100 coccodrilli mortali

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100 coccodrilli mortali
COME OSSERVARE DA VICINO L’ORSO POLARE NEL SUO HABITAT
05
NATURE & ANIMALS 05
&
IL MONDO SEGRETO DEI
LUPI
GRIGI
COME SOPRAVVIVERE E
RIMANERE UNITI IN GRUPPO
SUPER 100
SENSI
OLTRE
VISTA, UDITO E OLFATTO DA RECORD
INCREDIBILI
FOTO E ILLUSTRAZIONI
23 SPECI SORPRENDENTI
COCCODRILLI
MORTALI
ED ANCORA
PLUS
L’ORSO MALESE
IL PIPISTRELLO
VAMPIRO
IL GRANDE GUFO
UN PESCE
CHE SEMBRA
UNA SCATOLA
QUAL E’ IL PIU’ FEROCE?
50005
LEONE
CONTRO TIGRE
Qual è il più
veloce, forte e furtivo?
IL PROTETTORE
DEI GIARDINI
15 storie sul maggiore
nemico dei parassiti
PICCOLO
E’ BELLO
Faccia a faccia
con i più piccoli
IL RINOCERONTE
Sulla terra da
30 milioni di anni
9 771277 433006
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Gheerardyn
&
Benvenuti nel mondo di
Nature & Animals
05
Da millenni i lupi subiscono una persecuzione spietata da parte dell’uomo; eppure il rapporto con gli uomini è stretto, tanto che i cani sono diventati i nostri compagni di lavoro e di vita. Ma a cosa si deve questo
rapporto di odio e amore? Nell’articolo di fondo di questo numero cerchiamo di conoscere meglio il lupo, un
animale che ha un’intelligenza superiore, come dimostra la sua perfetta organizzazione sociale; proprio il
branco è fondamentale per la sua sopravvivenza. Il lupo lo sa e ne rispetta le regole: i membri si prendono
cura l’uno dell’altro ed evitano le lotte intestine.
Completamente diversa è la vita del rinoceronte; se il lupo fa del branco la sua forza, il rinoceronte conduce
una vita in gran parte solitaria. In natura non teme molti predatori, la sua mole, la sua forza, i suoi terribili
corni lo mettono al sicuro. Ma non dall’uomo. Un tempo il suo areale spaziava su tutta l’Africa sub-sahariana, ma i coloni europei hanno iniziato a cacciarlo compiendo dei veri e propri massacri: degli 850.000
esemplari di rinoceronte nero che esistevano nella prima metà del secolo scorso, nel 1995 ne erano sopravvissuti solo 2.410. Oggi uno dei maggiori pericoli è costituito dai bracconieri che alimentano il mercato
nero dei corni, ricercatissimi dalla medicina tradizionale cinese secondo la quale il corno avrebbe proprietà
curative persino contro il cancro o l’impotenza; in realtà nessuna di queste credenze è supportata da prove
scientifiche, si tratta solo di superstizioni, ma la mattanza continua. Si pensi che il prezzo dei corni è superiore addirittura a quello della cocaina! Facile capire quindi perché questo mercato abbia prima portato
all’estinzione le specie asiatiche del rinoceronte, ed oggi aggredisca il rinoceronte africano. L’unico modo
per proteggere questa specie sarebbe quello di colpire duramente i “consumatori” ma è evidente che manca la volontà di farlo.
Eppure vi sono persone impegnate a salvaguardare questa specie; abbiamo incontrato un coraggioso
ranger che ogni giorno mette a repentaglio la propria vita per salvare il rinoceronte africano dallo spietato
bracconaggio. “Un riservista deve essere pronto a intervenire a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ogni
giorno organizzo le squadre di ranger armati che pattugliano il territorio e assegno loro le aree da perlustrare; spesso dobbiamo difendere gli animali con le armi e affrontare conflitti a fuoco. I bracconieri ci
sparano addosso, capita soprattutto quando sventiamo i loro tentativi di catturare un animale, ma fa parte
del mio lavoro.”
Per sollevarci un po’ lo spirito parliamo allora di animali simpatici che non devono temere per la loro sopravvivenza. E vivono vicino a noi. Parliamo quindi dei porcospini; lo sapevate che si chiamano così per il
leggero grugnito che emettono quando sono in cerca di una compagna? Sono animali che riservano molte sorprese; ad esempio corrono all’impressionante velocità di due metri al secondo; è come se un uomo
corresse alla velocità di 64 chilometri orari! Inoltre contrastano efficacemente i parassiti, tanto che li hanno
trasportati in Australia e Nuova Zelanda.
E poi le anatre, la cui famiglia comprende oltre 120 membri, dalle anatre marine che di rado raggiungono la
terraferma fino a bizzarre creature con becchi bitorzoluti, escrescenze carnose che i maschi gonfiano nella
stagione degli amori per segnalare la disponibilità all’accoppiamento.
Molto interessante è anche l’articolo dedicato all’intelligenza degli uccelli, soprattutto dei corvi; sono animali
che dimostrano comportamenti che una volta si pensavano propri solo delle scimmie, come la capacità di
costruirsi degli strumenti per risolvere problemi di sopravvivenza.
Impariamo quindi ad osservare la vita che ci circonda; non occorre andare in terre lontane per scoprire
realtà capaci di affascinarci e sorprendenti. Basta attenzione e curiosità.
Sara Namias
sommario
56 Piccoli insetti
04 Il sorprendente
mondo degli
animali
62 Orsi polari
10 Dossier : Lupi grigi
64 Sfida di cervelli
18 Il ciclo di vita della
coccinella
70 Il furetto dai piedi
neri
20 La vita nei fondali
tropicali
72 I coccodrilli piu’
letali
24 Leone contro tigre
78 Lo sapevate che...
26 Bizzarro!Il roditore
84 Guida alla
fotografia
naturalistica
dalle zampe lunghe che
si mette a urlare
28 Super sensi
36 I pipistrelli vampiri
40 Dossier : Il
rinoceronte nero
88 Le foto dei lettori
72
64
56
90 Zoo nel mondo
Howletts Wild
Animal Park
92 Parchi e dintorni
52 I porcospini
54 Le anatre
Credit delle foto di copertina
Getty, Alamy, Rex Features, Thinkstock
Livello di rischio estinzione in base alla
classificazione IUCN (Unione Mondiale per la
Conservazione della Natura)
SPECIE ESTINTA
SPECIE ESTINTA IN NATURA
SPECIE GRAVEMENTE A RISCHIO
SPECIE IN PERICOLO
SPECIE VULNERABILE
SPECIE A RISCHIO
SPECIE A BASSO RISCHIO
20
&
10
o sapevate che ...
90 L
LUPO GRIGIO
TUTTI I LUPI SONO PRONTI A SACRIFICARSI PER IL BRANCO
40
94 Le vostre immagini
36
52
28
92 Parchi e dintorni
3
4
Il sorprendente mondo degli animali
Le formiche, come apparse dal nulla, si sono precipitate sul miele
cibandosene fino a ripulire completamente la foglia. Quasi fosse stato
un appuntamento, le formiche sono arrivate da tutte le parti, hanno
mangiato e se ne sono tornate a casa.
© Rex Features
Più di cento formiche circondano una goccia di
miele su una foglia. Siamo a Pulau Pinang,
in Malesia
5
© Rex Features
Il sorprendente mondo degli animali
Mamma ippopotamo riemerge dall’acqua
con una nuova acconciatura
Mamma ippopotamo ha un nuovo look grazie alla parrucca di alghe,
che sfoggia una volta tornata in superficie. La vegetazione cresce infatti
rigogliosa in questi stagni del Parco nazionale Kruger, in Sudafrica, dove
agli ippopotami piace farsi il bagno.
6
L’ara scarlatta aiuta l’ara gialloblu dandole
un’energica grattata di schiena
I pappagalli infatti prestano molta cura alle loro penne:
questi due amici si aiutano l’un l’altro.
© Rex Features
Il sorprendente mondo degli animali
7
Il sorprendente mondo degli animali
8
Il sorprendente mondo degli animali
© Rex Features
Questo cucciolo si scatena in un balletto
nella foresta finlandese
Sua madre lo guarda con disapprovazione mentre gli altri cuccioli non
sembrano interessati a seguirne le mosse; sono troppo impegnati a
mangiare mentre il fratellino si fa quattro salti.
9
Il mondo segreto del lupo grigio
10
IL MONDO SEGRETO DEL
Il lupo è un animale sociale con un’intelligenza superiore come dimostrano la perfetta
organizzazione sociale, l’empatia e la sintonia che regnano all’interno del branco.
Tutti i lupi sono pronti a sacrificarsi, perché sanno che solo uniti possono
sopravvivere: è la forza del branco.
Testi di Rick Jones
Il rapporto tra uomo e lupo risale alla
notte dei tempi. E non sempre è stato
dei migliori. Non esiste animale nella
storia del mondo che abbia goduto,
o patito, un rapporto di amore e odio
con l’uomo tanto intenso e travagliato.
Nel corso dei millenni i nostri antenati
hanno scoperto affinità insospettate
con questa specie e col tempo ne è
nata una certa empatia. Le più antiche
pitture rupestri rinvenute in America
mostrano due misteriose formazioni
di cacciatori, molto simili tra loro,
impegnate in una battuta di caccia.
Una delle formazioni è composta da
lupi stilizzati, l’altra da uomini. Nel sud
della Francia, nella grotta di Chauvet,
uno dei siti archeologici più noti del
mondo, sono preservati spettacolari
esempi di arte rupestre risalenti al
Paleolitico e disegnati da uomini
preistorici 32.000 anni fa.
Tra le centinaia di strabilianti
riproduzioni di animali di ogni specie
è stata scoperta, impressa nella
roccia, la prima traccia di un rapporto
destinato a diventare duraturo: una
serie di orme lasciate da un bambino
di 8-10 anni che intersecano le
impronte lasciate da quello che pare
un compagno inseparabile, un canide
adulto.
Col tempo, i lupi che hanno instaurato
uno stretto rapporto con l’uomo
si sono trasformati nelle diverse
sottospecie che vanno sotto il comune
denominatore di “cani”.
Ma il rapporto uomo-lupo non è stato
sempre idilliaco. I lupi che hanno
respinto ogni forma di domesticazione
hanno subito una ben diversa sorte. Da
millenni subiscono una persecuzione
spietata da parte dell’uomo, che
in alcune aree ha sterminato
queste creature fino all’ultimo
esemplare. Ma a cosa si deve questo
stridente rapporto di odio e amore?
Probabilmente alla stessa peculiarità
che ha reso queste creature uniche: la
fedeltà assoluta che li lega gli uni agli
altri, fino all’estremo sacrificio.
LUPO GRIGIO
Canis lupus
Classe Mammiferi
Areale Praterie, foreste e
tundra circumpolare
Alimentazione Alci, cervi,
ungulati, lepri, piccoli
mammiferi, etc
Vita media 7-8 anni
Peso da adulto 25-50 kg
Livello rischio estinzione
SPECIE A BASSO RISCHIO
11
Il mondo segreto del lupo grigio
L’importanza del branco
Tsa Palmer dirige l’UK Wolf Conservation Trust.
Si occupa di lupi da oltre 40 anni e ci spiega perché vivere in branco è essenziale per questi animali.
Insieme ad altri 4 responsabili, 4 dipendenti e
oltre 70 volontari, Tsa Palmer gestisce l’UK Wolf
Conservation Trust, un ente britannico che da anni
si batte per la salvaguardia dei lupi. La sede del
WCT è a Reading, nel Berkshire, in Gran Bretagna
(www.ukwct.org), dove uno speciale centro ospita
alcuni esemplari cresciuti in cattività. Sotto lo
stretto controllo dei responsabili, i visitatori del
centro possono interagire direttamente con i lupi
ospiti, che al WTC considerano “ambasciatori”
della specie. L’ente finanzia progetti internazionali
di tutela per garantire la salvaguardia e sopravvivenza dei lupi in tutto il mondo.
Tsa ridimensiona subito l’immagine che molti
ancora hanno del branco: “Ogni lupo sa esattamente qual è lo scopo principale del branco:
vigilare e agire per garantire la sopravivenza degli
esemplari più forti, la coppia riproduttiva; nel contempo i lupi si prendono cura l’uno dell’altro con
profonda empatia.” In natura un branco può avere
dimensioni variabili. Alcuni sono
formati da appena 5 esemplari e
i diversi ruoli al suo interno non
sono sempre chiaramente definiti.
Tutti i branchi sono composti da
una famiglia nucleare, formata da
una coppia con i cuccioli degli ultimi 1-3 anni. I branchi più
grandi comprendono esemplari di molte cucciolate
precedenti.
”In un branco di leoni vi è un unico esemplare
maschio, il più forte, che si accoppia e riproduce
con più femmine. I lupi viceversa hanno sviluppato
una strategia più sofisticata. La coppia riproduttiva
è formata dagli esemplari migliori e più forti di
entrambi i sessi, quelli più adatti a riprodursi; gli
altri membri del branco si aggregano e collaborano per fornire loro la massima assistenza. E sono
molto uniti, rinsaldano costantemente i legami
sociali dedicando molto tempo alla vita in comune,
soprattutto quando stanziano per qualche tempo in
un territorio. E sono profondamente empatici.”
“Sono creature estremamente schive e circospette.
Spesso i subordinati fanno da sentinella e precedono il branco nei suoi spostamenti per controllare
che non vi siano pericoli.” La ricognizione ha uno
scopo preventivo, serve a proteggere la preziosa
coppia riproduttiva da potenziali situazioni di pericolo, per garantire così non solo la sopravvivenza dei geni del branco, trasmessi dagli
esemplari più forti e intelligenti, ma anche
la loro dispersione:
eventuali individui
che si allontaneranno dal branco per
formare un proprio
nucleo familiare saranno essi stessi forti e capaci
di sopravvivere.
“Spesso la femmina in gestazione non partecipa
alle battute di caccia per non mettere a repentaglio la propria sicurezza e quella dei cuccioli che
porta in grembo, il rischio sarebbe eccessivo”
spiega Tsa. “Quale membro del branco di rango più
elevato riceverà in ogni caso la sua parte di cibo,
dato che ha bisogno di nutrirsi per dar vita alla
futura generazione.”
L’istinto innato di lottare per il predominio pare
particolarmente sviluppato nelle femmine. Ecco
perché le lupe cresciute in cattività a Reading vengono tenute costantemente sotto controllo quando
raggiungono la maturità e il pieno sviluppo. In natura, le femmine che raggiungono uno o due anni
d’età lasciano il branco e vanno “in dispersione”,
per libera scelta o perché allontanate. Le lupe
ospitate a Reading invece vengono trasferite in
altri centri più attrezzati e adatti alle loro esigenze,
gestiti da organizzazioni per la tutela della specie.
È per la loro sicurezza. Se non fossero trasferite,
le rivalità interne potrebbero portare a scontri
anche letali, perché l’istinto naturale spinge le
femmine a dominare i maschi, per
potersi accoppiare e assumere il
controllo all’interno del branco.
Tutti i branchi sono composti da una famiglia
nucleare, formata da una coppia con i cuccioli
degli ultimi 1-3 anni. I branchi più grandi
comprendono esemplari di molte cucciolate.”
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Lupo grigio
Le 6 regole d’oro del branco
Per restare forte e unito il branco deve rispettare alcune regole inviolabili
1. Lasciarsi guidare dai genitori
In ogni branco la coppia dominante è quella che sa cosa
occorre fare, guida il gruppo e decide per tutti. I cuccioli seguono sempre papà e mamma fiduciosi. La prima regola
del branco è “obbedire ai genitori”. Il diritto di accoppiarsi e
riprodursi è riservato esclusivamente agli individui più forti
e intelligenti, il maschio e la femmina alfa, che spesso non
hanno legami di parentela. Il grosso del branco è formato
dai cuccioli che nascono di anno in anno: diventano membri
subordinati e restano sotto il controllo dei genitori fino a che
non sono pronti ad andarsene per conto proprio. Qualsiasi lupo in teoria può diventare un alfa dominante, ma per
poterlo diventare in genere deve abbandonare i genitori e
trovare altri lupi con cui creare un nuovo branco.
2. Rispettare la gerarchia “
a tavola”
Per rimarcare il proprio status di dominante la coppia riproduttiva mangia sempre per prima e può scegliere le
parti migliori della preda. I lupi divorano la carcassa quasi
interamente, mangiano ogni parte della preda tranne il cranio. Anche se l’animale catturato è di grandi dimensioni e
ad abbatterlo è stato l’intero branco, le parti migliori (quelle ricche di grasso come il cervello, il cuore, la groppa e le
spalle) spettano alla coppia alfa, che è la prima a mettere
i denti sull’ambito pasto. Il resto del branco aspetta impaziente il proprio turno tenendosi a distanza ed emettendo
piccoli gemiti. Al lupo omega, quello di rango più basso, a
volte restano solo la pelle e le ossa.
4. Guidare
“da dietro”
Nel 1995 il Parco Nazionale di Yellowstone
(USA) ha dato il via a un
piano di reintroduzione
del lupo. Il predatore
mancava dal parco da
69 anni. Alcuni ricercatori, capitanati da Rolf.
O. Peterson, hanno avuto perciò l’occasione di osservare in diretta come si forma un branco
in natura. Hanno scoperto che la coppia riproduttiva incita il branco
spronandolo all’azione e negli spostamenti indica la direzione, senza
però mettersi alla guida della fila (lo fa dalle retrovie). Quando vanno in
ricognizione, o a caccia, a fare da apripista sono le femmine di rango
inferiore imparentate con la femmina alfa. Il potere decisionale è temporaneamente affidato ad altre femmine adulte, anche se la coppia alfa
conserva il predominio e può sempre far prevalere la propria decisione, anche se dal fondo della fila.
3. Rimarcare il ruolo di capobranco
Le esibizioni di forza e supremazia servono agli individui
alfa per rimarcare e consolidare la propria posizione gerarchica. Di tanto in tanto gli alfa mettono a terra i subordinati, li “montano”, li inseguono e fingono di aggredirli. Può
sembrare brutale, ma non lo è, fa parte delle dinamiche
del branco e nessuno se la prende. Nel 2009 il professor
David Mech, un’autorità nel campo dello studio dei lupi, ha
sedato un maschio dominante che da tempo martoriava i
subordinati più giovani per poterlo esaminare. Mentre l’esemplare alfa era addormentato, i subordinati che aveva
perseguitato lo hanno difeso facendogli la guardia e controllando preoccupati quanto accadeva
6. Marcare il territorio
Un esemplare dominante senza un numero sufficiente di
subordinati è praticamente “uno sfrontato”’. Lo status di
dominante innesca nei lupi alfa dei cambiamenti comportamentali. Mentre perlustrano il territorio gli alfa, soprattutto i maschi con al seguito branchi numerosi, urinano di
frequente, a volte ogni due minuti. La posizione assunta
dai cani quando fanno pipì richiama quella che nei lupi è
detta “minzione a zampa alzata”. L’urina serve a marcare
il territorio, ovvero i suoi confini, e a segnalare agli altri
lupi la presenza di un branco al suo interno. Il dominante
urina con la zampa alzata perché marcando oggetti verticali lascia segnali olfattivi più durevoli: sul terreno verrebbero più facilmente cancellati. Le tracce olfattive ad
altezza di muso, inoltre, sono più facilmente riconoscibili.
5. Creare nuove alleanze
Quale che sia la sua
collocazione geografica,
il 5%-20% di una popolazione di lupi è costituito da individui entrati in
“dispersione”, ovvero da
lupi che hanno abbandonato il branco in cui
sono nati per crearne
uno nuovo. In genere
i lupi lasciano il branco all’età di 1 o 2 anni,
quando raggiungono la
maturità sessuale, ma può accadere che anche individui adulti decidano di andarsene per conto proprio. Prima di unirsi a un altro branco,
o trovare un partner con cui crearne uno nuovo, certi lupi percorrono
oltre 800 km. La dispersione su grandi distanze riduce i rischi di accoppiamento tra consanguinei (endogamia) e spiega come riescano
i lupi a colonizzare velocemente vaste aree, disponibilità di cibo permettendo.
13
Il mondo segreto del lupo grigio
Come comunicano
Per scambiarsi messaggi i lupi usano segnali olfattivi, visuali
e uditivi. Espressioni del muso, posture e linguaggio del corpo
scandiscono la vita sociale del branco e ne rimarcano le regole,
trasmettendole ai nuovi membri.
Per i lupi la comunicazione vocale è fondamentale. La usano per
scambiarsi informazioni in modo istantaneo. Ululati, latrati, guaiti e ringhi hanno tutti un proprio significato. Quando un lupo ringhia o abbaia,
lo fa per rimettere in riga un altro lupo e intimargli di non oltrepassare
il segno, di abbassare la cresta se ha mancato di rispetto al maschio
dominante o di andarsene se si è avventurato nel territorio di un altro
branco. Gemiti e guaiti sono un segno di sottomissione.
L’ululato ha varie funzioni. In genere quando
i lupi ululano all’unisono lo fanno da una posizione centrale del proprio territorio, raramente
dai confini. L’ululato consente ai membri del
branco separati o dispersi di comunicare a distanza. I lupi riuniti ululano spesso in coro per
pura eccitazione, ad esempio quando si ritrovano
o prima di partire per la caccia.
Attraverso il linguaggio del corpo i lupi comunicano il proprio umore e le proprie intenzioni. Se
vogliono giocare, per invitare gli altri a partecipare al gioco, fanno una specie di inchino: sollevano il fondoschiena e protendono in avanti
le zampe anteriori come per stiracchiarsi. Se
un lupo tira indietro le orecchie significa che si
sente minacciato ed è pronto a battersi.
Il portamento del dominante
Il capobranco sta dritto sulle zampe completamente
distese, tiene le orecchie dritte e la testa alta, come per
guardare tutti dall’alto in basso. La posizione della coda è
il segnale più chiaro con cui un lupo segnala il suo rango
all’intero del branco. I lupi dominanti tengono la coda sollevata, almeno a 90 gradi, in posizione orizzontale.
La sottomissione attiva, un
atteggiamento “da cuccioli”
La sottomissione “attiva” prevede manifestazioni di
arrendevolezza, in pratica atteggiamenti simili a quelli dei
cuccioli per chiedere cibo agli adulti. Il lupo subordinato
si avvicina a quello dominante con fare festoso e una
postura bassa, gli lecca il muso da sotto tenendo sempre
la testa più in basso rispetto a quella del lupo alfa.
14
Lupo grigio
Sottomissione passiva: a pancia in su Se mostra i denti, è un avvertimento
La sottomissione “passiva” è l’estremo atto di subordinazione. Significa sottomissione totale. Il lupo subordinato
si sdraia sul fianco o sulla schiena scoprendo il fianco e
il ventre, le sue parti più vulnerabili, e permette al lupo
dominante di annusargli i genitali. In genere tutto finisce
con una veloce annusatina, ma può accadere chi ha violato
le leggi del branco venga aggredito, anche violentemente.
Quando un lupo si sente minacciato ed è pronto a difendersi,
e quindi ad aggredire, solleva le labbra e mette in mostra il
suo poderoso armamentario di denti. Se lo fa per sfidare un
altro lupo, come di fronte alla carcassa di una preda o per
questioni di gerarchia, nella gran parte dei casi uno dei due
contendenti si fa da parte: arretra senza battersi per evitare
uno scontro in cui rischierebbe di restare ferito.
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Branchi rivali
L’organizzazione sociale e gerarchica del branco consente
di prevenire lotte intestine. Difficilmente gli individui di uno
stesso branco si azzuffano. Ma cosa succede quando due
branchi entrano in contatto?
In genere i lupi preferiscono combattere
una guerra psicologica anziché arrivare
allo scontro fisico. Per un lupo ferito
andare in cerca di una preda, riuscire ad
abbatterla e perfino mantenere il proprio
rango all’interno del branco diventa
un’ardua impresa, e in uno scontro fisico
si corre sempre il rischio di restare feriti.
Come misura preventiva, i lupi dominanti
delimitano chiaramente il territorio con
segnali biochimici, marcandolo con schizzi
di urina, escrementi, secrezioni prodotte
da ghiandole perianali e prepuziali (vicine
ai genitali), o poste sotto i piedi; depositano
le secrezioni strusciandosi o grattando
il suolo. Anche l’ululato può servire per
tenere alla larga gli intrusi. Segnala a
potenziali rivali la presenza di un branco
in un territorio e consente di valutarne
le dimensioni. Talvolta però può capitare
che tra branchi vi sia una forte rivalità,
soprattutto se in una data area abbondano
prede e tane adatte per la riproduzione.
Nel parco di Yellowstone, Rick McIntyre,
un biologo che da anni si dedica allo studio
dei lupi, è stato testimone di una faida che
si è protratta per ben 18 anni. Di generazione in generazione, i due branchi si sono
contesi il controllo dalla Lamar Valley e la
guerra si è conclusa con un esito letale.
