Rallentare - Dott. Guido Fornasari

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Rallentare - Dott. Guido Fornasari
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“Tempo, tempo, che cos’è il tempo?
In Svizzera si fabbrica,
in Francia è fermo,
in Italia lo sprecano,
in America dicono che è denaro
e in India non esiste.
Rallentare
per gustarsi la vita
Per me il tempo è una truffa.”
(Dal film “Il tesoro dell’Africa” di John Houston, 1954)
a cura del
Dott. Guido Fornasari
Medico Psicoterapeuta, Odontostomatologo
Rallentare
Sempre più spesso, oggigiorno,
non ci prendiamo più il tempo per
vivere, ma solo per lavorare e logorarci.
E nell'usura di ogni giorno, la mente si
svuota, le energie si consumano e la vita
si appesantisce di infinite scorie.
D’altronde, una delle parole
chiave del nostro tempo è velocità, alla
quale si accompagna la frantumazione,
la superficialità, la diluizione dei rapporti
interpersonali autentici. Il mondo si
muove obbedendo a ritmi sempre più
frenetici e convulsi, con centinaia di email che si rincorrono sullo schermo del
computer e informazioni di ogni tipo
che viaggiano velocissime su web; in
poco tempo i mezzi di trasporto ci
consentono spostamenti che una volta
per gustarsi la vita
richiedevano la pianificazione di giorni
di viaggio, con gli aerei che addirittura
ci possono portare in poche ore
dall’altra parte dell’oceano. E in tutto
questo noi spesso ci scopriamo e ci
sentiamo sempre più inquieti, affannati:
spesso, allora, l’irrequieto passare da
un’esperienza all’altra diviene un modo
per tenersi a galla in una situazione di
vaga insoddisfazione, per sanare anche
la paura d’incontrare il vuoto che a
volte si avverte in se stessi.
Da questo stile di vita derivano
anche patologie di tipo psicosomatico,
oggi sempre più in aumento, come
insonnia, cefalee, dolori muscolari e
articolari, spossatezza, con il rischio di
sprofondare nel gorgo oscuro della
depressione.
Per prendere le distanze dal
ritmo troppo frenetico della vita e dagli
impegni lavorativi spesso soffocanti,
per sottrarsi all’incalzare divorante di
Cronos, è importante ritagliarsi delle
“sacche” nel tempo, momenti o periodi
più lunghi, in cui concedersi qualche
ora di libertà, per difendere il diritto a
non essere necessari, a non realizzare
nulla, a guardare i boschi, ad osservare
dalla finestra la gente che passa oppure
ad indugiare in una conversazione con
un amico, senza arrivare a niente, senza
prefiggersi una mèta da raggiungere.
Nella tradizione classica, la
contrapposizione fra il concetto di otium,
un'occupazione principalmente votata
alla speculazione intellettuale, di fatto
riservata alle classi dominanti, e quello di
negotium, l’occuparsi (più per necessità
che per scelta) dei propri affari, era
concepita come una necessaria
alternanza fra gli svaghi e gli impegni
della vita pubblica.
Un genuino “riposo”, antidoto al
delirio del fare, può quindi aiutare a
riscoprire il mistero dell’essere e anche
del trascendente: in fondo, non
dobbiamo dimenticarci che perfino il
Creatore “nel settimo giorno cessò da
ogni suo lavoro, benedisse il settimo
giorno e lo consacrò” (Genesi 2). S.
Agostino invitava a rientrare nell’anima
e nell’intimità per combattere la
tendenza centrifuga dell’uomo. La
Chiesa e i conventi, in ogni tempo, hanno
ammonito l’uomo dal condurre uno stile
di vita frenetico: lo spazio di silenzio e di
deserto, che il monastero offre agli ospiti
che sempre più spesso scelgono di
trascorrere
alcuni
giorni
nella
condivisione della vita monastica, aiuta
l’uomo a ritrovare il senso della vita e a
dare una risposta alla sua ricerca di
significati. Ma anche dedicarsi con
passione alla lettura riflessiva, al dialogo
fecondo, all’ascolto sereno di un brano
musicale, in un clima di solitudine e
di silenzio, possono condurre alla
quiete interiore.
Credo che nella nostra società
e nella vita di ogni giorno -così
caratterizzate dalla concitazione,
dall’efficientismo e dalla rigida
programmazione- sia importante
riscoprire il valore dell’attenzione,
dell’ascolto degli altri e soprattutto
della capacità di meravigliarsi della
vita che scorre in noi e nel mondo
che ci circonda.