condizioni sospensive compromesso vendita

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condizioni sospensive compromesso vendita
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Settembre 2011
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L’Autore ringrazia Giorgio Avarelli, Marco Soldano e Aurelio Soldano per la
preziosa collaborazione.
ISBN 978-88-324-7946-1
© 2011 - Il Sole 24 Ore S.p.A.
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Questo volume è stato chiuso in redazione il 29 luglio 2011
Terza edizione: settembre 2011
Impaginazione: Servoffset - Milano
Stampa: Rotolito Lombarda, Via Sondrio 3 - 20096 Seggiano di Pioltello (MI)
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GUIDA ALLA LETTURA
La prima pagina di ogni sezione
Vendita
Un breve
testo introduce la
materia
oggetto
della sezione e,
ove necessario,
uno schema sintetizza gli
argomenti
trattati nei
singoli capitoli.
La vendita è un contratto tipico (cioè previsto e regolamentato dalla legge) e la sua disciplina è contenuta nel codice civile (per la gran parte nel titolo III, libro IV, artt. 1470
ss.) o nella legislazione speciale (D.Lgs. n. 206/2005 e D.Lgs. n. 146/2007 per le norme poste a tutela del consumatore).
La vendita è il contratto mediante il quale il proprietario di un bene (mobile o immobile)
trasmette la proprietà all’acquirente in corrispettivo del pagamento di un prezzo.
La vendita presenta, quindi, due elementi essenziali: il prezzo e il trasferimento della
proprietà.
Se manca uno dei due elementi il contratto posto in essere non è una vendita. Pertanto,
questi due elementi consentono di distinguere la vendita da altri contratti.
IN SINTESI
Atti e contratti preparatori. Le parti possono ricorrere ad atti o contratti preparatori che consentono di
posticipare la vendita, obbligando i contraenti in vario modo.
Sono tali, tra gli altri:
• il contratto preliminare (unilaterale e bilaterale);
• il patto di prelazione;
• il patto di opzione.
Vendita immobiliare. È il contratto mediante il quale il proprietario di un bene immobile trasmette la proprietà all’acquirente in corrispettivo del pagamento di un prezzo.
Fattispecie particolari. Sono da considerarsi tali:
• Vendita con patto di riscatto. Il venditore può riservarsi il diritto di riacquistare lo stesso immobile
venduto mediante restituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti dalla legge.
• Vendita sottoposta a condizione. Il contratto di vendita può essere condizionato sia sospensivamente che risolutivamente. La condizione sospensiva sospende l’efficacia di ogni effetto del contratto. La
condizione risolutiva non sospende l’efficacia della vendita che produce immediatamente tutti i suoi effetti, anche se l’avveramento della condizione risolve la vendita sin dall’inizio.
• Vendita a termine. Il trasferimento è differito alla scadenza del termine pattuito.
• Vendita con facoltà alternativa. È una vendita in cui la proprietà si trasferisce sin dal momento della
conclusione (stipula) del contratto. Infatti l’oggetto della vendita è unico, solo che il contratto attribuisce
al venditore, sino al momento della consegna, la facoltà di consegnare un’altra cosa in luogo di quella
dovuta.
• Vendita con riserva di gradimento. Nella vendita con riserva di gradimento da parte dell’acquirente,
il contratto si perfeziona solo quando il gradimento è comunicato al venditore.
• Vendita a rate con riserva della proprietà. Questo tipo di vendita è caratterizzato dal passaggio della proprietà del bene solo con il pagamento dell’ultima rata di prezzo per effetto di un patto di riserva
della proprietà a favore del venditore.
• Vendita di cosa altrui. La proprietà dell’immobile si trasferisce, in dipendenza dell’originario consenso,
ma solo quando il venditore acquista la proprietà della cosa venduta.
• Vendita di cosa generica. L’effetto traslativo si realizza automaticamente quando la cosa generica è
individuata.
• Vendita alternativa. La vendita alternativa, in corrispettivo di un prezzo, obbliga a trasferire alternativamente due o più cose specifiche.
• Vendita per persona da nominare. Nel momento della conclusione del contratto una parte può riser(segue)
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IV
GUIDA ALLA LETTURA
La prima pagina di ogni capitolo
5
PERMUTA
Le parti possono convenire che il trasferimento di un immobile sia effettuato in cambio
di altro bene (mobile o immobile), ovvero che il prezzo sia corrisposto parte in danaro e
parte in natura (con altro immobile o altro bene).
Nella prima ipotesi si avrà una permuta vera e propria, nella seconda un contratto misto.
IN SINTESI
Disciplina
Il codice civile non detta espressamente le norme applicabili alla permuta, ma opera un rinvio a quelle della vendita in quanto compatibili.
Evizione
Il permutante che ha sofferto l’evizione può scegliere tra:
– la risoluzione del contratto o
– il pagamento di una somma corrispondente al valore del bene evitto, salvo il diritto al risarcimento del
danno.
Forma
È necessaria la forma scritta, a pena di nullità.
Pubblicità
Se la permuta ha a oggetto beni immobili, è necessaria la trascrizione ai fini dell’opponibilità ai terzi.
5.1
Pagina di
apertura
di ciascun
capitolo
Contratto di permuta
La permuta vera e propria (cioè trasferimento di un immobile in cambio di altro immobile o
altro bene) è un contratto tipico (cioè previsto e regolamentato dalla legge) e la sua disciplina
è contenuta nel codice civile (per la gran parte nel titolo III, libro IV, artt. 1552 ss.), analogo
alla vendita avente a oggetto il reciproco trasferimento o lo scambio di cose o diritti [f 320].
Si tratta di un contratto oneroso a prestazioni corrispettive e reciproche che attua una
doppia vendita traslativa, ove il trasferimento di un bene è in corrispettivo del trasferimento dell’altro.
È un contratto che tollera l’apposizione di condizioni e termini e può essere preceduto da
un contratto preliminare [f 315].
Come la compravendita, anche la permuta può essere un contratto a effetti reali (trasferimento della proprietà o di altro diritto a seguito del consenso, cd. consenso traslativo - art.
1376 cod. civ.), ovvero a effetti obbligatori in cui il trasferimento della proprietà (o di altro
diritto) è differito rispetto alla conclusione del contratto e sono necessari ulteriori fatti o atti
(per esempio permuta di cosa presente con cosa futura).
Di norma, la permuta non consente l’esercizio di un diritto di prelazione. Infatti, la prelazione consente al preferito di sostituirsi al contraente estraneo in quanto fondata su una prestazione eseguibile da qualunque soggetto, mentre la permuta ha a oggetto un bene infungibile (soggettivamente).
La permuta si distingue dalla vendita per l’assenza del prezzo. La prima è, infatti, caratterizzata da un doppio trasferimento di proprietà, cioè da uno scambio reciproco tra le parti di
cose o diritti (senza pagamento di una somma di danaro) (art. 1552 cod. civ.).
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GUIDA ALLA LETTURA
Come si legge “Guida Pratica Immobiliare”
Titolo del capitolo
Le par ti
evidenziate in nero
sottolineano l’argom e n t o
trattato
Ogni argomento è
riassunto
da un titolo preceduto da
una serie
di numeri
che permette un
facile collegamento fra le
parti del libro e l’indice sistematico
Rinvio alla nota
Il primo numero indica il capitolo e il secondo il paragrafo che compare nella
pagina; a entrambi fa riferimento l’indice sistematico
Titolo del paragrafo
13
ATTI E CONTRATTI PREPARATORI
CONTRATTO PRELIMINARE
Effetti della trascrizione. La trascrizione del preliminare (artt. 2645-bis c. 2, 3 e 4 e 2775-bis
cod. civ.) produce diversi effetti:
a. vale quale prenotazione (o prevalenza) rispetto a trascrizioni e iscrizioni eseguite contro
il promittente alienante dopo la trascrizione del preliminare, a condizione che il contratto
definitivo sia trascritto entro un anno dalla data convenuta per la stipula del contratto definitivo e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione del preliminare. Trascorso inutilmente
questo termine, la trascrizione del preliminare perde valore e si considera mai avvenuta;
b. nel caso di mancata esecuzione del contratto, i crediti del promissario acquirente (alla restituzione del prezzo pagato in anticipo) hanno privilegio speciale sul bene immobile oggetto del preliminare, a condizione che la risoluzione del preliminare sia ottenuta o domandata giudizialmente prima del triennio di efficacia della trascrizione di cui alla precedente
lettera a);
c. il credito del promissario acquirente è assistito da privilegio speciale sul bene immobile
oggetto del preliminare a condizione che il preliminare
➊ Il privilegio non è opponibile ai credisia stato trascritto e alla data della dichiarazione di faltori garantiti da ipoteca relativa a mulimento gli effetti della trascrizione non siano ancora
tui erogati al promissario acquirente
cessati e che il curatore fallimentare abbia deciso di
per l’acquisto del bene immobile, nonché ai creditori garantiti da ipoteca ai
sciogliere il contratto (il curatore, in caso di fallimento
sensi dell’art. 2825-bis cod. civ. (art.
del promittente venditore, può scegliere se eseguire o
2775-bis cod. civ.).
sciogliere il contratto ex art. 72, legge fall.) ➊.
Il caso
L’ipoteca iscritta su edificio o complesso condominiale, anche da costruire o in corso di costruzione, a garanzia di finanziamento dell’intervento edilizio ex artt. 38 ss., D.Lgs. n. 385/1993, prevale sulla
trascrizione anteriore dei contratti preliminari ex art. 2645-bis cod. civ. limitatamente alla quota di debito
derivante dal suddetto finanziamento che il promissario acquirente si sia accollata con il contratto preliminare o con altro atto successivo. Se l’accollo risulta da atto successivo, questo va annotato in margine alla trascrizione del contratto preliminare (art. 2885-bis cod. civ.).
La trascrizione del provvedimento giudiziale di sequestro conservativo, ex art. 671 cod. proc. civ.,
per crediti vantati dal sequestrante verso il promissario venditore, se anteriore alla trascrizione del contratto definitivo di compravendita di immobile, non è pregiudicata dalla trascrizione dell’eventuale contratto preliminare, ex art. 2645-bis cod. civ., avente a oggetto lo stesso immobile anche se anteriore alla trascrizione del sequestro conservativo stesso.
Esempio. Contratto preliminare di immobile trascritto in data 20 gennaio 2008, provvedimento giudiziale
di sequestro conservativo trascritto in data 31 gennaio 2008, trascrizione del contratto definitivo di compravendita in data 10 febbraio 2008. La trascrizione del preliminare, anche se anteriore, non può essere
opposta al terzo che ha trascritto il sequestro conservativo.
Regime fiscale
La trascrizione dei contratti preliminari è soggetta a imposta ipotecaria in misura fissa.
La trascrizione comporta l’effetto di manifestare anche al fisco il prezzo pattuito.
1.1.8 Scioglimento
Oltre alla ordinaria risoluzione per inadempimento e all’impossibilità sopravvenuta dell’unica prestazione cui le parti si sono obbligati, al contratto preliminare si applica anche la
risoluzione per eccessiva onerosità in conseguenza di una sopravvenuta sproporzione tra le
prestazioni che costituiscono la materia del contratto definitivo.
Secondo una regola generale, ogni contratto a effetti obbligatori può essere sciolto per mutuo consenso (mutuo dissenso), vale a dire a mezzo di un negozio risolutorio che pone nel
nulla il contratto obbligatorio.
Per l’ipotesi di risoluzione consensuale del preliminare, la risoluzione va redatta nella stessa forma prevista per la redazione del contratto preliminare.
11
La nota
contiene
elementi di
approfondimento di
aspetti
particolari
dell’argom e n t o
trattato
I riquadri,
di volta in
volta, possono introdurre elementi di
giurisprudenza, illustrare
esempi
concreti,
oppure
sintetizzare le diverse procedure da
osservare
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GUIDA ALLA LETTURA
I rinvii
CONTRATTO DI VENDITA
FORMAZIONE DEL CONTRATTO
25
22
(segue)
Prezzo. L’obbligo di pagare il prezzo è un’obbligazione pecuniaria soggetta al principio nominalistico; ciò
significa che il debito si estingue con una quantità di moneta pari a quella stabilita nel contratto, indipendentemente dalle variazioni di valore effettivo (svalutazione o rivalutazione) subite tra la conclusione del
contratto e il momento del pagamento.
Formalità. La redazione dell’atto di vendita richiede il compimento di diverse formalità necessarie per la
stipula del contratto.
Atto notarile. La vendita di immobili richiede l’atto scritto a pena di nullità. Se per il trasferimento dell’immobile tra le parti è sufficiente redigere il contratto in forma scritta, la vendita deve obbligatoriamente essere redatta da un notaio (atto pubblico o scrittura privata autenticata) ai fini della trascrizione nei registri
immobiliari e dell’opponibilità della vendita ai terzi.
Dichiarazioni del venditore. Il venditore deve rendere nell’atto di vendita determinate dichiarazioni di
conformità alla disciplina urbanistica.
Dichiarazioni delle parti. All’atto della cessione dell’immobile, anche se assoggettata a IVA, le parti hanno
l’obbligo di rendere apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che indichi la modalità di pagamento; se si sono avvalse di mediatori e i relativi dati; l’ammontare della spesa sostenuta per tale attività
e le modalità di pagamento.
Le parti, inoltre, devono dichiarare l’esistenza o meno di un rapporto di coniugio o di parentela in linea retta al fine di vincere la presunzione di liberalità ex art. 26, D.P.R. n. 131/1986.
Dichiarazione dell’acquirente. L’acquirente deve dichiarare:
• di avvalersi delle agevolazioni fiscali se sussistono i requisiti per il beneficio prima casa. La dichiarazione della sussistenza dei requisiti può essere integrata con atto successivo (circ. min. 12 agosto 2005,
n. 38/E);
• di volersi avvalere del criterio di pagare l’imposta in base valore catastale.
Certificato di abitabilità. Il venditore di un immobile destinato ad abitazione deve consegnare al compratore il certificato di abitabilità.
Obblighi del venditore. Gli obblighi principali del venditore sono i seguenti:
– consegnare la cosa al compratore;
– fare acquistare la proprietà o il diritto se l’acquisto non è effetto immediato del contratto e
– garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa.
Obblighi del compratore. Pagare il corrispettivo (prezzo).
2.2.1 Forma
Per l’esistenza di un valido contratto di vendita immobiliare è necessaria la forma scritta
[f 160]. L’atto notarile (atto pubblico o scrittura privata autenticata) non è, infatti, una condizione di validità del contratto di vendita, ma per la validità del contratto è sufficiente la
forma scritta, richiesta a pena di nullità (forma ad substantiam) (art. 1350 cod. civ.).
La redazione della vendita immobiliare per atto pubblico o scrittura privata autenticata è,
invece, richiesta obbligatoriamente per la trascrizione, che serve per rendere opponibile
il contratto di vendita ai terzi. A differenza della mera forma scritta richiesta ad substantiam e che comporta nullità del contratto, l’omissione della trascrizione non determina
l’invalidità della vendita che produce egualmente i suoi effetti tra le parti, ma non è opponibile ai terzi.
In alcuni casi, per ragioni di celerità, le parti stipulano un contratto di vendita definitivo per
scrittura privata stabilendo, poi, che dovrà essere riprodotto per atto pubblico o scrittura privata autenticata. In tale ipotesi, il trasferimento della proprietà e gli altri obblighi nascenti
dalla vendita sono già efficaci tra le parti in base alla scrittura privata e il successivo atto
notarile costituisce un mero atto riproduttivo necessario ai fini della pubblicità [v 2.7].
Rinvio al “Formulario immobiliare”, a cura
di Silvio D’Andrea, ed. ottobre 2011. Il numero accanto alla lettera indica la formula
da consultare.
Rinvii di
approfondimento
ad altre
par ti del
volume
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PRESENTAZIONE
Anche questa edizione della Guida pratica immobiliare è pensata essenzialmente come destinata all’attività professionale.
In una materia ricca di orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, il libro si presenta come
un’efficace sintesi operativa delle più importanti vicende traslative riguardanti gli immobili. La trattazione si sviluppa attraverso un’accurata analisi degli aspetti civilistici della
vendita di immobili, della locazione e della donazione. Il volume si completa dedicando
ampio spazio agli aspetti fiscali, che spesso sono diretta conseguenza della natura giuridica degli istituti negoziali.
In una logica di pronta e facile consultabilità dell’opera, sia per quanto concerne l’impostazione formale sia per quanto riguarda i contenuti, l’aspetto teorico è stato di volta in
volta arricchito da questioni più specifiche e di dettaglio e da approfondimenti critici. Per
tale ragione si è cercato di utilizzare frequenti schemi ed esempi, riconoscendo natura essenzialmente pratica all’impostazione adottata.
Silvio D’Andrea
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INDICE SISTEMATICO
VENDITA
1.
1.1
1.2
1.3
2.
2.1
2.2
2.3
2.4
Atti e contratti preparatori
Contratto preliminare ............................................................................... pag. 4
1.1.1 Caratteristiche ..................................................................................... »
5
1.1.2 Formazione ......................................................................................... »
5
1.1.3 Elementi essenziali ............................................................................. »
5
1.1.4 Clausole accessorie ............................................................................. »
8
1.1.5 Effetti .................................................................................................. »
11
1.1.6 Inadempimento ................................................................................... »
12
1.1.7 Trascrizione ......................................................................................... »
12
1.1.8 Scioglimento ...................................................................................... »
13
1.1.9 Fallimento di una parte contrattuale ................................................... »
14
1.1.10 Fattispecie di preliminari immobiliari .............................................. »
14
Patto di prelazione ..................................................................................... »
18
1.2.1 Diritto di prelazione di fonte legale .................................................... »
19
Patto di opzione .......................................................................................... »
20
1.3.1 Risoluzione ......................................................................................... »
21
Contratto di vendita
Definizione di vendita ................................................................................
Formazione del contratto ..........................................................................
2.2.1 Forma ..................................................................................................
2.2.2 Accordo delle parti ..............................................................................
2.2.3 Manifestazione del consenso ..............................................................
2.2.4 Morte e incapacità del proponente o dell’accettante ..........................
2.2.5 Vizi del consenso ................................................................................
2.2.6 Effetti dei vizi del consenso ................................................................
2.2.7 Simulazione del consenso ...................................................................
2.2.8 Effetti della simulazione nei confronti dei terzi ..................................
Capacità giuridica e di agire .....................................................................
2.3.1 Capacità e incapacità giuridica ...........................................................
2.3.2 Capacità di agire .................................................................................
2.3.3 Incapacità di agire ...............................................................................
2.3.4 Atti compiuti dagli incapaci ................................................................
2.3.5 Potere di agire .....................................................................................
2.3.6 L’amministratore di sostegno ..............................................................
2.3.7 Atti dell’amministratore di sostegno ...................................................
Oggetto.........................................................................................................
2.4.1 Beni inalienabili ..................................................................................
2.4.2 Immobili di culto, di interesse storico e artistico ................................
2.4.3 Immobile esistente o futuro ................................................................
2.4.4 Immobile locato ..................................................................................
2.4.5 Immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati ..........
2.4.6 Terreni .................................................................................................
2.4.7 Vendita della cubatura .........................................................................
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
23
24
25
26
26
28
28
29
30
30
31
31
32
32
33
34
34
36
36
37
37
38
38
40
40
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X
INDICE SISTEMATICO
2.5
Prezzo .......................................................................................................... pag. 42
2.5.1 Vendita a corpo o a misura .................................................................. »
43
2.5.2 Determinazione del prezzo da parte di un terzo ................................. »
43
2.5.3 Accessori del prezzo ........................................................................... »
44
2.5.4 Prezzo inferiore al reale ...................................................................... »
44
2.5.5 Mezzi di pagamento ............................................................................ »
45
2.5.6 Prezzo in danaro con integrazione in natura........................................ »
46
2.6 Formalità .................................................................................................... »
46
2.6.1 Atto notarile ........................................................................................ »
46
2.6.2 Dichiarazioni del venditore ................................................................. »
47
2.6.3 Dichiarazione delle parti ..................................................................... »
48
2.6.4 Certificato di abitabilità ...................................................................... »
48
2.6.5 Certificazione energetica negli edifici ................................................ »
49
2.6.6 Adeguamento degli impianti all’interno degli edifici ......................... »
50
2.7 Pubblicità .................................................................................................... »
51
2.8 Obblighi del venditore ............................................................................... »
51
2.8.1 Trasferimento della proprietà e dei rischi ........................................... »
51
2.8.2 Consegna dell’immobile ..................................................................... »
52
2.8.3 Luogo della consegna ......................................................................... »
52
2.8.4 Obbligo di garanzie ............................................................................. »
52
2.8.5 Garanzia per evizione (artt. 1483-1489 cod. civ.) .............................. »
53
2.8.6 Effetti della garanzia per evizione ...................................................... »
55
2.8.7 Modificazione ed esclusione della garanzia (art. 1487 cod. civ.) ....... »
56
2.8.8 Garanzia per vizi ................................................................................. »
57
2.8.9 Vizi della cosa (art. 1491 cod. civ.)...................................................... »
57
2.8.10 Mancanza di qualità (art. 1497 cod. civ.) .......................................... »
58
2.8.11 Consegna di una cosa diversa (aliud pro alio) .................................. »
58
2.8.12 Effetti della garanzia per vizi della cosa ........................................... »
59
2.8.13 Modificazione convenzionale della garanzia legale ......................... »
60
2.8.14 Garanzia di buon funzionamento ...................................................... »
61
2.8.15 Garanzia ambientale ......................................................................... »
61
2.9 Obblighi e oneri dell’acquirente ............................................................... »
61
2.9.1 Pagamento spese ................................................................................. »
61
2.9.2 Ipoteca legale a favore del venditore (art. 2817, n. 1, cod. civ.) ......... »
61
2.10 Fattispecie particolari ................................................................................ »
64
2.10.1 Beni immobili in comunione legale tra coniugi ............................... »
64
2.10.2 Vendita tra coniugi ............................................................................ »
65
2.10.3 Vendita con patto di riscatto ............................................................. »
65
2.10.4 Vendita sottoposta a condizione ........................................................ »
66
2.10.5 Vendita a termine .............................................................................. »
67
2.10.6 Vendita con facoltà alternativa .......................................................... »
68
2.10.7 Vendita con riserva di gradimento (art. 1520 cod. civ.) .................... »
68
2.10.8 Vendita a rate con riserva della proprietà (art. 1523 ss. cod. civ.) .... »
68
2.10.9 Vendita di cosa altrui ........................................................................ »
69
2.10.10 Vendita di cosa generica ................................................................. »
70
2.10.11 Vendita alternativa .......................................................................... »
71
2.10.12 Vendita per persona da nominare .................................................... »
72
2.10.13 Vendita a favore del terzo ............................................................... »
72
2.10.14 Vendita di edificio da costruire (art. 1472 cod. civ.) ....................... »
73
2.10.15 Acquisto di immobili da parte di cittadini stranieri ........................ »
74
3.
3.1
Imposte sui redditi
Vendite effettuate da privati ......................................................................
»
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XI
3.2
4.
4.1
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INDICE SISTEMATICO
3.1.1 Plusvalenze derivanti dalla vendita (art. 1, c. 496, legge n. 266/2005,
modificato dall’art. 3, c. 4, D.L. n. 262/2006 e art. 1, c. 310, legge n.
296/2006) ............................................................................................ pag. 77
Vendita di immobili del patrimonio dell’impresa (art. 90, T.U. n. 917/1986)
»
78
3.2.1 Ammortamento fabbricati strumentali (art. 36, c. 7, D.L. n. 223/2006, modificato dall’art. 2, c. 18, D.L. n. 262/2006, conv. in legge n. 286/2006) ... »
78
3.2.2 Decorrenza (art. 36, c. 8, D.L. n. 223/2006 modificato dall’art. 2, c.18,
D.L. n. 262/2006, conv. in legge n. 286/2006) ................................... »
79
Imposte indirette
Cessioni effettuate da soggetti IVA ...........................................................
4.1.1 Fabbricati a uso abitativo ....................................................................
4.1.2 Fabbricati strumentali .........................................................................
4.1.3 Responsabilità solidale .......................................................................
4.1.4 Reverse charge in edilizia ...................................................................
Cessioni per atto dell’Autorità .................................................................
4.2.1 Momento impositivo (art. 6, c. 1, D.P.R. n. 633/1972) .......................
Imposta di registro .....................................................................................
4.3.1 Base imponibile ..................................................................................
Agevolazioni per l’acquisto della prima casa ..........................................
4.4.1 Requisiti per beneficio fiscale ............................................................
4.4.2 Agevolazione acquisto prima casa e residenza di fatto ......................
Significato di idonea abitazione ................................................................
Immobile situato all’estero ........................................................................
Sostituzione prima casa (alienazione precedente acquisto e riacquisto) ...
4.7.1 Credito d’imposta per sostituzione prima casa (art. 7, c. 1, legge
n. 448/1998; circ. min. n. 19/E/2001) .................................................
4.7.2 Utilizzo del credito d'imposta (art. 7, c. 2, legge n. 448/1998) ...........
4.7.3 Modalità di richiesta del credito (circ. min. n. 19/E/2001) .................
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Permuta
Il contratto di permuta ..............................................................................
5.1.1 Disciplina (art. 1555 cod. civ.) ............................................................
5.1.2 Evizione (art. 1553 cod. civ.) ..............................................................
Contratto misto di vendita e permuta ......................................................
Permuta di area edificabile .......................................................................
Forma ..........................................................................................................
Regime fiscale .............................................................................................
5.5.1 Imposta di registro [artt. 21, c. 2 e 43, lett. b), T.U. n. 131/1986] ......
5.5.2 Imposta sul valore aggiunto (art. 13, D.P.R. n. 633/1972) .................
5.5.3 Imposte sui redditi ..............................................................................
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Pubblicità
Natura della trascrizione ...........................................................................
Procedimento di trascrizione ....................................................................
Registrazione fiscale ..................................................................................
6.3.1 Soggetti obbligati al pagamento dell’imposta ....................................
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97
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7. Tutela dell’acquirente di immobile da costruire
7.1 Tipo di contratto (art. 5, D.Lgs. n. 122/2005) ...........................................
7.1.1 Contratto preliminare ..........................................................................
7.1.2 Contratto definitivo .............................................................................
7.2 Acquirente [art. 1, c. 1, lett. a), D.Lgs. n. 122/2005] .................................
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6.
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XII
INDICE SISTEMATICO
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8.3
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8.5
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8.16
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8.19
9.
9.1
Costruttore [art. 1, c. 1, lett. b), D.Lgs. n. 122/2005] ................................ pag. 102
Tutela dell’acquirente ................................................................................ » 102
7.4.1 Garanzia fideiussoria (artt. 2 e 3, D.Lgs. n. 122/2005) ...................... » 102
7.4.2 Assicurazione su immobile da costruire (art. 4, D.Lgs. n. 122/2005) ...... » 104
7.4.3 Diritto alla prelazione (art. 9, D.Lgs. n. 122/2005) ............................ » 104
Diritto di frazionamento ............................................................................ » 106
7.5.1 Frazionamento (art. 7, D.Lgs. n. 122/2005) ....................................... » 106
Fondo di solidarietà (artt. 12-18, D.Lgs. n. 122/2005, modificato dal D.L.
n. 248/2007 conv. in legge n. 31/2008) ....................................................... » 107
Multiproprietà
Disciplina ....................................................................................................
Natura giuridica .........................................................................................
Nozione (artt. 69 e 72, c. 1; artt. 78 e 81, D.Lgs. n. 206/2005 modificato
ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011) ........................................................................
Durata del contratto [art. 69, c. 1, lett. a) e c. 2 D.Lgs. n. 206/2005 modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011] ..............................................................
Parti del contratto (art. 69, D.Lgs. n. 206/2005 modificato ex art. 2,
D.Lgs. n. 79/2011) .......................................................................................
Oggetto (art. 69, D.Lgs. n. 206/2005 modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011) ......
Pubblicità (art. 70, D.Lgs. n. 206/2005 modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011) ....
Informazioni precontrattuali (art. 71, D.Lgs. n. 206/2005 modificato ex
art. 2, D.Lgs. n. 79/2011) .............................................................................
Forma del contratto (artt. 72 e 81, D.Lgs. n. 206/2005 modificati ex art. 2,
D.Lgs. n. 79/2011) .......................................................................................
Requisiti del contratto (art. 72, D.Lgs. n. 206/2005) ................................
Obbligo di fideiussione (art. 72-bis, D.Lgs. n. 206/2005 come modificato
ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011) ........................................................................
Diritto di recesso (artt. 73 e 74, D.Lgs. n. 206/2005 come modificato ex
art. 2, D.Lgs. n. 79/2011) .............................................................................
Divieto di acconti (art. 75, D.Lgs. n. 206/2005 come modificato ex art. 2,
D.Lgs. n. 79/2011) .......................................................................................
Risoluzione del contratto (art. 77, D.Lgs. n. 206/2005 come modificato ex
art. 2, D.Lgs. n. 79/2011) .............................................................................
Normativa applicabile (art. 78, D.Lgs. n. 206/2005 come modificato ex
art. 2, D.Lgs. n. 79/2011) .............................................................................
Tutela amministrativa e giurisdizionale (art. 79, D.Lgs. n. 206/2005 come
modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011) ......................................................
Ricorso extragiudiziale (art. 80, D.Lgs. n. 206/2005 come modificato ex
art. 2, D.Lgs. n. 79/2011) .............................................................................
Disciplina sanzionatoria (art. 81, D.Lgs. n. 206/2005 come modificato ex
art. 2, D.Lgs. n. 79/2011) .............................................................................
Tutela in base ad altre disposizioni (art. 81-bis, D.Lgs. n. 206/2005 come
modificatoex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011) .......................................................
Finanziamento per acquisto di immobili
Mutuo (artt. 1813 ss. cod. civ.) ...................................................................
9.1.1 Promessa di mutuo (art. 1822 cod. civ.) .............................................
9.1.2 Consegna del danaro (art. 1813 cod. civ.) ..........................................
9.1.3 Pagamento degli interessi (art. 1815 cod. civ.) ...................................
9.1.4 Restituzione del danaro (artt. 1816 e 1817 cod. civ.) .........................
9.1.5 Cessazione del contratto .....................................................................
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INDICE SISTEMATICO
9.1.6 Mutuo di scopo ................................................................................... pag. 121
9.1.7 Mutuo fondiario .................................................................................. » 122
9.1.8 Portabilità del mutuo (art. 120-quater, D.Lgs. n. 385/1993) .............. » 122
9.1.9 Regime fiscale .................................................................................... » 123
LOCAZIONE E AFFITTO
10. Contratto di locazione
10.1 Disciplina ....................................................................................................
10.2 Disciplina codicistica .................................................................................
10.2.1 Durata ...............................................................................................
10.2.2 Conflitto tra conduttori (art. 1380 cod. civ.) .....................................
10.2.3 Formazione del contratto ..................................................................
10.2.4 Oggetto e forma ................................................................................
10.2.5 Obblighi del locatore ........................................................................
10.2.6 Obblighi del conduttore ....................................................................
10.2.7 Fattispecie particolari ........................................................................
10.2.8 Contratti affini alla locazione ...........................................................
10.3 Legislazione speciale ..................................................................................
10.3.1 Ambito di applicazione (artt. 1, c. 1, 2 e 3, legge n. 431/1998) ........
10.3.2 Modelli di contratto (art. 2, legge n. 431/1998) ................................
10.3.3 Fattispecie particolari ........................................................................
10.3.4 Successione nel contratto (art. 6, legge n. 392/1978) .......................
10.4 Locazioni commerciali ...............................................................................
10.4.1 Oggetto del contratto ........................................................................
10.4.2 Forma ................................................................................................
10.4.3. Durata (art. 27, legge n. 392/1978, modificato dall’art. 7, c. 1, legge
n. 9/2007) .........................................................................................
10.4.4 Rinnovazione ....................................................................................
10.4.5 Godimento del bene ( art. 1575, n. 2, cod. civ.) ................................
10.4.6 Assemblea condominiale (art. 10, legge n. 392/1978) ......................
10.4.7 Canone ..............................................................................................
10.4.8 Garanzia del pagamento ...................................................................
10.4.9 Cessazione della locazione ...............................................................
10.4.10 Indennità per la perdita dell’avviamento commerciale (art. 34, legge n. 392/1978) ...............................................................................
10.4.11 Fattispecie particolari .........................................................
11.
11.1
Regime fiscale
Regime ordinario delle locazioni ..............................................................
11.1.1 Imposte sui redditi ............................................................................
11.1.2 Imposta sul valore aggiungo (art. 3, c. 2, n. 1, D.P.R. n. 633/1972 .......
11.1.3 Imposta di registro ............................................................................
11.1.4 Agevolazioni (art. 8, legge n. 431/1998) ..........................................
11.2 Regime della cedolare secca sulle locazioni a uso abitativo (art. 3,
D.Lgs. n. 23/2011; provv. 7 aprile 2011; circ. n. 26/E/2011) ......................
11.2.1 Soggetti beneficiari ...........................................................................
11.2.2 Disciplina transitoria per l’anno 2011 ...............................................
11.2.3 Modalità di esercizio dell’opzione ..............................................................
11.2.4 Base imponibile e misura dell’imposta .............................................
11.2.5 Tributi sostituiti dalla cedolare secca ................................................
11.2.6 Effetti dell’esercizio dell’opzione .....................................................
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INDICE SISTEMATICO
11.2.7 Versamenti dell’imposta .................................................................... pag. 165
11.2.8 Valutazione di convenienza ............................................................... » 165
12.
12.1
12.2
12.3
12.4
12.5
12.6
12.7
12.8
12.9
Contratto di affitto
Caratteristiche ............................................................................................
Oggetto ........................................................................................................
Forma ..........................................................................................................
Durata .........................................................................................................
Obblighi del concedente ............................................................................
Obblighi dell’affittuario ............................................................................
Scioglimento del contratto ........................................................................
Regime fiscale .............................................................................................
Fondi rustici ...............................................................................................
12.9.1 Affitto a coltivatore diretto ...............................................................
12.9.2 Affitto a coltivatore non diretto ........................................................
12.9.3 Regime fiscale ..................................................................................
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ATTI GRATUITI
13. Donazione
13.1 Parti del contratto ......................................................................................
13.1.1 Donante (artt. 774-776 cod. civ.) ......................................................
13.1.2 Donatario ..........................................................................................
13.1.3 Pluralità di donatari ...........................................................................
13.2 Oggetto e forma ..........................................................................................
13.3 Elementi accidentali ...................................................................................
13.4 Obblighi del donante .................................................................................
13.5 Obblighi del donatario ..............................................................................
13.6 Scioglimento del contratto ........................................................................
13.7 Fattispecie particolari ................................................................................
13.8 Donazione e quota di legittima .................................................................
13.8.1 Azione di riduzione (art. 561, n. 1, cod. civ. modificato dall’art. 2,
c. 4-novies, legge n. 80/2005 ............................................................
13.8.2 Azione di restituzione (art. 563 cod. civ.) .........................................
13.9 Donazioni indirette (art. 809 cod. civ.) ......................................................
13.9.1 Forma ................................................................................................
13.10 Regime fiscale (artt. 2, c. 47 e 54, D.L. n. 262/2006, conv. in legge n. 286/2006,
modificato dall’art. 1, c. 77-79, legge n. 296/2006) ....................................
13.10.1 Ambito di applicazione ...................................................................
13.10.2 Trasferimenti esclusi (art. 3, D.Lgs. n. 346/1990, modificato dall’art. 1,
c. 78, legge n. 296/2006) .................................................................
13.10.3 Determinazione dell’imposta ..........................................................
13.10.4 Imposte ipotecaria e catastale .........................................................
14. Comodato
14.1 Forma ..........................................................................................................
14.2 Regime fiscale .............................................................................................
AGEVOLAZIONI FISCALI PER I FABBRICATI
15. Recupero edilizio e risparmio energetico
15.1 Detrazione Irpef per interventi di recupero del patrimonio edilizio .....
15.1.1 Ambito di applicazione .....................................................................
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INDICE SISTEMATICO
15.1.2 Interventi su interi fabbricati effettuati da imprese o cooperative edilizie pag. 198
15.1.3 Interventi riguardanti le pertinenze ................................................... » 199
15.1.4 Spese aventi diritto alla detrazione ................................................... » 199
15.1.5 Soggetti beneficiari ........................................................................... » 199
15.1.6 Adempimenti formali ........................................................................ » 200
15.1.7 Modalità di pagamento ..................................................................... » 201
15.1.8 Ritenuta del 4% sui bonifici relativi alle spese detraibili ................. » 202
15.1.9 Conservazione dei documenti............................................................ » 202
15.2 Detrazione per il risparmio energetico .................................................... » 202
15.2.1 Soggetti beneficiari (art. 2, D.M. 19 febbraio 2007; circ. min.
n. 36/E/2007) .................................................................................... » 202
15.2.2 Edifici agevolati (circ. min. n. 36/E/2007) ........................................ » 203
15.2.3 Interventi ........................................................................................... » 204
15.2.4 Spese agevolate ................................................................................. » 205
15.2.5 Adempimenti ..................................................................................... » 205
15.2.6 Modalità di pagamento ................................................................................ » 206
15.2.7 Ritenuta del 4% a carico del beneficiario del bonifico ..................... » 206
15.2.8 Conservazione dei documenti ........................................................... » 207
15.3 Cumulo di agevolazioni ............................................................................. » 207
15.4 Agevolazioni tributi comunali (art. 1, c. 4 e 5, legge n. 449/1997) .......... » 207
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Vendita
La vendita è un contratto tipico (cioè previsto e regolamentato dalla legge) e la sua disciplina è contenuta nel codice civile (per la gran parte nel titolo III, libro IV, artt. 1470
ss.) o nella legislazione speciale (D.Lgs. n. 206/2005 e D.Lgs. n. 146/2007 per le norme poste a tutela del consumatore).
La vendita è il contratto mediante il quale il proprietario di un bene (mobile o immobile)
trasmette la proprietà all’acquirente in corrispettivo del pagamento di un prezzo.
La vendita presenta, quindi, due elementi essenziali: il prezzo e il trasferimento della
proprietà.
Se manca uno dei due elementi il contratto posto in essere non è una vendita. Pertanto,
questi due elementi consentono di distinguere la vendita da altri contratti.
IN SINTESI
Atti e contratti preparatori. Le parti possono ricorrere ad atti o contratti preparatori che consentono di
posticipare la vendita, obbligando i contraenti in vario modo.
Sono tali, tra gli altri:
• il contratto preliminare (unilaterale e bilaterale);
• il patto di prelazione;
• il patto di opzione.
Vendita immobiliare. È il contratto mediante il quale il proprietario di un bene immobile trasmette la proprietà all’acquirente in corrispettivo del pagamento di un prezzo.
Fattispecie particolari. Sono da considerarsi tali:
• Vendita con patto di riscatto. Il venditore può riservarsi il diritto di riacquistare lo stesso immobile
venduto mediante restituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti dalla legge.
• Vendita sottoposta a condizione. Il contratto di vendita può essere condizionato sia sospensivamente che risolutivamente. La condizione sospensiva sospende l’efficacia di ogni effetto del contratto. La
condizione risolutiva non sospende l’efficacia della vendita che produce immediatamente tutti i suoi effetti, anche se l’avveramento della condizione risolve la vendita sin dall’inizio.
• Vendita a termine. Il trasferimento è differito alla scadenza del termine pattuito.
• Vendita con facoltà alternativa. È una vendita in cui la proprietà si trasferisce sin dal momento della
conclusione (stipula) del contratto. Infatti l’oggetto della vendita è unico, solo che il contratto attribuisce
al venditore, sino al momento della consegna, la facoltà di consegnare un’altra cosa in luogo di quella
dovuta.
• Vendita con riserva di gradimento. Nella vendita con riserva di gradimento da parte dell’acquirente,
il contratto si perfeziona solo quando il gradimento è comunicato al venditore.
• Vendita a rate con riserva della proprietà. Questo tipo di vendita è caratterizzato dal passaggio della proprietà del bene solo con il pagamento dell’ultima rata di prezzo per effetto di un patto di riserva
della proprietà a favore del venditore.
• Vendita di cosa altrui. La proprietà dell’immobile si trasferisce, in dipendenza dell’originario consenso,
ma solo quando il venditore acquista la proprietà della cosa venduta.
• Vendita di cosa generica. L’effetto traslativo si realizza automaticamente quando la cosa generica è
individuata.
• Vendita alternativa. La vendita alternativa, in corrispettivo di un prezzo, obbliga a trasferire alternativamente due o più cose specifiche.
• Vendita per persona da nominare. Nel momento della conclusione del contratto una parte può riser(segue)
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(segue)
varsi la facoltà di nominare successivamente la persona che deve acquistare i diritti e assumere gli obblighi nascenti dal contratto stesso verso l’altra parte (promittente).
• Vendita a favore del terzo. Il contratto a favore del terzo è uno schema negoziale che – mediante l’inserimento di una clausola accessoria – comporta la deviazione degli effetti contrattuali a favore di un
soggetto terzo che non è parte contrattuale.
• Vendita di edificio da costruire. La vendita di edificio da costruire ovvero di cosa futura è una vendita
avente a oggetto un immobile inesistente al momento della conclusione del contratto. Il trasferimento
della proprietà si verifica automaticamente quando il bene viene a esistenza, senza che occorra alcuna
altra manifestazione di volontà.
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ATTI E CONTRATTI
PREPARATORI
1
Il campo di applicazione degli atti e contratti preparatori alla vendita immobiliare è assai
esteso. Esso riguarda gli immobili di ogni genere, esistenti o da costruire, qualunque
sia il loro uso (abitativo, commerciale, professionale, industriale, agricolo ecc.).
Di norma, il contratto di vendita si perfeziona quando vi è l’accordo delle parti sul bene
immobile da trasferire e sul prezzo, anche se alla data del contratto l’immobile oggetto
della vendita non sia ancora libero o esistente e il prezzo non ancora pagato. Infatti, solo a seguito della conclusione del contratto di vendita le parti sono obbligate a trasmettere la proprietà del bene e l’acquirente a pagare il prezzo pattuito.
Se le parti non vogliono subito concludere un contratto definitivo di vendita possono ricorrere ad atti o contratti, lato sensu, preparatori che consentono di posticipare la vendita, ma obbligano le parti in vario modo.
Nell’ambito dei contratti preparatori rientra anche l’ipotesi in cui le parti stipulano, in un
primo momento, un contratto preliminare per scrittura privata, stabilendo che lo stesso
preliminare dovrà essere successivamente riprodotto per atto pubblico, ad esempio ai
fini della trascrizione del preliminare [v 1.1.7].
IN SINTESI
Contratto preliminare. Il contratto preliminare è l’accordo con cui le parti si obbligano a stipulare un altro distinto contratto (definitivo) di contenuto predeterminato.
Il contratto preliminare può essere:
• bilaterale ovvero unilaterale;
• a effetti obbligatori, cioè obbliga alla redazione di un futuro contratto già predeterminato;
• consensuale, cioè si perfeziona con il consenso delle parti legittimamente manifestato.
Patto di prelazione. Il patto di prelazione è la convenzione mediante la quale il proprietario di un immobile si obbliga, nel caso di vendita dell’immobile, a dare la preferenza, a parità di condizioni, al beneficiario
del patto rispetto a qualunque altro acquirente.
Il diritto di prelazione di natura convenzionale, cioè attribuito per contratto, presenta le seguenti caratteristiche:
• ha efficacia inter partes;
• può essere costituito sia nel contratto di vendita, sia nel preliminare;
• deve essere redatto in forma scritta;
• obbliga il concedente a comunicare al beneficiario la sua intenzione di concludere il contratto e a comunicargli le modalità e attendere che scada il termine concesso per la risposta;
• per la concessione della prelazione le parti possono anche prevedere il pagamento di un corrispettivo;
• la prelazione non vincola le parti (concedente e beneficiario), che restano libere di stipulare o meno il
contratto;
• di solito il diritto di prelazione è concesso a parità di condizioni, ma nulla impedisce che le parti convengano condizioni diverse da quelle offerte ai terzi;
• il patto di prelazione può anche avere durata indeterminata, ovvero essere valido qualunque sia il periodo entro il quale il concedente si decida a vendere l’immobile.
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La prelazione legale:
• ha efficacia esterna e, quindi, è opponibile a terzi, con la conseguenza che l’eventuale cessione a terzi è
inefficace.
Patto di opzione. Una parte (acquirente o venditore) si vincola a rendere irrevocabile la propria dichiarazione (di vendere o acquistare) attribuendo all’altra la facoltà di accettarla o meno (art. 1331 cod. civ.).
• Per l’opzione è richiesta la forma scritta, a pena di nullità, prevista per il trasferimento di immobili sia per
il contratto da cui deriva l’opzione, sia per la successiva accettazione del beneficiario;
• l'opzione deve contenere i dati essenziali della vendita (bene immobile venduto, prezzo);
• di solito per l’esercizio dell’opzione è fissato un termine; in difetto, può essere stabilito dal Giudice su richiesta delle parti. In mancanza del termine, il diritto di opzione si prescrive in dieci anni;
• l’esercizio dell’opzione nel termine pattuito perfeziona automaticamente il contratto di vendita dell’immobile sin dal momento dell’accettazione;
• un’accettazione difforme non preclude, sino allo spirare del termine, una successiva accettazione conforme;
• per la concessione dell’opzione le parti possono anche prevedere il pagamento di un corrispettivo;
• se il bene immobile, oggetto dell’opzione, appartenga a un terzo, sia gravato da vincoli ex artt. 1482 o
1489 cod. civ., sia viziato o manchi di qualità essenziali o promesse, il vincolo può essere sciolto non
solo se le anzidette cause esistevano già prima dell’opzione, ma anche se sono intervenute nell’intervallo tra la proposta e l’accettazione.
1.1
Contratto preliminare
Il contratto preliminare è un contratto preparatorio di
➊ Diffusa è l’espressione compromesun futuro contratto definitivo per mezzo del quale le
so per indicare il contratto preliminare.
parti (ovvero, nel caso di contratto preliminare unilateSi tratta di un termine improprio che
rale, una sola parte) si obbligano alla successiva redanel codice di procedura civile indica
zione del contratto definitivo riguardo a una regolal’accordo secondo il quale le parti convengono di affidare ad arbitri la solumentazione di interessi già previsti nel preliminare
zione di una controversia (art. 806
che, per tale ragione, deve contenere tutti gli elementi
cod. proc. civ.).
essenziali del futuro contratto definitivo ➊ ➋.
Il preliminare può concernere qualsiasi tipo di contratto, anche se il suo maggior utilizzo riguarda la vendita
➋ L’obbligo reciproco di vendere e acquistare può risultare anche dallo
immobiliare; in tale ultima ipotesi, esso deve indicare
scambio tra le parti di una promessa
le parti, l’immobile, il prezzo e le altre modalità della
unilaterale di vendita e da una promesfutura vendita.
sa unilaterale di acquisto. Queste proIn ogni caso, il preliminare va distinto dalle intese premesse d’acquisto e vendita, anche se
testimoniano l’accordo delle parti sul
paratorie mediante le quali le parti si danno atto di
bene e sul prezzo, non costituiscono
aver raggiunto un primo accordo su taluni punti di un
necessariamente una vendita.
programma contrattuale, ma si riservano di completare
il contratto ancora in via di formazione. Mentre dal
preliminare, infatti, derivano obblighi contrattuali, le intese preliminari sono rilevanti solo
al fine di stabilire eventuali responsabilità in caso di successivo fallimento delle trattative
(responsabilità precontrattuale o culpa in contrahendo – art. 1337 cod. civ.).
La qualifica di contratto come preliminare o definitivo va effettuata, al di là del nomen
iuris, anche mediante una letterale interpretazione del testo contrattuale, accertando se
l’effettiva volontà delle parti sia diretta al trasferimento della proprietà, ovvero a dare vita a un rapporto obbligatorio che impegni a un’ulteriore manifestazione di volontà. Non
sono decisivi, per la qualifica del contratto, neppure la consegna del bene o il pagamento
anticipato del prezzo, in quanto è possibile avere un preliminare a effetti anticipati.
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La giurisprudenza
Nell’indagine diretta ad accertare il carattere preliminare o definitivo del contratto, occorre ricercare se
l’effettiva volontà delle parti sia diretta al trasferimento della proprietà, ovvero a dare vita a un rapporto
obbligatorio che impegna a una ulteriore manifestazione di volontà. A tal fine, non sono decisive le
espressioni letterali usate dalle parti, né la previsione della riproduzione in atto pubblico della scrittura privata (Cass. civ. 19 aprile 2000, n. 5132).
1.1.1 Caratteristiche
Il contratto preliminare [f 100] può essere bilaterale (obbliga entrambe le parti a stipulare il
definitivo) ovvero unilaterale (obbliga una sola delle parti, mentre l’altra è libera di stipulare o meno il definitivo); per la differenza con il patto di opzione [v 1.3].
In tutti i casi, il contratto preliminare:
• è un contratto di tipo preparatorio a effetti obbligatori, cioè obbliga alla redazione di un
futuro contratto già predeterminato;
• è consensuale, cioè si perfeziona con il consenso delle parti legittimamente manifestato;
• può essere soggetto a condizione, clausola risolutiva espressa o termine iniziale;
• è trasferibile, cioè lo ius contrahendi è trasferibile mortis causa all’erede o al legatario,
salvo l’ipotesi del contratto intuitu personae e inter vivos, attraverso l’istituto della cessione
del contratto;
• ancorché inidoneo a trasferire la proprietà o a costituire diritti reali, può egualmente essere
soggetto a trascrizione se ha a oggetto il trasferimento di immobili o la costituzione di diritti reali su immobili. La trascrizione vale quale prenotazione (artt. 2445-bis, 2775-bis e
2825-bis cod. civ.).
1.1.2 Formazione
Come tutti i contratti, anche il preliminare deve contenere gli elementi o i requisiti essenziali per la sua stessa esistenza giuridica, cioè: le parti, l’oggetto, la causa e la forma scritta.
L’indicazione del termine entro cui stipulare il definitivo, anche se di solito è prevista,
non costituisce elemento essenziale del preliminare; se manca, può essere fissato dal Giudice [v 1.1.3].
Accanto agli elementi essenziali possono esservi anche quelli accidentali, che è facoltà delle parti apporre al contratto (condizione, termine ecc.).
1.1.3 Elementi essenziali
Parti. Il contratto preliminare, per essere valido ed efficace, deve intervenire tra soggetti
capaci di agire, che abbiano il potere di concluderlo; sulle incapacità di agire [v 2.3.3]. Di
norma, la capacità dei soggetti che stipulano il preliminare riguarda la stessa capacità a concludere validamente il contratto definitivo di vendita (cioè il promittente venditore deve essere proprietario del bene immobile e il promittente acquirente deve avere la capacità di acquistare).
Tuttavia, se il promittente venditore non è il vero proprietario dell’immobile (e agisce in
nome proprio e non in nome del proprietario), il vero proprietario può rilasciare una procura speciale a vendere prima della scadenza del termine previsto per la stipula del contratto
definitivo (Cass. civ. 17 gennaio 2002, n. 485).
Oltre alle persone fisiche, parti del contratto possono essere anche enti collettivi (società di
persone e di capitali).
Per regola generale, anche nel preliminare le parti possono intervenire per mezzo di un rappresentante (volontario o legale).
Oggetto e contenuto. Oggetto del preliminare possono essere immobili di ogni genere (ter-
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reni, fabbricati), esistenti o da costruire, propri o di terzi, qualunque sia il loro uso (abitativo, commerciale, professionale, industriale, agricolo ecc.), ovvero aziende o partecipazioni
sociali ove il patrimonio sia costituito anche da immobili e costituzione o trasferimento di
diritti reali di godimento su immobili (usufrutto, superficie ecc.).
Tuttavia, per la valida conclusione del preliminare è necessario che non vi siano dubbi circa
gli elementi essenziali del futuro contratto definitivo, tra questi, in particolare, immobile e
prezzo.
a. Il bene immobile può essere determinato (mediante indicazione dei suoi elementi essenziali), ovvero determinabile mediante rinvio a elementi prestabiliti dalle parti (artt. 1325, n.
3 e 1346 ss. cod. civ.); il preliminare privo di oggetto o privo delle caratteristiche richieste
dalla legge è nullo (art. 1418 cod. civ.). Di norma, se oggetto della futura vendita è un immobile, il preliminare deve indicare l’immobile mediante riferimento al Comune, alla via,
al numero civico, alla particella, alla partita catastale ecc. (Cass. civ. 22 maggio 1981, n.
3363). Il requisito della determinatezza o determinabilità dell’oggetto ex art. 1346 cod. civ.
postula che siano specificati l’ubicazione del bene promesso in vendita o il criterio della sua
individuazione.
La giurisprudenza
Tuttavia, il requisito della determinatezza o determinabilità dell’oggetto di un preliminare non postula la necessaria indicazione dei numeri del catasto o delle mappe censuarie e di tre almeno dei suoi confini (che
sono indicazioni rilevanti ai fini della trascrizione; cfr. artt. 2659, n. 4 e 2826 cod. civ.) quando, pur in
mancanza delle dette indicazioni, l’immobile può essere determinato in base alle altre clausole contrattuali
(Cass. civ. 22 giugno 1995, n. 7079 e Cass. civ. 27 gennaio 2004, n. 1432). Infatti, l’indicazione dei
confini è prescritta dalla legge solo ai fini della trascrizione, di conseguenza il contratto di vendita immobiliare è valido anche se incompleto purché l’oggetto sia determinato o determinabile da altre indicazioni
comunque idonee a identificare l’immobile (Cass. civ. 3 settembre 1994, n. 7647).
Se oggetto del contratto è un immobile da costruire (cd. “sulla carta”), per la valida conclusione del contratto, accanto alla disciplina comune (dettata dalla normativa urbanistica) è
necessario rispettare anche la nuova disciplina di tutela dell’acquirente [artt. 1, c. 1, lett. d)
e 6, c. 1, lett. i), D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122] [v 9.1 ss.].
La disciplina comune vigente per la valida conclusione di un contratto preliminare di immobile da costruire [f 105] non richiede, di per sé, l’indicazione del permesso di costruire
(cfr. legge 28 febbraio 1985, n. 47 e D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380). La concessione edilizia
(ora permesso di costruire) è necessaria unicamente per l’esecuzione in forma specifica ex
art. 2932 cod. civ. dell’obbligo di contrarre, fermo restando che le parti non possono programmare come oggetto del trasferimento un immobile privo di provvedimento abilitativo,
a pena di nullità assoluta per illiceità dell’oggetto.