Nell’inverno del 1995, il branco di “Druid
Peak”, formato da lupi appena reintrodotti,
ha scacciato dalla valle il branco detto di
“Mollie”, che vi si era stabilito da tempo
(Mollie era il nome della direttrice del Fish
and Wildlife Service). Il branco di Mollie era
formato dai primi lupi reintrodotti a Yellowstone e i ricercatori erano convinti che
i nuovi lupi si sarebbero tenuti alla larga
dal branco che aveva ormai messo radici,
forte e consolidato, e si sarebbero dispersi
in altre direzioni. Tuttavia, subito dopo
essersi formato, il branco dei “Druidi” ha
iniziato a fare incursioni nella Lamar Valley
col preciso intento di isolare, inseguire ed
eliminare il maschio dominante del branco
di Mollie. Poi ha costretto gli individui sopravvissuti del branco rivale ad andarsene
e a battere in ritirata per 40 km, fino alla
vicina Pelican Valley, un’area brulla e inaridita molto meno appetibile, dove le uniche
prede costantemente presenti erano
enormi bisonti al pascolo, una preda non
facile. Ne sono seguiti frequenti scontri,
anche letali. Nel 2013 la femmina alfa dei
Druidi è stata uccisa da alcuni cacciatori
e il maschio alfa (755) è rimasto solo. Le
altre femmine del branco erano tutte sue
figlie o nipoti e “755” ha deciso di lasciare i
Druidi per andare a corteggiare una femmina del branco rivale,”759”. Come in una
versione canina di Romeo e Giulietta, la
coppia, seppur minacciata da entrambi i
branchi, si è riprodotta, dando così vita a un
terzo branco in quella valle tanto contesa.
I lupi difendono tenacemente il proprio territorio, e per difenderlo sono pronti a combattere fino allo stremo.
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Lo scontro fisico è sempre un rischio, un lupo ferito difficilmente riesce a sopravvivere a lungo.
“Rick McIntyre è stato testimone di una
feroce faida tra due branchi che si è
protratta per 18 anni”
Il lupo grigio
Prima scelta
La coppia dominante inizia a divorare la
preda scegliendo le parti migliori, mentre
gli altri membri del branco aspettano
in disparte, ansiosi di mettere i denti
sull’ambito pasto.
La preda non va solo abbattuta. Va difesa
dalle mire degli animali “spazzini” che ai
aggirano nei dintorni in cerca delle prede
altrui. Se l’intruso è più forte del branco, i lupi
rinunciano al loro bottino. Abbandonano la
carcassa e battono in ritirata.
© Alamy, Corbis, Getty, Rex Features, Thinkstock, Hendrik Gheerardyn
La dura lotta per il cibo
Mangiano a turno
Quando il capobranco ha finito di mangiare, i
lupi di rango inferiore possono avvicinarsi alla
preda per prelevare la propria parte. Intanto
però il rischio che possa arrivare un animale
spazzino aumenta, per cui divorano il pasto il
più in fretta possibile.
Strategie di caccia
La cooperazione è fondamentale per riuscire a catturare prede di grandi
dimensioni. Le tattiche possono variare, ma è il lavoro di squadra il punto di
forza del branco.
I lupi coprono grandi distanze per andare in cerca di
prede; un detto canadese recita: “Il lupo caccia coi piedi”.
Un lupo da solo però non riuscirebbe a portare a casa
granché, e nemmeno un branco ci riuscirebbe se non
fosse ben organizzato. Ma i lupi sono predatori molto
efficienti. Trottano instancabili per decine di chilometri
per seguire una traccia e in genere attaccano solo
prede che alla loro vista scappano impaurite, come ad
esempio gran parte degli ungulati che vivono in grandi
branchi (alci, caribù, cervi e perfino bisonti). Dapprima
li seguono furtivamente, avvicinandosi di soppiatto
senza farsi scoprire. Poi partono all’attacco e caricano
gli ungulati a più riprese per disperderli e individuare
gli esemplari più deboli, che vengono quindi presi di
mira. A quel punto i lupi sfoggiano tutta la loro capacità
tattica.
Una parte dei lupi cerca di intercettare e bloccare la
preda, per esempio facendola cadere a terra; presi dal
panico, gli animali di grandi dimensioni, nella fuga,
possono cadere e ferirsi. Gli altri lupi intanto addentano
l’animale in punti ben precisi. Un alce, per esempio,
viene attaccato da dietro e dai lati, e trattenuto fino a
che non rallenta la corsa. A quel punto i lupi gli si avventano sul naso e sulla gola e per lui è la fine.
Per i caribù la tattica è diversa: i lupi attaccano frontalmente e abbattono la preda azzannandola al volto e
al collo. I cervi sono un osso duro. Per abbatterli i
lupi saltano sulla groppa dell’animale da dietro e
affondando le zanne fino a che non stramazza
a terra.
I bisonti vengono azzannati all’altezza delle
cosce, isolati dagli altri bisonti e poi morsi,
attaccati ripetutamente e inseguiti fino a
che non sono esausti. Solo con un’azione
perfettamente coordinata i lupi possono
riuscire ad abbattere una preda tanto
potente e di tali dimensioni.
Ma i lupi sono predatori eccezionali. Possono catturare prede di ogni dimensione,
da topini di appena 20 grammi a bisonti di
oltre 500 kg. Questa loro straordinaria abilità
spesso è causa di un difficile rapporto con
l’uomo, che teme per la sicurezza del proprio
bestiame nelle aree in cui allevamenti e lupi
convivono. Tuttavia, i lupi individuano, isolano e
attaccano solo gli animali più anziani, deboli o malati
e a loro modo contribuiscono a mantenere forte la
mandria.
Le parti migliori della preda sono
riservate alla coppia dominante,
quella riproduttiva. Ai lupi di
rango più basso a volte resta
ben poco.
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Il ciclo di vita
della coccinella
COCCINELLA
Coccinella septempunctata
Class Insecta
Areale Europa, Asia
settentrionale, Nordamerica e
Oceania
Alimentazione Afidi, piante
Vita media 2 anni
Peso da adulto 0.02g
Livello di rischio estinzione
Le 3.500 specie di coccinella esistenti
compongono una delle famiglie più variegate
del regno animale. Molti conosceranno la
coccinella comune, con le sue ali rosse e
i sette puntini. Le coccinelle sono il brutto
anatroccolo degli insetti poiché si affacciano
al mondo come orrende larve, ma poi si
trasformano in creature bellissime.
Le larve crescono
Mese 1
NON VALUTABILE
Lo stadio di pupa
Mese 1
L’uscita dal bozzolo
Mese 2
Dopo un settimana di trasformazione, la coccinella spezza il bozzolo
ed esce. All’inizio le sue ali sono
di un giallo pallido, non sfoggiano ancora il caratteristico rosso
maculato
Le provviste per l’estate
Gli esemplari maturi trascorrono
i mesi estivi in cerca di cibo: nel
corso della vita possono arrivare a
mangiare fino a 5.000 afidi
© Dreamstime
Il letargo
Durante l’inverno le coccinelle
vanno in letargo, cercando il calore
nei buchi degli alberi nei quali
trascorrono la stagione
18
Quando la larva appare tanto
ingrossata da sembrare sul punto di
scoppiare, compie un’ultima muta.
Nella settimana successiva la larva
si trasformerà in pupa: il corpo
dell’insetto assumerà le sembianze
dell’esemplare adulto.
Dopo circa tre o quattro settimane trascorse
a sgranocchiare succose foglie, le larve sono
completamente sviluppate. Ma nessuno
sospetterebbe mai di trovarsi davanti a
delle coccinelle, il loro aspetto fa supporre
tutt’altre specie!
La schiusa
Giorno 7
Le larve appena nate misurano solo
tre millimetri di lunghezza. In questo
stadio la loro occupazione principale
è quella di mangiare e di crescere
trasformandosi attraverso la muta.
Primo stadio
Giorno 1
Le uova vengono deposte sul lato
inferiore delle foglie dopo la stagione
degli accoppiamenti, in maggio. Quella
di nascondere le preziose uova sotto
alle foglie è una strategia che permette
di proteggere le piccole coccinelle in
fase di sviluppo.
Tre mesi dopo
Dopo l’accoppiamento la
femmina può conservare
lo sperma maschile
fino a tre mesi, prima di
usarlo per fecondare le
sue uova.
La coccinella è adulta
Mese 2
La coccinella assume i suoi tipici colori in
pochi giorni e inizia la vita da adulta all’inizio
dell’autunno. L’accoppiamento avverrà nella
tarda primavera.
Cucciolo
come te
www.oltremare.org
La vita nei fondali tropicali
20
20
La vita
nei fondali tropicali
I mari poco profondi sono tra gli ecosistemi più vari della terra ed ospitano numerose specie,
dagli invertebrati microscopici a pesci di grandi dimensioni.
Testi di Amy Grisdale
Il fondo del mare brulica di vita e rappresenta la casa e la fonte di
nutrimento per un’infinità di creature marine. La luce solare penetra
fino a 100 metri di profondità, e dove c’è luce c’è vita. “Plancton”
è un termine generico che indica gli organismi animali e vegetali,
spesso di dimensioni microscopiche, che vivono in sospensione
nell’acqua; questi organismi si dividono in fitoplancton (vegetali)
e zooplancton (animali). Il plancton vegetale costituisce una delle
più semplici fonti di nutrimento e si forma in acque esposte ai raggi
solari perché ha bisogno di luce per crescere. Le acque poco profonde sono popolate anche da minuscoli animali che rappresentano
una preziosa fonte di nutrimento per i suoi abitanti, dai coralli agli
squali dotati di apparati filtranti. Dalle microscopiche larve animali
che assorbono le sostanze nutritive dissolte nell’acqua ai delfini dal
naso a bottiglia che spingono i pesci sulla sabbia e se ne nutrono
spiaggiandosi parzialmente, i fondali marini sono uno degli habitat
più vari del pianeta.
21
21
La vita nei fondali tropicali
Pesce unicorno
marginato
(Naso annulatus)
Capasanta
Pesce balestra titano
Famosi per la loro aggressività, questi mostruosi
pesci sono estremamente territoriali. Possono
raggiungere la lunghezza di 75 centimetri e sono
spesso accompagnati da pesci più piccoli che
sperano di potersi nutrire dei loro avanzi. Prima
dell’accoppiamento si producono in una danza.
Difendono con forza le loro aree di nidificazione ma, se
attaccati, cercano riparo tra i coralli.
Squalo nutrice
Questi squali trascorrono la maggior parte
del tempo sul fondo del mare, a riposarsi
oppure a perlustrare i fondali alla ricerca di
prede. Hanno denti piccoli e seghettati con
cui afferrano qualunque animale si trovi
sulla loro strada, mentre con le loro forti
mascelle frantumano crostacei, gamberi
e calamari.
Remora
Razza
Enormi razze si riposano sul fondale,
spesso mimetizzandosi con la sabbia.
Piccoli pesci sono attirati dalle sue
grandi ali, che possono servire da
riparo, e dalla possibilità di rimediare
un pasto gratis impadronendosi degli
avanzi della razza.
Cavalluccio marino
Murena
Pesce pagliaccio
Stomatopode (cicala di mare)
Vongola
Sotto la sabbia
I morbidi fondali marini sono l’habitat ideale per tutti i tipi
di animali, dai vermi microscopici alle razze giganti. Alcuni
animali, per proteggersi, si nascondono sotto la sabbia,
come i vermi, che in superficie sarebbero esposti ai pesci,
o i granchi. I sabellidi, una famiglia di anellidi policheti, si
nutrono filtrando l’acqua con le loro branchie simili a fiori
o piume colorate, ma si ritraggono velocemente nelle loro
tane se un predatore si avvicina. Le capesante si tengono
al sicuro nascondendosi nella sabbia, ma sono in grado
di sfuggire ai pericoli allontanandosi “a nuoto”, aprendo e
chiudendo le valve della loro conchiglia. Alcuni animali
vivono sotto la sabbia perché questa è essenziale alla
22
Pesce scatola giallo
I pesci scatola sono parenti stretti dei pesci
palla e non si allontanano mai troppo dal
fondo del mare. Questi pesci setacciano
la sabbia in cerca di vermi sepolti e di altri
invertebrati marini. Quando sono spaventati
si nascondono in mezzo ai coralli invece di
gonfiarsi come i loro parenti.
loro alimentazione, come ad esempio le arenicole che ne
ingoiano piccole quantità per estrarre le sostanze nutritive
che si trovano tra un granello e l’altro. La sabbia viene
quindi espulsa ripulita.
Non tutti gli animali che vivono sul fondo del mare
forniscono simili servizi utili, anzi, alcuni di essi sono
feroci predatori. Gli stomatopodi scavano buche nelle quali
rifugiarsi in attesa di ignare vittime di passaggio. Questi
predatori possono sferrare un attacco letale in frazioni di
secondo, le loro potenti chele si muovono a una velocità
di 70 chilometri orari. Anche le murene si trovano a loro
agio sui fondali, dove si nascondono in cavità, oppure tra
Limulidae (o granchio
a ferro di cavallo)
le rocce aspettando il momento adatto ad un’imboscata.
Esistono più di 200 specie di murenidi; la più grande è la
murena gigante, che raggiunge la lunghezza fenomenale
di tre metri. Alcuni pesci riescono a non farsi notare vivendo sotto la sabbia, e in alcuni casi si alleano addirittura con
altre specie per evitare i pericoli. I gobidi hanno sviluppato
una relazione simbiotica con i gamberi pistolero, in cui il
pesce e il gambero condividono lo stesso riparo e si avvertono reciprocamente se un predatore si avvicina. Anche la
pastinaca mascherata si nasconde sotto la sabbia durante
la bassa marea, ma quando il livello dell’acqua risale sgattaiola fuori dalla tana in cerca di granchi, gamberi e vermi.
Al di sopra del fondale
Molti degli animali che vivono nascosti sul fondale dell’oceano lo
fanno per sfuggire a quelli che vivono sopra. I delfini dal naso a
bottiglia, per esempio, vanno a caccia di cibo rovistando nella sabbia, anche tenendo delle spugne marine tra i denti per proteggersi
il muso, facile a graffiarsi. Uno dei predatori più letali dei fondali
è la terrificante lumaca marina assassina, che in passato ha
provocato anche vittime umane; possiede un arpione orientabile
che contiene un potente veleno, in grado di paralizzare il pesce in
un istante.
Le barriere coralline si formano soltanto nelle acque poco profonde. Nonostante il loro aspetto, simile a piante, sono colonie di
piccoli invertebrati marini imparentati con le meduse. I coralli si
nutrono di plancton per filtrazione e assorbono elementi nutritivi
dalle alghe che crescono sulla loro superficie. Il corallo rappresenta un’importante fonte di nutrimento, oltre che un riparo. I
pesci pappagallo e le tartarughe marine triturano il corallo con i
loro robusti becchi e lo espellono sotto forma di sabbia finissima,
una volta completata la digestione. I pesci balestra titano sono
notoriamente aggressivi nei confronti di qualunque animale osi
avvicinarsi troppo e i loro denti, affilati come lame di rasoio, sono
in grado di sminuzzare il corallo trasformandolo in una polvere
sottile.
Altri pesci, come per esempio la damigella fasciata, prelevano
il plancton dalla superficie dei coralli o lo assorbono dall’acqua.
Alcune specie trascorrono tutta la vita al seguito di altre, in cerca
di nutrimento. Le remore si attaccano agli squali grazie a un
organo-ventosa e si nutrono di avanzi che fuoriescono dalla bocca
dello squalo e, occasionalmente, di parassiti che si trovano sulla
sua pelle. I pesci pulitori vanno sempre in cerca di pezzetti di cibo
rimasti incastrati tra i denti o tra le squame dei loro vicini. Questi
opportunisti alimentari si avventurano anche nella bocca dei
predatori più pericolosi pur di rimediare un pasto.
Tartaruga verde
La più grande tra tutte le tartarughe
marine segue una dieta esclusivamente
vegetariana e scandaglia i fondali in
cerca di piante acquatiche, che strappa
grazie al becco seghettato
Le “star” dei fondali tropicali
o
I pesci pagliaccio
sono immuni alla
puntura difensiva
degli anemoni
Cone snail
Stella marina piumata
Questi echinodermi, simili
alle stelle marine, si nutrono
del plancton che prelevano
dalle acque dove vivono. Si
spostano grazie a piccoli
“piedi” chiamati cirri e si
ancorano al fondale quando
trovano il luogo ideale.
Gobidi
I gobidi, o ghiozzi, si comportano come se fossero gli
occhi dei gamberi pistoleri. I
due animali vanno in cerca
di cibo sui fondali stando
a stretto contatto. Se un
predatore si avvicina, il
gobide avverte il gambero del
pericolo con la coda.
© Corbis, Thinkstock, The Art Agency; Tracey-Anne Sitch
Mullidi (Triglie)
Questi pesci traggono nutrimento direttamente dai fondali e perlustrano
i sedimenti in cerca di molluschi e
piccoli animali. La bocca rivolta verso
il fondale e i barbigli lunghi e sottili
sotto al mento rendono la ricerca ancora più efficace. Questi baffi sondano
la sabbia per scovare minuscole
prede nascoste.
Pesce napoleone
Raggiunge spesso una lunghezza superiore all’altezza
di un uomo di media statura
e può vivere fino a 30 anni.
È un pesce estremamente
raro, se ne contano circa 20
esemplari ogni 10.000 metri
quadri.
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L’uno contro l’altro
Leone contro tigre
Mettiamo a confronto i due grandi felini per capire chi è il vero re della giungla
Forza 7/10
Ha una potenza considerevole, ma da
solo, senza l’aiuto del branco, un leone
riuscirebbe ad abbattere al massimo una
piccola zebra.
Aggressività 9/10
Quando due leoni rivali si affrontano lo
scontro può essere letale. La competizione è feroce e i maschi devono
costantemente difendere o affermare la
propria posizione di predominio.
I denti
Gli esemplari più grandi possono avere zanne lunghe 12
cm. Il leone fa a pezzi la preda con gli affilati molari detti
carnassiali.
Dimensioni 7/10
Un leone può arrivare a pesare 250 kg.
Vivendo in branco, può permettersi di
avere dimensioni più ridotte rispetto agli
altri grandi felini.
Velocità 8/10
Quando scatta per rincorrere prede veloci
può raggiungere gli 80 km/ora, ma non
riesce a reggere a lungo una simile
velocità.
Cervello 6/10
Il cervello di un leone può pesare fino a
240 grammi, il che è pari allo 0,1% del
peso totale di un esemplare adulto.
Morso 7/10
La potenza del morso è di 46 kg per
centimetro quadrato.
È un animale sociale
I maschi hanno il compito di proteggere
il branco e in particolare i cuccioli appena nati. Le leonesse si prendono cura
dei leoncini collettivamente. Quelle più
anziane spesso accudiscono i nipotini
24
24
Forza 10/10
Una tigre, da sola, può uccidere
animali cinque volte più grandi di lei,
ad esempio un bisonte indiano di
1.000 kg.
Si mimetizza
nell’ambiente
Le righe “spezzano” la sagoma
e consentono alla tigre di
mimetizzarsi nella vegetazione
della giungla e di avvicinarsi
alle prede di soppiatto, senza
che se ne accorgano.
Aggressività 7/10
Quando due tigri si incontrano in
genere non attaccano briga. Ognuna
prosegue tranquillamente per la
propria strada.
Dimensioni 8/10
Può raggiungere l’incredibile peso di
390 kg, è il felino più grande esistente
al mondo.
Velocità 6/10
Non ha una grande resistenza e nei
brevi scatti raggiunge al massimo la
velocità di 65 km/ora.
Cervello 7/10
Il cervello di una tigre può arrivare a
pesare 265 grammi, il che equivale
allo 0,06 %
del suo ragguardevole peso complessivo.
Morso 9/10
La potenza del morso è di 74 kg per
centimetro quadrato.
Il ruggito
Lo si può udire a 2 km di
distanza. Le tigri lo usano per
comunicare tra loro più che
per intimorire le prede.
Si incontreranno mai?
Per quanto strettamente imparentati, i due grandi
felini non entreranno mai in contatto in natura.
Vivono in aree che distano migliaia di chilometri. I
leoni vivono in Africa, le tigri in Asia.
Areale della tigre
Areale del leone
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25
Bizzarro!
Il roditore dalle zampe
lunghe che si
mette a urlare
Provetto corridore, il marà può raggiungere
la velocità di 45 chilometri l’ora per sfuggire
ad un predatore. Scava cunicoli con i
suoi affilati artigli e vive sottoterra in
gruppi molto numerosi,
talvolta di 60 individui.
PATAGONIAN MARA
Dolichotis patagonum
Classe Mammiferi
Areale Argentina
Alimentazione Vegetazione
e frutta
Durata della vita Sopra i 14
anni
Peso da adulto 11kg
Livello di rischio estinzione
SPECIE A RISCHIO
I marà urlano, sibilano e grugniscono
I marà emettono un suono acuto quando si separano da amici e partner, mentre in coppia producono versi modulati durante la ricerca di cibo per rimanere
in contatto fra loro. I maschi grugniscono per confortare le femmine o quando
curano il proprio corpo. Capita anche che questi roditori si mettano ad urlare: lo
fanno per comunicare quando sono al buio o per segnalare un pericolo.
Marcano il compagno con l’urina
Per respingere eventuali pretendenti, il marà urina sulla schiena della compagna in modo da lasciare il proprio segnale olfattivo. Da parte sua la femmina
può rifiutare il corteggiamento con un getto di urina che in genere colpisce
il maschio dritto sul muso. Tutti i marà si servono dell’urina per marcare la
propria presenza, ed anche per risolvere le dispute.
Le zampe hanno un numero diverso di dita
Le zampe anteriori sono più corte di quelle posteriori ed hanno anche un numero
maggiore di dita: ogni zampa anteriore ne ha quattro, mentre quelle posteriori ne
hanno tre. Gli arti frontali si sono evoluti per scavare efficacemente nel terreno, mentre
quelli posteriori forniscono lo slancio per una rapida fuga.
I marà sono monogami rigorosi; le coppie infatti
rimangono insieme per la vita. I maschi mantengono il legame con la femmina seguendola
ovunque e affrontano qualunque rivale le mostri
interesse. Le femmine hanno bisogno di mangiare di più per via dei piccoli e, mentre queste
si nutrono, i maschi rimangono fermi a fare la
guardia.
Al marà viene la “pelle d’oca”
Quando si sente minacciato, il marà grunisce e sbatte
le mascelle. Se queste tattiche non sortiscono effetto,
il roditore si fa venire la pelle d’oca. Il fenomeno che
causa la pelle d’oca si chiama piloerezione e porta i
peli a drizzarsi: in questo modo la pelliccia si gonfia
e il marà sembra più grosso. Il predatore si potrebbe
spaventarsi e decidere di andarsene.
© Dreamstime
Sono rigidamente
monogami
Le emozioni
che porti con te
www.acquariodicattolica.it
SUPER
SENSI
Nel regno animale i cinque sensi spesso non bastano. Per
sopravvivere alcune specie hanno sviluppato capacità sensoriali
eccezionali. Scopriamo quali sono queste specie superdotate.
Testi di Ella Carter Sutton
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Xxxxxxxxxxxxx
L’OLFATTO
Certi orsi sono in grado di fiutare il
cibo a chilometri di distanza!
Con l’evoluzione, gli orsi hanno sviluppato
organi olfattivi del tutto speciali (un naso e
aree cerebrali specializzate) e con essi un
fiuto straordinario che usano per individuare e
riconoscere i propri simili, evitare i pericoli e,
soprattutto, localizzare le fonti di cibo.
Le loro eccezionali doti olfattive sono dovute
a una serie di fattori concomitanti e in primo
luogo al loro enorme naso, ricco di recettori. Ha
dimensioni notevoli, per cui la superficie su cui
si estendono i recettori olfattivi è ragguardevole.
E maggiore è il numero dei recettori, più
sensibile è l’olfatto. Ma non è tutto.
Il naso è mobile e l’orso può direzionarlo
come vuole. Certi muscoli specializzati
consentono all’orso di puntare il naso in
varie direzioni, e quindi di seguire tracce
olfattive anche molto distanti
per localizzare con
più
“Maggiore è il numero dei
recettori, più sensibile è
l’olfatto”
precisione prelibati bocconcini.
Negli orsi anche il bulbo olfattivo è enorme. Il
bulbo è l’area del cervello adibita all’elaborazione
delle informazioni (gli odori) percepiti dai
recettori. Quello di un orso è 5 volte più grande
del nostro, nonostante il suo intero cervello
sia un terzo del nostro. Ciò significa che la sua
capacità di elaborazione è molto potenziata e
contribuisce ad accrescere le prestazioni già
fenomenali del grande naso. Certi orsi polari,
per esempio, hanno fiutato la presenza di una
femmina pronta per l’accoppiamento a 160
km di distanza; poi
hanno coperto l’intera
distanza a nuoto per
raggiungerla!
