Barbara Siliquini - Fondazione Elvira Badaracco

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Barbara Siliquini - Fondazione Elvira Badaracco
Barbara Siliquini
Rispetto alla figura femminile, di sicuro oggi non siamo ancora giunti ad un punto di approdo,
siamo ancora in viaggio per trovare una collocazione degna nella nostra società. Io, che potrei
definirmi “un’attivista della nascita”, interpreto e guardo a quello che avviene proprio in questo
ambito. Ecco cosa vedo:
la donna, in un processo di “evoluzione” verso la conquista di tutto ciò che era maschile (lavoro,
potere, pari dignità), ha smesso di coltivare la femminilità, nella sua forma più essenziale, quella di
generatrice e nutrice.
E’ come se avessimo assistito alla rivoluzione industriale: quella ha prodotto l’abbandono delle
terre per andare a lavorare in fabbrica. Il risultato è stato da un lato un generale maggiore benessere,
ma anche, dall’altro, la perdita per tutti dell’aria buona, dei cibi sani, l’aumento di nevrosi e
patologie legate ad una vita insalubre (sia pur in ambienti sterili o pulitissimi), stressante, etc. In
modo analogo la donna ha abbandonato “la sua essenza di madre”, attività poco redditizia, poco
considerata, faticosa e gratificante, ma non valorizzata, per andare “verso le fabbriche”, cioè verso
una vita dove non è affatto chiaro se e come debbano esistere ruoli diversi fra uomini e donne.
Questo, nella nascita, ha prodotto, molto spesso, l’abbandono, da parte delle donne, della
consapevolezza della propria natura, della propria innata capacità di generatrici e nutrici. Le donne
non si fidano del loro corpo, sono state abituate e cresciute per guardarsi in modo “maschile”, senza
capire il valore del loro essere cicliche, diverse, senza imparare a conoscere e ascoltare il proprio
corpo. E’ come se nella lotta per la parità, la donna si sia risolta a negare la sua essenza femminile:
la sua diversità biologica, fisica, emotiva. Ciò che è solo della donna, va rimosso, è negativo, se non
è integrabile dal maschio. Allora il dolore del parto è privo di senso, barbarico, incivile, inutile e
solo doloroso. Allora la cura dei bambini deve essere affidata e affidabile ad altri: il papà deve poter
aiutare la mamma nelle poppate, attraverso ciucci e biberon. La società deve prevedere asili che
accolgano i bimbi sempre e fino dal 3° mese. A Milano c’è un’offerta di tate notturne per consentire
alla mamma di dormire per poi poter essere presente al meglio al lavoro…
La rivoluzione femminista che mi piacerebbe vedere oggi è la rivoluzione che consenta di trovare la
via di mezzo tra il benessere della rivoluzione industriale e il ritorno alla valorizzazione
dell’economia rurale. Cioè che affermi che ciò che della donna è proprio: la capacità esclusiva di
portare in grembo i figli, partorirli, nutrirli fisicamente e affettivamente nei primissimi anni di vita,
sia un valore enorme e basilare per tutta la società. Recuperare questo immenso contributo che
compete geneticamente alla donna, come un contributo straordinario, che va valorizzato, tutelato,
ammirato e difeso da tutti. Questo e’ il principio per cui io vorrei lottare oggi. Questo principio
renderebbe tutto il resto così automatico: il mondo del lavoro a misura di donna, deve diventare un
mondo del lavoro a misura di società sana, quella in cui una madre si occupa, con competenza
(innata e recuperata) del futuro di tutti: i bambini, non è solo messa in condizione di farlo
organizzativamente, ma anche come riconoscimento sociale. Solo in queste circostanze una scelta,
da parte della donna, è possibile.
