marcandolo con schizzi di urina, escrementi, secrezioni prodotte da ghiandole perianali e prepuziali (vicine ai genitali), o poste sotto i piedi; depositano le secrezioni strusciandosi o grattando il suolo. Anche l’ululato può servire per tenere alla larga gli intrusi. Segnala a potenziali rivali la presenza di un branco in un territorio e consente di valutarne le dimensioni. Talvolta però può capitare che tra branchi vi sia una forte rivalità, soprattutto se in una data area abbondano prede e tane adatte per la riproduzione. Nel parco di Yellowstone, Rick McIntyre, un biologo che da anni si dedica allo studio dei lupi, è stato testimone di una faida che si è protratta per ben 18 anni. Di generazione in generazione, i due branchi si sono contesi il controllo dalla Lamar Valley e la guerra si è conclusa con un esito letale. Nell’inverno del 1995, il branco di “Druid Peak”, formato da lupi appena reintrodotti, ha scacciato dalla valle il branco detto di “Mollie”, che vi si era stabilito da tempo (Mollie era il nome della direttrice del Fish and Wildlife Service). Il branco di Mollie era formato dai primi lupi reintrodotti a Yellowstone e i ricercatori erano convinti che i nuovi lupi si sarebbero tenuti alla larga dal branco che aveva ormai messo radici, forte e consolidato, e si sarebbero dispersi in altre direzioni. Tuttavia, subito dopo essersi formato, il branco dei “Druidi” ha iniziato a fare incursioni nella Lamar Valley col preciso intento di isolare, inseguire ed eliminare il maschio dominante del branco di Mollie. Poi ha costretto gli individui sopravvissuti del branco rivale ad andarsene e a battere in ritirata per 40 km, fino alla vicina Pelican Valley, un’area brulla e inaridita molto meno appetibile, dove le uniche prede costantemente presenti erano enormi bisonti al pascolo, una preda non facile. Ne sono seguiti frequenti scontri, anche letali. Nel 2013 la femmina alfa dei Druidi è stata uccisa da alcuni cacciatori e il maschio alfa (755) è rimasto solo. Le altre femmine del branco erano tutte sue figlie o nipoti e “755” ha deciso di lasciare i Druidi per andare a corteggiare una femmina del branco rivale,”759”. Come in una versione canina di Romeo e Giulietta, la coppia, seppur minacciata da entrambi i branchi, si è riprodotta, dando così vita a un terzo branco in quella valle tanto contesa. I lupi difendono tenacemente il proprio territorio, e per difenderlo sono pronti a combattere fino allo stremo. 16 Lo scontro fisico è sempre un rischio, un lupo ferito difficilmente riesce a sopravvivere a lungo. “Rick McIntyre è stato testimone di una feroce faida tra due branchi che si è protratta per 18 anni” Il lupo grigio Prima scelta La coppia dominante inizia a divorare la preda scegliendo le parti migliori, mentre gli altri membri del branco aspettano in disparte, ansiosi di mettere i denti sull’ambito pasto. La preda non va solo abbattuta. Va difesa dalle mire degli animali “spazzini” che ai aggirano nei dintorni in cerca delle prede altrui. Se l’intruso è più forte del branco, i lupi rinunciano al loro bottino. Abbandonano la carcassa e battono in ritirata. © Alamy, Corbis, Getty, Rex Features, Thinkstock, Hendrik Gheerardyn La dura lotta per il cibo Mangiano a turno Quando il capobranco ha finito di mangiare, i lupi di rango inferiore possono avvicinarsi alla preda per prelevare la propria parte. Intanto però il rischio che possa arrivare un animale spazzino aumenta, per cui divorano il pasto il più in fretta possibile. Strategie di caccia La cooperazione è fondamentale per riuscire a catturare prede di grandi dimensioni. Le tattiche possono variare, ma è il lavoro di squadra il punto di forza del branco. I lupi coprono grandi distanze per andare in cerca di prede; un detto canadese recita: “Il lupo caccia coi piedi”. Un lupo da solo però non riuscirebbe a portare a casa granché, e nemmeno un branco ci riuscirebbe se non fosse ben organizzato. Ma i lupi sono predatori molto efficienti. Trottano instancabili per decine di chilometri per seguire una traccia e in genere attaccano solo prede che alla loro vista scappano impaurite, come ad esempio gran parte degli ungulati che vivono in grandi branchi (alci, caribù, cervi e perfino bisonti). Dapprima li seguono furtivamente, avvicinandosi di soppiatto senza farsi scoprire. Poi partono all’attacco e caricano gli ungulati a più riprese per disperderli e individuare gli esemplari più deboli, che vengono quindi presi di mira. A quel punto i lupi sfoggiano tutta la loro capacità tattica. Una parte dei lupi cerca di intercettare e bloccare la preda, per esempio facendola cadere a terra; presi dal panico, gli animali di grandi dimensioni, nella fuga, possono cadere e ferirsi. Gli altri lupi intanto addentano l’animale in punti ben precisi. Un alce, per esempio, viene attaccato da dietro e dai lati, e trattenuto fino a che non rallenta la corsa. A quel punto i lupi gli si avventano sul naso e sulla gola e per lui è la fine. Per i caribù la tattica è diversa: i lupi attaccano frontalmente e abbattono la preda azzannandola al volto e al collo. I cervi sono un osso duro. Per abbatterli i lupi saltano sulla groppa dell’animale da dietro e affondando le zanne fino a che non stramazza a terra. I bisonti vengono azzannati all’altezza delle cosce, isolati dagli altri bisonti e poi morsi, attaccati ripetutamente e inseguiti fino a che non sono esausti. Solo con un’azione perfettamente coordinata i lupi possono riuscire ad abbattere una preda tanto potente e di tali dimensioni. Ma i lupi sono predatori eccezionali. Possono catturare prede di ogni dimensione, da topini di appena 20 grammi a bisonti di oltre 500 kg. Questa loro straordinaria abilità spesso è causa di un difficile rapporto con l’uomo, che teme per la sicurezza del proprio bestiame nelle aree in cui allevamenti e lupi convivono. Tuttavia, i lupi individuano, isolano e attaccano solo gli animali più anziani, deboli o malati e a loro modo contribuiscono a mantenere forte la mandria. Le parti migliori della preda sono riservate alla coppia dominante, quella riproduttiva. Ai lupi di rango più basso a volte resta ben poco. 17 Il ciclo di vita della coccinella COCCINELLA Coccinella septempunctata Class Insecta Areale Europa, Asia settentrionale, Nordamerica e Oceania Alimentazione Afidi, piante Vita media 2 anni Peso da adulto 0.02g Livello di rischio estinzione Le 3.500 specie di coccinella esistenti compongono una delle famiglie più variegate del regno animale. Molti conosceranno la coccinella comune, con le sue ali rosse e i sette puntini. Le coccinelle sono il brutto anatroccolo degli insetti poiché si affacciano al mondo come orrende larve, ma poi si trasformano in creature bellissime. Le larve crescono Mese 1 NON VALUTABILE Lo stadio di pupa Mese 1 L’uscita dal bozzolo Mese 2 Dopo un settimana di trasformazione, la coccinella spezza il bozzolo ed esce. All’inizio le sue ali sono di un giallo pallido, non sfoggiano ancora il caratteristico rosso maculato Le provviste per l’estate Gli esemplari maturi trascorrono i mesi estivi in cerca di cibo: nel corso della vita possono arrivare a mangiare fino a 5.000 afidi © Dreamstime Il letargo Durante l’inverno le coccinelle vanno in letargo, cercando il calore nei buchi degli alberi nei quali trascorrono la stagione 18 Quando la larva appare tanto ingrossata da sembrare sul punto di scoppiare, compie un’ultima muta. Nella settimana successiva la larva si trasformerà in pupa: il corpo dell’insetto assumerà le sembianze dell’esemplare adulto. Dopo circa tre o quattro settimane trascorse a sgranocchiare succose foglie, le larve sono completamente sviluppate. Ma nessuno sospetterebbe mai di trovarsi davanti a delle coccinelle, il loro aspetto fa supporre tutt’altre specie! La schiusa Giorno 7 Le larve appena nate misurano solo tre millimetri di lunghezza. In questo stadio la loro occupazione principale è quella di mangiare e di crescere trasformandosi attraverso la muta. Primo stadio Giorno 1 Le uova vengono deposte sul lato inferiore delle foglie dopo la stagione degli accoppiamenti, in maggio. Quella di nascondere le preziose uova sotto alle foglie è una strategia che permette di proteggere le piccole coccinelle in fase di sviluppo. Tre mesi dopo Dopo l’accoppiamento la femmina può conservare lo sperma maschile fino a tre mesi, prima di usarlo per fecondare le sue uova. La coccinella è adulta Mese 2 La coccinella assume i suoi tipici colori in pochi giorni e inizia la vita da adulta all’inizio dell’autunno. L’accoppiamento avverrà nella tarda primavera. Cucciolo come te www.oltremare.org La vita nei fondali tropicali 20 20 La vita nei fondali tropicali I mari poco profondi sono tra gli ecosistemi più vari della terra ed ospitano numerose specie, dagli invertebrati microscopici a pesci di grandi dimensioni. Testi di Amy Grisdale Il fondo del mare brulica di vita e rappresenta la casa e la fonte di nutrimento per un’infinità di creature marine. La luce solare penetra fino a 100 metri di profondità, e dove c’è luce c’è vita. “Plancton” è un termine generico che indica gli organismi animali e vegetali, spesso di dimensioni microscopiche, che vivono in sospensione nell’acqua; questi organismi si dividono in fitoplancton (vegetali) e zooplancton (animali). Il plancton vegetale costituisce una delle più semplici fonti di nutrimento e si forma in acque esposte ai raggi solari perché ha bisogno di luce per crescere. Le acque poco profonde sono popolate anche da minuscoli animali che rappresentano una preziosa fonte di nutrimento per i suoi abitanti, dai coralli agli squali dotati di apparati filtranti. Dalle microscopiche larve animali che assorbono le sostanze nutritive dissolte nell’acqua ai delfini dal naso a bottiglia che spingono i pesci sulla sabbia e se ne nutrono spiaggiandosi parzialmente, i fondali marini sono uno degli habitat più vari del pianeta. 21 21 La vita nei fondali tropicali Pesce unicorno marginato (Naso annulatus) Capasanta Pesce balestra titano Famosi per la loro aggressività, questi mostruosi pesci sono estremamente territoriali. Possono raggiungere la lunghezza di 75 centimetri e sono spesso accompagnati da pesci più piccoli che sperano di potersi nutrire dei loro avanzi. Prima dell’accoppiamento si producono in una danza. Difendono con forza le loro aree di nidificazione ma, se attaccati, cercano riparo tra i coralli. Squalo nutrice Questi squali trascorrono la maggior parte del tempo sul fondo del mare, a riposarsi oppure a perlustrare i fondali alla ricerca di prede. Hanno denti piccoli e seghettati con cui afferrano qualunque animale si trovi sulla loro strada, mentre con le loro forti mascelle frantumano crostacei, gamberi e calamari. Remora Razza Enormi razze si riposano sul fondale, spesso mimetizzandosi con la sabbia. Piccoli pesci sono attirati dalle sue grandi ali, che possono servire da riparo, e dalla possibilità di rimediare un pasto gratis impadronendosi degli avanzi della razza. Cavalluccio marino Murena Pesce pagliaccio Stomatopode (cicala di mare) Vongola Sotto la sabbia I morbidi fondali marini sono l’habitat ideale per tutti i tipi di animali, dai vermi microscopici alle razze giganti. Alcuni animali, per proteggersi, si nascondono sotto la sabbia, come i vermi, che in superficie sarebbero esposti ai pesci, o i granchi. I sabellidi, una famiglia di anellidi policheti, si nutrono filtrando l’acqua con le loro branchie simili a fiori o piume colorate, ma si ritraggono velocemente nelle loro tane se un predatore si avvicina. Le capesante si tengono al sicuro nascondendosi nella sabbia, ma sono in grado di sfuggire ai pericoli allontanandosi “a nuoto”, aprendo e chiudendo le valve della loro conchiglia. Alcuni animali vivono sotto la sabbia perché questa è essenziale alla 22 Pesce scatola giallo I pesci scatola sono parenti stretti dei pesci palla e non si allontanano mai troppo dal fondo del mare. Questi pesci setacciano la sabbia in cerca di vermi sepolti e di altri invertebrati marini. Quando sono spaventati si nascondono in mezzo ai coralli invece di gonfiarsi come i loro parenti. loro alimentazione, come ad esempio le arenicole che ne ingoiano piccole quantità per estrarre le sostanze nutritive che si trovano tra un granello e l’altro. La sabbia viene quindi espulsa ripulita. Non tutti gli animali che vivono sul fondo del mare forniscono simili servizi utili, anzi, alcuni di essi sono feroci predatori. Gli stomatopodi scavano buche nelle quali rifugiarsi in attesa di ignare vittime di passaggio. Questi predatori possono sferrare un attacco letale in frazioni di secondo, le loro potenti chele si muovono a una velocità di 70 chilometri orari. Anche le murene si trovano a loro agio sui fondali, dove si nascondono in cavità, oppure tra Limulidae (o granchio a ferro di cavallo) le rocce aspettando il momento adatto ad un’imboscata. Esistono più di 200 specie di murenidi; la più grande è la murena gigante, che raggiunge la lunghezza fenomenale di tre metri. Alcuni pesci riescono a non farsi notare vivendo sotto la sabbia, e in alcuni casi si alleano addirittura con altre specie per evitare i pericoli. I gobidi hanno sviluppato una relazione simbiotica con i gamberi pistolero, in cui il pesce e il gambero condividono lo stesso riparo e si avvertono reciprocamente se un predatore si avvicina. Anche la pastinaca mascherata si nasconde sotto la sabbia durante la bassa marea, ma quando il livello dell’acqua risale sgattaiola fuori dalla tana in cerca di granchi, gamberi e vermi. Al di sopra del fondale Molti degli animali che vivono nascosti sul fondale dell’oceano lo fanno per sfuggire a quelli che vivono sopra. I delfini dal naso a bottiglia, per esempio, vanno a caccia di cibo rovistando nella sabbia, anche tenendo delle spugne marine tra i denti per proteggersi il muso, facile a graffiarsi. Uno dei predatori più letali dei fondali è la terrificante lumaca marina assassina, che in passato ha provocato anche vittime umane; possiede un arpione orientabile che contiene un potente veleno, in grado di paralizzare il pesce in un istante. Le barriere coralline si formano soltanto nelle acque poco profonde. Nonostante il loro aspetto, simile a piante, sono colonie di piccoli invertebrati marini imparentati con le meduse. I coralli si nutrono di plancton per filtrazione e assorbono elementi nutritivi dalle alghe che crescono sulla loro superficie. Il corallo rappresenta un’importante fonte di nutrimento, oltre che un riparo. I pesci pappagallo e le tartarughe marine triturano il corallo con i loro robusti becchi e lo espellono sotto forma di sabbia finissima, una volta completata la digestione. I pesci balestra titano sono notoriamente aggressivi nei confronti di qualunque animale osi avvicinarsi troppo e i loro denti, affilati come lame di rasoio, sono in grado di sminuzzare il corallo trasformandolo in una polvere sottile. Altri pesci, come per esempio la damigella fasciata, prelevano il plancton dalla superficie dei coralli o lo assorbono dall’acqua. Alcune specie trascorrono tutta la vita al seguito di altre, in cerca di nutrimento. Le remore si attaccano agli squali grazie a un organo-ventosa e si nutrono di avanzi che fuoriescono dalla bocca dello squalo e, occasionalmente, di parassiti che si trovano sulla sua pelle. I pesci pulitori vanno sempre in cerca di pezzetti di cibo rimasti incastrati tra i denti o tra le squame dei loro vicini. Questi opportunisti alimentari si avventurano anche nella bocca dei predatori più pericolosi pur di rimediare un pasto. Tartaruga verde La più grande tra tutte le tartarughe marine segue una dieta esclusivamente vegetariana e scandaglia i fondali in cerca di piante acquatiche, che strappa grazie al becco seghettato Le “star” dei fondali tropicali o I pesci pagliaccio sono immuni alla puntura difensiva degli anemoni Cone snail Stella marina piumata Questi echinodermi, simili alle stelle marine, si nutrono del plancton che prelevano dalle acque dove vivono. Si spostano grazie a piccoli “piedi” chiamati cirri e si ancorano al fondale quando trovano il luogo ideale. Gobidi I gobidi, o ghiozzi, si comportano come se fossero gli occhi dei gamberi pistoleri. I due animali vanno in cerca di cibo sui fondali stando a stretto contatto. Se un predatore si avvicina, il gobide avverte il gambero del pericolo con la coda. © Corbis, Thinkstock, The Art Agency; Tracey-Anne Sitch Mullidi (Triglie) Questi pesci traggono nutrimento direttamente dai fondali e perlustrano i sedimenti in cerca di molluschi e piccoli animali. La bocca rivolta verso il fondale e i barbigli lunghi e sottili sotto al mento rendono la ricerca ancora più efficace. Questi baffi sondano la sabbia per scovare minuscole prede nascoste. Pesce napoleone Raggiunge spesso una lunghezza superiore all’altezza di un uomo di media statura e può vivere fino a 30 anni. È un pesce estremamente raro, se ne contano circa 20 esemplari ogni 10.000 metri quadri. 23 L’uno contro l’altro Leone contro tigre Mettiamo a confronto i due grandi felini per capire chi è il vero re della giungla Forza 7/10 Ha una potenza considerevole, ma da solo, senza l’aiuto del branco, un leone riuscirebbe ad abbattere al massimo una piccola zebra. Aggressività 9/10 Quando due leoni rivali si affrontano lo scontro può essere letale. La competizione è feroce e i maschi devono costantemente difendere o affermare la propria posizione di predominio. I denti Gli esemplari più grandi possono avere zanne lunghe 12 cm. Il leone fa a pezzi la preda con gli affilati molari detti carnassiali. Dimensioni 7/10 Un leone può arrivare a pesare 250 kg. Vivendo in branco, può permettersi di avere dimensioni più ridotte rispetto agli altri grandi felini. Velocità 8/10 Quando scatta per rincorrere prede veloci può raggiungere gli 80 km/ora, ma non riesce a reggere a lungo una simile velocità. Cervello 6/10 Il cervello di un leone può pesare fino a 240 grammi, il che è pari allo 0,1% del peso totale di un esemplare adulto. Morso 7/10 La potenza del morso è di 46 kg per centimetro quadrato. È un animale sociale I maschi hanno il compito di proteggere il branco e in particolare i cuccioli appena nati. Le leonesse si prendono cura dei leoncini collettivamente. Quelle più anziane spesso accudiscono i nipotini 24 24 Forza 10/10 Una tigre, da sola, può uccidere animali cinque volte più grandi di lei, ad esempio un bisonte indiano di 1.000 kg. Si mimetizza nell’ambiente Le righe “spezzano” la sagoma e consentono alla tigre di mimetizzarsi nella vegetazione della giungla e di avvicinarsi alle prede di soppiatto, senza che se ne accorgano. Aggressività 7/10 Quando due tigri si incontrano in genere non attaccano briga. Ognuna prosegue tranquillamente per la propria strada. Dimensioni 8/10 Può raggiungere l’incredibile peso di 390 kg, è il felino più grande esistente al mondo. Velocità 6/10 Non ha una grande resistenza e nei brevi scatti raggiunge al massimo la velocità di 65 km/ora. Cervello 7/10 Il cervello di una tigre può arrivare a pesare 265 grammi, il che equivale allo 0,06 % del suo ragguardevole peso complessivo. Morso 9/10 La potenza del morso è di 74 kg per centimetro quadrato. Il ruggito Lo si può udire a 2 km di distanza. Le tigri lo usano per comunicare tra loro più che per intimorire le prede. Si incontreranno mai? Per quanto strettamente imparentati, i due grandi felini non entreranno mai in contatto in natura. Vivono in aree che distano migliaia di chilometri. I leoni vivono in Africa, le tigri in Asia. Areale della tigre Areale del leone 25 25 Bizzarro! Il roditore dalle zampe lunghe che si mette a urlare Provetto corridore, il marà può raggiungere la velocità di 45 chilometri l’ora per sfuggire ad un predatore. Scava cunicoli con i suoi affilati artigli e vive sottoterra in gruppi molto numerosi, talvolta di 60 individui. PATAGONIAN MARA Dolichotis patagonum Classe Mammiferi Areale Argentina Alimentazione Vegetazione e frutta Durata della vita Sopra i 14 anni Peso da adulto 11kg Livello di rischio estinzione SPECIE A RISCHIO I marà urlano, sibilano e grugniscono I marà emettono un suono acuto quando si separano da amici e partner, mentre in coppia producono versi modulati durante la ricerca di cibo per rimanere in contatto fra loro. I maschi grugniscono per confortare le femmine o quando curano il proprio corpo. Capita anche che questi roditori si mettano ad urlare: lo fanno per comunicare quando sono al buio o per segnalare un pericolo. Marcano il compagno con l’urina Per respingere eventuali pretendenti, il marà urina sulla schiena della compagna in