ORSO BRUNO
Ursus arctos
Classe Mammifero
Areale Foreste e zone montane
delle regioni settentrionali di Nord
America, Europa e Asia
Alimentazione Pesci, roditori,
bacche, radici, germogli
Vita Media 25 anni
Peso da adulto 318kg
Livello di rischio estinzione
SPECIE A BASSO RISCHIO
I ratti hanno due organi olfattivi: il loro è un super-olfatto
I ratti percepiscono gli
odori attraverso due
diversi organi e usano
l’olfatto per scambiarsi
informazioni e segnali.
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I roditori hanno un naso molto evoluto e
iper-sensibile. Probabilmente è il frutto di
un progressivo adattamento alle abitudini
alimentari di questi animali che, come
è noto, hanno una alimentazione molto
varia e quindi la necessità di individuare vari tipi
di cibo.
Tuttavia, anche se è vero che molti ratti e topi hanno
in mente solo il cibo, è vero anche che quando fiutano
l’aria non vanno in cerca solo di risorse alimentari. Usano
l’olfatto anche per altro. Particolari sostanze chimiche
presenti in ogni tipo di secrezione organica fungono da segnali olfattivi che possono allertare i ratti segnalando loro la
presenza di predatori. In pratica, i ratti possono letteralmente
fiutare il pericolo. Annusando l’aria, e magari “assaggiando”
l’odore con la lingua, possono percepire i cambiamenti ormonali che hanno luogo nei loro simili, oltre a miriadi di segnali
di natura chimica provenienti dall’ambiente circostante.
Hanno due tipi di organi olfattivi. Quando inspirano, l’aria
inalata dal naso, passa attraverso le narici e sfiora aree
densamente costellate di recettori, che percepiscono l’odore
e trasmettono l’informazione al cervello. Nei recettori
l’informazione è codificata da particolari geni che, attraverso
le proteine, si collegano ognuno a un odore diverso. Ogni recettore, ossia gene, è sensibile solo a una, o a poche sostanze
odorose. I ratti possiedono 1.207 diversi geni-recettori, noi ne
abbiamo soltanto 350! Questo vuol dire che l’olfatto dei ratti è
quasi quattro volte più sensibile del nostro.
Oltre che attraverso il naso, i ratti percepiscono gli odori
anche attraverso un organo detto vomero nasale (OVN). Lo
usano soprattutto per captare la presenza di feromoni. L’OVN
è situato all’interno del naso. Quando il piccolo roditore fiuta
o assaggia qualcosa, le molecole odorose si dissolvono
nel muco e vengono trasmesse all’OVN che invia quindi
l’informazione al cervello. In questo modo l’organo consente
ai ratti di comunicare con i propri simili attraverso segnali
olfattivi. Ogni ratto è in grado di recepire i messaggi “fiutabili”
inviati dagli altri, come per esempio eventuali cambiamenti
ormonali. Per potersi accoppiare, infatti, un ratto maschio
deve prima ricevere (fiutare) il richiamo olfattivo (ormonale)
inviato dalla femmina, con cui questa gli comunica di essere
pronta.
LA VISTA
La canocchia pavone ha gli occhi più
sofisticati del mondo animale
È un crostaceo di piccole dimensioni e
vive nelle acque temperate dell’oceano
Indiano e del Pacifico. Ma è anche un feroce
predatore che può sferrare veri e propri
pugni. A renderlo sensazionale è però la sua
incredibile vista. I due grandi occhi - su
peduncoli infilati sulla testa - possono
muoversi indipendentemente
e ognuno ha una visione
tridimensionale autonoma.
Ogni occhio infatti è diviso in tre
sezioni, con un proprio punto
di messa a fuoco, in pratica ha
tre punti focali e può triangolare
l’informazione per calcolare
la distanza e la profondità
dell’oggetto che osserva.
Gli occhi contengono milioni
di
fotorecettori, minuscoli neuroni che
trasmettono i segnali luminosi al cervello. I
nostri occhi hanno solo 3 tipi di fotorecettori,
quelli della canocchia pavone ne hanno 16
(altre specie di canocchie ne hanno 12). Un
tempo si pensava che le consentissero di
vedere una gamma di colori più ampia rispetto
alla nostra, ma ora sappiamo che permettono
loro di percepire un maggior numero di
lunghezze d’onda dello spettro della luce; in
pratica possono vedere la luce ultravioletta.
Però non sappiamo ancora a cosa serva loro.
CANOCCHIA PAVONE
Squilla empusa
Classe Malacostraci
Areale Oceano Indiano e
Pacifico, mari temperati
Alimentazione Invertebrati
marini, pesci, piccoli crostacei
Vita media 15-20 anni
Peso da adulto 600g
Livello di rischio estinzione
NON VALUTABILE
Il camaleonte può guardare davanti e dietro simultaneamente
Gli occhi del camaleonte sono prodigiosi.
Diversamente dai nostri, che sono frontali e
guardano entrambi nella stessa direzione, quelli del
camaleonte sono indipendenti e possono guardare
in direzioni opposte nello stesso momento. Le
orbite a forma di cono conferiscono a questa
curiosa creatura un aspetto stralunato. Il “cono” è
formato da un’unica grande palpebra che si apre, al
centro, quel poco che basta per scoprire la pupilla e
consentire all’occhio di vedere.
Entrambi gli occhi possono muoversi in tutte le
direzioni, per questo il camaleonte riesce a vedere
a 360 gradi senza muovere la testa. Per mettere a
fuoco un oggetto ha un metodo tutto suo. Quando
avvista la preda con uno degli occhi, gira la testa
verso di lei, punta anche l’altro occhio nella
stessa direzione e mette a fuoco il prelibato
boccone con entrambi gli occhi. In pratica,
sincronizza il movimento degli occhi per
ottenere la visione binoculare che
gli consente di percepire meglio la
distanza e il movimento della preda,
in modo da poter sferrare l’attacco a
colpo sicuro.
Occhi come
obiettivi zoom
Gli occhi
permettono al
camaleonte di
“zoomare” sulla
preda.
Una protezione
per l’occhio
La palpebra squamosa ricopre quasi
interamente l’occhio
per proteggerlo.
Occhi indipendenti
Per la sua particolare
struttura anatomica
ogni occhio del camaleonte può valutare la
distanza degli oggetti
autonomamente.
Sempre sul chi vive
Gli occhi indipendenti consentono al camaleonte di vedere a
360° e di individuare i predatori
ovunque siano.
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L’UDITO
ALLOCCO DI LAPPONIA
Strix nubulosa
Classe Uccelli
Areale Nord America, Eurasia
settentrionale
Alimentazione Roditori
Vita media 12 anni
Peso da adulto 800-1500g
Livello di rischio estinzione
Le orecchie del gufo
Le orecchie sono piuttosto grandi e costituite da
fessure poste sotto le piume ai bordi del disco
facciale.
SPECIE A BASSO RISCHIO
Una parabola di penne e piume
Il disco facciale dell’allocco è molto pronunciato ed è il motivo per cui ha un udito
così fine.
Ha un udito finissimo.
Riesce a individuare
una preda a oltre 100 metri di distanza, anche sotto
45 cm di neve!
È detto anche grande gufo grigio ed è un abile
predatore che conosce pochi rivali. Si nutre di piccoli
topi e altri roditori che vivono nelle regioni artiche
circumpolari e spesso deve scovarli sotto una spessa coltre di neve o nel buio delle gelide notti artiche.
Dalla sua, però, ha un udito finissimo che funziona
come un radar. Non perde mai un colpo.
Insieme ad una serie di straordinari adattamenti
fisiologici, l’udito ultrasensibile gli ha consentito di
sviluppare una tecnica di caccia praticamente infallibile. Le orecchie sono costituite da fessure poste ai
lati della testa e sono nascoste sotto l’enorme disco
di penne e piume, poste ad arte per convogliare le
onde sonore.
32
La posizione delle orecchie è lievemente asimmetrica, di conseguenza è come se il suono che percepisce provenisse da angolazioni leggermente sfasate
ed a volume diverso. Ciò gli consente di localizzare la
fonte del rumore con la massima precisione, anche
nell’oscurità. Dapprima crea una specie di mappa
acustica dell’area e poi si concentra sull’animale
che ha prodotto il rumore. Il disco di penne frontale
funziona come una parabola e convoglia le onde sonore verso le orecchie. L’udito finissimo è in grado di
captare perfino il più piccolo rumore emesso da una
preda nascosta sotto la neve, ad esempio il battito
cardiaco o il respiro di un piccolo roditore immobile!
Zampe e artigli
Le lunghe zampe gli consentono di affondare nella neve e afferrare saldamente
con i potenti artigli la preda nascosta sotto il
manto nevoso.
Appena percepisce anche un lieve rumore si dirige
verso il punto da cui proviene, per poi lanciarsi sulla
preda. Durante l’avvicinamento, mentre scende in
picchiata, non perde mai il contatto con la sorgente
sonora: continua a tendere l’orecchio per captare
eventuali segnali che indichino uno spostamento
della preda e, quando è sicuro che la picchiata andrà
a buon fine, si avventa sull’obiettivo a colpo sicuro.Ha
un volo estremamente silenzioso, tanto che riesce
ad avvicinarsi alla preda senza che questa si accorga
del suo arrivo. La silenziosità del volo gli consente
anche di concentrarsi sui suoni emessi dalla preda
senza che il battito delle grandi ali provochi alcuna
interferenza acustica.
“Appena percepisce anche un lieve rumore, si dirige
verso il punto da cui proviene per poi lanciarsi in
picchiata sulla preda”
Un volo silenzioso
Le penne delle ali sono sfrangiate
e oppongono così una minore
resistenza all’aria; per questo il volo
è molto silenzioso.
Gli elefanti sentono anche
con i piedi
A volte gli elefanti compiono improvvise migrazioni,
apparentemente senza alcuna ragione. Ora sappiamo che questi repentini spostamenti sono dovuti
al loro incredibile udito che consente di sentire anche
il rumore prodotto da un temporale (la pioggia che
cade) a centinaia di chilometri di distanza. Riescono
a percepire suoni a frequenza molto bassa, inferiore
ai 20 Hertz, detti “infrasuoni”.
Sono anche in grado di captare le vibrazioni del terreno prodotte da elefanti in fuga da un predatore a
chilometri di distanza. Le onde a bassa frequenza si
propagano attraverso il terreno e consentono a interi
branchi e a singoli esemplari di comunicare anche
a grandi distanze. Le frequenze sono così basse
che per noi sono impercettibili, sono al di fuori della
portata del nostro orecchio.
Si narra che grazie a questa particolare sensibilità
uditiva gli elefanti dello Sri Lanka e della Tailandia
abbiano percepito con largo anticipo il devastante
tsunami del 2004.
ELEFANTE AFRICANO
Sono stati visti
Africana
fuggire e mettersi Loxodonta
Classe Mammifero
in salvo prima
che gli abitanti
delle zone colpite
si rendessero
Areale Africa
Alimentazione Foglie, erba,
conto del pericolo
frutta
incombente.
Vita media 60 anni
Peso da adulto 5,500kg
Livello di rischio estinzione
SPECIE VULNERABILE
33
IL TATTO
COCCODRILLO
Crocodylus niloticus
Classe Rettili
Areale Africa
Alimentazione Pesci, ma
attacca gran parte degli
animali che gli capitano a tiro
Vita media 45 anni
Peso da adulto 225kg
Livello di rischio estinzione
SPECIE A BASSO RISCHIO
In milioni di anni di evoluzione
i coccodrilli hanno sviluppato
un sistema sensoriale e un
apparato tattile degni di un
predatore infallibile.
Il coccodrillo ha un muso sensibilissimo
con cui individua le prede
Se vi chiedessero di pensare ad un animale “sensibile”
difficilmente vi verrebbe in mente un coccodrillo. Con
le placche cornee della pelle, le potenti fauci capaci di
frantumare le ossa senza alcuno sforzo e i temibili denti
affilati, tutto sembrano tranne che animali sensibili. Però
anche i coccodrilli hanno bisogno di captare i segnali che
provengono dall’ambiente circostante. Per questo, sulla
testa e sul muso hanno miriadi di piccole protuberanze
simili a piccole cupole. Ne hanno anche sul resto del
corpo. Si chiamano “organi sensoriali tegumentari” (ISO),
o apparato tegumentario, e la loro funzione è stata a
lungo un mistero per gli scienziati. Poi hanno scoperto
SOTTO Gli yapok sono l’unica
specie di marsupiali in cui sia il
maschio sia la femmina hanno
il marsupio
che al di sotto di ogni protuberanza vi è una fitta rete
di terminazioni nervose, ovvero di recettori tattili, che
rendono il muso del coccodrillo di gran lunga più sensibile
delle nostre dita. Gli ISO sono in grado di captare i minimi
cambiamenti di pressione, le lievissime vibrazioni e le
minime increspature dell’acqua consentendo quindi al
coccodrillo di individuare una preda in movimento anche
a una certa distanza, di percepirne la presenza a contatto
con le sue fauci spalancate che quindi serra di scatto.
Anche gli alligatori hanno il muso costellato di ISO e, sotto
questo aspetto, le possiamo considerare “anime sensibili”.
Gli yapok vedono con le dita
Il piccolo yapok, detto anche opossum acquatico, è un marsupiale molto schivo che
vive nei fiumi e nei bacini idrici della foresta amazzonica. Ha abitudini notturne ed esce
allo scoperto solo nel cuore della notte per andare in cerca di cibo, ovvero di pesci e
crostacei. Fin qui nulla di strano. A renderlo unico nel suo genere è il sistema che usa
per muoversi nell’oscurità!
Ha lunghe zampe anteriori molto sensibili, con sensori tattili
estremamente sviluppati, e le usa per muoversi al buio insieme
agli speciali baffi simili alle vibrisse dei gatti. Avanza tastando
il terreno, infilando il naso e le dita ovunque, ovvero toccando
e annusando tutto ciò che incontra. Le zampe palmate gli
consentono di nuotare liberamente nei corsi d’acqua in cui
vive; usa le zampe posteriori come propulsori e tiene quelle
anteriori distese in avanti per trovare la strada a tentoni e
scandagliare la zona alla ricerca di prede.
Anche l’udito e l’olfatto dello yapok sono molto
sviluppati, e svolgono un ruolo determinante nella
ricerca del cibo in condizioni di buio quasi
assoluto!
“Lo yapok ha lunghe zampe anteriori con
sensori tattili estremamente sviluppati”
34
IL GUSTO
Quando si dice
“sesto senso
I maiali hanno un
gusto sopraffino
Il pesce gatto ha
papille gustative su
tutto il corpo
Il regno animale vanta specie che hanno un incredibile sesto
senso, oltre ai cinque che abbiamo anche noi.
Vi sono animali che possono vedere colori, o meglio, percepire
lunghezze d’onda dello spettro della luce invisibili ai nostri occhi.
Ad esempio varie specie di pesci, insetti, uccelli e perfino alcuni
mammiferi, tra cui caribù, gatti e cani, possono vedere le lunghezze
d’onda UV. Per renne e caribù questa capacità è essenziale per
sopravvivere durante le lunghe e periodiche migrazioni attraverso la
tundra gelata; consente loro di individuare i licheni, che costituiscono
la principale fonte di cibo nei mesi invernali, e di distinguere le tracce
di urina lasciate dai predatori sulla candida neve. L’urina assorbe i
raggi UV, mentre la neve li riflette, e in questo modo renne e caribù
riescono ad evitare spiacevoli incontri con predatori affamati.
Vedere all’infrarosso
Chemiorecezione:
un super-senso
Molti animali, per lo più
invertebrati, hanno organi microscopici
costituiti da terminazioni nervose che
svolgono la stessa funzione delle papille
gustative e dei recettori olfattivi, anche se
attraverso meccanismi differenti. In alcuni
casi svolgono anche altre funzioni. Detti
Vive sul fondo di laghi, stagni e fiumi a
chemiorecettori, sono in grado di individuare
corso lento in acque torbide e scarsamente determinate sostanze chimiche liberate
illuminate, per cui la vista gli serve a poco.
nell’ambiente percependone l’odore o
In compenso ha sviluppato un incredibile
il sapore. Possono captare anche la
senso del gusto, con cui individua possibili
presenza di ormoni e feromoni
fonti di cibo semplicemente assaggiando
prodotti da altri esemplari, oltre
l’acqua che lo circonda. Ha all’incirca
a miriadi altri stimoli
250.000 papille gustative distribuite lungo
sensoriali.
tutto il corpo, una quantità esorbitante se si
pensa che in media è lungo appena 15 cm!
Le papille sono concentrate per lo più sui
barbigli, appendici sensoriali simili a baffi che
cingono il muso del pesce e sono autentici
organi di senso eccezionalmente sensibili.
Il pesce li usa per “saggiare” l’ambiente alla
ricerca di cibo, ovvero di pesci ancora vivi
o carcasse in putrefazione di invertebrati
o pesci, a seconda delle preferenze delle
singole specie. Attraverso i barbigli localizza
la posizione del potenziale cibo. Le
papille gustative di cui sono dotati
sono così sensibili che certi
pesci gatto sono in grado
di individuare particolari
tipi di proteine disciolte
nell’acqua anche quando
la loro concentrazione è
incredibilmente bassa,
nell’ordine di 100
microgrammi per
litro.
Certi animali percepiscono
lunghezze d’onda che per noi
invisibili
Noi non siamo in grado di vedere le
radiazioni dell’infrarosso dello spettro
elettromagnetico, ma certi animali
riescono a percepirle, e tra questi
molti serpenti, pipistrelli e alcuni
insetti. I serpenti captano la radiazione
infrarossa emessa dalle loro prede
a sangue caldo. Localizzano il loro
obiettivo facendo una sorta di mappa
delle temperature e in questo modo
riescono a cacciare sia di giorno che di
notte, in qualsiasi condizione di luce!
Magnetolocazione
Certi animali percepiscono
lunghezze d’onda che per noi
invisibili
È una capacità che ha dell’incredibile e
gli animali che la possiedono la usano
per orientarsi. Megattere, piccioni e
salmoni se ne servono per ritrovare
la strada di casa nelle loro epiche
migrazioni. Le megattere usano la
magnetite presente nel loro cervello
come una sorta di bussola per seguire
i campi magnetici lungo i fondali
oceanici.
Ecolocazione
L’incredibile sonar
biologico di delfini e
pipistrelli
Delfini, balene e pipistrelli
usano questo sensazionale
biosonar per orientarsi e
cacciare. Emettono particolari
suoni ad alta frequenza e
ascoltano l’eco (le onde sonore
di ritorno) che rimbalza sugli
oggetti per stimarne la distanza
e le dimensioni. Pare che
questo sesto senso consenta
anche agli animali di avere
una visione tridimensionale
dell’ambiente.
Elettrolocazione
Certi animali sono in grado
di percepire lievissimi campi
elettrici nell’ambiente
Squali e ornitorinchi sono
sensibili ai campi elettrici. Gli
squali hanno speciali recettori
collegati ai pori del muso e
ad appositi organi chiamati
ampolle di Lorenzini, che
consentono al predatore
di percepire gli impulsi
elettrici prodotti dalle prede
in movimento nell’acqua.
L’ornitorinco ha pori simili sul
becco e usa questo sistema di
elettrolocazione per nuotare
al buio.
© Corbis, Alamy, FLPA, Thinkstock
In genere tutti pensano che i maiali siano
creature poco raffinate e nemmeno troppo
schizzinose in termini di gusti alimentari.
Però si è scoperto che sia loro che i
cinghiali, i loro cugini selvatici, hanno una
lingua estremamente sensibile ai diversi
gusti. Essendo onnivori, hanno bisogno
di distinguere ciò che è commestibile
da ciò che non lo è. I maiali conoscono
esattamente il sapore dei loro cibi preferiti
e di quelli da evitare perché velenosi o
nocivi; è un gran vantaggio quando vanno
in cerca di cibo.
Sulla nostra lingua abbiamo circa 9.00010.000 papille gustative che ci consentono
di percepire e distinguere i sapori. Sulla
lingua del maiale ce ne sono circa 19.000!
35
Pipistrelli vampiri
Con le sue terrificanti zanne il pipistrello vampiro, assetato di
sangue, è diventato una leggenda tra realtà e fantasia.
Testi di David Crookes
A SINISTRA
Un pipistrello succhia il sangue dalla zampa di un uccello, in America Centrale
36
Pipistrelli Vampiri
Nient’altro che sangue
Unico mammifero parassita,
questo pipistrello si ciba
esclusivamente del sangue di
animali vivi.
Un vero ingordo
In mezzora il vampiro può
arrivare ad assumere una
quantità di sangue pari all’80%
del suo peso corporeo.
Mentre sorseggia
il sangue
La lingua ha due
scanalature laterali
che si dilatano e si
contraggono mentre il
pipistrello si nutre del
sangue.
Denti affilatissimi
Questi animali hanno incisivi
taglienti che perforano la pelle
della vittima: da questa ferita
succhiano il sangue con la
lingua.
Le abitudini del pipistrello assetato di sangue
Unici mammiferi volanti, i pipistrelli si sono
guadagnati una poco piacevole reputazione,
per non parlare del pipistrello noto come
Vampiro vero di Azara, l’unico mammifero
che si ciba esclusivamente di sangue.
I pipistrelli vivono sospesi a testa in giù
nelle caverne, dormendo di giorno ed
uscendo di notte, ma è soprattutto quello
di cui si cibano che interessa alla gente.
Una volta che il vampiro ha individuato
la sua vittima - un cavallo, un maiale, una
mucca, un uccello o, in rari casi, un essere
umano - vuole assicurarsi un’abbondante
scorpacciata di sangue. Invece di mordere
la preda, berne il sangue e fuggire via, il
vampiro indugia per circa 30 minuti durante
i quali cercherà succhiare una quantità di
sangue pari all’80% del suo peso corporeo.
Dopo avere affondato gli artigli nella
carne per assicurarsi una maggiore presa,
questo mammifero parassita usa il sensore
di calore che ha sul naso per trovare il
punto in cui il tiepido sangue scorre più
abbondante. Solo allora morde la preda con
i due incisivi, tanto taglienti che lacerano
la pelle in modo relativamente indolore. Il
problema per il vampiro è che il sangue
tende a coagularsi: per protrarre il pasto
la saliva del pipistrello ha sviluppato una
glicoproteina anticoagulante chiamata
draculina che scende dalle scanalature
sulla lingua mentre succhia il sangue. La
saliva inoltre rende meno acuto il dolore
della vittima, permettendo al pipistrello di
estrarre la quantità di sangue di cui necessita
giornalmente, paragonabile a circa due
cucchiaini da tè.
Nel caso non riuscisse a procurarsela per
due notti consecutive, il pipistrello vampiro
morirebbe di fame.
VAMPIRO VERO DI
AZARA
Desmodus rotundus
Classe Mammifero
Areale Mexico, Central and
South America
Alimentazione Sangue
Vita media Oltre 12 anni
Peso da adulto 57g
Livello di rischio estinzione
Pipistrelli vampiri
Sfatiamo 3 falsi miti sui
pipistrelli vampiro
I pipistrelli dormono
a testa in giù durante
il giorno e cacciano
di notte.
L’unione fa la forza
Invece di vivere da soli, i pipistrelli preferiscono riunirsi in
colonie che possono contare migliaia di esemplari, anche se di
solito sono formate da un numero di individui compreso tra 30
e 150. Durante il giorno dormono a testa in giù, mentre di notte
vanno a caccia di sangue, attenti e furtivi, spostandosi sulle
quattro zampe per avvicinarsi alla preda.
Più affascinante è il comportamento delle femmine,
decisamente altruistico; infatti le femmine di pipistrello
che sono riuscite a guadagnarsi un buon
pasto rigurgitano una parte del sangue
se hanno l’impressione che alcuni dei
loro compagni ne abbiano bisogno.
In questo modo assicurano la
sopravvivenza della colonia, con il
tacito accordo della restituzione
del favore in caso di necessità;
uno studio del 2013 ha però
dimostrato che non sempre gli
individui beneficiati diventano a
loro volta donatori, dimostrando
così il loro egoismo!
Le femmine tendono a
scegliere a chi donare il sangue;
i loro cuccioli sono i più probabili
beneficiari, seguiti dalle femmine adulte
con le quali vi sia una relazione di parentela,
e poi gli individui con i quali condividono spesso
il rifugio notturno.
In squadra i pipistrelli vampiro sono estremamente
efficaci, ma molto raramente uccidono le loro vittime, anche
se una colonia di 100 esemplari sarebbe in teoria in grado di
dissanguare un capo di bestiame. I pericoli maggiori derivano
dalla loro capacità di trasmettere malattie come la rabbia, per cui
i pipistrelli vampiro possono provocare molte vittime.
38
Succhiano il sangue
In realtà non “succhiano” il sangue.
Dopo aver aperto la ferita nella pelle
della vittima, passano la lingua sul
sangue che sgorga e lo leccano,
piuttosto che succhiarlo come se
stessero usando una cannuccia. I “peli”
sulla loro lingua - in realtà papille erettili
- contribuiscono a rendere più veloce
l’assunzione del sangue.
Sono ciechi
In realtà i pipistrelli vampiro non sono
ciechi… come pipistrelli, ma al contrario
hanno una buona vista. Anche il loro
udito è fine e possiedono un sistema di
ecolocalizzazione simile al radar che li
aiuta ad orientarsi, oltre che a trovare
animali ricchi di sangue.