La giurisprudenza
La sanzione di nullità ex art. 40, legge 28 febbraio 1985, n. 47 concerne unicamente i contratti che trasferiscono la proprietà (contratti a effetti reali) e non si applica nei confronti del preliminare di compravendita
di edificio abusivo (avente efficacia obbligatoria) (Cass. civ. 17 giugno 1999, n. 6018; Cass. civ. 1° settembre 1997, n. 8335; Cass. civ. 3 settembre 1993, n. 9313; Cass. civ. 6 agosto 2001, n. 10831 e
Cass. civ. 4 gennaio 2002, n. 59). Anche perché, successivamente al contratto preliminare, può intervenire
la concessione in sanatoria degli abusi edilizi commessi, con la conseguenza che resta esclusa la sanzione
di nullità predetta per il successivo contratto definitivo di vendita (Cass. civ. 23 febbraio 1999, n. 1501).
• La speciale disciplina di tutela (D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122) richiede ora, obbligatoriamente, che sia già stato richiesto il permesso di costruire, i cui estremi devono essere indicati nel contratto [art. 6, lett. i), D.Lgs. n. 122/2005] a pena di esclusione della disciplina
citata. Tuttavia, la mancanza della richiesta del permesso di costruire (o della dichiarazione
di inizio attività), oltre a escludere l’applicazione della speciale tutela dell’acquirente (fi-
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deiussione obbligatoria, polizza assicurativa), comporta l’ulteriore e più grave effetto dell’incommerciabilità dell’immobile. Infatti, all’anzidetta disciplina comune si aggiunge ora
la disciplina speciale che, ponendo l’obbligo della richiesta del permesso di costruire, va interpretata non solo nel senso di escludere la disciplina di tutela dell’acquirente, ma anche
come contrasto all’abusivismo edilizio. Ne consegue la nullità assoluta, per illiceità dell’oggetto, del contratto preliminare di immobile da costruire privo della richiesta del relativo
permesso (cfr. G. Petrelli, La nuova disciplina a tutela degli acquirenti di immobili da costruire, Atti del Convegno Paradigma, Milano 14 aprile 2005) [v 7.1 ss.].
b. Il prezzo rappresenta il corrispettivo della futura compravendita dell’immobile. Di norma il preliminare fissa in modo determinato il prezzo
➊ È vietato il trasferimento di denaro
dovuto per la vendita e le modalità di pagamento. È,
contante o di libretti di deposito bancari
tuttavia, possibile che il prezzo non sia esattamente
o postali al portatore o di titoli al portafissato nel preliminare, ma sia determinabile, ovvero
tore in euro o in valuta estera, quando il
che sia determinato mediante una fonte esterna al convalore dell'operazione, anche frazionata,
è complessivamente pari o superiore a
tratto o per relationem, come, per esempio, quando le
5.000 euro (art. 49, comma 1, D.Lgs.
parti rinviano per la determinazione del prezzo della
n. 231/2007 modificato dal D.L. n.
vendita ad altri contratti intercorsi tra le parti, ovvero
78/2010 conv. in legge n. 122/2010)
[v 2.5.5].
all’opera di un terzo ➊.
La giurisprudenza
Il deferimento a un terzo della determinazione della prestazione del contratto preliminare non postula necessariamente un contratto definitivo, ben potendo le parti con il preliminare assumere l’obbligazione di
concludere un contratto definitivo comportante prestazioni predeterminate da un terzo arbitro e delle quali le parti stesse possano preventivamente, attraverso le impugnazioni previste ex art. 1349 cod. civ., addirittura impedire l’effetto traslativo (Cass. civ. 20 marzo 1995, n. 3227).
Forma. A pena di nullità, il contratto preliminare di immobili [f 100] deve essere redatto
per iscritto, cioè nella stessa forma richiesta per il contratto definitivo (art. 1351 cod. civ.).
Dall’atto scritto devono, pertanto, risultare tutti gli elementi essenziali del contratto (bene
immobile e prezzo).
Il requisito della forma scritta è soddisfatto anche se gli scritti non sono contestuali, ad
esempio se la promessa a vendere e ad acquistare sono redatte in tempi diversi.
Le dichiarazioni delle due parti (promittente venditore e promittente acquirente) possono risultare anche da due distinti documenti contemporanei o redatti in data diversa. Vale a dire
che il documento sottoscritto dal primo promittente (ad esempio venditore) deve contenere
tutti gli estremi (bene e prezzo) e le clausole del contratto e il successivo documento sottoscritto dal secondo promittente (acquirente) può limitarsi a una semplice accettazione, il cui
contenuto è determinato per relationem al primo documento.
Altra fattispecie in cui manca la contestualità dell’atto è quella in cui un documento, benché
sottoscritto da entrambe le parti, precisi solo il bene immobile oggetto del preliminare e un
altro documento, anch’esso sottoscritto da entrambe le parti, il prezzo.
Diverso caso è quello in cui le parti stipulino un contratto preliminare per scrittura privata stabilendo poi che dovrà essere riprodotto per atto pubblico, per esempio ai fini della trascrizione
del preliminare [v 1.1.7]. In tale ipotesi, occorre verificare se le parti abbiano voluto stipulare
un semplice contratto preliminare, ovvero un vero e proprio contratto definitivo di vendita, già
valido in base alla scrittura privata e che produce effetti traslativi. Se il contenuto è uguale a
quello della scrittura privata, il successivo atto pubblico costituisce un mero atto riproduttivo
non necessario per la validità del contratto di vendita immobiliare inter partes, ma necessario ai
fini della pubblicità [v 1.1.7 e 2.7]. Se vi è divergenza di contenuto, occorre accertare se essa è
involontaria, ovvero se è stata introdotta consapevolmente, ad esempio se sono aggiunte nuove
clausole. In tale ultima ipotesi, il primo atto va qualificato come un semplice preliminare.
Nell’ipotesi in cui il contratto preliminare sia viziato per mancanza di forma scritta, ma il
contratto definitivo di vendita immobiliare sia stato redatto per iscritto, il definitivo resta
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valido e non impugnabile, salvo che il contraente rimasto vittima del vizio al momento della stipula del preliminare lo abbia concluso per l’errata e principale convinzione che il preliminare fosse vincolante.
Anche i patti modificativi, il recesso, la cessione e la risoluzione consensuale del preliminare vanno redatti per iscritto (Cass. civ. 19 ottobre 1998, n. 10328 e Cass. civ. 23 dicembre
1995, n. 13104).
Il caso
Nell’ipotesi in cui il preliminare abbia ad oggetto una porzione di un edificio multipiano, l’indicazione del
piano in cui essa è ubicata costituisce, in mancanza di dati relativi ai confini, il necessario elemento identificativo. Ne consegue che le modifiche di tale elemento concordate tra le parti dopo la stipula del preliminare devono, a pena di nullità, essere fatte per iscritto (artt. 1350, n. 1 e 1351 cod. civ.) e, pertanto, non
possono essere provate per testimoni, ostandovi il divieto stabilito dall’art. 2725, c. 2, cod. civ. con la sola eccezione del caso previsto ex art. 2724, n. 3 cod. civ. (perdita incolpevole del documento) (Cass. civ.
16 gennaio 1996, n. 300).
Regime fiscale
Gli intermediari immobiliari sono obbligati a provvedere alla registrazione (e al pagamento in solido) delle
scritture private non autenticate aventi ad oggetto operazioni immobiliari stipulate a seguito della loro attività professionale [art. 10, c. 1, lett. d-bis), T.U. n. 131/1986].
Termine. Il contratto preliminare deve prevedere il
➊ In senso contrario, parte della dottermine finale entro il quale va stipulato il contratto
trina ritiene che il termine in questione
definitivo.
sia un termine di adempimento e non il
Si tratta di un termine essenziale alla cui scadenza il
termine finale di durata dell’efficacia
contratto preliminare si risolve di diritto (Cass. civ. 9
del contratto preliminare. Vale a dire
che, salvo che le parti abbiano espresottobre 1971, n. 2801) ➊.
samente pattuito il termine come terIn ogni caso, il termine, oltre a essere apposto dalle parmine finale di efficacia, la scadenza
ti, può anche risultare implicitamente dalle circostanze
del termine comporta obiettivo inadella fattispecie. Tuttavia, in mancanza di un termine
dempimento reciproco e non già automatica estinzione del rapporto ( cfr.
espresso, il contratto preliminare non è nullo e neppure
Cass. civ. 26 gennaio 1980, n. 652).
le parti possono esercitare il recesso ad nutum (giacché
In questa situazione, all’estinzione del
non si tratta di un contratto di durata); ma, ove vi sia dirapporto si giunge solo mediante la
prescrizione, salvo che dall’inerte comsaccordo tra le parti sul momento di redigere il contratto
portamento delle parti possa desumerdefinitivo, è onere della parte che vuole stipulare il desi un mutuo dissenso che comporti anfinitivo adire il Giudice per la fissazione del termine.
ticipata risoluzione del preliminare.
Salvo che l’altra parte non sia disposta ad anticipare, è
possibile che il contraente che voglia liberarsi presti il
proprio consenso definitivo anche prima del termine stabilito (poiché quest’ultimo si presume a favore del debitore – art. 1184 cod. civ.).
La giurisprudenza
Se il termine di adempimento per la stipula del contratto definitivo è rimesso alla volontà del promittente
acquirente, il promittente venditore non può sostituirsi al primo nella fissazione del termine e successivamente richiedere la risoluzione per inadempimento se il debitore non ottempera agli inviti rivoltigli. È, infatti, onere del promittente venditore, di fronte all’inerzia del promittente acquirente, chiedere al Giudice la
fissazione del termine per l’adempimento rimesso alla volontà del promittente acquirente (Cass. civ. 29
aprile 2003, n. 31).
1.1.4 Clausole accessorie
Oltre agli elementi o requisiti essenziali per l’esistenza stessa del contratto preliminare (ac-
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cordo, causa, oggetto e forma scritta), le parti possono prevedere altri elementi accidentali
o eventuali.
Il contratto preliminare spesso comprende anche pattuizioni accessorie volute dalle parti per
garantirsi della serietà del vincolo, della predeterminazione del corrispettivo del recesso
(clausola penale, caparra penitenziale, caparra confirmatoria), della possibilità di sostituzione soggettiva (cioè di una delle parti originarie del contratto) e clausole che consentano al promissario acquirente di acquistare per persona da nominare e clausole di garanzia
ambientale a tutela dell’acquirente, nel contesto della regolamentazione.
Inoltre, l’efficacia del preliminare può essere subordinata a una condizione (risolutiva o sospensiva) [v 1.1.10].
Clausola penale. La clausola penale è diretta a rafforzare il vincolo contrattuale e consiste
in una pattuizione mediante la quale le parti convengono che, in caso di inadempimento o
di ritardo nell’adempimento, la parte inadempiente corrisponda all’altra una determinata
somma di danaro (art. 1382 cod. civ.).
La clausola penale non è di tipo vessatorio e, quindi, non deve essere specificamente approvata per iscritto (Cass. civ. 26 giugno 2002, n. 9295).
Essa assolve una funzione essenzialmente risarcitoria: vale a dire che il danno conseguente all’inadempimento viene già quantificato ex ante dalle parti e il creditore non ha l’onere
di provarlo. In buona sostanza, la clausola penale contiene una liquidazione anticipata del
danno, salvo il risarcimento del danno ulteriore se previsto nel contratto e a condizione che
sia provato. Si noti bene che il creditore non può chiedere sia la prestazione principale, sia
la penale, salvo che quest’ultima sia prevista per il semplice ritardo (art. 1383 cod. civ.).
Esistono due tipi di penale: una sanziona l’inadempimento, l’altra il ritardo.
In tutti i casi, la penale è un patto accessorio al contratto e, di conseguenza, l’invalidità del
contratto si estende alla penale, mentre l’invalidità della penale non produce effetti sul contratto.
La parte inadempiente deve pagare la penale solo se
➊ La clausola che prevede il pagal’inadempimento o il ritardo nell’adempimento sia domento di una penale anche se l’inavuto a un fatto a lei imputabile; diversamente, se dipendempimento è dovuto a caso fortuito
de da forza maggiore o caso fortuito, nulla deve ➊.
o forza maggiore vale quale patto di
La somma di danaro oggetto della penale costituisce
assunzione di rischio e non come clausola penale (Cass. civ. 2 agosto 1984,
un debito di valuta e, quindi, insuscettibile di rivalutan. 4603).
zione. Se il denaro è versato in ritardo, sono dovuti gli
interessi moratori e l’eventuale maggior danno (Cass.
civ. 8 aprile 1998, n. 3641).
Se la penale è eccessiva, il Giudice, su domanda della parte obbligata, può disporne la riduzione, mentre, se è irrisoria, è nulla, in quanto comporta una preventiva esclusione, di fatto,
della responsabilità del debitore (art. 1229 cod. civ.).
Caparra confirmatoria. La caparra confirmatoria è un patto contrattuale di natura reale
(cioè si perfeziona con la consegna del danaro) che può essere apposto a un preliminare e
vale quale liquidazione convenzionale anticipata del danno per il caso di inadempimento
(art. 1385 cod. civ.).
È effettuata a conferma della serietà dell’impegno assunto, in base al quale una parte consegna all’altra una somma di danaro. La caparra può essere prestata sia al momento della conclusione del preliminare che in un momento successivo, comunque precedente alla scadenza dell’obbligazione.
A differenza della caparra, l’acconto non è prestato a
➋ La caparra è, altresì, diversa dalla
titolo di cautela (o per dimostrare la serietà dell’impecauzione, che ha mera funzione di gagno assunto), ma come adempimento parziale prevenranzia e non può essere incamerata
tivo ➋.
dal garantito.
In caso di inadempimento la caparra deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta. L’obbligo di restituzione o di pagamento del
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doppio della somma costituisce un debito di valuta.
➊ È vietato il trasferimento di denaro
Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’alcontante o di libretti di deposito bancatra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se
ri o postali al portatore o di titoli al
portatore in euro o in valuta estera,
inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’alquando il valore dell'operazione, anche
tra può recedere dal contratto ed esigere il doppio delfrazionata, è complessivamente pari o
la caparra ➊.
superiore a 5.000 euro (art. 49, comSe però la parte adempiente preferisce domandare l’esema 1, D.Lgs. n. 231/2007 modificato
dal D.L. n. 78/2010 conv. in legge n.
cuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del
122/2010) [v 2.5.5].
danno è regolato dalle norme generali. Vale a dire che se
il contraente rinuncia al diritto a trattenere la caparra confirmatoria versata o a richiederne il doppio, per ottenere un risarcimento del danno da inadempimento contrattuale svincolato dai limiti imposti dal meccanismo della caparra confirmatoria, la
somma versata a titolo di caparra diviene un acconto sul prezzo e la parte che assume di aver subito il danno avrà diritto al risarcimento se e nei limiti in cui riesca a provarne l’esistenza e l’ammontare, sottostando alle normali regole probatorie (Cass. civ. 13 maggio 2004, n. 9091).
La giurisprudenza
In pratica può essere difficile distinguere la caparra confirmatoria dall’acconto. La caparra deve risultare
da una specifica volontà delle parti e non è sufficiente il semplice nomen iuris (Cass. civ. 22 agosto
1977, n. 3833).
L’importo consegnato “a titolo di caparra confirmatoria e principio di pagamento” vale come preventiva liquidazione del danno in caso di inadempimento e di anticipato parziale pagamento per il caso di adempimento (Cass. civ. 7 luglio 2004, n. 12472).
La consegna anticipata di una somma di denaro ha natura di deposito cauzionale se sia stata data a garanzia di un eventuale obbligo di risarcimento del danno (Cass. civ. 4 marzo 2004, n. 4411).
La dazione anticipata di una somma di danaro, effettuata al momento della conclusione del contratto, costituisce caparra confirmatoria qualora risulti espressamente che le parti abbiano inteso attribuire al versamento anticipato non solo la funzione di anticipazione della prestazione, ma anche quella di rafforzamento e garanzia dell’esecuzione dell’obbligazione contrattuale. La caparra confirmatoria assume, quindi,
la funzione di liquidazione convenzionale del danno da inadempimento (Cass. civ. 23 dicembre 2005, n.
28697; Cass. civ. 18 gennaio 2007, n. 4047).
Regime fiscale
Il regime fiscale della caparra confirmatoria rileva ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta sul valore
aggiunto e dell’imposta di registro.
Ai fini delle imposte sui redditi, la caparra confirmatoria genera reddito appartenente alla stessa categoria dei redditi sostituiti (art. 6, c. 2, T.U. n. 917/1986). Ad esempio, se un imprenditore edile stipula un
contratto preliminare per la vendita di un immobile ma l’acquirente è inadempiente, la somma corrisposta
a titolo di caparra confirmatoria (che civilisticamente vale quale liquidazione anticipata del danno), ai fini fiscali, prende il posto del mancato ricavo e concorre a determinare il reddito d’impresa.
Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, anche se la caparra confirmatoria ha funzione risarcitoria, non
costituendo corrispettivo, è esclusa dal campo di applicazione del tributo [art. 2, c. 3, lett. a), D.P.R. n.
633/1972 e ris. min. 29 marzo 1976, n. 360321]. Al momento del perfezionamento dell’acquisto, se la
caparra è imputata come corrispettivo della cessione, concorre a formare la base imponibile IVA ex art.
13 D.P.R. n. 633/1972 (ris. min. 19 maggio 1977, n. 411673; ris. Agenzia delle Entrate 1° agosto
2007, n. 197/E). In mancanza della prova che la volontà delle parti era di voler effettuare il versamento a
titolo di caparra, le somme corrisposte devono essere considerate acconto sul corrispettivo dovuto (cfr.
Cass. civ. 22 agosto 1977, n. 3833 e Cass. civ. 4 febbraio 1994, n. 10874).
Ai fini dell’imposta di registro il contratto preliminare deve, comunque, essere registrato in termine fisso
entro venti giorni dalla sottoscrizione:
– è soggetto ad imposta fissa di registro di 168,00 euro se non è previsto il pagamento di alcuna somma;
– se è prevista la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria si applica l’imposta proporzionale di registro con l’aliquota dello 0,50%, indipendentemente dal fatto che l’operazione sia o meno soggetta a IVA;
– se è previsto il pagamento di acconti prezzo se la compravendita è soggetta a imposta di registro, sugli
acconti si applica l’aliquota del 3%; se la compravendita è soggetta a IVA, si applica l’imposta fissa di
registro di 168,00 euro.
(segue)
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(segue)
In tutti i casi l’imposta di registro pagata per la caparra confirmatoria o per l’acconto prezzo deve essere
detratta dall’imposta proporzionale di registro dovuta al momento della registrazione del contratto definitivo. Nel caso di mancata stipula del definitivo deve essere restituita l’imposta proporzionale di registro versata in eccedenza rispetto a quella fissa che resta dovuta (Cass. civ. 15 giugno 2007, n. 14028; contra
circ. min. 10 giugno 1986, n. 37 secondo cui in mancanza di stipula del contratto definitivo le imposte
versate non sono rimborsabili).
Non è possibile detrarre l’imposta proporzionale di registro pagata sulla caparra confirmatoria o sull’acconto
prezzo sull’IVA dovuta sul corrispettivo al momento della stipula del definitivo qualora tra la data del preliminare
(soggetto a imposta di registro proporzionale) e quella del definitivo muti il regime fiscale e si passi dall’imposta di registro all’IVA, ad esempio se il terreno oggetto della vendita da non edificabile diventi edificabile.
Caparra penitenziale. La caparra penitenziale configura un patto contrattuale di natura
reale (cioè si perfeziona con la consegna del danaro) che attribuisce a una o a entrambe le
parti del preliminare il diritto di recesso verso la prestazione di un corrispettivo (cioè il
prezzo dello ius poenitendi) (art. 1386 cod. civ.): il recedente perde la caparra data o deve
restituire il doppio di quella ricevuta.
La giurisprudenza
La caparra penitenziale o pena del recesso vale quale corrispettivo del diritto di recesso unilaterale ad nutum pattiziamente consentito (Cass. civ. 10 giugno 1991, n. 6561).
Regime fiscale
Ai fini IVA, anche se la caparra penitenziale è considerata il corrispettivo del recesso, non costituendo corrispettivo, è esclusa dal campo di applicazione del tributo. Se successivamente le somme corrisposte a
titolo di caparra assumono la natura di acconto sul prezzo, in tale momento l’operazione si considera effettuata (ris. min. 19 maggio 1977, n. 411673).
Clausola ambientale. In tema di tutela dell’ambiente, il legislatore, nel contesto più ampio
della regolamentazione dei rifiuti, ha individuato diverse ipotesi di illecito legate al trattamento dei rifiuti (abbandono e deposito incontrollato di rifiuti, stoccaggio non autorizzato, discarica abusiva ecc.). In particolare, il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che ha abrogato il precedente
D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22) in attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti,
91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, ha
introdotto una specifica disciplina relativa alla bonifica e al ripristino ambientale dei siti inquinati (terreni o fabbricati industriali) applicabile sia nella fase delle trattative precontrattuali,
sia nella stipulazione del contratto preliminare e del contratto definitivo di compravendita.
Fatta salva la responsabilità penale dei soggetti responsabili dell’inquinamento (cfr. art. 257,
D.Lgs. n. 152/2006), per provvedere alle attività di bonifica la normativa richiede ai proprietari (o gestori dell’area) di darne comunicazione alla Regione, alla Provincia e al Comune territorialmente competenti e di attuare le misure di prevenzione (art. 245, D.Lgs. n. 152/2006).
Nell’ipotesi di trasferimento dell’immobile (area o fabbricato industriale), può essere, quindi, opportuno predisporre opportune clausole di garanzia ambientale a tutela dell’acquirente
[f 245].
Al riguardo, occorre tener conto di diverse fattispecie considerando, per esempio, la qualità
del cedente, l’ubicazione dell’immobile (se posto vicino a fonti inquinanti), la destinazione
e l’uso fattone, se l’immobile sia stato o meno oggetto di potenziale contaminazione ambientale e l’effettuazione di indagini (carotaggi) ecc.
1.1.5 Effetti
A seguito del preliminare, i contraenti sono obbligati a stipulare il contratto definitivo di
vendita.
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È possibile che il preliminare sia a effetti anticipati e preveda, cioè, che, prima della redazione del definitivo, il venditore metta a disposizione dell’acquirente l’immobile, ovvero
che l’acquirente paghi anticipatamente una parte del prezzo. Anche in tale ipotesi, non si
realizzano gli effetti traslativi della vendita (Cass. civ. 17 febbraio 1996, n. 1533).
La questione assume rilevanza anche sul piano fiscale, che assoggetta a tassazione proporzionale (imposta di registro o IVA) solo il contratto definitivo.
Anche se non idoneo a trasferire la proprietà, il preliminare di immobili può egualmente essere soggetto a trascrizione (la trascrizione vale quale prenotazione, cfr. artt. 2445-bis,
2775-bis e 2825-bis cod. civ.).
1.1.6 Inadempimento
In caso di inadempimento di una delle parti del preliminare immobiliare, la legge prevede
l’esecuzione in forma specifica (art. 2932 cod. civ.).
Vale a dire che, se una delle parti non presta il consenso per la stipula del contratto definitivo di vendita dell’immobile, l’altra parte potrà adire il Giudice per ottenere una sentenza
(costitutiva) che produce gli stessi effetti del contratto che la parte inadempiente non ha voluto concludere.
Per aversi esecuzione in forma specifica, essa deve essere possibile (per esempio, non è possibile l’esecu➊ Si noti che la promessa di trasferire
un bene di proprietà altrui non è suscetzione in forma specifica se l’immobile è perito) ➊.
tibile di esecuzione forzata in forma
L’esecuzione in forma specifica è esclusa se il futuro
specifica. Il promissario acquirente, in
contratto definitivo ha a oggetto vendite a effetti obtale ipotesi, ha titolo per richiedere il ribligatori, quale la vendita di immobile da costruire.
sarcimento del danno subito a seguito
dal mancato trasferimento del bene
Per tale ipotesi, è solo possibile una sentenza di con(Cass. civ. 4 novembre 2004, n. 1412).
danna dell’altra parte a stipulare il contratto definitivo
e al risarcimento del danno.
Anche la domanda giudiziale ex art. 2392 cod. civ. deve essere trascritta al fine di opporre
la relativa sentenza (purché anch’essa trascritta) ai terzi che avessero acquistato l’immobile
con atto antecedente la trascrizione della domanda giudiziale, ma trascritto successivamente
(artt. 2652, n. 2 e 2690, n. 1, cod. civ.). Vale a dire che gli effetti della sentenza trascritta retroagiscono alla data della trascrizione della domanda, con l’effetto che tutti gli atti trascritti
successivamente alla trascrizione della domanda giudiziale sono inefficaci nei confronti del
soggetto che ha presentato la domanda giudiziale.
1.1.7 Trascrizione
Devono essere trascritti i contratti preliminari (art.
2645-bis cod. civ.) redatti per atto pubblico e scrittu➋ Per sfuggire all’obbligo della trascrizione, è sufficiente redigere il contratra privata autenticata o accertati giudizialmente ➋ e
to preliminare, anche se avente a ogaventi a oggetto contratti definitivi che:
getto diritti immobiliari, per scrittura
a. trasferiscono la proprietà di beni immobili, anche
privata non autenticata.
per edifici da costruire o in corso di costruzione se indicano la superficie utile o la porzione di diritto spet➌ Per edificio esistente si intende l’etante al promissario acquirente (di conseguenza la
dificio ove sia stato eseguito il rustico
maggiore differenza, in caso di contestazione, non pocomprensivo delle mura perimetrali
trà essere opposta ai terzi, né potrà produrre gli effetti
delle singole unità e sia stata completata la copertura.
della trascrizione) ➌;
b. costituiscono, trasferiscono o modificano il diritto di
usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie, i diritti del concedente e dell’enfiteuta;
c. costituiscono la comunione dei suddetti diritti;
d. costituiscono o modificano servitù prediali [f 125], il diritto di uso sopra beni immobili,
il diritto di abitazione.
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Effetti della trascrizione. La trascrizione del preliminare (artt. 2645-bis c. 2, 3 e 4 e 2775-bis
cod. civ.) produce diversi effetti:
a. vale quale prenotazione (o prevalenza) rispetto a trascrizioni e iscrizioni eseguite contro
il promittente alienante dopo la trascrizione del preliminare, a condizione che il contratto
definitivo sia trascritto entro un anno dalla data convenuta per la stipula del contratto definitivo e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione del preliminare. Trascorso inutilmente
questo termine, la trascrizione del preliminare perde valore e si considera mai avvenuta;
b. nel caso di mancata esecuzione del contratto, i crediti del promissario acquirente (alla restituzione del prezzo pagato in anticipo) hanno privilegio speciale sul bene immobile oggetto del preliminare, a condizione che la risoluzione del preliminare sia ottenuta o domandata giudizialmente prima del triennio di efficacia della trascrizione di cui alla precedente
lettera a);
c. il credito del promissario acquirente è assistito da privilegio speciale sul bene immobile
oggetto del preliminare a condizione che il preliminare
➊ Il privilegio non è opponibile ai credisia stato trascritto e alla data della dichiarazione di faltori garantiti da ipoteca relativa a mulimento gli effetti della trascrizione non siano ancora
tui erogati al promissario acquirente
cessati e che il curatore fallimentare abbia deciso di
per l’acquisto del bene immobile, nonché ai creditori garantiti da ipoteca ai
sciogliere il contratto (il curatore, in caso di fallimento
sensi dell’art. 2825-bis cod. civ. (art.
del promittente venditore, può scegliere se eseguire o
2775-bis cod. civ.).
sciogliere il contratto ex art. 72, legge fall.) ➊.
Il caso
L’ipoteca iscritta su edificio o complesso condominiale, anche da costruire o in corso di costruzione, a garanzia di finanziamento dell’intervento edilizio ex artt. 38 ss., D.Lgs. n. 385/1993, prevale sulla
trascrizione anteriore dei contratti preliminari ex art. 2645-bis cod. civ. limitatamente alla quota di debito
derivante dal suddetto finanziamento che il promissario acquirente si sia accollata con il contratto preliminare o con altro atto successivo. Se l’accollo risulta da atto successivo, questo va annotato in margine alla trascrizione del contratto preliminare (art. 2885-bis cod. civ.).
La trascrizione del provvedimento giudiziale di sequestro conservativo, ex art. 671 cod. proc. civ.,
per crediti vantati dal sequestrante verso il promissario venditore, se anteriore alla trascrizione del contratto definitivo di compravendita di immobile, non è pregiudicata dalla trascrizione dell’eventuale contratto preliminare, ex art. 2645-bis cod. civ., avente a oggetto lo stesso immobile anche se anteriore alla trascrizione del sequestro conservativo stesso.
Esempio. Contratto preliminare di immobile trascritto in data 20 gennaio 2008, provvedimento giudiziale
di sequestro conservativo trascritto in data 31 gennaio 2008, trascrizione del contratto definitivo di compravendita in data 10 febbraio 2008. La trascrizione del preliminare, anche se anteriore, non può essere
opposta al terzo che ha trascritto il sequestro conservativo.
Regime fiscale
La trascrizione dei contratti preliminari è soggetta a imposta ipotecaria in misura fissa.
La trascrizione comporta l’effetto di manifestare anche al fisco il prezzo pattuito.
1.1.8 Scioglimento
Oltre alla ordinaria risoluzione per inadempimento e all’impossibilità sopravvenuta dell’unica prestazione cui le parti si sono obbligati, al contratto preliminare si applica anche la
risoluzione per eccessiva onerosità in conseguenza di una sopravvenuta sproporzione tra le
prestazioni che costituiscono la materia del contratto definitivo.
Secondo una regola generale, ogni contratto a effetti obbligatori può essere sciolto per mutuo consenso (mutuo dissenso), vale a dire a mezzo di un negozio risolutorio che pone nel
nulla il contratto obbligatorio.
Per l’ipotesi di risoluzione consensuale del preliminare, la risoluzione va redatta nella stessa forma prevista per la redazione del contratto preliminare.
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La giurisprudenza
In caso di inadempimento del contratto preliminare di vendita, la parte non inadempiente può chiedere in giudizio la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni subiti oppure può chiedere il recesso dal contratto
e il trattenimento della caparra confirmatoria ricevuta all'atto della stipula del preliminare. Resta, però, inibito
all'adempiente di convertire la domanda di risoluzione e di risarcimento in domanda di recesso e trattenimento della caparra ricevuta e questo poiché la parte inadempiente deve essere tutelata, per motivi giuridici e di
equità, nei propri diritti difensivi qualora essa non sia stata posta in condizione di contraddire agli argomenti
introdotti ex novo dalla propria controparte processuale (Cass. 14 gennaio 2009, n. 553).
1.1.9 Fallimento di una parte contrattuale
A seguito della sentenza dichiarativa di fallimento, di qualsiasi parte contrattuale, l’esecuzione del preliminare è sospesa sino a quando il curatore decida se sciogliere il contratto
ovvero subentrare.
Se il preliminare è stato trascritto ex art. 2645-bis cod. civ. e il curatore abbia scelto lo
scioglimento del contratto, l’acquirente ha diritto di insinuarsi al passivo, senza che gli sia
dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio ex art. 2775-bis cod. civ., a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente
alla data della dichiarazione di fallimento (art. 72, legge fall.).
In deroga al principio generale per l’ipotesi di preliminare di immobile da destinare ad abitazione principale, il correttivo della riforma fallimentare (art. 72, u.c., ex art. 4 D.Lgs. n.
169/2007) ha escluso il potere del curatore di scegliere tra subentro e scioglimento del contratto.
La giurisprudenza
Nell’ambito della ripartizione dell’attivo, il privilegio del promissario acquirente fuori dalle ipotesi di ipoteca
relativa a mutui a lui erogati per l’acquisto del bene immobile o a favore dei creditori garantiti ex art.
2825-bis cod. civ. prevale sulle ipoteche iscritte in data anteriore o posteriore sugli immobili oggetto del
contratto preliminare (Trib. Genova 25 gennaio 2001).
1.1.10 Fattispecie di preliminari immobiliari
Preliminare di immobile da costruire. Oggetto del preliminare può anche essere un immobile futuro, ovvero da costruire [f 105].
In tutti i casi, se il bene non viene a esistenza, il contratto è nullo. Secondo parte della dottrina, si tratta di risoluzione, in quanto la mancata venuta a esistenza della cosa configura
un inadempimento del promittente venditore; tuttavia, se la mancata esistenza è imputabile
al promittente venditore è esperibile la risoluzione per inadempimento, mentre se non vi è
responsabilità del promittente venditore il promittente acquirente potrà esercitare l’azione
di risoluzione per impossibilità sopravvenuta.
Per la vendita di un edificio da costruire vedi la nuova disciplina dettata dal D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122 [v 7.1 ss.].
Preliminare di immobile altrui. È possibile che un preliminare avente a oggetto la futura
vendita di un immobile sia sottoscritto anche da chi non è proprietario dell’immobile al momento della conclusione del preliminare [f 110]. Il contratto produce immediatamente l’effetto di obbligare il promissorio venditore ad acquistare la proprietà del bene per trasferirlo
al compratore e l’obbligo può essere assolto:
– mediante acquisto diretto della proprietà da parte del promittente venditore (l’acquisto
può avvenire a qualsiasi titolo – oneroso, gratuito, originario);
– mediante acquisto diretto in capo al compratore. Vale a dire che il promittente venditore
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non diventa mai proprietario del bene, ma si adopera per procurarne il trasferimento direttamente dal terzo vero proprietario al compratore, ad esempio a mezzo contratto a favore del
terzo.
È valida nei limiti dell’art. 1229 cod. civ. l’eventuale clausola di esonero da responsabilità
del promittente venditore, inserita nel contratto, per il caso in cui non riesca a far acquistare
la proprietà al compratore. La clausola di esonero è, invece, nulla se esclude o limita preventivamente la responsabilità del venditore per dolo o colpa grave.
Se il promittente venditore non adempie risponde dei danni (Cass. civ. 18 aprile 1996, n.
3677).
La giurisprudenza
In tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, anche nel caso di buona fede dell’altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l’acquisto
del promissario direttamente dall’effettivo proprietario (Cass. civ. 18 maggio 2006, n. 11624).
Preliminare unilaterale. Di norma, il contratto preliminare obbliga entrambe le parti a stipulare la vendita definitiva. Tuttavia, è possibile che questo obbligo sia a carico di una sola
delle parti e l’altra abbia solo il diritto di pretendere la
➊ Si noti che, se le parti convengono
stipula del definitivo, ma non l’obbligo di stipularlo.
un premio ovvero una controprestaIn tale ultimo caso, si è in presenza di un contratto prezione a favore della parte obbligata e
liminare unilaterale di compravendita [f 115 ] , che
l’operazione non è soggetta a IVA, si aprientra nella categoria generale dei contratti con preplica l’imposta di registro proporzionale
con l’aliquota propria del bene ceduto o
stazioni ex uno latere ➊.
dell’obbligazione assunta in premio.
Il preliminare unilaterale ha in comune con il patto
d’opzione l’assunzione dell’obbligazione da parte di
un solo contraente (art. 1331 cod. civ.). A differenza del preliminare unilaterale, contratto
perfetto e autonomo rispetto al contratto definitivo, l’opzione è un elemento di una fattispecie a formazione successiva costituita inizialmente da un accordo avente a oggetto l’irrevocabilità della proposta e successivamente dall’accettazione del promissario che, insieme alla
prima, perfeziona il contratto (purché sia espressa nella forma prescritta per il contratto
stesso e, quindi, nel caso di trasferimento immobiliare, per iscritto) (Cass. civ. 11 ottobre
1986, n. 5950).
Prenotazione. Nell’ambito del contratto preliminare unilaterale rientra la prenotazione,
mediante la quale una parte si impegna ad acquistare un determinato bene, mentre l’altra si
riserva di accettare o non accettare, ad esempio nella prenotazione per l’acquisto di appartamenti ecc.
Preliminare sottoposto a condizione. Le condizioni, oltre che al contratto definitivo di
compravendita, possono essere apposte anche a un contratto preliminare. Le condizioni sono avvenimenti futuri e incerti della cui esistenza o non esistenza le parti possono far dipendere l’efficacia del preliminare stesso. La dottrina distingue le condizioni in casuali, potestative e miste: la condizione è casuale se dipende dal caso o dal fatto di un terzo estraneo
al contratto; è potestativa se l’avveramento dipende dalla volontà motivata e seria di una
delle parti del contratto; è mista se l’avveramento è rimesso in parte al caso e in parte alla
volontà di una delle parti.
Con riguardo agli effetti sul contratto, la condizione può essere:
• sospensiva se sospende l’efficacia del preliminare sino al verificarsi della condizione; ad
esempio, il preliminare di vendita di un appartamento può essere subordinato al trasferimento dell’acquirente in un determinato luogo. Di regola, l’avveramento della condizione
produce effetti che retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto (ex tunc);
• risolutiva se fa venir meno gli effetti del contratto al verificarsi della condizione. La condizione risolutiva non sospende l’efficacia del preliminare, immediatamente efficace sin
dalla conclusione, ma lo risolve nel momento successivo in cui si verifica la condizione (di
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solito con effetto retroattivo, ex tunc). Ad esempio, il preliminare per l’acquisto di un terreno subordinato alla condizione risolutiva che entro sei mesi verrà concessa l’autorizzazione
per edificare.
Sia per la condizione sospensiva sia risolutiva, le parti possono stabilire un termine entro il
quale la condizione deve realizzarsi, alla cui scadenza si intende definitivamente non avverata.
Stante l’identità di disciplina, si rinvia alla parte sulla vendita per quanto concerne la trattazione della condizione in genere e del termine iniziale, i cui effetti sul preliminare sono del
tutto simili a quelli prodotti sulla vendita [v 2.10.4].
La giurisprudenza
La rinunzia al certificato di abitabilità dedotta in condizione in un contratto preliminare di vendita immobiliare a favore esclusivo del promissario acquirente è validamente effettuata anche se risultante da comportamento concludente del promissario acquirente che ha proposto domanda giudiziale per l’esecuzione
del contratto in forma specifica ex art. 2932 cod. civ. (Cass. civ. 20 dicembre 1989, n. 5757).
Se il contratto preliminare è sottoposto alla condizione sospensiva del rilascio di un benestare da parte di
un’autorità amministrativa, finché l’evento dedotto in condizione non si verifica, l’obbligazione di trasferire
la proprietà del bene rimane sospesa (Cass. civ. 4 marzo 2004, n. 4415).
Preliminare a effetti anticipati. Il preliminare a effet➊ Per la soluzione di casi dubbi, diverti anticipati prevede che i promittenti eseguano anticisi sono i criteri dettati dall’Amministrapatamente, rispetto alla data del contratto definitivo,
zione finanziaria per distinguere il prelialcune delle obbligazioni contrattuali, quale, per esemminare dal definitivo, tra questi:
pio, la consegna dell’immobile prima del trasferimen– la clausola per persona da nominare
può essere apposta solo al contratto
to della proprietà.
preliminare, in quanto l’atto traslativo
Gli effetti anticipati non possono, comunque, mai
della proprietà non può prescindere
spingersi fino al trasferimento della proprietà, perché,
dalla indicazione esatta di entrambi i
soggetti;
in tal caso, il contratto sarebbe definitivo.
–
se le parti convengono che la vendiÈ assai diffuso il ricorso a tale tipo di preliminare a
ta avverrà con atto notarile, questa
condizione che il contratto definitivo non risulti un
formulazione non può che ribadire la
mero atto riproduttivo.
natura di preliminare dell’atto;
– la clausola che dispone il trasferiAnche se entrambi producono effetti obbligatori, il
mento della proprietà dopo il pagapreliminare va distinto dal contratto di vendita obblimento dell’ultima rata va riguardata
gatoria ➊:
come elemento caratterizzante il vero contratto preliminare (ris. min. 5
• il primo è solo atto di obbligazione (e non di dispomaggio 1981, n. 251294).
sizione, che si attua solo con il definitivo);
• il secondo comporta esso stesso la disposizione del
trasferimento che, tuttavia, è rinviato al verificarsi di un evento futuro (art. 1472 cod. civ.).
La giurisprudenza
La natura di preliminare o definitivo va considerata con riguardo alla volontà delle parti e non in ragione
del nomen iuris dato al contratto (Cass. civ. 22 maggio 1992, n. 6164).
Ai fini fiscali, in ossequio al dettato normativo che per le imposte sui redditi individua l’esercizio di competenza nel momento del trasferimento della proprietà, senza tuttavia tener
conto della clausola di riserva della proprietà, è:
– irrilevante la qualificazione giuridica del contratto come preliminare o contratto definitivo di vendita obbligatoria. Infatti, il pagamento anticipato del corrispettivo non costituisce
ancora ricavo o plusvalenza imponibile;
– rilevante qualificare giuridicamente il contratto come preliminare o definitivo di vendita
con riserva della proprietà. Quest’ultima, infatti, è equiparata tout court ai fini impositivi
alla vendita immediatamente traslativa.
Ai fini IVA il pagamento (anche in minima parte) del prezzo del futuro trasferimento prima
della stipula del definitivo comporta effettuazione dell’operazione anche se limitatamente
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all’importo pagato (art. 6, c. 4, D.P.R. n. 633/1972). Di conseguenza, il promittente venditore, contestualmente all’incasso del corrispettivo, deve emettere fattura secondo le modalità
e termini indicati all’art. 21 ss., D.P.R. n. 633/1972. Oltre che con la dazione di danaro, il
pagamento del prezzo può avvenire anche con altri mezzi, ad esempio accollo di mutuo, rilascio di cambiali ecc.
La giurisprudenza
In presenza di contratto preliminare a effetti anticipati l’effetto traslativo reale si compie al momento della stipula del contratto definitivo, in quanto atto di manifestazione negoziale (Cass. civ. 1° marzo 2010, n. 4863).
Preliminare per persona da nominare. Il contratto preliminare può essere stipulato anche
per sé o per persona da nominare e cioè contenere una riserva di nomina del terzo per la redazione del contratto definitivo; la riserva di nomina può riguardare anche lo stesso contratto preliminare.
La giurisprudenza
Se i contraenti di un contratto preliminare per persona da nominare hanno stabilito che il terzo può essere
nominato in sede di stipula del contratto definitivo (con data determinata), la nomina è tempestiva anche
se comunicata alla controparte con la domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto ex art. 2932 cod. civ. (Cass. civ. 10 febbraio 1993, n. 1682).
Il caso
Una pattuizione contenuta in un contratto preliminare per sé o per persona da nominare:
– è nulla se del tipo: “La nomina del terzo sarà effettuata all’atto della stipula del contratto definitivo” senza alcuna indicazione nel contratto circa la data ultima entro cui stipulare il contratto definitivo;
– è valida se del tipo: “La nomina del terzo sarà effettuata all’atto della stipula del contratto definitivo che
sarà stipulato entro il 31 dicembre dell’anno 2008” (ris. min. 29 aprile 1986, n. 400649).
Cessione del preliminare. Come tutti i contratti, anche il preliminare è produttivo di effetti
solo tra le parti contraenti. Tuttavia, la posizione giuridica derivante dal preliminare può essere trasmessa a terzi mediante la cessione del contratto o la sostituzione [f 120] e può
aversi nei seguenti casi:
– morte del soggetto che si è obbligato a vendere. In tal caso, gli eredi che hanno accettato
la successione, ovvero i legatari, sono obbligati a eseguire la promessa, salvo sia stata conclusa in considerazione della persona del promittente (intuitu personae). La stessa soluzione vale in caso di morte del promissario acquirente, ovvero del beneficiario di un diritto di
prelazione o di opzione di acquisto di immobile;
– fusione. Se il soggetto che si è obbligato a vendere è una persona giuridica, in caso di fusione i diritti e gli obblighi sono trasmessi alla società risultante dalla fusione, salvo clausola contraria dell’obbligazione assunta dal promittente.
Oltre le anzidette ipotesi, il preliminare di vendita di un immobile può essere ceduto sia a titolo gratuito, sia oneroso, a mezzo di contratto (art. 1406 cod. civ.). Di norma, infatti, la
cessione del contratto può avere a oggetto contratti a prestazioni corrispettive non ancora
eseguite. Vale a dire contratti da cui sorgano effetti obbligatori per entrambe le parti. È il
caso del contratto preliminare, che può essere ceduto a terzi sia a titolo gratuito che oneroso. Le parti possono tuttavia regolare o vietare questa facoltà.
Di regola, una parte non può cedere i diritti e le obbligazioni derivanti dal contratto allorché la controparte abbia concluso il contratto in ragione della sua personalità (cd. intuitu
personae).
Nel caso di contratto preliminare di vendita di immobili, non è agevole provare che il contratto sia stato concluso intuitu personae. È, pertanto, opportuno che le parti precisino se il
contratto sia o meno cedibile.
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ATTI E CONTRATTI PREPARATORI
CONTRATTO PRELIMINARE
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È anche possibile che le parti non vietino la cessione, ma che la regolamentino quanto alle
modalità, ovvero limitando la facoltà di cedere solo ad alcune categorie di persone.
La cessione del preliminare di vendita di immobile deve essere redatta per iscritto a pena di
nullità.
Il cessionario subentra nella posizione attiva e passiva del cedente. Tuttavia, il contratto
preliminare può prevedere che, in caso di cessione, il cedente resti garante della buona esecuzione del contratto.
Regime fiscale
La cessione del contratto preliminare (pattuita contestualmente alla stipula del preliminare, ovvero convenuta successivamente) dietro corrispettivo, se il cedente è un soggetto IVA, concretizza una cessione di
contratto e, come tale, è imponibile (art. 3, c. 2, n. 5, D.P.R. n. 633/1972).
Se, invece, non dà luogo a operazione IVA, la cessione del preliminare è soggetta a imposta proporzionale di registro del 3% commisurata sul corrispettivo convenuto per la cessione (nella fattispecie è inapplicabile l’art. 31, c. 1, T.U. n. 131/1986 per la cessione del contratto in genere, che prevede l’applicazione
dell’aliquota propria del contratto ceduto per l’ovvia ragione che il preliminare è soggetto a imposta fissa
e non proporzionale) [artt. 43, c. 1, lett. d) e 9, T.U. n. 131/1986].
Preliminare a favore del terzo. La giurisprudenza ammette anche la possibilità di stipulare
un contratto preliminare a favore del terzo (Cass. civ. 17 dicembre 1975, n. 4143).
In pratica, rientra nel preliminare anche il contratto con cui ci si impegna con una determinata persona a stipulare il contratto definitivo con una terza persona, pur essa determinata
ma non partecipante al contratto preliminare. In tal caso, la disciplina è la risultante di una
combinazione delle regole proprie del preliminare con quelle del contratto a favore di terzo.
Il terzo designato acquista il diritto a pretendere dal compratore la stipula del successivo
contratto definitivo di vendita. Per la validità del patto occorre che sia determinata o determinabile la persona del terzo.
Riproduzione del preliminare per scrittura privata in atto pubblico. Come già ricordato, il contratto preliminare di vendita immobiliare deve essere redatto per iscritto a pena di
nullità, ma non è richiesta la forma dell’atto pubblico notarile.
Tuttavia, se le parti stipulano un contratto preliminare per scrittura privata stabilendo poi
che dovrà essere riprodotto per atto pubblico, ad esempio ai fini della trascrizione del preliminare [v 1.1.7], occorrerà verificare se le parti abbiano voluto stipulare un semplice contratto preliminare, ovvero un vero e proprio contratto definitivo di vendita, già valido in base alla scrittura privata e che produce effetti traslativi.
Se il contenuto è uguale a quello della scrittura privata, il successivo atto pubblico costituisce un mero atto riproduttivo non necessario per la validità del contratto di vendita immobiliare inter partes, ma necessario ai fini della pubblicità [v 1.1.7 e 2.7]. Se vi è divergenza di
contenuto, occorrerà accertare se essa è involontaria, ovvero sia stata introdotta consapevolmente, ad esempio se sono aggiunte nuove clausole. In tale ultima ipotesi, il primo atto va
qualificato come un semplice preliminare.
1.2
Patto di prelazione
Il patto di prelazione [f 130] è la convenzione mediante la quale il proprietario di un immobile si obbliga, nel caso di vendita dell’immobile, a dare la preferenza, a parità di condizioni, al beneficiario del patto rispetto a qualunque altro acquirente. La pratica spesso per definirlo usa impropriamente il termine di opzione; per le differenze [v 1.3].
Il patto può essere concluso a titolo autonomo (essere cioè esso stesso oggetto di un autonomo contratto), ovvero essere contenuto in un altro contratto nel quale è inserito come clausola accessoria. Può essere concluso a titolo gratuito o oneroso.
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PATTO DI PRELAZIONE
La giurisprudenza
Il patto di prelazione non può essere assimilato al contratto preliminare, in quanto in quest'ultimo è individuabile un'obbligazione già esistente, rispetto alla quale ha senso assicurare l'effetto di prenotazione della trascrizione, effetto che non è invece collegabile al patto di prelazione, che non prevede alcun obbligo
di futuro trasferimento (Cass. civ., Sez. Unite, 23 marzo 2011, n. 6597).
Il diritto di prelazione di natura convenzionale, cioè attribuito per contratto, presenta le seguenti caratteristiche:
• ha efficacia inter partes, cioè efficacia obbligatoria limitata alle parti che l’hanno stipulato
e senza possibilità di essere opposto ai terzi. Di conseguenza, l’eventuale cessione a terzi
comporta solo un’azione di responsabilità per danni (Cass. civ. 12 aprile 1999, n. 3571);
• può essere costituito sia nel contratto di vendita, sia nel preliminare;
• deve essere redatto in forma scritta;
• obbliga il concedente a comunicare al beneficiario (cd. denuntiatio) la sua intenzione di
concludere il contratto e a comunicargli le modalità e attendere che scada il termine concesso per la risposta. Tuttavia, anche se il beneficiario risponde nei termini accettando, il concedente egualmente è libero di non concludere il contratto di vendita. Infatti, la denuntiatio
non è una proposta contrattuale impegnativa e l’eventuale comunicazione di voler esercitare
il diritto di prelazione non è assimilabile a un’accettazione; ne consegue che è errato
confondere il patto di prelazione con il contratto preliminare unilaterale [v 1.1.10] ove il
promissario alienante è obbligato a stipulare;
• per l’esercizio della prelazione non occorre che il beneficiario offra condizioni migliori di
quelle di terzi, ma è sufficiente che siano uguali a quelle del miglior offerente. Per condizioni devono intendersi non solo l’ammontare del prezzo, ma anche ogni clausola e modalità di una delle prestazioni (luogo, termine per il pagamento ecc.).
È necessario che tutte le condizioni offerte siano almeno eguali a quelle del miglior offerente. Non è possibile pretendere di compensare una condizione meno vantaggiosa con un’altra
più vantaggiosa, come, ad esempio, offrire un prezzo maggiore, ma con termine di pagamento più lungo;
• se le offerte dei terzi sono simulate per indurre all’acquisto il beneficiario, questi può impugnare il contratto di vendita per dolo se tali offerte sono state determinanti; se, al contrario, avrebbe stipulato egualmente il contratto, ma a condizioni meno gravose, si tratta di dolo incidentale che dà diritto solo al risarcimento del danno (art. 1440 cod. civ.);
• per la concessione della prelazione, le parti possono anche prevedere il pagamento di un
corrispettivo;
• a differenza dell’opzione, che vincola il concedente e comporta la conclusione automatica
del contratto per effetto della sola volontà del beneficiario, la prelazione non vincola le parti (concedente e beneficiario), che restano libere di stipulare o meno il contratto;
• di solito, il diritto di prelazione è concesso a parità di condizioni, ma nulla impedisce che
le parti convengano condizioni diverse da quelle offerte ai terzi;
• il patto di prelazione può anche avere durata indeterminata, ovvero essere valido qualunque sia il periodo entro il quale il concedente si decida a vendere l’immobile.
1.2.1 Diritto di prelazione di fonte legale
La prelazione può derivare anche dalla legge, quale, ad esempio, la prelazione dei coeredi ex art.
732 cod. civ., la prelazione del Ministero dei beni culturali per la vendita di immobili di interesse
storico, artistico, archeologico ecc. di proprietà di privati (artt. 56 e 60, D.Lgs. n. 42/2004).
La prelazione legale ha efficacia esterna e, quindi, è opponibile a terzi, con la conseguenza
che l’eventuale cessione a terzi è inefficace.
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ATTI E CONTRATTI PREPARATORI
PATTO DI PRELAZIONE
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Regime fiscale
Qualora in corrispettivo della concessione del diritto di prelazione sia dovuta al concedente una somma in
denaro, e il patto sia stipulato tra soggetti IVA nell’ambito delle loro attività d’impresa o professionali, l’operazione configura un’obbligazione di fare soggetta a IVA (art. 3, D.P.R. n. 633/1972).
1.3
Patto di opzione
Nell’ambito dell’attività giuridica preparatoria alla vendita immobiliare rientra anche il patto di opzione (di vendita o di acquisto) [f 135, 140], mediante il quale una parte (acquirente
o venditore) si vincola a rendere irrevocabile la propria dichiarazione (di vendere o acquistare) attribuendo all’altra la facoltà di accettarla o meno (art. 1331 cod. civ.).
A seguito del sopravvenire dell’accettazione del beneficiario dell’opzione, la vendita è completata ed efficace.
➊ L’opzione si distingue dal patto di
prelazione, mediante il quale una parA differenza della proposta irrevocabile (che è un nete si impegna a preferire il beneficiario
gozio giuridico unilaterale, cioè proveniente da una
del patto a parità di condizioni. A diffesola parte), l’opzione nasce da un contratto e presenta
renza dell’opzione, che vincola il conle seguenti caratteristiche ➊:
cedente e comporta la conclusione automatica del contratto per effetto della
• è richiesta la forma scritta, a pena di nullità, prevista
sola volontà del beneficiario, la prelaper il trasferimento di immobili sia per il contratto da
zione non vincola le parti (concedente
cui deriva l’opzione, sia per la successiva accettazione
e beneficiario), che restano libere di
del beneficiario;
stipulare o meno il contratto.