Oggi le donne che vengono a chiedere sostegno ad altre donne come me, attivista della nascita, sono
donne che, come la maggior parte di noi, camminano in un solco profondo, che affonda le radici
nella storia di emancipazione degli ultimi 30 anni, che ci ha create consapevoli di essere persone di
valore, brillanti, in tutto capaci di tenere testa ad un uomo, ma che hanno vissuto anche la
“maschilizzazione” del processo della procreazione, nascita e nutrizione. Cioè la tendenza e il
bisogno di affidarsi alla tecnologia e non a se stesse per capire cosa siamo in grado di fare, di
sopportare, di cosa abbiamo bisogno noi o i nostri figli. E così spesso da questo solco intravedono
che c’e’ un orizzonte diverso, e, a volte, vogliono vedere di più.
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Le donne che si confrontano con altre donne oggi usano soprattutto internet. Questo strumento è
potente sia per abbattere la solitudine, che per trovare sfogo a quello che uno sente e che e’
inconfessabile ai più, o per discutere di cose in cui ci si sente in minoranza e scoprire che non sei
sola. Non so come fosse 30-40 anni fa senza internet. Oggi è fondamentale.
le donne spesso hanno bisogno di raccontare che si sentono distrutte dall’esperienza di parto,
che per loro quello che hanno vissuto è un incubo, una violenza, e hanno bisogno di piangere, hanno
rabbia. Ma quando tentano di parlarne vengono liquidate da parenti e amici con “l’importante è che
siate sani e salvi”, “beh alla fine l’importante è che sia venuto al mondo, cesareo o parto naturale
che differenza fa”, “ma sì dai che l’importante è che sia andato tutto bene”. Il fatto è che “sani e
salvi” non si è solo perchè i medici hanno stabilito che i parametri vitali sono a posto.
Le donne a volte raccontano di una vita sessuale che fa fatica a riprendere dopo il parto, e
questo coinvolge sì quelle che hanno avuto dei parti vaginali molto “violenti”, ma, chi l’avrebbe
mai detto, soprattutto le donne cesarizzate, e spesso la cura è un vbac (parto vaginale dopo cesareo).
Le donne o si fidano troppo o non si fidano più dei medici. Quelle che incontro io non si
fidano, perchè temono che le decisioni che suggeriscono i medici siano dettate dal non volersi
assumere responsabilità scomode, o dal fatto che siano andate perse le competenze per seguire una
gravidanza o un parto secondo fisiologia. Quindi, se non sei “miss parto perfetto” (non troppo
vecchia, non troppo giovane, non troppo magra, non soprappeso, non pre cesarizzata, non pre
operata all’utero, pressione perfetta, esami perfetti) vanno poco per le spicciole, il cesareo è
l’opzione più sicura.
Le donne sono alla ricerca di rimedi e pratiche “naturali” alle quali si affiderebbero e ne
vorrebbero parlare con il loro medico, ma i medici non sono quasi mai preparati su omeopatia,
fitoterapia, floriterapia, e così li etichettano come sciocchezze, e quindi o non puoi chiedergli nulla
per non sentirti scema, o perchè tanto ti dice “sono tutte sciocchezze”, pochi hanno l’umiltà di dire
“purtroppo non li conosco, provo a documentarmi” perchè a volte i rimedi “naturali” sono efficaci,
altre volte sono dannosi e sarebbe bello che se ne potesse parlare senza pregiudizio (ho seguito una
donna ipertesa che anzichè eutirox ha fatto dei cicli di agopuntura in gravidanza. Quando è andata
al San Paolo l’edocrinologa e la ginecologa erano incredule, le hanno detto: se fosse venuta 1 mese
fa con questi valori l’avremmo messa sotto eutirox, ora le diciamo che qualsiasi cosa stia facendo
sembra funzioni… tuttavia non sono state interessate a prendere contatti con l’agopuntore)
Le donne mentono a chi le segue, perchè a volte se dici come stanno davvero le cose (non ho
mai fatto una visita ginecologica in gravidanza, mio figlio è nato in casa, allatto ancora mia figlia a
2-3 anni) rischi di esser presa per “strana”. Oppure mentono sulla data dell’ultima mestruazione,
cosi’ non cominciano ad assillarti con monitoraggi e prospettive di induzioni o cesarei come valichi
le 40 (che già tutto il mondo ti stressa l’anima: “non è ancora nato?”)