modo da lasciare il proprio segnale olfattivo. Da parte sua la femmina può rifiutare il corteggiamento con un getto di urina che in genere colpisce il maschio dritto sul muso. Tutti i marà si servono dell’urina per marcare la propria presenza, ed anche per risolvere le dispute. Le zampe hanno un numero diverso di dita Le zampe anteriori sono più corte di quelle posteriori ed hanno anche un numero maggiore di dita: ogni zampa anteriore ne ha quattro, mentre quelle posteriori ne hanno tre. Gli arti frontali si sono evoluti per scavare efficacemente nel terreno, mentre quelli posteriori forniscono lo slancio per una rapida fuga. I marà sono monogami rigorosi; le coppie infatti rimangono insieme per la vita. I maschi mantengono il legame con la femmina seguendola ovunque e affrontano qualunque rivale le mostri interesse. Le femmine hanno bisogno di mangiare di più per via dei piccoli e, mentre queste si nutrono, i maschi rimangono fermi a fare la guardia. Al marà viene la “pelle d’oca” Quando si sente minacciato, il marà grunisce e sbatte le mascelle. Se queste tattiche non sortiscono effetto, il roditore si fa venire la pelle d’oca. Il fenomeno che causa la pelle d’oca si chiama piloerezione e porta i peli a drizzarsi: in questo modo la pelliccia si gonfia e il marà sembra più grosso. Il predatore si potrebbe spaventarsi e decidere di andarsene. © Dreamstime Sono rigidamente monogami Le emozioni che porti con te www.acquariodicattolica.it SUPER SENSI Nel regno animale i cinque sensi spesso non bastano. Per sopravvivere alcune specie hanno sviluppato capacità sensoriali eccezionali. Scopriamo quali sono queste specie superdotate. Testi di Ella Carter Sutton 28 29 Xxxxxxxxxxxxx L’OLFATTO Certi orsi sono in grado di fiutare il cibo a chilometri di distanza! Con l’evoluzione, gli orsi hanno sviluppato organi olfattivi del tutto speciali (un naso e aree cerebrali specializzate) e con essi un fiuto straordinario che usano per individuare e riconoscere i propri simili, evitare i pericoli e, soprattutto, localizzare le fonti di cibo. Le loro eccezionali doti olfattive sono dovute a una serie di fattori concomitanti e in primo luogo al loro enorme naso, ricco di recettori. Ha dimensioni notevoli, per cui la superficie su cui si estendono i recettori olfattivi è ragguardevole. E maggiore è il numero dei recettori, più sensibile è l’olfatto. Ma non è tutto. Il naso è mobile e l’orso può direzionarlo come vuole. Certi muscoli specializzati consentono all’orso di puntare il naso in varie direzioni, e quindi di seguire tracce olfattive anche molto distanti per localizzare con più “Maggiore è il numero dei recettori, più sensibile è l’olfatto” precisione prelibati bocconcini. Negli orsi anche il bulbo olfattivo è enorme. Il bulbo è l’area del cervello adibita all’elaborazione delle informazioni (gli odori) percepiti dai recettori. Quello di un orso è 5 volte più grande del nostro, nonostante il suo intero cervello sia un terzo del nostro. Ciò significa che la sua capacità di elaborazione è molto potenziata e contribuisce ad accrescere le prestazioni già fenomenali del grande naso. Certi orsi polari, per esempio, hanno fiutato la presenza di una femmina pronta per l’accoppiamento a 160 km di distanza; poi hanno coperto l’intera distanza a nuoto per raggiungerla! ORSO BRUNO Ursus arctos Classe Mammifero Areale Foreste e zone montane delle regioni settentrionali di Nord America, Europa e Asia Alimentazione Pesci, roditori, bacche, radici, germogli Vita Media 25 anni Peso da adulto 318kg Livello di rischio estinzione SPECIE A BASSO RISCHIO I ratti hanno due organi olfattivi: il loro è un super-olfatto I ratti percepiscono gli odori attraverso due diversi organi e usano l’olfatto per scambiarsi informazioni e segnali. 30 30 I roditori hanno un naso molto evoluto e iper-sensibile. Probabilmente è il frutto di un progressivo adattamento alle abitudini alimentari di questi animali che, come è noto, hanno una alimentazione molto varia e quindi la necessità di individuare vari tipi di cibo. Tuttavia, anche se è vero che molti ratti e topi hanno in mente solo il cibo, è vero anche che quando fiutano l’aria non vanno in cerca solo di risorse alimentari. Usano l’olfatto anche per altro. Particolari sostanze chimiche presenti in ogni tipo di secrezione organica fungono da segnali olfattivi che possono allertare i ratti segnalando loro la presenza di predatori. In pratica, i ratti possono letteralmente fiutare il pericolo. Annusando l’aria, e magari “assaggiando” l’odore con la lingua, possono percepire i cambiamenti ormonali che hanno luogo nei loro simili, oltre a miriadi di segnali di natura chimica provenienti dall’ambiente circostante. Hanno due tipi di organi olfattivi. Quando inspirano, l’aria inalata dal naso, passa attraverso le narici e sfiora aree densamente costellate di recettori, che percepiscono l’odore e trasmettono l’informazione al cervello. Nei recettori l’informazione è codificata da particolari geni che, attraverso le proteine, si collegano ognuno a un odore diverso. Ogni recettore, ossia gene, è sensibile solo a una, o a poche sostanze odorose. I ratti possiedono 1.207 diversi geni-recettori, noi ne abbiamo soltanto 350! Questo vuol dire che l’olfatto dei ratti è quasi quattro volte più sensibile del nostro. Oltre che attraverso il naso, i ratti percepiscono gli odori anche attraverso un organo detto vomero nasale (OVN). Lo usano soprattutto per captare la presenza di feromoni. L’OVN è situato all’interno del naso. Quando il piccolo roditore fiuta o assaggia qualcosa, le molecole odorose si dissolvono nel muco e vengono trasmesse all’OVN che invia quindi l’informazione al cervello. In questo modo l’organo consente ai ratti di comunicare con i propri simili attraverso segnali olfattivi. Ogni ratto è in grado di recepire i messaggi “fiutabili” inviati dagli altri, come per esempio eventuali cambiamenti ormonali. Per potersi accoppiare, infatti, un ratto maschio deve prima ricevere (fiutare) il richiamo olfattivo (ormonale) inviato dalla femmina, con cui questa gli comunica di essere pronta. LA VISTA La canocchia pavone ha gli occhi più sofisticati del mondo animale È un crostaceo di piccole dimensioni e vive nelle acque temperate dell’oceano Indiano e del Pacifico. Ma è anche un feroce predatore che può sferrare veri e propri pugni. A renderlo sensazionale è però la sua incredibile vista. I due grandi occhi - su peduncoli infilati sulla testa - possono muoversi indipendentemente e ognuno ha una visione tridimensionale autonoma. Ogni occhio infatti è diviso in tre sezioni, con un proprio punto di messa a fuoco, in pratica ha tre punti focali e può triangolare l’informazione per calcolare la distanza e la profondità dell’oggetto che osserva. Gli occhi contengono milioni di fotorecettori, minuscoli neuroni che trasmettono i segnali luminosi al cervello. I nostri occhi hanno solo 3 tipi di fotorecettori, quelli della canocchia pavone ne hanno 16 (altre specie di canocchie ne hanno 12). Un tempo si pensava che le consentissero di vedere una gamma di colori più ampia rispetto alla nostra, ma ora sappiamo che permettono loro di percepire un maggior numero di lunghezze d’onda dello spettro della luce; in pratica possono vedere la luce ultravioletta. Però non sappiamo ancora a cosa serva loro. CANOCCHIA PAVONE Squilla empusa Classe Malacostraci Areale Oceano Indiano e Pacifico, mari temperati Alimentazione Invertebrati marini, pesci, piccoli crostacei Vita media 15-20 anni Peso da adulto 600g Livello di rischio estinzione NON VALUTABILE Il camaleonte può guardare davanti e dietro simultaneamente Gli occhi del camaleonte sono prodigiosi. Diversamente dai nostri, che sono frontali e guardano entrambi nella stessa direzione, quelli del camaleonte sono indipendenti e possono guardare in direzioni opposte nello stesso momento. Le orbite a forma di cono conferiscono a questa curiosa creatura un aspetto stralunato. Il “cono” è formato da un’unica grande palpebra che si apre, al centro, quel poco che basta per scoprire la pupilla e consentire all’occhio di vedere. Entrambi gli occhi possono muoversi in tutte le direzioni, per questo il camaleonte riesce a vedere a 360 gradi senza muovere la testa. Per mettere a fuoco un oggetto ha un metodo tutto suo. Quando avvista la preda con uno degli occhi, gira la testa verso di lei, punta anche l’altro occhio nella stessa direzione e mette a fuoco il prelibato boccone con entrambi gli occhi. In pratica, sincronizza il movimento degli occhi per ottenere la visione binoculare che gli consente di percepire meglio la distanza e il movimento della preda, in modo da poter sferrare l’attacco a colpo sicuro. Occhi come obiettivi zoom Gli occhi permettono al camaleonte di “zoomare” sulla preda. Una protezione per l’occhio La palpebra squamosa ricopre quasi interamente l’occhio per proteggerlo. Occhi indipendenti Per la sua particolare struttura anatomica ogni occhio del camaleonte può valutare la distanza degli oggetti autonomamente. Sempre sul chi vive Gli occhi indipendenti consentono al camaleonte di vedere a 360° e di individuare i predatori ovunque siano. 31 31 L’UDITO ALLOCCO DI LAPPONIA Strix nubulosa Classe Uccelli Areale Nord America, Eurasia settentrionale Alimentazione Roditori Vita media 12 anni Peso da adulto 800-1500g Livello di rischio estinzione Le orecchie del gufo Le orecchie sono piuttosto grandi e costituite da fessure poste sotto le piume ai bordi del disco facciale. SPECIE A BASSO RISCHIO Una parabola di penne e piume Il disco facciale dell’allocco è molto pronunciato ed è il motivo per cui ha un udito così fine. Ha un udito finissimo. Riesce a individuare una preda a oltre 100 metri di distanza, anche sotto 45 cm di neve! È detto anche grande gufo grigio ed è un abile predatore che conosce pochi rivali. Si nutre di piccoli topi e altri roditori che vivono nelle regioni artiche circumpolari e spesso deve scovarli sotto una spessa coltre di neve o nel buio delle gelide notti artiche. Dalla sua, però, ha un udito finissimo che funziona come un radar. Non perde mai un colpo. Insieme ad una serie di straordinari adattamenti fisiologici, l’udito ultrasensibile gli ha consentito di sviluppare una tecnica di caccia praticamente infallibile. Le orecchie sono costituite da fessure poste ai lati della testa e sono nascoste sotto l’enorme disco di penne e piume, poste ad arte per convogliare le onde sonore. 32 La posizione delle orecchie è lievemente asimmetrica, di conseguenza è come se il suono che percepisce provenisse da angolazioni leggermente sfasate ed a volume diverso. Ciò gli consente di localizzare la fonte del rumore con la massima precisione, anche nell’oscurità. Dapprima crea una specie di mappa acustica dell’area e poi si concentra sull’animale che ha prodotto il rumore. Il disco di penne frontale funziona come una parabola e convoglia le onde sonore verso le orecchie. L’udito finissimo è in grado di captare perfino il più piccolo rumore emesso da una preda nascosta sotto la neve, ad esempio il battito cardiaco o il respiro di un piccolo roditore immobile! Zampe e artigli Le lunghe zampe gli consentono di affondare nella neve e afferrare saldamente con i potenti artigli la preda nascosta sotto il manto nevoso. Appena percepisce anche un lieve rumore si dirige verso il punto da cui proviene, per poi lanciarsi sulla preda. Durante l’avvicinamento, mentre scende in picchiata, non perde mai il contatto con la sorgente sonora: continua a tendere l’orecchio per captare eventuali segnali che indichino uno spostamento della preda e, quando è sicuro che la picchiata andrà a buon fine, si avventa sull’obiettivo a colpo sicuro.Ha un volo estremamente silenzioso, tanto che riesce ad avvicinarsi alla preda senza che questa si accorga del suo arrivo. La silenziosità del volo gli consente anche di concentrarsi sui suoni emessi dalla preda senza che il battito delle grandi ali provochi alcuna interferenza acustica. “Appena percepisce anche un lieve rumore, si dirige verso il punto da cui proviene per poi lanciarsi in picchiata sulla preda” Un volo silenzioso Le penne delle ali sono sfrangiate e oppongono così una minore resistenza all’aria; per questo il volo è molto silenzioso. Gli elefanti sentono anche con i piedi A volte gli elefanti compiono improvvise migrazioni, apparentemente senza alcuna ragione. Ora sappiamo che questi repentini spostamenti sono dovuti al loro incredibile udito che consente di sentire anche il rumore prodotto da un temporale (la pioggia che cade) a centinaia di chilometri di distanza. Riescono a percepire suoni a frequenza molto bassa, inferiore ai 20 Hertz, detti “infrasuoni”. Sono anche in grado di captare le vibrazioni del terreno prodotte da elefanti in fuga da un predatore a chilometri di distanza. Le onde a bassa frequenza si propagano attraverso il terreno e consentono a interi branchi e a singoli esemplari di comunicare anche a grandi distanze. Le frequenze sono così basse che per noi sono impercettibili, sono al di fuori della portata del nostro orecchio. Si narra che grazie a questa particolare sensibilità uditiva gli elefanti dello Sri Lanka e della Tailandia abbiano percepito con largo anticipo il devastante tsunami del 2004. ELEFANTE AFRICANO Sono stati visti Africana fuggire e mettersi Loxodonta Classe Mammifero in salvo prima che gli abitanti delle zone colpite si rendessero Areale Africa Alimentazione Foglie, erba, conto del pericolo frutta incombente. Vita media 60 anni Peso da adulto 5,500kg Livello di rischio estinzione SPECIE VULNERABILE 33 IL TATTO COCCODRILLO Crocodylus niloticus Classe Rettili Areale Africa Alimentazione Pesci, ma attacca gran parte degli animali che gli capitano a tiro Vita media 45 anni Peso da adulto 225kg Livello di rischio estinzione SPECIE A BASSO RISCHIO In milioni di anni di evoluzione i coccodrilli hanno sviluppato un sistema sensoriale e un apparato tattile degni di un predatore infallibile. Il coccodrillo ha un muso sensibilissimo con cui individua le prede Se vi chiedessero di pensare ad un animale “sensibile” difficilmente vi verrebbe in mente un coccodrillo. Con le placche cornee della pelle, le potenti fauci capaci di frantumare le ossa senza alcuno sforzo e i temibili denti affilati, tutto sembrano tranne che animali sensibili. Però anche i coccodrilli hanno bisogno di captare i segnali che provengono dall’ambiente circostante. Per questo, sulla testa e sul muso hanno miriadi di piccole protuberanze simili a piccole cupole. Ne hanno anche sul resto del corpo. Si chiamano “organi sensoriali tegumentari” (ISO), o apparato tegumentario, e la loro funzione è stata a lungo un mistero per gli scienziati. Poi hanno scoperto SOTTO Gli yapok sono l’unica specie di marsupiali in cui sia il maschio sia la femmina hanno il marsupio che al di sotto di ogni protuberanza vi è una fitta rete di terminazioni nervose, ovvero di recettori tattili, che rendono il muso del coccodrillo di gran lunga più sensibile delle nostre dita. Gli ISO sono in grado di captare i minimi cambiamenti di pressione, le lievissime vibrazioni e le minime increspature dell’acqua consentendo quindi al coccodrillo di individuare una preda in movimento anche a una certa distanza, di percepirne la presenza a contatto con le sue fauci spalancate che quindi serra di scatto. Anche gli alligatori hanno il muso costellato di ISO e, sotto questo aspetto, le possiamo considerare “anime sensibili”. Gli yapok vedono con le dita Il piccolo yapok, detto anche opossum acquatico, è un marsupiale molto schivo che vive nei fiumi e nei bacini idrici della foresta amazzonica. Ha abitudini notturne ed esce allo scoperto solo nel cuore della notte per andare in cerca di cibo, ovvero di pesci e crostacei. Fin qui nulla di strano. A renderlo unico nel suo genere è il sistema che usa per muoversi nell’oscurità! Ha lunghe zampe anteriori molto sensibili, con sensori tattili estremamente sviluppati, e le usa per muoversi al buio insieme agli speciali baffi simili alle vibrisse dei gatti. Avanza tastando il terreno, infilando il naso e le dita ovunque, ovvero toccando e annusando tutto ciò che incontra. Le zampe palmate gli consentono di nuotare liberamente nei corsi d’acqua in cui vive; usa le zampe posteriori come propulsori e tiene quelle anteriori distese in avanti per trovare la strada a tentoni e scandagliare la zona alla ricerca di prede. Anche l’udito e l’olfatto dello yapok sono molto sviluppati, e svolgono un ruolo determinante nella ricerca del cibo in condizioni di buio quasi assoluto! “Lo yapok ha lunghe zampe anteriori con sensori tattili estremamente sviluppati” 34 IL GUSTO Quando si dice “sesto senso I maiali hanno un gusto sopraffino Il pesce gatto ha papille gustative su tutto il corpo Il regno animale vanta specie che hanno un incredibile sesto senso, oltre ai cinque che abbiamo anche noi. Vi sono animali che possono vedere colori, o meglio, percepire lunghezze d’onda dello spettro della luce invisibili ai nostri occhi. Ad esempio varie specie di pesci, insetti, uccelli e perfino alcuni mammiferi, tra cui caribù, gatti e cani, possono vedere le lunghezze d’onda UV. Per renne e caribù questa capacità è essenziale per sopravvivere durante le lunghe e periodiche migrazioni attraverso la tundra gelata; consente loro di individuare i licheni, che costituiscono la principale fonte di cibo nei mesi invernali, e di distinguere le tracce di urina lasciate dai predatori sulla candida neve. L’urina assorbe i raggi UV, mentre la neve li riflette, e in questo modo renne e caribù riescono ad evitare spiacevoli incontri con predatori affamati. Vedere all’infrarosso Chemiorecezione: un super-senso Molti animali, per lo più invertebrati, hanno organi microscopici costituiti da terminazioni nervose che svolgono la stessa funzione delle papille gustative e dei recettori olfattivi, anche se attraverso meccanismi differenti. In alcuni casi svolgono anche altre funzioni. Detti Vive sul fondo di laghi, stagni e fiumi a chemiorecettori, sono in grado di individuare corso lento in acque torbide e scarsamente determinate sostanze chimiche liberate illuminate, per cui la vista gli serve a poco. nell’ambiente percependone l’odore o In compenso ha sviluppato un incredibile il sapore. Possono captare anche la senso del gusto, con cui individua possibili presenza di ormoni e feromoni fonti di cibo semplicemente assaggiando prodotti da altri esemplari, oltre l’acqua che lo circonda. Ha all’incirca a miriadi altri stimoli 250.000 papille gustative distribuite lungo sensoriali. tutto il corpo, una quantità esorbitante se si pensa che in media è lungo appena 15 cm! Le papille sono concentrate per lo più sui barbigli, appendici sensoriali simili a baffi che cingono il muso del pesce e sono autentici organi di senso eccezionalmente sensibili. Il pesce li usa per “saggiare” l’ambiente alla ricerca di cibo, ovvero di pesci ancora vivi o carcasse in putrefazione di invertebrati o pesci, a seconda delle preferenze delle singole specie. Attraverso i barbigli localizza la posizione del potenziale cibo. Le papille gustative di cui sono dotati sono così sensibili che certi pesci gatto sono in grado di individuare particolari tipi di proteine disciolte nell’acqua anche quando la loro concentrazione è incredibilmente bassa, nell’ordine di 100 microgrammi per litro. Certi animali percepiscono lunghezze d’onda che per noi invisibili Noi non siamo in grado di vedere le radiazioni dell’infrarosso dello spettro elettromagnetico, ma certi animali riescono a percepirle, e tra questi molti serpenti, pipistrelli e alcuni insetti. I serpenti captano la radiazione infrarossa emessa dalle loro prede a sangue caldo. Localizzano il loro obiettivo facendo una sorta di mappa delle temperature e in questo modo riescono a cacciare sia di giorno che di notte, in qualsiasi condizione di luce! Magnetolocazione Certi animali percepiscono lunghezze d’onda che per noi invisibili È una capacità che ha dell’incredibile e gli animali che la possiedono la usano per orientarsi. Megattere, piccioni e salmoni se ne servono per ritrovare la strada di casa nelle loro epiche migrazioni. Le megattere usano la magnetite presente nel loro cervello come una sorta di bussola per seguire i campi magnetici lungo i fondali oceanici. Ecolocazione L’incredibile sonar biologico di delfini e pipistrelli Delfini, balene e pipistrelli usano questo sensazionale biosonar per orientarsi e cacciare. Emettono particolari suoni ad alta frequenza e ascoltano l’eco (le onde sonore di ritorno) che rimbalza sugli oggetti per stimarne la distanza e le dimensioni. Pare che questo sesto senso consenta anche agli animali di avere una visione tridimensionale dell’ambiente. Elettrolocazione Certi animali sono in grado di percepire lievissimi campi elettrici nell’ambiente Squali e ornitorinchi sono sensibili ai campi elettrici. Gli squali hanno speciali recettori collegati ai pori del muso e ad appositi organi chiamati ampolle di Lorenzini, che consentono al predatore di percepire gli impulsi elettrici prodotti dalle prede in movimento nell’acqua. L’ornitorinco ha pori simili sul becco e usa questo sistema di elettrolocazione per nuotare al buio. © Corbis, Alamy, FLPA, Thinkstock In genere tutti pensano che i maiali siano creature poco raffinate e nemmeno troppo schizzinose in termini di gusti alimentari. Però si è scoperto che sia loro che i cinghiali, i loro cugini selvatici, hanno una lingua estremamente sensibile ai diversi gusti. Essendo onnivori, hanno bisogno di distinguere ciò che è commestibile da ciò che non lo è. I maiali conoscono esattamente il sapore dei loro cibi preferiti e di quelli da evitare perché velenosi o nocivi; è un gran vantaggio quando vanno in cerca di cibo. Sulla nostra lingua abbiamo circa 9.00010.000 papille gustative che ci consentono di percepire e distinguere i sapori. Sulla lingua del maiale ce ne sono circa 19.000! 