Il patto di opzione a favore del vendito• l’opzione deve contenere i dati essenziali della venre ha una certa affinità con la vendita
dita (bene immobile venduto, prezzo);
con patto di riscatto, anche se il pri• di solito, per l’esercizio dell’opzione è fissato un termo non è di per sé idoneo a trasferire
mine, in difetto può essere stabilito dal Giudice su rialcun bene senza un necessario e successivo atto negoziale (accettazione
chiesta delle parti. In mancanza del termine, il diritto
del beneficiario del patto).
di opzione si prescrive in dieci anni;
• l’esercizio dell’opzione nel termine pattuito perfeziona automaticamente il contratto di vendita dell’immobile sin dal momento dell’accettazione;
• una accettazione difforme non preclude, sino allo spirare del termine, una successiva accettazione conforme;
• per la concessione dell’opzione le parti possono anche prevedere il pagamento di un corrispettivo;
• se il bene immobile, oggetto dell’opzione, appartenga a un terzo, sia gravato da vincoli ex
artt. 1482 o 1489 cod. civ., sia viziato o manchi di qualità essenziali o promesse, il vincolo
può essere sciolto non solo se le anzidette cause esistevano già prima dell’opzione, ma anche se sono intervenute nell’intervallo tra la proposta e l’accettazione;
• è discusso se il vincolo a carico del soggetto che ha concesso l’opzione per la compravendita abbia natura reale o esterna, con la conseguenza che è trascrivibile e l’eventuale cessione a terzi, da parte del soggetto vincolato, del diritto oggetto del patto di opzione è inefficace se trascritta, ovvero meramente interna, con la conseguenza che non è trascrivibile e l’eventuale cessione a terzi, da parte del soggetto vincolato, del diritto oggetto del patto di opzione comporta solo un’azione di responsabilità per danni.
Il patto d’opzione ha in comune con il preliminare unilaterale l’assunzione dell’obbligazione da parte di un solo contraente. A differenza del preliminare unilaterale, contratto
perfetto e autonomo rispetto al contratto definitivo di vendita, l’opzione è un elemento di
una fattispecie a formazione successiva costituita inizialmente da un accordo avente a oggetto l’irrevocabilità della proposta e successivamente dall’accettazione del promissario
che, insieme alla prima, perfeziona la vendita immobiliare (purché sia espressa nella forma scritta prevista per il trasferimento di immobili) (Cass. civ. 11 ottobre 1986, n. 5950).
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ATTI E CONTRATTI PREPARATORI
PATTO DI OPZIONE
La giurisprudenza
È irrilevante che nel patto di opzione manchi la fissazione di un termine per la accettazione della proposta, infatti l’art. 1331 cod. civ. prevede espressamente che il termine possa essere stabilito dal Giudice
quando sia necessario (Cass. civ. 5 giugno 1987, n. 4901).
1.3.1 Risoluzione
Oltre all’ordinaria risoluzione per inadempimento, si applica anche la risoluzione per eccessiva onerosità in conseguenza di una sopravvenuta sproporzione tra le prestazioni che costituiscono la materia del contratto oggetto dell’opzione.
Regime fiscale
Ai fini dell’applicazione del regime fiscale, occorre soprattutto considerare la natura giuridica del patto di opzione, di per sé non idoneo a trasferire alcun bene senza la successiva accettazione del beneficiario del patto.
Se il patto d’opzione è posto in essere nell’esercizio di impresa e riguarda la vendita di immobili, occorre considerare che, ai fini delle imposte sui redditi, la competenza va individuata nell’esercizio in cui è
effettuata la stipula dell’atto, ovvero del trasferimento della proprietà se successivo al trasferimento
giuridico della proprietà (o della costituzione di altro diritto reale, usufrutto ecc.). Infatti, il patto di opzione non può essere assimilato alla vendita con riserva della proprietà (o vendita con patto di riservato dominio o vendita a rate) o alla locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante
per ambedue le parti assimilate a cessioni vere e proprie [art. 109, c. 2, lett. a), T.U. n. 917/1986]. In
tutte e due queste fattispecie, la proprietà è acquistata in modo automatico (col saldo del prezzo o
con il termine della locazione e il pagamento dei canoni), senza alcun altro autonomo atto negoziale
(Cass. civ. 20 marzo 1991, n. 3000).
Il patto d’opzione per una futura vendita, invece, è un accordo avente a oggetto una proposta irrevocabile
ed è necessaria un’ulteriore manifestazione di volontà dell’accettante per la perfezione del contratto di vendita e il trasferimento della proprietà (Cass. civ. 5 giugno 1987, n. 4901).
Se in corrispettivo dell’opzione è dovuto al concedente un prezzo e il patto è posto in essere da soggetti
IVA nell’ambito delle loro attività d’impresa o professionali, l’operazione configura un’obbligazione di fare
soggetta a IVA (art. 3, D.P.R. n. 633/1972).
Si noti, in ultimo, che l’istituto civilistico dell’opzione non va confuso con l’opzione o facoltà di scelta che il
legislatore tributario concede al contribuente, ad esempio per scegliere un regime contabile. In quest’ultimo caso, non si tratta di una manifestazione di volontà diretta a concludere un contratto, ma semplicemente di una comunicazione avente il mero valore di dichiarazione di scienza.
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CONTRATTO DI VENDITA
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Come tutte le vendite anche la vendita di immobili è un contratto bilaterale (cioè con
due contrapposti centri di interessi) e presenta le seguenti caratteristiche:
– è un contratto consensuale, cioè, secondo la regola generale (principio consensualistico – art. 1376 cod. civ.), il contratto si perfeziona per effetto del consenso legittimamente manifestato dalle parti senza che sia necessaria la consegna della cosa;
– è un contratto oneroso a prestazioni corrispettive e reciproche, in quanto il pagamento del prezzo da parte dell’acquirente è in corrispettivo della prestazione del venditore. In
caso di inadempimento, l’altra parte può chiedere al Giudice la risoluzione del contratto;
– può essere sia a effetti reali, cioè il trasferimento della proprietà o di altro diritto
reale (usufrutto, superficie, enfiteusi, abitazione ecc.) si produce a seguito del consenso delle parti senza che occorra null’altro (art. 1376 cod. civ.), sia a effetti obbligatori, nel qual caso il trasferimento della proprietà è differito rispetto al momento di conclusione del contratto e si verifica automaticamente solo quando si realizza un ulteriore
requisito, ad esempio la venuta a esistenza nella vendita di cosa futura (cd. vendita obbligatoria);
– è un contratto commutativo (non aleatorio), in quanto è possibile per le parti conoscere i reciproci vantaggi e svantaggi;
– di solito è un contratto di straordinaria amministrazione, in quanto incide sul patrimonio del soggetto oltre che sul reddito;
– è un contratto che tollera l’apposizione di condizioni e termini e può essere preceduto da un contratto preliminare.
2.1
Definizione di vendita
La vendita è il contratto mediante il quale il proprietario di un bene (mobile o immobile)
trasmette la proprietà all’acquirente in corrispettivo del pagamento di un prezzo.
La legge detta numerose regole per la vendita di beni mobili e immobili, collocate, in parte,
nelle due apposite sezioni del codice civile del libro IV (sez. II: artt. 1510-1536; sez. III:
artt. 1537-1541) e, in parte, in altri punti del codice o in leggi speciali. In particolare, le norme della sez. III del codice civile, dedicate agli immobili, si limitano solo alle ipotesi in cui
la quantità presunta della vendita non corrisponda alla quantità effettiva del bene venduto.
Comunque, le differenze di disciplina tra la vendita mobiliare e immobiliare, anche se numerose, non escludono che le due sottospecie di vendita siano regolate in modo unitario dagli stessi principi generali.
Di norma, la vendita (mobiliare e immobiliare) nasce e si perfeziona per effetto del consenso delle parti e può comportare sia il trasferimento della proprietà (o di altro diritto reale:
usufrutto, superficie ecc.) all’acquirente contestualmente alla conclusione del contratto (cd.
vendita a effetti reali, cfr. art. 1376 cod. civ.), sia il trasferimento successivo alla conclusione del contratto, come ad esempio nel caso di vendita di immobile da costruire, di immobile
altrui ecc. (cd. vendita a effetti obbligatori).
In ogni caso, la vendita comporta due elementi essenziali: il prezzo e il trasferimento della
proprietà. Se manca uno dei due, il contratto posto in essere non è una vendita. Pertanto
questi due elementi consentono di distinguere la vendita da altri contratti.
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CONTRATTO DI VENDITA
DEFINIZIONE DI VENDITA
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Requisiti caratteristici ed essenziali della vendita immobiliare e differenza con altri contratti
traslativi
1) Prezzo. È la somma di danaro (o per mezzo equivalente) che l’acquirente paga al venditore e rappresenta un elemento costitutivo ed essenziale (in mancanza il contratto di vendita è nullo) che distingue
la vendita dai seguenti contratti, anch’essi diretti a trasferire il diritto di proprietà:
• permuta. Si distingue dalla vendita per l’assenza del prezzo ed è caratterizzata da un doppio trasferimento di proprietà, cioè da uno scambio reciproco tra le parti di cose o diritti (senza pagamento di
una somma di danaro) (art. 1552 cod. civ.). Lo scambio può degenerare in vendita se è previsto un
conguaglio in danaro di tale importanza da divenire oggetto principale del contratto. Vale a dire che
occorre accertare se le parti intendono trasferire un bene in corrispettivo di una somma di danaro e
lo scambio del bene in natura costituisce una mera integrazione o conguaglio, ovvero se le parti intendono scambiarsi beni in natura e la somma di danaro è corrisposta a mero titolo di conguaglio;
• conferimento in società. Non si tratta di una vendita, in quanto l’apporto non è dato in corrispettivo
di un prezzo, ma del diritto di partecipazione (quote o azioni);
• donazione. L’intento di liberalità che anima il donante è escluso nella vendita, che costituisce un contratto a titolo oneroso per eccellenza. Nemmeno la donazione con l’onere a carico del donatario di sopportare un sacrificio economico (cd. modale) può essere qualificata vendita, a condizione che l’onere costituisca solo una limitazione e non un corrispettivo dell’attribuzione patrimoniale e che non assorba totalmente il contenuto economico del beneficio (esempio: Caio dona una villa a Sempronio con l’obbligo
di quest’ultimo di pagare il prezzo per l’erezione di una statua raffigurante il donante in giardino);
• dazione di pagamento. La previsione di un prezzo non costituisce il vero criterio distintivo tra la
vendita e la datio in solutum (dazione di pagamento). La differenza risiede, infatti, negli effetti della
datio in solutum, che consistono nell’estinzione di un’obbligazione e nella novazione del contratto che
aveva originato l’obbligazione; effetti che, invece, non esistono nella vendita.
2) Trasferimento della proprietà. La vendita comporta il trasferimento della proprietà e per questo si
distingue dai seguenti contratti:
• locazione (o affitto). A differenza della vendita, la locazione non trasferisce la proprietà del bene al
locatario o affittuario, ma gli attribuisce solo un diritto personale di godimento. In alcuni casi, nel contratto stipulato dalle parti si mischiano elementi della vendita e della locazione. Le parti possono anche stipulare un contratto preliminare di vendita a termine soggetto alla condizione sospensiva della
corretta esecuzione di un contratto di locazione. Il contratto di locazione-vendita (locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti) comprende due contratti autonomi, ma tra loro connessi che si susseguono (il primo di locazione e il secondo di vendita). In tal caso, parte del canone della locazione è, di solito, scomputato dal prezzo della vendita;
• comodato. Questo contratto, a titolo gratuito e non oneroso, non comporta trasferimento della proprietà, ma attribuisce all’utilizzatore (comodatario) l’uso del bene con l’obbligo di restituirlo (art. 1803
cod. civ.).
2.2
Formazione del contratto
IN SINTESI
Forma. L’atto notarile (atto pubblico o scrittura privata autenticata) non è una condizione di validità del
contratto di vendita, ma per la validità del contratto è sufficiente la forma scritta, richiesta a pena di nullità (forma ad substantiam). La redazione della vendita immobiliare per atto pubblico o scrittura privata autenticata è, invece, richiesta obbligatoriamente per la trascrizione.
Accordo delle parti. La vendita immobiliare è un contratto consensuale.
Vizi del consenso. La vendita immobiliare è invalida se il consenso manifestato dalle parti sia viziato. I vizi del consenso giuridicamente rilevanti sono l’errore, la violenza (compulsiva o morale) e il dolo.
Capacità giuridica e di agire. La capacità giuridica spetta, di norma, a tutte le persone e consiste nell’attitudine a essere titolare di poteri e doveri giuridici. La capacità di agire concerne la capacità di stipulare personalmente e liberamente il contratto di vendita.
Oggetto. Occorre distinguere tra l’oggetto immediato (cioè la prestazione del venditore di trasferire la proprietà in cambio della prestazione dell’acquirente di pagare il prezzo) e l’oggetto mediato (il bene da trasferire).
(segue)
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CONTRATTO DI VENDITA
FORMAZIONE DEL CONTRATTO
(segue)
Prezzo. L’obbligo di pagare il prezzo è un’obbligazione pecuniaria soggetta al principio nominalistico; ciò
significa che il debito si estingue con una quantità di moneta pari a quella stabilita nel contratto, indipendentemente dalle variazioni di valore effettivo (svalutazione o rivalutazione) subite tra la conclusione del
contratto e il momento del pagamento.
Formalità. La redazione dell’atto di vendita richiede il compimento di diverse formalità necessarie per la
stipula del contratto.
Atto notarile. La vendita di immobili richiede l’atto scritto a pena di nullità. Se per il trasferimento dell’immobile tra le parti è sufficiente redigere il contratto in forma scritta, la vendita deve obbligatoriamente essere redatta da un notaio (atto pubblico o scrittura privata autenticata) ai fini della trascrizione nei registri
immobiliari e dell’opponibilità della vendita ai terzi.
Dichiarazioni del venditore. Il venditore deve rendere nell’atto di vendita determinate dichiarazioni di
conformità alla disciplina urbanistica.
Dichiarazioni delle parti. All’atto della cessione dell’immobile, anche se assoggettata a IVA, le parti hanno
l’obbligo di rendere apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che indichi la modalità di pagamento; se si sono avvalse di mediatori e i relativi dati; l’ammontare della spesa sostenuta per tale attività
e le modalità di pagamento.
Le parti, inoltre, devono dichiarare l’esistenza o meno di un rapporto di coniugio o di parentela in linea retta al fine di vincere la presunzione di liberalità ex art. 26, D.P.R. n. 131/1986.
Dichiarazione dell’acquirente. L’acquirente deve dichiarare:
• di avvalersi delle agevolazioni fiscali se sussistono i requisiti per il beneficio prima casa. La dichiarazione della sussistenza dei requisiti può essere integrata con atto successivo (circ. min. 12 agosto 2005,
n. 38/E);
• di volersi avvalere del criterio di pagare l’imposta in base valore catastale.
Certificato di abitabilità. Il venditore di un immobile destinato ad abitazione deve consegnare al compratore il certificato di abitabilità.
Obblighi del venditore. Gli obblighi principali del venditore sono i seguenti:
– consegnare la cosa al compratore;
– fare acquistare la proprietà o il diritto se l’acquisto non è effetto immediato del contratto e
– garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa.
Obblighi del compratore. Pagare il corrispettivo (prezzo).
2.2.1 Forma
Per l’esistenza di un valido contratto di vendita immobiliare è necessaria la forma scritta
[f 160]. L’atto notarile (atto pubblico o scrittura privata autenticata) non è, infatti, una condizione di validità del contratto di vendita, ma per la validità del contratto è sufficiente la
forma scritta, richiesta a pena di nullità (forma ad substantiam) (art. 1350 cod. civ.).
La redazione della vendita immobiliare per atto pubblico o scrittura privata autenticata è,
invece, richiesta obbligatoriamente per la trascrizione, che serve per rendere opponibile
il contratto di vendita ai terzi. A differenza della mera forma scritta richiesta ad substantiam e che comporta nullità del contratto, l’omissione della trascrizione non determina
l’invalidità della vendita che produce egualmente i suoi effetti tra le parti, ma non è opponibile ai terzi.
In alcuni casi, per ragioni di celerità, le parti stipulano un contratto di vendita definitivo per
scrittura privata stabilendo, poi, che dovrà essere riprodotto per atto pubblico o scrittura privata autenticata. In tale ipotesi, il trasferimento della proprietà e gli altri obblighi nascenti
dalla vendita sono già efficaci tra le parti in base alla scrittura privata e il successivo atto
notarile costituisce un mero atto riproduttivo necessario ai fini della pubblicità [v 2.7].
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CONTRATTO DI VENDITA
FORMAZIONE DEL CONTRATTO
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2.2.2 Accordo delle parti
Come accennato, la vendita immobiliare, indipendentemente dalla complessità, dalla durata
e dalle clausole che la compongono, resta un contratto consensuale. Vale a dire che esso
nasce e si forma per effetto del semplice consenso, cioè dell’incontro delle volontà delle
parti manifestato in forma scritta: è, quindi, sufficiente un accordo, redatto in forma scritta,
sul prezzo e sul bene immobile da vendere.
La vendita può anche non risultare da un unico documento; la proposta e l’accettazione,
infatti, possono anche risultare da separati atti scritti. Ne consegue che anche uno scambio di corrispondenza può trasformarsi in una valida vendita e obbligare definitivamente
le parti.
2.2.3 Manifestazione del consenso
Proposta di vendita. Il contratto di vendita immobiliare inizia, di solito, con una proposta
di vendita redatta obbligatoriamente in forma scritta (art. 1350 cod. civ.).
L’offerta deve contenere gli elementi essenziali del contratto di vendita, vale a dire almeno
l’indicazione del bene immobile e il prezzo. In mancanza, la proposta sarà considerata come un semplice invito a prendere contatto.
La proposta deve esprimere la ferma volontà di obbligarsi. Il proponente non può, quindi,
riservarsi la facoltà di ritrattare ovvero condizionare la sua obbligazione a ulteriori accordi
su punti essenziali del contratto (per esempio il prezzo).
La proposta è considerata dichiarazione unilaterale ricettizia, cioè produce effetti solo se
portata a conoscenza dell’accettante (art. 1344 cod. civ).
La legge pone una presunzione legale di conoscenza precisando che la proposta (come l’accettazione e ogni dichiarazione diretta a una determinata persona) si reputa conosciuta nel
momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario (residenza, domicilio, sede legale per
le società ecc.), salvo che questi provi di essere stato,
➊ L’accertamento, da parte del Giudisenza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia
ce del merito, della configurabilità o
(art. 1335 cod. civ.) ➊.
meno di un simile evento si sostanzia
in un giudizio di fatto, incensurabile in
Destinatari dell’offerta e revoca. L’offerta può essere
sede di legittimità se adeguatamente e
rivolta a uno o più soggetti determinati, ma anche a sogcorrettamente motivato (Cass. civ. 7
getti indeterminati, ovvero al pubblico in generale. L’emaggio 1992, n. 5393).
sposizione nelle bacheche delle agenzie immobiliari,
con l’indicazione del bene immobile e del prezzo, costituisce una proposta di vendita rivolta al pubblico in generale.
L’offerta è revocabile sino a quando l’accettazione non giunge all’indirizzo del proponente.
Se il proponente ha fissato un termine per l’accettazione, l’offerta è irrevocabile prima
della scadenza del termine (per l’irrevocabilità della proposta derivante dal patto di opzione, cfr. art. 1331 cod. civ.). In tal caso, la revoca è priva di effetto e la proposta non può essere revocata neanche in caso di morte o sopravvenuta incapacità del proponente, salvo che
la natura dell’affare o altre circostanze escludano tale efficacia (art. 1329 cod. civ.).
Alla scadenza del termine la proposta viene automaticamente a caducarsi senza necessità di
revoca, salva una diversa volontà del proponente che può dar vita a una proposta irrevocabile che alla scadenza del termine valga come semplice proposta revocabile (nei limiti di
tempo di cui all’art. 1326, c. 2, cod. civ. cfr. Cass. civ. 29 agosto 1991, n. 9229).
Se l’offerente non ha fissato alcun termine per l’accettazione della proposta, l’offerta è liberamente revocabile, salvo sia stata indirizzata a una persona determinata. In tale ultima ipotesi, a mio avviso, l’offerta deve essere mantenuta per un tempo ragionevole che consenta
al destinatario di valutarla e rispondere. La difficoltà di provare che l’offerta sia stata ritirata prima della scadenza di un termine “ragionevole” rende assai difficile ottenere dal Tribu-
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nale una sentenza che accerti l’avvenuta conclusione del contratto di vendita, con conseguente trasferimento del bene immobile.
Per l’ipotesi di morte o di sopravvenuta incapacità di agire del proponente prima della conclusione del contratto (cioè prima che sia giunta l’accettazione), la proposta perde immediatamente efficacia, salvo le eccezioni previste dalla legge.
La giurisprudenza
La revoca è priva di effetto se giunge all’indirizzo dell’accettante dopo che l’accettazione sia pervenuta al
proponente (Cass. civ. 16 maggio 2000, n. 6323).
Accettazione della proposta. Come già detto, per la conclusione del contratto di vendita è
necessario l’incontro tra la proposta e l’accettazione. Come la proposta, anche l’accettazione deve essere redatta in forma scritta.
Se il proponente e l’accettante sono lontani e si scambiano il reciproco consenso per corrispondenza, il momento di perfezionamento della ven➊ Nella fase delle mere trattative, pridita immobiliare interviene quando al proponente
ma di aver formalizzato proposta e acgiunge l’accettazione anche essa in forma scritta
cettazione, le parti sono libere di inter(Cass. civ. 27 marzo 1996, n. 2712) ➊.
rompere ogni discussione se non trovano accordo su tutte le condizioni di
Anche l’accettazione è una dichiarazione unilaterale
loro interesse.
ricettizia (cioè produce effetti solo se portata a conoscenza del proponente) di volontà a mezzo della quale
il destinatario della proposta dichiara di accettarla.
Il contratto di vendita immobiliare è formato solo se
➋ L’accettazione telegrafica della prol’accettazione sia definitiva e conforme in tutto alla
posta con l’aggiunta “segue lettera”
proposta, anche nelle clausole accessorie del contratto.
non vale come accettazione definitiva.
Si noti che un’accettazione non conforme equivale a
nuova proposta ➋.
L’accettazione deve giungere al proponente entro il
termine da lui stabilito o, in mancanza di termine, se
➌ La sottoscrizione da parte del destinatario della proposta accompagnata
indirizzata a persona determinata, in quello ordinariadalla dizione, “per ricevuta”, non vale
mente necessario secondo la natura dell’affare o sequale accettazione.
condo gli usi ➌. Il proponente può ritenere valida anche un’accettazione tardiva previa comunicazione all’altra parte.
Sino a quando l’accettazione non è giunta all’indirizzo del proponente il contratto non è
concluso e l’accettazione è revocabile.
Se l’accettante muore o diviene incapace di agire prima della conclusione del contratto,
l’accettazione perde immediatamente efficacia, salvo per le deroghe dettate dalla legge.
Se la proposta indicava solo gli elementi essenziali (prezzo e bene immobile), senza nulla
dire circa altre modalità della vendita, l’accettazione pura e semplice comporta, in ogni caso, la valida conclusione del contratto di vendita immobiliare. L’eventuale mancanza di accordo sugli elementi secondari non consente alle parti di rimettere in discussione il consenso già definitivamente prestato. In mancanza di accordo sui punti non regolamentati dal
contratto, infatti, si applicano le regole dettate dal codice civile. È, quindi, opportuno che le
parti precisino sempre nei loro scritti che il loro consenso alla vendita e all’acquisto è subordinato all’accordo su tutte le condizioni e le clausole che faranno parte del contratto di
vendita.
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La giurisprudenza
Con riguardo alla conclusione del contratto, spetta al proponente fissare il termine alla cui scadenza egli
non ha più interesse alla conclusione del contratto stesso. Di conseguenza, se la proposta contiene un termine impossibile o un termine che non può essere rispettato per colpa del proponente, ad esempio se la
proposta è portata a conoscenza dell’accettante nello stesso termine entro il quale scade il termine per
l’accettazione, il Giudice non può sostituirsi alle parti per dichiarare il perfezionamento del contratto, ma
può giudicare il comportamento del proponente contrario alla regola di buona fede e correttezza censurabile ai fini della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 cod. civ. (Cass. civ. 10 maggio 1996, n. 4421).
La proposta può essere revocata fino a che il proponente non venga a conoscenza dell’accettazione dell’altra parte, la revoca dell’accettazione non ha effetto nell’ipotesi in cui giunga a conoscenza del proponente prima che vi giunga l’accettazione (App. Milano 21 marzo 1995).
2.2.4 Morte e incapacità del proponente o dell’accettante
Di regola, la morte o l’incapacità del proponente o dell’accettante sopravvenute prima della
conclusione del contratto (cioè prima che l’accettazione sia giunta al proponente) rendono
immediatamente inefficaci la proposta e l’accettazione, ad eccezione delle seguenti ipotesi
(artt. 1329 e 1330 cod. civ.):
– se si tratta di proposta irrevocabile e se la natura dell’affare o altre circostanze escludano
tale efficacia (art. 1329 cod. civ.);
– la proposta o l’accettazione siano effettuate da un imprenditore nell’esercizio dell’impresa, salvo per i piccoli imprenditori, ovvero se diversamente risulta dalla natura dell’affare o
da altre circostanze. Non dovrebbe rilevare lo stato di incapacità naturale anche per la forte
ragione che, a differenza dell’incapacità legale di agire che sancisce una qualità oggettivamente rilevabile e duratura, riguarda uno stato soggettivo temporaneo limitato al momento
in cui il contratto è concluso (art. 428 cod. civ.).
➊ Il luogo di perfezionamento del conIn genere, anche l’erede ha il potere di revoca sino a
tratto è quello dell’indirizzo dell’imprenquando non pervenga l’accettazione ➊.
ditore defunto o divenuto incapace.
La giurisprudenza
La produzione in giudizio di una scrittura privata di vendita immobiliare sottoscritta solo dall’altra parte
può valere come accettazione della proposta contrattuale, segnando il perfezionamento del contratto, solo se effettuato nel giudizio instaurato nei confronti del sottoscrittore, ma non anche dei suoi eredi (Cass.
civ. 17 giugno 1994, n. 5868).
2.2.5 Vizi del consenso
La vendita immobiliare è invalida se il consenso manifestato dalle parti sia viziato.
Il consenso rappresenta la manifestazione della volontà e per produrre effetto deve essere,
oltre che consapevole (cioè chi lo esprime deve avere capacità legale d’agire, art. 2 cod.
civ.), valido, cioè privo di vizi. I vizi del consenso giuridicamente rilevanti sono l’errore, la
violenza (compulsiva o morale) e il dolo.
Errore. Il contraente che è caduto in errore può invocarlo se l’errore sulla natura e qualità dell’immobile oggetto della vendita, ovvero sull’identità del venditore è stato determinante per il consenso. Si veda, ad esempio, l’ipotesi di immobile ritenuto erroneamente
di proprietà di una persona fisica che, invece, risulta essere di proprietà di una società di
capitali.
Violenza. La violenza consiste nella minaccia di un male ingiusto e notevole (anche nei
confronti del coniuge, discendente o ascendente o dei loro beni) allo scopo specifico di
estorcere il consenso.
La minaccia deve essere tale da impressionare una persona sensata, con riguardo all’età, al
sesso, alla condizione sociale ecc.
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La violenza fisica, quale il trascinamento della mano per sottoscrivere il contratto, esclude
invece ogni volontà e comporta la sanzione più radicale della nullità del contratto.
Diverso dalla violenza è il timore riverenziale, quale il consenso prestato per rispetto e stima nei confronti di una certa persona, che non determina l’invalidità dello stesso.
Lo stato di pericolo o di necessità, vale a dire una causa di forza maggiore quale una situazione di pericolo, comporta che il vincolo assunto con il consenso possa essere sciolto.
Dolo. Il dolo consiste in un inganno, per procurarsi un ingiusto vantaggio, senza il quale
non sarebbe stato prestato il consenso al contratto, quale, ad esempio, la reticenza e l’omissione di informazioni che sono determinanti per il contraente.
Il dolo può promanare sia dal venditore, sia dall’acquirente. Non vi è dolo quando vi è solo
un’esaltazione dei vantaggi che potrebbero derivare dal contratto (cd. dolus bonus).
L’invalidità del contratto di vendita può essere dichiarata anche se l’errore provocato dal
dolo non compromette le qualità sostanziali del bene, purché sia stato determinante per la
prestazione del consenso.
Viceversa, se il dolo cade su elementi accessori, il contratto resta valido e può comportare
solo la condanna al risarcimento del danno.
2.2.6 Effetti dei vizi del consenso
In caso di consenso viziato la vendita immobiliare è invalida. Si tratta di annullabilità e
non di nullità. L’annullabilità costituisce una anomalia meno grave della nullità e, di conseguenza:
– il contratto annullabile produce i suoi effetti sino a quando viene proposta e accolta l’azione di annullamento;
– può essere invocata solo dalla vittima del vizio (la parte ingannata o minacciata), salvo diversa disposizione di legge (art. 1441, c. 2, cod. civ.);
– l’annullamento della vendita non può essere rilevata d’ufficio dal Giudice;
– il contratto annullabile si prescrive in cinque anni (art. 1442, c. 1, cod. civ.). La prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui si è scoperto l’errore o il raggiro, ovvero dal giorno in cui è cessata la violenza. L’onere di provare che la scoperta dell’errore o del raggiro o
che la cessazione delle minacce si sono verificate entro il quinquennio grava sulla parte che
agisce;
– l’annullabilità può essere sanata mediante convalida del contratto, ovvero per inutile decorso del termine quinquennale di prescrizione (art. 1444 cod. civ.). La convalida spiega i
suoi effetti se effettuata a seguito della cessazione della violenza, ovvero della scoperta dell’errore o del raggiro.
L’annullamento comporta l’eliminazione con effetto retroattivo del contratto di vendita e,
pertanto, la restituzione del prezzo pagato e dell’immobile venduto. Le parti devono essere
rimesse nella situazione iniziale come se la vendita non fosse mai stata conclusa, i frutti
prodotti dall’immobile devono essere restituiti al venditore.
Tuttavia l’annullamento non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi in buona
fede, vale a dire che ignoravano l’esistenza del vizio; per l’effetto della trascrizione [v 2.7].
Oltre l’annullabilità della vendita la parte danneggiata può chiedere i danni e gli interessi,
in risarcimento del pregiudizio subito.
La giurisprudenza
L’invalidità del consenso di uno dei comproprietari di un immobile promesso in vendita travolge l’intero
contratto, poiché, in questo caso, i venditori operano come un’unica parte contrattuale complessa. Ne
consegue che l’aspirante acquirente non può ottenere il trasferimento, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ.,
neanche delle quote di proprietà di coloro che hanno espresso un consenso legittimo alla vendita del bene (Cass. civ. 1° marzo 2011, n. 5027).
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2.2.7 Simulazione del consenso
L’idoneità del consenso non è sufficiente di per sé a rendere efficace il contratto, ma occorre che esso sia anche effettivo e non simulato.
Può accadere che il consenso, solo formalmente idoneo ed esistente, manchi in concreto,
cioè non corrisponda alla reale intenzione delle parti e celi un intento, in tutto o in parte, simulatorio.
Il consenso è simulato quando viene stipulato un con➊ La controdichiarazione redatta per
tratto di vendita con l’intesa che esso non corrisponda
iscritto
dalle parti ha solo funzione di
alla realtà del rapporto voluto ➊.
prova della simulazione e non va conLa simulazione può essere assoluta, se non si vuole
fusa con l’accordo simulatorio stesso.
assumere alcun impegno, e relativa, se il consenso nasconde modalità diverse da quelle che appaiono.
Diverso dalla simulazione è il cd. negozio fiduciario con il quale il fiduciante attribuisce, di
fronte ai terzi, a un soggetto (fiduciario), la disponibilità di beni e diritti eccedente il loro
reale accordo.
La simulazione ha per effetto che tra le parti prevale la realtà sull’apparenza (art. 1414 cod.
civ.).
L’azione di simulazione assoluta è imprescrittibile, mentre quella per la simulazione relativa si prescrive nel termine ordinario decennale, se diretta a far valere un diritto che deriva
direttamente dall’atto nascosto.
Nella simulazione assoluta restano immutate le posizioni giuridiche: per esempio se il contratto di vendita è fittizio, i beni (simulatamente) alienati restano in proprietà del venditore
apparente.
Nella simulazione relativa ha invece effetto il consenso nascosto (dissimulato) e non quello
apparente. Ciò a condizione che l’atto segreto sia lecito e abbia tutti i requisiti richiesti dalla
legge che gli sono propri, quale la forma scritta per il trasferimento di immobili. Diversamente, si applica l’ordinaria disciplina prevista per gli atti illeciti (art. 1414, c. 2, cod. civ.).
La prova della simulazione (art. 1417 cod. civ.) grava sulla parte che l’afferma. Essa, inoltre, è soggetta ai limiti generali posti dalla legge (artt. 2722 e 2724 cod. civ.). Pertanto, in
via generale, la simulazione potrà essere provata mediante la controdichiarazione. Sono
escluse le prove per presunzioni e per testimoni, fatta salva la libertà di prova se diretta a
far valere l’illiceità dell’atto nascosto (dissimulato).
Se dunque l’atto nascosto è valido ed è provato, esso, come detto, è soggetto a tutte le regole
che gli sono proprie. Per esempio, se la compravendita dissimula una donazione, sarà valida
solo se redatta per atto pubblico con testimoni (previsti a pena di nullità per la donazione).
2.2.8 Effetti della simulazione nei confronti dei terzi
La simulazione (assoluta o relativa) del contratto non
➋ A differenza degli eredi che succepuò essere opposta ai terzi. Tuttavia, il terzo può far
dono nella posizione contrattuale del
valere la simulazione quando gli giova (art. 1415
defunto, sono considerati terzi anche i
cod. civ.). Terzo è chiunque estraneo al contratto,
legatari.
cioè non vi ha preso parte nemmeno tramite un rappresentante ➋.
I terzi interessati dalla simulazione sono:
– quelli pregiudicati dal contratto simulato, aventi causa del vero titolare (simulato alienante) e, in genere, tutti quelli che in base alla situazione reale vantano un diritto che resta pregiudicato. Per esempio, i creditori di chi ha venduto fittiziamente un bene hanno la facoltà
di far valere la situazione reale;
– gli acquirenti in buona fede di diritti dall’apparente titolare (simulato acquirente). Sono
tali tutti quelli che, ignorando la simulazione, hanno effettivamente conseguito un vantag-
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gio sulla base del contratto fittizio, per esempio acquistando un bene da chi appare proprietario ➊;
– i creditori. La simulazione del contratto sociale (o
anche della singola partecipazione) ha rilevanza anche
nei confronti dei creditori delle parti dell’accordo simulatorio. È necessario distinguere tra creditori del
vero titolare (simulato alienante) e del titolare apparente (simulato acquirente).
2.3
➊ La tutela del terzo acquirente in buona fede va coordinata anche con le regole ordinarie in tema di trascrizione.
Pertanto, l’acquisto di un immobile (da
una venditore apparente) non può essere opposto al vero proprietario se il titolo di acquisto è stato trascritto dopo
la trascrizione della domanda di simulazione (art. 2652, n. 4, cod. civ.).
Capacità giuridica e di agire
La capacità di ciascuna delle parti di contrattare costituisce una imprescindibile condizione
di validità della vendita immobiliare.
In via di principio, la capacità di contrattare può essere definita come l’attitudine a esercitare i diritti riconosciuti alla persona, mentre il potere di concludere il contratto come l’attitudine a disporre dei beni propri o di altri.
La capacità delle persone a stipulare contratti e, quindi, a vendere immobili costituisce il requisito indispensabile per stipulare un valido contratto di vendita immobiliare.
In via generale, esistono due diverse categorie di capacità: la capacità giuridica e la capacità di agire. La prima, più ampia, spetta, di norma, a tutte le persone e consiste nell’attitudine a essere titolare di poteri e doveri giuridici. La seconda concerne, invece, la capacità di
stipulare personalmente e liberamente il contratto di vendita.
2.3.1 Capacità e incapacità giuridica
Allo status di persona è collegata la capacità giuridica
➋ Gli stranieri, persone fisiche o sogenerale, che, tuttavia, può essere limitata dall’età, dal
cietà riconosciute in Italia, possono lisesso, dalla salute, dall’onore, dalla posizione di una
beramente acquistare immobili in Italia
persona rispetto a un’altra ecc. ➋.
a condizione di reciprocità con lo Stato
di provenienza [v 2.10.15].
Rappresenta un caso di incapacità giuridica relativa il
divieto di donazione tra coniugi (art. 781 cod. civ. Per
altra dottrina si tratterebbe di un difetto di legittimazione).
Come per le persone fisiche, anche per gli enti collettivi (società di persone e di capitali) si
possono verificare casi di incapacità giuridica: per esempio, una società lucrativa avente a
oggetto la compravendita di immobili non potrà privarsi degli immobili oggetto della sua
attività donandoli a terzi.
Anche nell’ambito della vendita di immobili la capacità giuridica può essere limitata in dipendenza di determinate qualità della persona.
Si tratta, comunque, di incapacità speciali che privano la persona del diritto di compiere la
vendita.
L’art. 1471 cod. civ. prevede alcune ipotesi di incapa➌ Parte della dottrina inquadra tutte le
cità speciali di acquistare per determinati soggetti in
ipotesi di cui all’art. 1471 cod. civ. tra
ragione delle loro funzioni o qualità ➌.
i casi di incompatibilità e non di incapaIn particolare, non possono essere acquirenti, neppure
cità giuridica e legale di agire (cfr. D.
Rubino, La compravendita, in Trattato
all’asta pubblica, né direttamente o per interposta perCicu-Messineo, Milano, 1971).
sona:
– gli amministratori dei beni dello Stato, dei Comuni, delle Province o degli altri enti pubblici, rispetto ai beni affidati alla loro cura;
– gli ufficiali pubblici, rispetto ai beni che sono venduti per loro ministero (per esempio
l’ufficiale giudiziario, il perito, il custode dei beni pignorati o sequestrati, il curatore fallimentare e il cancelliere).
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In questi casi, l’acquisto è nullo (art. 1421 ss. cod. civ.).
Altri due casi previsti dalla legge riguardano coloro che amministrano beni altrui e i mandatari rispetto ai beni che sono stati incaricati di vendere.
2.3.2 Capacità di agire
A tutela del patrimonio dei minori di età e dei maggiorenni interdetti o inabilitati la legge ha
disposto delle limitazioni all’ordinaria capacità di agire.
Accanto agli istituti tradizionali dell’inabilitazione e dell’interdizione la legge 9 gennaio
2004, n. 6 ha introdotto, a protezione dei soggetti incapaci, il nuovo istituto dell’amministratore di sostegno.
Il nuovo istituto pone, tuttavia, non pochi problemi con riguardo ai rapporti con gli istituti
tradizionali dell’interdizione e inabilitazione [v 2.3.6].
A differenza della capacità giuridica, la capacità di agire rappresenta l’attitudine del soggetto a compiere una attività giuridica, cioè a esercitare e ad assumere validamente diritti e
obbligazioni.
2.3.3 Incapacità di agire
L’incapacità d’agire colpisce le persone fisiche e può
➊ La legge non fornisce la distinzione
avere varie cause di diversa gravità (età, salute ecc.).
tra ordinaria e straordinaria amministraEssa riguarda sia i minori che i maggiori d’età.
zione per la gestione tutoria del patriL’incapacità (legale) di agire è assoluta quando rimonio degli incapaci di agire. A differenza della gestione societaria, ove la
guarda i minori di età e gli interdetti e relativa se ridistinzione è fondata sull’eccedenza riguarda il minore emancipato e l’inabilitato.
spetto allo scopo sociale, per la gestioI primi non possono compiere alcun atto di amminine tutoria è essenziale la differenza tra
amministrazione conservativa e dispostrazione, i secondi possono compiere, invece, solo gli
sitiva del patrimonio dell’incapace.
atti di ordinaria amministrazione, ma non quelli di
Sono atti di ordinaria amministrastraordinaria ➊.
zione quelli che, senza alterare l’integrità del patrimonio, sono destinati alla
Minori degli anni diciotto. I minori degli anni diciotconservazione o al consumo del reddito non emancipati sono legalmente incapaci di agire
to che produce e al suo miglioramen(art. 2 cod. civ.). Il computo dell’età è quello naturale
to, quali, per esempio, la locazione di
con riferimento all’atto di nascita.
immobili non eccedente nove anni e la
riscossione di rendite. Sono, invece,
Di conseguenza, la vendita o l’acquisto di un immobiatti di straordinaria amministraziole, in quanto atti di straordinaria amministrazione, posne quelli che incidono direttamente o
sono essere effettuati esclusivamente dai genitori eserindirettamente sul patrimonio dell’incapace, quali le alienazioni di immobili.
centi la potestà, in qualità di rappresentanti legali del
figlio minore, previa autorizzazione del Giudice tutelare competente territorialmente in base al domicilio
del minore (art. 320 cod. civ.). Per ottenere l’autorizzazione, i genitori devono presentare un
ricorso ove indicare la necessità o l’utilità evidente della vendita.
La rappresentanza legale del figlio minore è affidata a un solo genitore se l’altro è deceduto
o ha un impedimento definitivo o temporaneo (lontananza, incapacità, impedimento che
renda impossibile l’esercizio della potestà – art. 317, c. 1, cod. civ.).
La potestà comune dei genitori non cessa se, a seguito di separazione, scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, il figlio minore viene affidato a uno
solo di essi, ma il relativo esercizio viene regolato dal Giudice ex art. 155 cod. civ. (art. 317,
c. 2, cod. civ.). Nel caso di disaccordo dei genitori esercenti la potestà, ciascuno può ricorrere senza formalità al Giudice (art. 316, c. 3, cod. civ.).
Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la potestà, il
Giudice tutelare nomina un tutore (art. 345 cod. civ.). Il tutore può vendere un immobile
di proprietà del minore previa autorizzazione del Tribunale che stabilisce se essa debba
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farsi all’incanto o per trattativa privata, fissandone in ogni caso il prezzo minimo (art. 376
cod. civ.).
Il tutore può acquistare un immobile per conto del minore ma, trattandosi di un impiego di
capitali, occorre l’autorizzazione del Giudice tutelare (art. 372 cod. civ.).
Minori emancipati. Il minore degli anni diciotto acquista con l’emancipazione – che avviene di diritto con il matrimonio (art. 390 cod. civ.) – una capacità legale di agire limitata
agli atti di ordinaria amministrazione. Per la vendita o l’acquisto di un immobile, atti di
straordinaria amministrazione, sono sempre necessarie l’assistenza del curatore e l’autorizzazione del Giudice tutelare.
Nel caso in cui curatore non sia il genitore, l’autorizzazione per la vendita di un immobile
deve essere data dal Tribunale, su parere del Giudice tutelare (art. 394 cod. civ.).
Maggiorenni incapaci. Nel caso di alterazione delle facoltà personali, i maggiorenni possono essere dichiarati legalmente incapaci. A seconda del grado di incapacità, possono essere dichiarati interdetti o inabilitati.
Vi sono poi incapaci naturali, vale a dire persone non dichiarate tali dalla legge, ma che di
fatto non sono in grado di curare i propri interessi. Per questi ultimi è previsto esclusivamente l’annullamento del consenso prestato.
a. Interdetti. La legge pone gli interdetti nella stessa
➊ Il maggiorenne viene interdetto nei
situazione del minore mediante un provvedimento del
casi di abituale infermità di mente, sorGiudice (art. 421 cod. civ.) o a seguito di condanna pedomutismo o cecità dalla nascita o dall’infanzia che escludano l’attitudine alla
nale (artt. 32 e 33 cod. pen.) ➊. Ne consegue che l’incura dei propri interessi (artt. 414 e
terdetto non può provvedere direttamente ai propri af415, c. 3, cod. civ.).
fari, ma deve agire per mezzo di un tutore. In caso
contrario, il consenso prestato personalmente per il
contratto sociale può essere annullato entro cinque anni da quando è cessato lo stato di interdizione (art. 427 cod. civ.). L’annullamento può essere chiesto dal tutore, dall’interdetto,
dai suoi eredi o aventi causa (cioè dal terzo che abbia validamente acquistato un diritto in
conflitto con quello attribuito in base al contratto annullabile ai creditori ecc.).
b. Inabilitati. Sono inabilitati i maggiori d’età che
➋ Il maggiorenne viene inabilitato nei
hanno una limitata capacità d’agire ➋. L’inabilitato
casi di abuso di bevande alcooliche o
può compiere personalmente solo gli atti di ordinaria
di stupefacenti, di prodigalità, di sordoamministrazione (oltre che quelli di natura personale)
mutismo o cecità dalla nascita o dall’ined è sottoposto al controllo del curatore per tutti gli atfanzia quando tali comportamenti o inti di straordinaria amministrazione (indipendentemenfermità limitano senza escludere l’attitudine alla cura dei propri interessi
te dal fatto che si riferiscano o meno all’esercizio del(art. 415 cod. civ.).
l’impresa). Il consenso prestato per il contratto di vendita può essere annullato entro cinque anni (art. 1442
cod. civ.). L’annullabilità può essere chiesta entro cinque anni da quando è cessato lo stato
di inabilitazione (ovvero il minore ha raggiunto la maggiore età) (art. 1442 cod. civ.). L’annullamento può essere chiesto solo dall’interessato tramite il rappresentante legale o, in
mancanza, un curatore speciale o protutore.
c. Incapaci naturali. Il maggiore d’età, non interdetto o inabilitato, può essere incapace di
intendere e volere nel momento in cui presta il consenso, per esempio perché in stato di
ubriachezza o per infermità temporanea (art. 428 cod. civ.). A differenza delle ipotesi di incapacità e a causa della episodicità dello stato di incoscienza, la tutela della legge prevede
solo l’annullamento del consenso prestato per il contratto sociale. Ciò alla duplice condizione che si provi: lo stato di incapacità e la mala fede degli altri associati. L’annullabilità
può essere chiesta entro cinque anni (art. 1442 cod. civ.) dall’interessato.
2.3.4 Atti compiuti dagli incapaci
A protezione degli incapaci, la legge dispone un’attività di controllo e tutela che richiede
l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria per gli atti di straordinaria amministrazione.
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La mancanza di autorizzazione per gli atti compravendita di immobili compiuti dal rappresentante legale, dall’emancipato o dall’inabilitato comporta la loro invalidità (annullabilità art. 1425 cod. civ.).
L’annullamento può essere chiesto dall’incapace o dal suo rappresentante legale e l’azione
si prescrive in cinque anni (art. 1422 cod. civ.).
Il notaio che ha stipulato un atto al quale partecipa un incapace non autorizzato può essere
ritenuto civilmente responsabile verso le parti per gli effetti pregiudizievoli. Egli può, inoltre, essere soggetto a sanzioni disciplinari in base alla legge notarile (cfr. artt. 138 e 28, legge 16 febbraio 1913, n. 89 e 54, R.D. 10 settembre 1914, n. 1326).
2.3.5 Potere di agire
La capacità di agire non è sufficiente per concludere un valido contratto di compravendita,
ma è necessario che le parti del contratto abbiano il potere di agire, cioè di acquistare o vendere l’immobile; per l’ipotesi di vendita di immobile altrui [v 2.10.9].
In via di principio, la capacità di agire e il potere di agire si confondono, come nel caso di
vendita di immobile di proprietà di una persona fisica maggiorenne (non interdetta o inabilitata o incapace).
La differenza tra capacità di agire e potere di agire emerge sostanzialmente in presenza di
beni comuni a più soggetti, ovvero quando il potere di agire è attribuito, dalla legge o dalla
volontà privata, a una persona diversa da quella nella cui sfera devono prodursi gli effetti
del contratto di compravendita di immobili, come, per esempio, nel caso di rappresentanza
legale (minori, incapaci) o volontaria per mezzo di intermediari.
Per le società ed enti collettivi, di norma, la dissociazione dell’esercizio della capacità dal
potere di agire risponde a regole proprie. I “rappresentanti”, infatti, non operano in base a
un vero rapporto rappresentativo, ma piuttosto in base a un rapporto organico, secondo cui
il soggetto che agisce è strumento per attuare la stessa capacità di agire dell’ente.
2.3.6 L’amministrazione di sostegno
La persona che, per effetto di infermità ovvero di menomazione fisica o psichica, si trova
nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi può essere
assistita da un amministratore di sostegno nominato dal Giudice tutelare (art. 404 cod. civ.).
Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedano la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno (art. 409, c. 1,
cod. civ.).
L’amministrazione di sostegno non coincide con l’interdizione o l’inabilitazione, in quanto
queste ultime sono disposte soltanto se il Giudice ritiene di non potere adottare alcuno strumento alternativo. Per tale ragione la Corte Costituzionale (sent. 9 dicembre 2005, n. 440)
ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 404 cod. civ.
nella parte in cui rende l’amministrazione di sostegno uno strumento fungibile rispetto all’interdizione.
L’amministrazione di sostegno, introdotta nell’ordinamento dalla legge 9 gennaio 2004, n.
6, rappresenta una forte novità nel sistema degli istituti a protezione dei soggetti incapaci.
La stessa terminologia usata dal legislatore (impossibilità e beneficiario in luogo di incapace e incapacità) pone immediatamente in evidenza il diverso approccio normativo ai problemi derivanti dalla mancanza di autonomia della persona rispetto agli istituti tradizionali dell’interdizione e dell’inabilitazione; i poteri dell’amministratore di sostegno, in nessun caso,
possono coincidere con quelli del tutore o del curatore.
Qualora tali soggetti debbano compiere atti di particolare importanza, quali compravendite
o operazioni immobiliari, è ora possibile chiedere al Giudice tutelare la nomina di un amministratore di sostegno, anziché ricorrere alle figure tradizionali del tutore e del curatore.
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La nuova disciplina pone, tuttavia, non pochi problemi con riguardo ai rapporti degli istituti
tradizionali dell’interdizione e dell’inabilitazione. Il nuovo istituto non impone più che la
persona priva di autonomia (cioè il soggetto incapace) sia necessariamente interdetta o inabilitata, ma prevede che solo eventualmente possa essere interdetta quando sia necessario
per assicurarne adeguata protezione (art. 414 cod. civ. modificato ex art. 4, c. 2, legge n.
6/2004). La novella prevede, inoltre, che il Giudice, qualora ne ravvisi l’opportunità, può
permettere all’interdetto il compimento di atti di straordinaria amministrazione, senza necessità di consenso o di assistenza (art. 427 cod. civ.,
modificato ex art. 9, legge n. 6/2004) ➊.
➊ La norma estende al beneficiario le limitazioni e le decadenze previste per l’inTuttavia, l’amministrazione di sostegno può riguardare
terdetto o inabilitato (art. 411 cod. civ.).
situazioni differenti, che vanno dalla semplice impossibilità di porre in essere, per ragioni contingenti, atti giuridici di scarsa rilevanza, quale l’impossibilità di effettuare pagamenti di bollette, a situazioni
più gravi e vicine a quelle che giustificano i provvedimenti di inabilitazione o interdizione,
come nel caso di soggetto affetto da grave malattia invalidante in stato avanzato. Nulla quaestio per quei casi neppure previsti dal procedimento di interdizione e inabilitazione, quali, ad
esempio, la menomazione fisica o l’anziano con difficoltà di movimento. Per altre situazioni
può, invece, verificarsi una sovrapposizione con gli istituti tradizionali dell’inabilitazione e
dell’interdizione. Il legislatore non ha fornito precisi criteri per l’applicazione di uno o degli
altri istituti. Si pone, pertanto, la questione di individuare la linea di confine che separa l’amministrazione di sostegno dall’apertura del procedimento di inabilitazione e interdizione.
Diversi sono i criteri invocati dalla giurisprudenza e dalla dottrina. Tra questi, il ricorso all’amministratore di sostegno nei casi in cui il beneficiario conservi la piena capacità di
confrontarsi con il mondo esterno, ma presenti momenti di amnesia (Trib. Modena 24
febbraio 2005), il criterio del cospicuo patrimonio che imporrebbe il ricorso all’inabilitazione o interdizione per evitare ingenti danni ecc.
➋ In pratica, gli istituti posti a tutela
Sul punto, la stessa Corte Costituzionale (sent. n.
delle persone prive di autonomia, cui
440/2005) ha precisato che «la complessiva disciplina
occorre far ricorso in relazione alla
(omissis) della legge n. 6 del 2004 sulle preesistenti
gravità dell’invalidità, sono attualmennorme del codice civile affidi al giudice il compito di
te: interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno. Considerato
individuare l’istituto che da un lato garantisca la tutela
che l’inabilitazione e l’interdizione costipiù adeguata alla fattispecie e, dall’altro, limiti nella
tuiscono i rimedi più gravi, cui ricorreminor misura possibile, la capacità. Solo se non ravvire quando non sia possibile applicarne
si interventi di sostegno idonei ad assicurare siffatta
altri, deve essere il Giudice di merito,
con valutazione non censurabile in seprotezione, il giudice può ricorrere alle ben più invaside di legittimità, a scegliere l’istituto
ve misure dell’interdizione e inabilitazione» ➋.
più adatto alla fattispecie concreta.
La giurisprudenza
La valutazione della conformità tra la misura dell’amministrazione di sostegno e le esigenze dell’eventuale
beneficiario è rimessa al Giudice che dovrà tenere in considerazione, oltre a tutti gli elementi caratterizzanti la fattispecie, anche il tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario (Cass. civ.
12 giugno 2006, n. 13584).
L’amministrazione di sostegno ha la finalità di offrire a chi si trovi nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura
possibile la capacità di agire. L’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno, rispetto agli istituti dell’interdizione e della inabilitazione, va individuato con riguardo alla maggiore capacità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze del soggetto carente di autonomia, in relazione alla sua flessibilità e alla
maggiore agilità della relativa procedura applicativa (Cass. civ. 29 novembre 2006, n. 25366).
Le patologie che menomano le facoltà di locomozione, la condizione di isolamento per essere privi di familiari conviventi, lo stato di abbandono nella vita quotidiana costituiscono validi presupposti per addivenire alla nomina dell’amministratore di sostegno (Trib. Bari 15 giugno 2004).
Deve essere respinta l’istanza di nomina di un amministratore nelle ipotesi in cui il soggetto interessato risulti semplicemente affetto da un modesto declino cognitivo correlato all’età (Trib. Modena 4 maggio
2006).
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2.3.7 Atti dell’amministratore di sostegno
Il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno [f 250] stabilisce l’oggetto dell’incarico, in particolare indica gli atti che:
– l’amministratore può compiere in nome e per conto (quale rappresentante legale) del
soggetto beneficiario e dei quali solo l’amministratore ha competenza esclusiva, ad esempio
costituzione di società;
– il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore, come per esempio
per la cessione delle partecipazioni societarie.
In ogni caso, l’amministratore di sostegno non può delegare ad altri la propria funzione, ma
deve periodicamente renderne conto e aggiornare il Giudice sulle condizioni di vita del beneficiario (art. 410, c. 1, cod. civ.).