Sono topi volanti
Anche se alcuni li chiamano “topi
volanti”, tra pipistrelli e topi non
c’è nessuna relazione ma soltanto
una vaga somiglianza. I pipistrelli
appartengono al superordine Archonta,
che comprende anche primati, e
in modo più specifico all’ordine dei
Chirotteri.
Xxxxxxxxxxxxx
Usiamo il loupe al posto dell’obiettivo
Filtri ND e IR per il paesaggio
IL PIACERE
DELLA SCOPERTA
Lo scanner diventa una fotocamera
Prepariamoci la macchina per l’infrarosso
La tecnica del Light Painting • La magia del millesimo di
secondo • Il flash in manuale nella fotografia d’azione • Le
condizioni estreme • La fotografia all’infrarosso in digitale
• I segreti della stereofotografia • Video professionale con le
action camera
DOSSIER • Rinoceronte nero
40
40
DOSSIER
RINOCERONTE NERO
Era la specie di rinoceronte più diffusa e numerosa, ma ora è
sull’orlo dell’estinzione. La sua grande mole, i due robusti corni
e la pelle particolarmente spessa e coriacea non bastano a
proteggerlo dalla caccia spietata dei bracconieri.
Testi di Laura Mears
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DOSSIER • Rinoceronte nero
Accoppiamento e riproduzione
È un animale solitario, ma il legame tra madre e cucciolo è strettissimo: sono inseparabili
Gli esemplari maschi delimitano un proprio territorio, che può essere anche relativamente piccolo. Lo fanno per avere l’esclusiva sul diritto di
accoppiarsi con le femmine che lo attraversano.
Ne marcano i confini con cumuli di escrementi
e schizzi di urina, e lanciano una serie di segnali vocali, e non solo, per dissuadere i potenziali
rivali. Difficilmente ingaggiano autentici combattimenti, ma quando succede fanno sul serio e lo
scontro fisico può avere conseguenze letali.
Le femmine possono riprodursi in qualsiasi periodo dell’anno, ma gran parte dei cuccioli vengono al mondo nella stagione delle piogge. Quando una femmina è pronta per accoppiarsi (in
estro-calore) la concentrazione di feromoni nella
sua urina aumenta. A quel punto, schizza urina un
po’ ovunque per diffondere il suo odore e fare in
modo che il messaggio arrivi ai maschi; l’area entro cui si sposta è più grande di quella occupata
dai singoli maschi, per cui le tracce lasciate possono essere rilevate da diversi potenziali partner
che, attraverso l’olfatto, captano il suo segnale.
Il maschio, una volta assicuratosi l’attenzione di
una femmina, la corteggia pazientemente per
una o due settimane, seguendola dappresso e
coricandosi accanto a lei, fianco a fianco, nelle
ore del riposo. A volte “scalcia” i cumuli di escrementi depositati dalla partner per disperderli
intorno e impedire che gli altri maschi possano
intercettarne l’odore.
Il rituale di corteggiamento comprende manifestazioni di pura forza: il maschio si piazza davanti
alla femmina e, sbuffando dalle narici, scuote la
testa da una parte all’altra, a volte trascinando il
corno sul terreno. Fino a quando non è pronta ad
accoppiarsi, la femmina respinge le sue avance: lo
caccia via caricandolo e arriva perfino a minacciarlo con il corno.
Quando l’accoppiamento ha inizio, la copula può
durare anche un’ora. In natura, la gestazione dura
15-17 mesi. Ogni volta la femmina partorisce un
unico cucciolo, che alla nascita pesa 40 kg, ma
La famiglia del rinoceronte nero
Nei primi 18 mesi di vita il cucciolo non si separa mai
dalla madre, mentre il padre è inesistente.
Cucciolo
Per sopravvivere in un ambiente
popolato di potenziali predatori il
piccolo rinoceronte deve imparare a
reggersi sulle zampe e a correre già a
poche ore dalla nascita. Appena nato
pesa una quarantina di chili, ma cresce
in fretta grazie alla alimentazione
ipercalorica a base di latte e cibi solidi.
Resta con la madre per 3-4 anni, poi
questa lo spinge ad andarsene con
piccole cariche simulate e si prepara a
mettere al mondo un nuovo cucciolo.
42
Madre single
La femmina del rinoceronte nero è
estremamente protettiva nei confronti
della prole ed è pronta a difenderla,
all’occorrenza, usando il suo grande corno.
La minaccia principale è costituita da leoni,
iene e coccodrilli, ma anche dai rinoceronti
maschi, che a volte attaccano i cuccioli
dei maschi rivali. Lo scontro può essere
letale per la femmina. Ben il 30% circa delle
femmine di rinoceronte perde la vita a
causa delle ferite riportate in combattimenti
con altri rinoceronti.
è estremamente vulnerabile. Per difenderlo dai
predatori in agguato, la madre lo tiene nascosto
tra la vegetazione per una settimana, fino a che il
piccolo non riesce a correre con sicurezza.
A una settimana dalla nascita il piccolo è in grado
di ingerire cibo solido; mamma e cucciolo iniziano
a vagabondare per il territorio in cerca di foglie
fresche. La madre continua ad allattare il piccolo
fino a che non ha due anni e per reperire le risorse
di cui ha bisogno per produrre latte a sufficienza
deve spostarsi in continuazione in cerca di fonti
di nutrimento.
Durante gli spostamenti il cucciolo segue la madre mettendosi ordinatamente in fila dietro di lei,
sempre all’erta e pronta a intervenire in caso di
pericolo usando anche il corno, la sua arma più
potente. Per tenersi in contatto tra loro mamma
e cucciolo emettono lievi grugniti.
Il piccolo resta con la madre fino al quarto anno
di vita, quando lei lo allontana per mettere al
mondo un nuovo cucciolo.
Un padre assente
I rinoceronti neri non fanno
coppia fissa, maschi e
femmine si accoppiano
con più partner. I maschi
abbandonano le femmine
subito dopo l’accoppiamento;
non restano con la famiglia e
non si curano di difendere i
piccoli e la madre.
DOSSIER • Rinoceronte nero
Sempre vicino alla mamma
La sopravvivenza del piccolo
dipende dalle cure della
madre. Il cucciolo resta
sempre vicino alla mamma,
non si stacca mai da lei.
Le prime settimane di vita
In genere i cuccioli di rinoceronte vengono al
mondo nelle prime ore del mattino. Dopo una
veloce ripulita (la madre lava delicatamente il
cucciolo appena nato leccandolo), il piccolo
si alza sulle zampe e dopo appena pochi
Imparare a usare il corno
minuti è già in grado di reggersi in piedi
A 1-2 settimane di vita il cucciolo
autonomamente. Ma è vulnerabile ed esposto
inizia a impratichirsi. Deve
alle insidie e alle minacce del territorio, tra
imparare a fare tutto quanto
cui predatori come leoni e iene. La madre
gli servirà da adulto: correre,
gli rimane vicino, sempre all’erta e pronta a
caricare e incornare
usare il corno per allontanare eventuali intrusi
indesiderati.
Cammina quasi subito
Per una settimana mamma rinoceronte tiene
Il cucciolo di rinoceronte è
nascosto il piccolo nell’erba, nel folto della
capace di reggersi sulle zampe
prateria, dopodiché lo porta allo scoperto
ad appena mezz’ora dalla nascita
nella savana. Lo allatta più volte al giorno, le
e dopo 3-4 giorni è in grado di
poppate sono frequenti, e mentre dormono
correre.
lo tiene stretto a sé. Non lo perde mai di
vista, il contatto fisico è costante. Il legame
che si viene a formare tra madre e cucciolo
è fortissimo, sono praticamente inseparabili
Sorelle maggiori
Dopo la nascita di un nuovo
cucciolo, a volte la femmina di
una cucciolata precedente torna
a vivere con la madre. Il più delle
volte, tuttavia, le sorelle maggiori
fanno amicizia con un esemplare
non ancora adulto con cui non
sono imparentate e gli restano
accanto fino a quando non
raggiungono la maturità.
I giochi dei giovani
Il gioco è essenziale per
lo sviluppo dei cuccioli.
Anche se il nucleo familiare
è numericamente ridotto,
i piccoli di rinoceronte
incontrano spesso altri
cuccioli e giovani non ancora
adulti con cui giocare, per
esempio nei pressi delle
pozze d’acqua dove vanno
ad abbeverarsi. E a quel
punto baruffe e giochi
sfrenati sono all’ordine del
giorno.
43
DOSSIER • Rinoceronte nero
Una vita solitaria
È un animale erbivoro e conduce una vita in gran parte solitaria.
In certe zone condivide l’habitat con il rinoceronte
bianco, che deve il proprio nome non tanto al colore,
quanto alle sue grandi labbra squadrate (“weit” nella
lingua afrikaans, ossia “larghe”, ma la parola è stata
erroneamente ripresa in inglese come “white”, bianco). Le due specie, bianca e nera, per quanto chiaramente imparentate, sono facilmente distinguibili e
non si incrociano mai tra loro (non esistono cuccioli
ibridi). Il rinoceronte nero ha il labbro superiore “appuntito” e prensile.
Diversamente dal rinoceronte bianco, quello nero
non bruca l’erba; si nutre più che altro di foglie e
germogli, che strappa dagli arbusti usando il labbro
superiore. Non ha incisivi né canini e usa i grandi
molari per sminuzzare rametti e foglie. All’occorrenza, anche il corno può diventare un “arnese da cucina”, per strappare la corteccia dagli alberi, rompere
rami o spostare tronchi per raggiungere succulenti
nuovi germogli.
Il rinoceronte nero ha una mole non indifferente,
per cui tende a surriscaldarsi rapidamente sotto il
cocente sole africano. Per questo è attivo soprattutto nelle ore più fresche del mattino e della sera.
In genere trascorre le ore più calde del pomeriggio
sguazzando nel fango per tenersi al fresco. Quando
il terreno è asciutto si rotola nella polvere per togliersi di dosso i fastidiosi parassiti.
I maschi adulti tendono a evitare il contatto con altri
esemplari adulti (con l’unica eccezione della stagione
degli amori) e per comunicare tra loro usano segnali odorosi. Depositano nelle aree di pascolo cumuli
di escrementi con cui avvertono gli altri della loro
Bufaghe
beccorrosso
Nell’Africa subsahariana ci sono
due specie di
bufaghe, piccoli
uccelli che vivono
in simbiosi con i
mammiferi di grandi
dimensioni. Si
nutrono dei parassiti
che si attaccano
alla pelle, oltre che
di scaglie di pelle
morta e di fluidi
organici.
Antiparassitari naturali
Per certe specie, come gli impala, le
bufaghe sono un toccasana. Li liberano
dai parassiti e dalle zecche che
succhiano il loro sangue.
44
presenza; cumuli freschi segnalano che un adulto è
passato di recente ed è ancora presente nell’area. I
maschi sono territoriali e mentre defecano agitano
la coda per spargere gli escrementi sulla superficie
più ampia possibile. Calpestano gli escrementi per
imbrattarsi le zampe, che durante il cammino lasciano sul terreno le tracce del loro passaggio.
Quando due maschi si incontrano, la situazione può
farsi tesa. A volte finisce in uno scontro. Dapprima
i due avversari si studiano, manifestando atteggiamenti minacciosi; poi uno dei due carica agitando la
testa e quindi batte in ritirata sbuffando con rabbia.
Le cariche hanno uno scopo intimidatorio e spesso
bastano a dissuadere i maschi più deboli, ma se il
duello continua i due si scontrano a suon di testate
e cornate. La pelle, per quanto spessa, non sempre
è in grado di proteggere il corpo dal corno, che può
aprirvi ferite anche gravi e letali.
Il rinoceronte nero è erbivoro, ma non teme molti
predatori. La sua enorme stazza, la formidabile forza e la spessa pelle sono un deterrente efficace e ne
fanno una preda quasi inattaccabile. Inoltre è agile
nella corsa, può galoppare come un cavallo sollevando da terra tutte e quattro le zampe e raggiungere la velocità di 55 km/ora.
I cuccioli sono estremamente vulnerabili e la femmina li difende con tenacia. È molto protettiva e all’occorrenza usa il corno per tenere alla larga i predatori.
A minacciare i piccoli rinoceronti sono soprattutto
iene e leoni, ma è una caccia molto rischiosa e a
uscirne malconci talvolta sono proprio i predatori.
Amico o nemico?
Le bufaghe succhiano il sangue
che fuoriesce dalle ferite aperte.
Così facendo, secondo alcuni
ricercatori, contribuirebbero a
tenere pulita la ferita. Spesso
però, per aprire cisti formate da
larve di parassiti, aprono con
il becco affilato dei piccoli fori
nella pelle del rinoceronte, che
reagisce infastidito.
Pulizia delle orecchie
Le bufaghe si nutrono di pelle morta
e cerume. Per questo si soffermano
spesso vicino alle orecchie e al naso dei
pachidermi, che ripuliscono a dovere.
DOSSIER • Rinoceronte nero
“L’enorme stazza, la formidabile forza
e la pelle coriacea sono un ottimo
deterrente nei confronti dei predatori:
è una preda quasi inattaccabile”.
Abitudini alimentari
Il rinoceronte nero si nutre principalmente
di foglie, germogli e ramoscelli, che
strappa dagli arbusti con il suo labbro
superiore prensile.
Questa parte
equivale al 2%
del peso del
suo corpo
Il 90% della sua alimentazione è composta da
220 diverse specie di arbusti e piante.
Un esemplare maschio
mangia in media 23 kg di
cibo al giorno
Occasionalmente integra
l’alimentazione con erba.
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DOSSIER • Rinoceronte nero
Anatomia del rinoceronte nero
È uno dei più grandi erbivori africani. Si distingue dal cugino
africano, il rinoceronte bianco, per il labbro superiore prensile
che usa come una piccola proboscide per afferrare i rami delle
acacie, i suoi arbusti preferiti, e strapparne foglie e germogli.
Costole
Scapola
Il cranio
Il suo cranio è più piccolo di quello del rinoceronte bianco, ma ha una fronte più ampia, con
marcate creste ossee laterali.
RINOCERONTE NERO
Diceros bicornis
Classe Erbivoro
Areale Africa orientale e
meridionale
Alimentazione Erbivoro
Vita media 35-50 anni
Peso da adulto 800-1,400kg
Livello di rischio estinzione
SPECIE GRAVEMENTE A RISCHIO
Il corno
Il corno è formato da fibre
di cheratina “compattate” e
continua a crescere per l’intera
vita dell’animale, come le nostre
unghie.
Secondo
corno
Molari
Osso
Il carico grava sulla parte interna
Il cuore
L’enorme cuore batte 30-40 volte al
minuto.
Tre unghie
Tre dita
Ogni zampa ha tre dita che terminano
con robuste unghie, simili a piccoli
zoccoli. Sono sorrette da un grande
cuscinetto adiposo che consente di
distribuire l’enorme carico: ad ogni
passo gran parte del peso è sostenuto
dalla parte interna della zampa.
Le ossa delle zampe
È tra gli animali terresti più
pesanti al mondo ma, considerata la stazza, ha zampe
incredibilmente esili. È molto più
atletico di un elefante, sa galoppare e perfino saltare.
Cuscinetto adiposo
STADIO GIOVANILE
PRIMO STADIO
Nascita mesi 0
La femmina mette al mondo un
solo piccolo alla volta che pesa,
alla nascita, 30-50 kg.
Pappe solide
Prima settimana
Il cucciolo inizia a mangiare
cibo come foglie e germogli
quando ha appena una settimana di vita.
Svezzamento 1,5-2,5 anni
Lo svezzamento termina a 18 mesi,
prima che il cucciolo raggiunga il
suo pieno sviluppo e dimensioni da
adulto, anche se non molto prima.
Con la mamma 2.5-3 anni
Il cucciolo resta con la madre
anche dopo lo svezzamento,
spesso fino a quando questa
non mette al mondo un nuovo
piccolo.
MATURITA’
Maturità sessuale della
femmina 5-6 anni
La femmina raggiunge la maturità sessuale prima del maschio
e forma piccoli branchi con altre
femmine.
Maturità sessuale
del maschio 8 anni
I maschi sessualmente maturi conducono una vita solitaria e comunicano
con gli altri maschi mediante segnali
olfattivi.
DOSSIER • Rinoceronte nero
Xxxxxxxxxxxxx
Apparato digerente
Pur essendo erbivoro ha un solo
stomaco. Speciali batteri nella
parte iniziale dell’intestino crasso
fanno fermentare il cibo favorendo
l’estrazione delle sostanze nutritive
Labbro prensile
Il labbro superiore è uno dei suoi tratti
distintivi, che lo differenziano dagli altri
rinoceronti. Ha una forma allungata e “a
punta”, ed è prensile. Il rinoceronte lo usa
come una proboscide per afferrare i rami
e strappare il fogliame.
Una pelle spessa
Ha una pelle tre volte più spessa
di quella che dovrebbe avere
un animale della sua mole. È
formata da strati di cheratina e
contiene calcio, come le ossa, per
Nero, ma non del tutto
cui è ancora più coriacea.
Il rinoceronte nero non è propriamente “nero”; ha la pelle di un
colore grigio o bruno. Ama rotolarsi nel fango e nella terra arida e
polverosa e spesso assume il colore
della terra in cui si rotola.
La coda
Usa la coda per spargere gli
escrementi e marcare così il
territorio
Il modo di mangiare
Il labbro superiore è il suo tratto distintivo. Ha una forma “a
punta” ed è estremamente mobile, tanto che il rinoceronte
riesce a piegarlo e richiuderlo come fosse una piccola proboscide. Lo usa per afferrare i rametti degli arbusti preferiti e per
strappare foglie e germogli.
Parenti stretti
Sono strettamente imparentati con il rinoceronte nero…
Le zampe
I rinoceronti sono ungulati imparidigitati (con un
numero di dita dispari), come i cavalli e i tapiri.
Ogni zampa ha tre sole dita. La colossale mole
grava sul grande cuscinetto adiposo posto sotto
la zampa che distribuisce il peso.
Territorialità 10+ anni
I maschi adulti sono territoriali e
marcano il territorio cospargendolo
coi propri escrementi per lasciare
segnali olfattivi e stabilire il predominio
sull’area.
Riproduzione 10+ anni
In genere un rinoceronte nero ha il
suo primo cucciolo a 10 anni, anche se
sarebbe in grado di farlo molto prima
Vecchiaia 30+ anni
È un animale longevo, ma invecchiando i maschi perdono la capacità di
difendere il proprio territorio dai giovani
intraprendenti.
Rinoceronte bianco
È una delle due più grandi
specie di rinoceronte
ancora esistenti. Ha labbra
squadrate, molto adatte
per pascolare e vive nelle
vaste savane dell’Africa
centrale e meridionale. A
dispetto del nome, non è
bianco, ma grigio.
Rinoceronte indiano
È l’altra specie di rinoceronte di grandi dimensioni
ancora esistente. Ha un
unico corno. Vive nel
Bhutan, in India e nel
Nepal. Ha una pelle molto
spessa. È strettamente
imparentato con il
rinoceronte di Giava, una
specie a grave rischio di
estinzione.
Rinoceronte di Sumatra
È il più piccolo rinoceronte
vivente. Ha due corni. Un
tempo popolava il sud-est
asiatico fino alle pendici
dell’Himalaya, ma ormai
è rarissimo. Una sparuta
popolazione sopravvive
sull’Isola di Sumatra,
dove però il suo habitat
sta progressivamente
scomparendo.
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DOSSIER • Rinoceronte nero
Una volta dominava le savane dell’Africa sub-sahariana
Un tempo era la specie di rinoceronte più comune tra le
cinque ancora esistenti. In natura non teme molti predatori: la
sua mole, la pelle spessa e coriacea e i temibili corni sono un
ottimo deterrente. Può sopravvivere per giorni senza acqua e
questa speciale resistenza gli ha consentito di colonizzare vari
tipi di habitat. Un tempo il suo areale spaziava su tutta l’Africa
sub-sahariana, dove fino alla prima metà del XX secolo se ne
contavano circa 850.000 esemplari.
Con l’arrivo dei coloni europei, però, tutto è cambiato. I
nuovi arrivati hanno iniziato a cacciarlo per nutrirsene, per
sport e perché lo consideravano dannoso per le coltivazioni,
provocando così il suo brusco declino. Nel 1960 in natura ne
rimanevano solo 100.000 esemplari.
Anche alle specie asiatiche è toccato lo stesso destino. Sono
state oggetto di una caccia spietata per via del loro corno,
usato dalla medicina tradizionale cinese; a seguito di questo
sterminio è salita alle stelle la domanda di corni provenienti
dall’Africa e per soddisfare la crescente richiesta del mercato
asiatico il bracconaggio ha preso di mira i rinoceronti africani.
A partire dal 1970, in poco più di 20 anni, i bracconieri hanno
decimato il 97% della popolazione di rinoceronti neri sopravvissuti ai coloni europei.
Nel 1995 il loro declino ha toccato il livello più critico: erano
sopravvissuti solo 2.410 esemplari di rinoceronte nero.
Il 9% della popolazione ancora esistente vive oggi in soli quattro stati, Kenya, Namibia, Sudafrica e Zimbabwe, per lo più in
aree protette e riserve faunistiche. Speciali misure di tutela
hanno consentito una flebile ripresa della popolazione, che
oggi conta 5.000 esemplari. Il suo futuro però è tuttora incerto
perché il bracconaggio continua a rappresentare una seria
minaccia. Una sottospecie del rinoceronte nero, il rinoceronte
nero occidentale, è già stata dichiarata estinta.
A volte nei periodi di siccità i rinoceronti escono dalle riserve,
ossia dalle aree entro cui sono protetti, per andare in cerca di
cibo e acqua, ma fuori dalle riserve sono vulnerabili e diventano una facile preda per i bracconieri, anche perché il numero
di ranger incaricati di proteggerli è assolutamente insufficiente
per garantire un controllo costante.
Per salvaguardare la popolazione residua sono stati prelevati
alcuni esemplari dalle aree in cui le risorse sono scarse, o
il rischio dei bracconieri più elevato, e trasferiti in zone più
sicure. In altri casi hanno asportato il corno agli esemplari
adulti per renderli meno appetibili agli occhi dei bracconieri.
I rinoceronti fanno parte dei “big five” (cinque grandi) animali
“La specie ha subito un duro colpo e il suo futuro è tuttora incerto
perché il bracconaggio costituisce ancora una seria minaccia”
Minacce ambientali
La minaccia principale è costituita dai bracconieri, responsabili
dello sterminio della specie. Dopo avere ucciso il rinoceronte, ne
recidono il corno per venderlo sul mercato asiatico, dove è usato
nella medicina tradizionale.
Caccia
I primi a decimare le popolazioni di rinoceronte nero sono stati
i cacciatori, che consideravano l’enorme pachiderma un’ambita
sfida sportiva. Conservavano i corni come trofei.
Bracconaggio
I bracconieri cacciano di notte. Con affilati machete recidono il corno
e lo spediscono in paesi come Cina e Vietnam, dove è venduto a caro
prezzo, superiore addirittura a quello della cocaina.
Medicina ricercata
Il Vietnam è il più grande mercato dei corni di rinoceronte. I vietnamiti
sono convinti che il corno abbia proprietà curative contro il cancro o
l’impotenza. Dopo che nel 2011 il rinoceronte asiatico di Giava è stato
dichiarato estinto, la domanda di corni di rinoceronte nero ha subito
un’impennata.
Perdita di habitat
La popolazione residua del rinoceronte nero assiste a una progressiva erosione del proprio habitat. Questo grande animale ha bisogno
di vasti territori entro cui muoversi e per sopravvivere si nutre di
piante autoctone.
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selvatici del continente africano e sono un trofeo molto ambito
dai cacciatori che si recano in Africa per discutibili safari. In un
maldestro tentativo di salvare la specie regolarizzandone la
caccia (una scelta controversa e fonte di forti contestazioni),
Sudafrica e Namibia hanno deciso di rilasciare permessi speciali che consentono ogni anno a un massimo di 5 cacciatori
di cacciare un rinoceronte nero. L’intento è che l’interesse
economico spinga ad aprire centri di riproduzione per portare
il numero dei rinoceronti a un livello meno critico. I cacciatori
a cui è concessa la speciale licenza sottoscrivono un accordo
in cui si impegnano a mantenere il corno intatto come trofeo,
ma in molti casi è stato venduto sul mercato asiatico. Il
rilascio della discutibile licenza di caccia è stato interdetto
ai cacciatori vietnamiti in seguito alle frequenti violazioni
dell’accordo.