35 Pipistrelli vampiri Con le sue terrificanti zanne il pipistrello vampiro, assetato di sangue, è diventato una leggenda tra realtà e fantasia. Testi di David Crookes A SINISTRA Un pipistrello succhia il sangue dalla zampa di un uccello, in America Centrale 36 Pipistrelli Vampiri Nient’altro che sangue Unico mammifero parassita, questo pipistrello si ciba esclusivamente del sangue di animali vivi. Un vero ingordo In mezzora il vampiro può arrivare ad assumere una quantità di sangue pari all’80% del suo peso corporeo. Mentre sorseggia il sangue La lingua ha due scanalature laterali che si dilatano e si contraggono mentre il pipistrello si nutre del sangue. Denti affilatissimi Questi animali hanno incisivi taglienti che perforano la pelle della vittima: da questa ferita succhiano il sangue con la lingua. Le abitudini del pipistrello assetato di sangue Unici mammiferi volanti, i pipistrelli si sono guadagnati una poco piacevole reputazione, per non parlare del pipistrello noto come Vampiro vero di Azara, l’unico mammifero che si ciba esclusivamente di sangue. I pipistrelli vivono sospesi a testa in giù nelle caverne, dormendo di giorno ed uscendo di notte, ma è soprattutto quello di cui si cibano che interessa alla gente. Una volta che il vampiro ha individuato la sua vittima - un cavallo, un maiale, una mucca, un uccello o, in rari casi, un essere umano - vuole assicurarsi un’abbondante scorpacciata di sangue. Invece di mordere la preda, berne il sangue e fuggire via, il vampiro indugia per circa 30 minuti durante i quali cercherà succhiare una quantità di sangue pari all’80% del suo peso corporeo. Dopo avere affondato gli artigli nella carne per assicurarsi una maggiore presa, questo mammifero parassita usa il sensore di calore che ha sul naso per trovare il punto in cui il tiepido sangue scorre più abbondante. Solo allora morde la preda con i due incisivi, tanto taglienti che lacerano la pelle in modo relativamente indolore. Il problema per il vampiro è che il sangue tende a coagularsi: per protrarre il pasto la saliva del pipistrello ha sviluppato una glicoproteina anticoagulante chiamata draculina che scende dalle scanalature sulla lingua mentre succhia il sangue. La saliva inoltre rende meno acuto il dolore della vittima, permettendo al pipistrello di estrarre la quantità di sangue di cui necessita giornalmente, paragonabile a circa due cucchiaini da tè. Nel caso non riuscisse a procurarsela per due notti consecutive, il pipistrello vampiro morirebbe di fame. VAMPIRO VERO DI AZARA Desmodus rotundus Classe Mammifero Areale Mexico, Central and South America Alimentazione Sangue Vita media Oltre 12 anni Peso da adulto 57g Livello di rischio estinzione Pipistrelli vampiri Sfatiamo 3 falsi miti sui pipistrelli vampiro I pipistrelli dormono a testa in giù durante il giorno e cacciano di notte. L’unione fa la forza Invece di vivere da soli, i pipistrelli preferiscono riunirsi in colonie che possono contare migliaia di esemplari, anche se di solito sono formate da un numero di individui compreso tra 30 e 150. Durante il giorno dormono a testa in giù, mentre di notte vanno a caccia di sangue, attenti e furtivi, spostandosi sulle quattro zampe per avvicinarsi alla preda. Più affascinante è il comportamento delle femmine, decisamente altruistico; infatti le femmine di pipistrello che sono riuscite a guadagnarsi un buon pasto rigurgitano una parte del sangue se hanno l’impressione che alcuni dei loro compagni ne abbiano bisogno. In questo modo assicurano la sopravvivenza della colonia, con il tacito accordo della restituzione del favore in caso di necessità; uno studio del 2013 ha però dimostrato che non sempre gli individui beneficiati diventano a loro volta donatori, dimostrando così il loro egoismo! Le femmine tendono a scegliere a chi donare il sangue; i loro cuccioli sono i più probabili beneficiari, seguiti dalle femmine adulte con le quali vi sia una relazione di parentela, e poi gli individui con i quali condividono spesso il rifugio notturno. In squadra i pipistrelli vampiro sono estremamente efficaci, ma molto raramente uccidono le loro vittime, anche se una colonia di 100 esemplari sarebbe in teoria in grado di dissanguare un capo di bestiame. I pericoli maggiori derivano dalla loro capacità di trasmettere malattie come la rabbia, per cui i pipistrelli vampiro possono provocare molte vittime. 38 Succhiano il sangue In realtà non “succhiano” il sangue. Dopo aver aperto la ferita nella pelle della vittima, passano la lingua sul sangue che sgorga e lo leccano, piuttosto che succhiarlo come se stessero usando una cannuccia. I “peli” sulla loro lingua - in realtà papille erettili - contribuiscono a rendere più veloce l’assunzione del sangue. Sono ciechi In realtà i pipistrelli vampiro non sono ciechi… come pipistrelli, ma al contrario hanno una buona vista. Anche il loro udito è fine e possiedono un sistema di ecolocalizzazione simile al radar che li aiuta ad orientarsi, oltre che a trovare animali ricchi di sangue. Sono topi volanti Anche se alcuni li chiamano “topi volanti”, tra pipistrelli e topi non c’è nessuna relazione ma soltanto una vaga somiglianza. I pipistrelli appartengono al superordine Archonta, che comprende anche primati, e in modo più specifico all’ordine dei Chirotteri. Xxxxxxxxxxxxx Usiamo il loupe al posto dell’obiettivo Filtri ND e IR per il paesaggio IL PIACERE DELLA SCOPERTA Lo scanner diventa una fotocamera Prepariamoci la macchina per l’infrarosso La tecnica del Light Painting • La magia del millesimo di secondo • Il flash in manuale nella fotografia d’azione • Le condizioni estreme • La fotografia all’infrarosso in digitale • I segreti della stereofotografia • Video professionale con le action camera DOSSIER • Rinoceronte nero 40 40 DOSSIER RINOCERONTE NERO Era la specie di rinoceronte più diffusa e numerosa, ma ora è sull’orlo dell’estinzione. La sua grande mole, i due robusti corni e la pelle particolarmente spessa e coriacea non bastano a proteggerlo dalla caccia spietata dei bracconieri. Testi di Laura Mears 41 DOSSIER • Rinoceronte nero Accoppiamento e riproduzione È un animale solitario, ma il legame tra madre e cucciolo è strettissimo: sono inseparabili Gli esemplari maschi delimitano un proprio territorio, che può essere anche relativamente piccolo. Lo fanno per avere l’esclusiva sul diritto di accoppiarsi con le femmine che lo attraversano. Ne marcano i confini con cumuli di escrementi e schizzi di urina, e lanciano una serie di segnali vocali, e non solo, per dissuadere i potenziali rivali. Difficilmente ingaggiano autentici combattimenti, ma quando succede fanno sul serio e lo scontro fisico può avere conseguenze letali. Le femmine possono riprodursi in qualsiasi periodo dell’anno, ma gran parte dei cuccioli vengono al mondo nella stagione delle piogge. Quando una femmina è pronta per accoppiarsi (in estro-calore) la concentrazione di feromoni nella sua urina aumenta. A quel punto, schizza urina un po’ ovunque per diffondere il suo odore e fare in modo che il messaggio arrivi ai maschi; l’area entro cui si sposta è più grande di quella occupata dai singoli maschi, per cui le tracce lasciate possono essere rilevate da diversi potenziali partner che, attraverso l’olfatto, captano il suo segnale. Il maschio, una volta assicuratosi l’attenzione di una femmina, la corteggia pazientemente per una o due settimane, seguendola dappresso e coricandosi accanto a lei, fianco a fianco, nelle ore del riposo. A volte “scalcia” i cumuli di escrementi depositati dalla partner per disperderli intorno e impedire che gli altri maschi possano intercettarne l’odore. Il rituale di corteggiamento comprende manifestazioni di pura forza: il maschio si piazza davanti alla femmina e, sbuffando dalle narici, scuote la testa da una parte all’altra, a volte trascinando il corno sul terreno. Fino a quando non è pronta ad accoppiarsi, la femmina respinge le sue avance: lo caccia via caricandolo e arriva perfino a minacciarlo con il corno. Quando l’accoppiamento ha inizio, la copula può durare anche un’ora. In natura, la gestazione dura 15-17 mesi. Ogni volta la femmina partorisce un unico cucciolo, che alla nascita pesa 40 kg, ma La famiglia del rinoceronte nero Nei primi 18 mesi di vita il cucciolo non si separa mai dalla madre, mentre il padre è inesistente. Cucciolo Per sopravvivere in un ambiente popolato di potenziali predatori il piccolo rinoceronte deve imparare a reggersi sulle zampe e a correre già a poche ore dalla nascita. Appena nato pesa una quarantina di chili, ma cresce in fretta grazie alla alimentazione ipercalorica a base di latte e cibi solidi. Resta con la madre per 3-4 anni, poi questa lo spinge ad andarsene con piccole cariche simulate e si prepara a mettere al mondo un nuovo cucciolo. 42 Madre single La femmina del rinoceronte nero è estremamente protettiva nei confronti della prole ed è pronta a difenderla, all’occorrenza, usando il suo grande corno. La minaccia principale è costituita da leoni, iene e coccodrilli, ma anche dai rinoceronti maschi, che a volte attaccano i cuccioli dei maschi rivali. Lo scontro può essere letale per la femmina. Ben il 30% circa delle femmine di rinoceronte perde la vita a causa delle ferite riportate in combattimenti con altri rinoceronti. è estremamente vulnerabile. Per difenderlo dai predatori in agguato, la madre lo tiene nascosto tra la vegetazione per una settimana, fino a che il piccolo non riesce a correre con sicurezza. A una settimana dalla nascita il piccolo è in grado di ingerire cibo solido; mamma e cucciolo iniziano a vagabondare per il territorio in cerca di foglie fresche. La madre continua ad allattare il piccolo fino a che non ha due anni e per reperire le risorse di cui ha bisogno per produrre latte a sufficienza deve spostarsi in continuazione in cerca di fonti di nutrimento. Durante gli spostamenti il cucciolo segue la madre mettendosi ordinatamente in fila dietro di lei, sempre all’erta e pronta a intervenire in caso di pericolo usando anche il corno, la sua arma più potente. Per tenersi in contatto tra loro mamma e cucciolo emettono lievi grugniti. Il piccolo resta con la madre fino al quarto anno di vita, quando lei lo allontana per mettere al mondo un nuovo cucciolo. Un padre assente I rinoceronti neri non fanno coppia fissa, maschi e femmine si accoppiano con più partner. I maschi abbandonano le femmine subito dopo l’accoppiamento; non restano con la famiglia e non si curano di difendere i piccoli e la madre. DOSSIER • Rinoceronte nero Sempre vicino alla mamma La sopravvivenza del piccolo dipende dalle cure della madre. Il cucciolo resta sempre vicino alla mamma, non si stacca mai da lei. Le prime settimane di vita In genere i cuccioli di rinoceronte vengono al mondo nelle prime ore del mattino. Dopo una veloce ripulita (la madre lava delicatamente il cucciolo appena nato leccandolo), il piccolo si alza sulle zampe e dopo appena pochi Imparare a usare il corno minuti è già in grado di reggersi in piedi A 1-2 settimane di vita il cucciolo autonomamente. Ma è vulnerabile ed esposto inizia a impratichirsi. Deve alle insidie e alle minacce del territorio, tra imparare a fare tutto quanto cui predatori come leoni e iene. La madre gli servirà da adulto: correre, gli rimane vicino, sempre all’erta e pronta a caricare e incornare usare il corno per allontanare eventuali intrusi indesiderati. Cammina quasi subito Per una settimana mamma rinoceronte tiene Il cucciolo di rinoceronte è nascosto il piccolo nell’erba, nel folto della capace di reggersi sulle zampe prateria, dopodiché lo porta allo scoperto ad appena mezz’ora dalla nascita nella savana. Lo allatta più volte al giorno, le e dopo 3-4 giorni è in grado di poppate sono frequenti, e mentre dormono correre. lo tiene stretto a sé. Non lo perde mai di vista, il contatto fisico è costante. Il legame che si viene a formare tra madre e cucciolo è fortissimo, sono praticamente inseparabili Sorelle maggiori Dopo la nascita di un nuovo cucciolo, a volte la femmina di una cucciolata precedente torna a vivere con la madre. Il più delle volte, tuttavia, le sorelle maggiori fanno amicizia con un esemplare non ancora adulto con cui non sono imparentate e gli restano accanto fino a quando non raggiungono la maturità. I giochi dei giovani Il gioco è essenziale per lo sviluppo dei cuccioli. Anche se il nucleo familiare è numericamente ridotto, i piccoli di rinoceronte incontrano spesso altri cuccioli e giovani non ancora adulti con cui giocare, per esempio nei pressi delle pozze d’acqua dove vanno ad abbeverarsi. E a quel punto baruffe e giochi sfrenati sono all’ordine del giorno. 43 DOSSIER • Rinoceronte nero Una vita solitaria È un animale erbivoro e conduce una vita in gran parte solitaria. In certe zone condivide l’habitat con il rinoceronte bianco, che deve il proprio nome non tanto al colore, quanto alle sue grandi labbra squadrate (“weit” nella lingua afrikaans, ossia “larghe”, ma la parola è stata erroneamente ripresa in inglese come “white”, bianco). Le due specie, bianca e nera, per quanto chiaramente imparentate, sono facilmente distinguibili e non si incrociano mai tra loro (non esistono cuccioli ibridi). Il rinoceronte nero ha il labbro superiore “appuntito” e prensile. Diversamente dal rinoceronte bianco, quello nero non bruca l’erba; si nutre più che altro di foglie e germogli, che strappa dagli arbusti usando il labbro superiore. Non ha incisivi né canini e usa i grandi molari per sminuzzare rametti e foglie. All’occorrenza, anche il corno può diventare un “arnese da cucina”, per strappare la corteccia dagli alberi, rompere rami o spostare tronchi per raggiungere succulenti nuovi germogli. Il rinoceronte nero ha una mole non indifferente, per cui tende a surriscaldarsi rapidamente sotto il cocente sole africano. Per questo è attivo soprattutto nelle ore più fresche del mattino e della sera. In genere trascorre le ore più calde del pomeriggio sguazzando nel fango per tenersi al fresco. Quando il terreno è asciutto si rotola nella polvere per togliersi di dosso i fastidiosi parassiti. I maschi adulti tendono a evitare il contatto con altri esemplari adulti (con l’unica eccezione della stagione degli amori) e per comunicare tra loro usano segnali odorosi. Depositano nelle aree di pascolo cumuli di escrementi con cui avvertono gli altri della loro Bufaghe beccorrosso Nell’Africa subsahariana ci sono due specie di bufaghe, piccoli uccelli che vivono in simbiosi con i mammiferi di grandi dimensioni. Si nutrono dei parassiti che si attaccano alla pelle, oltre che di scaglie di pelle morta e di fluidi organici. Antiparassitari naturali Per certe specie, come gli impala, le bufaghe sono un toccasana. Li liberano dai parassiti e dalle zecche che succhiano il loro sangue. 44 presenza; cumuli freschi segnalano che un adulto è passato di recente ed è ancora presente nell’area. I maschi sono territoriali e mentre defecano agitano la coda per spargere gli escrementi sulla superficie più ampia possibile. Calpestano gli escrementi per imbrattarsi le zampe, che durante il cammino lasciano sul terreno le tracce del loro passaggio. Quando due maschi si incontrano, la situazione può farsi tesa. A volte finisce in uno scontro. Dapprima i due avversari si studiano, manifestando atteggiamenti minacciosi; poi uno dei due carica agitando la testa e quindi batte in ritirata sbuffando con rabbia. Le cariche hanno uno scopo intimidatorio e spesso bastano a dissuadere i maschi più deboli, ma se il duello continua i due si scontrano a suon di testate e cornate. La pelle, per quanto spessa, non sempre è in grado di proteggere il corpo dal corno, che può aprirvi ferite anche gravi e letali. Il rinoceronte nero è erbivoro, ma non teme molti predatori. La sua enorme stazza, la formidabile forza e la spessa pelle sono un deterrente efficace e ne fanno una preda quasi inattaccabile. Inoltre è agile nella corsa, può galoppare come un cavallo sollevando da terra tutte e quattro le zampe e raggiungere la velocità di 55 km/ora. I cuccioli sono estremamente vulnerabili e la femmina li difende con tenacia. È molto protettiva e all’occorrenza usa il corno per tenere alla larga i predatori. A minacciare i piccoli rinoceronti sono soprattutto iene e leoni, ma è una caccia molto rischiosa e a uscirne malconci talvolta sono proprio i predatori. Amico o nemico? Le bufaghe succhiano il sangue che fuoriesce dalle ferite aperte. Così facendo, secondo alcuni ricercatori, contribuirebbero a tenere pulita la ferita. Spesso però, per aprire cisti formate da larve di parassiti, aprono con il becco affilato dei piccoli fori nella pelle del rinoceronte, che reagisce infastidito. Pulizia delle orecchie Le bufaghe si nutrono di pelle morta e cerume. Per questo si soffermano spesso vicino alle orecchie e al naso dei pachidermi, che ripuliscono a dovere. DOSSIER • Rinoceronte nero “L’enorme stazza, la formidabile forza e la pelle coriacea sono un ottimo deterrente nei confronti dei predatori: è una preda quasi inattaccabile”. Abitudini alimentari Il rinoceronte nero si nutre principalmente di foglie, germogli e ramoscelli, che strappa dagli arbusti con il suo labbro superiore prensile. Questa parte equivale al 2% del peso del suo corpo Il 90% della sua alimentazione è composta da 220 diverse specie di arbusti e piante. Un esemplare maschio mangia in media 23 kg di cibo al giorno Occasionalmente integra l’alimentazione con erba. 45 DOSSIER • Rinoceronte nero Anatomia del rinoceronte nero È uno dei più grandi erbivori africani. Si distingue dal cugino africano, il rinoceronte bianco, per il labbro superiore prensile che usa come una piccola proboscide per afferrare i rami delle acacie, i suoi arbusti preferiti, e strapparne foglie e germogli. Costole Scapola Il cranio Il suo cranio è più piccolo di quello del rinoceronte bianco, ma ha una fronte più ampia, con marcate creste ossee laterali. RINOCERONTE NERO Diceros bicornis Classe Erbivoro Areale Africa orientale e meridionale Alimentazione Erbivoro Vita media 35-50 anni Peso da adulto 800-1,400kg Livello di rischio estinzione SPECIE GRAVEMENTE A RISCHIO Il corno Il corno è formato da fibre di cheratina “compattate” e continua a crescere per l’intera vita dell’animale, come le nostre unghie. Secondo corno Molari Osso Il carico grava sulla parte interna Il cuore L’enorme cuore batte 30-40 volte al minuto. Tre unghie Tre dita Ogni zampa ha tre dita che terminano con robuste unghie, simili a piccoli zoccoli. Sono sorrette da un grande cuscinetto adiposo che consente di distribuire l’enorme carico: ad ogni passo gran parte del peso è sostenuto dalla parte interna della zampa. Le ossa delle zampe È tra gli animali terresti più pesanti al mondo ma, considerata la stazza, ha zampe incredibilmente esili. È molto più atletico di un elefante, sa galoppare e perfino saltare. Cuscinetto adiposo STADIO GIOVANILE PRIMO STADIO Nascita mesi 0 La femmina mette al mondo un solo piccolo alla volta che pesa, alla nascita, 30-50 kg. Pappe solide Prima settimana Il cucciolo inizia a mangiare cibo come foglie e germogli quando ha appena una settimana di vita. Svezzamento 1,5-2,5 anni Lo svezzamento termina a 18 mesi, prima che il