Gli atti compiuti dall’amministratore di sostegno in violazione di norme di legge, ovvero in
eccesso rispetto all’incarico o ai poteri conferitigli dal Giudice, possono essere annullati su
istanza dell’amministratore di sostegno, del pubblico ministero, del beneficiario o dei suoi
eredi e aventi causa (art. 412, c. 1, cod. civ.).
Possono essere parimenti annullati, su istanza dell’amministratore di sostegno, del beneficiario o dei suoi eredi e aventi causa, gli atti compiuti personalmente dal beneficiario in
violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l’amministrazione di sostegno (art. 412, c. 2, cod. civ.).
Le azioni si prescrivono in cinque anni dal momento in cui è cessato lo stato di sottoposizione all’amministrazione di sostegno (art. 412, c. 3, cod. civ.).
2.4
Oggetto
Come in tutti i contratti, anche nella vendita occorre distinguere tra l’oggetto immediato
(cioè la prestazione del venditore di trasferire la proprietà in cambio della prestazione dell’acquirente di pagare il prezzo) e l’oggetto mediato (il bene da trasferire).
Con riguardo ai requisiti dettati dalla legge della liceità, possibilità, determinatezza o determinabilità dell’oggetto (art. 1346 cod. civ.), si evidenzia che all’oggetto immediato (trasferimento proprietà e pagamento prezzo) devono riferirsi tutti i requisiti dettati dalla legge; mentre
all’oggetto mediato (il bene) possono riferirsi solo quelli della possibilità e determinatezza.
L’oggetto può anche essere individuato da un terzo arbitratore (art. 1349 cod. civ.) e può essere futuro, come nella vendita di un bene futuro.
Nell’ambito delle vendite immobiliari rientrano i fab➊ La definizione di terreno edificabile
bricati, le unità immobiliari in genere e i terreni ediriguarda una distinzione operata dalla
legge speciale. Essa è essenziale per
ficabili e non ➊ [f 160, 185].
determinare la qualità e caratteristiche
Sono inoltre comprese le pertinenze immobiliari (cioè
del bene venduto soprattutto con riquegli immobili destinati in modo durevole al servizio
guardo alla disciplina dei vizi del cone ornamento dell’immobile principale, come il box)
senso e dell’inadempimento dell’obbliche si presumono trasferite all’acquirente dell’immogazione di consegnare una cosa diversa da quella pattuita (aliud pro alio).
bile principale, salvo che nell’atto di alienazione si dichiari espressamente che sono escluse, ovvero è provato, con patto di data certa mediante registrazione, che appartengono a un terzo o sono state cedute all’acquirente da un terzo (artt. 817 e 818 cod. civ.)
Di norma la vendita per essere valida deve avere ad oggetto un immobile alienabile, esistente, appartenente al venditore, determinato o determinabile.
La giurisprudenza
Con riguardo ai beni immobili (terreni e fabbricati), l’oggetto è determinato quando è indicato il Comune,
la via e il numero civico, la particella o la partita catastale (Cass. civ. 22 maggio 1981, n. 3363).
L’indicazione dei confini è prescritta dalla legge solo ai fini della trascrizione, di conseguenza il contratto
di vendita immobiliare è valido anche se incompleto, purché l’oggetto sia determinato o determinabile da
altre indicazioni comunque idonee a identificare l’immobile (Cass. civ. 3 settembre 1994, n. 7647).
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Tuttavia, sono valide anche vendite di immobili futuri, di proprietà altrui, anche se il trasferimento della proprietà è successivo rispetto alla conclusione del contratto.
Oggetto del contratto di vendita possono essere anche una pluralità di beni immobili. In
tale ipotesi, la questione che sorge è se veramente si abbia un contratto unico di vendita con
pluralità di oggetti (vendita in blocco, vendita cumulativa), ovvero tanti contratti, strutturalmente distinti anche se contestuali, quanti sono i diversi oggetti. È fuor di dubbio che, civilisticamente, costituisce un unico contratto di trasferimento immobiliare ogni vendita conclusa tra le stesse parti e per un unico prezzo complessivo, ancorché abbia ad oggetto, cumulativamente (e non alternativamente), due o più immobili ove alcuni sono accessori e legati da un vincolo pertinenziale rispetto a quella principale (per esempio, trasferimento della proprietà di un appartamento, di un’autorimessa e due posti auto).
Regime fiscale delle pertinenze
Al riguardo, la stessa disciplina fiscale dispone che le pertinenze si presumono trasferite all’acquirente
dell’immobile (salvo siano espressamente escluse dalla vendita) e sono in ogni caso soggette allo stesso
regime fiscale del bene al cui servizio od ornamento sono destinate (cfr. artt. 23, c. 3, 24, D.P.R. n.
131/1986 e 12, D.P.R. n. 633/1972). È, tuttavia, chiaro che nel sottoporre a imposizione la pertinenza
può verificarsi che alla stessa non possa essere applicato lo stesso regime agevolativo del bene principale. Per esempio, se la cessione del fabbricato destinato ad abitazione principale cd. “prima casa” e di una
pertinenza immobiliare sia soggetta a IVA agevolata del 4% sull’imponibile (costituito dal prezzo dell’immobile principale e dalle pertinenze agevolate), mentre le altre pertinenze immobiliari non agevolate siano
soggette a IVA del 10%. Tanto non vale certo a significare che, in presenza di aliquote IVA diverse, ogni
trasferimento contenga autonome e distinte disposizioni negoziali, ma solo che la legge fiscale ha limitato
l’agevolazione a una sola pertinenza per ciascuna categoria catastale.
Ai fini fiscali, anche se le pertinenze sono trasferite separatamente dal bene principale, qualora entro tre
anni comunque risultano di proprietà dello stesso acquirente del bene principale, si ha presunzione di cessione unica e si applica la stessa disciplina fiscale del bene principale, detratta l’imposta eventualmente
già pagata.
2.4.1 Beni inalienabili
In ossequio al principio generale, il contratto di vendita, per essere valido, deve avere a oggetto un bene liberamente commerciabile.
In alcuni casi, tassativamente previsti dalla legge, in deroga al principio della libera circolazione, la legge vieta il commercio degli immobili a pena di nullità. A titolo di esempio, è
inammissibile la vendita di:
– beni immobili demaniali e del patrimonio indisponibile (artt. 1145, 823, c. 1 e 828 cod.
civ.);
– immobili abusivi o urbanisticamente irregolari, nonché dei terreni lottizzati contra legem.
2.4.2 Immobili di culto, di interesse storico e artistico
Diversa ipotesi è quella degli immobili che sono alienabili, ma sono soggetti a particolari limitazioni dirette a impedire che il loro utilizzo sia contrario a interessi generali, come per
esempio:
• gli edifici destinati all’esercizio pubblico del culto cattolico che, pur se alienati, non possono essere sottratti alla loro destinazione sino a quando questa non sia cessata in conformità alle leggi che li riguardano;
• gli immobili di particolare valore artistico, storico e archeologico (art. 839 cod. civ.)
che sono, di norma, inalienabili se appartengono allo Stato e ad altri enti pubblici. Tuttavia, a esclusione dei beni del demanio culturale di cui all’art. 54, c. 1 e 2, D.Lgs. n.
42/2004, possono essere alienati previa autorizzazione del Ministero per i beni e le atti-
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Regime fiscale
Il trasferimento di immobili di interesse storico, artistico e archeologico di cui alla legge n. 1089/1939, è
soggetto ad imposta di registro con l’aliquota agevolata del 3% (invece del 7%) a condizione che:
• l'acquirente non venga meno agli obblighi della loro conservazione e protezione;
• l vincolo di interesse culturale risulti, direttamente o anche indirettamente, dalla pubblicità dei registri
immobiliari. In particolare, ove già sussista il vincolo, l’acquirente deve dichiarare nell'atto di acquisto gli
estremi del vincolo stesso in base alle risultanze dei registri immobiliari (cfr. art. 1, c. 4, tariffa parte I e
nota II allegata al D.P.R. n. 131/1986) (ris. Agenzia delle Entrate 15 febbraio 2008, n. 47/E).
vità culturali ➊. L’autorizzazione è rilasciata a condizione che sia assicurata la tutela, la fruizione pubblica e la valorizzazione dei beni e nel provvedimento
di autorizzazione siano indicate le destinazioni d’uso
compatibili con il carattere storico e artistico degli
immobili e tali da non recare danno alla loro conservazione (artt. 53 e 54, D.Lgs. n. 42/2004). Inoltre, la
vendita, da parte di un soggetto privato, di fabbricati
di interesse storico, artistico, archeologico ecc. è possibile, ma il venditore deve denunziare al Ministero
la volontà di vendere l’immobile e il Ministero ha un
diritto di prelazione ex lege sull’acquisto (artt. 56,
59 e 60, D.Lgs. n. 42/2004) ➋.
La giurisprudenza
Il Comune resistente illegittimamente ha stipulato un contratto di vendita di un bene d'interesse storico e artistico senza
che sia stata a priori acquisita la necessaria autorizzazione
della competente Autorità statale (T.A.R. Lombardia, Milano,
13 novembre 2006, n. 2154).
2.4.3 Immobile esistente o futuro
➊ La richiesta di autorizzazione al Mi-
nistero deve essere corredata di:
– indicazione della destinazione d'uso
in atto;
– programma delle misure necessarie
ad assicurare la conservazione del bene;
– indicazione degli obiettivi di valorizzazione che si intendono perseguire
con l'alienazione del bene e delle modalità e dei tempi previsti per il loro
conseguimento;
– indicazione della destinazione d'uso
prevista, anche in funzione degli obiettivi di valorizzazione da conseguire;
– modalità di fruizione pubblica del bene, anche in rapporto con la situazione
conseguente alle precedenti destinazioni d'uso.
➋ Il vincolo di interesse culturale delle
cose mobili e immobili appartenenti,
tra l’altro, allo Stato, alle Regioni e agli
enti pubblici territoriali e soggette a
pubblicità mobiliare e immobiliare, deve essere trascritto, su richiesta del
soprintendente, nei registri di cui agli
artt. 12 e 13, D.Lgs. n. 42/2004. La
trascrizione del vincolo ha efficacia nei
confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore.
Oggetto della vendita deve essere un immobile determinato o determinabile, vale a dire che il contratto, per
essere valido, deve avere ad oggetto un bene immobile
esistente. Tuttavia, l’immobile venduto non deve obbligatoriamente esistere al momento della conclusione del contratto di vendita, ma può trattarsi di un edificio da costruire, ovvero futuro e anche di un immobile di proprietà di un terzo [v 2.10.4] [f 165].
2.4.4 Immobile locato
Con riguardo all’ipotesi di vendita dell’immobile locato, il locatore ha diritto di prelazione
nell’acquisto dell’immobile.
Parte della giurisprudenza, per contrastare comportamenti ritenuti elusivi, applica la prelazione anche nel caso di permuta, conferimento in società, datio in solutum, transazione ecc.
Al riguardo occorre distinguere tra immobile a uso abitativo e immobile a uso commerciale.
a. Se l’immobile locato è di tipo abitativo e il locatore vuole venderlo e non è proprietario
di altri immobili a uso abitativo, oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione, il
conduttore ha diritto di prelazione da esercitare con le modalità di cui agli artt. 38 e 39,
legge 27 luglio 1978, n. 392 [art. 3, c. 1, lett. g), legge n. 431/1998].
b. Se l’immobile locato è di tipo commerciale e durante la locazione il locatore intende
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vendere l’immobile, la legge riconosce al conduttore il diritto di prelazione, cioè di essere
preferito, a parità di condizioni, rispetto ai terzi, a condizione che nell’immobile il conduttore abbia svolto un’attività a diretto contatto con il pubblico degli utenti o dei consumatori
e non un’attività professionale, oppure di natura transitoria.
In entrambe le ipotesi, il conduttore deve esercitare la prelazione secondo le modalità indicate agli artt. 38 e 39, legge n. 392/1978, in particolare:
– il locatore deve comunicare al conduttore, con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario (cd. denuntiatio), la volontà di vendere. Nella comunicazione devono essere indicati
il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l’invito a esercitare o meno il diritto di prelazione ➊;
➊ Nonostante sia previsto che nella
comunicazione debbano essere indica– il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione
ti il corrispettivo e le altre condizioni alentro sessanta giorni dalla ricezione della comunicale quali la compravendita deve essere
zione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufconclusa, non è tuttavia stabilito che le
ficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle
suddette indicazioni debbano sussistere a pena di nullità.
comunicategli;
– se la prelazione è esercitata, il versamento del prezzo di acquisto, salvo diversa condizione indicata nella comunicazione del locatore, deve essere effettuato entro trenta giorni decorrenti dal sessantesimo giorno successivo a quello
dell’avvenuta notificazione della comunicazione da parte del proprietario, contestualmente
alla stipulazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare;
– se l’immobile è locato a più persone, la comunicazione deve essere effettuata a ciascuna di
esse. In tal caso, il diritto di prelazione può essere esercitato congiuntamente da tutti i conduttori, ovvero, qualora taluno vi rinunci, dai rimanenti o dal rimanente conduttore. L’avente
titolo che, entro trenta giorni dalla notificazione della comunicazione, non comunichi agli altri aventi diritto la sua intenzione di avvalersi della prelazione, si considera rinunziatario.
La giurisprudenza
In tutti i casi la comunicazione della volontà di trasferire il bene a titolo oneroso non ha natura di proposta
contrattuale, ma riveste carattere di atto formale di interpello vincolato nella forma e nel contenuto. Di
conseguenza, la corrispondente dichiarazione del conduttore di esercizio della prelazione non costituisce
accettazione di una precedente proposta e non comporta l’immediato acquisto dell’immobile. Al contrario
comporta l’obbligo, a carico di entrambe le parti, di addivenire, entro un preciso termine, alla stipula del
contratto di vendita con contestuale pagamento del prezzo indicato dal locatore (Cass. civ. 17 novembre
1998, n. 11551).
In caso di trasferimento a titolo oneroso di immobile locato per uso diverso da quello abitativo, il diritto di
prelazione spetta se nell'immobile sia stata svolta un'attività comportante diretto contatto con il pubblico,
condizione che si verifica quando i destinatari possono accedere ai luoghi in cui essa é esercitata e l'imprenditore vi svolge un'attività che si rivolge ad una generalità indistinta di persone e che, per potersi realizzare, richiede che il pubblico abbia accesso in quei luoghi (Cass. civ. 20 gennaio 2009, n. 1363).
La prelazione è esclusa nelle seguenti ipotesi:
– se il trasferimento dell’immobile è a titolo gratuito o mortis causa;
– se il trasferimento è a favore del coniuge o dei parenti entro il secondo grado;
– se un coerede vuole vendere la sua quota di eredità (l’art. 732 cod. civ. prevede la prelazione a favore dei coeredi);
– vendite coattive e vendite in blocco (Cass. civ. 19 ottobre 1998, n. 10340).
La prelazione è esclusa anche in caso di contratti di locazione a uso abitativo aventi a oggetto:
– immobili, anche di proprietà dello Stato vincolati ex legge 1° giugno 1939, n. 1089, cioè
immobili di interesse storico e artistico;
– immobili anche di proprietà dello Stato compresi nelle categorie catastali A/1 (signorili),
A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi artistico-storici);
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– alloggi di edilizia residenziale pubblica;
– immobili locati per finalità turistiche.
Nel caso di violazione del diritto di prelazione, il conduttore può riscattare l’immobile dall’acquirente e da ogni altro successivo avente causa.
Se il proprietario non provvede alla notifica della comunicazione o il corrispettivo indicato sia
superiore a quello risultante dalla vendita, il conduttore può, entro sei mesi dalla trascrizione
della vendita, riscattare l’immobile dall’acquirente e da ogni altro successivo avente causa.
Se viene esercitato il diritto di riscatto, il versamento del prezzo deve essere effettuato entro
il termine di tre mesi che decorrono, quando non vi sia opposizione al riscatto, dalla prima
udienza del relativo giudizio o dalla ricezione dell’atto notificato con cui l’acquirente o successivo avente causa comunichi prima di tale udienza di non opporsi al riscatto. Se, per
qualsiasi motivo, l’acquirente o successivo avente causa faccia opposizione al riscatto, il
termine di tre mesi decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio.
2.4.5 Immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati
La finanziaria per il 2008 reintroduce in parte l’agevolazione per l’acquisto di aree edificabili comprese in piani particolareggiati (art. 1, tariffa, D.P.R. n. 131/1986 modificato ex art. 1,
c. 25, legge n. 244/2007). In particolare, è disposto che, se entro cinque anni dall’atto di trasferimento avvenga l’utilizzazione edificatoria dell’area, i trasferimenti di immobili situati in aree soggette a
➊ È dubbio se l’agevolazione spetti
esclusivamente se il trasferimento sia
piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione
funzionale all’utilizzo edificatorio dell’adi programmi di edilizia residenziale comunque denorea, altrimenti impedita da cause ostatiminati sono soggetti all’imposta di registro con aliquove preesistenti, quali, per esempio, la disponibilità da parte dell’acquirente di una
ta di favore dell’1% (in luogo di quella dell’8%).
superficie inferiore a quella minima riL’agevolazione si applica agli atti pubblici formati,
chiesta dal piano particolareggiato per
agli atti giudiziari pubblicati o emanati, alle scritture
l’edificabilità (in tal senso in passato cfr.
private autenticate poste in essere a decorrere dal 1°
circ. min. 3 gennaio 2001, n. 1 e circ.
min. 26 gennaio 2001, n. 6), ovvero se
gennaio 2008, nonché alle scritture private non autenunica condizione sia l’utilizzo edificatorio
ticate presentate per la registrazione a decorrere dalla
entro il termine massimo di cinque anni.
stessa data ➊.
Regime fiscale
Fino al 31 dicembre 2007
– Imposta di registro 1%; imposte ipotecarie e catastali in misura fissa.
– Oggetto: trasferimenti di immobili in piani urbanistici particolareggiati, diretti all’attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata comunque denominati, realizzati in accordo
con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione.
– Requisiti: l’agevolazione spetta a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento.
Dal 1° gennaio 2008
– Imposta di registro 1%; imposta ipotecaria al 3%; imposta catastale all’1%.
– Oggetto: trasferimento di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione dei
programmi di edilizia residenziale comunque denominati.
– Requisiti: l’agevolazione spetta a condizione che l’intervento cui è finalizzato il trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto.
2.4.6 Terreni
Il codice civile non distingue tra terreni e fabbricati, ma la legislazione speciale opera una
distinzione.
In particolare, la definizione di terreno edificabile è essenziale per determinare le qualità e
caratteristiche del bene venduto soprattutto con riguardo alla disciplina dei vizi del consen-
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so e dell’inadempimento dell’obbligazione di consegnare una cosa diversa da quella pattuita (aliud pro alio).
In ossequio alla disciplina a tutela dell’ambiente (abbandono e deposito incontrollato di rifiuti, stoccaggio non autorizzato, discarica abusiva ecc.), per l’ipotesi del terreno (area industriale) può essere opportuno predisporre opportune clausole di garanzia ambientale a tutela dell’acquirente [v 2.8.14] [f 245].
L’art. 36, c. 2, D.L. n. 223/2006, convertito in legge n. 248/2006 ha introdotto una nozione unitaria di area fabbricabile applicabile a tutte le imposte (imposte dirette, IVA, registro, ipotecarie e catastali, ICI) autonoma rispetto a quella di diritto amministrativo. Al riguardo, un’area è considerata fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo
strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo. Il piano regolatore generale
➊ L’Agenzia delle Entrate ha chiarito
(PRG) diviene, quindi, unico elemento qualificante
che ai fini della determinazione della
base imponibile delle aree edificabili gli
della natura edificabile del terreno.
uffici fiscali potranno fare riferimento
Prima della modifica normativa gli strumenti urbanialle determinazioni di valore eventualstici rivestivano una particolare importanza per la
mente adottate dai Comuni con proqualificazione dei terreni edificabili. Attualmente, inprio decreto ai sensi dell’art. 5, D.Lgs.
15 dicembre 1977, n. 446 (circ. Agenvece, la conclusione dell’iter amministrativo non rizia delle Entrate n. 6/E, 2007).
veste più alcuna importanza ai fini fiscali. Tuttavia, la
Quando i Comuni attribuiscono a un
nuova norma, pur individuando una nozione autonoterreno la natura di area fabbricabile
devono darne comunicazione al proma e uniforme, non risolve la questione della determiprietario a mezzo del servizio postale
nazione della base imponibile. La recente modifica lecon modalità idonee a garantirne l’efgislativa ha, infatti, generato un sostanziale mutamenfettiva conoscenza da parte del contrito nella determinazione della base imponibile dei terbuente (art. 31, c. 20, legge 27 dicembre 2002, n. 289).
reni edificabili in considerazione della potenzialità di
un’area inserita in un PRG. In passato, il potere di rettifica del Fisco era limitato dai valori catastali o determinato in base al valore normale o del valore venale
➋ Se interviene successivamente
l’approvazione di un piano regionale
in comune commercio (cfr. G. Salinitro, La base imche comporti la qualificazione dell’area
ponibile nell’imposta di registro tra prezzo, valore cain senso difforme da quanto adottato
tastale e valore venale, in Riv. Dir. trib., 2007, 63). Il
in sede comunale, prevale lo strumento urbanistico generale come approvapotere di rettifica mutava, pertanto, in considerazione
to dalla regione (ris. min. 2 dicembre
dell’approvazione del piano regolatore e dell’effettiva
2008, n. 460/E).
edificabilità ➊ ➋.
2.4.7 Vendita della cubatura
È noto che la proprietà privata (e quindi lo ius aedificandi sul proprio fondo) è limitata da
norme di diritto pubblico, tra cui il limite massimo di edificazione (cd. volumetria) fissato
dal piano regolatore.
Di conseguenza, il proprietario del fondo, cui inerisce una determinata cubatura, può cedere (con il consenso del Comune), in tutto o in parte, il suo diritto di costruire (rectius facoltà) a favore del fondo del soggetto acquirente, dietro corrispettivo (Cass. civ. 14 dicembre 1988, n. 6807). In buona sostanza, una determinata volumetria viene “trasferita” in modo da renderla utilizzabile da un soggetto diverso dal proprietario del terreno cui originariamente quella volumetria competeva.
Ancorché si tratti di atti, lato sensu, di trasferimento, al fine di individuare il regime fiscale
applicabile è necessario qualificarne esattamente la natura giuridica.
Orbene, secondo una tesi (cfr. G. Petrelli, Cessione di cubatura e trattamento tributario dei
trasferimenti di terreni edificabili, in Riv. Notariato, 2002) l’effetto del trasferimento di cubatura può essere raggiunto mediante:
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– contratti costitutivi di un diritto reale (servitù di non edificare), opponibile ai terzi a seguito della trascrizione. In tal caso, oltre l’imposta ipotecaria del 2%, va applicata l’imposta di
registro prevista per i trasferimenti immobiliari (aliquota 7%, 3%, 1% o fissa – art. 1, tariffa
parte I, T.U. n. 131/1986);
– contratti a effetti obbligatori soggetti a imposta di registro del 3% (art. 9, tariffa parte I,
T.U. n. 131/1986).
A mio avviso, più semplicemente il “trasferimento di cubatura” è un atto di natura traslativa
che produce effetti analoghi a quelli del trasferimento di diritti reali su immobili cui va, pertanto, applicata la stessa imposta di registro prevista per i trasferimenti immobiliari (aliquota 7%, 3%, 1% o fissa – art. 1, tariffa parte I, T.U. n. 131/1986). Infatti, il diritto di costruire
sul proprio fondo, entro i limiti stabiliti dalla legge e dagli strumenti urbanistici, si traduce
per il proprietario in una “qualità” del fondo, tant’è che la cubatura costituisce un bene in
senso economico giuridico. Vale a dire che il proprietario del suolo edificabile può esercitare o non esercitare la facoltà di costruire, trasferire ad altri il diritto a eseguire costruzioni
sul suo fondo (cedendone la proprietà o il diritto di superficie), ovvero rinunziare a sfruttare
tale volumetria e così permettere al proprietario del fondo finitimo di chiedere licenza edilizia per una costruzione di volume maggiore di quella spettante. In tale ultima ipotesi, risulterà che il diritto di costruire dell’un proprietario si è ridotto di quanto si è ampliato il diritto
di costruire dell’altro.
Di conseguenza, pare inadeguato l’inquadramento giuridico di simile fattispecie nello schema della servitus inaedificandi a carico del fondo del cedente, sia per la mancanza del requisito dell’inerenza oggettiva, sia perché la rinunzia allo sfruttamento edilizio del proprio
fondo, anche se fatta a favore di fondo limitrofo, presenta per questo un’utilità solo se il
Comune autorizza il corrispondente incremento delle
➊ Il trasferimento della cd. cubatura
possibilità di sfruttamento edilizio di tale fondo (prima
di un edificio (volume edificabile) va asdi tale momento vi è solo un vincolo obbligatorio tra i
soggettato a imposta proporzionale di
proprietari che hanno pattuito la cessione di cubatura e
registro, in quanto ha natura di diritto
non un asservimento attuale di un fondo a favore di un
reale di godimento (ris. min. 17 agosto 1976, n. 250948).
altro) (Cass. civ. 14 dicembre 1988, n. 6807) ➊.
La giurisprudenza
Se il venditore ha espressamente garantito la destinazione edificatoria del suolo venduto, specificando
l’indice di edificabilità, nel caso di esistenza di un vincolo urbanistico di inedificabilità che riduca la cubatura realizzabile sull’area, il compratore può avvalersi della garanzia ex art. 1489 cod. civ. in materia di cosa gravata da oneri non apparenti (Cass. civ. 17 dicembre 1999, n. 14226).
2.5
Prezzo
Il prezzo è la somma di danaro (o per mezzo equivalente) che l’acquirente paga al venditore
e rappresenta un elemento costitutivo essenziale che distingue la vendita da altri contratti,
anch’essi diretti a trasferire il diritto di proprietà [v 2.1].
Non vi può, pertanto, essere vendita senza prezzo.
La giurisprudenza
Costituendo il prezzo elemento essenziale della vendita e dovendo anch’esso risultare per iscritto e per intero, poiché per il contratto di vendita immobiliare è prevista la forma scritta ad substantiam non è ammissibile nella controversia tra le parti la prova testimoniale diretta a dimostrarne un’entità difforme da
quanto risulta dal contratto, non rinvenendosi alcune delle ipotesi di deroga previste ex artt. 1417, 2722
e 2725 cod. civ. (Cass. civ., Sez. Un., 26 marzo 2007, n. 7246).
L’individuazione dell’attribuzione del prezzo è importante anche per distinguere la vendita
da altri contratti come la permuta (e la differenza è rilevante anche ai fini fiscali).
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PREZZO
In materia immobiliare, il prezzo, oltre a essere determinato, reale e serio, deve essere giusto, vale a dire non lesivo nei confronti del venditore o dell’acquirente.
Se la vendita è effettuata per un prezzo inferiore al valore della cosa, occorre accertare se l’intento di liberalità sia prevalente e possa configurare una donazione indiretta.
L’obbligo di pagare il prezzo è un’obbligazione pecuniaria soggetta al principio nominalistico (art. 1277 cod. civ.); ciò significa che il debito si
estingue con una quantità di moneta pari a quella sta➊ È controverso se il pagamento del
bilita nel contratto, indipendentemente dalle variazioni
prezzo possa essere dedotto in condizione, cioè se le parti possono legittidi valore effettivo (svalutazione o rivalutazione) subite
mamente inserire nel contratto una
tra la conclusione del contratto e il momento del pagacondizione (sospensiva o risolutiva)
mento. Tuttavia, in caso di pagamento differito del
nell’interesse di una sola delle parti
prezzo, le parti possono inserire nel contratto delle
(condizione unilaterale), in modo che,
in caso di inadempimento, il creditore
clausole di garanzia monetaria che le preserva da
ha facoltà di giovarsi della condizione,
oscillazioni di valore (clausola merce, clausola oro,
ovvero, in alternativa, chiedere l’ademclausola ISTAT ecc.) ➊.
pimento e il risarcimento del danno.
2.5.1 Vendita a corpo o a misura
La vendita immobiliare può essere a corpo o a misura [f 160, 170], vale a dire che le parti
possono stabilire che l’immobile può essere venduto a un prezzo complessivo, ovvero in ragione di un tanto al metro o altra unità di misura.
Vendita a misura (art. 1537 cod. civ.). Per aversi vendita a misura è necessario che il prezzo
sia determinato in base a un rapporto tra l’unità di misura convenuta (ad esempio 2.500 euro
al metro quadro) e non è sufficiente la mera indicazione dell’estensione dell’immobile. Se,
successivamente alla stipula del contratto, la misura effettiva dell’immobile risulta differente
da quella prevista contrattualmente, il compratore ha diritto a una riduzione del prezzo se inferiore, mentre deve corrispondere un maggior prezzo se superiore, salva la facoltà di recedere dal contratto se l’eccedenza è pari alla ventesima parte della misura dichiarata.
Vendita a corpo (art. 1538 cod. civ.). Nella vendita a corpo, il prezzo è convenuto per il bene nella sua entità totale e indipendentemente da qualsivoglia forma di misurazione del bene. Di conseguenza, non potrà verificarsi una variazione o revisione del prezzo in ragione
di una misurazione dell’immobile, salvo che la misura reale sia inferiore o superiore di un
ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto. Se è dovuto un supplemento di prezzo,
l’acquirente ha facoltà di recedere dal contratto. Tuttavia, il prezzo resta invariato se le parti
hanno espressamente escluso la rilevanza di una diversa misura, quale essa sia (Cass. civ.
19 maggio 2006, n. 11793).
In entrambe le fattispecie, il diritto del venditore al supplemento di prezzo e quello del compratore alla riduzione si prescrivono in un anno dalla consegna dell’immobile (art. 1541 cod.
civ.). Se il compratore recede dal contratto, il venditore deve restituire il prezzo e rimborsare
le spese del contratto (art. 1539 cod. civ.). Il recesso deve essere fatto in forma scritta.
Per l’ipotesi di vendita di più immobili, nel caso di erronea indicazione della loro misura, è
possibile procedere a compensazione dei relativi valori.
Per le dichiarazioni delle parti relative al prezzo e alle spese [v 2.6.3].
2.5.2 Determinazione del prezzo da parte di un terzo
È anche possibile (anche se assai raro) che le parti indichino nel contratto un terzo (anche
da scegliere successivamente) che dovrà determinare il prezzo (cd. arbitraggio).
Se il terzo non vuole o non può accettare l’incarico, ovvero le parti non si accordano per la
sua nomina o per la sua sostituzione, la nomina, su richiesta di una delle parti, è fatta dal
Presidente del Tribunale del luogo in cui è stato concluso il contratto (art. 1473 cod. civ.).
Salvo sia espressamente voluto dalle parti, l’arbitratore non potrà determinare il prezzo liberamente (mero arbitrio), ma deve procedere con equo apprezzamento (art. 1349, c. 1, cod. civ.).
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PREZZO
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2.5.3 Accessori del prezzo
In aggiunta al prezzo, se non diversamente pattuito, l’acquirente deve accollarsi tutte le spese della vendita e gli oneri accessori, salvo sia diversamente pattuito. La diversa pattuizione
può anche non essere espressa, ma desumersi implicitamente dal contenuto e dal testo del
contratto (art. 1475 cod. civ.).
Le spese della vendita sono principalmente quelle relative alla redazione dell’atto notarile
e alla trascrizione nei registri immobiliari. Vi rientrano anche i compensi eventualmente pagati a terzi come per le operazioni contabili, di stima ecc. relative alla determinazione del
prezzo, ovvero gli onorari del professionista per la redazione di una relazione tecnica del
frazionamento e di una planimetria costituenti parte integrante dell’atto di vendita, anche se
effettuati per incarico del solo venditore (Cass. civ. 13 agosto 1990, n. 8237).
Sono escluse le spese attinenti alla cooperazione dovuta dal venditore per rendere possibile
la formazione dell’atto notarile, quali le spese sostenute per presenziare alla stipula davanti
al notaio o per la nomina di un rappresentante.
Le spese accessorie sono tutte quelle necessarie per la
➊ Anche se poste a carico dell’acquiconclusione del contratto, tra queste quelle relative agli
rente, l’obbligo verso il notaio per il paobblighi fiscali (IVA, imposta di registro).
gamento degli onorari e accessori e il
rimborso delle spese grava in solido
La provvigione dovuta al mediatore immobiliare non
sul compratore e sul venditore (art.
rientra tra le spese accessorie (Cass. civ. 24 febbraio
13, legge 16 febbraio 1913, n. 89).
1993, n. 2263) ➊.
2.5.4 Prezzo inferiore al reale
Il prezzo, oltre il diritto trasferito dal venditore, è elemento costitutivo della compravendita
e non può mai mancare. Infatti, è il prezzo che fa rientrare la vendita tra i contratti onerosi a
prestazioni corrispettive e non tra quelli gratuiti. Tuttavia, la vendita può anche avere un
prezzo inferiore al valore reale del diritto trasferito.
Se il prezzo pattuito è decisamente inferiore al valore della cosa, salvo si tratti di sproporzione riconducibile alla rescissione per lesione, occorre accertare la vera natura del contratto, ovvero accertare se la vendita non simuli un contratto di altra natura. In particolare, se
l’intento del venditore non sia quello di porre in essere, almeno in parte, una liberalità.
Spesso, alcuni contratti sono qualificati di vendita, mentre hanno diversa natura giuridica,
per esempio la vendita di un bene per un prezzo dichiarato (non simulato) decisamente inferiore rispetto al valore della cosa dà luogo a una donazione indiretta (cd. negotium mixtum
cum donatione), mentre la vendita effettuata per un prezzo irrisorio (nummo uno, cioè simulato) può valere come donazione diretta se ha i requisiti di sostanza e di forma necessari, in mancanza il contratto è nullo (art. 1424 cod. civ.).
L’occultamento di parte del prezzo, cioè l’indicazione di un prezzo non vero (simulato),
comporta diverse conseguenze:
a. ai fini della disciplina antiriciclaggio, se la parte di prezzo non dichiarato nell’atto di
compravendita è pagata in contanti, ovvero con assegni bancari trasferibili, anche frazionati, e l’importo totale supera 5.000 euro, si applicano le sanzioni previste dalla disciplina antiriciclaggio, che prevede la sanzione amministrativa pecuniaria sino al 40% dell’importo
trasferito (cfr. art. 58, D.Lgs. n. 231/2007) [v 2.5.5].
b. ai fini civilistici, se la sproporzione tra il valore dell’immobile venduto e il prezzo indicato in atto risulta superiore al doppio del prezzo pattuito (ultra dimidium) e il venditore
prova che si trovava in stato di bisogno di cui il compratore ha approfittato, il venditore
può esercitare l’azione generale di rescissione per lesione ex art. 1448 cod. civ.
Se per qualsiasi ragione il contratto viene risolto, rescisso o annullato, il compratore potrà
ottenere solo la restituzione del prezzo dichiarato nell’atto di compravendita, salvo provare
che ha corrisposto una somma maggiore.
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PREZZO
La vendita per un prezzo inferiore al valore del bene, se realizza un intento liberale (donazione indiretta), consente agli aventi diritto del venditore, previo esercizio dell’azione per
far dichiarare la simulazione relativa del contratto di vendita, di esercitare l’azione di riduzione per lesione della quota di cui il donante poteva disporre (art. 557 cod. civ.);
c. ai fini fallimentari, se il venditore è un imprenditore e successivamente all’atto di compravendita fallisce, il curatore fallimentare o i creditori possono chiedere la revoca degli atti compiuti dal venditore in frode ai creditori (artt. 2901 cod. civ. e 67 legge fall.).
È presunta in capo al compratore la conoscenza dell’insolvenza del venditore se il valore
del bene venduto supera notevolmente il corrispettivo ricevuto.
Sono escluse dall’azione revocatoria le vendite a giusto prezzo d’immobili destinati ad abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado (art. 67, legge fall. modificato ex art. 2, D.L. 14 marzo 2005, n. 35 conv. in legge n. 80/2005);
d. ai fini fiscali.
La giurisprudenza
La cessione a prezzo di favore non dà luogo a due distinte alienazioni (una onerosa per la parte dell’immobile coperta dal corrispettivo e l’altra gratuita per il residuo), ma costituisce un contratto unitario di tipo
oneroso, per il quale non è richiesta la forma solenne prevista per la donazione diretta, che, tuttavia, realizza anche una liberalità relativamente alla differenza tra il valore dell’immobile e il prezzo pagato (Cass.
civ. 27 gennaio 2003, n. 1153).
2.5.5 Mezzi di pagamento
Di regola e in ossequio al principio nominalistico, l’obbligazione dell’acquirente di pagare
il prezzo può essere adempiuta solo mediante la dazione di danaro, salvo (ovviamente) i limiti imposti dalla legge al pagamento in contanti e la
➊ L’efficacia estintiva del pagamento
previsione contrattuale che il compratore possa (o deba mezzo assegno bancario ordinario è
ba) adempiere mediante titoli di credito (assegni bansubordinata all’effettivo incasso (cioè
cari, assegni circolari, cambiali ecc.) (art. 1277 cod.
all’esistenza della provvista).
civ.). Una prassi ripetuta e abusata da parte dei creditori che vogliono far cadere in mora il debitore è quel➋ L’art. 1277 cod. civ. dispone al
la di rifiutare il pagamento con assegno circolare, percomma 1 che, di norma, i debiti pecuché non costituisce moneta corrente. Sul punto, la giuniari si estinguono con moneta avente
corso legale nello Stato al tempo del
risprudenza ha stabilito che il debitore può rifiutare di
pagamento e per il suo valore nominaricevere in pagamento un assegno circolare solo se vi
le. Dunque quanto consegnato con
è un giustificato motivo, da valutare secondo la regola
mezzi diversi non estingue l’obbligaziodella correttezza (Cass. civ., Sez. Unite, 18 dicembre
ne, a meno che sia lo stesso creditore
ad accettare forme alternative.
2007, n. 26617) ➊ ➋.
In tutti questi casi, il contratto continua a essere qualificato compravendita e non diviene contratto di permuta,
➌ Se il contratto di vendita prevede
ma se vi è facoltà di adempiere con il pagamento di ticome mezzo di pagamento solo il danaro contante (nei limiti consentiti dalla
toli di credito l’obbligazione del compratore si atteggia
legge), il compratore non può costrincome obbligazione con facoltà alternativa ➌.
gere il venditore ad accettare un altro
Limiti all’uso del danaro contante. È vietato il tramezzo di pagamento (assegno bancario, assegno circolare ecc.). Tuttavia,
sferimento di denaro contante o di libretti di deposito
in considerazione del ricorso sempre
bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in
più frequente (e obbligato per importi
euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra
elevati) a titoli di credito per il pagamento, tale questione rischia di restare
soggetti diversi, se il valore dell’operazione, anche
un problema di principio, inoltre da vefrazionata, è complessivamente pari o superiore a
rificare in base alla regola dell’obbligo
5.000 euro. Il trasferimento può tuttavia essere eseguidel rispetto del principio di buona fede
to per il tramite di banche, istituti di moneta elettronida parte del venditore nell’esecuzione
del contratto (art. 1375 cod. civ.).
ca e le Poste. In tali casi il trasferimento per contanti
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deve essere effettuato mediante disposizione accettata per iscritto dagli stessi, previa consegna ai medesimi della somma in contanti. A decorrere dal terzo giorno lavorativo successivo a quello dell’accettazione, il beneficiario ha diritto di ottenere il pagamento nella provincia del proprio domicilio. La comunicazione del debitore al creditore dell’avvenuta accettazione estingue il debito ai sensi dell’art. 1277, c. 1, cod. civ. e, nei casi di mora del creditore, anche gli produce gli stessi effetti del deposito ex art. 1210 cod. civ.
La violazione è soggetta a una sanzione amministrativa pecuniaria dall’1% al 40% dell’importo trasferito (artt. 49, c. 1 e 58, c. 1, D.Lgs. n. 231/2007).
Limiti all’uso di assegni. I moduli di assegni bancari e postali sono rilasciati dalle banche
e da Poste Italiane S.p.A. muniti della clausola di non trasferibilità. Il cliente può richiedere,
per iscritto, il rilascio di moduli di assegni bancari e postali in forma libera.
Gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 5.000 euro devono recare
l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità (art. 49, D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 modificato dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78,
conv. in legge 30 luglio 2010, n. 122).
Per ciascun modulo di assegno bancario o postale richiesto in forma libera ovvero per ciascun assegno circolare o vaglia postale o cambiario rilasciato in forma libera è dovuta dal
richiedente, a titolo di imposta di bollo, la somma di 1,50 euro.
2.5.6 Prezzo in danaro con integrazione in natura
Come accennato, il prezzo è un elemento costitutivo del contratto di compravendita e non
può, quindi, mai mancare. Tuttavia, può accadere che le parti convengano che il prezzo sia
corrisposto parte in danaro e parte in natura (per esempio acquisto di appartamento mediante pagamento in danaro e trasferimento di altro immobile).
In tal caso, per qualificare correttamente il contratto (se vendita, permuta o contratto misto)
è necessario verificare se sia prevalente la prestazione in danaro, ovvero in natura. Occorre,
dunque, accertare se la volontà delle parti era quella di trasferire un bene in corrispettivo di
una somma di danaro e la consegna di parte del corrispettivo in natura costituisce una mera
integrazione o conguaglio, ovvero se le parti intendevano scambiarsi i beni in natura e la
somma di danaro è stata corrisposta a titolo di conguaglio.
2.6
Formalità
La redazione dell’atto di vendita richiede il compimento di diverse formalità necessarie per
la stipula del contratto.
L’atto deve, altresì, comprendere alcune dichiarazioni e attestazioni previste dalla legge.
Alcune vendite necessitano di un’autorizzazione preventiva, ovvero richiedono la verifica
dell’esistenza di diritti di prelazione a favore di terzi privati o pubblici, come, per esempio,
la vendita di immobili soggetti a vincoli storici per cui è richiesta la comunicazione alla Sovrintendenza delle belle arti [v 2.4.2].
2.6.1 Atto notarile
Come già detto, in deroga al principio della libertà di forma, la vendita di immobili richiede
l’atto scritto a pena di nullità (art. 1350 cod. civ.). Se per il trasferimento dell’immobile tra
le parti è sufficiente redigere il contratto in forma scritta, la vendita deve obbligatoriamente
essere redatta da un notaio (atto pubblico o scrittura privata autenticata) ai fini della trascrizione nei registri immobiliari e dell’opponibilità della vendita ai terzi.
L’obbligo della forma scritta non si estende agli elementi non essenziali del contratto, ad
esempio quelli inerenti le modalità di esecuzione come la data di consegna dell’immobile al
compratore (Cass. civ. 13 ottobre 1982, n. 5290).
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FORMALITÀ
La giurisprudenza
La forma scritta costituisce elemento essenziale del contratto di vendita che, di conseguenza, potrà essere provato solo con l’atto, non essendo consentite la prova testimoniale, quella per presunzioni o la confessione (ad eccezione delle ipotesi in cui la parte abbia perduto senza sua colpa il documento, cfr. art.
2724, n. 3, cod. civ.) (Cass. civ. 2 gennaio 1997, n. 2).
Come accennato, sono varie e di diversa natura le dichiarazioni che devono essere rese dalle parti e inserite
➊ I trasferimenti immobiliari si presumono liberalità se l’imposta di registro risulnel contratto di vendita, quali la dichiarazione delle
ta inferiore all’imposta sulle donazioni:
parti (venditore e acquirente), se coniugate, circa il re– senza possibilità di prova contraria
gime patrimoniale con il coniuge, la conformità alle
(praesumptio iuris et de iure) se il tranorme urbanistiche dell’immobile, la congruità del
sferimento avviene tra coniugi o tra parenti in linea retta;
prezzo secondo la disciplina fiscale.
– con possibilità di prova contraria
Per evitare la presunzione di liberalità, le parti devono,
(praesumptio iuris tantum) se interviene
inoltre, dichiarare nel contratto di vendita di non essetra soggetti estranei, ma manca nell’atre coniugi o parenti in linea retta (art. 26, T.U. n.
to di trasferimento la dichiarazione di
inesistenza di un rapporto di coniugio o
131/1986) ➊.
parentela tra i contraenti.
A decorrere dal 1° luglio 2010, ai sensi dell’art. 19, c.
14, D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. in legge 30 luglio 2010, n. 122), gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il
trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati
(esclusi gli atti riguardanti i diritti reali di garanzia) già esistenti dovranno contenere, a pena di
nullità, le indicazioni relative all’identificazione catastale e alla conformità dell’intestazione.
2.6.2 Dichiarazioni del venditore
Oltre le dichiarazioni su accennate, il venditore deve rendere nell’atto di vendita determinate dichiarazioni inerenti l’immobile venduto.
a. Se la vendita ha ad oggetto fabbricati, ai fini della loro commerciabilità è necessario che
il venditore faccia menzione in atto degli estremi autorizzativi, che variano a seconda della
data di costruzione dell’edificio:
– per le costruzioni eseguite dopo il 1° settembre 1967 e prima del 30 gennaio 1977 occorre
fornire gli estremi della licenza edilizia (legge n. 765/1967);
– per le costruzioni eseguite dopo il 30 gennaio 1977 e prima del 30 giugno 2003 occorre
fornire gli estremi della concessione edilizia (legge n. 10/1977);
– per le costruzioni iniziate dopo il 30 giugno 2003, il venditore dell’edificio o di una parte
(piena proprietà o altro diritto reale: usufrutto, superficie ecc.) deve dichiarare nell’atto di
vendita gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Se non è stato rilasciato il permesso in sanatoria ma è stata irrogata una sanzione pecuniaria, deve allegare
prova dell’integrale pagamento della sanzione. In mancanza di queste indicazioni, l’atto di
vendita è nullo (art. 46, D.P.R. n. 380/2001).
In mancanza delle anzidette dichiarazioni, l’atto di vendita è nullo.
b. Se la vendita ha ad oggetto fabbricati di interesse storico, artistico, archeologico ecc.
(art. 2, D.Lgs. n. 42/2004), il venditore deve denunziare al Ministero dei beni culturali la
volontà di vendere l’immobile e il Ministero ha un diritto di prelazione ex lege sull’acquisto
(artt. 56 e 60, D.Lgs. n. 42/2004).
c. Se la vendita ha ad oggetto terreni, l’atto è nullo se privo dell’allegazione del certificato di destinazione urbanistica che viene rilasciato dal Comune competente entro trenta
giorni dalla presentazione della richiesta. Il certificato è valido per un anno dalla data di rilascio, salvo siano intervenute modificazioni degli strumenti urbanistici. Tale obbligo non
vale per i terreni che costituiscono pertinenze di edifici censiti nel nuovo catasto edilizio
urbano se la superficie complessiva dell’area di pertinenza è inferiore a 5.000 mq (art. 30,
D.P.R. n. 380/2001).
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2.6.3 Dichiarazioni delle parti
Oltre le dichiarazioni innanzi dette, all’atto della cessione dell’immobile, anche se assoggettata a IVA, le parti hanno l’obbligo di rendere apposita dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà contenente:
– indicazione analitica delle modalità di pagamento, quali, per esempio, numero e data
dell’assegno bancario con indicazione della banca emittente o trattaria (tanto vale non solo
per il pagamento del saldo al momento del rogito ma anche per quanto corrisposto in precedenza a titolo di acconto o caparra confirmatoria);
– se si sono avvalse di mediatori, i dati identificativi del titolare, se persona fisica, o la denominazione, la ragione sociale e i dati identificativi
del legale rappresentante, se soggetto diverso da per➊ A decorrere dal 1° gennaio 2007, è
sona fisica, ovvero del mediatore non legale rapprepossibile detrarre dall’imposta lorda IRPEF il 19% degli oneri sostenuti per i
sentante che ha operato per la stessa società ➊, codice
compensi corrisposti ai mediatori imfiscale o partita IVA;
mobiliari per l’acquisto dell’abitazione
– numero di iscrizione al ruolo degli agenti di affari in
principale, per un importo, comunque,
non superiore a 1.000 euro.
mediazione e della Camera di commercio, industria,
artigianato e agricoltura di riferimento per il titolare,
ovvero per il legale rappresentante o mediatore che ha operato per la stessa società. In caso
di assenza di iscrizione nel ruolo, il notaio è obbligato a effettuare specifica segnalazione
all’Agenzia delle Entrate;
– ammontare della spesa sostenuta per tale attività e modalità di pagamento.
In caso di omessa, incompleta o mendace indicazione dei dati su elencati, si applica la sanzione amministrativa da 500 a 10.000 euro e, ai fini dell’imposta di registro, i beni trasferiti
sono assoggettati a rettifica di valore ex art. 52, c. 1, T.U. n. 131/1986.
Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci è punito ai sensi del codice penale e delle leggi
speciali in materia (art. 76, D.P.R. n. 445/2000).
Ulteriore effetto della violazione di una delle indicazioni su elencate è la possibilità per il
Fisco di pretendere l’imposta in base al valore effettivo dell’immobile e disattendere quello
risultante dall’applicazione del criterio automatico o catastale, ove applicabile per le cessioni di abitazioni a privati (cd. prezzo-valore, cfr. art. 1, c. 497, legge n. 266/2005 modificato
ex art. 1, c. 309, legge n. 296/2006).
Le parti devono, altresì, dichiarare se esista tra loro un rapporto di coniugio o di parentela
in linea retta al fine di vincere la presunzione di liberalità ex art. 26, D.P.R. n. 131/1986.
Dichiarazioni dell’acquirente. L’acquirente che intende avvalersi delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della “prima casa” deve dichiarare che sussistono i requisiti previsti dalla
legge. La dichiarazione della sussistenza dei requisiti può essere integrata con atto successivo (circ. min. 12 agosto 2005, n. 38/E).
L’acquirente che intende avvalersi del criterio di pagare l’imposta in base valore catastale
(cd. prezzo-valore) deve esplicitamente dichiararlo.
2.6.4 Certificato di abitabilità
Il venditore di un immobile destinato ad abitazione
deve consegnare al compratore il certificato di abitabi➋ Gli atti di vendita di immobili sono
nulli e non possono essere stipulati se
lità. Il mancato rilascio costituisce inadempimento
mancano gli estremi della concessione
per consegna di una cosa diversa da quella pattuita
a edificare o della concessione in sa(aliud pro alio) ➋. L’acquirente può chiedere la risolunatoria rilasciata ai sensi dell’art. 17,
zione del contratto per inadempimento o il risarcimenlegge n. 47/1985.
to dei danni per la ridotta commerciabilità del bene,
salvo abbia rinunziato al requisito dell’abitabilità (Cass. civ. 25 febbraio 2002, n. 2729).
Il venditore non si libera dell’obbligo di risarcire il danno vantando la conformità dell’im-
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mobile alle norme igienico-sanitarie, alla disciplina urbanistica o alle prescrizioni della concessione a edificare e neppure è liberato dalla circostanza che il mancato rilascio del certificato di abitabilità sia dipeso dalla colpevole inerzia della Pubblica Amministrazione (Cass.
civ. 15 maggio 2003, n. 12507).
La giurisprudenza
Il deprezzamento del bene può essere determinato in base alle spese necessarie per eseguire gli adempimenti richiesti per ottenere il certificato di abitabilità (Cass. civ. 15 maggio 2003, n. 7529).
La mancata consegna del certificato di abitabilità implica inadempimento che, anche senza comportare risoluzione del contratto, è fonte di un danno risarcibile per aver venduto un bene con problemi di commerciabilità (Cass. civ. 20 aprile 2006, n. 9253).
Se la consegna dell’appartamento è prevista prima dell’atto definitivo di compravendita (rogito), il certificato di abitabilità deve essere consegnato contestualmente alla consegna dell’appartamento (Cass. civ.
28 marzo 2001, n. 7529).
2.6.5 Certificazione energetica negli edifici
L’art. 6, c. 2-ter del D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192 dispone che nei contratti di compravendita di edifici o di singole unità immobiliari deve essere inserita una clausola con la quale
l'acquirente o il conduttore danno atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla certificazione energetica degli edifici. Rimane comunque l’obbligo di predisposizione dell’attestato di certificazione energetica per accedere ad incentivi ed agevolazioni di qualsiasi specie (art. 6, c. 1-ter, D.Lgs. n. 192/2005) e l’obbligo di depositare in
Comune l’attestato di certificazione energetica, da parte del Direttore dei lavori, contestualmente alla fine dei lavori (art. 15, c. 3, D.Lgs. n. 192/2005).
Agevolazioni fiscali. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2011 e relative a interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, che conseguono un
valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale inferiore di almeno il 20% rispetto ai valori riportati nell’all. C, n. 1, tab. 1, annesso al
D.Lgs. n. 192/2005, spetta una detrazione dall’imposta lorda pari al 55% degli importi
rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 100.000
euro, da ripartire in dieci quote annuali (artt. 1, c. 347, legge n. 296/2006 e 1, c. 48, legge
n. 244/2007).
Il decreto 26 ottobre 2007 apporta le seguenti modifiche alla suddetta detrazione del 55%
delle spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente:
– per i pannelli solari va presentata una certificazione di qualità conforme alle norme UNI
EN 12975 o UNI EN 12976 rilasciata da un laboratorio accreditato (sono equiparate anche
le norme EN 12975 e EN 12976 recepite da un organismo di certificazione nazionale di un
Paese UE e della Svizzera);
– la documentazione può essere asseverata da un tecnico iscritto agli specifici ordini e collegi professionali. Di conseguenza, l’asseverazione può ora essere rilasciata anche da dottori agronomi, dottori forestali e periti agrari.
Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2011, per interventi di sostituzione
di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e
contestuale messa a punto del sistema di distribuzione, spetta una detrazione dall’imposta
lorda per una quota pari al 55% degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro, da ripartire in dieci quote annuali di pari importo (artt. 1, c. 347, legge n. 296/2006 e 1, c. 48, legge n. 220/2010).
La detrazione compete anche per le spese per la sostituzione intera o parziale di impianti di
climatizzazione invernale non a condensazione sostenute entro il 31 dicembre 2011 (art. 1,
c. 48, legge n. 220/2010).
