cure palliative - Ospedali riuniti di Trieste

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cure palliative - Ospedali riuniti di Trieste
ASS/CURE PALLIATIVE
Il dolore si può (anzi si deve) curare
Se ne discuterà a Trieste in un congresso nazionale. Cosa è stato fatto finora nelle
nostre strutture
Dichiarare il proprio dolore non è una debolezza, un segno di poco carattere o di scarso
coraggio. Raccontare al medico o all’infermiere che abbiamo davanti la sofferenza che ci
affligge e chiedere che sia alleviata è un diritto che da poco è stato addirittura sancito dalla
legge. Eppure le resistenze sono ancora fortissime, sia nell’esprimere quest’esigenza sia
nell’accoglierla mettendo in atto le dovute contromisure. E’ il retaggio di una cultura
profondamente radicata nella nostra mentalità, che associa in modo quasi inevitabile la
malattia al soffrire e rivendica il valore della sopportazione. Con il risultato di fare dell’Italia
uno degli ultimi paesi in Europa nella classifica per consumo di farmaci analgesici oppioidi nel
trattamento del dolore severo.
Contro quest’atteggiamento, che rischia di imprigionare chi sta male in un tormento spesso
terribile (basti pensare ai pazienti oncologici o a chi è affetto da sclerosi laterale amiotrofica),
da oltre un decennio è in atto nel mondo sanitario un movimento a sostegno delle cure
palliative, quelle cure che non possono guarire ma scongiurano o quanto meno
alleggeriscono la tortura del dolore. Proprio a quest’argomento è dedicato l’importante
convegno nazionale promosso dalla Sicp-Società italiana di cure palliative e dalla
Federazione cure palliative onlus, che da mercoledì 26 vedrà riuniti a Trieste specialisti di
fama internazionale.
Parlare di questo tema assume un particolare interesse alla luce delle attività in atto, in
materia di cure palliative, nelle strutture sanitarie. Negli ospedali il controllo del dolore post
operatorio o cronico, attuato da tempo nel quadro del progetto Ospedale senza dolore, è
infatti ribadito degli standard relativi all’accreditamento internazionale. E ad affiancare
quest’impegno nei reparti vi è un ambulatorio che si occupa di terapia del dolore.
Sul territorio si lavora invece per consentire questo trattamento anche a chi è a casa o,
nell’Hospice attivo nell’ambito della casa di cura Pineta del Carso, ai malati di tumore più
gravi. “Il concetto di cure palliative – spiega il direttore sanitario di Ass 1, Adele Maggiore – va
inteso in senso ampio. Quando non si può guarire il malato ma si può evitargli di soffrire, si
devono mettere in atto tutte le strategie possibili: il controllo della nutrizione, la prevenzione
della sindrome da allettamento, la predisposizione dei presidi sanitari, il trattamento con i
farmaci”. “L’obiettivo – conclude è quello di prendere in carico prima possibile la persona: è
l’unico modo per riuscire a programmare gli interventi nel modo migliore ed evitargli
sofferenze inutili”.
La cura del dolore, che riguarda moltissimi malati affetti da diverse patologie, viene affrontato
tramite un Ambulatorio, al Centro oncologico, che nel 2010 ha effettuato circa 4 mila terapie
antalgiche. Altre 139 persone, in larga maggioranza ultraottantenni, sono state invece seguite
in modo continuativo, nei primi cinque mesi dell’anno, dagli operatori dell’assistenza
domiciliare che hanno garantito a casa i trattamenti necessari. Centodue di loro erano affetti
da patologie oncologiche.
A partire da quest’esperienza e dai problemi rilevati, il Servizio infermieristico avvierà a breve
uno studio per valutare il dolore in tutti i nuovi assistiti dalla domiciliare così da poterlo poi
gestire in modo adeguato (avvisando il medico di famiglia, somministrando il farmaco se
prescritto e valutandone poi gli effetti).