cucciolo raggiunga il suo pieno sviluppo e dimensioni da adulto, anche se non molto prima. Con la mamma 2.5-3 anni Il cucciolo resta con la madre anche dopo lo svezzamento, spesso fino a quando questa non mette al mondo un nuovo piccolo. MATURITA’ Maturità sessuale della femmina 5-6 anni La femmina raggiunge la maturità sessuale prima del maschio e forma piccoli branchi con altre femmine. Maturità sessuale del maschio 8 anni I maschi sessualmente maturi conducono una vita solitaria e comunicano con gli altri maschi mediante segnali olfattivi. DOSSIER • Rinoceronte nero Xxxxxxxxxxxxx Apparato digerente Pur essendo erbivoro ha un solo stomaco. Speciali batteri nella parte iniziale dell’intestino crasso fanno fermentare il cibo favorendo l’estrazione delle sostanze nutritive Labbro prensile Il labbro superiore è uno dei suoi tratti distintivi, che lo differenziano dagli altri rinoceronti. Ha una forma allungata e “a punta”, ed è prensile. Il rinoceronte lo usa come una proboscide per afferrare i rami e strappare il fogliame. Una pelle spessa Ha una pelle tre volte più spessa di quella che dovrebbe avere un animale della sua mole. È formata da strati di cheratina e contiene calcio, come le ossa, per Nero, ma non del tutto cui è ancora più coriacea. Il rinoceronte nero non è propriamente “nero”; ha la pelle di un colore grigio o bruno. Ama rotolarsi nel fango e nella terra arida e polverosa e spesso assume il colore della terra in cui si rotola. La coda Usa la coda per spargere gli escrementi e marcare così il territorio Il modo di mangiare Il labbro superiore è il suo tratto distintivo. Ha una forma “a punta” ed è estremamente mobile, tanto che il rinoceronte riesce a piegarlo e richiuderlo come fosse una piccola proboscide. Lo usa per afferrare i rametti degli arbusti preferiti e per strappare foglie e germogli. Parenti stretti Sono strettamente imparentati con il rinoceronte nero… Le zampe I rinoceronti sono ungulati imparidigitati (con un numero di dita dispari), come i cavalli e i tapiri. Ogni zampa ha tre sole dita. La colossale mole grava sul grande cuscinetto adiposo posto sotto la zampa che distribuisce il peso. Territorialità 10+ anni I maschi adulti sono territoriali e marcano il territorio cospargendolo coi propri escrementi per lasciare segnali olfattivi e stabilire il predominio sull’area. Riproduzione 10+ anni In genere un rinoceronte nero ha il suo primo cucciolo a 10 anni, anche se sarebbe in grado di farlo molto prima Vecchiaia 30+ anni È un animale longevo, ma invecchiando i maschi perdono la capacità di difendere il proprio territorio dai giovani intraprendenti. Rinoceronte bianco È una delle due più grandi specie di rinoceronte ancora esistenti. Ha labbra squadrate, molto adatte per pascolare e vive nelle vaste savane dell’Africa centrale e meridionale. A dispetto del nome, non è bianco, ma grigio. Rinoceronte indiano È l’altra specie di rinoceronte di grandi dimensioni ancora esistente. Ha un unico corno. Vive nel Bhutan, in India e nel Nepal. Ha una pelle molto spessa. È strettamente imparentato con il rinoceronte di Giava, una specie a grave rischio di estinzione. Rinoceronte di Sumatra È il più piccolo rinoceronte vivente. Ha due corni. Un tempo popolava il sud-est asiatico fino alle pendici dell’Himalaya, ma ormai è rarissimo. Una sparuta popolazione sopravvive sull’Isola di Sumatra, dove però il suo habitat sta progressivamente scomparendo. 47 DOSSIER • Rinoceronte nero Una volta dominava le savane dell’Africa sub-sahariana Un tempo era la specie di rinoceronte più comune tra le cinque ancora esistenti. In natura non teme molti predatori: la sua mole, la pelle spessa e coriacea e i temibili corni sono un ottimo deterrente. Può sopravvivere per giorni senza acqua e questa speciale resistenza gli ha consentito di colonizzare vari tipi di habitat. Un tempo il suo areale spaziava su tutta l’Africa sub-sahariana, dove fino alla prima metà del XX secolo se ne contavano circa 850.000 esemplari. Con l’arrivo dei coloni europei, però, tutto è cambiato. I nuovi arrivati hanno iniziato a cacciarlo per nutrirsene, per sport e perché lo consideravano dannoso per le coltivazioni, provocando così il suo brusco declino. Nel 1960 in natura ne rimanevano solo 100.000 esemplari. Anche alle specie asiatiche è toccato lo stesso destino. Sono state oggetto di una caccia spietata per via del loro corno, usato dalla medicina tradizionale cinese; a seguito di questo sterminio è salita alle stelle la domanda di corni provenienti dall’Africa e per soddisfare la crescente richiesta del mercato asiatico il bracconaggio ha preso di mira i rinoceronti africani. A partire dal 1970, in poco più di 20 anni, i bracconieri hanno decimato il 97% della popolazione di rinoceronti neri sopravvissuti ai coloni europei. Nel 1995 il loro declino ha toccato il livello più critico: erano sopravvissuti solo 2.410 esemplari di rinoceronte nero. Il 9% della popolazione ancora esistente vive oggi in soli quattro stati, Kenya, Namibia, Sudafrica e Zimbabwe, per lo più in aree protette e riserve faunistiche. Speciali misure di tutela hanno consentito una flebile ripresa della popolazione, che oggi conta 5.000 esemplari. Il suo futuro però è tuttora incerto perché il bracconaggio continua a rappresentare una seria minaccia. Una sottospecie del rinoceronte nero, il rinoceronte nero occidentale, è già stata dichiarata estinta. A volte nei periodi di siccità i rinoceronti escono dalle riserve, ossia dalle aree entro cui sono protetti, per andare in cerca di cibo e acqua, ma fuori dalle riserve sono vulnerabili e diventano una facile preda per i bracconieri, anche perché il numero di ranger incaricati di proteggerli è assolutamente insufficiente per garantire un controllo costante. Per salvaguardare la popolazione residua sono stati prelevati alcuni esemplari dalle aree in cui le risorse sono scarse, o il rischio dei bracconieri più elevato, e trasferiti in zone più sicure. In altri casi hanno asportato il corno agli esemplari adulti per renderli meno appetibili agli occhi dei bracconieri. I rinoceronti fanno parte dei “big five” (cinque grandi) animali “La specie ha subito un duro colpo e il suo futuro è tuttora incerto perché il bracconaggio costituisce ancora una seria minaccia” Minacce ambientali La minaccia principale è costituita dai bracconieri, responsabili dello sterminio della specie. Dopo avere ucciso il rinoceronte, ne recidono il corno per venderlo sul mercato asiatico, dove è usato nella medicina tradizionale. Caccia I primi a decimare le popolazioni di rinoceronte nero sono stati i cacciatori, che consideravano l’enorme pachiderma un’ambita sfida sportiva. Conservavano i corni come trofei. Bracconaggio I bracconieri cacciano di notte. Con affilati machete recidono il corno e lo spediscono in paesi come Cina e Vietnam, dove è venduto a caro prezzo, superiore addirittura a quello della cocaina. Medicina ricercata Il Vietnam è il più grande mercato dei corni di rinoceronte. I vietnamiti sono convinti che il corno abbia proprietà curative contro il cancro o l’impotenza. Dopo che nel 2011 il rinoceronte asiatico di Giava è stato dichiarato estinto, la domanda di corni di rinoceronte nero ha subito un’impennata. Perdita di habitat La popolazione residua del rinoceronte nero assiste a una progressiva erosione del proprio habitat. Questo grande animale ha bisogno di vasti territori entro cui muoversi e per sopravvivere si nutre di piante autoctone. 48 selvatici del continente africano e sono un trofeo molto ambito dai cacciatori che si recano in Africa per discutibili safari. In un maldestro tentativo di salvare la specie regolarizzandone la caccia (una scelta controversa e fonte di forti contestazioni), Sudafrica e Namibia hanno deciso di rilasciare permessi speciali che consentono ogni anno a un massimo di 5 cacciatori di cacciare un rinoceronte nero. L’intento è che l’interesse economico spinga ad aprire centri di riproduzione per portare il numero dei rinoceronti a un livello meno critico. I cacciatori a cui è concessa la speciale licenza sottoscrivono un accordo in cui si impegnano a mantenere il corno intatto come trofeo, ma in molti casi è stato venduto sul mercato asiatico. Il rilascio della discutibile licenza di caccia è stato interdetto ai cacciatori vietnamiti in seguito alle frequenti violazioni dell’accordo. Perché rischia l’estinzione Dal 1997 la convenzione CITES vieta il commercio e l’esportazione di rinoceronti neri e di loro parti, ma la domanda dei corni di rinoceronte sul mercato nero asiatico rimane alta. Negli ultimi sessanta anni oltre il 90% dei rinoceronti neri sono stati sterminati dai bracconieri proprio per il loro corno. Il bracconaggio è la minaccia principale per la sopravvivenza della specie. I rinoceronti si spostano lentamente, il che li rende facilmente individuabili, e hanno una vista alquanto scarsa, uno svantaggio di cui i bracconieri approfittano senza scrupoli. Attaccano i rinoceronti con brutalità, abbattendoli a colpi di fucile, machete e perfino con motoseghe. L’unica parte dell’animale che gli interessa, l’unica da cui possono ricavare un profitto, sono i due corni, e dopo avere mutilato l’animale lo abbandonano agonizzante sul terreno, dove spesso muore dopo una lunga agonia. I corni sono fatti di cheratina, la stessa sostanza di cui sono fatti i nostri capelli e le nostre unghie, e hanno una composizione simile a quella degli zoccoli del cavallo, ma per la medicina tradizionale cinese solo il corno del rinoceronte, ridotto in polvere, ha proprietà terapeutiche. Di recente gli hanno attribuito perfino la capacità di curare il cancro. Nessuna di queste credenze è supportata da prove scientifiche, si tratta solo di stupide superstizioni, ma la mattanza continua. La domanda di corni è ancora talmente alta che l’unico modo per proteggere questa specie è di colpire duramente e direttamente i “consumatori” con pesanti sanzioni e applicare con più fermezza norme severe contro la vendita di prodotti contenenti corno di rinoceronte. Vicini di habitat Condivide il proprio habitat con specie grandi e piccole Bufaga beccorosso Vive in simbiosi con svariati mammiferi africani. Si posa sul dorso del pachiderma e lo libera dai parassiti che lo infestano. Inoltre ha una vista migliore di quella del rinoceronte e in presenza di un pericolo lancia un acuto segnale d’allarme. Elefante africano È il più grande animale terrestre al mondo. Spostandosi, apre passaggi tra gli arbusti che sono poi utilizzati dagli altri animali per raggiungere le pozze d’acqua a cui abbeverarsi. Abbatte rami anche di notevoli dimensioni, garantendo così un più facile accesso alle specie più piccole. Iena ridens o maculata Vive in branchi che possono contare anche 80 esemplari e che rappresentano una seria minaccia per i cuccioli di rinoceronte. Caccia in branco ed è un predatore molto abile, capace di catturare e abbattere prede molto più grandi di lei. Leone africano È un grande felino che vive e caccia in branco. È troppo piccolo per tentare la sorte attaccando un rinoceronte adulto, ma un branco di leonesse affamate può affrontare un cucciolo di rinoceronte, dopo averlo isolato. © Alamy, Corbis, Nature PL, Thinkstock, Peter Scott/The Art Agency Trascorre ore immerso nelle pozze d’acqua, dove cerca rifugio dal cocente sole africano e si rinfresca rotolandosi nel fango. Ol Pejeta Conservancy: il santuario dei rinoceronti SOTTO Simon Irungu rischia la vita ogni giorno per difendere i rinoceronti dai bracconieri La squadra di 32 guardie armate che protegge le specie a rischio In prima linea per difendere la specie Incontriamo un coraggioso ranger che ogni giorno mette a repentaglio la propria vita per salvare dallo spietato bracconaggio questa specie sull’orlo dell’estinzione Perché hai scelto di diventare un ranger? Sono cresciuto vicino alla riserva di Ol Pejeta in una zona chiamata Ngobit. Mia madre lavorava per la riserva come assistente e ho vissuto con lei dentro alla riserva fino a che ho iniziato a frequentare le superiori a Meru. È allora, durante la mia infanzia, che mi sono innamorato della natura selvaggia e degli animali di Ol Pejeta. A quell’epoca non c’erano confini ben delimitati tra il territorio delle comunità e quello della riserva. Di conseguenza, il “confronto” tra comunità e specie selvatiche era all’ordine del giorno. Gli animali che si avvicinavano ai villaggi venivano trafitti con le lance o cadevano vittima delle trappole. Ciò a cui ho assistito da bambino ha avuto un gran perso sulla mia scelta di dedicarmi alla protezione della fauna selvatica e mi ha spinto a tornare a Ol Pejeta dopo gli studi. Quando sei diventato un ranger? Dopo il liceo ho ottenuto un primo incarico temporaneo e nel 2006 sono entrato a far parte della squadra di ranger incaricati di pattugliare il territorio per difendere i rinoceronti. Nel 2011 sono stato promosso a responsabile del Rhino Area Sector e nel 2012, dopo un corso di formazione interno e uno presso la polizia, sono diventato riservista della polizia del Kenya. Sono molto orgoglioso di far parte delle guardie armate del parco e di essere stato nominato comandante della squadra. Come difendi ogni giorno i rinoceronti? Un riservista deve essere pronto a intervenire a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ogni giorno organizzo le squadre di ranger armati che di notte pattugliano il territorio e assegno loro le aree da perlustrare, fornendo l’equipaggiamento di cui hanno bisogno, le munizioni, gli occhiali a infrarossi, i sistemi GPS. Insieme usciamo in perlustrazione al tramonto e rientriamo all’accampamento alle prime luci dell’alba. Spesso dobbiamo difendere gli animali con le armi e affrontare conflitti a fuoco. I bracconieri ci sparano addosso, capita soprattutto quando sventiamo i loro tentativi di catturare un animale, ma fa parte del mio lavoro. È il nostro dovere arrestare chiunque si aggiri per la riserva senza autorizzazione e fermare qualsiasi attività che possa mettere a rischio la sicurezza degli animali. Qual è la parte più difficile del lavoro? Siamo solo in 32 e dobbiamo pattugliare un’area di oltre 364 km2. Non è facile tenere tutto sotto controllo e prevenire gli attacchi dei bracconieri. La domanda di corni di rinoceronte e delle zanne d’avorio è in aumento e i bracconieri che provano a entrare nella riserva non sono pochi. Riusciamo a sventare un buon numero di attacchi, ma spesso rischiamo la vita quando interveniamo. Però teniamo duro e nonostante tutto la nostra riserva è tra quelle che hanno subito le minori perdite in termini di animali uccisi dai bracconieri; questo grazie alla determinazione di una squadra unita e motivata, al lavoro svolto dalla direzione del parco e a chi ci sostiene anche da lontano. Get involved. To help save rhinos now, visit www.olpejetaconservancy.org © Thinkstock, Ol Pejeta conservancy Nome: Simon Irungu Ruolo: Riservista della polizia del Kenya e comandante delle guardie della riserva di Ol Pejeta, dedicata alla salvaguardia dei rinoceronti. PHOTOGRAPHIC ART © Bruno Bisang WOMEN & MEN AT WORK SPECIALE ASIA & MIDDLE EAST The photographic market COLLEZIONA IMMAGINI D’AUTORE Con questo fascicolo WILLIAM KLEIN I IGUACNIA AOMMGMAKLITLLE-LIN M W JOAILEULZRIA 15 I porcospini Storie fantastiche Sono degli abili corridori I ricci corrono all’impressionante velocità di due metri al secondo. Questo significa che in un secondo possono coprire una distanza superiore di circa dieci volte la lunghezza del loro corpo: è come se un uomo corresse alla velocità di 64 chilometri orari. I ricci sono predatori tanto abili da essere stati trasportati dall’altra parte del mondo per contrastare i parassiti da giardino in Australia e Nuova Zelanda. Mamma riccio può mettere al mondo una cucciolata molto numerosa, fino a 11 figli. Esistono circa 17 specie di ricci, la più numerosa è quella del riccio europeo. Ogni riccio è ricoperto da circa 8.000 aculei che misurano meno di tre centimetri. 52 52 Gli aculei dei ricci sono cavi Ogni singolo aculeo è flessibile e cavo, come lo stelo di una piuma: gli aculei non sono altro che una variante del pelo; le punte sono acuminate per difendere l’animale in caso di attacco, mentre le terminazioni con cui le spine si attaccano alla pelle sono dei bulbi arrotondati. Gli aculei vengono controllati da un muscolo erettore. Quando ne cade uno, questo viene rimpiazzato da uno nuovo, cosa che si verifica più volte nel corso della vita del riccio. Le madri insegnano ai piccoli a cacciare Quando nascono i ricci hanno gli aculei morbidi e rimangono nel nido materno per tutto il primo mese di vita. Una volta cresciuti iniziano ad andare a caccia con la madre: dopo circa dieci lezioni i cuccioli devono cavarsela da soli. I porcospini si chiamano così per il leggero grugnito che emettono quando sono in cerca di una compagna. I porcospini Si ricoprono di saliva Nessuno sa esattamente perché i ricci cospargano i propri aculei di saliva. Potrebbe essere per dissimulare il proprio odore e sfuggire così ai predatori. Un’altra ipotesi sostiene che, così facendo, si ricoprano dei residui del loro cibo preferito, di cui amano l’odore. Hanno 500 pulci ciascuno Contrariamente alla credenza popolare, il riccio non muore se gli vengono tolte le pulci. È comunque perfettamente a suo agio con i parassiti, che sono specifici dei ricci e non potrebbero sopravvivere su nessun altro animale. Raggomitolarsi a palla fa rialzare gli aculei del riccio, che può anche addormentarsi in questa posizione. La superficie pungente potrebbe quindi fare una brutta sorpresa ad una volpe ficcanaso o a un tasso, che hanno un naso molto sensibile. Il riccio tropicale va in letargo d’estate, invece che in inverno, per evitare la siccità Nell’emisfero settentrionale il riccio è attivo durante l’estate ed entra in letargo nei mesi freddi. I porcospini che vivono vicino all’equatore invece fanno l’opposto; andare in letargo in estate si definisce estivazione e gli animali africani la mettono in atto per sfuggire alla siccità. Diverse specie di riccio vivono in Africa e in Asia, dove hanno sviluppato dei meccanismi di adattamento per controllare la temperatura corporea. Alcuni hanno orecchie grandi per disperdere più velocemente il calore e, appunto, entrano in letargo d’estate. Il riccio è un animale notturno; per questo motivo non ha una vista acuta, ma gli altri sensi sono molto sviluppati. L’olfatto è quello principale: gli permette di fiutare una preda sottoterra, grazie anche al muso allungato e al naso sensibile. Per il riccio il latte è veleno L’alimentazione del riccio è composta da insetti, e se bevesse del latte si disidraterebbe. Ciò avviene perché l’animale non riesce a digerire gli zuccheri presenti nel latte, con conseguente diarrea. Il latte che più lo danneggia è quello scremato, o parzialmente scremato, poiché ha un contenuto maggiore di lattosio ed è privo delle vitamine liposolubili. Inoltre il latte lasciato nelle ciotole nei giardini può attrarre batteri che nuocciono al riccio, mentre il lattosio ne favorisce la proliferazione nello stomaco. © Alamy; Corbis; Thinkstock I ricci sono immuni alle tossine I ricci sono immuni alla maggior parte dei veleni e possono tollerare un livello di tossicità del sangue che potrebbe uccidere 25 uomini. Sono anche 45 volte più resistenti alle tossine rispetto ai mammiferi di dimensioni simili. I ricci sopravvivono a quasi tutti i tipi di morso di serpente, a meno che non vengano morsi sul muso o sulla pancia. I serpenti attaccano in base alle variazioni di calore che percepiscono e dunque non si rendono conto della presenza degli aculei; se il serpente li colpisce con forza può addirittura morire. 