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Norme tecniche regionali sulla certificazione energetica
Emilia Romagna
• Approvazione atto di indirizzo e coordinamento sui requisiti di rendimento energetico e sulle procedure
di certificazione energetica degli edifici
D.G.R. 4 marzo 2008, n. 156
• Disposizioni per la formazione del Certificatore energetico in edilizia in attuazione della deliberazione
dell'Assemblea legislativa n. 156/2008
D.G.R. 28 ottobre 2010, n, 1754
Lombardia
• Certificazione energetica degli edifici – Modifiche e integrazioni alla D.G.R. n. 5018/2007
D.G.R. 31 ottobre 2007, n. 8/5773
• Determinazioni inerenti la certificazione energetica degli edifici, in attuazione del D.Lgs. n. 192/2005 e
degli artt. 9 e 25, L.R. n. 24/2006 modificata dalla L.R. n. 42/2008 e dalla L.R. n. 3/2011
D.G.R. 26 giugno 2007, n. 8/5018
Nell’ambito della competenza attribuita dalla L.R. n. 24/2006 alla Giunta Regionale della Lombardia, in
attuazione della direttiva 2002/91/CE e del D.Lgs. n. 192/2005, per definire le modalità applicative
concernenti la certificazione energetica degli edifici, il 15 gennaio 2009 è stata pubblicata la D.G.R.
VIII/8745 che modifica le disposizioni inerenti all’efficienza energetica in edilizia in Regione. Per quanto
riguarda la certificazione energetica degli edifici, è previsto l’obbligo di allegazione dell’attestato all’atto
nel caso di trasferimenti a titolo oneroso o di locazione di interi edifici o di singole unità immobiliari.
Piemonte
• Disposizioni in materia di rendimento energetico nell’edilizia
L.R. 28 maggio 2007, n. 13; L.R. 6 agosto 2009, n. 22; D.G.R. 4 agosto 2009, n. 43-11965
Liguria
• Norme in materia di energia
L.R. 29 maggio 2007, n. 22 come modificata dalla L.R. 24 novembre 2008, n. 42
Friuli Venezia Giulia
• Riforma dell’urbanistica e disciplina dell’attività edilizia e del paesaggio
L.R. 23 febbraio 2007, n. 5
Puglia
• Norme per l’abitare sostenibile
L.R. 10 giugno 2008, n. 13
• Regolamento per la certificazione energetica degli edifici ai sensi del D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192
R.R. 10 febbraio 2010, n. 10
L’attestato di certificazione energetica è richiesto per gli edifici di nuova costruzione e per quelli da ristrutturare, ad eccezione degli immobili considerati beni culturali e di quelli che secondo le norme urbanistiche possono essere sottoposti al solo restauro conservativo.
Valle d’Aosta
• Disposizioni in materia di rendimento energetico nell'edilizia
L.R. 18 aprile 2008, n. 21, modificata dalla L.R. 2 marzo 2010, n. 8
È obbligatorio allegare l’attestato di certificazione energetica in caso di edificio di nuova costruzione
Alto Adige
• Regolamento di esecuzione della legge urbanistica in materia di risparmio energetico
D.P.G.P. 29 settembre 2004, n. 34
• Disposizioni per il certificato energetico per singole unità abitative
D.G.P. 27 luglio 2009, n. 1969
2.6.6 Installazione degli impianti all’interno degli edifici
L’art. 35, D.L. 25 giugno 2008, n. 112 così come modificato dalla legge di conversione 6
agosto 2008, n. 133, nell’ambito della semplificazione della disciplina per l'installazione
degli impianti all'interno degli edifici dispone l’abrogazione dell'obbligo di allegazione delle dichiarazioni di conformità ai contratti di compravendita, alle donazioni e ai contratti di
locazione, salvo diversi patti contrattuali (ex art. 13 del regolamento di cui al decreto del
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Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37). Resta ancora in vigore l’art. 9
del D.M. n. 37/2008, secondo cui nelle nuove costruzioni e nelle ristrutturazioni totali è necessaria la dichiarazione di conformità per ottenere l’agibilità.
Sicurezza degli impianti (D.M. n. 37/2008)
Gli impianti (art. 1)
Impianti posti al servizio degli edifici, indipendentemente dalla destinazione d’uso, collocati all’interno degli
stessi o delle relative pertinenze. Gli impianti sono classificati come segue:
• impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica, impianti di
protezione contro le scariche atmosferiche, nonché gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere;
• impianti radiotelevisivi, le antenne e gli impianti elettronici in genere;
• impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o
specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali;
• impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie;
• impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, comprese le opere di evacuazione
dei prodotti della combustione e ventilazione ed aerazione dei locali;
• impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili;
• impianti di protezione antincendio.
2.7
Pubblicità
A seguito della stipula dell’atto notarile di vendita, il diritto di proprietà dell’acquirente non
è opponibile ai terzi prima della trascrizione della vendita presso i registri immobiliari (art.
2643, n. 1, cod. civ.).
Il contratto, ai fini fiscali, deve altresì essere registrato presso l’Agenzia delle entrate.
2.8
Obblighi del venditore
Gli obblighi principali del venditore sono i seguenti:
• consegnare la cosa al compratore;
• fare acquistare la proprietà o il diritto se l’acquisto non è effetto immediato del contratto;
• garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa.
A questi possono aggiungersene altri stabiliti dalle parti.
2.8.1 Trasferimento della proprietà e dei rischi
Di norma, nella vendita il trasferimento della proprietà e il passaggio dei rischi in capo all’acquirente avvengono nel momento stesso della conclusione del contratto per effetto del
consenso legittimamente manifestato (cd. principio nominalistico - art. 1376 cod. civ.).
In alcuni casi, tuttavia, il trasferimento non si produce con la conclusione del contratto, ma
sono necessari ulteriori e successivi atti o eventi. È il caso, per esempio, della vendita di un
edificio futuro (da costruire), ove il trasferimento della proprietà avverrà all’ultimazione
della costruzione; di un immobile di proprietà altrui, ove il trasferimento avverrà con l’acquisto della res aliena da parte del venditore.
In tutti questi casi in cui il trasferimento della proprietà è differito, il venditore ha l’obbligo di far acquistare la proprietà all’acquirente (art. 1476, n. 2, cod. civ.) (in applicazione del
principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, cfr. art. 1375 cod. civ.).
In via generale, il rischio del perimento del bene per cause non imputabili al venditore è a
carico del proprietario e successivamente dell’acquirente con il passaggio della proprietà,
anche se non vi sia stata la materiale consegna del bene (art. 1465 cod. civ.). Di conseguenza, l’immediato passaggio della proprietà all’acquirente comporta anche il passaggio del ri-
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schio di perimento (res perit domino). In via eccezionale, la legge dispone che il rischio
grava sull’acquirente anche prima del trasferimento nella vendita con riserva della proprietà, possibile anche per i beni immobili [v 2.10.8].
2.8.2 Consegna dell’immobile
Salvo diverso accordo tra le parti, il venditore deve consegnare il bene venduto al compratore nel momento della vendita (vale a dire quando si trasferisce il bene) nello stato in cui si
trova insieme agli accessori, alle pertinenze e ai frutti dal giorno della vendita (art. 1477 cod.
civ.). Il venditore deve consegnare anche i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso
della cosa venduta. Di conseguenza, la consegna avviene, nella vendita a effetti reali, sin dalla conclusione del contratto, mentre, nella vendita obbligatoria, quando il bene è trasferito
(per esempio per la vendita di cosa futura quando il bene viene a giuridica esistenza).
In tutti i casi, se è violato l’obbligo di consegna, l’acquirente può esercitare l’ordinaria azione di adempimento o di risoluzione entro l’ordinario termine di prescrizione decennale.
Oltre la consegna materiale della cosa, vi sono casi in cui la consegna si verifica virtualmente con il mutamento della situazione possessoria
nelle ipotesi di traditio brevi manu, cioè di mutamento
➊ La vendita della nuda proprietà
della detenzione in possesso (per esempio quando il
non comporta l’obbligo di consegnare
la cosa all’acquirente, perché, appartelocatario acquista l’immobile oggetto della locazione)
nendo la disponibilità materiale della
o di costituto possessorio, consistente nel mutamento
stessa all’usufruttuario, il venditore non
del possesso in detenzione (per esempio quando il
è giuridicamente e sostanzialmente in
venditore rimane nell’immobile come locatario) ➊.
grado di effettuare detta consegna
(Cass. civ. 3 febbraio 1992, n. 1136).
Se la consegna avviene successivamente alla vendita,
il venditore deve custodire il bene e il rischio di perimento del bene grava sempre sul proprietario (res perit domino) e, di conseguenza, nella
vendita a effetti reali, il rischio di perimento prima della consegna (o il rischio che la consegna sia impossibile per causa non imputabile al venditore) è sopportato dal compratore, che
deve in ogni caso pagare il prezzo (art. 1465 cod. civ.), mentre, nella vendita a effetti obbligatori, il rischio grava sul venditore sino al trasferimento del bene.
2.8.3 Luogo della consegna
Per gli immobili la consegna, se effettiva, avviene esclusivamente sul luogo stesso dell’immobile. Se simbolica, cioè a mezzo di documenti o delle chiavi, deve avvenire nel luogo
stabilito dal contratto; se il contratto nulla dice, la consegna deve avvenire presso il domicilio del venditore al tempo della scadenza dell’obbligo di consegna, ad esempio se il venditore è un’impresa presso la sede dell’impresa (art. 1182, u.c., cod. civ.).
2.8.4 Obbligo di garanzie
La legge prevede tre garanzie specifiche a carico del venditore: per evizione, per vizi della
cosa venduta e per mancanza della qualità promessa (art. 1476, n. 3, cod. civ.).
In tutti i casi, le garanzie, presupponendo il trasferimento della cosa, non sono applicabili al
contratto preliminare di vendita.
Diverso dall’obbligo delle garanzie è l’obbligo di informare l’acquirente circa l’esistenza
sul bene venduto di garanzie reali o vincoli derivanti da pignoramento o da sequestro. In difetto, il compratore può sospendere il pagamento del prezzo e far fissare dal Giudice un
termine alla scadenza del quale, se la cosa non è liberata, il contratto è risolto con obbligo
del venditore di risarcire il danno. Tuttavia, se l’esistenza delle garanzie reali o dei vincoli
sopra indicati era nota al compratore, questi non può chiedere la risoluzione del contratto e
il venditore è tenuto verso di lui solo per il caso di evizione (art. 1482 cod. civ.).
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La giurisprudenza
Il fatto che le parti, nel preliminare di vendita, abbiano dato atto che la proprietà dell’immobile in questione sia
oggetto di una lite tra il venditore ed un terzo, non costituisce, di per sé, prova del carattere aleatorio del contratto, sia perché l'aleatorietà può aversi solo quando il fattore di pura sorte svolga un'efficacia di tipo causale,
sia perché, in difetto di clausola contraria, il venditore rimane tenuto all'obbligo di trasferimento della proprietà
e soggiace, in caso di inadempimento, alla relativa responsabilità (Cass. civ. 24 gennaio 2011, n. 1567).
2.8.5 Garanzia per evizione (artt. 1483-1489 cod. civ.)
Si ha evizione quando il compratore è privato, in tutto o in parte, del diritto sul bene acquistato in conseguenza del diritto di un terzo.
Di norma, la garanzia è indipendente dall’ignoranza del compratore circa l’esistenza della
causa di evizione, salvo il caso di vendita fatta a rischio e pericolo dell’acquirente (Cass.
civ. 26 giugno 1987, n. 5639).
La garanzia per evizione si applica nella vendita sia a effetti reali, sia a effetti obbligatori;
in quest’ultima ipotesi, però, si perfeziona solo successivamente al trasferimento del diritto.
L’evizione può riguardare la proprietà (evizione maggiore) ed estendersi a tutta o a parte
del bene oggetto di compravendita (rispettivamente evizione totale o parziale – artt. 1483
e 1484 cod. civ.), ovvero riguardare un onere o un diritto reale o personale non apparente
che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto (evizione
minore - art. 1489 cod. civ.).
Per esercitare la garanzia, il compratore deve chiamare
➊ Una ipotesi particolare è quella delin causa il venditore nel momento in cui il terzo avanl’evizione invertita, che si verifica quanza diritti sulla cosa.
do il compratore, che non acquista il
diritto in base alla vendita, lo acquista
In aggiunta alla esclusione convenzionale, la legge presuccessivamente da un terzo. In quevede quali cause legali di esclusione della garanzia ➊:
sto caso, il nuovo contratto esclude
– vendita a rischio e pericolo del compratore (non è
l’esecuzione del primo, in quanto il
dovuto neppure il risarcimento del danno emergente,
compratore si è procurato il bene senza la cooperazione del venditore (art.
cfr. art. 1488, c. 2, cod. civ.). La possibilità che il com1486 cod. civ.).
pratore paghi il prezzo anche se non acquista la proprietà del bene impone di inquadrare la vendita in un
contratto sui generis di natura aleatoria che non può essere rescisso per causa di lesione
(art. 1448, c. 4, cod. civ.) (cfr. Mirabelli, Dei singoli contratti, Torino, 1960);
– nel caso di un terzo che eserciti l’azione di rivendicazione, se il compratore non chiama in
giudizio il venditore, questo prova che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la
domanda (art. 1485, c. 1, cod. civ.);
– spontaneo riconoscimento da parte del compratore del diritto del terzo, salvo che il compratore
provi che non esistevano ragioni sufficienti per impedire l’evizione (art. 1485, c. 2, cod. civ.);
– se il comportamento del compratore ha causato la perdita del bene.
La giurisprudenza
L’elemento caratterizzante la garanzia per evizione, sia in relazione a vendita volontaria che a vendita forzata,
è dato dall’intervento rivendicativo o espropriativo da parte del terzo (Cass. civ. 13 maggio 2003, n. 7294).
La garanzia opera indipendentemente dalla colpa del debitore e spetta al compratore anche se conosceva la causa della eventuale evizione, salvo il caso di vendita fatta a rischio e pericolo dell’acquirente
(Cass. civ. 26 giugno 1987, n. 5639).
La garanzia per evizione opera se la causa dell’evizione esisteva prima della conclusione
del contratto, ancorché l’evizione si verifichi successivamente. Non costituisce evizione
l’acquisto per usucapione di un immobile a seguito di vendita regolarmente trascritta, se il
venditore non era proprietario (art. 1159 cod. civ.).
I fatti rilevanti per l’evizione (rectius che danno luogo all’evizione) sono:
– sentenza di condanna passata in giudicato al rilascio del bene (Cass. civ. 13 maggio 2003,
n. 7294);
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– riconoscimento del diritto del terzo da parte del compratore, dotato delle caratteristiche di
cui all’art. 1485, comma 2, cod. civ. (Cass. civ. 13 maggio 2003, n. 7294);
– ordine di sequestro da parte dell’Autorità di pubblica sicurezza;
– sentenza o provvedimento amministrativo di distruzione del bene a seguito della sua irregolarità privata (Cass. civ. 6 dicembre 1984, n. 6402);
– con riguardo ai titoli di credito, lo spossessamento dei documenti necessari per l’esercizio
del diritto;
– evizione giudiziale a seguito di azione di rivendicazione della proprietà esercitata vittoriosamente dal terzo (art. 1485 cod. civ.);
– trasferimento coattivo in sede di esecuzione forzata a favore dell’aggiudicatario o assegnatario;
– evizione espropriativa (esecuzione forzata) se il mancato acquisto da parte del compratore è conseguenza di un provvedimento di espropriazione per esecuzione forzata o espropriazione per pubblico interesse (Cass. civ. 13 maggio 2003, n. 7294);
– evizione risolutoria se l’acquisto viene meno in giudizio o anche stragiudizialmente (per
esempio a seguito del diritto di prelazione da parte di un terzo);
– evizione per fatto proprio del venditore, se il terzo fa valere contro il compratore un atto
dispositivo relativo al bene successivo alla vendita e proveniente dal venditore.
La giurisprudenza
Indipendentemente dall’ignoranza del compratore circa l’esistenza della causa di evizione, ricorre garanzia per evizione se l’immobile venduto è espropriato in esecuzione di un vincolo urbanistico, preesistente
al contratto, che limita o esclude il diritto trasmesso (Cass. civ. 26 giugno 1987, n. 5639).
Non si ha evizione per la sola affermazione della esistenza del diritto di proprietà da parte del terzo, ma
occorre che il diritto del terzo sia accertato definitivamente (Cass. civ. 13 maggio 2003, n. 5639).
In ogni caso, se vi è pericolo (effettivo) di evizione, il compratore può sospendere il pagamento del prezzo, salvo che il venditore presti idonea garanzia o se il pericolo era noto al
compratore al momento della conclusione del contratto. Si ha pericolo di evizione quando il
compratore ha ragione di temere che la cosa o una parte di essa possa essere rivendicata da terzi (art. 1481
➊ Vi è pericolo effettivo di evizione se
cod. civ.) ➊.
l’acquirente di un immobile ha ragione
di temere il fallimento del venditore.
Se la cosa venduta è gravata da pegno o ipoteca o da
altri vincoli derivanti da pignoramento o sequestro non
dichiarati dal venditore e dal compratore ignorati, il compratore può sospendere il pagamento del prezzo (art. 1482, c. 1, cod. civ.). Egli può inoltre far fissare dal Giudice un termine, alla scadenza del quale, se il bene non è liberato, il contratto è risolto con obbligo del
venditore di risarcire il danno (art. 1482, c. 2, cod. civ.).
Se il compratore era a conoscenza delle garanzie reali e dei vincoli gravanti sul bene, non
può chiedere la risoluzione del contratto e il venditore è obbligato solo per il caso di evizione (art. 1482, c. 3, cod. civ.).
Nel caso di evizione minacciata (cioè quando il compratore è chiamato in causa da un terzo), il compratore deve chiamare in causa il venditore per far valere la garanzia per evizione. Come già accennato, il compratore chiamato in causa dal terzo perde la garanzia se non
chiama in causa il venditore ed è condannato con sentenza definitiva, sempreché il venditore provi che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la domanda; se spontaneamente riconosce il diritto del terzo, salvo provare che non esistevano ragioni sufficienti per
impedire l’evizione.
La giurisprudenza
Se il compratore ha evitato l’evizione mediante pagamento di una somma di denaro, il venditore ha facoltà (non obbligo) di liberarsi dalle conseguenze della garanzia con il rimborso della somma pagata, degli interessi e delle spese (art. 1486 cod. civ.). In alternativa, il venditore può preferire la garanzia ordinaria ed eseguire i rimborsi a suo carico per legge (Cass. civ. 26 febbraio 1976, n. 622).
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Evizione minore (art. 1489 cod. civ.). La cosa venduta può essere gravata da oneri, da diritti reali non apparenti e non dichiarati, che ne diminuiscano il godimento e la disponibilità, quali gli oneri consortili, il diritto di superficie, l’usufrutto, i vincoli di interesse storico
e artistico, i limiti legali alla proprietà ecc.
In tal caso, se il compratore è:
• ignaro (indipendentemente dalla colpa del venditore, salvo il risarcimento per l’ulteriore
maggior danno) può, alternativamente, risolvere il contratto o chiedere una riduzione del
prezzo (art. 1480 cod. civ.);
• a conoscenza dei limiti e pesi, o avrebbe dovuto conoscerli secondo l’ordinaria diligenza,
la garanzia è esclusa. Non equivale a conoscenza la presenza nel contratto di clausole di stile, come ad esempio “la vendita è fatta con tutti i vincoli, pesi e servitù ecc.”, né la trascrizione dell’onere o diritto gravante sulla cosa.
La giurisprudenza
Se il venditore ha espressamente garantito la destinazione edificatoria del suolo venduto, specificando
l’indice di edificabilità, nel caso di esistenza di un vincolo urbanistico di inedificabilità che riduca la cubatura realizzabile sull’area, il compratore può avvalersi della garanzia ex art. 1489 cod. civ. in materia di cosa gravata da oneri non apparenti (Cass. civ. 17 dicembre 1999, n. 14226).
2.8.6 Effetti della garanzia per evizione
L’effetto della garanzia per evizione si verifica quando l’evizione si compie. Successivamente, il compratore può esercitare le azioni poste dalla legge a sua tutela. Sono azioni
speciali dirette a:
1. tutelare l’interesse (cd. interesse negativo) che il
➊ In ragione dell’inadempimento impucompratore avrebbe avuto a non stipulare il contratto
tabile al venditore, il compratore (se
prova di avere subito un danno per dodi vendita. Sono indipendenti dalla colpa del venditore
lo o colpa dal venditore) può pretendee riguardano la risoluzione del contratto, la riduzione e
re il risarcimento del lucro cessante.
restituzione del prezzo, i rimborsi;
La colpa del venditore è esclusa se ha
2. risarcire il danno subito dal compratore per il maninformato l’acquirente della pendenza
di una controversia circa la proprietà
cato acquisto (cd. interesse positivo) e richiedono la
del bene oggetto della vendita.
colpa del venditore ➊.
La giurisprudenza
Il compratore evitto ha diritto a essere risarcito dal venditore del danno subito sia per la lesione dell’interesse negativo che per la lesione dell’interesse positivo. Nella prima ipotesi, il diritto al risarcimento sorge
in conseguenza del mero fatto della perdita del bene acquistato; nella seconda, per lucro cessante, l’acquirente, per ottenere il risarcimento, deve provare non solo il danno subito, ma anche la colpa di parte
venditrice (Cass. civ. 16 luglio 2001, n. 9642).
Risoluzione del contratto. In ossequio alla regola generale, la vendita può essere risolta
(art. 1453 cod. civ.). Se l’evizione è parziale, si applicherà la regola dell’inadempimento
parziale, vale a dire che il compratore, quando, secondo le circostanze, non avrebbe acquistato il bene senza quella parte di cui ha subito l’evizione, può agire per la risoluzione del
contratto e il risarcimento del danno (artt. 1455, 1480 e 1484 cod. civ.).
Riduzione e restituzione del prezzo. Nel caso di evizione parziale e minore, è possibile la
riduzione del prezzo e il risarcimento del danno (art. 1489 cod. civ.). Con riguardo alla stima
per procedere a riduzione, se il venditore ha la proprietà solo di una porzione materiale, la stima deve considerare il valore che la parte acquistata ha rispetto all’intero; se, invece, ha la
proprietà di una quota, la stima può essere effettuata anche mediante un rapporto matematico.
Nel caso di evizione totale, il venditore deve restituire il prezzo pagato (senza interessi) an-
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che se la cosa è diminuita di valore o deteriorata e risarcire il compratore del danno subito
(art. 1479, c. 2, cod. civ.). La diminuzione di valore o i deterioramenti sono imputabili al
compratore se ricorrono gli estremi della colpa o del dolo (art. 2043 cod. civ.).
Risarcimento del danno. Se il compratore agisce per l’inadempimento del venditore chiedendo il danno, spetta a quest’ultimo provare la mancanza di colpa, mentre è a carico del
compratore la prova del dolo per ottenere il risarcimento anche dei danni prevedibili (artt.
1218 e 1225 cod. civ.).
Rimborso spese giudiziali (art. 1483, c. 2, cod. civ.). Il venditore deve pagare al compratore evitto le spese giudiziali da questi sostenute per chiamarlo in causa e quelle che ha pagato al terzo vittorioso.
Rimborso valore dei frutti (art. 1483, c. 2, cod. civ.). Il venditore deve rifondere al compratore il valore dei frutti che questi deve restituire al terzo che lo ha evitto. Cioè tutti i frutti percepiti, se in mala fede, solo i frutti maturati successivamente alla domanda giudiziale
da parte del terzo evincente, se in buona fede.
Rimborso spese (art. 1483, c. 1, cod. civ.). Il venditore in buona fede deve rimborsare al
compratore le spese necessarie e utili effettuate per la cosa oggetto della vendita. Se era in
mala fede anche quelle voluttuarie.
La giurisprudenza
La prescrizione dell’azione di evizione decorre non dalla data di conclusione del contratto, ma dal momento in cui il diritto del terzo sul bene è incontestabilmente accertato, ad esempio con il passaggio in giudicato della sentenza, ovvero con il perfezionamento della transazione che pone fine alla lite tra colui che
agisce in garanzia e il terzo rivendicante (Cass. civ. 16 luglio 2001, n. 9642).
L’acquirente di un immobile pignorato che, avendo volontariamente limitato la garanzia per evizione alla restituzione del prezzo pagato, sia intervenuto nel processo esecutivo ex art. 511 cod. proc. civ., conseguendo l’assegnazione di parte della somma ricavata dalla vendita forzata dell’immobile, può proporre una
nuova domanda in sede di cognizione nei confronti dell’alienante, sul fondamento della subita evizione, per
la realizzazione della parte non soddisfatta del proprio credito (Cass. civ. 14 gennaio 1993, n. 393).
2.8.7 Modificazione ed esclusione della garanzia (art. 1487 cod. civ.)
In ossequio al principio di autonomia privata, i contraenti possono aumentare o diminuire
gli effetti della garanzia per evizione e, addirittura, escluderla.
La modifica o l’esclusione della garanzia può intervenire anche successivamente alla conclusione del contratto, tuttavia il patto di esclusione è nullo se l’evizione deriva da un fatto
proprio del venditore.
Di regola, l’aumento della garanzia è possibile nei limiti in cui tende a rafforzare la tutela
del credito. Per esempio, è possibile: una liquidazione forfetaria del danno (ma non ulteriori
prestazioni rispetto al danno arrecato o, addirittura, di natura non risarcitoria); ampliare il titolo della responsabilità prevedendo il risarcimento del danno anche senza colpa del venditore e ampliare i presupposti della garanzia prevedendo che sia dovuta per la semplice privazione del possesso in forza di azione possessoria avanzata da un terzo.
L’esclusione della garanzia per evizione può essere convenuta dalle parti o dalla legge.
Per l’esclusione convenzionale dell’evizione, la legge ha fissato i seguenti limiti per la validità del patto:
– fatto proprio del venditore, quale, per esempio, la successiva vendita dello stesso bene a
un terzo che trascrive per primo l’acquisto (art. 1487, c. 2, cod. civ.);
– nullità della preventiva esclusione di responsabilità del venditore per dolo o colpa grave
(norma generale, cfr. art. 1229 cod. civ.).
A seguito dell’esclusione della garanzia, il venditore è comunque tenuto alla restituzione
del prezzo e al rimborso delle spese, vale a dire che la restituzione non può essere esclusa,
in quanto non rappresenta un risarcimento del danno (art. 1488, c. 1, cod. civ.); per le cause
di esclusione della garanzia [v 2.8.5].
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2.8.8 Garanzia per vizi
Tra le obbligazioni principali del venditore rientra anche la garanzia per vizi della cosa venduta (artt. 1476, n. 3 e 1490 cod. civ.).
Come la garanzia per evizione, anche questa garanzia, è diretta a tutelare una violazione
dell’impegno traslativo a carico del venditore.
Le parti possono escludere o limitare la garanzia, ma il patto non ha effetto se il venditore
ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa.
I vizi garantiti dal venditore devono essere tali da rendere inidonea la cosa all’uso cui è destinata o ridurne in modo apprezzabile il valore (cd. vizi redibitori) e avere i seguenti requisiti:
– devono essere materiali, cioè difetti che riguardano il processo di produzione e di fabbricazione;
– devono essere preesistenti alla vendita (o derivare da cause preesistenti). I vizi successivi, ma anteriori alla consegna, rilevano solo se imputabili al venditore e, costituendo inesatto adempimento, consentono di esercitare l’ordinaria azione di risoluzione, riduzione del
prezzo, risarcimento del danno indipendentemente dai termini previsti ex art. 1495 cod. civ.
per l’azione di garanzia;
– non devono essere conosciuti dal compratore, né facilmente riconoscibili (art. 1491 cod.
civ.) [v 2.8.9].
2.8.9 Vizi della cosa (art. 1491 cod. civ.)
Il venditore deve garantire il compratore dai vizi della cosa venduta, cioè deve garantire l’adempimento secondo le pattuizioni contrattuali. Per tale ragione, la legge tutela il compratore
solo se vi è inadempimento, cioè se non conosceva i vizi della cosa, ovvero se i vizi sono occulti e non facilmente riconoscibili. Infatti, la garanzia è esclusa se il compratore li conosceva
al momento del contratto, ovvero poteva facilmente riconoscerli, salvo che il venditore abbia
dichiarato che la cosa era esente da vizi. Se i vizi sono facilmente riconoscibili, l’obbligo di garanzia esiste solo se il venditore fornisce una specifica assicurazione sull’assenza di vizi.
a. Per quanto riguarda i vizi conosciuti, la garanzia è esclusa se il compratore ne era a effettiva conoscenza. Al riguardo occorre, tuttavia, distinguere tra vendita di cosa specifica e
vendita di cosa generica:
– per la vendita di cosa specifica (vendita a effetti reali), per l’effettiva conoscenza dei vizi
rileva il momento di conclusione del contratto, mentre è irrilevante il momento dell’esecuzione. In tal caso, infatti, non si verifica alcun inadempimento e la garanzia non sorge in
quanto il compratore, pur conoscendo i vizi, ha accettato il bene nello stato in cui si trova. Se
il compratore viene a conoscenza successivamente del vizio, l’avere ricevuto il bene senza
riserve può essere inteso come rinunzia alla garanzia (salvo che il compratore provi che non
era stato in grado di apprezzare la gravità del vizio);
– nella vendita di cosa generica (vendita a effetti ob➊ Vizi occulti sono quei vizi non conosciuti né riconoscibili.
bligatori), la conoscenza dei vizi (ovvero la semplice
riconoscibilità) è determinata con riguardo al momento di determinazione del bene e non della conclusione
➋ Vizi facilmente riconoscibili sono
del contratto. L’effettiva conoscenza esclude la garanquei vizi che non sono effettivamente
zia anche se il vizio era occulto.
conosciuti ma avrebbero potuto essere conosciuti con un minimo sforzo di
In tutti i casi, l’effettiva conoscenza del compratore
diligenza che si suppone esistere nel
non può essere presunta, ma deve essere provata dal
compratore. Si tratta di un grado di divenditore (se il vizio era conoscibile, è sufficiente proligenza inferiore alla diligenza media
varne la semplice conoscibilità).
del buon padre di famiglia; ne consegue che la garanzia esiste anche se il
b. Con riferimento ai vizi non conosciuti, se il comcompratore è in colpa lieve, mentre
pratore non aveva effettiva conoscenza dei vizi al moviene meno (rectius non sorge) se è in
mento della conclusione del contratto, occorre distincolpa grave. A differenza del vizio ricoguere tra vizi occulti ➊ e vizi facilmente riconoscibinoscibile, il vizio è apparente quando
li ➋. La garanzia è applicabile solo ai vizi occulti e
emerge, ictu oculi, alla vista del bene.
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non a quelli riconoscibili, salvo che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da
vizi. Se i vizi sono facilmente riconoscibili, l’obbligo di garanzia esiste solo se il venditore
fornisce una specifica assicurazione sull’assenza di vizi.
La giurisprudenza
In presenza di vizi facilmente riconoscibili, l’obbligo di garanzia sorge solo in presenza di una specifica assicurazione di assenza di vizi, mentre non è sufficiente la dichiarazione circa il buon funzionamento della
cosa venduta. Infatti, con tale dichiarazione il venditore promette una particolare qualità della cosa per un
tempo determinato, prestando una garanzia di durata, regolata da una propria disciplina e diretta ad altri
fini (Cass. civ. 22 gennaio 2000, n. 695 e Cass. civ. 2 aprile 1997, n. 2862).
Per l’esclusione della garanzia per i vizi non è richiesto il requisito dell’apparenza, ma quello della facile riconoscibilità del vizio. Pertanto, l’onere del compratore non postula una particolare competenza tecnica,
né il ricorso all’opera di esperti, ma è circoscritto alla diligenza occorrente per rilevare i difetti di facile
percezione (Cass. civ. 18 dicembre 1999, n. 14277).
È vizio occulto la difformità dell’immobile venduto rispetto alla concessione edilizia (Cass. civ. 15 novembre 1997, n. 11322).
2.8.10 Mancanza di qualità (art. 1497 cod. civ.)
Nell’ambito dei vizi della cosa, l’ordinamento prevede una pluralità di sottospecie di anomalie materiali, tra cui la mancanza delle qualità promesse e delle qualità essenziali per l’uso cui la cosa è destinata. Individuare in concreto i criteri per distinguere le varie sottospecie e, soprattutto, i vizi della mancanza di qualità essenziali non è agevole.
In via generale:
– le qualità essenziali sono quelle indispensabili per
➊ A tutela dei consumatori la legge ril’uso cui la cosa è destinata. Della loro esistenza il
conosce, tra gli altri, come fondamenvenditore risponde anche se non sono state dedotte
tali il diritto alla sicurezza e alla qualità
specificamente nel contratto ➊;
dei prodotti e dei servizi e a un’adeguata informazione, a una corretta pubbli– le qualità promesse comprendono tutti i requisiti
cità (art. 2, D.Lgs. n. 206/2005).
che non si configurano come qualità essenziali normali, ma che sono stati specificamente contemplati e
pattuiti nel contratto (Cass. civ. 25 marzo 1995, n. 3550). Possono essere atipiche se inerenti un uso diverso da quello normale della cosa, ovvero particolari se inerenti un uso
conforme alla destinazione ordinaria della cosa, ma da farsi a certe condizioni. Della loro
esistenza il venditore risponde esclusivamente se sono state (anche implicitamente) dedotte in contratto.
In ogni caso, se la cosa venduta non ha le qualità promesse, ovvero quelle essenziali per
l’uso a cui è destinata, il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento, purché il difetto di
qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi. Il diritto di ottenere la risoluzione è
soggetto a decadenza e prescrizione negli stessi termini stabiliti per l’evizione ex art. 1495
cod. civ.
2.8.11 Consegna di una cosa diversa (aliud pro alio)
I vizi della cosa e la mancanza delle qualità promesse vanno distinti dalla consegna di una
cosa diversa da quella venduta (aliud pro alio). La categoria dell’aliud pro alio dovrebbe
comprendere, oltre la consegna di una cosa diversa da quella venduta, anche la fattispecie
in cui la cosa, pur non appartenendo a un genere diverso, si rivela funzionalmente incapace
di assolvere la destinazione e, quindi, di soddisfare quei concreti bisogni che hanno indotto
l’acquirente a effettuare l’acquisto (Cass. civ. n. 40854/1982).
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La giurisprudenza
La consegna di un appartamento privo di alimentazione elettrica o idrica o privo del certificato di abitabilità rientra nella fattispecie dell’aliud pro alio (Cass. civ. 11 febbraio 1998, n. 1391).
Si può configurare la consegna di un aliud pro alio e, quindi, l’applicazione della disciplina della risoluzione
per inadempimento, solo se la cosa consegnata appaia radicalmente diversa da quella pattuita (Cass. civ.
20 febbraio 2004, n. 3370).
A differenza dei vizi della cosa, l’aliud pro alio consente al compratore di esercitare l’azione generale di risoluzione soggetta al termine decennale di prescrizione (art. 2946 cod.
civ.) e non ai termini brevi di prescrizione e decadenza ex art. 1495 cod. civ. previsti per la
garanzia per vizi.
La giurisprudenza
Oltre l’ordinaria azione di risoluzione, il compratore può proporre anche l’azione di risarcimento dei danni
per inadempimento, sia contestualmente all’azione di risoluzione che autonomamente (Cass. civ. 14 gennaio 1998, n. 272).
Vi è aliud pro alio non solo quando la cosa appartenga a un genere del tutto dissimile da quello convenuto, ma anche se manca delle qualità necessarie per assolvere la sua funzione, assunta come essenziale
dalle parti (Cass. civ. 23 marzo 1999, n. 2712).
2.8.12 Effetti della garanzia per vizi della cosa
Il compratore, a tutela dei vizi della cosa acquistata, può esercitare l’azione di risoluzione
del contratto (azione redibitoria) (art. 1495 cod. civ.) e l’azione di riduzione del prezzo (art.
1492, c. 1, cod. civ.). La scelta dell’azione è irrevocabile.
Azione di risoluzione (azione redibitoria). L’azione ha
➊ L’azione di garanzia per vizi a favola stessa natura dell’azione generale di risoluzione per
re del compratore si prescrive in un
inadempimento e, come questa, prescinde da ogni colpeanno dalla consegna. Tuttavia, il comvolezza (trattandosi di un difetto funzionale della causa
pratore, convenuto per l’esecuzione
che esiste, indipendentemente dal dolo o dalla colpa del
del contratto, può far valere la garanzia anche oltre l’anno dalla consegna
venditore). L’azione presenta le seguenti caratteristiche.
se ha denunziato il vizio entro otto
a. L’azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla
giorni dalla scoperta e prima del deconsegna del bene ➊. Entro questo termine massimo
corso dell’anno dalla consegna (art.
di prescrizione, il compratore deve, a pena di decaden1495, c. 3, cod. civ.).
La prescrizione è sospesa se il vendiza, denunziare i vizi della cosa acquistata al venditore
tore ha dolosamente occultato il vizio
entro otto giorni dalla scoperta (salvo diverso termine
e sino a quando il vizio non è scoperto
stabilito dalle parti o dalla legge). È nullo il patto con
(art. 2941, n. 8, cod. civ.).
cui si stabiliscono termini di decadenza dal diritto alla
garanzia (art. 2965 cod. civ.). Il termine di decadenza ha una differente decorrenza a seconda del tipo di vizio, e precisamente:
– per i vizi occulti non riconoscibili né effettivamente conosciuti, il termine di otto giorni decorre dal giorno della scoperta (non da quando i vizi avrebbero potuto essere astrattamente conosciuti). Se la scoperta dei vizi avviene in tempi successivi, occorre avere riguardo al momento in
cui la scoperta è completa. Nella vendita a consegne ripartite, se lo stesso vizio riguarda tutta la
merce, il termine per la relativa denuncia è unico e decorre dal giorno della scoperta iniziale;
– per i vizi apparenti (riconoscibili anche a un sommario esame), il termine di otto giorni
decorre dal giorno in cui il compratore è stato in grado di esaminare la merce, cioè dal giorno della consegna. Per la vendita di beni mobili da trasportare, il termine decorre dal ricevimento (art. 1511 cod. civ.). Nella vendita con clausola “franco partenza”, il venditore risponde dei vizi, non imputabili al trasporto, che gli sono denunziati nei termini prescritti.
In tutti i casi, è il compratore che deve provare la tempestività della denunzia, mentre la
decadenza deve essere ritualmente eccepita dal venditore e non può essere rilevata d’ufficio
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(Cass. civ. 29 gennaio 2000, n. 1031). L’azione è preclusa se il compratore manifesta di fatto la volontà di accettare la cosa pur conoscendone i vizi, ad esempio utilizzandola, salvo
che l’utilizzazione sia stata finalizzata a evitare il danno, ovvero sia necessaria per accertare
il vizio, ovvero per tentarne l’eliminazione.
b. La denuncia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto (in modo espresso o tacito) l’esistenza del vizio o ha occultato il vizio. A tal fine, è necessario che abbia compiuto interventi
volti a renderne difficile la scoperta, con un’attività diretta e con adeguati accorgimenti per occultarli, mentre non è sufficiente che li abbia taciuti (Cass. civ. 13 agosto 1997, n. 7545).
c. La denuncia può essere anche generica (ma adeguata a informare il venditore) ed essere
effettuata con qualsiasi mezzo anche verbale, salvo diversa pattuizione (Cass., Sez. Un., 15
gennaio 1991, n. 328). A seguito della denunzia, il compratore deve tenere il bene a disposizione del venditore per un tempo necessario per l’intervento di quest’ultimo.
In caso di risoluzione del contratto, il venditore deve restituire il prezzo e rimborsare al
compratore le spese e i pagamenti legittimamente fatti per la vendita (art. 1493, c. 1, cod.
civ.), mentre il compratore deve restituire la cosa, se questa non è perita in conseguenza dei
vizi (art. 1493, c. 2, cod. civ.).
Azione di riduzione del prezzo. L’azione di riduzione del prezzo (azione estimatoria) è diretta a ridurre il prezzo da pagare (o a chiederne il parziale rimborso, se già pagato) in rapporto a una minore utilità derivante dai vizi.
Se la percentuale di riduzione non può essere fissata nel suo ammontare, provvede il Giudice con valutazione equitativa (art. 1226 cod. civ.).
Azione di risarcimento del danno (art. 1494, c. 1, cod. civ.). In tutti i casi, il compratore
ha diritto a ottenere il risarcimento del danno subito, salvo che il venditore provi di aver
senza colpa ignorato i vizi della cosa.
Il risarcimento del danno comprende sia il danno
➊ È risarcibile il danno cagionato dalla
emergente (diminuzione patrimoniale) che il lucro
morte o da lesioni personali; la distruzione o il deterioramento di una cosa
cessante (mancato guadagno). Il venditore risponde
diversa dal prodotto difettoso, purché
anche del danno cagionato dai vizi della cosa ➊.
di tipo normalmente destinato all’uso o
La prova è a carico del compratore, mentre la prova
consumo privato e così principalmente
liberatoria della mancanza di colpa spetta al venditore,
utilizzata dal danneggiato. Il danno a
cose è risarcibile solo nella misura che
ma solo se il compratore preventivamente dimostra la
ecceda la somma di euro 387 (art.
responsabilità del venditore ➋.
123, D.Lgs. n. 206/2005).
L’azione deve essere proposta negli stessi termini di
prescrizione e decadenza previsti ex art. 1495 cod.
➋ Nei contratti con il consumatore il
civ. per la garanzia per vizi.
danneggiato deve provare il difetto, il
Nelle cosiddette vendite a catena, l’azione di risarcidanno e la connessione causale tra dimento sorge solo nei confronti del diretto venditore,
fetto e danno, mentre il produttore deinfatti ogni vendita ha una propria autonomia che imve provare i fatti che possono escluderne la responsabilità (art. 120,
pedisce di esercitare verso i precedenti venditori l’aD.Lgs. n. 206/2005).
zione risarcitoria del compratore danneggiato.
2.8.13 Modificazione convenzionale della garanzia legale
La garanzia può essere modificata convenzionalmente dalle parti: può essere estesa anche a
vizi non redibitori, ovvero prevedere l’azione di esatto adempimento a favore del compratore, alternativamente con le azioni derivanti dalla garanzia, di risoluzione del contratto e di
riduzione del prezzo.
La garanzia per vizi occulti può essere limitata o
esclusa convenzionalmente ➌.
➌ Non valgono a escludere la garanzia
clausole (meramente di stile) quali “acIl rischio dei vizi della cosa venduta può essere trasfericettato nello stato in cui si trova”, “merto all’acquirente solo se si tratta di vizi non noti, né coce verificata” e “provata e accettata”.
noscibili a entrambe le parti (art. 1490, c. 2, cod. civ.).
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La clausola con la quale si esclude o si limita la garanzia per i vizi è una clausola vessatoria e, quindi, deve essere specificatamente approvata per iscritto (Cass. civ. 23 dicembre
1993, n. 12759).
2.8.14 Garanzia di buon funzionamento
Anche se inserita nell’ambito della sezione dedicata alla vendita di beni mobili, può essere
applicata per qualsiasi bene (anche immobile). Tuttavia, tale garanzia può essere invocata
solo se prevista nel contratto (art. 1512 cod. civ.).
In tutti i casi, il venditore, in aggiunta alla garanzia legale per vizi o per mancanza di qualità, può garantire anche il buon funzionamento della cosa venduta alle seguenti condizioni:
– può essere pattuita esclusivamente per un tempo determinato;
– la garanzia, salvo usi commerciali diversi, deve essere pattuita dalle parti;
– a pena di decadenza, l’acquirente deve denunziare il cattivo funzionamento entro trenta
giorni dalla scoperta. L’azione si prescrive entro sei mesi dalla scoperta (a seguito della
prescrizione, la garanzia non è opponibile al venditore neppure in via di eccezione, cioè
se il compratore è convenuto in giudizio dal venditore). L’acquirente è tenuto a provare il
cattivo funzionamento della cosa senza provarne la causa, né il tempo della insorgenza
del vizio. Spetta al venditore l’onere di provare che il cattivo funzionamento non è a lui
imputabile.
Nel periodo di vigenza della garanzia, il compratore ha diritto di ottenere la sostituzione o
la riparazione della cosa in garanzia per cattivo funzionamento, anche non dovuto a vizi o a
mancanza di qualità.
2.8.15 Garanzia ambientale
Come per il contratto preliminare, anche nel contratto di vendita di area o fabbricato industriale è opportuno predisporre opportune clausole di garanzia ambientale a tutela dell’acquirente [v 2.8.14] [f 245].
2.9
Obblighi e oneri dell’acquirente
A fronte dell’obbligo del venditore di trasferire la proprietà dell’immobile e di fornire le garanzie richieste, principale obbligo dell’acquirente è il pagamento del prezzo e delle altre
spese e oneri posti a suo carico dalla legge (oneri fiscali) o dal contratto.
2.9.1 Pagamento spese
Le spese del contratto di vendita (atto notarile, trascrizione) e le rispettive accessorie (imposta di registro ecc.) sono a carico dell’acquirente, salvo diversa pattuizione (art. 1475, cod.
civ.); sulla solidarietà fiscale [v 6.3.1].
2.9.2 Ipoteca legale a favore del venditore (art. 2817, n. 1, cod. civ.)
Nel caso di vendita di immobili, è previsto a favore del venditore il diritto all’ipoteca legale
a garanzia degli obblighi a carico dell’acquirente, tra i quali il pagamento del prezzo. Ciò
significa che il titolo all’ipoteca discende direttamente dalla legge e il conservatore dei registri immobiliari è obbligato a iscriverla d’ufficio quando gli viene presentato il contratto di
vendita, salvo che:
– da atto pubblico o scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente risulti il pagamento del prezzo o
– vi sia stata espressa rinunzia all’ipoteca da parte del venditore (art. 2834 cod. civ.).
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Che cosa verificare prima dell’acquisto di un immobile
Diritto di famiglia
a. Sin dalla stipula del preliminare è opportuno verificare se il venditore è coniugato e se è in regime di
comunione legale o di separazione dei beni. Se il venditore è in regime di comunione legale con l’altro coniuge e l’immobile cade in comunione, il contratto (preliminare e definitivo) deve essere sottoscritto da entrambi i coniugi.
b. Intestazione dell’immobile acquistato
Al riguardo e con riferimento al regime patrimoniale tra i coniugi, è necessario ricordare:
– se i coniugi sono in regime di separazione dei beni, il coniuge acquirente può acquistare e intestarsi la
proprietà dell’immobile;
– se i coniugi sono in regime di comunione legale dei beni, l’immobile acquistato entra automaticamente
(ex lege) in comunione, salvo che il coniuge acquirente dichiari nel rogito che l’immobile è acquistato con
denaro personale derivante da un’eredità o da altri proventi personali e l’altro coniuge, presente e partecipe all’atto, non si opponga.
Commerciabilità dell’immobile
a. Abusi edilizi
È opportuno verificare l’esistenza di vincoli di natura urbanistica che potrebbero ostacolare il trasferimento dell’immobile, sin dalla stipula del preliminare (verificare che l’immobile non sia abusivo, ovvero che sia
stata concessa l’autorizzazione in sanatoria). Sono nulli i trasferimenti di immobili che non contengono la
dichiarazione relativa alla regolarità dell’edificio venduto rispetto alla disciplina urbanistica (art. 40, legge
n. 47/1985 e legge n. 724/1994).
b. Vizi e difformità
Occorre verificare se l’immobile presenta irregolarità, difformità o altri vizi che, sebbene non comportino
la nullità dell’eventuale trasferimento, ne diminuiscono notevolmente il valore. In ogni caso, i vizi devono
essere fatti valere nei termini, assai brevi, di decadenza e prescrizione previsti dal codice civile (art.
1495). Al riguardo, è necessario che gli eventuali vizi riscontrati (specie quelli occulti, rilevabili solo in seguito a lavori) siano denunciati dal momento della loro scoperta, successiva all’immissione nel possesso,
anche se questa sia avvenuta prima dell’atto definitivo di compravendita (rogito).
c. Termini e condizioni
Verificare l’esistenza di eventuali termini posti al fine di vincolare la vendita dell’immobile (per esempio vincolo delle belle arti), ovvero entro un certo periodo o a particolari condizioni, ad esempio può essere prevista l’impossibilità di rivendere per un certo periodo (due o tre anni) o esclusivamente in presenza di determinate condizioni.
d. Box, posti auto e altre pertinenze
Se insieme all’immobile vi sono anche un box, un posto auto o altre pertinenze, è opportuno verificare se l’eventuale posto auto possa essere assoggettato al regime previsto dalla legge urbanistica n. 1150/1942, introdotto dall’art. 18, legge n. 765/1967, secondo cui nelle nuove costruzioni e anche nelle aree di pertinenza delle stesse costruzioni debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura prestabilita in relazione ai metri quadri delle costruzioni. L’inosservanza comporta nullità. Anche se non esiste alcun vincolo
di destinazione della pertinenza a parcheggio, di regola, i box auto e le altre pertinenze seguono il regime
della cosa principale e, pertanto, devono essere venduti insieme all’immobile principale cui sono asserviti.
e. Obbligo di denunzia alla Questura della vendita
Il venditore ha l’obbligo di denunciare alla Questura competente per territorio il trasferimento dell’immobile indicando i nominativi degli acquirenti in appositi moduli che devono essere consegnati personalmente o a mezzo
raccomandata con ricevuta di ritorno entro 48 ore dall’avvenuta consegna dell’immobile (di solito al momento
della compravendita). In caso di omessa denuncia, il venditore è soggetto a una sanzione pecuniaria.
Agevolazioni prima casa
Per poter usufruire delle agevolazioni prima casa, l’acquirente deve verificare di avere tutti i requisiti richiesti dalla legge:
– non essere titolare dei diritti di proprietà di altra abitazione nel Comune dove è sito l’immobile;
– non essere titolare dei diritti di proprietà su altro immobile sito nel territorio italiano acquistato con le
agevolazioni prima casa;
– trasferire la residenza entro 18 mesi dalla compravendita (oppure 12 mesi nel caso di mutuo per non
perdere le agevolazioni);
– l’immobile acquistato non deve essere di lusso.
Pagamento imposte
In atto deve essere dichiarato da parte del venditore che non vi sono pendenze in ordine al pagamento di
imposte dirette e indirette riguardanti l’immobile. Diversamente, l’acquirente sarebbe obbligato a pagarle
per evitare il privilegio sugli immobili ex artt. 2771 e 2772 cod. civ. a garanzia dei debiti tributari.
ICI
Occorre verificare il regolare pagamento del tributo.
(segue)
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Successione ereditaria
Se l’immobile oggetto della vendita ha come provenienza una successione ereditaria, è opportuno verificare l’avvenuto pagamento del tributo.
Immobile in condominio
L’acquirente è obbligato in solido con il venditore al pagamento delle spese condominiali arretrate per
l’anno in corso e il precedente. L’acquirente risponde delle spese per opere o riparazioni straordinarie,
previste, ma taciute dal venditore. È, quindi, opportuno informarsi circa:
– eventuali opere di manutenzione già deliberate (a carico del venditore), oppure da deliberarsi (a carico
dell’acquirente);
– ammontare delle spese condominiali annuali;
– regolamento condominiale.
Qualità legale dell’immobile
a. Terreno edificabile
Per evitare di acquistare terreni senza concessione, controllare che non sia scaduta e condizionare l’acquisto all’accettazione della voltura da parte del Comune.
b. Immobile in corso di costruzione
Accertare l’esistenza della concessione e la conformità delle opere eseguite. Se le opere sono difformi, il Comune potrebbe imporne l’eliminazione o, anche, agire in via amministrativa e penale contro il costruttore.
c. Immobile esistente
Può essere abusivo, in tutto o in parte, o non sanato e può non essere stato pagato dal venditore tutto il
dovuto al Comune (oblazione e contributi di concessione).
Occorre accertare la legittimità della costruzione, prima di sottoscrizioni o caparre, a mezzo notaio e facendosi rilasciare dal venditore il certificato di abitabilità.
Acquisto da imprenditore (anche non costruttore)
Occorre sapere che, in caso di fallimento del venditore, l’immobile acquistato può essere soggetto all’azione revocatoria fallimentare.
Nel caso di lottizzazioni, indipendentemente dalla revocatoria, c’è il rischio di dover rispettare convenzioni
con il Comune per opere di urbanizzazione non ultimate dal venditore al momento del fallimento.
Nel caso di preliminare di vendita di costruzione non ultimata, se il costruttore venditore fallisce, l’acquirente diventerà semplice creditore del fallimento, con poche possibilità di recuperare le somme anticipate.
Immobile locato
Se l’immobile è locato, il conduttore ha diritto di prelazione e può esercitare il diritto di riscatto se il locatore non gli ha fatto offerta o se la somma dichiarata per la compravendita è inferiore a quella domandata
al conduttore. Anche se il conduttore dichiara di liberare i locali a fronte di una somma a titolo di buona
uscita, potrebbe non tener fede a quanto promesso.
Cauzioni a garanzia del contratto di locazione
In tal caso, l’acquirente deve esigere dal venditore le copie delle ricevute di cauzione o, in mancanza di
cauzioni, una dichiarazione liberatoria del conduttore.
Vincoli, servitù, convenzioni non dichiarate dal venditore
È opportuno verificare l’esistenza di vincoli forestali, ferroviari, derivanti da piano regolatore generale, di
destinazione agricola, verde o pubblica, lottizzazioni o convenzioni speciali stipulate coi Comuni, terreni
posti nelle zone di rispetto delle strade fuori dell’abitato o dei cimiteri, vincoli di tutela delle antichità o belle arti ecc.
Immobili in corso di costruzione e partecipazione a cooperative
Per chi acquista un immobile da costruire, è opportuno verificare la serietà dell’impresa costruttrice venditrice.
Se l’edificio è costruito su un terreno concesso dal Comune in diritto di superficie, l’acquirente non acquisterà la piena proprietà del fabbricato, ma solo il diritto di superficie per il tempo massimo previsto dalla
convenzione comunale (legge n. 448/1998).
Decesso del venditore prima della stipula della vendita
Gli eredi (o i legatari) sono obbligati a dar seguito al preliminare sottoscritto dal de cuius.
Agevolazioni prima casa
Requisiti oggettivi
L’abitazione deve essere non di lusso e deve essere ubicata nel Comune in cui l’acquirente ha la residenza, o in cui l’acquirente intende trasferirla entro 18 mesi dall’acquisto, o in cui svolge la propria attività.
Requisiti soggettivi
L’acquirente non deve essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge di diritti di proprietà, usu(segue)
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frutto, uso e abitazione di altra casa sita nel medesimo Comune in cui si trova l’immobile da acquistare;
non deve essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale con il coniuge, su tutto
il territorio nazionale dei diritti di proprietà, nuda proprietà, usufrutto, uso ed abitazione su abitazione acquistata con le agevolazioni.