Perché rischia l’estinzione
Dal 1997 la convenzione CITES vieta il commercio e l’esportazione di rinoceronti neri e di loro parti, ma la
domanda dei corni di rinoceronte sul mercato nero asiatico rimane alta. Negli ultimi sessanta anni oltre il
90% dei rinoceronti neri sono stati sterminati dai bracconieri proprio per il loro corno. Il bracconaggio è la
minaccia principale per la sopravvivenza della specie. I rinoceronti si spostano lentamente, il che li rende
facilmente individuabili, e hanno una vista alquanto scarsa, uno svantaggio di cui i bracconieri approfittano senza scrupoli. Attaccano i rinoceronti con brutalità, abbattendoli a colpi di fucile, machete e perfino
con motoseghe. L’unica parte dell’animale che gli interessa, l’unica da cui possono ricavare un profitto,
sono i due corni, e dopo avere mutilato l’animale lo abbandonano agonizzante sul terreno, dove spesso
muore dopo una lunga agonia.
I corni sono fatti di cheratina, la stessa sostanza di cui sono fatti i nostri capelli e le nostre unghie, e
hanno una composizione simile a quella degli zoccoli del cavallo, ma per la medicina tradizionale cinese
solo il corno del rinoceronte, ridotto in polvere, ha proprietà terapeutiche. Di recente gli hanno attribuito
perfino la capacità di curare il cancro. Nessuna di queste credenze è supportata da prove scientifiche, si
tratta solo di stupide superstizioni, ma la mattanza continua.
La domanda di corni è ancora talmente alta che l’unico modo per proteggere questa specie è di colpire
duramente e direttamente i “consumatori” con pesanti sanzioni e applicare con più fermezza norme
severe contro la vendita di prodotti contenenti corno di rinoceronte.
Vicini di habitat
Condivide il proprio habitat con
specie grandi e piccole
Bufaga beccorosso
Vive in simbiosi con svariati mammiferi africani. Si posa sul dorso del pachiderma e lo
libera dai parassiti che lo infestano. Inoltre ha
una vista migliore di quella del rinoceronte
e in presenza di un pericolo lancia un acuto
segnale d’allarme.
Elefante africano
È il più grande animale terrestre al mondo.
Spostandosi, apre passaggi tra gli arbusti
che sono poi utilizzati dagli altri animali
per raggiungere le pozze d’acqua a cui abbeverarsi. Abbatte rami anche di notevoli
dimensioni, garantendo così un più facile
accesso alle specie più piccole.
Iena ridens o maculata
Vive in branchi che possono contare anche
80 esemplari e che rappresentano una seria
minaccia per i cuccioli di rinoceronte. Caccia
in branco ed è un predatore molto abile,
capace di catturare e abbattere prede molto
più grandi di lei.
Leone africano
È un grande felino che vive e caccia in
branco. È troppo piccolo per tentare la sorte
attaccando un rinoceronte adulto, ma un
branco di leonesse affamate può affrontare
un cucciolo di rinoceronte, dopo averlo
isolato.
© Alamy, Corbis, Nature PL, Thinkstock, Peter Scott/The Art Agency
Trascorre ore immerso
nelle pozze d’acqua, dove
cerca rifugio dal cocente
sole africano e si rinfresca
rotolandosi nel fango.
Ol Pejeta Conservancy: il santuario dei rinoceronti
SOTTO Simon Irungu rischia
la vita ogni giorno per
difendere i rinoceronti dai
bracconieri
La squadra di 32 guardie armate
che protegge le specie a rischio
In prima linea per difendere la specie
Incontriamo un coraggioso ranger che ogni giorno mette a repentaglio
la propria vita per salvare dallo spietato bracconaggio questa specie
sull’orlo dell’estinzione
Perché hai scelto di diventare un ranger?
Sono cresciuto vicino alla riserva di Ol Pejeta
in una zona chiamata Ngobit. Mia madre
lavorava per la riserva come assistente e
ho vissuto con lei dentro alla riserva fino a
che ho iniziato a frequentare le superiori a
Meru. È allora, durante la mia infanzia, che
mi sono innamorato della natura selvaggia e
degli animali di Ol Pejeta. A quell’epoca non
c’erano confini ben delimitati tra il territorio
delle comunità e quello della riserva. Di
conseguenza, il “confronto” tra comunità e
specie selvatiche era all’ordine del giorno.
Gli animali che si avvicinavano ai villaggi
venivano trafitti con le lance o cadevano
vittima delle trappole. Ciò a cui ho assistito
da bambino ha avuto un gran perso sulla
mia scelta di dedicarmi alla protezione della
fauna selvatica e mi ha spinto a tornare a Ol
Pejeta dopo gli studi.
Quando sei diventato un ranger?
Dopo il liceo ho ottenuto un primo incarico
temporaneo e nel 2006 sono entrato a
far parte della squadra di ranger incaricati
di pattugliare il territorio per difendere i
rinoceronti. Nel 2011 sono stato promosso
a responsabile del Rhino Area Sector e nel
2012, dopo un corso di formazione interno
e uno presso la polizia, sono diventato
riservista della polizia del Kenya. Sono
molto orgoglioso di far parte delle guardie
armate del parco e di essere stato nominato
comandante della squadra.
Come difendi ogni giorno i rinoceronti?
Un riservista deve essere pronto a
intervenire a qualsiasi ora del giorno e della
notte. Ogni giorno organizzo le squadre
di ranger armati che di notte pattugliano
il territorio e assegno loro le aree da
perlustrare, fornendo l’equipaggiamento di
cui hanno bisogno, le munizioni, gli occhiali
a infrarossi, i sistemi GPS. Insieme usciamo
in perlustrazione al tramonto e rientriamo
all’accampamento alle prime luci dell’alba.
Spesso dobbiamo difendere gli animali
con le armi e affrontare conflitti a fuoco.
I bracconieri ci sparano addosso, capita
soprattutto quando sventiamo i loro tentativi
di catturare un animale, ma fa parte del
mio lavoro. È il nostro dovere arrestare
chiunque si aggiri per la riserva senza
autorizzazione e fermare qualsiasi attività
che possa mettere a rischio la sicurezza
degli animali.
Qual è la parte più difficile del lavoro?
Siamo solo in 32 e dobbiamo pattugliare
un’area di oltre 364 km2. Non è facile
tenere tutto sotto controllo e prevenire gli
attacchi dei bracconieri. La domanda di
corni di rinoceronte e delle zanne d’avorio
è in aumento e i bracconieri che provano
a entrare nella riserva non sono pochi.
Riusciamo a sventare un buon numero
di attacchi, ma spesso rischiamo la vita
quando interveniamo. Però teniamo duro
e nonostante tutto la nostra riserva è tra
quelle che hanno subito le minori perdite
in termini di animali uccisi dai bracconieri;
questo grazie alla determinazione di
una squadra unita e motivata, al lavoro
svolto dalla direzione del parco e a chi ci
sostiene anche da lontano.
Get involved.
To help save rhinos now, visit
www.olpejetaconservancy.org
© Thinkstock, Ol Pejeta conservancy
Nome: Simon Irungu
Ruolo: Riservista della polizia del Kenya e
comandante delle guardie della riserva di
Ol Pejeta, dedicata alla salvaguardia dei
rinoceronti.
PHOTOGRAPHIC ART
© Bruno Bisang
WOMEN & MEN AT WORK
SPECIALE
ASIA & MIDDLE EAST
The photographic market
COLLEZIONA IMMAGINI D’AUTORE
Con questo fascicolo
WILLIAM KLEIN
I
IGUACNIA
AOMMGMAKLITLLE-LIN
M
W
JOAILEULZRIA
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I porcospini
Storie
fantastiche
Sono degli abili corridori
I ricci corrono all’impressionante velocità di due
metri al secondo. Questo significa che in un
secondo possono coprire una distanza superiore di
circa dieci volte la lunghezza del loro corpo: è come
se un uomo corresse alla velocità di 64 chilometri
orari.
I ricci sono predatori
tanto abili da essere
stati trasportati
dall’altra parte
del mondo per
contrastare i parassiti
da giardino in
Australia e Nuova
Zelanda.
Mamma riccio può
mettere al mondo
una cucciolata molto
numerosa, fino a 11
figli.
Esistono circa 17
specie di ricci, la più
numerosa è quella del
riccio europeo.
Ogni riccio è ricoperto
da circa 8.000 aculei
che misurano meno
di tre centimetri.
52
52
Gli aculei dei ricci sono cavi
Ogni singolo aculeo è flessibile e cavo, come lo stelo di una
piuma: gli aculei non sono altro che una variante del pelo; le
punte sono acuminate per difendere l’animale in caso di attacco,
mentre le terminazioni con cui le spine si attaccano alla pelle
sono dei bulbi arrotondati. Gli aculei vengono controllati da un
muscolo erettore. Quando ne cade uno, questo viene rimpiazzato da uno nuovo, cosa che si verifica più volte nel corso della
vita del riccio.
Le madri insegnano ai piccoli a cacciare
Quando nascono i ricci hanno gli aculei morbidi
e rimangono nel nido materno per tutto il primo
mese di vita. Una volta cresciuti iniziano ad
andare a caccia con la madre: dopo circa dieci
lezioni i cuccioli devono cavarsela da soli.
I porcospini si
chiamano così per il
leggero grugnito che
emettono quando
sono in cerca di una
compagna.
I porcospini
Si ricoprono di saliva
Nessuno sa esattamente perché i ricci cospargano i propri aculei di
saliva. Potrebbe essere per dissimulare il proprio odore e sfuggire così
ai predatori. Un’altra ipotesi sostiene che, così facendo, si ricoprano dei
residui del loro cibo preferito, di cui amano l’odore.
Hanno 500 pulci ciascuno
Contrariamente alla credenza popolare, il
riccio non muore se gli vengono tolte le pulci.
È comunque perfettamente a suo agio con
i parassiti, che sono specifici dei ricci e non
potrebbero sopravvivere su nessun altro
animale.
Raggomitolarsi a palla fa rialzare
gli aculei del riccio, che può anche
addormentarsi in questa posizione. La
superficie pungente potrebbe quindi
fare una brutta sorpresa ad una volpe
ficcanaso o a un tasso, che hanno un
naso molto sensibile.
Il riccio tropicale va in letargo d’estate, invece che in
inverno, per evitare la siccità
Nell’emisfero settentrionale il riccio è attivo
durante l’estate ed entra in letargo nei mesi freddi.
I porcospini che vivono vicino all’equatore invece
fanno l’opposto; andare in letargo in estate si
definisce estivazione e gli animali africani la mettono
in atto per sfuggire alla siccità.
Diverse specie di riccio vivono in Africa e in
Asia, dove hanno sviluppato dei meccanismi di
adattamento per controllare la temperatura corporea.
Alcuni hanno orecchie grandi per disperdere più
velocemente il calore e, appunto, entrano in letargo
d’estate.
Il riccio è un animale notturno; per questo
motivo non ha una vista acuta, ma gli altri
sensi sono molto sviluppati. L’olfatto è quello
principale: gli permette di fiutare una preda
sottoterra, grazie anche al muso allungato e al
naso sensibile.
Per il riccio il latte è veleno
L’alimentazione del riccio è composta da insetti,
e se bevesse del latte si disidraterebbe. Ciò
avviene perché l’animale non
riesce a digerire gli zuccheri
presenti nel latte, con conseguente diarrea. Il latte che
più lo danneggia è quello
scremato, o parzialmente
scremato, poiché ha un
contenuto maggiore di
lattosio ed è privo delle
vitamine liposolubili.
Inoltre il latte lasciato
nelle ciotole nei giardini
può attrarre batteri
che nuocciono al riccio,
mentre il lattosio ne
favorisce la proliferazione nello stomaco.
© Alamy; Corbis; Thinkstock
I ricci sono immuni alle tossine
I ricci sono immuni alla maggior parte dei veleni e possono tollerare un livello di
tossicità del sangue che potrebbe uccidere 25 uomini. Sono anche 45 volte più
resistenti alle tossine rispetto ai mammiferi di dimensioni simili. I ricci sopravvivono
a quasi tutti i tipi di morso di serpente, a meno che non vengano morsi sul muso o
sulla pancia. I serpenti attaccano in base alle variazioni di calore che percepiscono
e dunque non si rendono conto della presenza degli aculei; se il serpente li colpisce
con forza può addirittura morire.
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53
Una qualità genetica
Il becco colorato degli esemplari maschi del re
degli edredoni comunica alle potenziali compagne
la qualità del DNA.
Ti presento la famiglia
Le anatre
La famiglia delle anatre comprende più di 120 membri, dalle
anatre marine che di rado raggiungono la terraferma, fino a
bizzarre creature con becchi bitorzoluti.
IL RE DEGLI EDREDONI
Somateria spectabilis
Classe Uccelli
Areale Emisfero settentrionale
Alimentazione Crostacei,
molluschi, larve
Vita media 14 anni
Peso da adulto 1.5kg
Livello di rischio estinzione
ANATRA MANDARINA
Aix galericulata
Classe Uccelli
Areale Cina, Giappone, Corea
e Russia
Alimentazione Piante
acquatiche, grano, insetti
Vita media 10-20 anni
Peso da adulto 600g
Livello di rischio estinzione
Un caldo abbraccio
Le piume dell’anatra mandarina
sono incredibilmente morbide,
tanto che vengono usate per
ricoprire il nido in modo da tenere
gli anatroccoli al caldo.
Il re degli edredoni
Un animo socievole
Questa grande anatra marina migra dal nord del Pacifico al Circolo polare artico
per accoppiarsi e fare la muta. Infatti due volte all’anno i re degli edredoni si
liberano del vecchio piumaggio che viene rimpiazzato da uno completamente
nuovo; in queste occasioni si riuniscono in grandi gruppi da trecentomila
esemplari per proteggersi tra loro in quanto non possono volare fino a che le
nuove penne non si sono rifermate. Bastano alcune settimane dopodiché le
anatre possono riprendere il volo.
Il re degli edredoni si tuffa nell’acqua per scovare ricci di mare e altre
creature che abitano nei fondali, ma le femmine tendono a digiunare durante
l’incubazione delle uova. Inoltre, rispetto al piumaggio colorato dei compagni,
quello delle femmine è di un marrone uniforme.
Oca caruncolata
Le spericolate della famiglia
L’oca caruncolata, od oca becco bitorzoluto, migra in base alla disponibilità di
acqua e vive in gruppi di 30 o 40 esemplari. Fa il nido nelle cavità degli alberi o
occupa quelli lasciati liberi da altri uccelli; gli accoppiamenti iniziano con l’arrivo
della stagione delle piogge. Le femmine depongono fino a 20 uova ciascuna, e
le covano per un mese abbondante; spesso condividono il nido,
che può quindi arrivare a contenere anche 50 uova. Non
appena il guscio si rompe, la madre non perde tempo e
spinge i piccoli fuori dal nido, che può essere a 12 metri
dal suolo. Quando la madre li chiama, i pulcini saltano
a terra e la seguono finché non sono in grado di volare,
cosa che avviene intorno alle dieci settimane.
© Alamy; Thinkstock; Dreamstime
L’anatra mandarina
Gli aviatori della famiglia
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Queste anatre dall’aspetto appariscente provengono dall’estremo oriente, ma si sono diffuse nel
resto del mondo tanto che oggi nel solo Regno
Unito se ne contano ben settemila. Il loro ambiente
ideale è costituito dalle foreste e le si possono
avvistare in stagni boschivi e nei ruscelli. Come
per molte altre specie di anatre, le femmine non
vantano gli spettacolari colori dei maschi, ma
hanno il corpo marrone maculato e la testa di un
lilla tenue. I maschi eseguono complessi corteggiamenti per impressionare le femmine. Le coppie
rimangono unite per diverse stagioni. L’anatra
mandarina migra ogni anno e può coprire distanze
di 800 chilometri in meno di 24 ore, raggiungendo
la velocità di 50 chilometri orari.
OCA CARUNCOLATA
Sarkidiornis melanotos
Classe Uccelli
Areale Africa, India e Sud-est
asiatico
Alimentazione Piante
acquatiche
vita media 30 anni
Peso da adulto 2.5 kg
Livello di rischio estinzione
Il perché del nome
I maschi di oca caruncolata, od oca a becco
bitorzoluto, sfoggiano escrescenze carnose
sul becco che si gonfiano nella stagione
degli amori per segnalare la disponibilità
all’accoppiamento
MORETTA ARLECCHINO
La moretta arlecchino
L’anatra romantica
Histrionicus histrionicus
Classe Uccelli
Queste anatre trascorrono l’estate lungo fiumi dalle correnti rapide, mentre in inverno si rifugiano presso mari
poco profondi. Per attirare le femmine gli esemplari
maschi si esibiscono in una danza di corteggiamento:
agitano il capo e la coda mentre emettono un fischio.
Dopo avere conquistato una compagna, la coppia trascorre i successivi sei mesi insieme prima di riprodursi,
all’inizio dell’estate. Entrambi i genitori sono coinvolti nella
costruzione del nido, ma è solo la femmina a covare e
intanto perde delle piume lasciando scoperta una parte di
pelle; il contatto con la pelle nuda tiene al caldo le uova.
Le morette arlecchino sono monogame per una sola
stagione, ogni anno quindi vanno in cerca di un nuovo
partner per l’accoppiamento.
ANATRA SPOSA
Aix sponsa
Classe Uccelli
Areale Oceano Pacifico
settentrionale
Alimentazione Insetti e piccoli
pesci
Vita media 14 anni
Peso da adulto 600g
Stato di conservazione
Il becco come arma
L’anatra sposa usa il becco per combattere contro le altre anatre: i maschi si
colpiscono e si beccano a vicenda per
proteggere la compagna.
L’anatra sposa
La più chiassosa della famiglia
Areale America del nord
Alimentazione Piante
acquatiche, grano, insetti
Vita media 3-4 anni
Peso da adulto 600g
Livello di rischio estinzione
Il gobbo della Giamaica
Impara in fretta
Il gobbo della Giamaica depone uova più grandi rispetto alle altre anatre, soprattutto in proporzione alla
sua dimensione. Le uova sono lunghe 60 millimetri e
sono così larghe che spesso gli anatroccoli possono
emergere da soli senza l’aiuto dei genitori. Le uova
richiedono un’incubazione di appena 20 giorni ed è
noto che le femmine le depongono in nidi appartenuti
in precedenza ad altri uccelli.
A pochi giorni dalla nascita gli anatroccoli sanno già
nuotare, immergersi e difendersi, e trascorsi 20 giorni
dalla schiusa vengono lasciati soli dai genitori. A 50
giorni sono abbastanza forti da volare: inizia così il
loro viaggio nell’età adulta. Quando le temperature
calano drasticamente, con l’arrivo dell’inverno, queste
anatre migrano dai laghi dell’America del Nord alle
paludi messicane.
Tattiche per sfuggire
Queste anatre hanno una particolare colorazione che permette loro di mimetizzarsi, così
che i predatori, come aquile e lontre, fanno
fatica a individuarle.
Le anatre sposa subiscono una grande pressione da
parte dei predatori ed è per questo che le madri
fanno di tutto pur di proteggere i piccoli. Se
viene avvicinata da un visone o da un procione,
la madre nuota velocemente nella direzione opposta a quella
degli anatroccoli per distogliere l’attenzione del predatore; può
addirittura fingere di farsi male per dare ai cuccioli il tempo di
scappare. Gli esemplari adulti producono 12 differenti versi per
comunicare tra loro a seconda della situazione, ad esempio per
segnalare un pericolo o per ritrovare gli anatroccoli smarriti.
Inoltre si chiamano a vicenda prima di spiccare il volo ed emettono particolari versi per attrarre i potenziali compagni. I piccini
iniziano a vocalizzare due o tre giorni dopo la schiusa delle uova
e possono cimentarsi in cinque differenti versi, ma iniziano a
comunicare da adulti all’età di tre mesi. months.
Modi da spaccone
Il maschio batte ritmicamente il becco blu
sul petto per impressionare le femmine,
che rispondono alzando il loro verso l’alto.
1
3
2
1. La più piccola
L’alzavola
Con i suoi 20 centimetri
di lunghezza è la più
piccola della famiglia delle
anatre; vive in alcune aree
dell’America, dell’Europa e
dell’Asia. Pesa appena 320
grammi.
2 - La più grande
Raggiunge i 70
centimetri di lunghezza
e può pesare fino a
due chili e duecento
grammi: l’edredone
ha bisogno della sua
stazza ragguardevole per
fronteggiare il difficile
habitat marino.
4
3 - La più veloce
Lo smergo minore
Ha il volo più veloce che
sia mai stato registrato
per un’anatra, ben 160
chilometri orari.
4 - La più rara
La moretta del
Madagascar
Detiene il primato
di uccello più raro al
mondo; nel 1991 si
temette per la sua
sopravvivenza. Nel
2009 venne trovato nel
Madagascar un gruppo
composto da 20 di
queste anatre.
Non è un’anatra…
il tuffetto comune
Sebbene condivida con diverse anatre habitat e
zone, il tuffetto comune fa parte di tutt’altra famiglia.
Le anatre appartengono alla famiglia degli Anatidi,
come le oche e i cigni, mentre le 22 specie di tuffetto esistenti sono classificate come Podicipedidae.
Hanno eccellenti doti subacquee e possono nuotare
sott’acqua proprio come i pinguini.
GOBBO
DELLA
GIAMAICA
Oxyura jamaicensis
Classe Uccelli
Areale
Alimentazione Invertebrati
acquatici, piante
Vita media 13 anni
Peso da adulto 540g
Livello di rischio estinzione
SPECIE A BASSO RISCHIO
55
La grande bellezza dei
PICCOLI INSETTI
La macrofotografia ci permette di scoprire la bellezza
nascosta dei piccoli animali. Vi sveliamo la meraviglia
del mondo degli insetti.
56
La grande bellezza dei piccoli insetti
Eristalinus
aeneus
Questa specie di sirfide si è
evoluta al punto da riuscire ad
imitare api e vespe per evitare i
predatori, persino la puntura delle
vespe. Questo sirfide di grandi
dimensioni possiede un solo paio
d’ali, mentre la maggior parte delle
api e delle vespe sono provviste
di due paia di ali, che però sono
fuse insieme. Questi insetti sono
maestri nel rimanere fermi in volo
roteando molto velocemente le
ali. I sirfidi hanno un ruolo molto
importante nell’ecosistema, poiché
contribuiscono all’impollinazione di
alberi e arbusti.
57
La grande bellezza dei piccoli insetti
Cordulegaster
boltonii
Abile nel volo, questo insetto è in grado
di cambiare direzione mentre vola. Le
sue ali, ognuna delle quali è controllata
in maniera indipendente, sono in grado
di muoversi anche fuori sincrono. Questi
insetti trascorrono la prima parte della loro
vita nell’acqua, sotto i sedimenti, prima
di mutare raggiungendo la loro forma
adulta. In entrambi gli stadi, sono fieri
predatori. Esistono più di 5000 specie
diverse di libellula, con una durata della
vita compresa tra i sei mesi e i sei anni, a
seconda della taglia.
58
Umbonia
crassicornis
I membracidi della specie Umbonia
crassicornis sono le migliori madri
del regno animale. Le femmine
depongono le uova nella corteccia
degli alberi e rimangono come
ancorate al ramo per sorvegliare
la loro progenie; non si spostano
neppure se vedono avvicinarsi un
predatore.
Cicindela
Questo aggressivo predatore può correre
alla velocità di nove chilometri orari, che
equivarrebbe a 770 chilometri orari per un
essere umano! La cicindela preferisce la
corsa al volo, e si sposta volando su distanze
brevi soltanto se vi è costretta. Le femmine
depongono le uova in tane sotterranee. Queste
buche funzionano anche come trappole e le
larve al loro interno banchettano con qualunque
cosa ci cada dentro.
59
La grande bellezza dei piccoli insetti
Batrocera dorsalis
La mosca orientale della frutta, che
prende il nome dal suo cibo prediletto,
nel corso della sua vita di circa 90 giorni
può deporre fino a 1000 uova sotto la
buccia di frutti e ortaggi. Quando le larve
escono dalle uova, scivolano all’interno
del frutto per nutrirsi della sua polpa,
prima di cadere a terra. A questo punto
si nascondono nel terreno per impuparsi
per un periodo di 10 o 12 giorni,
prima di riemergere in forma adulta.
Raggiungeranno la maturità sessuale otto
giorni dopo.
La grande bellezza dei piccoli insetti
Pyrgomorphidae
Il colore vivace di questa cavalletta ha la funzione di
ricordare ai predatori il suo pessimo sapore se questi
osassero mangiarla. L’insetto ha tanta fiducia
nella sua colorazione che raramente vola via
quando i predatori si avvicinano. Questa
cavalletta ha cinque occhi ed è priva di
orecchie, ma riesce ad udire grazie a
un timpano; si tratta di un organo
composto da una serie di strati
di pelle tesa che rispondono
alle vibrazioni generate dalle
onde sonore.
61
Una guida per incontrare
Gli orsi polari
Non c’è bisogno di intraprendere un avventuroso
viaggio fino al Circolo polare artico per incontrare
questi grandi orsi, basta andare in Canada.
Gli orsi polari sono originari del Circolo
polare artico ed è molto difficile trovarli in
natura. E’ possibile avvistarli in Norvegia,
in Groenlandia e in Russia, ma uno dei
luoghi migliori è senza dubbio il Canada.