53 53 Una qualità genetica Il becco colorato degli esemplari maschi del re degli edredoni comunica alle potenziali compagne la qualità del DNA. Ti presento la famiglia Le anatre La famiglia delle anatre comprende più di 120 membri, dalle anatre marine che di rado raggiungono la terraferma, fino a bizzarre creature con becchi bitorzoluti. IL RE DEGLI EDREDONI Somateria spectabilis Classe Uccelli Areale Emisfero settentrionale Alimentazione Crostacei, molluschi, larve Vita media 14 anni Peso da adulto 1.5kg Livello di rischio estinzione ANATRA MANDARINA Aix galericulata Classe Uccelli Areale Cina, Giappone, Corea e Russia Alimentazione Piante acquatiche, grano, insetti Vita media 10-20 anni Peso da adulto 600g Livello di rischio estinzione Un caldo abbraccio Le piume dell’anatra mandarina sono incredibilmente morbide, tanto che vengono usate per ricoprire il nido in modo da tenere gli anatroccoli al caldo. Il re degli edredoni Un animo socievole Questa grande anatra marina migra dal nord del Pacifico al Circolo polare artico per accoppiarsi e fare la muta. Infatti due volte all’anno i re degli edredoni si liberano del vecchio piumaggio che viene rimpiazzato da uno completamente nuovo; in queste occasioni si riuniscono in grandi gruppi da trecentomila esemplari per proteggersi tra loro in quanto non possono volare fino a che le nuove penne non si sono rifermate. Bastano alcune settimane dopodiché le anatre possono riprendere il volo. Il re degli edredoni si tuffa nell’acqua per scovare ricci di mare e altre creature che abitano nei fondali, ma le femmine tendono a digiunare durante l’incubazione delle uova. Inoltre, rispetto al piumaggio colorato dei compagni, quello delle femmine è di un marrone uniforme. Oca caruncolata Le spericolate della famiglia L’oca caruncolata, od oca becco bitorzoluto, migra in base alla disponibilità di acqua e vive in gruppi di 30 o 40 esemplari. Fa il nido nelle cavità degli alberi o occupa quelli lasciati liberi da altri uccelli; gli accoppiamenti iniziano con l’arrivo della stagione delle piogge. Le femmine depongono fino a 20 uova ciascuna, e le covano per un mese abbondante; spesso condividono il nido, che può quindi arrivare a contenere anche 50 uova. Non appena il guscio si rompe, la madre non perde tempo e spinge i piccoli fuori dal nido, che può essere a 12 metri dal suolo. Quando la madre li chiama, i pulcini saltano a terra e la seguono finché non sono in grado di volare, cosa che avviene intorno alle dieci settimane. © Alamy; Thinkstock; Dreamstime L’anatra mandarina Gli aviatori della famiglia 54 Queste anatre dall’aspetto appariscente provengono dall’estremo oriente, ma si sono diffuse nel resto del mondo tanto che oggi nel solo Regno Unito se ne contano ben settemila. Il loro ambiente ideale è costituito dalle foreste e le si possono avvistare in stagni boschivi e nei ruscelli. Come per molte altre specie di anatre, le femmine non vantano gli spettacolari colori dei maschi, ma hanno il corpo marrone maculato e la testa di un lilla tenue. I maschi eseguono complessi corteggiamenti per impressionare le femmine. Le coppie rimangono unite per diverse stagioni. L’anatra mandarina migra ogni anno e può coprire distanze di 800 chilometri in meno di 24 ore, raggiungendo la velocità di 50 chilometri orari. OCA CARUNCOLATA Sarkidiornis melanotos Classe Uccelli Areale Africa, India e Sud-est asiatico Alimentazione Piante acquatiche vita media 30 anni Peso da adulto 2.5 kg Livello di rischio estinzione Il perché del nome I maschi di oca caruncolata, od oca a becco bitorzoluto, sfoggiano escrescenze carnose sul becco che si gonfiano nella stagione degli amori per segnalare la disponibilità all’accoppiamento MORETTA ARLECCHINO La moretta arlecchino L’anatra romantica Histrionicus histrionicus Classe Uccelli Queste anatre trascorrono l’estate lungo fiumi dalle correnti rapide, mentre in inverno si rifugiano presso mari poco profondi. Per attirare le femmine gli esemplari maschi si esibiscono in una danza di corteggiamento: agitano il capo e la coda mentre emettono un fischio. Dopo avere conquistato una compagna, la coppia trascorre i successivi sei mesi insieme prima di riprodursi, all’inizio dell’estate. Entrambi i genitori sono coinvolti nella costruzione del nido, ma è solo la femmina a covare e intanto perde delle piume lasciando scoperta una parte di pelle; il contatto con la pelle nuda tiene al caldo le uova. Le morette arlecchino sono monogame per una sola stagione, ogni anno quindi vanno in cerca di un nuovo partner per l’accoppiamento. ANATRA SPOSA Aix sponsa Classe Uccelli Areale Oceano Pacifico settentrionale Alimentazione Insetti e piccoli pesci Vita media 14 anni Peso da adulto 600g Stato di conservazione Il becco come arma L’anatra sposa usa il becco per combattere contro le altre anatre: i maschi si colpiscono e si beccano a vicenda per proteggere la compagna. L’anatra sposa La più chiassosa della famiglia Areale America del nord Alimentazione Piante acquatiche, grano, insetti Vita media 3-4 anni Peso da adulto 600g Livello di rischio estinzione Il gobbo della Giamaica Impara in fretta Il gobbo della Giamaica depone uova più grandi rispetto alle altre anatre, soprattutto in proporzione alla sua dimensione. Le uova sono lunghe 60 millimetri e sono così larghe che spesso gli anatroccoli possono emergere da soli senza l’aiuto dei genitori. Le uova richiedono un’incubazione di appena 20 giorni ed è noto che le femmine le depongono in nidi appartenuti in precedenza ad altri uccelli. A pochi giorni dalla nascita gli anatroccoli sanno già nuotare, immergersi e difendersi, e trascorsi 20 giorni dalla schiusa vengono lasciati soli dai genitori. A 50 giorni sono abbastanza forti da volare: inizia così il loro viaggio nell’età adulta. Quando le temperature calano drasticamente, con l’arrivo dell’inverno, queste anatre migrano dai laghi dell’America del Nord alle paludi messicane. Tattiche per sfuggire Queste anatre hanno una particolare colorazione che permette loro di mimetizzarsi, così che i predatori, come aquile e lontre, fanno fatica a individuarle. Le anatre sposa subiscono una grande pressione da parte dei predatori ed è per questo che le madri fanno di tutto pur di proteggere i piccoli. Se viene avvicinata da un visone o da un procione, la madre nuota velocemente nella direzione opposta a quella degli anatroccoli per distogliere l’attenzione del predatore; può addirittura fingere di farsi male per dare ai cuccioli il tempo di scappare. Gli esemplari adulti producono 12 differenti versi per comunicare tra loro a seconda della situazione, ad esempio per segnalare un pericolo o per ritrovare gli anatroccoli smarriti. Inoltre si chiamano a vicenda prima di spiccare il volo ed emettono particolari versi per attrarre i potenziali compagni. I piccini iniziano a vocalizzare due o tre giorni dopo la schiusa delle uova e possono cimentarsi in cinque differenti versi, ma iniziano a comunicare da adulti all’età di tre mesi. months. Modi da spaccone Il maschio batte ritmicamente il becco blu sul petto per impressionare le femmine, che rispondono alzando il loro verso l’alto. 1 3 2 1. La più piccola L’alzavola Con i suoi 20 centimetri di lunghezza è la più piccola della famiglia delle anatre; vive in alcune aree dell’America, dell’Europa e dell’Asia. Pesa appena 320 grammi. 2 - La più grande Raggiunge i 70 centimetri di lunghezza e può pesare fino a due chili e duecento grammi: l’edredone ha bisogno della sua stazza ragguardevole per fronteggiare il difficile habitat marino. 4 3 - La più veloce Lo smergo minore Ha il volo più veloce che sia mai stato registrato per un’anatra, ben 160 chilometri orari. 4 - La più rara La moretta del Madagascar Detiene il primato di uccello più raro al mondo; nel 1991 si temette per la sua sopravvivenza. Nel 2009 venne trovato nel Madagascar un gruppo composto da 20 di queste anatre. Non è un’anatra… il tuffetto comune Sebbene condivida con diverse anatre habitat e zone, il tuffetto comune fa parte di tutt’altra famiglia. Le anatre appartengono alla famiglia degli Anatidi, come le oche e i cigni, mentre le 22 specie di tuffetto esistenti sono classificate come Podicipedidae. Hanno eccellenti doti subacquee e possono nuotare sott’acqua proprio come i pinguini. GOBBO DELLA GIAMAICA Oxyura jamaicensis Classe Uccelli Areale Alimentazione Invertebrati acquatici, piante Vita media 13 anni Peso da adulto 540g Livello di rischio estinzione SPECIE A BASSO RISCHIO 55 La grande bellezza dei PICCOLI INSETTI La macrofotografia ci permette di scoprire la bellezza nascosta dei piccoli animali. Vi sveliamo la meraviglia del mondo degli insetti. 56 La grande bellezza dei piccoli insetti Eristalinus aeneus Questa specie di sirfide si è evoluta al punto da riuscire ad imitare api e vespe per evitare i predatori, persino la puntura delle vespe. Questo sirfide di grandi dimensioni possiede un solo paio d’ali, mentre la maggior parte delle api e delle vespe sono provviste di due paia di ali, che però sono fuse insieme. Questi insetti sono maestri nel rimanere fermi in volo roteando molto velocemente le ali. I sirfidi hanno un ruolo molto importante nell’ecosistema, poiché contribuiscono all’impollinazione di alberi e arbusti. 57 La grande bellezza dei piccoli insetti Cordulegaster boltonii Abile nel volo, questo insetto è in grado di cambiare direzione mentre vola. Le sue ali, ognuna delle quali è controllata in maniera indipendente, sono in grado di muoversi anche fuori sincrono. Questi insetti trascorrono la prima parte della loro vita nell’acqua, sotto i sedimenti, prima di mutare raggiungendo la loro forma adulta. In entrambi gli stadi, sono fieri predatori. Esistono più di 5000 specie diverse di libellula, con una durata della vita compresa tra i sei mesi e i sei anni, a seconda della taglia. 58 Umbonia crassicornis I membracidi della specie Umbonia crassicornis sono le migliori madri del regno animale. Le femmine depongono le uova nella corteccia degli alberi e rimangono come ancorate al ramo per sorvegliare la loro progenie; non si spostano neppure se vedono avvicinarsi un predatore. Cicindela Questo aggressivo predatore può correre alla velocità di nove chilometri orari, che equivarrebbe a 770 chilometri orari per un essere umano! La cicindela preferisce la corsa al volo, e si sposta volando su distanze brevi soltanto se vi è costretta. Le femmine depongono le uova in tane sotterranee. Queste buche funzionano anche come trappole e le larve al loro interno banchettano con qualunque cosa ci cada dentro. 59 La grande bellezza dei piccoli insetti Batrocera dorsalis La mosca orientale della frutta, che prende il nome dal suo cibo prediletto, nel corso della sua vita di circa 90 giorni può deporre fino a 1000 uova sotto la buccia di frutti e ortaggi. Quando le larve escono dalle uova, scivolano all’interno del frutto per nutrirsi della sua polpa, prima di cadere a terra. A questo punto si nascondono nel terreno per impuparsi per un periodo di 10 o 12 giorni, prima di riemergere in forma adulta. Raggiungeranno la maturità sessuale otto giorni dopo. La grande bellezza dei piccoli insetti Pyrgomorphidae Il colore vivace di questa cavalletta ha la funzione di ricordare ai predatori il suo pessimo sapore se questi osassero mangiarla. L’insetto ha tanta fiducia nella sua colorazione che raramente vola via quando i predatori si avvicinano. Questa cavalletta ha cinque occhi ed è priva di orecchie, ma riesce ad udire grazie a un timpano; si tratta di un organo composto da una serie di strati di pelle tesa che rispondono alle vibrazioni generate dalle onde sonore. 61 Una guida per incontrare Gli orsi polari Non c’è bisogno di intraprendere un avventuroso viaggio fino al Circolo polare artico per incontrare questi grandi orsi, basta andare in Canada. Gli orsi polari sono originari del Circolo polare artico ed è molto difficile trovarli in natura. E’ possibile avvistarli in Norvegia, in Groenlandia e in Russia, ma uno dei luoghi migliori è senza dubbio il Canada. Churchill, nella provincia Manitoba, è stata consacrata dagli esperti di avvistamenti come capitale dell’orso polare; nella città vi sono persino cartelli che avvertono residenti e turisti dell’annuale invasione degli orsi. Tra ottobre e novembre gli orsi polari cominciano a raggrupparsi lungo il confine della baia di Hudson in attesa che si formi il ghiaccio. Le femmine di orso rimarranno nella tana senza mangiare anche per quattro mesi, e questa è quindi la loro ultima occasione per immagazzinare riserve di cibo per l’inverno. Sebbene si possa arrivare a Churchill senza una guida esperta, è però raccomandabile prenotare un tour organizzato, dato che gli orsi polari sono realmente pericolosi. Sono molte le agenzie che organizzano escursioni per avere un incontro ravvicinato con l’orso, su veicoli adattati. E’ importante coprirsi bene, a strati. Cappelli, guanti e sciarpe sono essenziali, così come giacconi termici e cappotti. La temperatura media nella baia di Hudson è di -5°C. La macchina fotografica è di rigore per immortalare non solo gli orsi, ma anche altri animali, come le volpi artiche o i gufi delle nevi. Gli orsi polari sono animali assai curiosi e amano avvicinarsi ai veicoli carichi di turisti, dando loro il brivido di una sbirciata da molto, molto vicino. POLAR BEAR Urso Polare Classe Mammiferi Areale Circolo polare artico Alimentazione Pesci e crostacei Vita media sopra i 30 anni Peso da adulto 410-720kg Livello di rischio estinzione SPECIE VULNERABILE “Gli orsi polari cominciano a raggrupparsi lungo il confine della baia di Hudson in attesa che il ghiaccio si formi” Escursioni organizzate Natural Habitat Adventures www.nathab.com Escursioni guidate da esperti naturalisti in veicoli speciali costruiti per l’esplorazione della tundra. Frontiers North Adventures www.frontiersnorth.com Questa organizzazione incontra gli ospiti direttamente in albergo per poi accompagnarli nel paesaggio artico. Churchill Wild www.churchillwild.com E’ un’organizzazione che accompagna i visitatori anche nelle aree più remote, in barca o a piedi. Churchill Nature Tours Dove è possibile incontrarli Organizza tour per avvistare l’orso polare, ma anche le balene nella baia di Hudson. Dalle distese ghiacciate del Polo Nord alla vasta tundra della Norvegia: gli orsi polari vagano nell’intero Circolo polare artico www.churchillnaturetours.com Discover The World www.discover-the-world.co.uk Un viaggio nella tundra, da un week. end a 9 nove giorni. Churchill Canada Incontro con l’orso polare Intervista con l’esploratrice Wendy Redal fa parte della Natural Habitat Adventures che accompagna i turisti ad avvistare gli orsi polari a Churchill: è un’esperta di questi maestosi animali. Quante probabilità vi sono di avvistare un orso polare? Molte, la nostra organizzazione infatti garantisce l’avvistamento. Durante le escursioni è possibile vederne più d’uno, considerando che i periodi più difficili sono l’inizio e la fine della stagione. Ad esempio se la baia congela in anticipo, gli orsi si allontaneranno prima. Quale è la stagione ottimale? Per quanto riguarda Churchill, gli orsi polari iniziano a riunirsi lungo la riva occidentale della baia di Hudson ad ottobre. Aspettano che si formi il ghiaccio in modo da poter iniziare la caccia alle foche. E’ in base a questo spostamento che noi pianifichiamo le escursioni È possibile avventurarsi da soli alla ricerca dell’orso polare? E’ decisamente meglio essere in gruppo, mettersi alla ricerca degli orsi da soli è molto pericoloso. Non per niente la città di Churchill appone una segnaletica che indica la stagione degli orsi polari, avvisando la gente a non avventurarsi oltre i punti sorvegliati. E’ importante anche la scelta dell’organizzazione; a Churchill solo due operatori hanno i permessi per accedere a tutte le zone della Churchill Wildlife Management Area, dove avvengono gli avvistamenti più interessanti. È lecito attendersi un incontro ravvicinato? Gli incontri ravvicinati sono piuttosto comuni, specialmente nel pieno della stagione, quando gli orsi si muovono in gruppo. E’ capitato in diverse occasioni che alcuni esemplari particolarmente curiosi si sollevassero sulle zampe posteriori per appoggiarsi al veicolo degli esploratori e dessero una sbirciatina all’interno. A volte passano addirittura sotto i veicoli, che sono dotati di una grata metallica attraverso la quale è possibile osservare gli animali da questo inusuale punto di vista. Che cosa bisogna indossare? È necessaria un’attrezzatura particolare? Le nostre escursioni avvengono a bordo di veicoli riscaldati Polar Rover, non è dunque necessaria una particolare attrezzatura tecnica. Certamente però i visitatori dovranno vestirsi con abiti ben caldi per poter utilizzare anche la piattaforma panoramica esterna. Noi possiamo fornire pesanti parka e stivali isolanti. Portare con sé un binocolo e una macchina fotografica è sempre un’ottima idea. Di norma quanto durano questi avvistamenti? La durata varia. A volte dopo una decina di minuti l’orso già sparisce dalla visuale, mentre altre si sofferma per ore e ore. Qualche anno fa restammo in compagnia di tre coppie di maschi che giocavano a lottare tra di loro per più di due ore. Fu fantastico! Ogni incontro è diverso. 63 ©Thinkstock, Natural Habitat Adventures Può capitare che un orso particolarmente curioso si sollevi sulle zampe posteriori per appoggiarsi al veicolo degli esploratori. Sfida tra cervelli 64 SFIDA TRA CERVELLI Dai tempi dei dinosauri gli uccelli si sono evoluti con sorprendente intelligenza, mostrando comportamenti che una volta si pensavano propri solo delle scimmie Testo di Amy Grisdale L’intelligenza animale può risultare estremamente difficile da misurare, ma alcuni uccelli danno dimostrazione di una particolare capacità cerebrale, che per altro i birdwatcher ben conoscono: dai pappagalli che riescono a imitare i suoni ai cormorani che sanno contare, gli uccelli hanno sviluppato incredibili soluzioni per affrontare i problemi della vita quotidiana. Visto che l’uomo non può valutare l’intelligenza animale con i propri stessi parametri, ecco alcuni indicatori che possono rivelare il quoziente intellettivo degli animali: la struttura del cervello, l’uso di strumenti, l’abilità matematica; alcuni uccelli posseggono tutte queste facoltà contemporaneamente, ed altre ancora. Quindi il modo di dire “cervello di gallina” non potrà più essere considerato un insulto, dato che in termini di intelligenza non siamo poi tanto superiori come credevamo. 65 Sfida tra cervelli Sei indizi dell’intelligenza del corvo I corvi, e i loro parenti, sono probabilmente gli uccelli più intelligenti del pianeta, come dimostrano comportamenti che finora attribuivamo solo ai grandi primati. Non solo i corvidi si riconoscono allo specchio, ma sono anche capaci di costruirsi gli strumenti necessari a semplificarsi la vita, e lo fanno utilizzando i materiali che hanno a portata. Sembra che i corvi comprendano anche concetti complessi come il volume dell’acqua spostata, visto che sono stati osservati mentre gettavano sassi nell’acqua per farne alzare il livello. Questi uccelli imparano in fretta e risolvono compiti difficili senza nemmeno fermarsi a ragionare. Hanno poi una buona memoria e costruiscono rapporti sociali: nei corvidi sono più ampie le zone del cervello che nei mammiferi evoluti sono tradizionalmente associate all’intelligenza, fatto questo che fa traballare la credenza secondo cui gli uccelli sarebbero degli animali stupidi. I corvi hanno una memoria simile a quella umana I corvi dimostrano di ricordare eventi specifici o situazioni, come il luogo dove hanno nascosto provviste di cibo anche sei mesi prima. Questi uccelli ricordano perfettamente dove lo hanno nascosto e a quale profondità, e prima di iniziare il recupero aspettano che nessuno li osservi. Si costruiscono degli strumenti I corvi sanno costruirsi dei ganci lavorando dei ramoscelli, utilizzandoli poi per estrarre larve di insetti dagli alberi. Nel corso di uno studio è stato dato a dei corvi del fil di ferro dritto per spostare un secchio: l’85% di loro lo ha subito piegato, ed il 60% lo ha fatto al primo tentativo. Il cervello di un corvo è più pesante di quello dell’uomo In rapporto alle dimensioni del corpo, il cervello del corvo è grande quanto quello di uno scimpanzé. Il suo peso equivale al 3% dell’intero corpo, un rapporto maggiore di quello del cervello umano. 