Imposte agevolate
Imposta di registro:
– se atto non soggetto a IVA, 3%
– se atto soggetto a IVA, 4% più 168,00 euro di imposta fissa di registro
Imposta fissa ipotecaria: 168, 00 euro
Imposta fissa catastale: 168,00 euro
La giurisprudenza
Per poter usufruire dei benefici fiscali per l'acquisto della prima casa, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile deve essere riferito alla famiglia; di conseguenza in caso di comunione
legale tra i coniugi, quel che rileva è che l'immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre
non assume rilievo la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza in tale Comune, e ciò in ogni
caso in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ex art. 177 cod. civ., quindi sia nel caso di acquisto separato che nel caso di acquisto congiunto del bene stesso (Cass. 28 gennaio 2009, n. 2109).
2.10
Fattispecie particolari
2.10.1 Beni immobili in comunione legale tra coniugi
Anche se in regime di comunione legale, ciascun coniuge può vendere liberamente beni immobili di sua esclusiva proprietà di cui all’art. 179 cod. civ.
Parimenti, ciascun coniuge ha il potere di disporre del danaro proprio (derivante dalla
vendita di beni personali) per acquistare beni immobili, senza che necessiti il consenso
dell’altro coniuge e senza che il bene entri in comunione legale a condizione che l’esclusione risulti dall’atto di acquisto e di esso sia stato parte anche l’altro coniuge (art. 179. c.
2, cod. civ.).
All’opposto, la vendita di un immobile della comunione legale richiede, a pena di annullabilità, il consenso di entrambi i coniugi.
L’azione di annullamento può essere esercitata dal coniuge il cui consenso è necessario
entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza della vendita e, in ogni caso, entro un
anno dalla data di trascrizione. Se l’atto non è stato trascritto e il coniuge non ne ha avuto
conoscenza prima dello scioglimento della comunione, l’azione può essere proposta oltre l’anno dallo
➊ Il termine di un anno è di prescrizione e non è soggetto alla sospensione
scioglimento della comunione legale (art. 184 cod.
tra coniugi ex art. 2941, n. 1, cod. civ.
civ.) ➊.
(Cass. civ. 22 luglio 1987, n. 6369).
Se un coniuge rifiuta il consenso per la vendita o l’acquisto di un immobile, l’altro coniuge può rivolgersi al Tribunale del luogo ove risiede la famiglia per ottenere l’autorizzazione se la compravendita sia necessaria nell’interesse della famiglia (art. 181 cod. civ.).
Il caso
Per l’ipotesi di vendita di edificio costruito, vigente la comunione legale tra i coniugi, su un terreno di proprietà personale di un solo coniuge, legittimato alla vendita è esclusivamente e liberamente il coniuge proprietario del suolo che ha acquistato per accessione anche la proprietà esclusiva dell’edificio. L’altro coniuge potrà, eventualmente, solo vantare un diritto di credito equivalente alla metà del danaro impiegato
per la costruzione dell’edificio.
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FATTISPECIE PARTICOLARI
2.10.2 Vendita tra coniugi
La vendita di immobili tra coniugi è possibile, tuttavia per le modalità e gli effetti occorre
distinguere se i coniugi sono in regime di comunione legale o separazione di beni.
a. Se i coniugi sono in regime di separazione di beni, la vendita tra essi di immobili è soggetta alle regole ordinarie e non richiede alcuna particolare formalità.
b. Se i coniugi sono in regime di comunione legale di beni, un coniuge può egualmente
vendere un bene immobile di sua esclusiva proprietà all’altro coniuge, che lo acquista a titolo personale alle seguenti condizioni:
– si deve trattare di immobili che servono all’esercizio della professione del coniuge acquirente, a eccezione di quelli destinati alla conduzione di un’azienda facente parte della comunione [art. 179, c. 1, lett. d), cod. civ.];
– si deve trattare di immobili acquistati con il prezzo del trasferimento di beni personali o
con il loro scambio e ciò deve essere dichiarato nell’atto di acquisto dal coniuge acquirente;
– l’esclusione dalla comunione deve risultare dall’atto di acquisto a condizione che di esso
sia stato parte anche l’altro coniuge (art. 179, c. 2, cod. civ.). Nel caso di illegittimo rifiuto
dell’altro coniuge di intervenire, il coniuge acquirente potrà promuovere, prima dell’acquisto, un’azione di accertamento diretta a far dichiarare l’illegittimità del rifiuto e il conseguente diritto all’acquisto personale. Nel caso, invece, di non corrispondenza al vero della
dichiarazione di esclusione del bene dalla comunione
rilasciata dall’atro coniuge, la situazione reale di ap➊ A differenza del patto di riscatto, nel
partenenza del bene alla comunione può essere invopatto di prelazione è convenuta una
preferenza in caso di vendita. Di regola,
cata, oltre che dal coniuge che ha rilasciato la dichiaraha effetti obbligatori, cioè produce efzione, anche da un terzo.
fetti solo tra le parti e non verso i terzi
Per rendere opponibile ai terzi la personalità dell’ac(di conseguenza la sua violazione comporta solo il risarcimento del danno).
quisto, vale a dire che l’immobile non entra in comunione ma è bene personale di un coniuge, è necessario
che l’acquisto sia trascritto a favore del solo coniuge
➋ Il nostro sistema prevede che le gaacquirente (art. 2467 cod. civ.).
ranzie reali siano a numero chiuso,
2.10.3 Vendita con patto di riscatto
La vendita può contenere anche un patto di riscatto
[f 195], cioè il venditore può riservarsi il diritto di
riacquistare lo stesso immobile venduto mediante restituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti dalla legge
(artt. 1500 ss. cod. civ.) ➊.
La vendita con patto di riscatto è un negozio puro (non
condizionato) che produce immediati effetti reali, trasferendo la proprietà al compratore, ma contestualmente attribuendo al venditore il diritto potestativo
(potere di revoca) di sciogliere il rapporto di vendita
riacquistando la proprietà della cosa venduta ➋.
Il patto di riscatto può essere stipulato anche con atto
separato da quello di vendita, ma non successivo. Infatti, un patto successivo darebbe luogo a un diverso
contratto preliminare unilaterale di vendita (pactum de
retrovendendo) ➌.
Il diritto di riscatto non è, di per sé, cedibile, ma può
essere ceduto insieme a tutta la posizione contrattuale
del venditore (cessione del contratto).
cioè non consente ai privati di creare
figure nuove accanto a quelle già previste dalla legge (ipoteca, pegno). E per
questa ragione la legge vieta il patto
commissorio con il quale, in mancanza
del pagamento, la proprietà della cosa
ipotecata o data in pegno passa al creditore (art. 2744 cod. civ.). Tuttavia, la
vendita con patto di riscatto è valida
(anche se a scopo di garanzia), in
quanto il passaggio della proprietà è
immediato, mentre nel patto commissorio il trasferimento avviene solo a
seguito di inadempimento.
➌ Con il patto di retrovendita [f 190], il
compratore si obbliga a rivendere il
bene al venditore. A differenza della
vendita con patto di riscatto, il patto di
retrovendita ha efficacia meramente
obbligatoria e non è opponibile ai terzi
(ha natura di contratto preliminare unilaterale). Per la retrovendita, inoltre,
occorre un nuovo contratto, mentre
per l’esercizio del riscatto è sufficiente
la dichiarazione del venditore.
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La dichiarazione di riscatto è un atto negoziale ricettizio e, riguardando immobili, va effettuata in forma scritta, a pena di nullità, e trascritta.
Esercizio del riscatto (artt. 1501 e 1502 cod. civ.). Il venditore può esercitare il diritto di
riscatto:
a. se oggetto della compravendita è un bene immobile, comunicando la dichiarazione di riscatto al compratore entro un termine (di decadenza) massimo inderogabile e non prorogabile di cinque anni L’eventuale termine maggiore convenuto dalle parti si riduce a quello legale. Il termine decorre dalla stipula del contratto;
b. rimborsando al compratore: il prezzo, il patto di restituire un prezzo superiore è nullo
per l’eccedenza (art. 1500, c. 2, cod. civ.); le spese e ogni altro pagamento legittimamente
fatto per la vendita; le spese per le riparazioni necessarie e, nei limiti dell’aumento, quelle
che hanno aumentato il valore della cosa. Per spese che hanno aumentato il valore della
cosa deve intendersi la spesa concretamente erogata dal compratore a vantaggio della cosa
e non l’utilità conseguitane. Il Giudice, per il rimborso delle spese utili, può, tuttavia, accordare una dilazione disponendo, se occorrono, opportune cautele. Sino a quando il venditore non ha corrisposto quanto dovuto, il compratore può ritenere la cosa, ma non può
trarre profitto dalla cosa ritenuta, facendone propri i frutti (dal momento del riscatto spettano al venditore).
A seguito del riscatto, il venditore rientra nella proprietà del bene esente dai pesi e dalle
ipoteche da cui sia stata nel frattempo gravata (art. 1505 cod. civ.). Se il bene è stato locato,
il venditore deve mantenere le locazioni fatte senza frode, purché abbiano data certa e siano
state convenute per un tempo non superiore ai tre anni (e comunque per tre anni, anche se il
contratto prevedeva un periodo superiore).
Effetti tra le parti e rispetto ai terzi (art. 1504 cod. civ.). A seguito della vendita, il compratore diviene proprietario del bene, successivamente al riscatto, il venditore riacquista automaticamente il bene alienato, senza necessità di un nuovo contratto di compravendita.
Il riscatto produce effetti anche nei confronti dei terzi successivi acquirenti dal compratore
(cd. effetti reali) alle seguenti condizioni:
– nella vendita di immobili o di mobili registrati, il patto e la dichiarazione di riscatto siano
trascritti, anche successivamente all’acquisto del terzo, ma entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per esercitare il riscatto;
– nella vendita di mobili, il terzo abbia conseguito la proprietà del bene senza buona fede al
momento della consegna e senza titolo idoneo al passaggio della proprietà (art. 1153 cod. civ.).
Se l’ulteriore vendita a terzi è stata notificata all’originario venditore, questi deve esercitare il
riscatto direttamente nei confronti del terzo acquirente. Diversamente, il venditore ha la facoltà
di scegliere se esercitare il riscatto nei confronti del compratore o del terzo subacquirente.
Regime fiscale
Come accennato, con la vendita con patto di riscatto il venditore può riservarsi il diritto di riacquistare lo
stesso immobile venduto. Ai fini fiscali, la vendita con patto di riscatto produce gli effetti ordinari di tutte
le vendite, in particolare con riguardo alle plusvalenze che possono realizzarsi con questa operazione.
Se il cedente sia un’impresa, la risoluzione della vendita nel corso dell’esercizio successivo a quello della
cessione è imputata nell’esercizio in corso alla data di esercizio della facoltà di riscatto.
Ai fini dell’imposta di registro, se la vendita con patto di riscatto è esclusa da IVA in quanto effettuata da
un privato, essa è, tuttavia, soggetta a imposta proporzionale e il successivo esercizio del diritto di riscatto è soggetto a tassa fissa (art. 28, T.U. n. 131/1986).
2.10.4 Vendita sottoposta a condizione
Il contratto di vendita può anche essere condizionato sia sospensivamente sia risolutivamente [f 200].
La condizione sospensiva sospende l’efficacia di ogni effetto del contratto (e quindi non
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solo il trasferimento giuridico del bene, ma anche tutti gli altri effetti derivanti dal contratto,
quali l’obbligo del venditore di trasferire la proprietà, l’obbligo del compratore di pagare il
prezzo ecc.). Per tale ragione, il contratto sospensivamente condizionato va sempre ricompreso tra i contratti a effetti reali (ove il trasferimento della proprietà è contestuale alla conclusione del contratto) e non tra quelli a effetti obbligatori (ove il trasferimento è differito
anche se il contratto è immediatamente efficace) (art. 1376 cod. civ.). Di regola, quando si
verifica la condizione, la vendita produce tutti i suoi effetti con efficacia retroattiva (ex
tunc), salvo diversa previsione contrattuale o per la natura del rapporto (art. 1360 cod. civ.).
Il caso
In data 10 gennaio 2007 Tizio vende a Caio un appartamento sotto la condizione sospensiva (per esempio,
che sia accolta la sua domanda di trasferimento) che si verifica in data 1° giugno 2007. A quest’ultima data Caio diviene proprietario dell’immobile sin dal 10 gennaio 2007.
La condizione risolutiva non sospende l’efficacia della vendita che produce immediatamente tutti i suoi effetti, anche se l’avveramento della condizione risolve la vendita sin dall’inizio (effetto retroattivo ex tunc), salvo previsione contrattuale o per la natura del rapporto e per contratti a esecuzione continuata o periodica.
In tutti i casi, la retroattività non è un elemento essen➊ La retroattività non si applica agli atti di ordinaria amministrazione (diretti
ziale, ma costituisce un effetto naturale della condizione
alla conservazione del bene) compiuti
(la volontà delle parti può disporre diversamente) ➊.
in pendenza della condizione da chi
Durante la pendenza della condizione sorgono solo efesercita il diritto.
La retroattività non si applica ai frutti
fetti preliminari o prodromici al trasferimento del diritpercepiti durante la pendenza della
to (cd. aspettativa trasmissibile agli eredi), in particolare:
condizione, salvo diversa previsione
– il compratore o il venditore, rispettivamente per la
del contratto (art. 1361 cod. civ.).
condizione sospensiva e risolutiva, possono compiere
atti conservativi, come il sequestro conservativo (art.
1356 cod. civ.);
– il venditore o il compratore possono compiere atti dispositivi. Per esempio, in caso di condizione sospensiva, il venditore può vendere il bene salvo condizionare questa ulteriore vendita
al non avveramento della condizione cui era subordinata la prima vendita (art. 1357 cod. civ.).
In tutti i casi, le parti del contratto di vendita, durante la pendenza della condizione sospensiva o risolutiva, devono comportarsi secondo buona fede (art. 1358 cod. civ.).
La giurisprudenza
In caso di condizione sospensiva, gli atti conservativi che l’alienante può compiere possono ricomprendere anche l’azione e la resistenza in un giudizio di cognizione nei confronti del terzo detentore, al fine di evitare che egli acquisti a titolo originario la proprietà del bene (Cass. civ. 1° marzo 2010, n. 4863).
2.10.5 Vendita a termine
La vendita a termine è caratterizzata dal differimento del trasferimento della proprietà alla
scadenza di un dato termine. Termine che va inteso come iniziale per l’acquirente (acquisto
della proprietà) e finale per il venditore (segna il trasferimento della proprietà).
Di solito, le parti, quando vogliono apporre un termine al trasferimento della proprietà, sottopongono a quel termine l’efficacia dell’intero contratto, quindi compreso il pagamento
del prezzo. È, tuttavia, possibile pattuire che il prezzo sia pagato prima che sia scaduto il
termine per il trasferimento della proprietà.
Anche la vendita a termine, come quella sospensivamente condizionata, rientra nell’ambito
delle vendite a effetti reali (ove il trasferimento della proprietà è contestuale alla conclusione del contratto) e non tra quelle a effetti obbligatori (ove il trasferimento è differito anche
se il contratto è immediatamente efficace) (art. 1376 cod. civ.). Infatti, pur realizzandosi un
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differimento del trasferimento rispetto al momento di conclusione del contratto, in essa è
rinviato tutto il contratto (cioè sono differiti tutti gli effetti della vendita alla scadenza del
termine pattuito).
Il caso
In data 1° aprile 2008 Tizio e Caio concludono un contratto definitivo di vendita dell’immobile di proprietà
di Tizio con il patto che il trasferimento della proprietà è differito al 30 settembre 2008.
2.10.6 Vendita con facoltà alternativa
A differenza della vendita alternativa (che è una vendita a effetti obbligatori ove il trasferimento della proprietà è differito anche se il contratto è immediatamente efficace), la vendita
con facoltà alternativa è una vendita a effetti reali in cui la proprietà si trasferisce sin dal momento della conclusione (stipula) del contratto [f 210]. Infatti, l’oggetto della vendita è unico,
solo che il contratto attribuisce al venditore, sino al momento della consegna, la facoltà di
consegnare un’altra cosa in luogo di quella dovuta (questo tipo di vendita differisce dalla datio in solutum per la ragione che nella datio la sostituzione non è originariamente pattuita).
Agli effetti della trascrizione si seguono i principi per la vendita a effetti reali e cioè, se
l’unica cosa in obbligazione è un immobile, la vendita può essere subito trascritta. In caso
di esercizio della sostituzione facoltativa con altro immobile, l’atto con cui viene esercitata
la facoltà alternativa va trascritto autonomamente.
2.10.7 Vendita con riserva di gradimento (art. 1520 cod. civ.)
Nella vendita con riserva di gradimento da parte dell’acquirente, il contratto si perfeziona solo quando il
➊ Parte della dottrina configura la vendita con riserva di gradimento come
gradimento è comunicato al venditore; ne consegue
un’opzione contrattuale che ricorre
che prima del gradimento non esiste un contratto defiquando le parti pattuiscono che una di
nitivo di vendita (né a effetti reali né obbligatori). A
esse resta vincolata alla propria dichiaseguito del gradimento, la vendita è perfetta (ex nunc,
razione, mentre l’altra è libera di accettarla o meno (art. 1331, c. 1, cod. civ.).
cioè decorre dal gradimento) e rientra nell’ambito delle vendite a effetti reali ➊.
Anche se prevista nella sezione relativa ai beni mobili, la vendita con riserva di gradimento
può riguardare anche immobili.
In tutti i casi, il gradimento va espresso nel termine convenuto nel contratto o d’uso. In caso
contrario, se alla scadenza del termine la cosa si trova in possesso del compratore, il gradimento si presume. Il venditore, inoltre, è liberato dalla proposta di vendita se l’esame del
bene doveva farsi presso di lui e il compratore non vi ha proceduto.
Il gradimento non impedisce di agire con le azioni per vizi o per mancanza di qualità.
La giurisprudenza
La riserva di gradimento può essere esercitata dal compratore con riguardo a eventuali vizi della merce,
purché non conosciuti né facilmente riconoscibili (Cass. civ. 16 luglio 1988, n. 4686).
La vendita con riserva di gradimento è un contratto non perfezionato sino a che la riserva non sia sciolta dal
potenziale acquirente con comunicazione del gradimento al venditore (Cass. civ. 27 febbraio 1986, n. 1270).
2.10.8 Vendita a rate con riserva della proprietà (artt. 1523 ss. cod. civ.)
Questo tipo di vendita è caratterizzato dal passaggio della proprietà del bene solo con il pagamento dell’ultima rata di prezzo per effetto di un patto di riserva della proprietà a favore
del venditore [f 205].
Si tratta, quindi, di una vendita a effetti obbligatori, ove il trasferimento della proprietà è
differito a un momento successivo, anche se il compratore assume i rischi del perimento
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della cosa sin dal momento della consegna, in deroga alla regola generale res perit
domino.
Anche se prevista nella sezione relativa ai beni mobili, la vendita con riserva della proprietà
può riguardare anche immobili (nella vendita di immobile senza contestuale pagamento del
prezzo, in luogo dell’ipoteca legale, il diritto del venditore è garantito dal mantenimento
della proprietà del bene) e diritti diversi dalla proprietà.
Se la vendita con riserva riguarda beni immobili, il contratto può essere subito trascritto prima
del pagamento dell’ultima rata di prezzo indicando nella nota l’esistenza della riserva e quando
il prezzo è interamente pagato questa indicazione sarà cancellata (art. 2659, u.c., cod. civ.).
Il caso
Tizio vende a Caio un immobile per 400.000 euro convenendo un pagamento del prezzo rateale con scadenza al 31 dicembre 2008. Caio diverrà proprietario solo in data 31 dicembre 2008 con il pagamento
dell’ultima rata.
Per ragioni di tutela verso il compratore, la legge fissa un limite minimo per la valutazione
di gravità dell’inadempimento al fine della risoluzione del contratto. E, infatti, il compratore è inadempiente solo in caso di mancato pagamento di almeno due rate, ovvero di una
sola se superiore all’ottava parte del prezzo. È nulla ogni clausola risolutiva espressa che
preveda un limite inferiore a quello legale (artt. 1525 e 1526 cod. civ.).
In caso di risoluzione del contratto, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a
un equo compenso per l’uso della cosa, oltre il risarcimento del danno. Tuttavia, è lecito stabilire che le rate pagate restino al venditore a titolo di indennità, salvo la facoltà del compratore di
chiedere al Giudice la riduzione dell’indennità convenuta se risulti eccessivamente onerosa.
Opponibilità ai terzi della riserva (art. 2659, u.c., cod. civ.). Trattandosi di vendita di immobili, necessariamente redatta per atto scritto, l’opponibilità ai terzi (siano essi creditori
del venditore o dell’acquirente) della riserva di proprietà segue le regole della trascrizione.
Vale a dire che la riserva è opponibile erga omnes se il contratto è stato trascritto, indicando nella nota l’esistenza della riserva.
Fallimento di una parte (art. 73, legge fall.). Nella vendita a rate con riserva della proprietà, il fallimento del venditore non è causa di scioglimento del contratto. Di conseguenza, l’acquirente diviene proprietario del bene con il pagamento dell’ultima rata.
Se invece fallisce il compratore, il curatore può subentrare nel contratto con l’autorizzazione
del comitato dei creditori. In tal caso, il venditore può chiedere il versamento di una cauzione,
a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo sconto dell’interesse legale.
2.10.9 Vendita di cosa altrui
Anche la vendita di cosa altrui [f 215] è una vendita a
effetti obbligatori, vale a dire che la proprietà dell’immobile si trasferisce, in dipendenza dell’originario
consenso, ma solo quando il venditore acquista la proprietà della cosa venduta (art. 1478 cod. civ.) ➊.
Questo contratto consente di vendere un bene anche a
chi non ne è proprietario al momento della conclusione del contratto.
Il contratto produce immediatamente l’effetto di obbligare il venditore a far acquistare la proprietà della
cosa al compratore e l’obbligo può essere assolto:
– mediante acquisto diretto della proprietà da parte del
venditore, l’acquisto può avvenire a qualsiasi titolo
(oneroso, gratuito, originario);
➊ Anche se produce lo stesso risulta-
to, la vendita di cosa altrui è differente
dalla promessa del fatto del terzo.
Quest’ultima, infatti, è un contratto meramente obbligatorio (cioè contratti diretti esclusivamente alla nascita di
un’obbligazione) ove il promittente non
si obbliga ad acquistare la cosa dal
terzo, ma solo a farla vendere direttamente dal terzo al promissario, con la
conseguenza che, se il terzo si rifiuta
di trasferire il bene, il promittente è
sempre tenuto a indennizzare il promissorio. Mentre, nella vendita di cosa
altrui, la responsabilità sorge solo se il
venditore è in colpa.
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– mediante acquisto diretto in capo al compratore. Vale a dire che il venditore non diventa mai proprietario del bene, ma si adopera per procurarne il trasferimento direttamente
dal terzo vero proprietario al compratore, per esempio a mezzo di contratto a favore del
terzo.
È valida, nei limiti dell’art. 1229 cod. civ., l’eventuale clausola di esonero da responsabilità
del venditore, inserita nel contratto, per il caso che non riesca a far acquistare la proprietà al
compratore. La clausola di esonero è, tuttavia, nulla se esclude o limita preventivamente la
responsabilità del venditore per dolo o colpa grave.
Come per i contratti a effetti obbligatori in genere, anche la vendita di immobile altrui può
essere immediatamente trascritta, in modo che potrà essere opposta ai terzi acquirenti dello stesso bene che non hanno trascritto o hanno trascritto posteriormente il loro titolo.
La trascrizione del contratto di vendita deve indicare nella nota che gli effetti traslativi sono
differiti; successivamente, quando il bene verrà acquistato dal venditore, anche con dichiarazione unilaterale del compratore, l’anzidetta indicazione nella nota verrà cancellata.
Se il compratore ignorava in buona fede che la cosa
non era di proprietà del venditore, può chiedere la ri➊ Se il mancato effetto traslativo non è
imputabile al venditore, è possibile espesoluzione del contratto, se frattanto il venditore non
rire l’azione di risoluzione per causa non
gliene ha fatto acquistare la proprietà (art. 1479 cod.
imputabile alle parti, anziché quella relaciv.) ➊. Se il compratore chiede la risoluzione, il ventiva all’inadempimento, ivi compresa l’aditore deve:
zione ex art. 1464 cod. civ.
– restituire il prezzo pagato, anche se la cosa è diminuita di valore o è deteriorata. Se la diminuzione di valore o il deterioramento derivano da un
fatto del compratore, dall’ammontare suddetto si deve detrarre l’utile che il compratore ne ha
ricavato;
– rimborsare le spese e i pagamenti legittimamente fatti per il contratto;
– rimborsare al compratore le spese necessarie e utili fatte per la cosa e, se era in mala fede,
anche quelle voluttuarie;
– risarcire il danno eventualmente subito dal compratore, nella duplice componente del danno emergente e del lucro cessante.
Vendita di cosa parzialmente altrui (art. 1480 cod. civ.). Se il compratore ignorava che la
cosa non fosse interamente di proprietà del venditore (per esempio il venditore è proprietario solo di una parte del bene), può chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento
del danno negli stessi limiti previsti dalla vendita di cosa interamente altrui (art. 1479 cod.
civ.). L’acquirente deve, però, provare che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte
di cui non è divenuto proprietario; altrimenti, può solo ottenere una riduzione del prezzo,
oltre al risarcimento del danno.
2.10.10 Vendita di cosa generica
La vendita di cose generiche (o vendita generica) non è specificamente prevista, ma è regolamentata in via mediata dal codice (art. 1378), che disciplina i trasferimenti, a ogni titolo,
di cose generiche (per esempio vendita di vino, stoffa ecc., ma anche acquisto di azioni sul
mercato borsistico) [f 220].
Anche la vendita di cose generiche è una vendita a effetti obbligatori, ma l’effetto traslativo si realizza automaticamente quando la cosa generica è individuata.
Oggetto della vendita di cose generiche possono essere anche immobili e comunque cose
non specificate nella loro individualità, determinate attraverso il loro numero, il peso o la
misura (numero pondere, mensura possunt).
L’individuazione o specificazione (atto giuridico in senso stretto, cioè mero atto esecutivo
non negoziale) è una operazione materiale e consiste nell’individuazione o separazione. Essa è fatta d’accordo tra le parti e nei modi convenuti, ma può essere fatta anche solo dall’acquirente o dal venditore, se le parti sono d’accordo.
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Il caso
Tizio vende a Caio 1.000 mq di terreno edificabile, che Caio individuerà nella più vasta estensione di terreno edificabile di proprietà di Tizio.
Tizio, proprietario di dieci villette tutte eguali, vende a Caio una villetta, che Caio sceglierà tra le dieci.
Per quanto concerne la trascrizione, vale quanto detto per la vendita di edificio da costruire
con la precisazione che la vendita generica di immobili può essere trascritta immediatamente indicando nella nota l’intero genere limitato, salvo poi annotare a margine della trascrizione l’atto di individuazione, restringendo l’effetto del trasferimento alla porzione di
immobile effettivamente trasferita.
Il caso
Tizio vende a Caio 1.000 mq di terreno edificabile, che Caio individuerà nella più vasta estensione di terreno edificabile di 10.000 mq di proprietà di Tizio.
La trascrizione immediata prevede l’indicazione nella nota dei dati dell’intero fondo (estensione, confini
ecc.), precisando che la vendita riguarda solo 1.000 mq. A seguito dell’individuazione, verranno annotati i
dati per identificare la porzione di terreno rispetto all’intero.
2.10.11 Vendita alternativa
La vendita alternativa, in corrispettivo di un prezzo, obbliga a trasferire alternativamente
due o più cose specifiche [f 225].
Come per la vendita generica, anche la vendita alternativa non è specificamente prevista, ma è regolamentata in via mediata dal codice (artt. 1285 ss.) nell’ambito delle obbligazioni alternative.
Anche la vendita alternativa è una vendita a effetti obbligatori, cioè una vendita con
un’obbligazione unica, anche se la prestazione è determinabile tra due o più prestazioni indicate nel contratto.
Oggetto della vendita possono essere anche immobili e comunque cose non specificate nella loro individualità, ma determinate attraverso il loro numero, il peso o la misura (numero
pondere, mensura possunt).
Il caso
Tizio si obbliga a trasferire a Caio, per il prezzo di 300.000 euro, alternativamente la sua casa in montagna o quella al mare.
La determinazione è effettuata mediante la concentrazione, atto giuridico in senso stretto
che consiste nella scelta fatta dal venditore, ovvero in casi eccezionali dall’acquirente o da
un terzo. Se le altre prestazioni diventano impossibili, la concentrazione avviene automaticamente sulla cosa rimasta.
L’effetto traslativo si realizza automaticamente quando è effettuata la concentrazione,
quando, cioè, la cosa è determinata (va distinta dalla vendita con facoltà alternativa, che è
una vendita a effetti reali).
Il venditore si libera eseguendo una delle prestazioni dedotte in contratto, ma non può costringere il compratore a ricevere parte dell’una e parte dell’altra prestazione (art. 1285
cod. civ.).
La scelta è irrevocabile con l’esecuzione di una delle prestazioni, ovvero con la dichiarazione di scelta comunicata all’altra parte o a entrambe se la scelta è fatta da un terzo (art.
1286, c. 2, cod. civ.).
Per quanto concerne la trascrizione, vale quanto già detto per edificio da costruire, salvo
precisare che la vendita alternativa di immobili va subito trascritta, indicando in nota che si
tratta di vendita alternativa. A seguito della scelta, va indicato in nota l’atto di scelta che
servirà anche a cancellare la trascrizione relativamente agli altri beni.
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2.10.12 Vendita per persona da nominare
Il contratto per persona da nominare rientra nell’ambito di quelle figure negoziali di cooperazione dell’attività giuridica altrui, ovvero in una particolare figura di rappresentanza
eventuale o in incertam personam (artt. 1401 ss. cod. civ.).
Nel momento della conclusione del contratto, una parte (stipulante) può riservarsi la facoltà
di nominare successivamente la persona (nominato) che deve acquistare i diritti e assumere
gli obblighi nascenti dal contratto stesso verso l’altra parte (promittente). Per esempio, in un
contratto di compravendita immobiliare lo stipulante può riservarsi di acquistare il bene per
una persona da nominare.
La legge prevede un termine di tre giorni dalla stipula del contratto entro il quale lo stipulante deve comunicare all’altra parte (promittente) la dichiarazione di nomina, salvo la facoltà delle parti di disporre un termine diverso (di soli➊ Il termine di tre giorni è posto a fini
to maggiore) ➊.
fiscali (art. 32, T.U. n. 131/1986).
Il termine per la nomina stabilito dalle parti, in deroga
a quello di tre giorni, deve essere un termine certus an
et quando, cioè non deve porre alcun dubbio che la nomina e comunicazione debbano avvenire entro un determinato momento a decorrere dalla stipula del contratto, ovvero a scadenza fissa o in altro modo sicuramente determinato. È esclusa ogni altra forma di determinazione incerta o generica del termine o di determinazione ope judicis ex art. 1183 cod. civ.
(Cass. civ. 4 gennaio 1966, n. 42; Cass. civ. 26 ottobre 1968, n. 3570 e Cass. civ. 8 settembre 1970, n. 1130).
La riserva di nomina apposta in un contratto di compravendita immobiliare va fatta per atto
scritto a pena di nullità.
Regime fiscale
Ai fini fiscali, la legge nulla dice circa il contratto concluso tra lo stipulante e il promittente. Ferma restando l’applicazione del principio di alternatività tra IVA e imposta di registro (artt. 5 e 40, T.U. n. 131/1986),
il contratto è soggetto all’imposta dovuta in ragione delle attribuzioni patrimoniali previste, ad esempio a
imposta proporzionale per i trasferimenti immobiliari.
In ogni caso, la dichiarazione di nomina, ai fini della registrazione (art. 32, T.U. n. 131/1986) va fatta:
– per atto pubblico, scrittura privata autenticata o presentata per la registrazione;
– entro il termine massimo di tre giorni (non prorogabili e compresi i festivi) dall’atto cui si riferisce.
La nomina è soggetta a tassa fissa se effettuata entro tre giorni, mentre non è dovuta alcuna imposta
(neppure la tassa fissa) se è fatta nello stesso atto o contratto che contiene la riserva di nomina.
In ogni altro caso, è dovuta l’imposta proporzionale prevista per l’atto cui si riferisce la dichiarazione di
nomina. Per esempio, se la dichiarazione di nomina è fatta oltre i tre giorni, se non è conforme alla riserva, ovvero è fatta a favore di altro partecipante alla gara, è dovuta l’imposta proporzionale prevista stabilita per l’atto cui si riferisce la dichiarazione.
Nel caso di contratto per persona da nominare soggetto a IVA (e quindi con applicazione dell’IVA e dell’imposta fissa di registro), per quanto concerne la tassazione della dichiarazione di nomina occorre distinguere:
– se è tempestiva, è soggetta a imposta fissa di registro;
– se non è tempestiva (o comunque non è effettuata validamente) e lo stipulante è soggetto IVA, sono
dovute, al momento della nomina, nuovamente l’IVA e l’imposta fissa di registro (come se fosse stato posto in essere un nuovo contratto di trasferimento). Se invece lo stipulante non è soggetto IVA è dovuta, a
mio avviso, l’imposta proporzionale di registro.
2.10.13 Vendita a favore del terzo
Il contratto a favore del terzo non è un contratto tipico, bensì uno schema negoziale adattabile a molti tipi di contratto che – mediante l’inserimento di una clausola accessoria – comporta la deviazione degli effetti contrattuali a favore di un soggetto terzo che non è parte
contrattuale. Il contratto di compravendita a favore di terzo ha la stessa causa tipica della
vendita, con l’ulteriore effetto di attribuire il diritto di proprietà al terzo.
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Il contratto è valido a condizione che lo stipulante abbia un interesse, anche solo morale o
affettivo, ad attribuire un vantaggio a un terzo. Nel caso di difetto di interesse dello stipulante, è nulla la clausola di attribuzione del vantaggio al terzo, ma il contratto resta valido
tra le parti, salvo risulti dalla volontà dei contraenti o dalla natura del contratto che non sarebbe stato concluso senza tale clausola (art. 1419 cod. civ.).
La designazione del terzo (da parte dello stipulante), oltre che contestuale, può essere successiva alla stipulazione del contratto. Ciò avviene, per esempio, quando il terzo non è determinato ma determinabile, quando lo stipulante si è espressamente riservato l’indicazione
a un momento successivo, quando la designazione deve risultare da determinate circostanze
o eventi cui le parti fanno riferimento nel contratto, ovvero quando il terzo è un soggetto
non ancora esistente (nascituro ecc.).
A seguito della pattuizione contrattuale in suo favore (ancorché non sia parte del contratto),
il terzo acquista il diritto di pretendere direttamente dall’obbligato (promittente) l’esecuzione della prestazione promessa e, quindi, in caso di inadempimento, sarà legittimato ad
agire in giudizio contro l’obbligato. Tuttavia, il diritto acquistato dal terzo non è stabile e
definitivo, ma può essere modificato o revocato dallo stipulante sino a quando il terzo non
dichiara, anche verso il promittente, di volerne approfittare (l’accettazione del terzo ha la
funzione di impedire il potere di revoca dello stipulante).
L’accettazione non è soggetta a forme particolari (può avvenire anche per comportamento
concludente), ma va indirizzata allo stipulante e al promittente (si noti che, secondo un minoritario orientamento della dottrina, andrebbe fatta nella stessa forma richiesta per il contratto principale).
2.10.14 Vendita di edificio da costruire (art. 1472 cod. civ.)
La vendita di edificio da costruire [f 165], ovvero di cosa futura, è una vendita a effetti obbligatori avente a oggetto un immobile inesistente al momento della conclusione del contratto.
Il trasferimento della proprietà in capo all’acquirente si verifica automaticamente quando il
bene viene a esistenza, senza che occorra alcuna altra manifestazione di volontà.
Per i beni che necessitano di un periodo di produzione o costruzione (ad esempio un appartamento), l’esistenza si ha quando l’opera è completata (è irrilevante la mancanza di rifiniture o di qualche accessorio non indispensabile, cfr. Cass. civ. 10 marzo 1997, n. 2126).
Oggetto del contratto deve essere la res futura, cioè una cosa non esistente; se, invece, la
cosa esiste ed è di proprietà di un terzo e il venditore si
➊ La prassi spesso confonde la vendiobbliga a farla acquistare all’acquirente, si configura
ta di cosa futura con il contratto di apla diversa fattispecie di vendita (obbligatoria) di cosa
palto, infatti la stessa operazione ecoaltrui [v 2.10.9]. La cosa futura può riguardare qualsianomica può essere effettuata ricorrensi diritto (proprietà, usufrutto ecc.) ➊.
do a entrambi i contratti.
L’inesistenza può riguardare sia una cosa non ancora
esistente (per esempio un immobile da costruire), oppure una cosa già esistente, ma di proprietà di nessuno (res nullius).
In tutti i casi, se la cosa non viene a esistenza, il contratto è nullo. Secondo parte della dottrina, si tratta di risoluzione, in quanto la mancata venuta a esistenza della cosa configura
un inadempimento del venditore. Se la mancata esistenza è imputabile al venditore, è esperibile la risoluzione per inadempimento, mentre, se
➋ Sono ammesse le azioni di rescisnon vi è responsabilità del venditore, il compratore posione e di risoluzione per eccessiva
trà esercitare l’azione di risoluzione per impossibilità
onerosità, in quanto nella vendita di cosopravvenuta ➋.
sa futura solo il trasferimento è differiPer la vendita di un edificio da costruire v. la nuova
to, mentre il contratto è già perfetto al
momento della sua conclusione.
disciplina dettata dal D.Lgs. n. 122/2005 [v 7.1 ss.].
Per quanto concerne la trascrizione, come per i contratti a effetti obbligatori in genere, anche la vendita di cosa futura può essere immediata-
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mente trascritta, in modo che potrà essere opposta ai terzi acquirenti dello stesso bene che
non hanno trascritto o hanno trascritto posteriormente il loro titolo. In tal caso, occorre trascrivere il contratto di vendita indicando nella nota che gli effetti traslativi sono differiti;
successivamente, quando il bene verrà a esistenza, anche a seguito di dichiarazione unilaterale del compratore, verrà cancellata nella nota l’indicazione.
La giurisprudenza
Il regime di protezione dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, di cui al D.Lgs. 20
giugno 2005, n. 122, non si applica ai contratti preliminari di immobili esistenti solo sulla carta ma esclusivamente a quelli per i quali sia stato già richiesto il permesso di costruire, secondo la definizione contenuta nell'art. 1, lettera d), del decreto (Cass. civ. 10 marzo 2011, n. 5749).
2.10.15 Acquisto di immobili da parte di cittadini stranieri
La capacità giuridica generale spetta, di norma, a ogni persona (art. 1 cod. civ.). Tuttavia,
gli stranieri, persone fisiche o società riconosciute in Italia, possono liberamente acquistare
immobili in Italia a condizione di reciprocità con lo Stato di provenienza.
Occorre, tuttavia, distinguere tra stranieri che sono:
a. persone fisiche o enti e società di Stati membri
➊ L’art. 16 disp. prel. cod. civ. non è
derogato dagli artt. 2, 3 e 10 della Codell’Unione Europea, per i quali è senz’altro sempre
stituzione, in quanto l’art. 2 si riferisce
possibile acquistare immobili in Italia;
solo ai diritti inviolabili, cioè a quelli rib. persone fisiche di Stati extra Unione Europea, per
conosciuti allo straniero senza il limite
della reciprocità; l’art. 3 non esclude il
le quali si applica il principio di reciprocità, salvo le
trattamento differenziato che risponda
disposizioni contenute in leggi speciali. Questa dispoa criteri di ragionevolezza e l’art. 10
sizione vale anche per le persone giuridiche straniere
impone solo l’adeguamento delle leggi
(art. 16 disp. prel. cod. civ., norma in vigore anche doconcernenti la condizione giuridica dello straniero alle norme e ai trattati inpo la legge 31 maggio 1995, n. 218) ➊. L’esistenza
ternazionali. In tal modo, quindi, legittidella condizione di reciprocità va in concreto verificama implicitamente quelle limitazioni
ta considerando il trattamento che lo Stato di apparteche non contrastano con altre norme
nenza dello straniero riserva ai cittadini italiani, sotto
costituzionali o con i principi e gli atti
di diritto internazionale (Cass. civ. 10
il duplice aspetto del riconoscimento di un diritto
febbraio 1993, n. 1681).
eguale o simile a quello che lo straniero vuol far valere
in Italia e della mancanza di discriminazione nel godimento di tale diritto a carico del cittadino italiano. L’o➋ Lo straniero deve provare la recinere di provare la reciprocità di trattamento grava sulprocità e la prova può essere data con
ogni mezzo, comprese attestazioni uflo straniero. Si tratta, infatti, di questione di fatto sogficiali dello Stato estero (Cass. civ. 7
getta all’onere della prova e non al principio iura novit
agosto 2000, n. 10360 e Cass. civ.
curia (Trib. Napoli 12 gennaio 1995 e Cass. civ. 10
20 dicembre 1995, n. 12978).
febbraio 1993, n. 1681) ➋. In mancanza di reciprocità,
l’acquisto effettuato dallo straniero è nullo per violazione di norme imperative.
Si deve, tuttavia, notare come, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 25 luglio 1998, n.
286 – Disposizioni dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero – e del suo
regolamento di attuazione (D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394), il cittadino extracomunitario che
soggiorni in territorio italiano e sia titolare della carta di soggiorno o di un permesso di
soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, di lavoro autonomo e familiari, goda
dei diritti civili che la legge riconosce al cittadino italiano senza che vi sia necessità di verificare l’esistenza della condizione di reciprocità.
Se, invece, lo straniero è privo di un titolo di soggiorno, occorre distinguere:
– se è cittadino di un Paese con il quale vige un accordo in materia di diritti civili, non si
procede alla verifica delle condizioni di reciprocità per le materie disciplinate dall’accordo
stesso, essendo l’accordo direttamente applicabile, in quanto recepito nei rispettivi ordinamenti interni;
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– se è cittadino di un Paese che non ha concluso con l’Italia accordi in materia di diritti civili, il Servizio del Contenzioso Diplomatico e dei Trattati fornisce i suoi pareri in materia
di diritti civili agli Uffici pubblici e ai notai. Su conforme parere del Consiglio di Stato, il
Servizio non rilascia certificati o dichiarazioni a privati;
c. apolidi (persone senza cittadinanza): sono equiparati ai cittadini extracomunitari e possono costituire società in Italia a condizione che vi risiedano regolarmente da almeno tre
anni (art. 1, D.Lgs. n. 286/1998);
d. rifugiati: possono costituire società in Italia a condizione che vi risiedano regolarmente
da almeno tre anni (legge n. 722/1954 che ha ratificato l’art. 7, par. 2, Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951).
Gli acquisti fatti da stranieri
Per le persone fisiche titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari si fa rinvio alla legge n. 40/1988, trasfusa nel Testo Unico
delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
emanato con D.Lgs. n. 286/1988 e al suo regolamento di attuazione emanato con D.P.R. n. 394/1999.
Sono, inoltre, dispensati dalla verifica della condizione di reciprocità:
1) i cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea in applicazione degli artt. 43, 49 e 56 del Trattato
delle Comunità Europee, in conformità a una consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee;
2) i cittadini dei Paesi appartenenti allo Spazio Economico Europeo (Islanda, Liechtenstein e Norvegia)
in attuazione degli artt. 31, 33 e 34 dell’Accordo stesso;
3) gli apolidi, secondo quanto previsto dall’art. 7 della Convenzione relativa allo status di apolide, adottata a New York il 28 settembre 1954 e resa esecutiva con legge 1° febbraio 1962, n. 306, sempre che i
medesimi risultino regolarmente residenti in territorio italiano da almeno tre anni;
4) i rifugiati, in applicazione dell’art. 7, par. 2, Conv. Ginevra del 28 luglio 1951, ratificata e resa esecutiva con legge 24 luglio 1954, n. 722, sempre che i medesimi risultino regolarmente residenti in territorio
italiano da almeno tre anni.
Per quei Paesi con i quali sono in vigore determinate categorie di accordi internazionali, la materia degli
acquisti immobiliari, per quanto negli stessi contemplata, prescinde dalla verifica della condizione di reciprocità ex art. 16 preleggi, fatte salve le eccezioni espressamente indicate per ogni singolo Paese.
Andorra (Principato)
Non è verificata la condizione di reciprocità. Tuttavia, si fa presente che di fatto è consentito l’acquisto di
un terreno di un massimo di 1.000 mq, sul quale costruire una casa, le cui dimensioni non possono eccedere il 33% del terreno e che qualsiasi acquisto di una proprietà, edificio, casa o terreno dovrà comunque
essere autorizzato dal Governo e comunicato al Comune dove si trova il bene per il pagamento delle imposte locali.
Antille Olandesi
È verificata la condizione di reciprocità.
Bahamas
È verificata la condizione di reciprocità per la persona fisica, mentre non è verificata la condizione di reciprocità per la persona giuridica.
Brasile
È verificata la condizione di reciprocità.
Repubblica Dominicana
È verificata la condizione di reciprocità per l’acquisto di un primo immobile che non ecceda la superficie
di 2.000 mq.
È verificata la condizione di reciprocità anche per acquisti successivi, se effettuati da parte di:
– coniuge di cittadino dominicano e genitore di figlio(a) nato(a) nella Repubblica Dominicana;
– banche commerciali, finanziarie o istituti di credito stranieri legalmente radicati nel Paese;
– compagnie, società o associazioni costituite o stabilitesi nel Paese, ma a condizione che la quota straniera non sia superiore al 49%;
– chi acquisti per usucapione o successione ereditaria.
Isola di Man
È verificata la condizione di reciprocità.
(segue)
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Isole Vergini Britanniche
È verificata la condizione di reciprocità.
Isole del Canale
È verificata la condizione di reciprocità.
Isole Mauritius
Non è verificata la condizione di reciprocità.
Saint Vincent e Grenadine
È verificata la condizione di reciprocità.
San Marino
Si prescinde dalla verifica della condizione di reciprocità in considerazione delle ridotte dimensioni del
Paese.
Seychelles
Non è verificata la condizione di reciprocità.
Confederazione Svizzera
È verificata la condizione di reciprocità per le persone fisiche non residenti limitatamente all’acquisto di:
1. abitazioni secondarie, di vacanza e unità d’abitazione in appart-hotel, con superficie abitabile netta non
superiore ai 200 mq;
2. fondi, di pertinenza di abitazioni secondarie e di vacanza (singole unità immobiliari: ville, fabbricati) la
cui superficie non ecceda i 1.000 mq;
3. immobili a uso esclusivamente commerciale.
È verificata la condizione di reciprocità ampia e libera per gli eredi legittimi negli acquisti mortis causa e
per i parenti dell’alienante in linea ascendente e discendente (nonni, genitori e figli) e per il suo coniuge.
È verificata la condizione di reciprocità, limitatamente alle tipologie descritte al punto 1., per gli acquisti a
titolo di permuta.
È verificata la condizione di reciprocità per le persone giuridiche straniere limitatamente agli immobili da
adibire a sede o stabilimento dell’impresa (principale o secondaria) o a fini produttivi esclusivamente attinenti all’attività economica svolta.
Non è, comunque, verificata la condizione di reciprocità per i non residenti nei seguenti casi:
– se l’acquisto dell’immobile è finalizzato a un investimento di capitali, eccezion fatta per gli immobili a
uso commerciale;
– se si contravviene all’obbligo di mantenere la destinazione d’uso del bene immobile, scopo per cui l’acquisto fu precedentemente effettuato.
Fonte: www.esteri.it
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IMPOSTE SUI REDDITI
3.1
3
Vendite effettuate da privati
Come per le vendite di beni mobili, anche per le alienazioni di immobili effettuate da privati la legge fiscale, presumendo un intento speculativo, prevede la tassazione come redditi
diversi del maggior valore del bene rispetto al costo di acquisto (plusvalenze).
La legge finanziaria 23 dicembre 2005, n. 266, con decorrenza 1° gennaio 2006, prevede alcune disposizioni agevolative per le cessioni di immobili sia ai fini delle imposte sui redditi, sia dell’imposta di registro.
3.1.1 Plusvalenze derivanti dalla vendita (art. 1, c. 496, legge n. 266/2005,
modificato dall’art. 3, c. 4, D.L. n. 262/2006 e art. 1, c. 310,
legge n. 296/2006)
Di norma, costituiscono redditi diversi e concorrono alla formazione del reddito complessivo, soggetto alle aliquote progressive Irpef, le plusvalenze realizzate dal venditore con la
cessione di immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni [art. 67, c. 1, lett. b),
T.U. n. 917/1986].
In deroga, il venditore ha facoltà di assoggettare, all’atto stesso della compravendita di edifici e terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, le plusvalenze a un’imposta sostituiva
dell’Irpef del 20% facendone richiesta al notaio rogante che provvede all’applicazione e al
versamento dell’imposta sostitutiva ricevuta dal venditore. Il notaio deve comunicare all’Agenzia delle Entrate competente i dati relativi alla
compravendita.
➊ Per aree fabbricabili si intendono
quelle aree utilizzabili a scopo edificaL’imposta sostitutiva del 20% non può essere applicata
torio in base allo strumento urbanistico
sulle plusvalenze derivanti da cessione di aree fabbricagenerale adottato dal Comune, indibili ➊ che sono, pertanto, soggette a tassazione ordinaria
pendentemente dall’approvazione della
o separata Irpef (art. 1, c. 310, legge n. 296/2006).
Regione e dall’adozione di strumenti
attuativi del medesimo (art. 36, c. 2,
Per la vendita di immobili ricevuti per donazione si asD.L. n. 223/2006, conv. in legge n.
sume come prezzo di acquisto o costo di costruzione
248/2006).
quello sostenuto dal donante e il periodo di possesso
quinquennale del fabbricato si misura cumulando quello
del donante e del donatario (art. 37, c. 38 e 39, D.L. n. 223/2006 conv. in legge n. 248/2006).
Sono escluse da tassazione le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di:
– immobili acquisiti per successione o usucapione (ris. Agenzia delle entrate 31 marzo
2003, n. 78/E);
– fabbricati che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e
la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari. A tal
riguardo gli immobili devono essere considerati oggettivamente idonei all’uso abitativo e,
quindi, classificati o classificabili nelle categorie catastali da A/1 a A/9, A/11 (ris. Agenzia
delle entrate 21 maggio 2007, n. 105/E).
Ai fini tributari per aree fabbricabili si intendono quelle aree utilizzabili a scopo edificatorio
in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo (cfr. art.
36, c. 2, D.L. n. 223/2006, conv. in legge n. 248/2006).
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IMPOSTE SUI REDDITI
VENDITA DI IMMOBILI DEL PATRIMONIO DELL’IMPRESA (ART. 90, T.U. N. 917/1986)
3.2
78
Vendita di immobili del patrimonio dell’impresa
(art. 90, T.U. n. 917/1986)
Se i beni immobili oggetto della vendita appartengono a una impresa (individuale o collettiva), i relativi proventi sono considerati ricavi o plusvalenze a seconda che si tratti di beni
merce, ovvero di beni strumentali per l’esercizio dell’impresa o comunque inerenti al patrimonio dell’impresa.
Per individuare l’esercizio di competenza, cui imputare i costi e ricavi, la legge fiscale stabilisce regole specifiche per gli immobili che non coincidono necessariamente con il trasferimento della proprietà del bene o con la costituzione di altro diritto reale e che, comunque,
richiedono che le componenti attive o passive di reddito siano certe e oggettivamente determinabili nel loro ammontare [art. 109, c. 2, lett. a), T.U. n. 917/1986].
Per la cessione di immobili, di norma, per individuare l’esercizio di competenza vale il momento della conclusione del contratto definitivo redatto per forma scritta ad substantiam a
pena di nullità (art. 1350 cod. civ.), cioè il momento di perfezionamento del contratto (trasferimento del bene per effetto del consenso legittimamente manifestato delle parti - art.
1376 cod. civ.). È irrilevante ogni altro evento, compresa l’immissione antecedente nel possesso dell’immobile.
Non è necessario che l’atto di cessione sia redatto per atto pubblico notarile, la forma pubblica è richiesta solo per la trascrizione nei registri immobiliari; ne consegue che anche la
stipula dell’atto di cessione per scrittura privata (anche non autenticata) individua il periodo d’imposta.
3.2.1 Ammortamento fabbricati strumentali (art. 36, c. 7, D.L. n. 223/2006,
modificato dall’art. 2, c. 18, D.L. n. 262/2006,
conv. in legge n. 286/2006)
Ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo dei fabbricati strumentali deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle
che ne costituiscono pertinenza.
➊ Sono strumentali:
Nell’ambito di applicazione della norma rientrano i
– per destinazione, gli immobili a confabbricati strumentali per destinazione e per natura
dizione che siano utilizzati esclusiva(art. 43, c. 1 e 2, T.U. n. 917/1986) ➊. Sono esclusi gli
mente per l’esercizio dell’impresa, inimpianti e i macchinari ancorché infissi al suolo.
dipendentemente dalla loro natura e
caratteristiche o dalla possibilità o
Aree sottostanti. In particolare, il costo da attribuire
meno di destinarli a una diversa utilizalle aree sottostanti il fabbricato strumentale, per destizazione senza radicali trasformazioni,
per esempio quelli utilizzabili anche
nazione o natura:
per usi abitativi ecc. Sono esclusi gli
a. deve essere quantificato in misura pari al maggiore
immobili a uso promiscuo;
valore tra quello esposto in bilancio nell’anno di ac– per natura, gli immobili che, per le
quisto (per i soggetti in contabilità semplificata occorloro caratteristiche, sono potenzialmente utilizzabili solo al servizio delre aver riguardo ai valori risultanti dal registro dei beni
l’impresa e non per usi diversi, salvo
ammortizzabili o dai registri IVA) e quello corrispontrasformazioni radicali, per esempio
dente al 20% (per i fabbricati industriali al 30%) del
capannoni, officine. Sono considerati
costo complessivo di acquisto dell’immobile comprensempre strumentali anche se non utilizzati per l’esercizio dell’impresa o
sivo del valore dell’area (non è più richiesta la perizia
se dati in locazione o comodato.
redatta da professionisti abilitati in precedenza prevista dalla legge n. 248/2006);
b. per l’ipotesi di aree acquistate autonomamente in precedenza a scopo edificatorio (e
successiva costruzione del fabbricato), è determinato dall’intero costo di acquisto delle aree
stesse (e, quindi, il valore ammortizzabile sarà pari all’effettivo costo sostenuto per la sola
costruzione del fabbricato). Qualora, tuttavia, in sede di acquisto del fabbricato, nell’unico
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IMPOSTE SUI REDDITI
VENDITA DI IMMOBILI DEL PATRIMONIO DELL’IMPRESA (ART. 90, T.U. N. 917/1986)
atto o in atti autonomi, siano indicati corrispettivi distinti per l’area e per il fabbricato sovrastante, il valore dell’area, determinato secondo il criterio indicato sopra sub a), sarà pari
al maggiore tra il valore dell’area indicato nell’atto e il valore corrispondente al 20% (per i
fabbricati industriali al 30%) del costo complessivo di acquisto dell’immobile comprensivo
del valore dell’area (circ. Agenzia delle entrate 19 gennaio 2007, n. 1/E).