Churchill, nella provincia Manitoba, è stata
consacrata dagli esperti di avvistamenti
come capitale dell’orso polare; nella città
vi sono persino cartelli che avvertono
residenti e turisti dell’annuale invasione
degli orsi.
Tra ottobre e novembre gli orsi polari
cominciano a raggrupparsi lungo il confine
della baia di Hudson in attesa che si formi
il ghiaccio. Le femmine di orso rimarranno
nella tana senza mangiare anche per
quattro mesi, e questa è quindi la loro
ultima occasione per immagazzinare
riserve di cibo per l’inverno.
Sebbene si possa arrivare a Churchill
senza una guida esperta, è però
raccomandabile prenotare un tour
organizzato, dato che gli orsi polari sono
realmente pericolosi. Sono molte le
agenzie che organizzano escursioni
per avere un incontro ravvicinato con
l’orso, su veicoli adattati.
E’ importante coprirsi bene, a
strati. Cappelli, guanti e sciarpe sono
essenziali, così come giacconi termici
e cappotti. La temperatura media
nella baia di Hudson è di -5°C.
La macchina fotografica è di rigore
per immortalare non solo gli orsi,
ma anche altri animali, come le
volpi artiche o i gufi delle nevi.
Gli orsi polari sono animali assai
curiosi e amano avvicinarsi ai
veicoli carichi di turisti, dando
loro il brivido di una sbirciata da
molto, molto vicino.
POLAR BEAR
Urso Polare
Classe Mammiferi
Areale Circolo polare artico
Alimentazione Pesci e
crostacei
Vita media sopra i 30 anni
Peso da adulto 410-720kg
Livello di rischio estinzione
SPECIE VULNERABILE
“Gli orsi polari cominciano a raggrupparsi
lungo il confine della baia di Hudson in
attesa che il ghiaccio si formi”
Escursioni organizzate
Natural Habitat Adventures
www.nathab.com
Escursioni guidate da esperti
naturalisti in veicoli speciali costruiti
per l’esplorazione della tundra.
Frontiers North Adventures
www.frontiersnorth.com
Questa organizzazione incontra gli
ospiti direttamente in albergo per poi
accompagnarli nel paesaggio artico.
Churchill Wild
www.churchillwild.com
E’ un’organizzazione che accompagna
i visitatori anche nelle aree più remote,
in barca o a piedi.
Churchill Nature Tours
Dove è possibile
incontrarli
Organizza tour per avvistare l’orso
polare, ma anche le balene nella baia
di Hudson.
Dalle distese ghiacciate del Polo Nord alla
vasta tundra della Norvegia: gli orsi polari
vagano nell’intero Circolo polare artico
www.churchillnaturetours.com
Discover The World
www.discover-the-world.co.uk
Un viaggio nella tundra, da un week.
end a 9 nove giorni.
Churchill
Canada
Incontro con l’orso polare
Intervista con
l’esploratrice
Wendy Redal fa parte della Natural Habitat
Adventures che accompagna i turisti ad avvistare
gli orsi polari a Churchill: è un’esperta di questi
maestosi animali.
Quante probabilità vi sono di avvistare un orso
polare?
Molte, la nostra organizzazione infatti
garantisce l’avvistamento. Durante le escursioni
è possibile vederne più d’uno, considerando
che i periodi più difficili sono l’inizio e la fine
della stagione. Ad esempio se la baia congela in
anticipo, gli orsi si allontaneranno prima.
Quale è la stagione ottimale?
Per quanto riguarda Churchill, gli orsi polari
iniziano a riunirsi lungo la riva occidentale
della baia di Hudson ad ottobre. Aspettano
che si formi il ghiaccio in modo da poter
iniziare la caccia alle foche. E’ in base a questo
spostamento che noi pianifichiamo le escursioni
È possibile avventurarsi da soli alla ricerca
dell’orso polare?
E’ decisamente meglio essere in gruppo,
mettersi alla ricerca degli orsi da soli è
molto pericoloso. Non per niente la città di
Churchill appone una segnaletica che indica la
stagione degli orsi polari, avvisando la gente
a non avventurarsi oltre i punti sorvegliati. E’
importante anche la scelta dell’organizzazione;
a Churchill solo due operatori hanno i permessi
per accedere a tutte le zone della Churchill
Wildlife Management Area, dove avvengono gli
avvistamenti più interessanti.
È lecito attendersi un incontro ravvicinato?
Gli incontri ravvicinati sono piuttosto comuni,
specialmente nel pieno della stagione, quando
gli orsi si muovono in gruppo. E’ capitato
in diverse occasioni che alcuni esemplari
particolarmente curiosi si sollevassero sulle
zampe posteriori per appoggiarsi al veicolo
degli esploratori e dessero una sbirciatina
all’interno. A volte passano addirittura sotto i
veicoli, che sono dotati di una grata metallica
attraverso la quale è possibile osservare gli
animali da questo inusuale punto di vista.
Che cosa bisogna indossare? È necessaria
un’attrezzatura particolare?
Le nostre escursioni avvengono a bordo di
veicoli riscaldati Polar Rover, non è dunque
necessaria una particolare attrezzatura tecnica.
Certamente però i visitatori dovranno vestirsi
con abiti ben caldi per poter utilizzare anche la
piattaforma panoramica esterna. Noi possiamo
fornire pesanti parka e stivali isolanti. Portare
con sé un binocolo e una macchina fotografica è
sempre un’ottima idea.
Di norma quanto durano questi avvistamenti?
La durata varia. A volte dopo una decina di
minuti l’orso già sparisce dalla visuale, mentre
altre si sofferma per ore e ore. Qualche anno fa
restammo in compagnia di tre coppie di maschi
che giocavano a lottare tra di loro per più di due
ore. Fu fantastico! Ogni incontro è diverso.
63
©Thinkstock, Natural Habitat Adventures
Può capitare che un orso
particolarmente curioso
si sollevi sulle zampe
posteriori per appoggiarsi al
veicolo degli esploratori.
Sfida tra cervelli
64
SFIDA
TRA
CERVELLI
Dai tempi dei dinosauri gli uccelli si sono evoluti con
sorprendente intelligenza, mostrando comportamenti che
una volta si pensavano propri solo delle scimmie
Testo di Amy Grisdale
L’intelligenza animale può risultare estremamente difficile da misurare, ma
alcuni uccelli danno dimostrazione di una particolare capacità cerebrale, che
per altro i birdwatcher ben conoscono: dai pappagalli che riescono a imitare
i suoni ai cormorani che sanno contare, gli uccelli hanno sviluppato incredibili
soluzioni per affrontare i problemi della vita quotidiana.
Visto che l’uomo non può valutare l’intelligenza animale con i propri stessi
parametri, ecco alcuni indicatori che possono rivelare il quoziente intellettivo
degli animali: la struttura del cervello, l’uso di strumenti, l’abilità matematica;
alcuni uccelli posseggono tutte queste facoltà contemporaneamente, ed
altre ancora. Quindi il modo di dire “cervello di gallina” non potrà più essere
considerato un insulto, dato che in termini di intelligenza non siamo poi tanto
superiori come credevamo.
65
Sfida tra cervelli
Sei indizi dell’intelligenza
del corvo
I corvi, e i loro parenti, sono probabilmente gli uccelli più
intelligenti del pianeta, come dimostrano comportamenti che
finora attribuivamo solo ai grandi primati. Non solo i corvidi si
riconoscono allo specchio, ma sono anche capaci di costruirsi
gli strumenti necessari a semplificarsi la vita, e lo fanno
utilizzando i materiali che hanno a portata. Sembra che i
corvi comprendano anche concetti complessi come il volume
dell’acqua spostata, visto che sono stati osservati mentre
gettavano sassi nell’acqua per farne alzare il livello.
Questi uccelli imparano in fretta e risolvono compiti difficili
senza nemmeno fermarsi a ragionare. Hanno poi una buona
memoria e costruiscono rapporti sociali: nei corvidi sono più
ampie le zone del cervello che nei mammiferi evoluti sono
tradizionalmente associate all’intelligenza, fatto questo che fa
traballare la credenza secondo cui gli uccelli sarebbero degli
animali stupidi.
I corvi hanno una memoria simile a quella umana
I corvi dimostrano di ricordare eventi specifici o situazioni,
come il luogo dove hanno nascosto provviste di cibo anche
sei mesi prima. Questi uccelli ricordano perfettamente dove
lo hanno nascosto e a quale profondità, e prima di iniziare il
recupero aspettano che nessuno li osservi.
Si costruiscono degli
strumenti
I corvi sanno costruirsi dei
ganci lavorando dei ramoscelli,
utilizzandoli poi per estrarre
larve di insetti dagli alberi. Nel
corso di uno studio è stato
dato a dei corvi del fil di ferro
dritto per spostare un secchio:
l’85% di loro lo ha subito
piegato, ed il 60% lo ha fatto al
primo tentativo.
Il cervello di un corvo
è più pesante di
quello dell’uomo
In rapporto alle dimensioni
del corpo, il cervello del
corvo è grande quanto
quello di uno scimpanzé.
Il suo peso equivale al
3% dell’intero corpo, un
rapporto maggiore di
quello del cervello umano.
66
IL CORVO È
INTELLIGENTE QUANTO
UN BAMBINO DI 7 ANNI
Sfida tra cervelli
I corvi hanno
imparato a fare scelte
pianificate
Il cervello del corvo è
particolarmente grande, a
differenza da quello di molti altri
uccelli i cui occhi occupano la
maggior parte del cranio.
Ai corvi non interessa
aspettare se sanno di poter
ricevere una ricompensa
migliore. Nel corso di alcuni
studi è stato offerto loro del
pane dopo aver mostrato
del cibo più appetitoso; i
corvi hanno restituito il pane
al ricercatore in cambio
di qualcosa di meglio. Ed
hanno anche aspettato
pazientemente per cinque
minuti per ottenere il cibo
ritenevano migliore.
Si controllano
l’un l’altro
Imparano osservando
Negli anni Novanta, in Giappone, i corvi
impararono a spaccare il guscio delle noci
facendole cadere davanti alle automobili, per poi
recuperarne il mallo quando il traffico si fermava
per far passare i pedoni.
La stessa tecnica fu osservata dieci anni dopo
tra i corvi della California, dall’altra parte del
mondo. Dopo una paziente attesa, appollaiati sui
lampioni da dove osservavano lo scorrere del
traffico, i corvi impararono a scendere in picchiata
per recuperare le noci con il semaforo rosso, in
modo da non farsi travolgere dalle automobili.
Da allora questo comportamento si è diffuso,
a dimostrazione che i corvi sanno copiare le
strategie utili.
I corvi dimostrano
comportamenti sociali
evoluti, sia che si tratti
di interpretare uno
sguardo, come di
servirsi dell’inganno.
Quando nascondono il
cibo capiscono se sono
osservati o meno, e sanno
come impadronirsi del
pasto mentre gli altri lo
stanno ancora cercando.
Inoltre riescono a capire
cosa gli altri corvi stiano
guardando e persino ad
ingannarli intenzionalmente
per ottenere ciò che
vogliono.
Quando sta per
nascondere delle provviste,
se qualcuno lo tiene
d’occhio il corvo modifica
il suo comportamento
e sotterra il cibo solo se
è da solo. Se invece vi
sono degli altri corvi che
lo osservano, fa finta di
sotterrare il cibo, ma in
realtà vola via portandoselo
con sé, ingannando gli altri
che non troveranno niente.
CORNACCHIA
Corvus corone
Classe Uccelli
Areale Europa e Asia
Alimentazione Insetti, semi,
carogne
Vita media 4-5 anni
Peso da adulto 500g
Livello di rischio estinzione
SINISTRA Non hanno le mani, ma il
corvo e i suoi simili usano il becco
con grande abilità
67
Sfida tra cervelli
I pappagalli cenerini
fanno lavoro di squadra
È noto come i pappagalli abbiano elevate capacità di apprendimento,
ma questa particolare specie è un passo avanti agli altri. I pappagalli
cenerini infatti collaborano nell’allevare i piccoli, nel difendersi dai
predatori e per risolvere dei problemi. Nel corso di studi recenti
sono stati assegnati ai pappagalli cenerini dei compiti che
comportavano un lavoro di squadra per essere portati a
termine; quando il compito richiedeva che fossero in due a
tirare una corda, i pappagalli hanno subito capito come
fare per ottenere la ricompensa. Se l’esercizio richiedeva
ai pappagalli due ruoli diversi, questi hanno condiviso
la razione di premio indipendentemente dalla parte
giocata.
La maggior parte dei pappagalli coinvolti in
questi studi ha scelto la strada della collaborazione
anche quando vi era la possibilità di fare da soli.
Ed hanno scelto i partner con cui collaborare
in base alla familiarità reciproca. Solo al
termine del compito i pappagalli hanno
diviso la ricompensa e si è notato che
l’atteggiamento cambiava a seconda
del partner: spartivano una maggiore
quantità di cibo con i compagni
altrettanto generosi, ma si
trattenevano con chi
era palesemente
egoista.
PAPPAGALLO
CENERINO
Psittacus erithacus
Classe Uccelli
Areale Africa Centrale
Alimentazione Frutti e semi
Vita media 60 anni
Peso da dulto 500g
Livello di rischio estinzione
VULNERABLE
68
68
IL PAPPAGALLO
CENERINO È INTELLIGENTE
QUANTO UN BAMBINO
DI 3 ANNI
Xxxxxxxxxxxxx
Gli uccelli
tessitori sono
eccellenti
architetti
“Gli uccelli
tessitori
costruiscono
particolari nidi
che possono
ospitare
fino a cento
esemplari”
Invece di limitarsi a semplici nidi fatti di ramoscelli,
gli uccelli tessitori costruiscono elaborate abitazioni
che possono ospitare anche più di cento esemplari.
Nel loro lavoro questi uccelli si mantengono
costantemente in comunicazione e fanno un lavoro
di squadra. In questi particolari nidi accolgono
anche altre specie di uccelli: dagli avvoltoi che si
posano in cima, fino ai falchi che entrano all’interno
per mettersi accanto ai tessitori, felici di godere
della loro protezione. Questi nidi hanno stanze
separate per ogni uccello ed è noto che possano
resistere per oltre un secolo.
I pescatori giapponesi sono seguiti spesso dai
cormorani, e con loro finiscono per collaborare
nella pesca. Il cormorano infatti si immerge per
recuperare i pesci e in superficie li consegna
al pescatore. Sorprendentemente sa anche
contare perché tende a catturare sempre sette
pesci, sei li consegna al pescatore, ed uno lo
tiene per sé.
L’uccello lira è un perfetto imitatore
Oltre il 70% del repertorio
vocale dell’uccello lira è
costituito dall’imitazione
dei versi di altre specie.
Gli esemplari maschi
usano tale abilità per
impressionare le femmine
e le loro esibizioni sono
talmente convincenti da
ingannare persino le specie
imitate. Copiano altri uccelli,
ma anche i suoni prodotti
dalle attività umane, come
gli antifurti o i telefoni.
© Corbis, Rex Features, Thinkstock
I cormorani collaborano con
i pescatori
SINISTRA I cormorani
aiutano i pescatori in
cambio di una parte del
pesce.
69
69
Specie a rischio
Il furetto dai piedi neri
FURETTO DAI PIEDI
NERI
Mustela nigripes
Classe Mammiferi
Areale Stati centrali
dell’America del Nord
Alimentazione Cani della
prateria, scoiattoli di terra,
piccoli roditori
Vita media 1-3 anni
Peso da adulto 680-1130g
Livello di rischio estinzione
SPECIE ESTINTA IN NATURA
Un tempo questo furetto prosperava nelle pianure erbose dell’America
del Nord, dove si cibava dei cani della prateria, un roditore, e ne
occupava le tane per allevare le sue cucciolate. Con l’arrivo dei
coloni europei, i cani della prateria furono sterminati per fare spazio
alle coltivazioni: senza la sua principale fonte di sostentamento
i furetti furono portati quasi all’estinzione. Negli anni Ottanta,
per salvare la specie, gli ultimi 18 esemplari furono catturati e
l’organizzazione US Fish and
Wildlife Service predispose
un programma di allevamento
con lo scopo di reintrodurre la
specie in natura.
Le cause dell’estinzione
L’avvelenamento dei cani della prateria
I cani della prateria erano considerati una piaga da agricoltori e mandriani, tanto che nel
XX secolo furono messe in atto delle aggressive campagne per sradicarli dal territorio. Il
90% dell’alimentazione di un furetto dai piedi neri è costituito da questo roditore e senza
la sua principale fonte di sostentamento anche il furetto è ben presto quasi scomparso.
Le attività agricole
Si stima che le praterie americane un tempo coprissero 1,3 milioni di chilometri quadrati,
ma con l’arrivo dei coloni europei una grande parte delle sterminate distese fu convertita
a coltivazione, cosicché l’habitat del furetto dai piedi neri si ridusse considerevolmente.
Al giorno d’oggi vi è ancora una buona estensione di praterie, ma la scomparsa del
roditore rende assai difficoltosa la reintroduzione del furetto in natura.
La peste
Il batterio che causò la peste bubbonica nel XIV secolo, lo Yersinia pestis, approdò negli
Stati Uniti nel XX secolo, portato da ratti infetti provenienti dall’Asia. Il batterio fece
ammalare sia i furetti, sia i cani della prateria: per entrambi l’infezione era mortale.
Cosa possiamo fare
HTTP://NATIONALZOO.SI.EDU/SCBI/REPRODUCTIVESCIENCE/RECOVERBFFERRET
Gli sforzi messi in atto per salvare il furetto dai piedi neri sono tuttora in corso e le organizzazioni come la Smithsonian
Conservation Biology Institute hanno costantemente bisogno di supporto.
http://nationalzoo.si.edu/scbi/reproductivescience/recoverbferret
70
Il furetto dai piedi neri
La reintroduzione
in natura del furetto
dai piedi neri
Canada
Lo Smithsonian’s National Zoo di Washington
è a capo di un progetto per la riproduzione
in natura del furetto dai piedi neri, in
collaborazione con l’organizzazione US Fish
and Wildlife Service.
Mexico
La scomparsa dell’habitat
Siti di reintroduzione
Areale originario
“Dal 1988 la SCBI-Front Royal ha prodotto più
di 130 cuccioli di furetto dai piedi neri, nati da
accoppiamento naturale”
Il furetto dai piedi neri era considerato
estinto quando nel 1981 ne venne scoperta
una piccola popolazione nel Wyoming: oggi
la specie si sta allontanando dal baratro
dell’estinzione. Collaborando strettamente
con lo US Fish and Wildlife Service, lo
Smithsonian Conservation Biology Institute
è riuscito a far nascere dal 1988 più di 130
cuccioli, da accoppiamento naturale.
I furetti dai piedi neri vengono mandati al
National Black-Footed Ferret Conservation
Center in Colorado per prepararli alla
reintroduzione in natura; a circa 35 giorni
dalla nascita, lo staff dà ai furetti delle piccole
prede ed i cuccioli iniziano la ricerca di cibo a
circa due mesi e mezzo.
La formazione dura almeno un mese, dopo
di che vengono messi in recinti che simulano
un sistema di cunicoli simile a quello
realizzato dai cani della prateria. I furetti che
hanno ricevuto questa formazione hanno
dimostrato una capacità di sopravvivenza
dieci volte superiore a quella degli esemplari
che ne erano privi. Oggi sono 250 i furetti
dai piedi neri ospitati nelle strutture
d’allevamento, mentre circa 800 esemplari
vivono liberi in natura.
© US Fish and Wildlife Service, Alamy
Oggi i furetti dai piedi neri si trovano solo nel 2%
dell’areale originario. La reintroduzione iniziò nel
1991: gli animali oggi presenti in natura discendono
da sette dei diciotto esemplari catturati negli anni
Ottanta.
71
23 specie a confronto
I COCCODRILLI
PIÙ LETALI
Alla scoperta di sorprendenti specie di
coccodrilli, dalla più feroce alla più bizzara.
Testi di David Crookes
72
I coccodrilli più letali
Sono autentici fossili viventi, basta vederli per capirlo.
Con quella loro corazza di placche ossee, i denti sporgenti e
aguzzi, la possente coda e le sinistre creste che attraversano
il dorso, questi lucertoloni a sangue freddo hanno un aspetto
decisamente preistorico. E non potrebbe essere altrimenti,
dato che la loro origine risale al Mesozoico, un’era geologica
che ebbe inizio 251 milioni di anni fa. All’epoca della loro
comparsa sul pianeta la terra era ancora popolata dai
dinosauri.
Da allora si sono lentamente evoluti in varie forme e hanno
cambiato fisionomia differenziandosi in tre famiglie distinte:
gli alligatoridi (di cui fanno parte alligatori e caimani), i
crocodilidi e i gavialidi. Gli antinati del Giurassico vivevano
sulla terraferma, ma col tempo hanno iniziato ad adattarsi
agli ambienti acquatici e i loro moderni discendenti vivono
ormai solo nei pressi di corsi d’acqua e bacini idrici. Tutte le
diverse specie depongono uova, hanno un corpo affusolato
e aerodinamico, una forza eccezionale e un aspetto che fa
venire i brividi.
Gli alligatori in genere sono più grandi dei coccodrilli e
dei gaviali. Hanno una testa più larga e tozza con un muso
più ottuso e arrotondato; la mascella superiore è più larga
di quella inferiore e quando hanno la bocca chiusa i denti
inferiori non sono visibili perché si sistemano in apposite
fossette della mascella superiore. I coccodrilli hanno una
testa più allungata e un muso più affusolato; la mascella
superiore e quella inferiore hanno le stesse dimensioni e
con la bocca chiusa l’intera dentatura è visibile; il quarto
dente inferiore, in particolare, sporge con evidenza
sovrapponendosi al labbro superiore.
I coccodrilli hanno speciali ghiandole che filtrano il
sale in eccesso accumulato nell’organismo. Gli alligatori
ne sono privi e quindi sono più adatti a vivere in acque
dolci. Gli alligatori si nutrono di tartarughe e animali “col
guscio”, che spezzano con le loro possenti mascelle,
mentre l’alimentazione dei coccodrilli è più varia; le speciali
ghiandole salivari consentono loro di espellere il sale in
eccesso accumulato in ambienti salmastri, come estuari e
bassi litorali coperti di mangrovie. Il muso stretto e allungato
dei gaviali, invece, è perfetto per nutrirsi di pesce.
Ma vediamo le caratteristiche di alcune specie e dove
vivono.
73
I coccodrilli più letali
Coccodrillo marino
Ha il morso più potente del regno animale
È il rettile più lungo al mondo, in media raggiunge una lunghezza
di 7 metri, e ha un morso letale, il più potente del mondo animale.
Con un solo morso può sviluppare una potenza, ovvero una
pressione, di 300 kg per centimetro quadrato.
Caccia restando immobile, in agguato, appena sotto il pelo
dell’acqua. Aspetta che un’ignara preda gli capiti a tiro e appena
la malcapitata vittima è alla distanza giusta, balza fulmineo fuori
dall’acqua, l’afferra tra le fauci e trattenendola con i lunghi denti la
trascina sott’acqua.
Coccodrillo
cubano
Vive solo a Cuba
ed è in grave pericolo
È molto intelligente e non molto grande. Ha
un colore particolare, a macchie giallastre. Ed
è estremamente aggressivo. Tende a vivere in
gruppo con i suoi simili e lo si trova solamente
in un’area molto ristretta del pianeta, poco più
di 4000 km quadrati, ovvero nella palude di
Zapata, a Cuba, e nella prospiciente isola
della Gioventù. Tra tutte le specie è quella a
maggiore rischio di estinzione.
GAVIALE
SOTTO Il gaviale
è originario del
subcontinente indiano,
come il coccodrillo
marino e quello palustre.
Gavialis gangeticus
Classe Rettili
Areale India, Bangladesh e
Pakistan
Alimentazione Pesci
Vita media 40-60 anni
Peso da adulto 160kg
Livello di rischio estinzione
Gaviale
GRAVEMENTE A RISCHIO
Il lucertolone dal muso allungato che fa le bolle
Il gaviale del Gange ha un muso sottile e allungato sormontato,
in punta, da una protuberanza che funge da cassa di risonanza
e amplifica il caratteristico “ronzio”. Fa parte del corteggiamento
cosi’ come l’emissione di bolle. Ha oltre 100 denti acuminati,
più di ogni altro coccodrillo o alligatore, e quando ha la bocca
chiusa quelli superiori si alternano a quelli inferiori in file letali per
catturare e trattenere i pesci di cui si nutre. È l’unico gavialide
sopravvissuto all’estinzione.
74
Caimano nano
di Cuvier
È il più piccolo, ma anche il più primitivo
Tra i crocodilidi del Nuovo
Mondo è il più piccolo. È attivo
prevalentemente di notte e vive
in acque dolci. Ha una testa corta,
liscia, con un cranio pronunciato e
la punta del muso all’insù. Pare sia
il crocodilide più antico al mondo.
Caimano dagli occhiali
Deve il suo nome all’evidente
cresta ossea sugli occhi. Vive bene
in una grande varietà di habitat,
nutrendosi di uccelli, pesci, insetti e
piccoli mammiferi.