66 IL CORVO È INTELLIGENTE QUANTO UN BAMBINO DI 7 ANNI Sfida tra cervelli I corvi hanno imparato a fare scelte pianificate Il cervello del corvo è particolarmente grande, a differenza da quello di molti altri uccelli i cui occhi occupano la maggior parte del cranio. Ai corvi non interessa aspettare se sanno di poter ricevere una ricompensa migliore. Nel corso di alcuni studi è stato offerto loro del pane dopo aver mostrato del cibo più appetitoso; i corvi hanno restituito il pane al ricercatore in cambio di qualcosa di meglio. Ed hanno anche aspettato pazientemente per cinque minuti per ottenere il cibo ritenevano migliore. Si controllano l’un l’altro Imparano osservando Negli anni Novanta, in Giappone, i corvi impararono a spaccare il guscio delle noci facendole cadere davanti alle automobili, per poi recuperarne il mallo quando il traffico si fermava per far passare i pedoni. La stessa tecnica fu osservata dieci anni dopo tra i corvi della California, dall’altra parte del mondo. Dopo una paziente attesa, appollaiati sui lampioni da dove osservavano lo scorrere del traffico, i corvi impararono a scendere in picchiata per recuperare le noci con il semaforo rosso, in modo da non farsi travolgere dalle automobili. Da allora questo comportamento si è diffuso, a dimostrazione che i corvi sanno copiare le strategie utili. I corvi dimostrano comportamenti sociali evoluti, sia che si tratti di interpretare uno sguardo, come di servirsi dell’inganno. Quando nascondono il cibo capiscono se sono osservati o meno, e sanno come impadronirsi del pasto mentre gli altri lo stanno ancora cercando. Inoltre riescono a capire cosa gli altri corvi stiano guardando e persino ad ingannarli intenzionalmente per ottenere ciò che vogliono. Quando sta per nascondere delle provviste, se qualcuno lo tiene d’occhio il corvo modifica il suo comportamento e sotterra il cibo solo se è da solo. Se invece vi sono degli altri corvi che lo osservano, fa finta di sotterrare il cibo, ma in realtà vola via portandoselo con sé, ingannando gli altri che non troveranno niente. CORNACCHIA Corvus corone Classe Uccelli Areale Europa e Asia Alimentazione Insetti, semi, carogne Vita media 4-5 anni Peso da adulto 500g Livello di rischio estinzione SINISTRA Non hanno le mani, ma il corvo e i suoi simili usano il becco con grande abilità 67 Sfida tra cervelli I pappagalli cenerini fanno lavoro di squadra È noto come i pappagalli abbiano elevate capacità di apprendimento, ma questa particolare specie è un passo avanti agli altri. I pappagalli cenerini infatti collaborano nell’allevare i piccoli, nel difendersi dai predatori e per risolvere dei problemi. Nel corso di studi recenti sono stati assegnati ai pappagalli cenerini dei compiti che comportavano un lavoro di squadra per essere portati a termine; quando il compito richiedeva che fossero in due a tirare una corda, i pappagalli hanno subito capito come fare per ottenere la ricompensa. Se l’esercizio richiedeva ai pappagalli due ruoli diversi, questi hanno condiviso la razione di premio indipendentemente dalla parte giocata. La maggior parte dei pappagalli coinvolti in questi studi ha scelto la strada della collaborazione anche quando vi era la possibilità di fare da soli. Ed hanno scelto i partner con cui collaborare in base alla familiarità reciproca. Solo al termine del compito i pappagalli hanno diviso la ricompensa e si è notato che l’atteggiamento cambiava a seconda del partner: spartivano una maggiore quantità di cibo con i compagni altrettanto generosi, ma si trattenevano con chi era palesemente egoista. PAPPAGALLO CENERINO Psittacus erithacus Classe Uccelli Areale Africa Centrale Alimentazione Frutti e semi Vita media 60 anni Peso da dulto 500g Livello di rischio estinzione VULNERABLE 68 68 IL PAPPAGALLO CENERINO È INTELLIGENTE QUANTO UN BAMBINO DI 3 ANNI Xxxxxxxxxxxxx Gli uccelli tessitori sono eccellenti architetti “Gli uccelli tessitori costruiscono particolari nidi che possono ospitare fino a cento esemplari” Invece di limitarsi a semplici nidi fatti di ramoscelli, gli uccelli tessitori costruiscono elaborate abitazioni che possono ospitare anche più di cento esemplari. Nel loro lavoro questi uccelli si mantengono costantemente in comunicazione e fanno un lavoro di squadra. In questi particolari nidi accolgono anche altre specie di uccelli: dagli avvoltoi che si posano in cima, fino ai falchi che entrano all’interno per mettersi accanto ai tessitori, felici di godere della loro protezione. Questi nidi hanno stanze separate per ogni uccello ed è noto che possano resistere per oltre un secolo. I pescatori giapponesi sono seguiti spesso dai cormorani, e con loro finiscono per collaborare nella pesca. Il cormorano infatti si immerge per recuperare i pesci e in superficie li consegna al pescatore. Sorprendentemente sa anche contare perché tende a catturare sempre sette pesci, sei li consegna al pescatore, ed uno lo tiene per sé. L’uccello lira è un perfetto imitatore Oltre il 70% del repertorio vocale dell’uccello lira è costituito dall’imitazione dei versi di altre specie. Gli esemplari maschi usano tale abilità per impressionare le femmine e le loro esibizioni sono talmente convincenti da ingannare persino le specie imitate. Copiano altri uccelli, ma anche i suoni prodotti dalle attività umane, come gli antifurti o i telefoni. © Corbis, Rex Features, Thinkstock I cormorani collaborano con i pescatori SINISTRA I cormorani aiutano i pescatori in cambio di una parte del pesce. 69 69 Specie a rischio Il furetto dai piedi neri FURETTO DAI PIEDI NERI Mustela nigripes Classe Mammiferi Areale Stati centrali dell’America del Nord Alimentazione Cani della prateria, scoiattoli di terra, piccoli roditori Vita media 1-3 anni Peso da adulto 680-1130g Livello di rischio estinzione SPECIE ESTINTA IN NATURA Un tempo questo furetto prosperava nelle pianure erbose dell’America del Nord, dove si cibava dei cani della prateria, un roditore, e ne occupava le tane per allevare le sue cucciolate. Con l’arrivo dei coloni europei, i cani della prateria furono sterminati per fare spazio alle coltivazioni: senza la sua principale fonte di sostentamento i furetti furono portati quasi all’estinzione. Negli anni Ottanta, per salvare la specie, gli ultimi 18 esemplari furono catturati e l’organizzazione US Fish and Wildlife Service predispose un programma di allevamento con lo scopo di reintrodurre la specie in natura. Le cause dell’estinzione L’avvelenamento dei cani della prateria I cani della prateria erano considerati una piaga da agricoltori e mandriani, tanto che nel XX secolo furono messe in atto delle aggressive campagne per sradicarli dal territorio. Il 90% dell’alimentazione di un furetto dai piedi neri è costituito da questo roditore e senza la sua principale fonte di sostentamento anche il furetto è ben presto quasi scomparso. Le attività agricole Si stima che le praterie americane un tempo coprissero 1,3 milioni di chilometri quadrati, ma con l’arrivo dei coloni europei una grande parte delle sterminate distese fu convertita a coltivazione, cosicché l’habitat del furetto dai piedi neri si ridusse considerevolmente. Al giorno d’oggi vi è ancora una buona estensione di praterie, ma la scomparsa del roditore rende assai difficoltosa la reintroduzione del furetto in natura. La peste Il batterio che causò la peste bubbonica nel XIV secolo, lo Yersinia pestis, approdò negli Stati Uniti nel XX secolo, portato da ratti infetti provenienti dall’Asia. Il batterio fece ammalare sia i furetti, sia i cani della prateria: per entrambi l’infezione era mortale. Cosa possiamo fare HTTP://NATIONALZOO.SI.EDU/SCBI/REPRODUCTIVESCIENCE/RECOVERBFFERRET Gli sforzi messi in atto per salvare il furetto dai piedi neri sono tuttora in corso e le organizzazioni come la Smithsonian Conservation Biology Institute hanno costantemente bisogno di supporto. http://nationalzoo.si.edu/scbi/reproductivescience/recoverbferret 70 Il furetto dai piedi neri La reintroduzione in natura del furetto dai piedi neri Canada Lo Smithsonian’s National Zoo di Washington è a capo di un progetto per la riproduzione in natura del furetto dai piedi neri, in collaborazione con l’organizzazione US Fish and Wildlife Service. Mexico La scomparsa dell’habitat Siti di reintroduzione Areale originario “Dal 1988 la SCBI-Front Royal ha prodotto più di 130 cuccioli di furetto dai piedi neri, nati da accoppiamento naturale” Il furetto dai piedi neri era considerato estinto quando nel 1981 ne venne scoperta una piccola popolazione nel Wyoming: oggi la specie si sta allontanando dal baratro dell’estinzione. Collaborando strettamente con lo US Fish and Wildlife Service, lo Smithsonian Conservation Biology Institute è riuscito a far nascere dal 1988 più di 130 cuccioli, da accoppiamento naturale. I furetti dai piedi neri vengono mandati al National Black-Footed Ferret Conservation Center in Colorado per prepararli alla reintroduzione in natura; a circa 35 giorni dalla nascita, lo staff dà ai furetti delle piccole prede ed i cuccioli iniziano la ricerca di cibo a circa due mesi e mezzo. La formazione dura almeno un mese, dopo di che vengono messi in recinti che simulano un sistema di cunicoli simile a quello realizzato dai cani della prateria. I furetti che hanno ricevuto questa formazione hanno dimostrato una capacità di sopravvivenza dieci volte superiore a quella degli esemplari che ne erano privi. Oggi sono 250 i furetti dai piedi neri ospitati nelle strutture d’allevamento, mentre circa 800 esemplari vivono liberi in natura. © US Fish and Wildlife Service, Alamy Oggi i furetti dai piedi neri si trovano solo nel 2% dell’areale originario. La reintroduzione iniziò nel 1991: gli animali oggi presenti in natura discendono da sette dei diciotto esemplari catturati negli anni Ottanta. 71 23 specie a confronto I COCCODRILLI PIÙ LETALI Alla scoperta di sorprendenti specie di coccodrilli, dalla più feroce alla più bizzara. Testi di David Crookes 72 I coccodrilli più letali Sono autentici fossili viventi, basta vederli per capirlo. Con quella loro corazza di placche ossee, i denti sporgenti e aguzzi, la possente coda e le sinistre creste che attraversano il dorso, questi lucertoloni a sangue freddo hanno un aspetto decisamente preistorico. E non potrebbe essere altrimenti, dato che la loro origine risale al Mesozoico, un’era geologica che ebbe inizio 251 milioni di anni fa. All’epoca della loro comparsa sul pianeta la terra era ancora popolata dai dinosauri. Da allora si sono lentamente evoluti in varie forme e hanno cambiato fisionomia differenziandosi in tre famiglie distinte: gli alligatoridi (di cui fanno parte alligatori e caimani), i crocodilidi e i gavialidi. Gli antinati del Giurassico vivevano sulla terraferma, ma col tempo hanno iniziato ad adattarsi agli ambienti acquatici e i loro moderni discendenti vivono ormai solo nei pressi di corsi d’acqua e bacini idrici. Tutte le diverse specie depongono uova, hanno un corpo affusolato e aerodinamico, una forza eccezionale e un aspetto che fa venire i brividi. Gli alligatori in genere sono più grandi dei coccodrilli e dei gaviali. Hanno una testa più larga e tozza con un muso più ottuso e arrotondato; la mascella superiore è più larga di quella inferiore e quando hanno la bocca chiusa i denti inferiori non sono visibili perché si sistemano in apposite fossette della mascella superiore. I coccodrilli hanno una testa più allungata e un muso più affusolato; la mascella superiore e quella inferiore hanno le stesse dimensioni e con la bocca chiusa l’intera dentatura è visibile; il quarto dente inferiore, in particolare, sporge con evidenza sovrapponendosi al labbro superiore. I coccodrilli hanno speciali ghiandole che filtrano il sale in eccesso accumulato nell’organismo. Gli alligatori ne sono privi e quindi sono più adatti a vivere in acque dolci. Gli alligatori si nutrono di tartarughe e animali “col guscio”, che spezzano con le loro possenti mascelle, mentre l’alimentazione dei coccodrilli è più varia; le speciali ghiandole salivari consentono loro di espellere il sale in eccesso accumulato in ambienti salmastri, come estuari e bassi litorali coperti di mangrovie. Il muso stretto e allungato dei gaviali, invece, è perfetto per nutrirsi di pesce. Ma vediamo le caratteristiche di alcune specie e dove vivono. 73 I coccodrilli più letali Coccodrillo marino Ha il morso più potente del regno animale È il rettile più lungo al mondo, in media raggiunge una lunghezza di 7 metri, e ha un morso letale, il più potente del mondo animale. Con un solo morso può sviluppare una potenza, ovvero una pressione, di 300 kg per centimetro quadrato. Caccia restando immobile, in agguato, appena sotto il pelo dell’acqua. Aspetta che un’ignara preda gli capiti a tiro e appena la malcapitata vittima è alla distanza giusta, balza fulmineo fuori dall’acqua, l’afferra tra le fauci e trattenendola con i lunghi denti la trascina sott’acqua. Coccodrillo cubano Vive solo a Cuba ed è in grave pericolo È molto intelligente e non molto grande. Ha un colore particolare, a macchie giallastre. Ed è estremamente aggressivo. Tende a vivere in gruppo con i suoi simili e lo si trova solamente in un’area molto ristretta del pianeta, poco più di 4000 km quadrati, ovvero nella palude di Zapata, a Cuba, e nella prospiciente isola della Gioventù. Tra tutte le specie è quella a maggiore rischio di estinzione. GAVIALE SOTTO Il gaviale è originario del subcontinente indiano, come il coccodrillo marino e quello palustre. Gavialis gangeticus Classe Rettili Areale India, Bangladesh e Pakistan Alimentazione Pesci Vita media 40-60 anni Peso da adulto 160kg Livello di rischio estinzione Gaviale GRAVEMENTE A RISCHIO Il lucertolone dal muso allungato che fa le bolle Il gaviale del Gange ha un muso sottile e allungato sormontato, in punta, da una protuberanza che funge da cassa di risonanza e amplifica il caratteristico “ronzio”. Fa parte del corteggiamento cosi’ come l’emissione di bolle. Ha oltre 100 denti acuminati, più di ogni altro coccodrillo o alligatore, e quando ha la bocca chiusa quelli superiori si alternano a quelli inferiori in file letali per catturare e trattenere i pesci di cui si nutre. È l’unico gavialide sopravvissuto all’estinzione. 74 Caimano nano di Cuvier È il più piccolo, ma anche il più primitivo Tra i crocodilidi del Nuovo Mondo è il più piccolo. È attivo prevalentemente di notte e vive in acque dolci. Ha una testa corta, liscia, con un cranio pronunciato e la punta del muso all’insù. Pare sia il crocodilide più antico al mondo. Caimano dagli occhiali Deve il suo nome all’evidente cresta ossea sugli occhi. Vive bene in una grande varietà di habitat, nutrendosi di uccelli, pesci, insetti e piccoli mammiferi. Il caimano nano di Cuvier ha una pelle molto dura e coriacea, un’autentica armatura che lo protegge dai predatori. Caimano dal muso largo Come suggerisce il nome, ha un muso molto allargato e quasi squadrato (è lungo quasi quanto largo) con un marcato solco longitudinale. Ha una colorazione verde oliva ed è una specie d’acqua dolce. Vive in zone paludose e foreste di mangrovie. “…pare sia il crocodilide più antico al mondo” Caimano jacarè Gli piace dare la caccia ai piranha, che sono le sue prede preferite; e a questi pesci assomiglia anche un po’, con quei suoi lunghi denti che spuntano fuori dalle mascelle quando ha la bocca chiusa. A DESTRA Noto anche come alligatore dello Yangtze, si nutre di pesci e molluschi ALLIGATORE CINESE Alligator sinensis Classe Rettili Alligatore cinese Il cugino timido dell’alligatore americano Diversamente dall’alligatore americano, con cui è strettamente imparentato, ha una caratteristica palpebra superiore molto pronunciata, sostenuta da una lunga cresta ossea. Relativamente piccolo e schivo (ma pronto a difendersi se minacciato), è ormai un animale raro. Nei primi mesi dell’estate trascorre gran Caimano nero Ha gli grandi occhi e una vista e un udito molto sviluppati. È il più grande predatore dell’ecosistema amazzonico. Ha una pelle scura e squamosa, priva di protezioni ossee, che gli consente di assorbire il calore solare e mimetizzarsi, di notte, mentre va a caccia. parte del tempo steso al sole per elevare la temperatura corporea, dopo il lungo inverno passato in letargo dentro la tana scavata nel terreno. È un animale notturno e opportunista (nel mondo animale significa che si nutre in modo non specializzato). Areale Cina sudorientale Alimenatzione Pesci, molluschi, piccoli mammiferi Vita media 50 anni Peso da adulto 36 kg Livello di rischio estinzione GRAVEMENTE A RISCHIO Caimano nano di Schneider Tiene la testa sollevata e questa sua strana postura gli conferisce un aspetto quasi disinteressato. I cuccioli appena nati hanno una macchia gialla sulla testa che sparisce col tempo. Per questo è soprannominato caimano “coronato”. 75 I coccodrilli più letali Coccodrillo dell’Orinoco Il predatore più mastodontico del Sudamerica Ha una serie di prominenti scudi ossei dietro la nuca, una cresta di squame carenate sulle zampe posteriori e un muso stretto e allungato, con una protuberanza in punta che lo fa sembrare un po’ all’insù. Ha un colore che varia dal marrone chiaro al grigio scuro, a seconda della concentrazione di melanina nella pelle. Il corpo è cosparso di chiazze brune, che negli esemplari giovani sono più grandi ed evidenti. La pelle, con l’età, può cambiare colore. Coccodrillo africano Un tipo schivo e riservato Ha un muso stretto, sottile e praticamente privo di creste o protuberanze. Schivo e riservato, ama nascondersi tra la vegetazione lungo le sponde dei fiumi, dove va a rovistare con il sottile muso in cerca di prede, che scova anche nel più piccolo anfratto. SOTTO Il coccodrillo dell’Orinoco è il predatore più grande del Sudamerica. Può raggiungere 7 metri di lunghezza. COCCODRILLO DELL’ORINOCO Crocodylus intermedius Classe Rettili Areale Venezuela, Colombia Alimentazione Pesci, piccoli mammiferi Vita media Fino a 80 anni Peso da adulto 380kg Livello di rischio estinzione GRAVEMENTE A RISCHIO 23 specie a confronto Dal caimano nano di Cuvier al gigante di oltre 7 metri che potrebbe divorarselo in un sol boccone… 10. Caimano jacaré 2,5 metri 6. Coccodrillo della Nuova Guinea 3,5 metri 11. Coccodrillo d’acqua dolce australiano o di Johnston 3 metri 3. Caimano nano di Schneider 1,4 metri 1. Alligatore cinese 1,5 metri 4. Falso gaviale o tomistoma 4 metri 7. Coccodrillo marino 7 metri 9. Gaviale 6,25 metri 2. Caimano dal muso largo 2 metri 8. Coccodrillo di Morelet 3 metri 5. Caimano nano di Cuvier 1,4 metri 76 76 12. Coccodrillo cubano 2,3 metri Xxxxxxxxxxxxx Coccodrillo palustre … ma non disdegna la terraferma Coccodrillo o alligatore: che differenza c’è? Appartengono a due famiglie distinte. Gli alligatori fanno parte della famiglia degli alligatoridi, mentre i “veri” coccodrilli a quella dei crocodilidi. Poi c’è anche la famiglia dei gavialidi, la cui unica specie sopravvissuta è il gaviale del Gange. Ogni specie ha un aspetto e un comportamento caratteristici. I coccodrilli hanno una testa più allungata degli alligatori e un muso che, visto dall’altro, ha una forma a “V”. In genere hanno un colore più chiaro e il quarto dente inferiore spunta fuori dalla bocca quando è chiusa. Si sono adattati a vivere in ambienti salmastri e in ogni parte del mondo. Gli alligatori sono meno aggressivi e vivono solo in America e in Cina. COCCODRILLO DELLE FILIPPINE Crocodylus mindorensis Classe Rettili ALLIGATORE CROCCODRILLO Il coccodrillo delle Filippine Vive nel subcontinente indiano e predilige le paludi e i bacini idrici, magari artificiali. Come l’alligatore Americano, caccia restando in agguato sotto il pelo dell’acqua, pronto a far scattare le mascelle appena la preda è a tiro. Per attirare ignari uccelli, a volte spinge con la testa dei rametti galleggianti. Si muove con agilità anche fuori dall’acqua ed è in grado di inseguire una preda “di corsa” per brevi distanze. Può migrare anche per chilometri in cerca di un nuovo habitat. Piccolo e a rischio di estinzione Areale Filippine Alimentazione Invertebrati acquatici Vita media Up to 100 years Peso da adulto 190kg/420lbs Livello di rischio estinzione GRAVEMENTE A RISCHIO È una specie endemica e vive esclusivamente nella acque dolci e paludose delle Filippine. È di piccole dimensioni ed è gravemente minacciato di estinzione. Ha una pelle color marrone dorato e si nutre di pesci. Ha un muso largo e una pesante corazza dorsale. Fino al 1989 era considerato una sottospecie del coccodrillo della Nuova Guinea. In natura sopravvivono solo 250 esemplari di coccodrillo delle Filippine, forse anche meno. 21. Caimano dagli occhiali 2 metri 16. Cocodrillo palustre 4.5 metri 18. Coccodrillo del Nilo 5 metrl 14. Coccodrillo dell’Orinoco 5 metri 22. Coccodrillo delle Filippine 3,1 metri 19. Coccodrillo americano 4,3 metri 15. Coccodrillo africano 4 metri 17. Caimano nero 5 metri 23. Coccodrillo siamese 2,1 metri 20. Alligatore americano 3,8 metri 77 77 © Alamy, Rex Features, Thinkstock 13. Coccodrillo nano africano 1,5 metri Lo sapevate che … Seguici su… natureandanimalsitalia Quanto sono velenose le rane freccia? Solo tre delle 175 specie di rana freccia risultano pericolose per l’uomo, e tra queste la più letale è quella dorata. Una sola di queste rane possiede abbastanza veleno da uccidere almeno dieci uomini, ed è il motivo per cui viene considerata come il più letale vertebrato al mondo. La sua tossina è venti volte più pericolosa di quella delle altre rane freccia; inoltre quella dorata è anche la specie dalle dimensioni più grandi. I colori sgargianti della rana freccia dorata avvertono i predatori del suo veleno mortale, fungendo da deterrente. La tossina rilasciata ha una struttura molecolare simile alla morfina: una sola goccia di veleno basta per fermare il battito cardiaco dell’uomo. Bisogna davvero girarle alla larga! La rana freccia dorata non nasce dotata di veleno, che invece si forma nel corso della vita assorbendo le tossine delle prede di cui si ciba: formiche, millepiedi e scarafaggi sono portatori di una sostanza velenosa che le rane freccia riescono a immagazzinare per usarla poi come difesa. Gli esemplari tenuti in cattività non sono velenosi poiché non si nutrono di tali insetti. SOTTO Durante la stagione degli amori i maschi rincorrono le femmine fino allo sfinimento. 