Fabbricati edificati a seguito di demolizione. Per l’ipotesi di fabbricati edificati su area
già utilizzata per la costruzione o che risulta libera a seguito della demolizione del fabbricato che la occupava si applica la stessa regola esposta sub lett. b); vale a dire che il valore
ammortizzabile sarà pari al costo sostenuto per la realizzazione del fabbricato. Al riguardo,
possono verificarsi le seguenti fattispecie.
– Fabbricato preesistente bene strumentale funzionante. In tal caso, il valore dell’area e il
valore del fabbricato demolito devono essere determinati mediante il criterio esposto sub
lett. a) del confronto tra il valore dell’area esposto in bilancio al momento dell’acquisto e
quello che si ottiene applicando i coefficienti del 20% (30% per i fabbricati industriali) al
costo complessivo dell’immobile, comprensivo del valore dell’area. Il costo residuo del
fabbricato demolito è ammesso in deduzione ex art. 102, c. 4, T.U. n. 917/1986, mentre le
spese di bonifica relative alla demolizione e capitalizzate insieme ai costi della nuova costruzione sono da imputare al terreno e ne incrementano il valore fiscalmente riconosciuto.
– Fabbricato preesistente rudere acquistato unitamente al terreno. In tale ipotesi, il costo
d’acquisto deve essere interamente imputato al terreno e non al rudere. Infatti, il rudere non
è ammortizzabile non potendo costituire un bene strumentale funzionante.
3.2.2 Decorrenza (art. 36, c. 8, D.L. n. 223/2006 modificato dall’art. 2,
c. 18, D.L. n. 262/2006, conv. in legge n. 286/2006)
L’anzidetta disciplina si applica a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 4 luglio 2006
anche per le quote di ammortamento di fabbricati acquistati in periodi d’imposta precedenti.
Per individuare il maggior valore da attribuire alle aree occupate dalla costruzione, occorre
tener conto del valore delle aree stesse esposto nell’ultimo bilancio approvato prima del 4
luglio 2006 e del valore risultante applicando la percentuale del 20% (30% per i fabbricati
industriali) al costo complessivo del fabbricato, risultante dallo stesso bilancio, assunto al
netto dei costi incrementativi capitalizzati e delle rivalutazioni effettuate.
Per ogni fabbricato, il residuo valore ammortizzabile è pari alla quota di costo riferibile allo stesso al netto delle quote di ammortamento dedotte nei periodi d’imposta precedenti calcolate sul costo complessivo.
L’anzi detta disciplina si applica a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 4 luglio 2006
anche per le quote di ammortamento di fabbricati acquistati in periodi d’imposta precedenti.
La legge finanziaria per l’anno 2008, con una norma di interpretazione autentica (e, quindi, con efficacia retroattiva), precisa che, per ciascun immobile strumentale, le quote di ammortamento dedotte nei periodi di imposta precedenti al periodo di imposta in corso al 4 luglio 2006, calcolate sul costo complessivo, sono riferite proporzionalmente al costo dell’area e al costo del fabbricato (art. 1, c. 81, legge n. 244/2007).
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IMPOSTE INDIRETTE
4.1
4
Cessioni effettuate da soggetti IVA
Occorre distinguere tra immobili a uso abitativo e immobili strumentali. La distinzione va
effettuata con riguardo alla classificazione catastale dei fabbricati, indipendentemente dal
loro effettivo utilizzo.
4.1.1 Fabbricati a uso abitativo
Le cessioni dei fabbricati a uso abitativo ➊ sono, al➊ Sono fabbricati a uso abitativo quelli appartenenti alle categorie catastali
ternativamente, soggette a IVA o a imposta proporda A/1 a A/9 e A/11.
zionale di registro a seconda del verificarsi delle fattispecie di seguito elencate.
a. Sono sempre soggette a IVA le cessioni di fabbricati a uso abitativo (e relative pertinenze), effettuate:
1. entro quattro anni dall’ultimazione dei lavori da parte delle stesse imprese che li hanno
costruiti o ristrutturati;
2. ovvero anche successivamente se, entro tale termine, i fabbricati siano stati locati per un
periodo non inferiore a quattro anni in attuazione di un programma di edilizia residenziale
convenzionata.
Sono considerate imprese costruttrici, oltre le imprese che realizzano direttamente i fabbricati,
con organizzazione e mezzi propri, anche quelle che si avvalgono di imprese terze per la esecuzione dei lavori mediante contratto di appalto; costituiscono lavori di ristrutturazione gli interventi di recupero edilizio sui fabbricati ex art. 31, lett. c), d), e), legge n. 457/1978 (interventi di
recupero e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia, di ristrutturazione urbanistica).
L’imposta di registro, le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa.
b. Sono esenti da IVA le cessioni di fabbricati a uso abitativo (e le relative pertinenze) effettuate oltre cinque anni dall’ultimazione dei lavori da parte delle stesse imprese che li
hanno costruiti o ristrutturati (art. 10, n. 8-bis, D.P.R. n. 633/1972) e soggette a imposta di
registro, ipotecarie e catastali in misura proporzionale, tenendo conto delle agevolazioni
per l’acquisto della prima casa [v. 4.4]. Il regime di esenzione IVA comporta, di per sé,
l’obbligo di rettifica, ex art. 19-bis, c. 2, D.P.R. n. 633/1972, dell’IVA detratta dal cedente
nei periodi pregressi, conformemente al previgente regime di imponibilità.
Tuttavia, la legge n. 248/2006, in sede di conversione del D.L. n. 223/2006, ha limitato, in
sede di prima applicazione delle nuova disciplina, gli obblighi di rettifica di cui al citato art.
19-bis, c. 2. In particolare, per gli immobili abitativi non occorre procedere a rettifica della
detrazione IVA a suo tempo operata con riferimento a fabbricati:
– posseduti al 4 luglio 2006 (entrata in vigore del D.L. n. 223/2006). Tale ipotesi riguarda
esclusivamente i soggetti sottoposti al nuovo regime fiscale;
– posseduti dalle imprese che li hanno costruiti o ristrutturati, per i quali il termine di quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o di ultimazione dei lavori di ristrutturazione è scaduto entro il 4 luglio.
c. Sono esenti da IVA le cessioni di fabbricati a uso abitativo (e le relative pertinenze) effettuate da imprese diverse da quelle costruttrici e di ristrutturazione (art. 10, n. 8-bis,
D.P.R. n. 633/1972) e soggette a imposta di registro, ipotecarie e catastali in misura proporzionale, tenendo conto delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa. Per le detrazioni IVA valgono le stesse considerazioni della precedente lett. b).
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IMPOSTE INDIRETTE
CESSIONI EFFETTUATE DA SOGGETTI IVA
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4.1.2 Fabbricati strumentali
Le cessioni di fabbricati strumentali per natura (cioè che per le loro caratteristiche non sono
suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni) sono soggette al seguente
regime di imposizione indiretta.
a. Sono soggette a IVA se si verificano le seguenti condizioni:
1. cessioni effettuate da imprese costruttrici e di ristrutturazione, sia a favore di privati
che soggetti IVA, per immobili ceduti entro quattro anni dall’ultimazione della costruzione
o dell’intervento di recupero edilizio. Imposta di registro in misura fissa, imposte ipotecarie
del 3% e catastali dell’1%;
2. cessioni effettuate da imprese costruttrici e di ristrutturazione, oltre 4 anni dall’ultimazione della costruzione o dell’intervento di recupero nelle seguenti ipotesi:
– nei confronti di soggetti IVA che hanno diritto di detrarre l’IVA pagata sugli acquisti in
misura non superiore al 25%. La percentuale di detrazione si determina provvisoriamente in
base al pro-rata dell’anno precedente. Se non è possibile fare riferimento alla percentuale di
detraibilità spettante nel periodo d’imposta precedente, si deve fare riferimento a una percentuale di detrazione presuntiva. Nell’atto di cessione va riportata menzione della dichiarazione dell’acquirente che comunica al cedente se la propria percentuale di detraibilità superi o meno il 25%. Nel caso di percentuale indicata presuntivamente, se al termine del periodo di imposta in cui è avvenuta la cessione risulta non superiore al 25%, l’acquirente deve comunicarlo al cedente per l’assoggettamento della cessione a IVA;
– nei confronti di soggetti senza partita IVA (che non agiscono nell’esercizio d’impresa,
arti o professioni), cioè consumatori finali che non possono detrarre l’imposta loro addebitata in via di rivalsa. Nell’atto di cessione va riportata menzione della dichiarazione
dell’acquirente attestante che non agisce nell’esercizio di impresa, arte o professione. Per
gli enti che svolgono sia attività rilevante ai fini IVA, sia attività esclusa da IVA, nell’atto
va dichiarato che l’acquisto è effettuato in relazione allo svolgimento della attività non
commerciale;
– salvo i casi indicati ai punti precedenti per i quali è obbligatorio l’assoggettamento a IVA,
nei casi di esenzione dal tributo (in concreto, per le cessioni di immobili strumentali a soggetti IVA che non subiscono limitazioni, se non in via marginale, all’esercizio della detrazione), i soggetti interessati alla cessione possono optare per l’applicazione dell’IVA dichiarandolo nell’atto di vendita. In tal caso, gli operatori continueranno a beneficiare della detrazione;
3. cessioni effettuate da imprese diverse da quelle costruttrici e di ristrutturazione nelle
stesse ipotesi indicate al precedente punto b.
In tutti questi casi, si applica l’imposta di registro in misura fissa, imposte ipotecarie del 3%
e catastali dell’1%.
b. Sono esenti da IVA le cessioni di fabbricati strumentali effettuati:
1. da imprese costruttrici e di ristrutturazione se la vendita interviene oltre quattro anni
dall’ultimazione dei lavori in tutti i casi diversi da quelli su indicati sub lett. a) al n. 2 (art.
10, c. 8-ter, D.P.R. n. 633/1972);
2. da imprese diverse da quelle costruttrici e di ristrutturazione nelle ipotesi diverse da
quelle indicate sub A al n. 3 (art. 10, c. 8-ter, D.P.R. n. 633/1972).
Imposta di registro, ipotecarie e catastali. In attuazione del principio di alternatività IVA/imposta di re➊ Ai fini dell’applicazione del principio di
alternatività IVA/registro, sia le cessioni
gistro, in tutte le anzi dette cessioni di immobili strusoggette a IVA, sia quelle esenti rientramentali si applica l’imposta di registro in misura
no, pur sempre, nel campo IVA; mentre
fissa, imposte ipotecarie del 3% e catastali dell’1% e
le sole operazioni escluse da IVA sono
soggette a imposta proporzionale di repossibilità di rettifica della detrazione IVA sugli acgistro (art. 40, D.P.R. n. 131/1986).
quisti ex art. 19-bis, c. 2, D.P.R. n. 633/1972 ➊.
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IMPOSTE INDIRETTE
CESSIONI EFFETTUATE DA SOGGETTI IVA
4.1.3 Responsabilità solidale
La legge finanziaria per l’anno 2008 ha introdotto una nuova ipotesi di responsabilità solidale, accanto a quelle già esistenti, anche se limitatamente alle cessioni immobiliari soggette a
IVA (art. 60-bis, c. 3-bis, D.P.R. n. 633/1982, aggiunto dall’art. 1, c. 164, legge n. 244/2007).
In particolare, al fine di scoraggiare l’evasione, la norma prevede la responsabilità solidale per
il pagamento dell’IVA tra venditore e acquirente, se l’importo del corrispettivo indicato nell’atto di trasferimento e nella relativa fattura è diverso da quello effettivo, l’acquirente, anche se
privato senza partita IVA, risponde in solido con il venditore per il pagamento dell’IVA relativa
alla differenza tra il corrispettivo effettivo e quello indicato, nonché della relativa sanzione.
• L’acquirente privato può evitare la responsabilità solidale (e la relativa sanzione) se, entro sessanta giorni dalla stipula dell’atto, provvede a:
– regolarizzare la violazione versando la maggiore imposta;
– presentare all’ufficio territorialmente competente nei suoi confronti copia dell’attestazione del pagamento e delle fatture oggetto della regolarizzazione.
• L’acquirente soggetto IVA può regolarizzare l’operazione ed evitare l’applicazione delle
sanzioni se:
– provvede al versamento della maggiore imposta dovuta;
– presenta all’ufficio fiscale competente una fattura integrativa, entro il trentesimo giorno
successivo alla registrazione della fattura irregolare ricevuta.
4.1.4 Reverse charge in edilizia
Per contrastare l’evasione, il legislatore ha esteso il meccanismo dell’inversione contabile
(reverse charge), inizialmente previsto nell’ambito delle prestazioni dei servizi rese nel
settore edile dai subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono attività di costruzione, anche alle seguenti cessioni comprese nel campo di applicazione IVA:
– a decorrere dal 1° ottobre 2007, cessione di fabbricati strumentali compresi nel campo di
applicazione IVA in base a opzione ex art. 10, c. 1, n. 8-ter, lett. d), D.P.R. n. 633/1972;
– a decorrere dal 1° marzo 2008, cessione di fabbricati strumentali effettuate nei confronti
di cessionari soggetti passivi IVA che svolgono in via esclusiva o prevalente attività con limitato diritto alla detrazione IVA in percentuale sino al 25% [art. 10, c. 1, n. 8-ter, lett. b),
D.P.R. n. 633/1972].
Sono, invece, imponibili secondo le regole ordinarie le cessioni di immobili strumentali effettuate dall’impresa di costruzione o che hanno ristrutturato l’immobile se la cessione è avvenuta entro quattro anni dall’ultimazione dei lavori (costruzione o ristrutturazione) (artt.
156-157, legge n. 244/2007).
A decorrere dal 1° febbraio 2008, il regime del reverse charge non si applica alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale cui sia affidata dal committente la
totalità dei lavori (art. 1, c. 162, legge n. 244/2007).
Già in passato erano stati avanzati dubbi sull’applicazione del regime di inversione contabile alla figura del general contractor (istituto di origine anglosassone recepita dalla disciplina sui lavori pubblici – artt. 162, 164, 166, 173, 174 ss., D.Lgs. n. 163/2006). Sul punto, era
stato affermato che l’affidamento di un incarico generale che comprendesse progettazione,
finanziamento, realizzazione ecc. dell’opera con qualsiasi mezzo e libertà di scelta potesse
far assumere al general contractor la veste di soggetto committente in un contratto di appalto principale per la parte di opera affidata a imprese terze, con conseguente esclusione del
regime di reverse charge per mancanza del presupposto del contratto di subappalto.
Violazioni del regime del reverse charge (art. 6, c. 9-bis, D.Lgs. n. 471/1997, aggiunto
dall’art. 155, legge n. 244/2007). A decorrere dal 1° gennaio 2008, è stato introdotto uno
specifico regime sanzionatorio per le violazioni del regime di reverse charge; in particolare:
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IMPOSTE INDIRETTE
CESSIONI EFFETTUATE DA SOGGETTI IVA
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– è punito con la sanzione amministrativa, tra il 100 e il 200% dell’imposta, con un minimo
di 258 euro, il cessionario o il committente che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni,
non assolve l’IVA relativa agli acquisti di beni o servizi mediante il meccanismo dell’inversione contabile;
– la stessa sanzione amministrativa, si applica al cedente o prestatore che ha irregolarmente
addebitato l’IVA in fattura omettendone il versamento. Al pagamento delle sanzioni e dell’imposta sono tenuti solidalmente entrambi i soggetti obbligati all’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile;
– se l’imposta sia stata assolta, ancorché irregolarmente, dal cessionario o committente, ovvero dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto alla detrazione IVA sugli acquisti ex
art. 19, D.P.R. n. 633/1972, la sanzione amministrativa è pari al 3% dell’imposta irregolarmente assolta, con un minimo di 258 euro, e comunque non oltre 10.000 euro per le irregolarità commesse nei primi tre anni di applicazione della norma (in vigore dall’anno 2008).
Al pagamento delle sanzioni e dell’imposta sono tenuti solidalmente entrambi i soggetti obbligati all’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile;
– è punito con la sanzione dal 5 al 10% dell’importo non fatturato il cedente o prestatore
che non emette fattura, fermo restando l’obbligo per il cessionario o committente di regolarizzare l’omissione applicando, comunque, il meccanismo dell’inversione contabile e l’obbligo del cessionario o del committente di emettere autofattura in duplice copia e provvedere alla comunicazione entro quattro mesi dall’effettuazione dell’operazione all’ufficio fiscale competente ecc.
4.2
Cessioni per atto dell’Autorità
Di norma, tutti gli atti, a titolo oneroso, di trasferimento della proprietà, ovvero costituzione
o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere, costituiscono cessioni
comprese nel campo di applicazione dell’IVA (art. 2, D.P.R. n. 633/1972).
Sono compresi gli atti giurisdizionali e gli atti autoritativi, in genere, della pubblica amministrazione che comportano il trasferimento di immobili, quali l’espropriazione e requisizione in
proprietà, le vendite forzate, le sentenze che importano trasferimento di proprietà o costituzione
di diritti reali di godimento e il decreto di trasferimento emesso dal Giudice dell’esecuzione.
In ogni caso, i trasferimenti devono essere stati effettuati nell’esercizio d’impresa, ovvero
il debitore esecutato deve essere un soggetto passivo IVA (imprenditore o professionista) e i
beni devono essere inerenti l’attività di impresa del soggetto che subisce l’esecuzione.
4.2.1 Momento impositivo (art. 6, c. 1, D.P.R. n. 633/1972)
Di norma, le cessioni di immobili si considerano effettuate nel momento della stipula del
contratto di vendita. Tuttavia, quelle conseguenti a un atto della pubblica autorità si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo. In particolare, nel caso di vendite forzate nell’ambito delle procedure esecutive, il trasferimento della proprietà a favore
dell’aggiudicatario non si verifica nel momento dell’aggiudicazione del bene, ma in quello
dell’emanazione del decreto di trasferimento del Giudice dell’esecuzione.
L’aggiudicatario deve versare il prezzo nel termine e nei modi fissati dall’ordinanza che dispone la vendita. Solo dopo il versamento il Giudice dell’esecuzione emette il decreto con il
quale trasferisce all’aggiudicatario la proprietà del bene espropriato. Pertanto, il prezzo pagato dall’aggiudicatario costituisce l’attribuzione patrimoniale a favore del debitore esecutato e assume natura di corrispettivo da assoggettare a IVA all’atto del pagamento ex art. 6,
c. 2, lett. a), D.P.R. n. 633/1972.
Se il pagamento del corrispettivo è avvenuto prima del 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore della nuova disciplina), il decreto di trasferimento è soggetto a imposta di registro in
misura fissa, in virtù del principio di alternatività IVA/registro ex art. 40, D.P.R. n. 131/1986.
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IMPOSTA DI REGISTRO
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4.3
Imposta di registro
Le cessioni di immobili effettuate da privati sono soggette a imposta proporzionale di registro,ipotecaria e catastale.
L’imposta proporzionale di registro si applica con aliquote diverse a seconda della natura
dell’immobile oggetto della vendita, ed esattamente si applica:
– aliquota del 7% per i fabbricati in genere e relative pertinenze (ad eccezione della prima
casa), nonché per gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, per
esempio usufrutto, superficie ecc.;
– aliquota del 3% per il trasferimento di immobili di interesse artistico, storico e archeologico soggetti ai vincoli di conservazione e protezione a condizione che l’acquirente rispetti gli obblighi della loro conservazione; dichiari nell’atto di acquisto gli estremi del vincolo stesso in base alle risultanze dei registri immobiliari, se il vincolo non è stato ancora
imposto, presenti, contestualmente all’atto da registrare, un’attestazione rilasciata dall’amministratore per i beni culturali e ambientali ove risulti che è in corso la procedura di sottoposizione dei beni al vincolo;
– aliquota ordinaria del 15% o quella agevolata dell’8%, a seconda della natura del soggetto acquirente, per i terreni agricoli (da chiunque effettuati, quindi anche da imprenditori).
4.3.1 Base imponibile
La base imponibile per l’applicazione dell’imposta proporzionale di registro può essere
determinata alternativamente:
a. in base al valore commerciale alla data dell’alienazione (cd. valore di mercato) (artt. 43
e 52, T.U. n. 131/1986). Nella determinazione della base imponibile occorre tener conto dei
debiti o altri oneri accollati e delle obbligazioni estinte per effetto della vendita; dei limiti
gravanti sul bene, quali usufrutto, e altre limitazioni di godimento, o canoni, censi ecc. Non
si tiene conto dell’eventuale ipoteca gravante sull’immobile. L’Amministrazione può rettificare il valore dichiarato se inferiore al valore di mercato o al corrispettivo pattuito;
b. in deroga alla anzi detta disciplina ex art. 43 T.U. n. 131/1986 [e fatta salva l’applicazione dell’art. 39, c. 1, lett. d), ultimo periodo, D.P.R. n. 600/1973], la base imponibile può essere determinata mediante il cd. criterio automatico,
cioè rendita catastale moltiplicata per un coefficiente
➊ Per i fabbricati non censiti in catasto,
il contribuente può dichiarare nell’atto di
(art. 52, c. 4 e 5, T.U. n. 131/1986) ➊. Infatti, per invendita di avvalersi del criterio automaticentivare i contraenti a dichiarare il vero prezzo patco, presentando alla competente Agentuito, la legge consente di determinare la base imponizia del territorio, in allegato alla domanbile secondo un valore minimo degli immobili (cd.
da di voltura, apposita istanza per l’attribuzione della rendita catastale. Entro
prezzo-valore) (anche per i fabbricati non censiti in casessanta giorni dall’atto, deve essere
tasto), anche se il corrispettivo pattuito sia superiore,
trasmessa all’Agenzia delle entrate (uffialle seguenti condizioni:
cio del registro) competente ricevuta di
presentazione dell’istanza per l’attribu– deve trattarsi di compravendite esclusivamente a fazione della rendita catastale.
vore di persone fisiche private. Sono, quindi, escluse
le cessioni ove acquirente siano soggetti che agiscono
nell’esercizio di attività d’impresa commerciale, arte o professione;
– le cessioni devono avere ad oggetto esclusivamente immobili ad uso abitativo e relative
pertinenze (garage, box, cantine, solai ecc.);
– la parte acquirente deve fare richiesta al notaio rogante, all’atto stesso della cessione, di
voler usufruire del criterio del prezzo-valore;
– il corrispettivo pattuito deve essere obbligatoriamente indicato nell’atto di vendita, se
formato per atto pubblico o scrittura privata autenticata. Se il prezzo pattuito dalle parti è
occultato (anche in parte), le imposte di registro, ipotecarie e catastali sono dovute per l’intero ammontare e si applica la sanzione pecuniaria dal 50% al 100% della differenza tra
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l’imposta dovuta e quella già applicata in base al prezzo dichiarato, detratta la sanzione
eventualmente applicata ex art. 71, T.U. n. 131/1986 (art. 1, c. 497 e 498, legge n. 266/2005
modificato dall’art. 35, c. 21 e 23, D.L. n. 223/2006, conv. in legge n. 248/2006).
Gli onorari notarili, calcolati in base al corrispettivo, sono ridotti del 30%.
Dal 2007, l’anzidetta regola del prezzo-valore si applica anche se il cedente agisce nell’esercizio dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo sempre che l’acquirente sia una persona fisica privata (cioè che non acquista nell’esercizio di attività di impresa o di arte e professione) e fermo restando tutte le altre condizioni su indicate (art. 1, c. 497, legge n.
266/2005 modificato ex art. 1, c. 309, legge n. 296/2006).
4.4
Agevolazioni per l’acquisto della prima casa
Sono previste agevolazioni (aliquota IVA 4%, registro, ipotecarie e catastali in misura fissa:
168 euro) per l’acquisto della prima casa di abitazione se sussistono determinati requisiti, di
seguito esposti, con riferimento al tipo di immobile, alla ubicazione dell’immobile, alla sua
destinazione e alla situazione anagrafica e patrimoniale dell’acquirente.
Tutti i requisiti devono, di norma sussistere, al momento dell’acquisto ovvero entro un termine massimo stabilito dalla legge a pena di decadenza.
È irrilevante la nazionalità del soggetto acquirente (che può essere anche cittadino straniero).
Il beneficio fiscale si applica anche alle pertinenze e ai fabbricati non ultimati a condizione
che resti l’originaria destinazione.
È inoltre prevista una agevolazione sotto forma di credito d’imposta per coloro che, a seguito di alienazione della prima casa, entro un anno acquistino altra abitazione considerata prima casa.
4.4.1 Requisiti per beneficio fiscale
L’agevolazione fiscale dell’aliquota IVA del 4% spetta alle seguenti condizioni:
1. si tratta di immobile non di lusso;
2. acquisto è a titolo oneroso della proprietà o di altro diritto reale (nuda proprietà, usufrutto, uso, abitazione);
3. l’immobile deve essere ubicato nel Comune dove l’acquirente ha o stabilirà entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza, o se diverso ove svolge l’attività (lavoro, studio, attività sportiva anche se non retribuita ecc.). Nel caso di trasferimento della residenza deve essere resa dichiarazione in tal senso, a pena di decadenza, nell’atto d’acquisto – per la residenza di fatto. Se l’acquirente si trasferisce all’estero per ragioni di lavoro, l’immobile deve
essere ubicato nel Comune ove ha sede o esercita l’attività il datore di lavoro.
Per i cittadini emigrati all’estero, l’agevolazione compete solo se l’immobile acquistato risulta come prima casa su tutto il territorio nazionale (la condizione di residente all’estero
può essere dichiarata dall’interessato a mezzo autocertificazione, cfr. circ. min. 12 agosto
2005, n. 38/E);
4. nell’atto di acquisto ovvero in un successivo atto integrativo rese con le stesse modalità
dell’atto principale, cfr. circ. min. 12 agosto 2005, n. 38/E) l’acquirente deve dichiarare:
– di non essere titolare, esclusivo o in comunione con il coniuge, della proprietà o del diritto di usufrutto, uso, abitazione, di altra casa sita nello stesso Comune – per l’ipotesi di acquisto da parte dei coniugi in comunione legale;
– di non essere titolare, esclusivo, per quote di comproprietà o per comunione legale, della
proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa, ovunque ubicata sul territorio nazionale, acquistata da lui o dal coniuge in regime agevolato a partire dalla legge
Formica (legge 22 aprile 1982, n. 168);
– di voler stabilire la residenza nel Comune ove è ubicata l’abitazione (entro il termine massimo di 18 mesi), salvo sia già ivi residente o vi eserciti l’attività;
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5. la proprietà, l’usufrutto, l’uso e l’abitazione acquistati devono essere conservati per almeno 5 anni dalla data di acquisto, salvo entro un anno dall’alienazione acquistare la proprietà,
il diritto di usufrutto, uso e abitazione di altro immobile da destinare a propria abitazione
principale. In caso di dichiarazione mendace o di trasferimento per atto a titolo oneroso o
gratuito degli immobili acquistati con i benefici prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, si decade dal beneficio fiscale. Se si tratta di cessioni soggette a IVA l’ufficio fiscale presso cui sono stati registrati gli atti deve recuperare nei confronti
degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata, oltre irrogare la sanzione amministrativa pari al 30% della differenza medesima (art. 41-bis, c. 5,
D.L. 30 settembre 2003, n. 269 conv. in legge 24 novembre 2003, n. 326);
6. qualora l’acquirente abbia già effettuato in passato un acquisto agevolato della casa di
abitazione il beneficio compete egualmente se:
– al momento del nuovo acquisto non è più titolare di diritti su un immobile “agevolato”;
– il precedente acquisto è avvento per successione ereditaria o donazione, a esclusione delle
donazioni relative al periodo compreso tra il 25 ottobre 2001 e il 28 novembre 2006 assoggettate a imposta di registro agevolata.
In mancanza di uno qualsiasi dei punti su indicati, l’acquirente decade dal beneficio e deve
corrispondere la differenza d’imposta, gli interessi di mora e la sanzione del 30%. Non è invece assoggettata ad alcuna sanzione l’impresa venditrice che ha applicato le agevolazioni
in base alle dichiarazioni mendaci dell’acquirente (circ. min. 2 marzo 1994, n. 1/E). Per la
possibilità di usufruire del credito d’imposta nel caso di acquisto di una nuova abitazione in
sostituzione della prima casa.
4.4.2 Agevolazione acquisto prima casa e residenza di fatto
La nota II-bis dell’art. 1 della parte I tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986 (imposta di registro) prevede, per l’applicazione dell’aliquota agevolata del 3% per l’acquisto della prima
casa di abitazione, che l’immobile acquistato “sia ubicato nel territorio del Comune in cui
l’acquirente ha o stabilisca entro 18 mesi la propria residenza”.
Secondo la giurisprudenza della Corte è consolidato il principio secondo cui la residenza
anagrafica prevale su quella di fatto (cfr. anche Cass. civ. 20 giugno 2001, n. 8377; in tal
senso è anche l’Amministrazione finanziaria, v. circ. min. 1° marzo 2001, n. 19/E e circ.
min. 12 agosto 2005, n. 38, par. 2.4).
4.5
Significato di idonea abitazione
L’originaria legge agevolativa per il trasferimento di fabbricati destinati ad abitazioni non di
lusso (legge 23 aprile 1982, n. 168, cosiddetta legge Formica) stabiliva per la sua applicabilità che l’acquirente:
1. non possedesse altri fabbricati destinati ad abitazione nel Comune di residenza;
2. che non avesse già usufruito dei benefici fiscali;
3. che dichiarasse di adibire l’immobile a propria abitazione.
Nel corso degli anni successivi la legge subiva diverse modifiche; tra queste, il D.L. n.
16/1993, conv. in legge n. 75/1993, all’art. 1 disponeva che l’acquirente dovesse dichiarare,
a pena di decadenza, “di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato idoneo ad
abitazione”.
L’alternativa interpretativa si poneva, dunque, tra una nozione oggettiva e una nozione soggettiva dell’espressione “fabbricato idoneo ad abitazione”.
Nel primo significato risultavano idonee le unità immobiliari classificate o classificabili per
requisiti tecnici e di autonomia funzionale, nelle categorie da A1 ad A9 e A11, restando irrilevante ogni valutazione connessa alla composizione del nucleo familiare dell’acquirente e
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alle sue esigenze; nel secondo andavano apprezzate (anche) le concrete e peculiari esigenze
di vita dell’acquirente e della sua famiglia.
L’Amministrazione finanziaria, con circ. 2 marzo 1994, n. 1/E, subito precisava che tale disposizione dovesse intendersi in senso oggettivo, nel senso che l’unità immobiliare destinata ad abitazione dovesse essere classificata o classificabile nelle categorie catastali di specie
(escluse le abitazioni di lusso) e che, pertanto, eventuali parametri di carattere soggettivo
non potessero essere utilizzabili.
La tesi ministeriale non era, tuttavia, convincente e veniva sconfessata dalla dottrina e giurisprudenza secondo cui era corretto ritenere che l’agevolazione spettasse anche nel caso in
cui l’originaria abitazione non fosse più idonea alle esigenze abitative personali o familiari
del soggetto interessato (cfr. Cass. civ. 18 luglio 1996, n. 6476; Cass. civ. 25 maggio 2002,
n. 7686; Cass. civ. 23 dicembre 2003, n. 19738; Cass. civ. 11 luglio 2003, n. 10935; Cass.
civ. 17 maggio 2006, n. 11564).
Ma la questione risulta ora superata per effetto delle diverse condizioni contenute nella nota
II-bis dell’art. 1 Tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986 (imposta di registro) che nella sua definitiva stesura non contiene l’allocuzione che l’acquirente dichiari, a pena di decadenza “di
non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato idoneo ad abitazione”.
4.6
Immobile situato all’estero
Non sono revocate le agevolazioni se l’immobile oggetto del secondo acquisto sia situato in
uno Stato estero a condizione che sussistano strumenti di cooperazione amministrativa che
consentano di verificare che l’immobile situato all’estero sia effettivamente stato adibito a
dimora abituale (circ. min. 7 giugno 2010, n. 31/E).
4.7
Sostituzione prima casa (alienazione precedente acquisto
e riacquisto)
La sostituzione della prima casa può usufruire di una duplice agevolazione:
– la prima assoggetta l’acquisto ad aliquota agevolata;
– la seconda prevede un credito d’imposta.
4.7.1 Credito d’imposta per sostituzione prima casa
(art. 7, c. 1, legge n. 448/1998; circ. min. n. 19/E/2001)
Come accennato, per la sostituzione della prima casa (per compravendita, permuta, appalto
o costituzione di usufrutto), in aggiunta all’aliquota agevolata se spetta, la legge prevede
una ulteriore agevolazione.
Infatti, per l’acquisto è riconosciuto un credito d’imposta sino a concorrenza dell’imposta di
registro (principale ed eventualmente supplementare o complementare) o dell’IVA pagata
per il primo acquisto agevolato e, in ogni caso, non superiore all’imposta di registro o all’IVA pagata per il secondo acquisto. Vale a dire che il credito d’imposta ammonta al minore
degli importi dei tributi applicati.
Se l’abitazione alienata è stata acquistata mediante contratto di appalto va considerata l’IVA
indicata in tutte le fatture emesse dall’impresa appaltatrice per la costruzione.
Il credito d’imposta spetta alle seguenti condizioni:
– il nuovo acquisto deve essere in sostituzione di altro immobile agevolato. Di conseguenza
il credito non spetta se il precedente acquisto non ha goduto di aliquota agevolata;
–- il nuovo acquisto deve avvenire entro un anno dall’alienazione (anche a titolo gratuito)
della prima casa (acquistata dal 1982 con aliquota agevolata). Il credito d’imposta non spetta se l’immobile alienato è pervenuto per successione ereditaria o donazione, ancorché sia
stato a suo tempo acquistato dal donante o dal de cuius con le agevolazioni prima casa (circ.
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SOSTITUZIONE PRIMA CASA (ALIENAZIONE PRECEDENTE ACQUISTO E RIACQUISTO)
min. 1° marzo 2001, n. 19/E). Il credito d’imposta spetta anche per l’acquisto originario avvenuto a titolo gratuito nel periodo compreso tra il 25 ottobre 2001 e il 28 novembre 2006
che ha scontato l’imposta di registro agevolata;
– il nuovo acquisto deve riguardare un’altra casa di abitazione non di lusso e devono sussistere le stesse condizioni previste per il primo acquisto agevolato.
4.7.2 Utilizzo del credito d’imposta (art. 7, c. 2, legge n. 448/1998)
Il credito d’imposta non dà mai luogo a rimborsi, ma può essere utilizzato in diminuzione:
– dall’imposta di registro dovuta per l’acquisto della nuova abitazione (sono escluse le imposte ipotecarie e catastali e l’IVA nel caso di acquisto da un’impresa costruttrice). Non si
applica il limite minimo di 129,11 euro previsto per
l’imposta di registro ➊;
➊ Se il titolare del credito muore prima di averlo utilizzato, gli eredi suben– dalle imposte di registro, ipotecarie, catastali, di suctrano nel credito d’imposta che possocessione e donazione dovute sugli atti e denunce preno utilizzare secondo i criteri indicati.
sentati dopo l’acquisto o, in caso di appalto, dopo la
consegna dell’immobile (alla data di presentazione al
Comune della domanda per ottenere l’abitabilità) (non si applica il limite minimo di 129,11
euro previsto per l’imposta di registro). Il credito d’imposta va computato per l’intero importo (cioè utilizzandolo totalmente e non parzialmente) entro il termine di prescrizione decennale dall’anzidetta data (circ. min. 1° marzo 2001, n. 19/E);
– dall’IRPEF dovuta in base alla dichiarazione da presentare successivamente all’acquisto
della nuova abitazione (se l’imposta risultante a debito dalla dichiarazione non è sufficiente
a compensare l’intero credito, l’eccedenza potrà essere utilizzata nei versamenti successivi
sino alla completa estinzione del credito (circ. min. 21 settembre 1999, n. 189/E);
– in compensazione ex D.Lgs. n. 241/1997 dalle imposte e dai contributi.
4.7.3 Modalità di richiesta del credito (circ. min. n. 19/E/2001)
Per usufruire del credito d’imposta è necessario che il contribuente manifesti la propria volontà, specificando se intende o meno utilizzare lo stesso in detrazione dall’imposta di registro dovuta per lo stipulando atto di acquisto.
Di conseguenza l’atto di acquisto dovrà contenere, oltre alle dichiarazioni previste dalla nota II-bis, art. 1, tariffa, parte prima lett. b), c), D.P.R. n. 131/1986, espressa richiesta del beneficio con indicazione:
– degli estremi dell’atto di acquisto dell’immobile sul quale era stata corrisposta l’imposta
di registro o l’IVA in misura agevolata nonché l’ammontare della stessa;
– dell’esistenza dei requisiti che avrebbero dato diritto a tale agevolazione alla data dell’acquisto, se per l’acquisto dell’immobile era stata corrisposta l’IVA ridotta in assenza della
specifica agevolazione prima casa;
– delle relative fatture se risulta corrisposta l’IVA sull’immobile alienato;
– degli estremi dell’atto di alienazione dell’immobile.
Se l’acquisto del secondo immobile agevolato avviene mediante contratto d’appalto, per
poter fruire del credito d’imposta, è necessario che il contratto d’appalto sia redatto in forma scritta e registrato e contenga le indicazioni suddette.
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PERMUTA
Le parti possono convenire che il trasferimento di un immobile sia effettuato in cambio
di altro bene (mobile o immobile), ovvero che il prezzo sia corrisposto parte in danaro e
parte in natura (con altro immobile o altro bene).
Nella prima ipotesi si avrà una permuta vera e propria, nella seconda un contratto misto.
IN SINTESI
Disciplina
Il codice civile non detta espressamente le norme applicabili alla permuta, ma opera un rinvio a quelle della vendita in quanto compatibili.
Evizione
Il permutante che ha sofferto l’evizione può scegliere tra:
– la risoluzione del contratto o
– il pagamento di una somma corrispondente al valore del bene evitto, salvo il diritto al risarcimento del
danno.
Forma
È necessaria la forma scritta, a pena di nullità.
Pubblicità
Se la permuta ha a oggetto beni immobili, è necessaria la trascrizione ai fini dell’opponibilità ai terzi.
5.1
Contratto di permuta
La permuta vera e propria (cioè trasferimento di un immobile in cambio di altro immobile o
altro bene) è un contratto tipico (cioè previsto e regolamentato dalla legge) e la sua disciplina
è contenuta nel codice civile (per la gran parte nel titolo III, libro IV, artt. 1552 ss.), analogo
alla vendita avente a oggetto il reciproco trasferimento o lo scambio di cose o diritti [f 320].
Si tratta di un contratto oneroso a prestazioni corrispettive e reciproche che attua una
doppia vendita traslativa, ove il trasferimento di un bene è in corrispettivo del trasferimento dell’altro.
È un contratto che tollera l’apposizione di condizioni e termini e può essere preceduto da
un contratto preliminare [f 315].
Come la compravendita, anche la permuta può essere un contratto a effetti reali (trasferimento della proprietà o di altro diritto a seguito del consenso, cd. consenso traslativo - art.
1376 cod. civ.), ovvero a effetti obbligatori in cui il trasferimento della proprietà (o di altro
diritto) è differito rispetto alla conclusione del contratto e sono necessari ulteriori fatti o atti
(per esempio permuta di cosa presente con cosa futura).
Di norma, la permuta non consente l’esercizio di un diritto di prelazione. Infatti, la prelazione consente al preferito di sostituirsi al contraente estraneo in quanto fondata su una prestazione eseguibile da qualunque soggetto, mentre la permuta ha a oggetto un bene infungibile (soggettivamente).
La permuta si distingue dalla vendita per l’assenza del prezzo. La prima è, infatti, caratterizzata da un doppio trasferimento di proprietà, cioè da uno scambio reciproco tra le parti di
cose o diritti (senza pagamento di una somma di danaro) (art. 1552 cod. civ.).
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PERMUTA
PERMUTA
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La distinzione tra permuta e vendita è rilevante soprattutto ai fini fiscali. Ai fini civilistici,
la questione ha scarso valore, data l’ordinaria applicabilità alla permuta delle regole della
vendita, compresa l’applicazione del rimedio della rescissione per lesione, che vale per tutti
i contratti commutativi (art. 1448 cod. civ.).
Se l’obbligazione di trasferire la cosa sia sostituita dall’obbligo di corrispondere il prezzo
(novazione oggettiva), mutando l’oggetto cambia anche la causa del contratto che, da permuta, si trasforma in vendita.
Se le parti convengono che il corrispettivo sia corrisposto parte in danaro e parte in natura, per
qualificare correttamente il contratto (se vendita, permuta o contratto misto) è necessario verificare se nell’intenzione delle parti sia prevalente la prestazione in danaro, ovvero in natura.
Salvo diversa pattuizione, le spese del contratto e le altre accessorie sono a carico di entrambi i contraenti in parti eguali (art. 1554 cod. civ.).
La giurisprudenza
La permuta, oltre a effetti reali, può anche essere a effetti obbligatori, allorché l’effetto traslativo sia fatto
dipendere da ulteriori eventi, come la successiva costruzione dell’immobile (permuta di cosa futura)
(Cass. civ. 15 aprile 1991, n. 4000).
5.1.1 Disciplina (art. 1555 cod. civ.)
Il codice non detta espressamente le norme applicabili alla permuta, ma opera un rinvio a
quelle della vendita in quanto compatibili ed escludendo le altre. Ne consegue che sono certamente compatibili quelle norme in cui il prezzo non è requisito essenziale del contratto,
quali i divieti speciali di comprare (art. 1471), la vendita di cose future (art. 1472), le obbligazioni principali del venditore (art. 1476), la consegna del bene (art. 1477), la vendita di
cosa altrui (artt. 1478 ss.), l’evizione (artt. 1485-1488), la garanzia per vizi (artt. 14901497, escluso l’art. 1492), la vendita su campione, la vendita con riserva di gradimento, la
vendita su documenti ecc.
Alla permuta si applicano anche le norme sul fallimento previste per la vendita (art. 1555)
per la parte relativa al venditore; pertanto, in caso di fallimento, se la cosa data in permuta è
stata già trasferita, il contratto resta valido, se non vi è stato il trasferimento, il permutante
non fallito che ha trasferito il proprio bene può insinuarsi nel fallimento per l’equivalente
pecuniario (art. 72, u.c., legge fall.).
Sono invece incompatibili le norme concernenti la mancanza di espressa determinazione
del prezzo (art. 1474), il pagamento del prezzo (art. 1498), gli interessi compensativi sul
prezzo (art. 1499) ecc.
5.1.2 Evizione (art. 1553 cod. civ.)
A differenza della vendita, ove il compratore evitto può esercitare solo l’azione risolutoria
(oltre il risarcimento del danno), il permutante che ha sofferto l’evizione può scegliere tra la
risoluzione del contratto (e quindi la restituzione della cosa da lui trasferita) e il pagamento di una somma corrispondente al valore del bene evitto, salvo il diritto al risarcimento del
danno.
5.2
Contratto misto di vendita e permuta
Come per la vendita, l’operazione permutativa può essere realizzata anche mediante un contratto misto, cioè un contratto innominato la cui causa risulta dalla commistione della vendita
e della permuta (Cass. civ. 28 marzo 1977, n. 1205), come, per esempio, l’acquisto di un appartamento mediante pagamento in danaro e trasferimento di altro immobile [f 330, 335].
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PERMUTA DI AREA FABBRICABILE
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Se le parti convengono che il corrispettivo sia corrisposto parte in danaro e parte in natura,
per qualificare correttamente il contratto (se vendita, permuta o contratto misto) è necessario verificare se nell’intenzione delle parti sia prevalente la prestazione in danaro, ovvero
in natura. Vale a dire se il pagamento di una somma di danaro e la consegna di parte del
corrispettivo in natura costituiscano una mera integrazione o conguaglio, ovvero se le parti
intendano scambiarsi i beni in natura e la somma di danaro viene corrisposta a titolo di conguaglio (cd. teoria dell’assorbimento, che consente di qualificare il contratto in base alla
prestazione prevalente, rimanendo l’altra prestazione assorbita nella disciplina del contratto
prevalente). Se non è possibile applicare il criterio dell’assorbimento, si rientra nel contratto
misto (di vendita e permuta) cui si applicano, in via diretta, le due discipline della vendita e
della permuta. Esempio di contratto misto è la permuta con conguaglio.
Specie nella permuta di area edificabile con appartamenti da costruire, le parti ricorrono a
diversi schemi negoziali o, addirittura, a contratti collegati.
Un problema serio di identificazione si pone quando la realtà contrattuale non è chiaramente esplicitata. In questi casi, la scelta dovrebbe senz’altro ricondursi alla permuta quale contratto tipico anche per l’ipotesi di bene presente con bene futuro.
La distinzione tra contratto misto e permuta di bene presente con bene futuro è oggi assai
rilevante in ragione della nuova disciplina della garanzia fideiussoria introdotta dal D.Lgs.
20 giugno 2005, n. 122, Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di
immobili da costruire [v 7.1 ss.].
5.3
Permuta di area fabbricabile
Molto diffusa è nella pratica la permuta di un’area edificabile in cambio di appartamenti
da costruire. La configurazione giuridica del contratto è quella di una permuta vera e propria di cosa presente (il suolo) con cosa futura (appartamenti da costruire). Di conseguenza, la proprietà dell’area si trasferisce immediatamen➊ Nell’ambito del diritto speciale, la
te, mentre quella degli appartamenti solo quando salegge individua la permuta come negoranno costruiti ➊.
zio tipico per l’ipotesi dello scambio di
Spesso, per evitare rischi al permutante dominus soli
bene presente con bene futuro (art. 2,
(che, in caso di inadempimento dell’altra parte, non è
R.D.L. 10 settembre 1923, n. 2000).
sufficientemente garantito dall’azione di risoluzione
che lascia inalterati i diritti acquistati medio tempore da terzi sull’area, ovvero, in caso di fallimento, il diritto di acquistare la proprietà degli appartamenti si converte in quello di insinuazione nel passivo fallimentare), la pratica ricorre a forme contrattuali diverse. Tra queste,
le più diffuse sono i contratti misti di:
– vendita e appalto, mediante il quale il proprietario dell’area fabbricale la vende a un imprenditore edile, riservandosene la proprietà, in cambio di uno o più appartamenti dell’edificando immobile sulla stessa area. In tal caso, il trasferimento giuridico dell’area avverrà solo quando la
➋ Nel caso di vendita con riserva della
proprietà, la retrocessione del bene è
costruzione sarà ultimata e quindi il venditore dell’asoggetta a imposta proporzionale di rerea non correrà alcun rischio per l’inadempimento del
gistro da applicarsi con l’aliquota previcostruttore ➋;
sta per i trasferimenti immobiliari
– vendita con riserva di superficie e appalto, me(Cass. civ. 21 maggio 1998, n. 5075).
diante il quale il proprietario di un’area fabbricale vende tale area a un imprenditore edile, riservandosene il diritto di superficie in cambio di uno o
più appartamenti edificandi sulla porzione oggetto del suo diritto di superficie. Contestualmente, le parti stipulano un contratto di appalto il cui corrispettivo in danaro viene compensato con il prezzo dell’area venduta;
– vendita di una quota indivisa di area edificabile a un costruttore edile, con riserva di una
quota corrispondente ai millesimi dei futuri appartamenti che verranno attribuiti al proprietario
dell’area. Contestuale divisione tra le parti del futuro edificio e stipula di contratto di appalto
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per l’edificazione delle porzioni immobiliari spettanti al venditore dell’area a seguito della divisione e delle parti comuni, con compensazione del corrispettivo dell’appalto con il prezzo della
quota di area venduta (collegamento negoziale tra tre contratti: vendita, divisione e appalto).
5.4
Forma
Per la forma del contratto di permuta valgono le stesse regole dettate per la vendita di immobili. Come per quest’ultima, è necessaria la forma scritta, a pena di nullità, anche se
uno solo dei beni è un immobile (art. 1350, nn. 1 e 2, cod. civ.) [f 320].
Se la permuta ha a oggetto beni immobili, la legge richiede che siano trascritti: si tratta di
una pubblicità cd. dichiarativa che serve a rendere opponibile il contratto di vendita ai terzi.
5.5
Regime fiscale
Se, civilisticamente, il contratto di permuta è un contratto unico (anche se avente a oggetto
il reciproco trasferimento della proprietà di cose), ai fini fiscali i due trasferimenti possono
anche essere considerati individualmente.
La separazione delle reciproche attribuzioni può comportare un differente regime fiscale, anche per la ragione che il valore dei beni scambiati non è vincolato alla loro sostanziale equivalenza affermata dalle parti nel contratto, considerando valore del contratto (e, quindi, base
imponibile) la sola prestazione di maggior valore (per esempio nell’imposta di registro).
5.5.1 Imposta di registro [artt. 21, c. 2 e 43, lett. b), T.U. n. 131/1986]
Ai fini dell’imposta di registro, ancorché il contratto di permuta sia considerato (secondo la
sua natura civilistica) un contratto unitario, in quanto l’imposizione è su un solo trasferimento, per determinare l’imposta dovuta vanno separatamente considerati i beni trasferiti
per assoggettare a imposizione solo quello che dà luogo a tassazione maggiore. A tal fine,
occorre distinguere a seconda che il trasferimento riguardi beni compresi in regimi tributari
eguali o diversi e precisamente:
– se la permuta è effettuata tra beni assoggettati a imposta proporzionale di registro con la
stessa aliquota, l’imposta va calcolata sul bene di maggior valore;
– se la permuta riguarda beni soggetti ad aliquote diverse, l’imposta va calcolata applicando
l’aliquota più elevata anche al bene di minor valore, sempreché il valore assoluto sia maggiore. Vale a dire che si determina l’imposta di registro dovuta per ciascuno dei due beni
permutati e si versa l’imposta più onerosa;
– se un bene è soggetto a IVA e l’altro a imposta di registro, l’imposta di registro (proporzionale) verrà calcolata solo sul valore di quest’ultimo, indipendentemente dal valore dell’atto soggetto a IVA (e sul bene soggetto a IVA si applica l’imposta di registro in misura
fissa, in ragione del principio dell’alternatività, cfr. art. 40, T.U. n. 131/1986). Esempio: un
privato che cede un’area fabbricabile a una impresa edile in cambio di appartamenti da costruire sull’area stessa (cosa presente con cosa futura).
Presunzione di liberalità dei trasferimenti di immobili (art. 26, T.U. n. 131/1986). I trasferimenti immobiliari si presumono liberalità se l’imposta di registro risulta inferiore all’imposta sulle donazioni:
– senza possibilità di prova contraria (praesumptio iuris et de iure), se il trasferimento avviene tra coniugi o parenti in linea retta. La parentela in linea retta esiste tra le persone di
cui una discende dall’altra o che sono considerate tali ai fini dell’imposta sulle successioni
e donazioni;
– con possibilità di prova contraria (praesumptio iuris tantum), se interviene tra soggetti
estranei, ma manca nell’atto di trasferimento la dichiarazione di inesistenza di un rapporto
di coniugio o parentela tra i contraenti.
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Sono escluse le permute di beni di identico valore. Se, invece, la permuta ha a oggetto beni
di diverso valore, la presunzione di liberalità opera con riferimento all’eccedenza del bene
di maggior valore rispetto a quello di minor valore.
Permuta con conguaglio. Nella permuta con conguaglio, affermata la natura mista della fattispecie di vendita e permuta – contratto misto [v 5.2] – il conguaglio in danaro [f 335] del
bene di minor valore diviene prezzo del bene di maggior valore e, pertanto, va assoggettato a
parte a imposta proporzionale di registro con l’aliquota propria del bene di maggior valore.
Imposte ipotecarie (art. 3, c. 1, D.P.R. n. 635/1972). Per le imposte ipotecarie, la legge rinvia alla normativa dell’imposta di registro.
Imposta catastale. L’imposta catastale grava separatamente sul valore di ciascun bene permutato.
5.5.2 Imposta sul valore aggiunto (art. 13, D.P.R. n. 633/1972)
A differenza dell’imposta di registro, ai fini IVA, il contratto di permuta non è considerato unitariamente, ma i due trasferimenti sono autonomamente considerati e ciascuno soggetto a IVA come singola cessione (questo al fine di recuperare l’IVA a suo tempo detratta sui beni permutati).
Se una sola delle parti è soggetto IVA, esclusivamente l’attribuzione da questa effettuata va
assoggettata a imposta sul valore aggiunto.
Operazioni permutative (art. 11, D.P.R. n. 633/1972). Al fine di impedire che siano immessi in consumo beni o servizi non assoggettati a IVA, la nozione di operazione permutativa risulta molto più ampia di quella civilistica. Vale a dire che l’operazione realizza un
contratto di permuta vera e propria se in corrispettivo è prevista la cessione di un bene o
servizio, anziché danaro; se invece il corrispettivo è costituito da una prestazione di fare o
non fare, si ha un contratto innominato del genere do ut facias (operazione di tipo permutativo).
In concreto, le fattispecie possibili sono le seguenti:
– cessione di beni contro cessione di beni (per esempio, cessione di un terreno in cambio di
un appartamento);
– cessione di bene contro diritti (per esempio, trasferimento di un bene in cambio di un diritto di usufrutto);
– cessione di bene contro prestazioni di servizi (per esempio, cessione di un immobile in
cambio dell’esecuzione di lavori su altro immobile del cedente);
– cessione di beni contro prestazioni di non fare e cessione di un bene in cambio dell’impegno a non costruite sul proprio terreno edificabile.
In tutti questi casi, entrambe le operazioni sono autonomamente soggette a imposta, se entrambe le parti sono soggetti IVA. Infatti, anche se il contratto è unico, le operazioni permutative vanno considerate autonomamente, cioè ogni cessione o prestazione è soggetta alla
sua propria disciplina con riguardo alla imponibilità, al momento impositivo, alla base imponibile, all’aliquota applicabile.