In una società dove siamo disabituati a prenderci la responsabilità di ciò che ci riguarda, se
fai una scelta controcorrente (non voglio la vitamina K al bambino appena nato, o, voglio partorire
in casa, o, voglio un vbac, o, non voglio fare ecografie, o, non voglio l’induzione, etc.) la tua scelta
si porta dietro un carico di responsabilità che pesa 100kg. Se ti affidi al gine che stabilisce un
cesareo il 31 luglio (perchè poi va in ferie) su un bambino che doveva nascere a ferragosto, e ti
comincia a dire a giugno “mi sa che deve abituarsi all’idea del cesareo signora perchè è podalico,
poi, per carità, magari si gira, pero’ poi va controllato se cresce bene…” e poi il bambino va in tin
(terapia intensiva neonatale) 15 giorni per carenze respiratorie, bisogna accendere un cero al
ginecologo che ha salvato il bambino, e meno male che il fato non si è abbattuto su di noi… la
responsabilità delle crisi respiratorie è del fato...
Le donne quando parlano con altre donne, se cesarizzate, passano i seguenti stadi:
o
“mio figlio è nato con un cesareo, uno di quelli necessari, per fortuna”
o
poi arrivano le varie informazioni, esperienze, filmati, in cui scopri che i bambini con il
cordone attorno al collo non devono nascere con il cesareo per forza, che un sacco di bambini
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nascono con il cesareo perchè sono troppo grandi e poi pesano 3kg e mezzo, e la maria ne ha fatto
uno di 4kg per via vaginale, che nello studio tal dei tali dice che il cardiotocografo aumenta
l’incidenza dei cesarei perchè i tracciati spesso inducono in errore, che lo studio xy dice che le
induzioni spesso finiscono in cesareo, che a 40+5 non è ancora ora di cesarizzare ….
o
Improvvisamente si squarcia un velo davanti agli occhi “perchè mi hanno fatto un
cesareo???”,
o
Arriva la disperazione
o
Poi arriva la rabbia feroce
o
Poi scopri che non sei sola
o
Poi arriva la calma e la voglia di riscatto
o
Poi arriva una nuova gravidanza e inizia un percorso di ricerca: non ti fidi piu’,ti informi
tanto, vuoi cose che nessuno vuol darti, pianifichi di fare km e di cambiare regione pur di ottenere
cio’ che ti hanno tolto
Questo è un piccolo spaccato di ciò che vedo. È chiaro che questo coinvolge una minoranza
dimadri. La maggioranza reagisce alle “violenze” in sala operatoria chiedendo il diritto negato
all’epidurale, la maggioranza rimane nella convinzione di aver avuto un parto naturale (con
induzione, episio di 2° grado, kristeller), la maggioranza è convinta di non avere latte a sufficienza,
etc.
Quindi non siamo certo una maggioranza a vedere questo spaccato e nè una maggioranza a cercare
di cambiare le cose e le informazioni. La classe medica ha una grande forza e credibilità ancora,
nonostante gli errori continui, in incremento e documentati (non possiamo certo attribuire la
variazione dei cesarei dal 7% degli anni ’80 al 60% di oggi in Campania alle donne o a Darwin), per
poche di noi è incredibile quanto siano opportunisti e scarsamente documentati (parliamo dei
ginecologi, dei medici di base, per quel che contano, e dei pediatri)… mentre è dolorosa l’assenza
quasi completa delle ostetriche sul panorama del parto, e tristi i racconti di alcune più illuminate
studentesse di ostetricia (a volte le madri con un parto violato diventano ostetriche…) delle
castronerie che si insegnano nelle facoltà (ad es. l’indispensabilità dell’episiotomia).
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