Lo strumento che sarà utilizzato è il cartoncino colorato, riprodotto qui sotto, che propone la
scelta tra diverse intensità di dolore ed è già stato distribuito, oltre che agli infermieri della
domiciliare, a tutti gli operatori dell’Ass. Si tratta della scala di valutazione Nrs-Numeric Pain
Intensity Scale, già in uso nei nostri ospedali, che attraverso le faccine, cui corrispondono sul
retro diversi gradi di misurazione, permette di capire in modo immediato anche la situazione
di persone molto fragili o con problemi cognitivi. Un metodo semplice ed economico per
sostenere un cambiamento culturale profondo e complesso.
Testo CP 1
ASS/CURE PALLIATIVE
Cosa si fa
quando
non si riesce
a guarire
Il XVIII congresso nazionale della Sicp-Società italiana di cure palliative s’inaugura mercoledì
26 alla Stazione marittima. Promosso con il patrocinio del Cnr, della Regione Friuli Venezia
Giulia, della Provincia, del Comune, dell’Ordine dei medici, dell’Azienda per i Servizi
Sanitaria n.1 Triestina e dell’Azienda Ospedaliero universitaria e di altre realtà, vede a
raccolta quasi 800 partecipanti per 200 relatori.
L’Ass sarà presente con alcuni abstract su cure palliative nella gestione dello scompenso
cardiaco in fase terminale (autrice, Claudia Rusgnach del Servizio infermieristico del Distretto
2); assistenza domiciliare a pazienti tossicodipendenti affetti da Hiv e Aids (Franca Masala e
Cristina Stanic del Dipartimento dipendenze, Ilena Zumbo del privato sociale) e Health
Promoting Hospitals and Health Services: commissione per la promozione della cultura del
non dolore e del morire con dignità nel proprio letto.
Giovedì 27, dalle 9 alle 13 nel Teatrino del parco di San Giovanni, l’Ass organizza inoltre un
incontro dal titolo Curare quando non è più possibile guarire. L’iniziativa è rivolta in modo
particolare ai medici di famiglia, che sono il primo riferimento del malato, e agli operatori del
territorio. Tra gli argomenti, l’approccio palliativo e la sua etica, la continuità delle cure, la
relazione tra il paziente e l’operare, la comunicazione, i farmaci e le azioni che da subito si
possono mettere in atto per aiutare chi soffre.
Testo CP 2
ASS/CURE PALLIATIVE
Il diritto di andarsene con dignità
La cura del dolore non si esaurisce sul versante fisico. “Quella delle cure palliative – spiega
Roberta Vecchi, psicologa – è una filosofia di assistenza e di cura che abbraccia il malato
nella sua globalità, tenendo in considerazione il dolore fisico, emotivo e psicologico sia del
malato sia della famiglia”. E’ un approccio complesso che richiede la presenza di
professionisti diversi. Ci si deve infatti occupare delle terapie e dell’alimentazione; il malato va
mobilizzato per evitare la sindrome da allettamento o le piaghe da decubito e insieme al
corpo dev’essere lenita la sofferenza dell’animo.
In quest’ottica la morte non è più un tabù. “All’Hospice, ad esempio, cerchiamo di sostenere
le persone nel compiere il grande passo tra la vita e la morte – spiega la dottoressa Vecchi -.
E’ difficile perché il dolore del distacco è sempre forte, anche se la persona è molto anziana:
si può farlo solo se si va verso l’altro con amore, cercando di cogliere i suoi bisogni”. “C’è un
momento – conclude - in cui si devono aiutare i familiari a comprendere che devono lasciar
andare il malato, senza più obbligarlo alle cure o ad alimentarsi, entrando insieme in una
dimensione diversa di affetto e intimità. Per questo ci vogliono dolcezza, comprensione e
tempo. E si deve aiutare il malato ad andarsene senza sofferenza”.
Sono obiettivi importanti e delicati che figurano ormai tra le priorità d’intervento dell’Ass. Per
sviluppare pratiche cliniche e assistenziali che consentano a ogni malato di eliminare il dolore
e, nel caso in cui sia terminale, di morire con dignità nel proprio letto è stata infatti istituita
un’apposita commissione, al lavoro perché la buona morte possa diventare una realtà diffusa.