Il caimano nano di Cuvier
ha una pelle molto dura
e coriacea, un’autentica
armatura che lo
protegge dai predatori.
Caimano dal muso largo
Come suggerisce il nome, ha un muso
molto allargato e quasi squadrato
(è lungo quasi quanto largo) con un
marcato solco longitudinale. Ha una
colorazione verde oliva ed è una specie
d’acqua dolce. Vive in zone paludose e
foreste di mangrovie.
“…pare sia il crocodilide più antico al
mondo”
Caimano jacarè
Gli piace dare la caccia ai piranha,
che sono le sue prede preferite; e
a questi pesci assomiglia anche
un po’, con quei suoi lunghi denti
che spuntano fuori dalle mascelle
quando ha la bocca chiusa.
A DESTRA Noto anche come
alligatore dello Yangtze, si
nutre di pesci e molluschi
ALLIGATORE CINESE
Alligator sinensis
Classe Rettili
Alligatore
cinese
Il cugino timido dell’alligatore americano
Diversamente dall’alligatore
americano, con cui è strettamente
imparentato, ha una caratteristica
palpebra superiore molto
pronunciata, sostenuta da una
lunga cresta ossea. Relativamente
piccolo e schivo (ma pronto
a difendersi se minacciato), è
ormai un animale raro. Nei primi
mesi dell’estate trascorre gran
Caimano nero
Ha gli grandi occhi e una vista e un
udito molto sviluppati. È il più grande
predatore dell’ecosistema amazzonico.
Ha una pelle scura e squamosa, priva
di protezioni ossee, che gli consente di
assorbire il calore solare e mimetizzarsi,
di notte, mentre va a caccia.
parte del tempo steso
al sole per elevare la
temperatura corporea, dopo
il lungo inverno passato in
letargo dentro la tana scavata nel
terreno. È un animale notturno e
opportunista (nel mondo animale
significa che si nutre in modo non
specializzato).
Areale Cina sudorientale
Alimenatzione Pesci,
molluschi, piccoli mammiferi
Vita media 50 anni
Peso da adulto 36 kg
Livello di rischio estinzione
GRAVEMENTE A RISCHIO
Caimano nano di Schneider
Tiene la testa sollevata e questa
sua strana postura gli conferisce
un aspetto quasi disinteressato.
I cuccioli appena nati hanno una
macchia gialla sulla testa che
sparisce col tempo. Per questo
è soprannominato caimano
“coronato”.
75
I coccodrilli più letali
Coccodrillo dell’Orinoco
Il predatore più mastodontico del Sudamerica
Ha una serie di prominenti scudi ossei dietro la nuca, una cresta
di squame carenate sulle zampe posteriori e un muso stretto e
allungato, con una protuberanza in punta che lo fa sembrare un po’
all’insù. Ha un colore che varia dal marrone chiaro al grigio scuro,
a seconda della concentrazione di melanina nella pelle. Il corpo è
cosparso di chiazze brune, che negli esemplari giovani sono più
grandi ed evidenti. La pelle, con l’età, può cambiare colore.
Coccodrillo
africano
Un tipo schivo e riservato
Ha un muso stretto, sottile e
praticamente privo di creste o
protuberanze. Schivo e riservato, ama
nascondersi tra la vegetazione lungo le
sponde dei fiumi, dove va a rovistare
con il sottile muso in cerca di prede,
che scova anche nel più piccolo
anfratto.
SOTTO Il coccodrillo dell’Orinoco
è il predatore più grande del
Sudamerica. Può raggiungere 7
metri di lunghezza.
COCCODRILLO
DELL’ORINOCO
Crocodylus intermedius
Classe Rettili
Areale Venezuela, Colombia
Alimentazione Pesci, piccoli
mammiferi
Vita media Fino a 80 anni
Peso da adulto 380kg
Livello di rischio estinzione
GRAVEMENTE A RISCHIO
23 specie a confronto
Dal caimano nano di Cuvier al gigante di oltre 7 metri che
potrebbe divorarselo in un sol boccone…
10. Caimano
jacaré 2,5 metri
6. Coccodrillo della Nuova Guinea 3,5 metri
11. Coccodrillo
d’acqua dolce
australiano o di
Johnston 3 metri
3. Caimano nano di
Schneider 1,4 metri
1. Alligatore cinese 1,5 metri
4. Falso gaviale o tomistoma
4 metri
7. Coccodrillo marino
7 metri
9. Gaviale 6,25 metri
2. Caimano dal muso largo
2 metri
8. Coccodrillo di Morelet 3 metri
5. Caimano nano di Cuvier
1,4 metri
76
76
12. Coccodrillo cubano 2,3 metri
Xxxxxxxxxxxxx
Coccodrillo palustre
… ma non disdegna la terraferma
Coccodrillo o alligatore:
che differenza c’è?
Appartengono a due famiglie
distinte. Gli alligatori fanno parte
della famiglia degli alligatoridi,
mentre i “veri” coccodrilli a quella
dei crocodilidi. Poi c’è anche la
famiglia dei gavialidi, la cui unica
specie sopravvissuta è il gaviale
del Gange. Ogni specie ha un
aspetto e un comportamento
caratteristici.
I coccodrilli hanno una testa più
allungata degli alligatori e un
muso che, visto dall’altro, ha una
forma a “V”. In genere hanno un
colore più chiaro e il quarto dente
inferiore spunta fuori dalla bocca
quando è chiusa. Si sono adattati
a vivere in ambienti salmastri e in
ogni parte del mondo. Gli alligatori
sono meno aggressivi e vivono
solo in America e in Cina.
COCCODRILLO DELLE
FILIPPINE
Crocodylus mindorensis
Classe Rettili
ALLIGATORE
CROCCODRILLO
Il coccodrillo
delle Filippine
Vive nel subcontinente indiano e predilige le
paludi e i bacini idrici, magari artificiali. Come
l’alligatore Americano, caccia restando in
agguato sotto il pelo dell’acqua, pronto a far
scattare le mascelle appena la preda è a tiro.
Per attirare ignari uccelli, a volte spinge con
la testa dei rametti galleggianti. Si muove con
agilità anche fuori dall’acqua ed è in grado
di inseguire una preda “di corsa” per brevi
distanze. Può migrare anche per chilometri in
cerca di un nuovo habitat.
Piccolo e a rischio di estinzione
Areale Filippine
Alimentazione Invertebrati
acquatici
Vita media Up to 100 years
Peso da adulto 190kg/420lbs
Livello di rischio estinzione
GRAVEMENTE A RISCHIO
È una specie endemica e
vive esclusivamente nella
acque dolci e paludose
delle Filippine. È di piccole
dimensioni ed è gravemente
minacciato di estinzione.
Ha una pelle color marrone
dorato e si nutre di pesci.
Ha un muso largo e una
pesante corazza dorsale.
Fino al 1989 era considerato
una sottospecie del
coccodrillo della
Nuova
Guinea.
In natura sopravvivono solo 250
esemplari di coccodrillo delle Filippine,
forse anche meno.
21. Caimano dagli occhiali 2
metri
16. Cocodrillo palustre
4.5 metri
18. Coccodrillo del
Nilo 5 metrl
14. Coccodrillo dell’Orinoco
5 metri
22. Coccodrillo delle Filippine 3,1 metri
19. Coccodrillo
americano 4,3 metri
15. Coccodrillo africano 4 metri
17. Caimano nero
5 metri
23. Coccodrillo siamese
2,1 metri
20. Alligatore americano
3,8 metri
77
77
© Alamy, Rex Features, Thinkstock
13. Coccodrillo
nano africano
1,5 metri
Lo sapevate che …
Seguici su…
natureandanimalsitalia
Quanto sono velenose
le rane freccia?
Solo tre delle 175 specie di rana freccia risultano
pericolose per l’uomo, e tra queste la più letale è quella
dorata. Una sola di queste rane possiede abbastanza veleno
da uccidere almeno dieci uomini, ed è il motivo per cui
viene considerata come il più letale vertebrato al mondo.
La sua tossina è venti volte più pericolosa di quella delle
altre rane freccia; inoltre quella dorata è anche la specie
dalle dimensioni più grandi. I colori sgargianti della rana
freccia dorata avvertono i predatori del suo veleno mortale,
fungendo da deterrente.
La tossina rilasciata ha una struttura molecolare simile
alla morfina: una sola goccia di veleno basta per fermare
il battito cardiaco dell’uomo. Bisogna davvero girarle alla
larga!
La rana freccia dorata non nasce dotata di veleno, che
invece si forma nel corso della vita assorbendo le tossine
delle prede di cui si ciba: formiche, millepiedi e scarafaggi
sono portatori di una sostanza velenosa che le rane freccia
riescono a immagazzinare per usarla poi come difesa. Gli
esemplari tenuti in cattività non sono velenosi poiché non si
nutrono di tali insetti.
SOTTO Durante la
stagione degli amori
i maschi rincorrono
le femmine fino allo
sfinimento.
78
Perché la lepre marzolina è
matta da legare?
La leggenda popolare secondo la quale le lepri
diventerebbero matte nel mese di marzo affonda le sue radici
nella reale frenesia che prende questi animali nel corso della
stagione degli amori. L’accoppiamento avviene durante il giorno
perché le femmine possono accoppiarsi solo in alcune ore del
giorno nel corso dei cicli riproduttivi di sei settimane.
In effetti, quando i maschi iniziano a inseguire senza sosta
le femmine sembrano matti. Le femmine comunque non hanno
paura di difendere i propri spazi e respingono le attenzioni
indesiderate con veri e propri colpi di boxe. Quando invece sono
pronte ad accoppiarsi, si mettono a correre sotto gli occhi dei
maschi, che iniziano subito a rincorrerla: la femmina si ferma
solo quando tutti i pretendenti, eccetto uno, abbandonano
l’inseguimento sfiniti. E’ così certa di concedersi alla lepre più
prestante con la speranza che il suo corredo genetico venga
trasmesso alla cucciolata.
Lo sapevate che ...
Come fanno le renne a
difendersi dal freddo?
Le renne vivono nell’America del Nord, in Europa e nel nord dell’Asia, e non sono
originarie né della Lapponia, né del Polo Nord. Nel corso della loro evoluzione hanno
comunque sviluppato incredibili capacità di resistenza al freddo, tanto che non
congelano nemmeno nelle situazioni climatiche più avverse. Il manto di una renna
è costituito da uno spesso e lanoso sottopelo ricoperto da peli ruvidi e rigidi che
trattiene l’aria calda vicino alla pelle. Una simile pelliccia piena d’aria aiuta la renna
anche a galleggiare quando nuota durante le migrazioni. Agli esemplari maschi
cresce poi una lunga criniera nella parte inferiore del collo che apporta un’ulteriore
protezione. Tutte le renne tendono ad avere un manto più chiaro durante l’inverno in
modo da confondersi con la neve.
Gli zoccoli sono larghi, piatti, e fungono da vere e proprie racchette da neve:
quando le temperature cominciano a calare, gli zoccoli si induriscono e sviluppano
bordi affilati per una migliore presa sul ghiaccio.
Le renne sono costantemente in movimento
durante il giorno per sfruttare il calore solare
mentre si procacciano il cibo. Sono capaci di
fiutare l’odore di licheni e altre piante sotto la coltre
Canada
nevosa, nutrendosene per mantenere elevato il
livello di grasso corporeo; anche la capacità di
vedere la luce ultravioletta le aiuta a trovare cibo
e ad irrobustirsi per affrontare meglio il freddo
invernale.
Asia
DOVE É POSSIBILE
TROVARLE
Quale animale mette al
mondo più figli?
Tra i vertebrati il record tocca al
pesce luna, che può incredibilmente
arrivare a produrre 300 milioni di
uova alla volta. Le uova vengono
rilasciate nell’oceano in modo da essere
fecondate dallo sperma secreto dai
maschi. Quando le uova si schiudono,
le larve di pesce luna non superano
i tre millimetri di lunghezza e sono
incapaci di muoversi da sole: in questa
fase si cibano di plancton. Il pesce luna
raggiunge l’altezza di oltre 3 metri e
vive fino a 10 anni. Trascorre la maggior
parte del tempo a crogiolarsi nei tiepidi
raggi di sole che penetrano la superficie
del mare, ma riesce anche a immergersi
in profondità per dare la caccia alle
meduse. Un pesce luna è riuscito a
raggiungere i 650 metri di profondità,
tuttavia ha bisogno di risalire in fretta
per scaldarsi.
Qual è l’origine
di questo uccello?
Si tratta di un parrocchetto dal collare, che non è di origine europea.
Di norma si trova in Africa e in India, ma dagli anni Novanta una
popolazione abbastanza numerosa di questi uccelli si è sviluppata nel
Regno Unito. Si stima che nell’area sud-est dell’Inghilterra vivano circa
8.600 coppie di parrocchetti dal collare ed è praticamente certo che
questa colonia sia stata generata da una coppia di uccellini domestici
rilasciati in natura o scappati ai loro padroni. A Londra è presente uno
stormo di parrocchetti, noto anche come i parrocchetti di Kingston,
che conta circa 6.000 uccelli. Si pensa che il loro numero possa presto
raggiungere le 50.000 unità!
79
Lo sapevate che ...
Quali animali vivono sotto le sabbie del deserto?
Il citello dalle tredici linee
Questi scoiattoli scavano una varietà di cunicoli, che vanno
da corti tunnel di fuga alle profonde tane per il letargo.
Quando entrano nel loro letargo sotterraneo riducono il
battito cardiaco dalle normali 200 pulsazioni al minuto a
soli cinque battiti. Si mantengono in vita grazie alle riserve
di grasso fino a che non si risvegliano all’inizio dell’estate.
Gopher di pianura
Questi mammiferi scavatori
lasciano cumuli di terra simili
a quelli delle talpe, sebbene a
differenza delle talpe si nutrano
solo di vegetazione. Creano
la tana sottoterra, dove si
accoppiano: scavano addirittura
una camera dedicata al parto,
che rivestono di foglie secche per
assicurare la massima comodità
alle cucciolate.
Il serpente a sonagli della prateria
Questo serpente velenoso trascorre l’inverno sotto
le sabbie del deserto: ve ne sono parecchi nei deserti
americani. Si ciba di roditori; la sua tecnica consiste
nell’appostarsi all’ingresso dei cunicoli in attesa che gli
animali escano dalle tane. Ogni volta che il serpente fa la
muta, aggiunge un nuovo sonaglio alla sua coda.
La moffetta
In genere le moffette vivono nei cunicoli abbandonati da
altri animali tuttavia, se necessario, si scavano una propria
tana. Sono esseri solitari e di norma escono di notte; per
difendersi ricorrono alla nota tecnica di spruzzare dal
posteriore il loro liquido dall’odore nauseabondo. Questa
sostanza può provocare dolore, gonfiori e temporanea
cecità.
Il cane della prateria dalla coda nera
Questo roditore costruisce una complessa rete di tunnel
con tanto di uscite di emergenza; delle entrate rialzate
gli permettono di controllare, prima di emergere dal
sottosuolo, che non vi siano dei predatori. I cunicoli hanno
spazi ben definiti per diversi impieghi. Il roditore vive in
gruppi familiari molto uniti.
Esistono animali in grado di
rigenerare parti del loro corpo?
Emily King
Sono molte le specie animali che possono rigenerare parti del
corpo danneggiate, o addirittura di dividersi in due distinti individui!
Le stelle marine, i cetrioli di mare, i vermi piatti possono essere
letteralmente tagliati a pezzi: ogni singolo pezzo conduce una
propria vita, a meno che il sistema nervoso centrale non sia andato
distrutto. Le spugne hanno la capacità di rigenerarsi anche se
vengono divise in unità monocellulari, il che avviene quando ad
esempio vengono sbattute contro gli scogli dalle onde.
I denti degli squali ricrescono in continuazione per rimpiazzare
quelli persi; si pensi che nel corso della vita uno squalo può
produrre fino a 24.000 denti. Ai maschi di cervo poi crescono ogni
anno corna nuove, sempre più grandi, che perderanno dopo pochi
mesi. Le lucertole infine sono note per perdere la coda in modo da
sfuggire ai predatori; la nuova coda ricrescerà in circa nove mesi.
The killer whale’s success rate of
hunting prey is a whopping 90 percent
80
80
Lo sapevate che ...
Questi piccoli gatti
sono nativi dell’India e
dello Sri Lanka
Quanto
può vedere
lontano una
giraffa?
Supponendo che questi animali abbiano
una vista simile a quella umana, una giraffa
alta 5 metri e mezzo, in una giornata tersa,
può arrivare a vedere a circa 8,5 chilometri
di distanza: ben 80 campi da calcio messi in
fila! La vista della giraffa è eccellente ed è il
senso sul quale l’animale fa più affidamento.
Gli scienziati ritengono che la ragione per
cui le giraffe si sono sviluppate in altezza in
questo modo sia proprio per vedere a grande
distanza, in modo da individuare i predatori e
per comunicare con altri esemplari. Infatti, gli
scienziati erano abituati a pensare alle giraffe
come ad animali solitari fino a quando non si
sono resi conto che gruppi di giraffe potevano
permettersi di stare a grande distanza perché
riuscivano comunque a vedersi. Nel Serengeti
la densità di popolazione è di 0,3 giraffe per
chilometro quadrato, il che significa che le
giraffe possono rimanere in contatto anche a
tre chilometri l’una dall’altra.
Qual è la razza di gatto più piccola?
Il gatto rugginoso pesa solo
1,3 chilogrammi ed è lungo
appena 35 centimetri. Questo
gatto selvatico è originario
dell’India e dello Sri Lanka, ed
il suo habitat costituito dalle
foreste asciutte, dove si ciba
di uccelli e mammiferi. Può
raggiungere i 18 anni di età e
marca il territorio con l’urina.
I gatti rugginosi si accoppiano
durante tutto il corso dell’anno
e le femmine partoriscono
nelle cavità degli alberi: una
normale cucciolata è composta
da uno fino a tre gattini, che
rimangono nel luogo di nascita
per tutto il primo mese di vita.
Iniziano poi a seguire la propria
madre, da cui apprendono le
tecniche di sopravvivenza,
per poi staccarsi quando sono
pronti a badare a se stessi.
SINISTRA L’orso dagli
occhiali è prevalentemente
vegetariano, tuttavia va
anche a caccia
Tutti gli orsi sono carnivori?
Sebbene tutti gli orsi siano classificati come carnivori, la maggior parte di loro
ha un regime alimentare che combina carne e vegetali. Il panda e l’orso dagli
occhiali del Sud America tuttavia si nutrono quasi esclusivamente di vegetali.
L’orso dagli occhiali mangia fiori, frutta e miele e l’unica carne di cui si ciba è
quella delle carcasse trovate occasionalmente. È noto poi come il panda si
cibi soprattutto di bambù, sebbene, proprio come l’orso dagli occhiali, ogni
tanto mangi gli animali morti che incontra sulla sua strada per arricchire
l’alimentazione con una dose extra di proteine.
81
Lo sapevate che...
Anche gli animali fanno digiuno?
Molte specie animali digiunano regolarmente e alcune passano
interi periodi senza mangiare. Tarme e coleotteri ad esempio non
mangiano una volta raggiunta la maturità e sopravvivono grazie
alle riserve di grasso immagazzinato durante la loro fase larvale. I
mammiferi che vanno in letargo digiunano per l’intero inverno, mentre
altri non si nutrono nel corso della stagione riproduttiva.
L’esperienza di digiuno più estrema è quella del pinguino
imperatore mentre cova le uova. L’incubazione spetta ai maschi, nei
mesi di giugno e luglio, quando le temperature precipitano verso i
-58°C. I maschi rimangono in posizione eretta a protezione dell’uovo,
senza mangiare, anche per 70 giorni consecutivi ed arrivano a perdere
persino il 40% del loro peso.
Come mangia lo squalo elefante?
Lo squalo elefante è il secondo pesce più
grande al mondo e si nutre filtrando l’acqua
mentre nuota con le fauci spalancate: procede
senza fretta alla velocità di cinque chilometri
l’ora e riesce a filtrare un milione e mezzo di
litri d’acqua ogni ora. L’acqua viene filtrata da
appendici spinose chiamate branchiospine e
mediamente ogni squalo elefante possiede
xxxxxxxx xxxxxx
xxxxx
xxxxxx xxxxxxx
Xxxxxxxxx xxxxxx
5000 di questi minuscoli filtri. Hanno l’aspetto
di lunghe setole che lasciano passare
l’acqua, che poi fuoriesce dalle branchie, ma
trattengono minuscoli animali. In un solo anno
le branchiospine filtrano l’equivalente di oltre
3.500 piscine olimpioniche! Ogni anno lo squalo
elefante rinnova completamente tutte le sue
branchiospine.
Che differenza c’è tra una foca e un leone marino?
© Alamy, Corbis, Thinkstock
Timone
I leoni marini usano
le loro lunghe pinne
anteriori, mentre le
foche impostano la
direzione con quelle
posteriori. Nella foca
infatti le ossa delle
pinne posteriori
sono estremamente
lunghe e forti.
Vibrisse
Sia i leoni marini che le foche si servono delle
vibrisse per individuare le vibrazioni che
aiutano gli animali a orientarsi nella ricerca
di cibo e a percepire la presenza di predatori.
Sebbene svolgano la stessa funzione, i leoni
marini hanno vibrisse dritte, mentre quelle
delle foche sono arricciate.
Spostamenti sul terreno
Quando si trovano sulla terraferma le foche guizzano
in avanti sul ventre, mentre i leoni marini si trascinano
in posizione eretta appoggiandosi sulle pinne anteriori.
Per il loro modo di guizzare le foche si muovono
velocemente sul ghiaccio, più rapide di un uomo in
corsa.
82
Versi
I leoni marini sembra
che abbaino e sono
notoriamente molto
rumorosi, mentre
le foche sono molto
più silenziose.
Emettono anch’esse
una varietà di suoni,
che però hanno
principalmente la
funzione di attrarre
potenziali compagni.
Pinne anteriori
Le foche hanno pinne corte e pelose che terminano
con un artiglio su ogni dito. I leoni marini invece
hanno pinne lunghe, prive di pelo e senza artigli;
riescono a camminare più agilmente e non hanno
bisogno quindi degli artigli per aiutarsi a trascinare
in avanti il corpo.
Orecchie
I leoni marini sfoggiano padiglioni auricolari su entrambi i lati
del capo, mentre le foche hanno solo delle fessure, senza lobi.
Questi sono stati persi nel corso dei cambiamenti evolutivi per
far assumere alla foca una forma del corpo più aerodinamica.
Capacità di nuoto
I cambiamenti evolutivi
hanno reso le foche più
aerodinamiche rispetto ai
leoni marini, perché le foche
trascorrono molto più tempo
in acqua. Mentre il leone
marino può immergersi fino
a 275 metri di profondità, la
foca può toccare i 4.100 metri.
Pinne posteriori
Le pinne posteriori dei leoni marini possono ruotare
verso l’esterno per aiutare la camminata, mentre
quelle delle foche puntano all’indietro in modo fisso.
È per questa ragione che i leoni marini sono più abili
delle foche quando si tratta di scappare ai predatori
sulla terraferma.
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Le interviste ai professionisti
Sono autori scelti per proporre visioni e tecniche diverse, dalla fotografia digitale a quella in pellicola, dal lavoro professionale alla
ricerca personale. Crearsi uno stile è fondamentale per un professionista e la scelta della
composizione è un fattore chiave
COLLANA SERIE ORO
La pratica della composizione:
* Il taglio dei bordi. * Il taglio dell’inquadratura. * L’equilibrio delle masse, delle ombre
e delle luci. * La scelta della chiave di lettura
della foto.
COLLANA SERIE ORO
Questa monografia approfondisce gli aspetti
della composizione per imparare a realizzare
immagini capaci di colpire l’osservatore e di
trasmettere emozioni.
Dapprima occorre imparare a vedere, per poi
decidere cosa inserire nel fotogramma, ovvero cosa escludere. Una volta pre-visualizzata
l’immagine occorre realizzarla, scegliendo il
punto di ripresa così come l’equilibrio delle
“masse”.
GUIDA ALLA
FOTOGRAFIA DI RITRATTO
GUIDA ALL’USO
DEL GRANDANGOLO
COLLANA SERIE ORO
GUIDA PRATICA
ALLA COMPOSIZIONE PERFETTA
In epoca digitale i grandangoli sono diventati di moda: sono la focale tradizionale dei
reporter, ma il suo impiego si è esteso agli
ambiti più diversi.