78 Perché la lepre marzolina è matta da legare? La leggenda popolare secondo la quale le lepri diventerebbero matte nel mese di marzo affonda le sue radici nella reale frenesia che prende questi animali nel corso della stagione degli amori. L’accoppiamento avviene durante il giorno perché le femmine possono accoppiarsi solo in alcune ore del giorno nel corso dei cicli riproduttivi di sei settimane. In effetti, quando i maschi iniziano a inseguire senza sosta le femmine sembrano matti. Le femmine comunque non hanno paura di difendere i propri spazi e respingono le attenzioni indesiderate con veri e propri colpi di boxe. Quando invece sono pronte ad accoppiarsi, si mettono a correre sotto gli occhi dei maschi, che iniziano subito a rincorrerla: la femmina si ferma solo quando tutti i pretendenti, eccetto uno, abbandonano l’inseguimento sfiniti. E’ così certa di concedersi alla lepre più prestante con la speranza che il suo corredo genetico venga trasmesso alla cucciolata. Lo sapevate che ... Come fanno le renne a difendersi dal freddo? Le renne vivono nell’America del Nord, in Europa e nel nord dell’Asia, e non sono originarie né della Lapponia, né del Polo Nord. Nel corso della loro evoluzione hanno comunque sviluppato incredibili capacità di resistenza al freddo, tanto che non congelano nemmeno nelle situazioni climatiche più avverse. Il manto di una renna è costituito da uno spesso e lanoso sottopelo ricoperto da peli ruvidi e rigidi che trattiene l’aria calda vicino alla pelle. Una simile pelliccia piena d’aria aiuta la renna anche a galleggiare quando nuota durante le migrazioni. Agli esemplari maschi cresce poi una lunga criniera nella parte inferiore del collo che apporta un’ulteriore protezione. Tutte le renne tendono ad avere un manto più chiaro durante l’inverno in modo da confondersi con la neve. Gli zoccoli sono larghi, piatti, e fungono da vere e proprie racchette da neve: quando le temperature cominciano a calare, gli zoccoli si induriscono e sviluppano bordi affilati per una migliore presa sul ghiaccio. Le renne sono costantemente in movimento durante il giorno per sfruttare il calore solare mentre si procacciano il cibo. Sono capaci di fiutare l’odore di licheni e altre piante sotto la coltre Canada nevosa, nutrendosene per mantenere elevato il livello di grasso corporeo; anche la capacità di vedere la luce ultravioletta le aiuta a trovare cibo e ad irrobustirsi per affrontare meglio il freddo invernale. Asia DOVE É POSSIBILE TROVARLE Quale animale mette al mondo più figli? Tra i vertebrati il record tocca al pesce luna, che può incredibilmente arrivare a produrre 300 milioni di uova alla volta. Le uova vengono rilasciate nell’oceano in modo da essere fecondate dallo sperma secreto dai maschi. Quando le uova si schiudono, le larve di pesce luna non superano i tre millimetri di lunghezza e sono incapaci di muoversi da sole: in questa fase si cibano di plancton. Il pesce luna raggiunge l’altezza di oltre 3 metri e vive fino a 10 anni. Trascorre la maggior parte del tempo a crogiolarsi nei tiepidi raggi di sole che penetrano la superficie del mare, ma riesce anche a immergersi in profondità per dare la caccia alle meduse. Un pesce luna è riuscito a raggiungere i 650 metri di profondità, tuttavia ha bisogno di risalire in fretta per scaldarsi. Qual è l’origine di questo uccello? Si tratta di un parrocchetto dal collare, che non è di origine europea. Di norma si trova in Africa e in India, ma dagli anni Novanta una popolazione abbastanza numerosa di questi uccelli si è sviluppata nel Regno Unito. Si stima che nell’area sud-est dell’Inghilterra vivano circa 8.600 coppie di parrocchetti dal collare ed è praticamente certo che questa colonia sia stata generata da una coppia di uccellini domestici rilasciati in natura o scappati ai loro padroni. A Londra è presente uno stormo di parrocchetti, noto anche come i parrocchetti di Kingston, che conta circa 6.000 uccelli. Si pensa che il loro numero possa presto raggiungere le 50.000 unità! 79 Lo sapevate che ... Quali animali vivono sotto le sabbie del deserto? Il citello dalle tredici linee Questi scoiattoli scavano una varietà di cunicoli, che vanno da corti tunnel di fuga alle profonde tane per il letargo. Quando entrano nel loro letargo sotterraneo riducono il battito cardiaco dalle normali 200 pulsazioni al minuto a soli cinque battiti. Si mantengono in vita grazie alle riserve di grasso fino a che non si risvegliano all’inizio dell’estate. Gopher di pianura Questi mammiferi scavatori lasciano cumuli di terra simili a quelli delle talpe, sebbene a differenza delle talpe si nutrano solo di vegetazione. Creano la tana sottoterra, dove si accoppiano: scavano addirittura una camera dedicata al parto, che rivestono di foglie secche per assicurare la massima comodità alle cucciolate. Il serpente a sonagli della prateria Questo serpente velenoso trascorre l’inverno sotto le sabbie del deserto: ve ne sono parecchi nei deserti americani. Si ciba di roditori; la sua tecnica consiste nell’appostarsi all’ingresso dei cunicoli in attesa che gli animali escano dalle tane. Ogni volta che il serpente fa la muta, aggiunge un nuovo sonaglio alla sua coda. La moffetta In genere le moffette vivono nei cunicoli abbandonati da altri animali tuttavia, se necessario, si scavano una propria tana. Sono esseri solitari e di norma escono di notte; per difendersi ricorrono alla nota tecnica di spruzzare dal posteriore il loro liquido dall’odore nauseabondo. Questa sostanza può provocare dolore, gonfiori e temporanea cecità. Il cane della prateria dalla coda nera Questo roditore costruisce una complessa rete di tunnel con tanto di uscite di emergenza; delle entrate rialzate gli permettono di controllare, prima di emergere dal sottosuolo, che non vi siano dei predatori. I cunicoli hanno spazi ben definiti per diversi impieghi. Il roditore vive in gruppi familiari molto uniti. Esistono animali in grado di rigenerare parti del loro corpo? Emily King Sono molte le specie animali che possono rigenerare parti del corpo danneggiate, o addirittura di dividersi in due distinti individui! Le stelle marine, i cetrioli di mare, i vermi piatti possono essere letteralmente tagliati a pezzi: ogni singolo pezzo conduce una propria vita, a meno che il sistema nervoso centrale non sia andato distrutto. Le spugne hanno la capacità di rigenerarsi anche se vengono divise in unità monocellulari, il che avviene quando ad esempio vengono sbattute contro gli scogli dalle onde. I denti degli squali ricrescono in continuazione per rimpiazzare quelli persi; si pensi che nel corso della vita uno squalo può produrre fino a 24.000 denti. Ai maschi di cervo poi crescono ogni anno corna nuove, sempre più grandi, che perderanno dopo pochi mesi. Le lucertole infine sono note per perdere la coda in modo da sfuggire ai predatori; la nuova coda ricrescerà in circa nove mesi. The killer whale’s success rate of hunting prey is a whopping 90 percent 80 80 Lo sapevate che ... Questi piccoli gatti sono nativi dell’India e dello Sri Lanka Quanto può vedere lontano una giraffa? Supponendo che questi animali abbiano una vista simile a quella umana, una giraffa alta 5 metri e mezzo, in una giornata tersa, può arrivare a vedere a circa 8,5 chilometri di distanza: ben 80 campi da calcio messi in fila! La vista della giraffa è eccellente ed è il senso sul quale l’animale fa più affidamento. Gli scienziati ritengono che la ragione per cui le giraffe si sono sviluppate in altezza in questo modo sia proprio per vedere a grande distanza, in modo da individuare i predatori e per comunicare con altri esemplari. Infatti, gli scienziati erano abituati a pensare alle giraffe come ad animali solitari fino a quando non si sono resi conto che gruppi di giraffe potevano permettersi di stare a grande distanza perché riuscivano comunque a vedersi. Nel Serengeti la densità di popolazione è di 0,3 giraffe per chilometro quadrato, il che significa che le giraffe possono rimanere in contatto anche a tre chilometri l’una dall’altra. Qual è la razza di gatto più piccola? Il gatto rugginoso pesa solo 1,3 chilogrammi ed è lungo appena 35 centimetri. Questo gatto selvatico è originario dell’India e dello Sri Lanka, ed il suo habitat costituito dalle foreste asciutte, dove si ciba di uccelli e mammiferi. Può raggiungere i 18 anni di età e marca il territorio con l’urina. I gatti rugginosi si accoppiano durante tutto il corso dell’anno e le femmine partoriscono nelle cavità degli alberi: una normale cucciolata è composta da uno fino a tre gattini, che rimangono nel luogo di nascita per tutto il primo mese di vita. Iniziano poi a seguire la propria madre, da cui apprendono le tecniche di sopravvivenza, per poi staccarsi quando sono pronti a badare a se stessi. SINISTRA L’orso dagli occhiali è prevalentemente vegetariano, tuttavia va anche a caccia Tutti gli orsi sono carnivori? Sebbene tutti gli orsi siano classificati come carnivori, la maggior parte di loro ha un regime alimentare che combina carne e vegetali. Il panda e l’orso dagli occhiali del Sud America tuttavia si nutrono quasi esclusivamente di vegetali. L’orso dagli occhiali mangia fiori, frutta e miele e l’unica carne di cui si ciba è quella delle carcasse trovate occasionalmente. È noto poi come il panda si cibi soprattutto di bambù, sebbene, proprio come l’orso dagli occhiali, ogni tanto mangi gli animali morti che incontra sulla sua strada per arricchire l’alimentazione con una dose extra di proteine. 81 Lo sapevate che... Anche gli animali fanno digiuno? Molte specie animali digiunano regolarmente e alcune passano interi periodi senza mangiare. Tarme e coleotteri ad esempio non mangiano una volta raggiunta la maturità e sopravvivono grazie alle riserve di grasso immagazzinato durante la loro fase larvale. I mammiferi che vanno in letargo digiunano per l’intero inverno, mentre altri non si nutrono nel corso della stagione riproduttiva. L’esperienza di digiuno più estrema è quella del pinguino imperatore mentre cova le uova. L’incubazione spetta ai maschi, nei mesi di giugno e luglio, quando le temperature precipitano verso i -58°C. I maschi rimangono in posizione eretta a protezione dell’uovo, senza mangiare, anche per 70 giorni consecutivi ed arrivano a perdere persino il 40% del loro peso. Come mangia lo squalo elefante? Lo squalo elefante è il secondo pesce più grande al mondo e si nutre filtrando l’acqua mentre nuota con le fauci spalancate: procede senza fretta alla velocità di cinque chilometri l’ora e riesce a filtrare un milione e mezzo di litri d’acqua ogni ora. L’acqua viene filtrata da appendici spinose chiamate branchiospine e mediamente ogni squalo elefante possiede xxxxxxxx xxxxxx xxxxx xxxxxx xxxxxxx Xxxxxxxxx xxxxxx 5000 di questi minuscoli filtri. Hanno l’aspetto di lunghe setole che lasciano passare l’acqua, che poi fuoriesce dalle branchie, ma trattengono minuscoli animali. In un solo anno le branchiospine filtrano l’equivalente di oltre 3.500 piscine olimpioniche! Ogni anno lo squalo elefante rinnova completamente tutte le sue branchiospine. Che differenza c’è tra una foca e un leone marino? © Alamy, Corbis, Thinkstock Timone I leoni marini usano le loro lunghe pinne anteriori, mentre le foche impostano la direzione con quelle posteriori. Nella foca infatti le ossa delle pinne posteriori sono estremamente lunghe e forti. Vibrisse Sia i leoni marini che le foche si servono delle vibrisse per individuare le vibrazioni che aiutano gli animali a orientarsi nella ricerca di cibo e a percepire la presenza di predatori. Sebbene svolgano la stessa funzione, i leoni marini hanno vibrisse dritte, mentre quelle delle foche sono arricciate. Spostamenti sul terreno Quando si trovano sulla terraferma le foche guizzano in avanti sul ventre, mentre i leoni marini si trascinano in posizione eretta appoggiandosi sulle pinne anteriori. Per il loro modo di guizzare le foche si muovono velocemente sul ghiaccio, più rapide di un uomo in corsa. 82 Versi I leoni marini sembra che abbaino e sono notoriamente molto rumorosi, mentre le foche sono molto più silenziose. Emettono anch’esse una varietà di suoni, che però hanno principalmente la funzione di attrarre potenziali compagni. Pinne anteriori Le foche hanno pinne corte e pelose che terminano con un artiglio su ogni dito. I leoni marini invece hanno pinne lunghe, prive di pelo e senza artigli; riescono a camminare più agilmente e non hanno bisogno quindi degli artigli per aiutarsi a trascinare in avanti il corpo. Orecchie I leoni marini sfoggiano padiglioni auricolari su entrambi i lati del capo, mentre le foche hanno solo delle fessure, senza lobi. Questi sono stati persi nel corso dei cambiamenti evolutivi per far assumere alla foca una forma del corpo più aerodinamica. Capacità di nuoto I cambiamenti evolutivi hanno reso le foche più aerodinamiche rispetto ai leoni marini, perché le foche trascorrono molto più tempo in acqua. Mentre il leone marino può immergersi fino a 275 metri di profondità, la foca può toccare i 4.100 metri. Pinne posteriori Le pinne posteriori dei leoni marini possono ruotare verso l’esterno per aiutare la camminata, mentre quelle delle foche puntano all’indietro in modo fisso. È per questa ragione che i leoni marini sono più abili delle foche quando si tratta di scappare ai predatori sulla terraferma. settembre ordini @fotografiastore.it Come sfruttare la fotocamera e gli accessori * L’uso della preview e dell’istogramma. * La griglia di composizione. * I mirini opzionali. * Il comando a distanza. * Hoodman HoodLoupe. * Illuminatori a Led. La composizione dopo lo scatto, in macchina * Il ritaglio dell’inquadratura. * Raddrizzare la foto. * Il controllo della distorsione. * Il ritocco cromatico. * Il recupero di luci ed ombre. La composizione in post-produzione * Lo sviluppo del Raw. * La scelta dell’inquadratura. * Il controllo della prospettiva. * Le correzioni delle aberrazioni ottiche. * La correzione cromatica. * L’eliminazione degli elementi di disturbo. Le interviste ai professionisti Sono autori scelti per proporre visioni e tecniche diverse, dalla fotografia digitale a quella in pellicola, dal lavoro professionale alla ricerca personale. Crearsi uno stile è fondamentale per un professionista e la scelta della composizione è un fattore chiave COLLANA SERIE ORO La pratica della composizione: * Il taglio dei bordi. * Il taglio dell’inquadratura. * L’equilibrio delle masse, delle ombre e delle luci. * La scelta della chiave di lettura della foto. COLLANA SERIE ORO Questa monografia approfondisce gli aspetti della composizione per imparare a realizzare immagini capaci di colpire l’osservatore e di trasmettere emozioni. Dapprima occorre imparare a vedere, per poi decidere cosa inserire nel fotogramma, ovvero cosa escludere. Una volta pre-visualizzata l’immagine occorre realizzarla, scegliendo il punto di ripresa così come l’equilibrio delle “masse”. GUIDA ALLA FOTOGRAFIA DI RITRATTO GUIDA ALL’USO DEL GRANDANGOLO COLLANA SERIE ORO GUIDA PRATICA ALLA COMPOSIZIONE PERFETTA In epoca digitale i grandangoli sono diventati di moda: sono la focale tradizionale dei reporter, ma il suo impiego si è esteso agli ambiti più diversi. Ritratto in studio, ritratto ambientato o di matrimonio; ritratto a figura intera o in primo piano, o anche solo un dettaglio: sono molti i modi per affrontare uno dei generi fotografici più amati della fotografia. In questo volume trattiamo sia argomenti tecnici che di composizione, oltre ad offrire nuovi spunti. Le tecniche Si va dalla scelta di un corredo per il ritratto ai piccoli e grandi accessori utili; fondamentale è il controllo della luce e non mancano quindi trucchi di ripresa e illuminazione. Da non trascurare il ruolo giocato dal software: abbiamo esaminato una serie di programmi di make-up Guida all’immagine E’ quasi un marchio di questa serie: suggeriamo i pregi e i difetti delle immagini, sia sotto l’aspetto della composizione che della tecnica di ripresa Le interviste ai professionisti Sono autori scelti per proporre visioni e tecniche diverse, dalla fotografia digitale a quella in pellicola, dal lavoro professionale alla ricerca personale: sono immagini di livello molto elevato e gli autori parlano liberamente delle loro tecniche, delle problematiche attuali del mercato I vantaggi del grandangolo Occorre però avere sempre presente che la scelta della focale condiziona l’inquadratura e l’andamento prospettico della scena. In ogni caso i grandangolari permettono di ridurre gli ingombri e il peso dell’attrezzatura e di abbracciare ampi panorami. Ma non parliamo solo di focale fisse, esistono anche gli zoom grandangolari, anche se conviene evitare quelli dalla gamma di focali incredibilmente estesa che sacrificano la qualità; suggeriamo di stare sul range 3x. Il grandangolare trova applicazione nei campi più diversi, il reportage innanzitutto, ma anche il ritratto, anche se la focale classica sarebbe il medio tele; il grandangolare consente di eseguire ottimi ritratti ambientati. I test MTF Per approfondire la qualità ottica dei grandangolari pubblichiamo il giudizio del Centro Studi Progresso Fotografico su oltre 35 test MTF, tra focali fisse e zoom; li abbiamo raccolti in categorie omogenee per rendere immediato il confronto. La tecnica di ripresa Fotografare con il grandangolare richiede di prestare attenzione all’angolo di campo e alla profondità di campo. La vignettatura è un altro punto critico dei grandangoli: esaminiamo quali sono le cause e come è possibile ridurla. Ma la vignettatura può anche essere sfruttata in chiave creativa, per portare l’attenzione sul soggetto. Condividiamo con te la passione per la fotografia visita il sito: numerosi prodotti di qualità Guida alla fotografia naturalistica 5 consigli utili per chi inizia Scopri come è possibile ottenere facilmente ottime fotografie di animali CONSIGLIO 1 : attrezzati a dovere Non andrai lontano senza un buon teleobiettivo e un robusto treppiede Il pezzo più importante dell’attrezzatura è senz’altro un teleobiettivo di grande lunghezza focale: permette di eseguire buoni scatti a distanza. E’ un obiettivo che può essere costoso, soprattutto se lo si vuole luminoso, ma per risparmiare si può prendere in considerazione l’utilizzo di un moltiplicatore di focale, anche se comporta una perdita di luminosità e qualità. L’altro strumento essenziale è il treppiede: con le lunghe focali la minima oscillazione causa immagini mosse, per cui il supporto deve essere stabile. Una soluzione di emergenza è costituita dal “beanbag”, il sacchetto di fagioli a cui appoggiare la reflex. “Il teleobiettivo è l’elemento più importante dell’attrezzatura fotografica” Non possono mancare Il teleobiettivo Il Nikon AF-S 80-400mm f/4.5-5.6 G ED VR è uno zoom per formato Full Frame con motore di messa a fuoco a ultrasuoni (Ring-USM); lo stabilizzatore compensa fino a 4 stop. 84 Il treppiede Il treppiede Manfrotto 190XPRO4 con testa a sfera è uno strumento robusto e pratico, grazie anche al sistema Power Lock che permette un’installazione rapida. Copertura mimetica antipioggia Questa copertura Camo Deluxe (prezzo circa € 70, www.cameraclean. co.uk) è stata progettata non solo per mimetizzarsi nell’ambiente circostante, ma anche come protezione in caso di pioggia. Wildlife photography Una TrailCamera può essere utile per scoprire gli animali si aggirano nella zona. Consiglio 2 documentati! Fà delle ricerche sulla fauna della zona e sulle abitudini degli animali che vuoi fotografare Le immagini dei professionisti potranno anche sembrare casuali, in realtà nascono dopo approfondite ricerche e lunghe attese. Quindi prima di passare all’azione cerca di sapere tutto quello che è possibile sulla zona che hai scelto; potresti anche pensare di attivare sul posto una telecamera (TrailCamera) che registri le specie che si aggirano nella zona. Ricordati di studiare le abitudini dell’animale che ti interessa. Questo ti permetterà di capire come individuarlo e se abbia particolari atteggiamenti che meritano di essere fotografati; ad esempio alcuni uccelli chiudono le ali lungo il corpo prima di spiccare il volo. Consiglio 3 Confonditi con l’ambiente impara ad avvicinare gli animali Il capanno fotografico è un nascondiglio perfetto nel caso in cui tu sia certo della presenza dell’animale nella zona. I capanni fotografici sono normalmente realizzati in tessuto mimetico per confondersi con l’ambiente ed aiutano anche a non far trapelare gli odori. Qui il capanno Square hide di Stealth Gear (circa € 210, www.stealth-gear.com) è estremamente leggero e dispone di custodia per il trasporto. Ti basteranno pochi trucchi per muoverti senza essere scoperto Oltre a documentarti sulle abitudini dell’animale che vuoi fotografare, ti conviene imparare ad avvicinarti senza spaventarlo. Prima di tutto evita un abbigliamento dai colori vivaci che ti renderebbe visibilissimo, e procurati un telo mimetico. Evita anche i profumi, che metterebbero facilmente in allerta gli animali. Con alcune specie potresti riuscire ad avvicinarti anche molto se ti muovi lentamente, evitando di puntare nella loro direzione. Scegli una posizione e rimani il più fermo possibile: alcuni animali potrebbero avvicinarsi una volta che si sono abituati alla tua presenza. Una tuta mimetica aumenta le possibilità di scattare senza farsi scoprire. 