Ritratto in studio, ritratto ambientato o di
matrimonio; ritratto a figura intera o in primo piano, o anche solo un dettaglio: sono
molti i modi per affrontare uno dei generi fotografici più amati della fotografia. In questo
volume trattiamo sia argomenti tecnici che
di composizione, oltre ad offrire nuovi spunti. Le tecniche Si va dalla scelta di un corredo
per il ritratto ai piccoli e grandi accessori utili;
fondamentale è il controllo della luce e non
mancano quindi trucchi di ripresa e illuminazione. Da non trascurare il ruolo giocato dal
software: abbiamo esaminato una serie di
programmi di make-up Guida all’immagine
E’ quasi un marchio di questa serie: suggeriamo i pregi e i difetti delle immagini, sia
sotto l’aspetto della composizione che della
tecnica di ripresa Le interviste ai professionisti Sono autori scelti per proporre visioni e
tecniche diverse, dalla fotografia digitale a
quella in pellicola, dal lavoro professionale
alla ricerca personale: sono immagini di livello molto elevato e gli autori parlano liberamente delle loro tecniche, delle problematiche attuali del mercato
I vantaggi del grandangolo
Occorre però avere sempre presente che la
scelta della focale condiziona l’inquadratura
e l’andamento prospettico della scena. In
ogni caso i grandangolari permettono di ridurre gli ingombri e il peso dell’attrezzatura
e di abbracciare ampi panorami.
Ma non parliamo solo di focale fisse, esistono anche gli zoom grandangolari, anche se
conviene evitare quelli dalla gamma di focali incredibilmente estesa che sacrificano la
qualità; suggeriamo di stare sul range 3x.
Il grandangolare trova applicazione nei campi più diversi, il reportage innanzitutto, ma
anche il ritratto, anche se la focale classica
sarebbe il medio tele; il grandangolare consente di eseguire ottimi ritratti ambientati.
I test MTF
Per approfondire la qualità ottica dei grandangolari pubblichiamo il giudizio del Centro Studi Progresso Fotografico su oltre 35
test MTF, tra focali fisse e zoom; li abbiamo
raccolti in categorie omogenee per rendere
immediato il confronto.
La tecnica di ripresa
Fotografare con il grandangolare richiede
di prestare attenzione all’angolo di campo e
alla profondità di campo.
La vignettatura è un altro punto critico dei
grandangoli: esaminiamo quali sono le cause e come è possibile ridurla. Ma la vignettatura può anche essere sfruttata in chiave creativa, per portare l’attenzione sul soggetto.
Condividiamo con te la passione per la fotografia
visita il sito:
numerosi prodotti di qualità
Guida alla fotografia naturalistica
5 consigli utili per
chi inizia
Scopri come è possibile ottenere facilmente
ottime fotografie di animali
CONSIGLIO 1
: attrezzati a dovere
Non andrai lontano senza un buon teleobiettivo e
un robusto treppiede
Il pezzo più importante dell’attrezzatura è senz’altro un
teleobiettivo di grande lunghezza focale: permette di
eseguire buoni scatti a distanza. E’ un obiettivo che può
essere costoso, soprattutto se lo si vuole luminoso, ma
per risparmiare si può prendere in considerazione l’utilizzo
di un moltiplicatore di focale, anche se comporta una
perdita di luminosità e qualità.
L’altro strumento essenziale è il treppiede: con le lunghe
focali la minima oscillazione causa immagini mosse, per
cui il supporto deve essere stabile.
Una soluzione di emergenza è costituita dal “beanbag”, il
sacchetto di fagioli a cui appoggiare la reflex.
“Il teleobiettivo è l’elemento più
importante dell’attrezzatura
fotografica”
Non possono mancare
Il teleobiettivo
Il Nikon AF-S 80-400mm f/4.5-5.6 G ED
VR è uno zoom per formato Full Frame
con motore di messa a fuoco a ultrasuoni
(Ring-USM); lo stabilizzatore compensa
fino a 4 stop.
84
Il treppiede
Il treppiede
Manfrotto
190XPRO4 con
testa a sfera è
uno strumento
robusto e pratico,
grazie anche al
sistema Power
Lock che permette
un’installazione
rapida.
Copertura mimetica antipioggia
Questa copertura Camo Deluxe
(prezzo circa € 70, www.cameraclean.
co.uk) è stata progettata non solo per
mimetizzarsi nell’ambiente circostante,
ma anche come protezione in caso di
pioggia.
Wildlife photography
Una TrailCamera
può essere utile per
scoprire gli animali si
aggirano nella zona.
Consiglio 2
documentati!
Fà delle ricerche sulla fauna della zona e sulle
abitudini degli animali che vuoi fotografare
Le immagini dei professionisti
potranno anche sembrare
casuali, in realtà nascono dopo
approfondite ricerche e lunghe
attese. Quindi prima di passare
all’azione cerca di sapere tutto
quello che è possibile sulla zona
che hai scelto; potresti anche
pensare di attivare sul posto una
telecamera (TrailCamera) che
registri le specie che si aggirano
nella zona. Ricordati di studiare
le abitudini dell’animale che ti
interessa. Questo ti permetterà
di capire come individuarlo e se
abbia particolari atteggiamenti che
meritano di essere fotografati; ad
esempio alcuni uccelli chiudono le
ali lungo il corpo prima di spiccare
il volo.
Consiglio 3
Confonditi con
l’ambiente
impara ad avvicinare
gli animali
Il capanno fotografico è un
nascondiglio perfetto nel
caso in cui tu sia certo della
presenza dell’animale nella
zona. I capanni fotografici
sono normalmente realizzati
in tessuto mimetico per
confondersi con l’ambiente
ed aiutano anche a non far
trapelare gli odori.
Qui il capanno Square hide
di Stealth Gear (circa € 210,
www.stealth-gear.com) è
estremamente leggero e
dispone di custodia per il
trasporto.
Ti basteranno pochi trucchi per muoverti
senza essere scoperto
Oltre a documentarti sulle
abitudini dell’animale che vuoi
fotografare, ti conviene imparare
ad avvicinarti senza spaventarlo. Prima di
tutto evita un abbigliamento dai colori vivaci
che ti renderebbe visibilissimo, e procurati
un telo mimetico. Evita anche i profumi, che
metterebbero facilmente in allerta gli animali.
Con alcune specie potresti riuscire ad
avvicinarti anche molto se ti muovi
lentamente, evitando di puntare nella loro
direzione. Scegli una posizione e rimani il più
fermo possibile: alcuni animali potrebbero
avvicinarsi una volta che si sono
abituati alla tua presenza.
Una tuta mimetica aumenta le possibilità
di scattare senza farsi scoprire.
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Consiglio 4
Scegli le impostazioni più adatte al soggetto
Scegli le impostazioni più adatte al soggetto
Spesso i momenti migliori sfuggono perchè si aspettato troppo ad eseguire
le impostazioni. In generale conviene scegliere un tempo di scatto veloce;
è sempre preferibile impostare una sensibilità ISO medio-bassa per evitare
il rumore elettronico, ma nella fotografia naturalistica è prioritario il tempo
di scatto rapido per cui la sensibilità dovrà adeguarsi. Con un animale in
rapido movimento potrebbe convenire lo scatto a raffica, che aumenta le
probabilità di cogliere il momento migliore.
Una tecnica differente è quella del panning, che si basa su tempi di scatto
piuttosto lunghi (ad esempio 1/50 di secondo): consente di ottenere il
soggetto fermo su uno sfondo mosso, ma occorre riuscire a seguire il
movimento del soggetto con la fotocamera mentre si preme il pulsante di
scatto. Occorre molta pratica, ma i risultati sono d’effetto.
Imposta e scatta
3 regole base
1) Un supporto stabile
Monta la fotocamera sul treppiede. Per aumentare la stabilità,
controlla che il terreno sia solido e appendi la borsa al gancio
alla base della colona centrale.
2) La Priorità di tempo di scatto
Questa modalità permette di scegliere il tempo di scatto lasciando
che sia la fotocamera a regolare automaticamente il diaframma
per la corretta esposizione. Imposta un tempo di scatto tanto più
rapido quanto più lunga è la focale dell’obiettivo; ad esempio con un
300mm il tempo non può essere più lento di 1/300s.
3) L’autofocus continuo
Dal momento che gli animali si muovono in modo imprevedibile
conviene impostare la modalità di autofocus continuo: in questo
modo la fotocamera adeguerà costantemente il fuoco sul soggetto,
seguendo i suoi movimenti.
86
Guida alla fotografia naturalistica
Consiglio 5
Cura la composizione
La composizione dell’inquadratura è
fondamentale per ottenere buone fotografie
Nella fotografia naturalistica non si
possono controllare tutte le variabili come
nella fotografia di ritratto, ma questo
non significa che non si debba curare la
composizione. Fondamentale è aver
pazienza. Riuscire a fotografare
quando l’animale guarda in
macchina è quasi sempre
garanzia di uno scatto di forte
impatto; inoltre conviene
fare in modo che lo sfondo
non sia caotico e metta in
risalto l’animale. Nella scelta
dell’inquadratura fa’ in modo
che non vengano tagliate parti
del corpo ai margini del fotogramma,
come le zampe o le orecchie.
“Be patient until they
position themselves in the
most flattering place”
“Scattare quando
l’animale guarda in
macchina è quasi
sempre garanzia di
uno scatto di forte
impatto”
Mistake 5
Poor lighting
Wait for the right light and your
shots will come alive
Ci vuole molta pazienza
per ottenere una buona
immagine
Avoid taking photos when the sun is at its highest
as it will cause strong highlights and shadows to
appear. Early morning and evening is the best time
to shoot, as the sun is low and it lights up your
subject more softly, as well as creating a warm
golden hue in your shots. Also think about the angle
that the light is hitting your subject and be patient
until they position themselves in the most flattering
place. If the light is behind your subject you may
need to use spot metering to help your camera not
to overexpose.
7
Strong
sunlight
leads to harsh
shadows
87
Le immagini dei nostri lettori...
Mandaci le tue fotografie, le più
interessanti, potranno essere pubblicate .
Presteremo particolare attenzione alle
foto accompagnate da un breve testo
che descriva la situazione di scatto.
Bandinelli Sofia
[email protected]
Per l’invio utilizza internet (WeTransfer e simili)
Bandinelli Sofia
Boscolo Alice
Boccato Francesca
88
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De Franceschi Silvia
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Giuseppe*
Gertosio Giancarlo
Racca Martina
89
Zoo del mondo
Howletts Wild
Animal Park
Questo parco naturale ospita 456 animali e di 51 singole specie:
l’Howletts è un autentico santuario per gli animali selvatici.
Originariamente di proprietà dell’ambientalista John
Aspinall, creatore dell’omonima fondazione, l’Howletts
Wild Animal Park fu aperto al pubblico nel 1975. Oggi
questo parco è considerato un vero e proprio santuario
per molte delle specie più rare e in via di estinzione, come
il gorilla di pianura occidentale, i grandi felini e i primati,
oltre ad avere il maggior numero di elefanti del Regno
Unito.
Il parco ospita attualmente 456 animali di 51 singole
specie ed i visitatori possono avere incontri ravvicinati con
tigri siberiane, leopardi della Cina settentrionale, licaoni
e leoni berberi dietro la protezione delle vetrate che
delimitano le loro zone. Possono anche passeggiare con i
lemuri che saltellano di ramo in ramo sopra le loro teste.
L’Howletts si stende su oltre 90 acri di terreno, un parco
caratterizzato da sentieri immersi nei boschi e ad ogni
Il re dei carnivori
A capo della sezione dedicata ai
carnivori è Ben Warren, che iniziò come
semplice custode 17 anni fa.
Ben è responsabile di una squadra di
cinque persone per 50 animali e ha un
legame unico con una tigre siberiana
che ha allevato personalmente, Arina.
“La mia
giornata
lavorativa
inizia alle 8
di mattina
con la pulizia
dei recinti,
i lavori di
manutenzione,
la preparazione dei pasti e la cura
degli animali della nostra sezione.
Il momento che preferisco è però
quando posso stare insieme ad
Arina, una tigre dell’Amur che ho
allevato personalmente dopo che
sua madre l’aveva rifiutata. Ha un
carattere adorabile e si diverte un
sacco quando giochiamo; il gioco
è importante per tenerla stimolata
finché non si troverà un esemplare
maschio adatto a lei.
Di certo non ho da annoiarmi, che
si tratti di gestire nuovi arrivi o di
migliorare le strutture di ospitalità
degli animali, di mettersi alla guida
del muletto o di realizzare nuove
recinzioni. Devo dire che le mie
giornate sono proprio piene!”
90
angolo vi sono approfondimenti e informazioni curiose
sugli animali. C’è molto da vedere e da scoprire per i
visitatori, che possono anche misurarsi nella Treetop
Challenge, un percorso a ostacoli tra i rami degli alberi
con ponti di corda, pneumatici oscillanti, reti e cavi. I più
piccoli possono godersi la Animal Adventure Challenge
con scivoli, altalene e altri giochi.
Sebbene sia una delle attrazioni più popolari del paese,
lo scopo principale dell’Howletts è la tutela della fauna. Il
ricavato della vendita dei biglietti aiuta a sovvenzionare
la tutela delle specie a rischio e permette di reinserire in
natura gli animali, in collaborazione con la Fondazione
Aspinall.
Howlett’s Wild Animal Park
Le visite
www.aspinallfoundation.org
Prezzo del biglietto
Adulti: 23,95 sterline
Bambini: 19,95 sterline, 0-3 anni gratis
http://www.aspinallfoundation.org
www.aspinallfoundation.org
“Questo parco è un vero e proprio santuario
per molte delle specie più rare e a rischio
estinzione”
Arina è un esemplare di tigre dell’Amur
che ha instaurato un legame molto
speciale con i suoi custodi
Le 5 star del
parco
Temujin, il gatto di Pallas
Conosciuto anche come Little Man,
Temujin ha il cuore di una tigre.
Possiede una grande personalità per
essere un piccolo felino e ha instaurato
uno stretto legame con i suoi custodi,
sebbene a volte sia scontroso. Il
suo cibo preferito è il pollo, ma non
disdegna il coniglio e il pesce.
Mirembe, l’elefante africano
E’ il membro più giovane del branco
di elefanti del parco. Mirembe ama
giocare con i fratelli ed esplorare
ogni angolo delle recinzioni, adora
sguazzare e giocare con l’acqua.
Djanghou, il gorilla silverback
Fiero padre di cinque cuccioli - tre
maschi e due femmine - è molto
protettivo nei confronti della sua
famiglia. Djanghou ha compiuto 21
anni nel dicembre 2014.
SOPRA Una mamma e un piccolo di lemure all’Howletts Wild Animal Park
SOPRA L’Howletts ospita il maggior numero di elefanti del Regno Unito
SOPRA Oltre all’Howletts, solo un altro parco in Inghilterra ospita il
leopardo della Cina settentrionale.
Tyson e Bee Bee, i due tassi
del miele
Tyson e Bee sono una coppia di
tassi del miele molto amati dai loro
custodi, così come dai visitatori.
Adorano andare alla ricerca di
spuntini e si divertono a scherzare
con i giochi messi a disposizione
dallo staff.
© Aspinall Foundation; Howletts Wild Animal Park; Andrew Walker
Arina, la tigre dell’Amur
Allevata personalmente da Ben
Warren, il responsabile della
sezione carnivori insieme a Damian
Aspinall, Arina ha un legame
speciale con i suoi custodi e
considera Ben un genitore adottivo.
91
Parchi e dintorni
Autunno: tempo di workshop
I parchi naturali disseminati su tutto il territorio nazionale non chiudono mai, neanche nei periodi autunnale e invernale nei quali si potrebbe pensare ad uno stop delle attività. Per questo PixCube, che
collabora con diverse realtà italiane, prevede vari workshop anche
nel mese di ottobre; sono workshop fotografici rivolti sia ai principianti, sia ai fotografi esperti che saranno affiancati dal professionista selezionato per l’evento. E’ comunque richiesta una conoscenza
minima della propria macchina fotografica.
Parco Nazionale d’Abruzzo: 17-18 ottobre
Il Parco Nazionale Abruzzo Lazio Molise è il più antico dei parchi della
montagna appenninica ha avuto un ruolo fondamentale nella conservazione di alcune delle specie più importanti della grande fauna italiana: orso
bruno marsicano, camoscio d’Abruzzo e lupo; inoltre la reintroduzione del
cervo e del capriolo e il ritorno del cinghiale hanno permesso la ricostituzione, assieme ai grandi carnivori, delle catene alimentari originarie. Il
workshop comincerà con un’escursione e uno shooting attraverso i boschi
secolari della Difesa di Pescasseroli, per proseguire il giorno successivo
partendo dal lago di Barrea e attraversando la Val di Rose sino al Rifugio
di Forca Resuni. Il workshop è condotto da Umberto Esposito, fotografo
professionista NPS.
Parco Nazionale del Vesuvio: 3-4 ottobre
Il Parco è uno scrigno di rara bellezza: la natura dei luoghi, la storia del
vulcano, il patrimonio rurale e delle tradizioni, rendono l’area vesuviana
uno dei luoghi più suggestivi per un workshop fotografico. Gli itinerari
fotografici organizzati sono 5 e si svolgeranno nell’arco di due giorni: il
Monte Somma per fotografia di paesaggio e lunghe esposizioni, la Valle
dell’inferno, i Cognoli, il Gran Corno che conduce al cratere del vulcano e la
riserva Tirone ricca di vegetazione, con un ricco sottobosco e grandi scorci
sul golfo di Napoli. Il workshop è condotto dal fotografo Simone Stanislai.
Parco Nazionale Gran Paradiso: 10-11 ottobre
Il Parco Nazionale Gran Paradiso, istituito nel 1922, è il più antico Parco nazionale italiano. La destinazione scelta per questo nuovissimo workshop è La
Valle Soana, stretta di origine glaciale, con una vegetazione lussureggiante;
lungo i sentieri della valle è facilissimo incontrare il camoscio e altri animali
che popolano i boschi. Da Campiglia Soana si salirà lungo la pista sterrata
che porta verso il piano dell’Azaria. Nei centri abitati si può sentire parlare
ancora il patois, tipico dialetto franco-provenzale, e si possono incontrare
ancora persone che indossano tutto l’anno il loro costume tipico. Il workshop
è condotto dal fotografo Alberto Olivero
92
Parchi e dintorni
Parco Nazionale delle Cinque Terre:
24-25 ottobre
Autunno: tempo di workshop
Il Parco Nazionale delle 5 Terre, con i suoi 4.300 ettari è il
Parco Nazionale più piccolo d’Italia, Patrimonio Mondiale
dell’Umanità, e allo stesso tempo il più densamente popolato, suddiviso in cinque borghi: Riomaggiore, Manarola,
Corniglia, Vernazza e Monterosso al Mare. Il workshop prevede due uscite fotografiche: i tramonti e l’alba su Manarola
e una giornata verso Riomaggiore.
Per informazioni e promozioni: www.pixcube.it/
Il certificato
d’eccellenza 2015
di Tripadvisor
Introdotto da Tripadvisor nel 2010,
il Certificato di Eccellenza intende
offrire un riconoscimento ai punti di
interesse che ottengono con costanza recensioni molto positive da
parte dei viaggiatori su TripAdvisor:
vengono in pratica scelti da chi si
trova a contatto diretto con le varie
realtà, per cui in base all’esperienza
personale il pubblico esprime giudizi e dispensa consigli. Tripadvisor
ha registrato commenti entusiasti
sul Parco Regionale Naturale del
Conero, un angolo di Marche che,
con gli altri parchi, quattro regionali (Conero, San Bartolo, Sasso Simone Simoncello e Gola della Rossa
Frasassi), uno nazionale, quello dei
Sibillini ed alcune riserve, copre il
10% della superficie regionale.
Guardiani del mare
Nell’ambito del programma “Guardian of the Sea”, la Commissione Europea ha finanziato “Ecosee/A”, progetto della durata di 12 mesi al quale
partecipano la città di San Benedetto del Tronto, l’Area Marina Protetta
Torre del Cerrano, l’Area Marina
Protetta Isole Tremiti, l’Università di
Teramo, l’Università di Camerino e il
Parco del Conero; lo stanziamento è
di 466.000 euro. Il progetto si pone
vari obiettivi: creare un equilibrio
tra la flotta di pesca europea e le
risorse disponibili, ridurre la flotta di
pesca europea e preservare i posti
di lavoro delle comunità costiere, dimostrare la sostenibilità economica
delle attività diverse dalla pesca e
orientare professionalmente i pescatori verso servizi che gestiranno
in maniera eco-sostenibile le risorse
marittime. In poche parole questa
collaborazione sarà in grado di
dare indicazioni per future politiche europee di gestione delle aree
marine e costiere, attraverso vari
studi scientifici che permetteranno di elaborare una mappa delle
zone inquinate e individuare aree
sensibili dove è a rischio la conservazione dell’ecosistema marino.
Inoltre prevede il monitoraggio dei
sedimenti dei fondali, lo studio delle
comunità bentoniche che rappresentano una sorta di memoria biologica dell’ambiente (ne registrano
le principali variazioni), la raccolta di
rifiuti marini galleggianti e potenzialmente tossici per l’ambiente.
Sicurezza alimentare:
i controlli su pesce e
carne
Nonostante il Mediterraneo ospiti
circa 17.000 specie differenti di
creature ittiche, l’Italia è uno dei
maggiori importatori europei di
questo tipo di prodotti; solo nei
primi due mesi del 2015 le importazioni sono aumentate del 14,17%
rispetto all’anno precedente, per
un totale di oltre 345 milioni di euro
spesi e circa 68.000 tonnellate di
prodotti ittici introdotti nel Paese,
quali astici del Maine, dentici, scorfani, pesci san pietro e tonni. Forte
l’importazione anche delle carni,
prevalentemente bovine e soprattutto argentine e brasiliane. Chi vigila sulla qualità e sul rispetto delle
norme comunitarie degli alimenti
in entrata sono solitamente gli Uffici Veterinari per gli Adempimenti
Comunitari (UVAC) per gli scambi
intracomunitari e i Posti d’Ispezione
Frontaliera (PIF) per le importazioni
extracomunitarie; dapprima viene
effettuato un controllo dei certificati veterinari rilasciati dallo stato
d’origine, successivamente vengono valutati lo stato fisico, la temperatura, la consistenza e l’odore.
Qualora il medico abbia qualche
sospetto, possono essere effettuati
controlli microbiologici per individuare agenti batterici e controlli
chimici per i metalli pesanti e eventuali forme di inquinamento.
Rete ciclabile in
Sardegna
Rispettare l’ambiente non vuol dire
solamente evitare di abbandonare
i rifiuti dopo un campeggio, ma
anche non inquinare durante gli
spostamenti. È questo che ha spinto
la regione Sardegna alla presentazione del progetto di una nuova rete
ciclabile regionale con investimenti
di otto milioni di euro, in gran parte
provenienti da un fondo europeo e
dalla Regione.
Come sostiene il presidente della
Regione Sardegna Francesco Pigliaru, il progetto mira a “..comunicare
ai turisti che si può raggiungere la
Sardegna anche senza automobile,
scegliendo una modalità di viaggio
praticabile da un punto di vista ambientale ed ecologico”.
Il progetto intende valorizzare
anche opere già presenti sul territorio, come la pista canale o le strade
comunali, e riqualificare quelle ormai in disuso, come i 192 km delle
ferrovie dismesse che si snodano
per tutta l’isola. La rete cicloturistica
si estenderà per circa 2700 km: le
ciclabili più lunghe saranno una dorsale costiera da 1220 km (590 nella
parte orientale e 630 nella parte occidentale) che collega le principali
località turistiche della Sardegna e
una dorsale centrale da 293 km fra
Cagliari, Oristano e Sassari; oltre al
collegamento alle altre esistenti.
j TECNICA E IMMAGINE
NEL PAESAGGIO
j Guida all’esposizione e alla composizione
j Tanti “bit” per evitare
scalettature
j Aberrazioni ottiche:
nemiche della nitidezza
j Rumore e sensibilità
j Viraggi, il colore nel bianco e nero
j La stampa professionale
I professionisti del B&W
j Il paesaggio
tridimensionale
94
IN EDICOLA
GRAFI ESPE
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UN ANNO DI FOTOGRAFIA
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34
La storia della
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TECNICHE
La tecnica del
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La magia del mi Painting
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Il flash in manu simo di secondo
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Le condizioni est nella fotografia d’azione
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La fotografia all
’in
Il sensore: pulia frarosso in digitale
molo da soli
I segreti della
stereofotografi
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€ 105,00
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14%
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4 fascicoli
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4 fascicoli
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10%
• NATURE & ANIMALS
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PROSSIMO FASCICOLO NOVEMBRE
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Angela Argirò, 27 anni - mod
Non fargli
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La sua sopravvivenza
è fatta di tanti piccoli 5x1000.
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i - medico
Marina Nicodemi, 31 ann
Enpa ringrazia per questo spazio.
i - pensionato
Giuseppe Lo Monaco, 83 ann
- ristoratrice
ghi, 41 anni
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- segretaria
lle, 34 anni
Cristina Ava
5x1000 all’Enpa. Un gesto umano al cento per cento.
Sostegno al volontariato 80 116 050 586
I AM DIFFERENT
4 ANNI
GARANZIA
NItAl CArd assicura 4 anni di garanzia e assistenza più accurata con ricambi originali.
Infoline 199.124.172. Per estendere la garanzia a 4 anni è necessario registrare il prodotto via web alle
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