85 Consiglio 4 Scegli le impostazioni più adatte al soggetto Scegli le impostazioni più adatte al soggetto Spesso i momenti migliori sfuggono perchè si aspettato troppo ad eseguire le impostazioni. In generale conviene scegliere un tempo di scatto veloce; è sempre preferibile impostare una sensibilità ISO medio-bassa per evitare il rumore elettronico, ma nella fotografia naturalistica è prioritario il tempo di scatto rapido per cui la sensibilità dovrà adeguarsi. Con un animale in rapido movimento potrebbe convenire lo scatto a raffica, che aumenta le probabilità di cogliere il momento migliore. Una tecnica differente è quella del panning, che si basa su tempi di scatto piuttosto lunghi (ad esempio 1/50 di secondo): consente di ottenere il soggetto fermo su uno sfondo mosso, ma occorre riuscire a seguire il movimento del soggetto con la fotocamera mentre si preme il pulsante di scatto. Occorre molta pratica, ma i risultati sono d’effetto. Imposta e scatta 3 regole base 1) Un supporto stabile Monta la fotocamera sul treppiede. Per aumentare la stabilità, controlla che il terreno sia solido e appendi la borsa al gancio alla base della colona centrale. 2) La Priorità di tempo di scatto Questa modalità permette di scegliere il tempo di scatto lasciando che sia la fotocamera a regolare automaticamente il diaframma per la corretta esposizione. Imposta un tempo di scatto tanto più rapido quanto più lunga è la focale dell’obiettivo; ad esempio con un 300mm il tempo non può essere più lento di 1/300s. 3) L’autofocus continuo Dal momento che gli animali si muovono in modo imprevedibile conviene impostare la modalità di autofocus continuo: in questo modo la fotocamera adeguerà costantemente il fuoco sul soggetto, seguendo i suoi movimenti. 86 Guida alla fotografia naturalistica Consiglio 5 Cura la composizione La composizione dell’inquadratura è fondamentale per ottenere buone fotografie Nella fotografia naturalistica non si possono controllare tutte le variabili come nella fotografia di ritratto, ma questo non significa che non si debba curare la composizione. Fondamentale è aver pazienza. Riuscire a fotografare quando l’animale guarda in macchina è quasi sempre garanzia di uno scatto di forte impatto; inoltre conviene fare in modo che lo sfondo non sia caotico e metta in risalto l’animale. Nella scelta dell’inquadratura fa’ in modo che non vengano tagliate parti del corpo ai margini del fotogramma, come le zampe o le orecchie. “Be patient until they position themselves in the most flattering place” “Scattare quando l’animale guarda in macchina è quasi sempre garanzia di uno scatto di forte impatto” Mistake 5 Poor lighting Wait for the right light and your shots will come alive Ci vuole molta pazienza per ottenere una buona immagine Avoid taking photos when the sun is at its highest as it will cause strong highlights and shadows to appear. Early morning and evening is the best time to shoot, as the sun is low and it lights up your subject more softly, as well as creating a warm golden hue in your shots. Also think about the angle that the light is hitting your subject and be patient until they position themselves in the most flattering place. If the light is behind your subject you may need to use spot metering to help your camera not to overexpose. 7 Strong sunlight leads to harsh shadows 87 Le immagini dei nostri lettori... Mandaci le tue fotografie, le più interessanti, potranno essere pubblicate . Presteremo particolare attenzione alle foto accompagnate da un breve testo che descriva la situazione di scatto. Bandinelli Sofia [email protected] Per l’invio utilizza internet (WeTransfer e simili) Bandinelli Sofia Boscolo Alice Boccato Francesca 88 Y De Franceschi Silvia UR Giuseppe* Gertosio Giancarlo Racca Martina 89 Zoo del mondo Howletts Wild Animal Park Questo parco naturale ospita 456 animali e di 51 singole specie: l’Howletts è un autentico santuario per gli animali selvatici. Originariamente di proprietà dell’ambientalista John Aspinall, creatore dell’omonima fondazione, l’Howletts Wild Animal Park fu aperto al pubblico nel 1975. Oggi questo parco è considerato un vero e proprio santuario per molte delle specie più rare e in via di estinzione, come il gorilla di pianura occidentale, i grandi felini e i primati, oltre ad avere il maggior numero di elefanti del Regno Unito. Il parco ospita attualmente 456 animali di 51 singole specie ed i visitatori possono avere incontri ravvicinati con tigri siberiane, leopardi della Cina settentrionale, licaoni e leoni berberi dietro la protezione delle vetrate che delimitano le loro zone. Possono anche passeggiare con i lemuri che saltellano di ramo in ramo sopra le loro teste. L’Howletts si stende su oltre 90 acri di terreno, un parco caratterizzato da sentieri immersi nei boschi e ad ogni Il re dei carnivori A capo della sezione dedicata ai carnivori è Ben Warren, che iniziò come semplice custode 17 anni fa. Ben è responsabile di una squadra di cinque persone per 50 animali e ha un legame unico con una tigre siberiana che ha allevato personalmente, Arina. “La mia giornata lavorativa inizia alle 8 di mattina con la pulizia dei recinti, i lavori di manutenzione, la preparazione dei pasti e la cura degli animali della nostra sezione. Il momento che preferisco è però quando posso stare insieme ad Arina, una tigre dell’Amur che ho allevato personalmente dopo che sua madre l’aveva rifiutata. Ha un carattere adorabile e si diverte un sacco quando giochiamo; il gioco è importante per tenerla stimolata finché non si troverà un esemplare maschio adatto a lei. Di certo non ho da annoiarmi, che si tratti di gestire nuovi arrivi o di migliorare le strutture di ospitalità degli animali, di mettersi alla guida del muletto o di realizzare nuove recinzioni. Devo dire che le mie giornate sono proprio piene!” 90 angolo vi sono approfondimenti e informazioni curiose sugli animali. C’è molto da vedere e da scoprire per i visitatori, che possono anche misurarsi nella Treetop Challenge, un percorso a ostacoli tra i rami degli alberi con ponti di corda, pneumatici oscillanti, reti e cavi. I più piccoli possono godersi la Animal Adventure Challenge con scivoli, altalene e altri giochi. Sebbene sia una delle attrazioni più popolari del paese, lo scopo principale dell’Howletts è la tutela della fauna. Il ricavato della vendita dei biglietti aiuta a sovvenzionare la tutela delle specie a rischio e permette di reinserire in natura gli animali, in collaborazione con la Fondazione Aspinall. Howlett’s Wild Animal Park Le visite www.aspinallfoundation.org Prezzo del biglietto Adulti: 23,95 sterline Bambini: 19,95 sterline, 0-3 anni gratis http://www.aspinallfoundation.org www.aspinallfoundation.org “Questo parco è un vero e proprio santuario per molte delle specie più rare e a rischio estinzione” Arina è un esemplare di tigre dell’Amur che ha instaurato un legame molto speciale con i suoi custodi Le 5 star del parco Temujin, il gatto di Pallas Conosciuto anche come Little Man, Temujin ha il cuore di una tigre. Possiede una grande personalità per essere un piccolo felino e ha instaurato uno stretto legame con i suoi custodi, sebbene a volte sia scontroso. Il suo cibo preferito è il pollo, ma non disdegna il coniglio e il pesce. Mirembe, l’elefante africano E’ il membro più giovane del branco di elefanti del parco. Mirembe ama giocare con i fratelli ed esplorare ogni angolo delle recinzioni, adora sguazzare e giocare con l’acqua. Djanghou, il gorilla silverback Fiero padre di cinque cuccioli - tre maschi e due femmine - è molto protettivo nei confronti della sua famiglia. Djanghou ha compiuto 21 anni nel dicembre 2014. SOPRA Una mamma e un piccolo di lemure all’Howletts Wild Animal Park SOPRA L’Howletts ospita il maggior numero di elefanti del Regno Unito SOPRA Oltre all’Howletts, solo un altro parco in Inghilterra ospita il leopardo della Cina settentrionale. Tyson e Bee Bee, i due tassi del miele Tyson e Bee sono una coppia di tassi del miele molto amati dai loro custodi, così come dai visitatori. Adorano andare alla ricerca di spuntini e si divertono a scherzare con i giochi messi a disposizione dallo staff. © Aspinall Foundation; Howletts Wild Animal Park; Andrew Walker Arina, la tigre dell’Amur Allevata personalmente da Ben Warren, il responsabile della sezione carnivori insieme a Damian Aspinall, Arina ha un legame speciale con i suoi custodi e considera Ben un genitore adottivo. 91 Parchi e dintorni Autunno: tempo di workshop I parchi naturali disseminati su tutto il territorio nazionale non chiudono mai, neanche nei periodi autunnale e invernale nei quali si potrebbe pensare ad uno stop delle attività. Per questo PixCube, che collabora con diverse realtà italiane, prevede vari workshop anche nel mese di ottobre; sono workshop fotografici rivolti sia ai principianti, sia ai fotografi esperti che saranno affiancati dal professionista selezionato per l’evento. E’ comunque richiesta una conoscenza minima della propria macchina fotografica. Parco Nazionale d’Abruzzo: 17-18 ottobre Il Parco Nazionale Abruzzo Lazio Molise è il più antico dei parchi della montagna appenninica ha avuto un ruolo fondamentale nella conservazione di alcune delle specie più importanti della grande fauna italiana: orso bruno marsicano, camoscio d’Abruzzo e lupo; inoltre la reintroduzione del cervo e del capriolo e il ritorno del cinghiale hanno permesso la ricostituzione, assieme ai grandi carnivori, delle catene alimentari originarie. Il workshop comincerà con un’escursione e uno shooting attraverso i boschi secolari della Difesa di Pescasseroli, per proseguire il giorno successivo partendo dal lago di Barrea e attraversando la Val di Rose sino al Rifugio di Forca Resuni. Il workshop è condotto da Umberto Esposito, fotografo professionista NPS. Parco Nazionale del Vesuvio: 3-4 ottobre Il Parco è uno scrigno di rara bellezza: la natura dei luoghi, la storia del vulcano, il patrimonio rurale e delle tradizioni, rendono l’area vesuviana uno dei luoghi più suggestivi per un workshop fotografico. Gli itinerari fotografici organizzati sono 5 e si svolgeranno nell’arco di due giorni: il Monte Somma per fotografia di paesaggio e lunghe esposizioni, la Valle dell’inferno, i Cognoli, il Gran Corno che conduce al cratere del vulcano e la riserva Tirone ricca di vegetazione, con un ricco sottobosco e grandi scorci sul golfo di Napoli. Il workshop è condotto dal fotografo Simone Stanislai. Parco Nazionale Gran Paradiso: 10-11 ottobre Il Parco Nazionale Gran Paradiso, istituito nel 1922, è il più antico Parco nazionale italiano. La destinazione scelta per questo nuovissimo workshop è La Valle Soana, stretta di origine glaciale, con una vegetazione lussureggiante; lungo i sentieri della valle è facilissimo incontrare il camoscio e altri animali che popolano i boschi. Da Campiglia Soana si salirà lungo la pista sterrata che porta verso il piano dell’Azaria. Nei centri abitati si può sentire parlare ancora il patois, tipico dialetto franco-provenzale, e si possono incontrare ancora persone che indossano tutto l’anno il loro costume tipico. Il workshop è condotto dal fotografo Alberto Olivero 92 Parchi e dintorni Parco Nazionale delle Cinque Terre: 24-25 ottobre Autunno: tempo di workshop Il Parco Nazionale delle 5 Terre, con i suoi 4.300 ettari è il Parco Nazionale più piccolo d’Italia, Patrimonio Mondiale dell’Umanità, e allo stesso tempo il più densamente popolato, suddiviso in cinque borghi: Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso al Mare. Il workshop prevede due uscite fotografiche: i tramonti e l’alba su Manarola e una giornata verso Riomaggiore. Per informazioni e promozioni: www.pixcube.it/ Il certificato d’eccellenza 2015 di Tripadvisor Introdotto da Tripadvisor nel 2010, il Certificato di Eccellenza intende offrire un riconoscimento ai punti di interesse che ottengono con costanza recensioni molto positive da parte dei viaggiatori su TripAdvisor: vengono in pratica scelti da chi si trova a contatto diretto con le varie realtà, per cui in base all’esperienza personale il pubblico esprime giudizi e dispensa consigli. Tripadvisor ha registrato commenti entusiasti sul Parco Regionale Naturale del Conero, un angolo di Marche che, con gli altri parchi, quattro regionali (Conero, San Bartolo, Sasso Simone Simoncello e Gola della Rossa Frasassi), uno nazionale, quello dei Sibillini ed alcune riserve, copre il 10% della superficie regionale. Guardiani del mare Nell’ambito del programma “Guardian of the Sea”, la Commissione Europea ha finanziato “Ecosee/A”, progetto della durata di 12 mesi al quale partecipano la città di San Benedetto del Tronto, l’Area Marina Protetta Torre del Cerrano, l’Area Marina Protetta Isole Tremiti, l’Università di Teramo, l’Università di Camerino e il Parco del Conero; lo stanziamento è di 466.000 euro. Il progetto si pone vari obiettivi: creare un equilibrio tra la flotta di pesca europea e le risorse disponibili, ridurre la flotta di pesca europea e preservare i posti di lavoro delle comunità costiere, dimostrare la sostenibilità economica delle attività diverse dalla pesca e orientare professionalmente i pescatori verso servizi che gestiranno in maniera eco-sostenibile le risorse marittime. In poche parole questa collaborazione sarà in grado di dare indicazioni per future politiche europee di gestione delle aree marine e costiere, attraverso vari studi scientifici che permetteranno di elaborare una mappa delle zone inquinate e individuare aree sensibili dove è a rischio la conservazione dell’ecosistema marino. Inoltre prevede il monitoraggio dei sedimenti dei fondali, lo studio delle comunità bentoniche che rappresentano una sorta di memoria biologica dell’ambiente (ne registrano le principali variazioni), la raccolta di rifiuti marini galleggianti e potenzialmente tossici per l’ambiente. Sicurezza alimentare: i controlli su pesce e carne Nonostante il Mediterraneo ospiti circa 17.000 specie differenti di creature ittiche, l’Italia è uno dei maggiori importatori europei di questo tipo di prodotti; solo nei primi due mesi del 2015 le importazioni sono aumentate del 14,17% rispetto all’anno precedente, per un totale di oltre 345 milioni di euro spesi e circa 68.000 tonnellate di prodotti ittici introdotti nel Paese, quali astici del Maine, dentici, scorfani, pesci san pietro e tonni. Forte l’importazione anche delle carni, prevalentemente bovine e soprattutto argentine e brasiliane. Chi vigila sulla qualità e sul rispetto delle norme comunitarie degli alimenti in entrata sono solitamente gli Uffici Veterinari per gli Adempimenti Comunitari (UVAC) per gli scambi intracomunitari e i Posti d’Ispezione Frontaliera (PIF) per le importazioni extracomunitarie; dapprima viene effettuato un controllo dei certificati veterinari rilasciati dallo stato d’origine, successivamente vengono valutati lo stato fisico, la temperatura, la consistenza e l’odore. Qualora il medico abbia qualche sospetto, possono essere effettuati controlli microbiologici per individuare agenti batterici e controlli chimici per i metalli pesanti e eventuali forme di inquinamento. Rete ciclabile in Sardegna Rispettare l’ambiente non vuol dire solamente evitare di abbandonare i rifiuti dopo un campeggio, ma anche non inquinare durante gli spostamenti. È questo che ha spinto la regione Sardegna alla presentazione del progetto di una nuova rete ciclabile regionale con investimenti di otto milioni di euro, in gran parte provenienti da un fondo europeo e dalla Regione. Come sostiene il presidente della Regione Sardegna Francesco Pigliaru, il progetto mira a “..comunicare ai turisti che si può raggiungere la Sardegna anche senza automobile, scegliendo una modalità di viaggio praticabile da un punto di vista ambientale ed ecologico”. Il progetto intende valorizzare anche opere già presenti sul territorio, come la pista canale o le strade comunali, e riqualificare quelle ormai in disuso, come i 192 km delle ferrovie dismesse che si snodano per tutta l’isola. La rete cicloturistica si estenderà per circa 2700 km: le ciclabili più lunghe saranno una dorsale costiera da 1220 km (590 nella parte orientale e 630 nella parte occidentale) che collega le principali località turistiche della Sardegna e una dorsale centrale da 293 km fra Cagliari, Oristano e Sassari; oltre al collegamento alle altre esistenti. j TECNICA E IMMAGINE NEL PAESAGGIO j Guida all’esposizione e alla composizione j Tanti “bit” per evitare scalettature j Aberrazioni ottiche: nemiche della nitidezza j Rumore e sensibilità j Viraggi, il colore nel bianco e nero j La stampa professionale I professionisti del B&W j Il paesaggio tridimensionale 94 IN EDICOLA GRAFI ESPE RTI UN ANNO DI FOTOGRAFIA serie oro 34 La storia della PHOT OGRA PHIC ART TECNICHE La tecnica del Light La magia del mi Painting lle Il flash in manu simo di secondo ale Le condizioni est nella fotografia d’azione reme La fotografia all ’in Il sensore: pulia frarosso in digitale molo da soli I segreti della stereofotografi a Video professio nale con le act ion camera Minolta SRT AT WO RK e oggi FOTOGR ESPERTI AFI N & ME N Il calotipo ieri TECNICHE PER DIVENTAR E WO ME scaduta nel 1944 PER DIVEN TARE FOTO Una pellicola (convertito D.L. 353/2003 1, LO/MI n° 46) art. 1, comma 644004 9 771125 500 2015 Trimestra N. 93 Febbraio 93 € 7.90 PROGRESSO FOTOGRAFIC O ANNO 121 HITE BLACK & W SERIE ORO CAMERA - Spedizione Poste Italiane s.p.a. 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Tel....................................................................................................................................................................................... 95 PROSSIMO FASCICOLO NOVEMBRE 96 ari sta -c uo co tto ite rch -a ni re Eli re Mon teros so, 24 anni Web D esign a ian Lil a, l ro Pa ni an nte ni 63 an an 4 4 i, 4 i, 3 og an zz na Ga llo ,4 3 an ni Salvato Monic ca a Lura gh i, 36 a nni - c omm ta ris io -f eg ns -i rtu ni Be er rgi o an Puc ta 58 Gaia usicis , ini zz dra Pe lo io inar ter - ve i n n 8a ci, 2 i-m o Pa Se ella Angela Argirò, 27 anni - mod Non fargli mancare il tuo. 4 ann aB -b ato ni Andr ea Cr otti, 2 gn an ise 8 -d ,3 Luca Sc anavino , 46 an ni - ope raio ara iac om aG Mi ch ele G St ell ino ,5 0 an n i- dir ige nte La sua sopravvivenza è fatta di tanti piccoli 5x1000. Lu ercian te i - medico Marina Nicodemi, 31 ann Enpa ringrazia per questo spazio. i - pensionato Giuseppe Lo Monaco, 83 ann - ristoratrice ghi, 41 anni sa es G a an Lu - segretaria lle, 34 anni Cristina Ava 5x1000 all’Enpa. Un gesto umano al cento per cento. Sostegno al volontariato 80 116 050 586 I AM DIFFERENT 4 ANNI GARANZIA NItAl CArd assicura 4 anni di garanzia e assistenza più accurata con ricambi originali. Infoline 199.124.172. Per estendere la garanzia a 4 anni è necessario registrare il prodotto via web alle condizioni riportate all’interno della confezione o su www.nital.it