Momento impositivo (art. 6, D.P.R. n. 633/1972). Per individuare il momento impositivo
IVA se lo scambio non è contestuale (salvo l’anticipato pagamento o fatturazione), occorre
distinguere:
– se entrambe le parti sono soggette a IVA, entrambe le operazioni sono autonomamente
soggette al tributo nel momento in cui è effettuata la prima operazione;
– se un permutante non è soggetto IVA, l’operazione imponibile è solo quella posta in essere dall’altro permutante soggetto IVA e si verifica nel momento di effettuazione.
Base imponibile (art. 14, D.P.R. n. 633/1972). La base imponibile è data dal valore normale dei beni o servizi determinato coi criteri fissati dalla legge. L’eventuale conguaglio è irrilevante ai fini della determinazione della base imponibile, infatti il valore normale corrisponde al valore del bene o servizio integrato dal conguaglio.
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Per i beni soggetti a IVA e imposta di registro, a differenza dell’imposta di registro, il soggetto IVA applicherà l’imposta sul bene da lui trasferito.
5.5.3 Imposte sui redditi
Di regola, anche la permuta (cessione a titolo oneroso) può generare incrementi patrimoniali, cioè plusvalenze tassabili sia nell’ambito del reddito d’impresa che anche come reddito
diverso.
Reddito d’impresa. Nell’ambito dei beni facenti parte del patrimonio dell’impresa, la cessione onerosa a titolo di permuta può generare plusvalenze tassabili, costituite dalla differenza positiva tra il valore di realizzo, ovvero il corrispettivo realmente ricevuto (al netto
degli oneri accessori di diretta imputazione), e il costo non ammortizzato del bene permutato. Ai fini della determinazione della plusvalenza, occorre distinguere:
– se il bene ricevuto in permuta non è un bene ammortizzabile, la plusvalenza è data dal valore normale del bene trasferito, se vi è un conguaglio in danaro, il valore normale del bene
va aumentato o diminuito della relativa somma di danaro, come, per esempio, nella permuta
di terreni agricoli dell’impresa (quindi non ammortizzabili) la plusvalenza è determinata
dalla differenza tra il valore normale e il valore di costo del bene dato in permuta;
– se il bene ricevuto in permuta è un bene ammortizzabile (strumentale), a condizione che il
bene ricevuto in permuta sia iscritto in bilancio allo stesso valore al quale era iscritto il bene
ceduto, si considera plusvalenza soltanto il conguaglio in denaro eventualmente pattuito.
In concreto, le due reciproche attribuzioni patrimoniali della permuta vanno considerate autonomamente, con la conseguenza che entrambi i beni permutati possono generare plusvalori tassabili se vi è eccedenza di valore di ambedue di essi rispetto al loro costo storico.
Se i beni non sono equivalenti ma vi è conguaglio in danaro, il conguaglio costituirà per un
permutante plusvalenza tassabile, mentre per l’altro costituirà un costo.
Redditi diversi. La permuta di immobili e quella di partecipazioni sociali possono dar luogo a plusvalenze tassabili come redditi diversi ex artt. 67, c. 1, lett. b) e c) e 68, T.U. n.
917/1986.
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A seguito della stipula dell’atto notarile di vendita (o di permuta), il diritto di proprietà
dell’acquirente non è opponibile ai terzi prima della trascrizione della vendita presso i registri immobiliari (art. 2643, n. 1, cod. civ.).
Il contratto, a fini fiscali, deve altresì essere registrato presso l’Agenzia delle entrate.
IN SINTESI
Natura della trascrizione
La trascrizione serve a dirimere il conflitto tra due soggetti che hanno acquistato lo stesso immobile dallo
stesso venditore.
Procedimento
La trascrizione deve essere eseguita presso ciascun ufficio dei registri immobiliari nella cui circoscrizione
è situato il bene immobile mediante presentazione di un’istanza in doppio originale indirizzata al conservatore dei registri immobiliari.
6.1
Natura della trascrizione
La trascrizione ha natura dichiarativa e serve a dirimere il conflitto tra due persone che
hanno acquistato lo stesso immobile dallo stesso venditore: chi ha trascritto per primo prevale su chi non ha trascritto o ha trascritto successivamente, indipendentemente dalla data
di stipula dei rispettivi contratti (cd. funzione originaria della trascrizione).
Di conseguenza, gli atti non trascritti si presumono ignoti ai terzi, mentre gli atti trascritti si
presumono conosciuti e sono efficaci verso i terzi (art. 2644 cod. civ.).
Per assicurare ai terzi di conoscere la titolarità di un bene oggetto di diversi trasferimenti, la
legge prevede il principio di continuità delle trascrizioni, che dichiara inopponibili le trascrizioni di un bene ove manchi la trascrizione dell’atto di trasferimento precedente (art.
2650 cod. civ.). Se, per esempio, Tizio trascrive in data 31 gennaio 2007 il contratto di vendita dell’immobile acquistato da Caio, ma Caio non ha (a suo tempo) effettuato la trascrizione del suo titolo di acquisto dello stesso bene immobile da Sempronio, la trascrizione di
Tizio è inopponibile a Mevio che, in data 28 febbraio 2007 (quindi dopo Tizio), ha trascritto
l’acquisto dello stesso immobile acquistato da Sempronio (che scorrettamente lo ha venduto
due volte prima a Caio e poi a Mevio).
La trascrizione non sana gli eventuali vizi del contratto, vale a dire che, se il contratto è nullo o annullabile, anche a seguito dell’effettuazione della trascrizione il contratto continua a
essere invalido.
6.2
Procedimento di trascrizione
La trascrizione deve essere eseguita presso ciascun ufficio dei registri immobiliari nella cui
circoscrizione è situato il bene immobile mediante presentazione di un’istanza – nota di
trascrizione [f 355] – in doppio originale indirizzata al conservatore dei registri immobiliari (artt. 2659 e 2663 cod. civ.) che deve contenere:
1. il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita e il numero di codice fiscale delle parti,
nonché il regime patrimoniale delle stesse, se coniugate, secondo quanto risulta da loro di-
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PROCEDIMENTO DI TRASCRIZIONE
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chiarazione resa nel titolo o da certificato dell’ufficiale di stato civile; la denominazione o
la ragione sociale, la sede e il numero di codice fiscale delle persone giuridiche, delle società previste dai capi II, III e IV del titolo V del libro quinto e delle associazioni non riconosciute, con l’indicazione, per queste ultime e per le società semplici, anche delle generalità delle persone che le rappresentano secondo l’atto costitutivo;
2. il titolo di cui si chiede la trascrizione e la data del medesimo;
3. il cognome e il nome del pubblico ufficiale che ha ricevuto l’atto o autenticato le firme;
4. la natura e la situazione dei beni a cui si riferisce il titolo, con le indicazioni richieste ex
art. 2826 cod. civ., nonché la quota espressa in millesimi ex art. 2645-bis, c. 4, cod. civ. nel
caso di trascrizioni di contratti preliminari.
Se l’acquisto, la rinunzia o la modificazione del diritto sono sottoposti a termine o a condizione, se ne deve fare menzione nella nota di trascrizione. Tale menzione non è necessaria
se, al momento in cui l’atto si trascrive, la condizione sospensiva si è verificata o la condizione risolutiva è mancata, ovvero il termine iniziale è scaduto.
Alla nota di trascrizione deve essere allegato l’atto da trascrivere che deve avere necessariamente la forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata (art. 2657 cod. civ.).
6.3
Registrazione fiscale
La registrazione è obbligatoria e assolve a una funzione fiscale.
I notai sono obbligati a chiedere la registrazione per gli atti di vendita da essi ricevuti o autenticati (atto pubblico o scritture private autenticate).
Per gli atti di vendita a mezzo di scrittura privata non autenticata soggetti obbligati sono le
parti contraenti e gli agenti di affari in mediazione per
i contratti di vendita stipulati a seguito della loro atti➊ Il ruolo degli agenti immobiliari ex
vità [art. 10, lett. d-bis), T.U. n. 131/1986 aggiunto ex
art 2, legge n. 39/1989 è stato abolito dall’art. 73 del D.L. n. 78/2010,
art. 1, c. 46, legge n. 296/2006] ➊.
conv. in legge n. 122/2010.
In ogni caso, la registrazione deve essere effettuata
presso l’Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione
risiede il notaio obbligato a richiederne la registrazione e che ha rogato l’atto. Tuttavia, non
è nulla la registrazione effettuata presso un ufficio incompetente.
La registrazione consiste nell’annotazione in apposito registro dell’atto, della data di registrazione, del nome del richiedente, della natura dell’atto, delle parti e delle somme riscosse ed è eseguita,
➋ Per gli atti in lingua straniera deve
previo pagamento dell’imposta liquidata dall’ufficio,
essere allegata una traduzione giurata.
con la data del giorno in cui è stata richiesta ➋.
6.3.1 Soggetti obbligati al pagamento dell’imposta
Il venditore e l’acquirente sono obbligati in solido al pagamento dell’imposta di registro.
Oltre a questi soggetti, sono obbligati al pagamento dell’imposta anche:
• i notai, per i contratti di vendita che hanno ricevuto o autenticato (atto pubblico o scritture
private autenticate);
• gli agenti di affari in mediazione iscritti nell’albo degli agenti immobiliari del ruolo di cui
all’art. 2, legge n. 39/1989, per le vendite a mezzo di scritture private non autenticate stipulate a seguito della loro attività [art. 57, c. 1-bis), T.U. n. 131/1986 aggiunto ex art. 1, c. 46,
legge n. 296/2006].
La legge esclude la solidarietà (art. 57, c. 4-8, T.U. n. 131/1986) per il pagamento dell’imposta complementare, cioè riscossa dall’Ufficio dopo la registrazione e dovuta esclusivamente dalla parte contraente cui è imputabile.
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TUTELA DELL’ACQUIRENTE
DI IMMOBILE DA COSTRUIRE
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La legge dispone una particolare protezione per gli acquirenti di edifici da costruire [art.
1, c. 1, lett. d), D.Lgs. n. 122/2005]. Sono tali gli edifici per i quali, al momento di conclusione del contratto:
– sia già stato richiesto il permesso di costruire;
– la costruzione non sia ancora iniziata, ovvero sia in uno stato tale da non consentire
il rilascio del certificato di agibilità.
Le nuove disposizioni prevedono:
– l’obbligo da parte delle imprese costruttrici di prestare fideiussione bancaria a favore degli acquirenti, a garanzia delle somme riscosse o da riscuotere prima del trasferimento della proprietà;
– l’obbligo delle imprese costruttrici di sottoscrivere una polizza assicurativa a copertura di eventuali vizi dell'immobile;
– l’obbligo di cancellazione o frazionamento dell’ipoteca antecedente la compravendita;
– il diritto di prelazione per l’acquisto dell’immobile;
– specifiche modalità di esperimento dell'azione revocatoria fallimentare nei confronti
dell’acquirente dell'immobile;
– istituzione di un Fondo di solidarietà per il rimborso dei soggetti che sono rimasti vittime di fallimenti nei cinque anni precedenti l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 122/2005
(dal 21 luglio 2005).
La redazione di un eventuale contratto preliminare deve obbligatoriamente contenere le
indicazioni dettate dalle legge per assicurare la trasparenza e la tutela dell’acquirente
(art. 6, D.Lgs. n. 122/2005).
La disciplina si applica agli edifici da costruire per i quali il permesso di costruire o altra
denuncia o provvedimento abilitativo sia stato richiesto successivamente alla data del
21 luglio 2005.
7.1
Tipo di contratto (art. 5, D.Lgs. n. 122/2005)
La nuova legge si applica a una categoria eterogenea di contratti a titolo oneroso, appartenenti a categorie negoziali diverse, ma aventi a oggetto un edificio da costruire e caratterizzati dall’effetto giuridico dell’acquisto o, comunque, del trasferimento non immediato della
proprietà o di altro diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione, servitù) per i quali
il permesso di costruire o altra denuncia o provvedimento abilitativo sia stato richiesto successivamente alla data del 21 luglio 2005. È irrilevante che si tratti di contratti definitivi o
preparatori (per esempio preliminare).
In particolare, la disciplina si applica ai:
– contratti definitivi di vendita di bene futuro;
– contratti preliminari di vendita di fabbricato da costruire;
– contratti di vendita a effetti reali sospensivamente condizionati o con la previsione di un
termine iniziale di efficacia;
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TUTELA DELL’ACQUIRENTE DI IMMOBILE DA COSTRUIRE
TIPO DI CONTRATTO
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– contratti di leasing con patto di riscatto ➊.
➊ A mio avviso, vanno, altresì, ricomAnche se la rubrica della norma fa esclusivo riferipresi quei contratti misti di tipo permumento al contratto preliminare, l’art. 6, D.Lgs. n.
tativo (vendita e appalto), quali, per
esempio, la cessione di un terreno edi122/2005 sul contenuto del contratto si applica a tutti i
ficabile in corrispettivo di un appartatipi di contratto diretti al successivo acquisto in capo a
mento nell’edificando edificio, e anche
una persona fisica della proprietà o di altro diritto reanel caso di alienazione di un immobile
le di godimento su un immobile da costruire.
in cambio dell’assunzione, da parte
dell’acquirente, dell’obbligo di costruire
Il contratto deve comprendere:
un edificio su altra area di proprietà
– le indicazioni previste ex artt. 2659, c. 1, n. 1, e 2826
dell’alienante.
cod. civ.;
– la descrizione dell’immobile e di tutte le sue pertinenze di uso esclusivo oggetto del contratto;
– gli estremi di eventuali atti d’obbligo e convenzioni urbanistiche stipulati per l’ottenimento dei titoli abilitativi alla costruzione e l’elencazione dei vincoli previsti;
– le caratteristiche tecniche della costruzione, con particolare riferimento alla struttura portante, alle fondazioni, alle tamponature, ai solai, alla copertura, agli infissi e agli impianti;
– i termini massimi di esecuzione della costruzione, anche eventualmente correlati alle varie fasi di lavorazione;
– l’indicazione del prezzo complessivo da corrispondersi in danaro o il valore di ogni altro
eventuale corrispettivo, i termini e le modalità per il suo pagamento, la specificazione dell’importo di eventuali somme a titolo di caparra; le modalità di corresponsione del prezzo
devono essere rappresentate da bonifici bancari o versamenti diretti su conti correnti bancari o postali indicati dalla parte venditrice e alla stessa intestati o da altre forme che siano comunque in grado di assicurare la prova certa dell’avvenuto pagamento;
– gli estremi della fideiussione;
– l’eventuale esistenza di ipoteche o trascrizioni pregiudizievoli di qualsiasi tipo sull’immobile con la specificazione del relativo ammontare, del soggetto a cui favore risultano e del
titolo dal quale derivano, nonché la pattuizione espressa degli obblighi del costruttore a esse
connessi e, in particolare, se tali obblighi debbano essere adempiuti prima o dopo la stipula
del contratto definitivo di vendita;
– gli estremi del permesso di costruire o della sua richiesta se non ancora rilasciato, nonché
di ogni altro titolo, denuncia o provvedimento abilitativo alla costruzione;
– l’eventuale indicazione dell’esistenza di imprese appaltatrici, con la specificazione dei relativi dati identificativi.
Ai contratti devono altresì essere allegati:
– il capitolato contenente le caratteristiche dei materiali da utilizzarsi, individuati anche solo per tipologie, caratteristiche e valori omogenei, nonché l’elenco delle rifiniture e degli
accessori convenuti fra le parti;
– gli elaborati del progetto in base al quale è stato richiesto o rilasciato il permesso di costruire o l’ultima variazione al progetto originario, limitatamente alla rappresentazione grafica degli immobili oggetto del contratto, delle relative pertinenze esclusive e delle parti
condominiali.
7.1.1 Contratto preliminare
La disciplina comune vigente, per la valida conclusione di un contratto preliminare di immobile da costruire (cd. “sulla carta”) [f 105], non richiede, di per sé, l’indicazione del permesso di costruire (legge n. 47/1985 e D.P.R. n. 380/2001).
Al riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che la sanzione di nullità ex art. 40, legge n.
47/1985 concerne unicamente i contratti che trasferiscono la proprietà (contratti a effetti reali)
e non si applica nei confronti del preliminare di compravendita di edificio abusivo (avente efficacia obbligatoria) (Cass. civ. 17 giugno 1999, n. 6018; Cass. civ. 1° settembre 1997, n.
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TUTELA DELL’ACQUIRENTE DI IMMOBILE DA COSTRUIRE
L’ACQUIRENTE
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8335; Cass. civ. 3 settembre 1993, n. 9313; Cass. civ. 6 agosto 2001, n. 10831 e Cass. civ. 4
gennaio 2002, n. 59). Ciò in quanto, successivamente al contratto preliminare, può intervenire
la concessione in sanatoria degli abusi edilizi commessi, con la conseguenza che resta esclusa
la sanzione di nullità predetta per il successivo contratto definitivo di vendita (Cass. 23 febbraio 1999, n. 1501). Ne consegue che la concessione edilizia (ora permesso di costruire) è
necessaria unicamente per l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ. dell’obbligo
di contrarre, fermo restando che le parti non possono programmare come oggetto del trasferimento un immobile privo di provvedimento abilitativo, a pena di nullità assoluta per illiceità
dell’oggetto.
La speciale disciplina di tutela (D.Lgs. n. 122/2005), per la valida costituzione del preliminare, richiede ora, obbligatoriamente, che sia già stato richiesto il permesso di costruire [i
cui estremi devono essere indicati nel contratto, cfr. art. 6, lett. i), D.Lgs. n. 122/2005] a pena di esclusione della disciplina di tutela del citato decreto.
Tuttavia, la mancanza della richiesta del permesso di costruire (o della dichiarazione di inizio attività), oltre a escludere l’applicazione della speciale tutela dell’acquirente (fideiussione obbligatoria, polizza assicurativa), comporta l’ulteriore e più grave effetto dell’incommerciabilità dell’immobile. Infatti, all’anzidetta disciplina comune si aggiunge ora la disciplina speciale che, ponendo l’obbligo della richiesta del permesso di costruire, va interpretata non solo nel senso di escludere la disciplina di tutela dell’acquirente, ma anche come
contrasto all’abusivismo edilizio. Ne consegue la nullità assoluta, per illiceità dell’oggetto,
del contratto preliminare di immobile da costruire privo della richiesta del relativo permesso (cfr. G. Petrelli, La nuova disciplina a tutela degli acquirenti di immobili da costruire,
Atti del Convegno Paradigma Milano 14 aprile 2005).
7.1.2 Contratto definitivo
La disciplina comune vigente per la valida conclusione di un contratto definitivo con effetti
traslativi differiti, cioè avente a oggetto un immobile da costruire (vendita di cosa futura)
[f 165], richiede obbligatoriamente la menzione del rilascio (e non della semplice richiesta)
del permesso di costruire, a pena di nullità per illiceità dell’oggetto, salvo domande in sanatoria (artt. 40, legge n. 47/1985 e 46, D.P.R. n. 380/2001) (Cass. civ. 27 novembre 1992,
n. 12709).
Quanto detto vale anche per i contratti definitivi di costruzione esistente, anche se non ancora ultimata. Di conseguenza, la mancanza del permesso di costruire, oltre a escludere
l’applicazione della speciale tutela dell’acquirente, comporta l’ulteriore effetto dell’incommerciabilità dell’immobile per nullità assoluta per le stesse ragioni già esposte sopra per
il preliminare.
7.2
Acquirente [art. 1, c. 1, lett. a), D.Lgs. n. 122/2005]
Con il termine acquirente la legge designa la persona fisica promissaria acquirente o che
acquisti un immobile da costruire, ovvero che abbia
➊ Si noti che il testo letterale della
stipulato ogni altro contratto, compreso quello di leanorma, inopinatamente, limita la discising, idoneo al trasferimento non immediato, per sé o
plina all’ipotesi di immobile acquistato
per un proprio parente in primo grado (per esempio, fiper sé o per un parente in primo grado
glio, genitore) ➊, della proprietà o di un diritto reale
ed esclude il coniuge in regime di separazione di beni o altri parenti di gradi godimento su di un immobile da costruire, ovvero
do diverso.
colui il quale, ancorché non socio di una cooperativa
edilizia, abbia assunto obbligazioni con la cooperativa
per ottenere l’assegnazione in proprietà o l’acquisto della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire per iniziativa della stessa cooperativa.
È dubbio se la tutela sia rivolta anche alle persone fisiche che acquistano un immobile nel-
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l’ambito dell’attività professionale (professionisti), ovvero nell’esercizio di impresa (imprenditori individuali).
Anche se la legge richiama espressamente il contratto di leasing (di solito utilizzato nell’ambito delle attività d’impresa), mi pare più aderente una lettura della norma che limiti la
tutela alla sola persona fisica che non agisca nell’esercizio di arte, professione o impresa.
La natura “privata” della disciplina emerge anche dalla potenziale destinazione dell’acquisto a favore di un parente di primo grado (figlio o genitore), assolutamente non idoneo a essere collocato in un ambito professionale o imprenditoriale.
7.3
Costruttore [art. 1, c. 1, lett. b), D.Lgs. n. 122/2005]
Controparte contrattuale del soggetto acquirente può essere esclusivamente un’impresa o
una cooperativa edilizia (nella veste di alienante).
A dire il vero, la legge ricorre al lemma “costruttore” che non appare corretto se assunto nel
significato di impresa che effettivamente costruisce l’immobile oggetto del trasferimento.
Invece, secondo il preciso dettato normativo, il termine deve intendersi in senso più ampio.
Precisamente, per costruttore deve intendersi l’impresa o la cooperativa edilizia che promettano in vendita o che vendano un immobile da costruire, ovvero che abbiano stipulato
ogni altro contratto, compreso quello di leasing, che abbia o possa avere per effetto la cessione o il trasferimento non immediato della proprietà o di un diritto reale di godimento su
di un immobile da costruire, sia nel caso in cui lo stesso venga edificato direttamente, sia
nel caso in cui la realizzazione della costruzione sia data in appalto o comunque eseguita da
altre imprese [f 175].
7.4
Tutela dell’acquirente
La legge assicura una tutela all’acquirente di immobili da costruire, considerato contrattualmente la parte più debole, sia nella fase antecedente l’acquisto (fideiussione), sia nella fase
successiva (assicurazione sull’immobile per danni derivanti da rovina e gravi difetti).
Ulteriore diritto a favore dell’acquirente è la prelazione nel caso di vendita forzata dell’immobile.
7.4.1 Garanzia fideiussoria (artt. 2 e 3, D.Lgs. n. 122/2005)
La legge affida la tutela dell’acquirente alla fideiussione che il costruttore è obbligato a rilasciare all’acquirente, a pena di nullità, secondo le seguenti modalità e condizioni:
– la fideiussione deve essere rilasciata alla stipula del contratto, ovvero in un momento precedente. Per le società cooperative, l’obbligo della fideiussione sorge con l’atto con il quale
siano state versate somme o assunte obbligazioni con la cooperativa stessa per ottenere l’assegnazione in proprietà o l’acquisto di un diritto reale di godimento su di un immobile da
costruire per iniziativa della stessa cooperativa;
– la fideiussione deve essere di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro
eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso e, secondo i termini e le modalità stabiliti nel contratto, deve ancora riscuotere dall’acquirente prima del trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento. Sono esclusi le somme per le quali è stabilito che
siano erogate da un soggetto mutuante, nonché i contributi pubblici già assistiti da autonoma garanzia;
– la fideiussione deve essere rilasciata da una banca, da un’impresa esercente le assicurazioni o da intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale ex art. 107, D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385;
– se il costruttore incorra in una situazione di crisi, la fideiussione garantisce la restituzione
delle somme e del valore di ogni altro eventuale corrispettivo effettivamente riscossi e dei
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relativi interessi legali maturati sino al momento in cui la predetta situazione di crisi si è verificata;
– la fideiussione deve prevedere la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale.
Il mancato rilascio della garanzia fideiussoria è sanzionato dalla nullità relativa (che può
essere fatta valere unicamente dall’acquirente, al contrario della nullità assoluta che può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse - art. 1421 cod. civ.). Spetta, quindi, all’acquirente, unico soggetto legittimato, decidere alternativamente:
– se agire in giudizio per la dichiarazione di nullità e la conseguente condanna del costruttore alla restituzione di quanto eventualmente versatogli, oltre al risarcimento del danno;
– se mantenere in vita il contratto malgrado il mancato rilascio della fideiussione, restando
esposto al rischio di non recuperare gli acconti versati, se il costruttore incorre in una situazione di crisi.
Operatività della fideiussione (art. 3, c. 1, D.Lgs. n. 122/2005). Come accennato, il regime di tutela per l’acquirente opera in presenza di una situazione di crisi del costruttore. Per
situazione di crisi si intende la situazione che ricorre nei casi in cui il costruttore sia sottoposto o sia stato sottoposto a esecuzione immobiliare, in relazione all’immobile oggetto del
contratto, ovvero a fallimento, amministrazione straordinaria, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa.
La situazione di crisi del costruttore si verifica quando:
– è stata effettuata la trascrizione del pignoramento dell’immobile oggetto del contratto;
– vi è stata la pubblicazione della sentenza di fallimento o del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa;
– è stata presentata la domanda di ammissione al concordato preventivo;
– vi è stata la pubblicazione della sentenza dello stato di insolvenza o, se anteriore, del decreto che dispone la liquidazione coatta amministrativa o l’amministrazione straordinaria.
Modalità di escussione della garanzia (artt. 3, c. 3, 4, 5, e 5, D.Lgs. n. 122/2005). A seguito del verificarsi della situazione di crisi anzidetta e della conseguente risoluzione del contratto concluso tra acquirente e costruttore, sorge l’obbligazione restitutoria garantita dalla
fideiussione.
In particolare, la fideiussione può essere escussa:
– nel caso di trascrizione del pignoramento relativo all’immobile oggetto del contratto, a
condizione che l’acquirente abbia comunicato al costruttore la volontà di recedere dal contratto;
– nel caso di procedure concorsuali: l’acquirente può pretendere la restituzione di quanto
anticipato al costruttore solo se il competente organo della procedura non abbia comunicato
la volontà di subentrare nel contratto.
Verificatesi le suddette condizioni, la fideiussione può essere escussa a richiesta scritta dell’acquirente inviata al domicilio del fideiussore a mezzo di raccomandata a/r, corredata da
idonea documentazione del suo credito, ovvero dell’entità di tutti i corrispettivi attribuiti al
costruttore e del verificarsi di una delle situazioni di crisi previste dalla legge.
Il fideiussore non può opporre all’acquirente il beneficio dell’escussione preventiva del debitore principale, né potrà opporgli il mancato pagamento della commissione o premio da
parte del costruttore.
Il fideiussore è tenuto al pagamento dell’importo dovuto entro trenta giorni dal ricevimento
della richiesta e, in caso di mancato adempimento nel termine, dovrà farsi carico delle spese
sostenute dall’acquirente e necessarie a ottenere la restituzione, oltre che degli interessi.
Cessazione della fideiussione (art. 3, c. 7, D.Lgs. n. 122/2005). La garanzia fideiussoria si
estingue nel momento in cui l’effetto traslativo si realizza e l’acquirente consegue il diritto
di proprietà o il diritto di godimento sull’immobile costruito, senza che si sia verificata una
situazione di crisi. Cessa, quindi, ogni ragione di sopravvivenza dell’obbligo di garanzia
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(esempio: al momento della stipula dell’atto definitivo di compravendita successivo alla stipula del contratto preliminare).
Se prima della stipula del contratto definitivo, ovvero prima che si sia comunque realizzato
l’effetto traslativo, interviene una situazione di crisi, la fideiussione a suo tempo rilasciata
garantisce l’esatto adempimento dell’obbligazione restitutoria gravante sul costruttore.
In verità, l’effetto traslativo potrebbe realizzarsi anche quando il costruttore non abbia assolto integralmente i suoi impegni. Per esempio, se il preliminare prevede la stipula del definitivo a data fissa, senza nulla dire, è possibile che, a quella data, non siano ancora ultimate le
finiture dell’edificio. In tal caso, è opportuno che il preliminare indichi la data del contratto
definitivo, subordinata, tuttavia, allo stato di avanzamento dei lavori. In ogni caso, è utile che
l’effetto traslativo sia condizionato alla conclusione dell’edificio, comprese le finiture ecc.
Ai fini della opponibilità ai terzi è, tuttavia, necessario che l’atto traslativo sia trascritto nei
registri immobiliari. Può accadere che, successivamente alla stipula del contratto ma prima
della trascrizione, sia dichiarato il fallimento del costruttore o sia trascritto atto di pignoramento dell’immobile oggetto del contratto concluso con l’acquirente. In tal caso, il trasferimento della proprietà è inopponibile tanto al fallimento (art. 45, legge fall.) quanto al creditore pignorante (art. 2914 cod. civ.), con la conseguenza che, vanificato l’acquisto, l’acquirente vanterà un credito da far valere nei confronti del costruttore secondo le regole ordinarie, senza poter più contare sulla garanzia fideiussoria.
7.4.2 Assicurazione su immobile da costruire (art. 4, D.Lgs. n. 122/2005)
Per rafforzare la tutela dell’acquirente nella fase successiva all’acquisto, la legge prevede
l’obbligo del costruttore di consegnare all’acquirente, all’atto del trasferimento, una polizza
assicurativa indennitaria decennale.
La polizza ha effetto dalla data di ultimazione dei lavori a copertura dei danni materiali e
diretti all’immobile, compresi i danni a terzi, ex art. 1669 cod. civ., derivanti da rovina totale o parziale, oppure da gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto
della costruzione, e, comunque, manifestatisi successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita o di assegnazione.
Si tratta di un’obbligazione contrattuale posta a carico del costruttore ex lege e, pertanto,
nasce anche se non espressamente prevista. Se il costruttore non consegna la polizza assicurativa, incorre in inadempimento contrattuale. Non pare lecita una clausola inserita nel contratto che escluda espressamente l’obbligo di stipulare e consegnare la polizza assicurativa.
La giurisprudenza
Di norma, la particolare garanzia ex art. 1669 cod. civ. opera anche nei confronti del costruttore-venditore dell’immobile. Infatti, trattandosi di responsabilità di natura extracontrattuale, opera non solo a carico
dell’appaltatore e nei confronti del committente, ma anche a carico del costruttore e a favore dell’acquirente (Cass. civ. 19 ottobre 1992, n. 11450).
7.4.3 Diritto alla prelazione (art. 9, D.Lgs. n. 122/2005)
Nel caso di vendita forzata dell’immobile oggetto del contratto concluso con il costruttore,
l’acquirente può vantare un diritto di prelazione sull’immobile di cui abbia ottenuto la consegna e abbia adibito ad abitazione principale, per sé o per un proprio parente in primo grado. Ciò significa che ha il diritto di essere preferito nell’acquisto dell’immobile alle stesse
condizioni del terzo aggiudicatario.
In particolare, la prelazione presuppone l’immissione nel possesso, vale a dire che l’immobile deve essere venuto a esistenza. La norma non trova, quindi, applicazione se l’acquirente ha stipulato un contratto a effetti reali differiti, non essendo configurabile la fattispecie
alla cui ricorrenza è subordinato il riconoscimento del diritto di prelazione.
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La prelazione non ha natura legale, non è quindi opponibile al terzo aggiudicatario, il cui
acquisto resta inattaccabile. Infatti, la norma esclude il diritto di riscatto, così da far salva la
stabilità delle vendite giudiziarie, altrimenti compromessa ove fosse consentito all’acquirente di riscattare la proprietà nei confronti dell’aggiudicatario.
Beneficiario della prelazione è certamente il promissario acquirente (persona fisica) che
abbia conseguito il possesso-detenzione dell’immobile in forza del contratto preliminare,
senza però avere ottenuto il trasferimento della proprietà.
Se il costruttore è assoggettato a procedura esecutiva concorsuale (o anche individuale
che colpisca l’immobile dedotto in contratto), il promissario acquirente può recuperare
le somme versate avvalendosi della fideiussione rilasciata al momento della stipulazione
del contratto. Escussa la fideiussione, l’effetto traslativo non può più trovare attuazione
a causa del sopravvenuto scioglimento del contratto, mentre l’immobile che ne ha formato oggetto viene messo in vendita, cosicché il ricavato possa essere destinato a soddisfare i creditori. Proprio per evitare questo risultato, il promissario acquirente, già immesso nel possesso-detenzione dell’immobile e già destinato ad abitazione principale,
per sé o per un proprio parente in primo grado, può esercitare la prelazione, subentrando
nella posizione dell’aggiudicatario e assicurarsi, a parità di condizioni, la proprietà dell’immobile.
La prelazione è inderogabilmente subordinata alla sussistenza di due requisiti. È necessario
che, anteriormente all’esecuzione forzata individuale o concorsuale, l’acquirente:
– sia stato immesso nel possesso dell’immobile;
– lo abbia adibito ad abitazione principale per sé o per un suo parente in primo grado.
Esercizio della prelazione. Per consentire l’esercizio della prelazione, l’autorità che procede alla vendita deve provvedere alla cd. denuntiatio, cioè una comunicazione con la quale,
entro il termine di dieci giorni dall’aggiudicazione, viene data notizia all’acquirente della
definitiva determinazione del prezzo, con indicazione di tutte le condizioni alle quali la
vendita dovrà essere conclusa e l’invito a esercitare la prelazione.
Questa comunicazione, da notificarsi a mezzo di ufficiale giudiziario, impone, nella fase
preparatoria della vendita, l’accertamento dell’eventuale esistenza di soggetti aventi diritto
alla prelazione.
Se l’acquirente non è posto in condizione di esercitare la prelazione per una colpevole
omissione dell’autorità che procede alla vendita, ha diritto al risarcimento dei danni subiti,
in base alle ordinarie regole sulla responsabilità civile.
Entro lo stesso termine previsto per la notifica della denuntiatio, chiunque vi abbia interesse
(tranne il debitore) può fare, ex art. 584 cod. proc. civ., ulteriori offerte di acquisto a un
prezzo che deve superare di almeno 1/5 quello raggiunto nell’incanto, pena l’inefficacia
dell’offerta.
Se vi sono offerte migliorative, si riapre la gara e l’immobile viene aggiudicato al miglior
offerente. La determinazione di un diverso e più alto prezzo d’acquisto rende necessaria
una nuova denuntiatio e l’eventuale esercizio della prelazione sulla base del precedente invito resta privo di effetti.
Ricevuta la notifica della denuntiatio, l’avente diritto ha un breve termine di dieci giorni
entro cui pronunciarsi, a pena di decadenza. Se intende esercitare la prelazione, deve darne comunicazione, con atto notificato a mezzo ufficiale giudiziario, all’autorità che procede alla vendita nel rispetto del termine suddetto, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli.
A seguito della prelazione, l’acquirente subentra di diritto nella posizione dell’aggiudicatario e, una volta versato il prezzo secondo le modalità e i termini previamente comunicatigli,
viene emesso il decreto di trasferimento in suo favore.
Nella comunicazione contenente l’invito a esercitare la prelazione devono essere specificate
tutte le condizioni alle quali la vendita dovrà essere conclusa.
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DIRITTO DI FRAZIONAMENTO
7.5
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Diritto di frazionamento
Il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al D.Lgs. 1° settembre
1993, n. 385, come modificato ex art. 7, D.Lgs. n. 122/2005, dispone che, in caso di edificio
o complesso condominiale per il quale può ottenersi l’accatastamento delle singole porzioni
che lo costituiscono, ancorché in corso di costruzione, il debitore, il terzo acquirente, il promissario acquirente o l’assegnatario del bene ipotecato o di parte dello stesso (questi ultimi
limitatamente alla porzione immobiliare da essi acquistata o promessa in acquisto o in assegnazione), hanno diritto alla suddivisione del finanziamento in quote e, correlativamente, al
frazionamento dell’ipoteca iscritta a garanzia (art. 39, c. 6, T.U. n. 385/1993).
Le novità riguardano essenzialmente:
– il diritto al frazionamento, esteso anche al terzo promissario acquirente o all’assegnatario;
– la predisposizione, in caso di inattività della banca, di un particolare procedimento diretto
ad assicurare, con ricorso al Presidente del Tribunale, la designazione di un notaio che rediga e sottoscriva un atto pubblico di frazionamento.
L’inserimento della disciplina del frazionamento nell’ambito del Testo unico bancario ne limita, in concreto, l’applicabilità alle sole operazioni dei mutui fondiari. Sono escluse, quindi, le altre operazioni di finanziamento, quali, per esempio, il mutuo ordinario, ancorché garantito da ipoteca, acceso da un intermediario finanziario.
7.5.1 Frazionamento (art. 7, D.Lgs. n. 122/2005)
La legge fissa un principio generale di divisibilità in deroga al disposto del codice civile,
secondo cui l’ipoteca è indivisibile e sussiste per intero sopra tutti i beni vincolati, sopra
ciascuno di essi e sopra ogni loro parte (art. 2809, c. 2).
I soggetti legittimati a chiedere la suddivisione del finanziamento e dell’ipoteca sono il debitore costruttore, il terzo acquirente, il promissario acquirente e l’assegnatario del bene
ipotecato o di parte dello stesso.
La richiesta deve essere corredata da documentazione idonea a comprovare l’identità del richiedente, la data certa del titolo e l’accatastamento delle singole porzioni per le quali è richiesta la suddivisione del finanziamento.
La banca deve provvedere entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta. Il termine è
aumentato a centoventi giorni, se la richiesta riguarda un finanziamento da suddividersi in
più di cinquanta quote.
In caso di inerzia o inadempimento della banca, il richiedente può presentare ricorso al Presidente del Tribunale nella cui circoscrizione è situato l’immobile. Il Presidente, sentite le
parti, ove accolga il ricorso, designa un notaio che rediga e sottoscriva l’atto di frazionamento per atto pubblico a pena di nullità. Il notaio può avvalersi di ausiliari (periti, esperti
in materia bancaria, contabile ecc.). Dall’atto di suddivisione del finanziamento o dal diverso successivo termine stabilito nel contratto di mutuo decorre, con riferimento alle quote
frazionate, l’inizio dell’ammortamento delle somme erogate; di tale circostanza si fa menzione nell’atto stesso.
Salvo diverso accordo delle parti, la durata dell’ammortamento è pari a quella originariamente fissata nel contratto di mutuo e l’ammortamento stesso è regolato al tasso di interesse
determinato in base ai criteri di individuazione per il periodo di pre ammortamento immediatamente precedente. Il conservatore dei registri immobiliari annota a margine dell’iscrizione ipotecaria il frazionamento del finanziamento e della relativa ipoteca, l’inizio e la durata dell’ammortamento e il tasso relativo.
In ragione dell’autonomia della norma rispetto alle altre disposizioni del D.Lgs. n.
122/2005, l’art. 39, c. 6, T.U. n. 385/1993 si applica anche se il debitore non sia qualificabile come impresa costruttrice ex art. 1, lett. b), D.Lgs. n. 122/2005, ma sia un soggetto privato ovvero se l’acquirente non sia una persona fisica ma un soggetto collettivo.
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FONDO DI SOLIDARIETÀ
Come accennato, il citato art. 39, c. 6, T.U. n. 385/1993 si applica nell’ipotesi di edificio o
complesso condominiale ed è irrilevante lo stato di edificazione dell’immobile (cioè se sia
ancora da completare o sia già stato ultimato).
In ogni caso, la costruzione deve essere già iniziata (e sufficientemente avanzata) per consentire che l’immobile possa ottenere l’accatastamento delle singole porzioni che lo costituiscono, ancorché in corso di costruzione.
7.6
Fondo di solidarietà (artt. 12-18, D.Lgs. n. 122/2005 modificato
dal D.L. n. 248/2007 conv. in legge n. 31/2008)
Il Fondo di solidarietà per gli acquisti di beni immobili da costruire è destinato a fornire un
indennizzo (il Fondo non ha natura risarcitoria) agli acquirenti che, a seguito dell’assoggettamento del costruttore a procedure implicanti situazioni di crisi non concluse in epoca anteriore al 31 dicembre 1993, né aperte in data successiva a quella di emanazione del D.Lgs.
n. 122/2005 (art. 12, c. 2, D.Lgs. n. 122/2005), non siano riusciti a ottenere né l’acquisto di
diritti sugli immobili, né la restituzione di quanto abbiano a tal fine corrisposto.
L’accesso alle prestazioni del Fondo «è consentito nei casi in cui per il bene immobile risulti richiesto il permesso di costruire». Vale a dire che non può essere accordato alcun indennizzo ove si tratti di immobili realizzati abusivamente.
L’accesso alle prestazioni del Fondo è, inoltre, consentito nei casi in cui l’acquirente, a seguito dell’insorgenza di una situazione di crisi per effetto dell’insolvenza del costruttore,
abbia dovuto versare, in aggiunta al prezzo originariamente convenuto, somme ulteriori per
ottenere, dopo la stipula dell’atto di compravendita o di assegnazione, la rinuncia da parte
degli organi della procedura concorsuale a promuovere o coltivare l’azione revocatoria fallimentare (art. 67, c. 2, R.D. n. 267/1942 e s.m.), o la liberazione dell’immobile dall’ipoteca
iscritta a garanzia del finanziamento concesso al costruttore di cui l’acquirente non si sia reso accollante,
➊ In tali casi l’indennizzo è determinato nella misura pari alle predette somovvero da altro vincolo pregiudizievole iscritto o trame ulteriori, fino a concorrenza delle
scritto in danno del costruttore ➊.
somme versate e del valore dei beni
Per avere diritto all’indennizzo è, inoltre, necessario che
corrisposti al costruttore (art. 13, c. 3l’acquirente abbia subito perdite di somme di denaro
bis, D.Lgs. n. 122/2005).
versate o di altri beni trasferiti al costruttore a titolo di
corrispettivo per l’acquisto o l’assegnazione dell’immobile da costruire. La perdita patrimoniale deve essere conseguenza non già di una qualsiasi situazione di inadempimento imputabile al costruttore, ma del suo assoggettamento, in ragione dell’insolvenza, a una procedura
concorsuale nei limiti temporali anzidetti e vi sia il mancato acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento. Ovvero che l’effetto traslativo non si sia verificato a causa della
mancata esecuzione del contratto da parte del costruttore per effetto della sua insolvenza.
È irrilevante l’eventuale successivo acquisto come conseguenza di un’attività negoziale alla
quale sia rimasto estraneo il costruttore, ovvero dell’aggiudicazione dell’immobile da parte
dell’acquirente in sede di vendita giudiziaria. In tali casi, l’indennizzo è, comunque, riconosciuto solo se l’importo complessivo risultante dalla somma di quanto versato al costruttore
e quanto successivamente corrisposto per l’effettivo acquisto del bene sia superiore al prezzo originariamente convenuto. Se, al contrario, il corrispettivo complessivo fosse pari o addirittura inferiore a quello pattuito con il costruttore, l’acquirente non patirebbe alcun danno
e perciò non vi sarebbe ragione di consentirgli l’accesso al Fondo.
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MULTIPROPRIETÀ
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La sensazione che si prova nell’esaminare la nuova legge sulla multiproprietà (art. 2
D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 che modifica il Codice del consumo), è stata di fastidio
verso il legislatore nazionale che si è appiattito nella mera ricezione della direttiva europea, senza cogliere l’occasione per fare chiarezza. Per rimarcare un’ingiustificabile negligenza si osserva che a questo deludente risultato si è giunti anche in ritardo: la direttiva 2008/122/CE aveva fissato, per l’adeguamento delle rispettive legislazioni nazionali, il termine del 23 febbraio 2011; il legislatore italiano si è adeguato nel mese di maggio 2011.
8.1
Disciplina
L’art. 2 del D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 reca modifiche al Codice del consumo (D.Lgs.
n. 206/2005) sostituendo e integrando il relativo Titolo IV, Capo I nella parte relativa alla
disciplina dei contratti di multiproprietà, in attuazione della direttiva 2008/122/CE.
La direttiva disciplina – con finalità di tutela dei consumatori – alcuni aspetti dei contratti di
multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di scambio, abrogando la disciplina previgente, contenuta nella direttiva
94/47/CE.
La direttiva 2008/122/CE è inserita nell’Allegato B della legge comunitaria 2010 (legge n.
96/2009).
In attuazione della citata direttiva 2008/122:
a. il nuovo art. 69 del Codice del consumo estende l’ambito di applicazione della disciplina
della multiproprietà (intervenendo sulla stessa definizione di “contratto di multiproprietà”)
e disciplina ulteriori tipologie contrattuali rispetto al contratto di multiproprietà quali:
– contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine, ovvero il contratto di
durata superiore a un anno ai sensi dei quali un consumatore acquisisce a titolo oneroso il
diritto di ottenere sconti o altri vantaggi relativamente ad un alloggio, separatamente o unitamente al viaggio o ad altri servizi;
– contratto di rivendita, ovvero il contratto in forza del quale un operatore assiste a titolo
oneroso un consumatore nella vendita o nell’acquisto di una multiproprietà o di un prodotto
per le vacanze di lungo termine;
– contratto di scambio, ovvero il contratto in forza del quale un consumatore partecipa a titolo oneroso a un sistema di scambio che gli consente l’accesso all’alloggio per il pernottamento o ad altri servizi in cambio della concessione ad altri dell’accesso temporaneo ai
vantaggi che risultano dai diritti derivanti dal suo contratto di multiproprietà;
b. altre innovazioni alla disciplina vigente in attuazione dalla direttiva 2008/122/CE riguardano principalmente la disciplina della pubblicità [v 8.7], le informazioni da fornire prima
della firma dei contratti [v 8.8], la lingua da usare [v 8.10], il diritto di recesso senza costi
[v 8.12] e il divieto di pagamenti anticipati [v 8.13].
8.2
Natura giuridica
La legge non disciplina direttamente l’istituto della multiproprietà, ma piuttosto detta delle
norme a tutela dell’acquirente nell’ambito dei contratti relativi all’acquisizione della multi-
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NATURA GIURIDICA
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proprietà; per la disciplina dettata a tutela dell’acquirente ex D.Lgs. n. 206/2005, come modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011 [v 8.7 ss.].
Manca, pertanto, una regolamentazione dei rapporti tra i diversi acquirenti che, quindi, vanno ricondotti ad una specifica regolamentazione.
A differenza della disciplina previgente, in attuazione della direttiva 2008/122/CE, il nuovo
art. 69 del Codice del consumo amplia la stessa definizione di multiproprietà che può riguardare non solo un diritto reale, ma anche un diritto personale di godimento ed avere ad
oggetto non solo immobili ma “un alloggio” (dizione più ampia che ricomprende anche beni mobili quali roulottes ecc.).
Resta fermo che la multiproprietà consente a più soggetti di godere di uno stesso “alloggio” in via esclusi➊ Dalla multiproprietà immobiliare occorre tener distinta la cd. multiprova e per un periodo di tempo limitato e predeterminato
prietà azionaria che si differenzia dalnel corso di ogni anno.
la prima poiché proprietaria dell’immoLa citata legge speciale descrive il contratto di multibile è e resta una società per azioni, la
quale si limita a concedere il godimenproprietà come “un contratto di durata superiore ad
to, turnario, del complesso immobiliare
un anno tramite il quale un consumatore acquisisce a
ai propri soci. L’immobile è, quindi, ogtitolo oneroso il diritto di godimento su uno o più algetto di conferimento nella società ed i
loggi per il pernottamento per più di un periodo di ocsoci, che intendono fruire ciclicamente
dello stesso, non vantano alcun diritto
cupazione” (cfr. art. 69, c. 1, D.Lgs. n. 206/2005 moreale sul bene, avendo, gli stessi, acdificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011).
quistato non il bene, ma le azioni priviCon riguardo alla nozione di godimento, a fronte della
legiate emesse dalla società; i multifacoltà attribuita agli Stati membri di qualificare il diproprietari sarebbero, quindi, titolari
solamente di un diritto personale di goritto di godimento come diritto reale o personale, il ledimento sull’unità immobiliare. Questa
gislatore nazionale ha ritenuto di estendere la discipliforma di multiproprietà è stata oggetto
na contenuta nel Capo I anche al caso in cui il contratdi un vivace dibattito, specie in ordine
alla sua compatibilità con la disciplina
to abbia ad oggetto un diritto personale di godimento
codicistica sulle società.
turnario, come nella cd. multiproprietà azionaria ➊.
8.3
Nozione (artt. 69 e 72, c. 1;
artt. 78 e 81, D.Lgs. n. 206/2005
modificato ex art. 2,
D.Lgs. n. 79/2011)
È tale il contratto della durata di almeno un anno mediante il quale, verso pagamento di un prezzo complessivo, si costituisce, trasferisce o si promette di costituire o trasferire un diritto reale ovvero anche un diritto personale avente ad oggetto il godimento ➋, su
uno o più alloggi ➌ per il pernottamento, per più di un
periodo di occupazione.
➋ La relazione illustrativa spiega che,
a fronte della facoltà attribuita agli Stati membri di qualificare il diritto di godimento come diritto reale o personale,
il legislatore ha ritenuto di estendere la
disciplina anche al caso in cui il contratto abbia ad oggetto un diritto personale di godimento turnario, come
nella cd. multiproprietà azionaria.
ç La nozione di alloggio è più ampia
rispetto al termine immobile ed è suscettibile di comprendere anche beni
mobili quali roulottes, chiatte, navi ecc.
➌ La nozione di alloggio è più ampia
8.4
Durata del contratto [art. 69, c. 1,
lett. a) e c. 2 D.Lgs. n. 206/2005
modificato ex art. 2,
D.Lgs. n. 79/2011]
rispetto al termine immobile ed è suscettibile di comprendere anche beni
mobili quali roulottes, chiatte, navi ecc.
Come già detto la durata minima del contratto di multiproprietà è stata ridotta da tre anni ad
un anno e nel calcolo della durata occorre tener conto di qualunque clausola contrattuale
che ne preveda il rinnovo tacito o la proroga.
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MULTIPROPRIETÀ
INFORMAZIONI PRECONTRATTUALI
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8.5
Parti del contratto (art. 69, D.Lgs. n. 206/2005 modificato
ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011)
Parti del contratto sono l’acquirente (consumatore) ed il venditore (operatore) [f 515].
Per acquirente si intende il consumatore (persona fisica che agisce a titolo privato, cioè per
scopi estranei ad una attività d’impresa o professionale) in favore del quale si costituisce, si
trasferisce o si promette di costituire o di trasferire il diritto di multiproprietà.
Per venditore si intende il professionista cioè la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio di un’attività d’impresa o di lavoro autonomo ovvero di un suo intermediario (ad
esempio mediatore immobiliare).
8.6
Oggetto (art. 69, D.Lgs. n. 206/2005 modificato ex art. 2,
D.Lgs. n. 79/2011)
Oggetto della multiproprietà è l’acquisto di un diritto reale ovvero di un diritto personale di
godimento per il pernottamento per più di un periodo di occupazione su uno o più alloggi.
Tale nozione comprende non solo gli immobili o parte di essi (per uso abitazione, alberghiero, turistico-ricettivo, ad esempio appartamento in un villaggio vacanze o in un albergo) ma anche beni mobili quali rouleottes, chiatte, navi, ecc.
8.7
Pubblicità (art. 70, D.Lgs. n. 206/2005 modificato ex art. 2,
D.Lgs. n. 79/2011)
In particolare, l’art. 70 (cfr. art. 3 della direttiva) prevede che nel caso in cui il contratto di
multiproprietà o le altre tipologie contrattuali affini siano offerte al consumatore nell’ambito di una promozione o un’iniziativa di vendita l’operatore deve indicare chiaramente nell’invito lo scopo commerciale e la natura dell’evento.
La multiproprietà non può essere commercializzata o venduta come un investimento.
8.8
Informazioni precontrattuali (art. 71, D.Lgs. n. 206/2005
modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011)
In materia di informazioni precontrattuali, l’art. 71
(che riprende l’art. 4 della direttiva) prevede, in via
generale, che esse siano accurate e sufficienti e fornite in maniera chiara e comprensibile.
Tali informazioni dovranno essere date a titolo gratuito su carta o altro supporto durevole, in lingua italiana e nella lingua dello Stato UE in cui il consumatore risiede o di cui è cittadino. La stessa disposizione
rinvia ad appositi allegati per l’individuazione delle
specifiche informazioni da fornire per ciascuna tipologia contrattuale ➊.
A tali obblighi si aggiunge la previsione contenuta nell’art. 72, c. 6, circa le informazioni che l’operatore è
tenuto a fornire prima della conclusione del contratto
in merito al diritto di recesso [v 8.12].
➊ L’Allegato III alla direttiva è relativo
ai contratti di multiproprietà e prescrive che, oltre a una descrizione del prodotto, debbano essere fornite al consumatore informazioni sul prezzo e
l’eventuale piano di pagamento scaglionato, debbano essere indicati i
servizi inclusi come elettricità, acqua e
manutenzione, nonché le strutture a
disposizione.
Inoltre, l’operatore dovrà chiarire se ha
aderito a un codice di condotta applicabile agli operatori del settore che
deve essere adottato dagli organismi
di categoria e se è stato attivato un sistema di scambio (il formulario per i
contratti di scambio è contenuto nell’Allegato VI), specificandone i costi.
Gli Allegati IV e V contengono i formulari, rispettivamente, per i contratti relativi a prodotti per le vacanze di lungo
termine e per i contratti di rivendita.
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MULTIPROPRIETÀ
FORMA DEL CONTRATTO
8.9
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Forma del contratto (artt. 72 e 81, D.Lgs. n. 206/2005
modificati ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011)
Il contratto deve essere stipulato per iscritto a pena di nullità (la forma è richiesta ad substantiam), su carta o altro supporto durevole, e va redatto in italiano e tradotto nella lingua
o in una delle lingue dello Stato membro in cui risiede l’acquirente oppure, a scelta di quest’ultimo, nella lingua o in una delle lingue dello Stato di cui egli è cittadino, purché si tratti
di lingue ufficiali dell’Unione europea.
Se oggetto del contratto di multiproprietà è un immobile specifico, l’operatore deve fornire
all’acquirente la traduzione del contratto nella lingua dello Stato membro in cui è situato
il bene immobile, purché si tratti di una delle lingue ufficiali dell’Unione europea. L’operatore che contravviene è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a
5.000 euro.
Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione dall’esercizio dell’attività da 30 giorni a sei mesi al venditore che abbia ripetutamente violato il su detto
obbligo.
8.10
Requisiti del contratto (art. 72, D.Lgs. n. 206/2005)
Il contratto deve essere redatto per iscritto, a pena di nullità, su carta o altro supporto durevole, in lingua italiana e in una delle lingue dello Stato dell’Unione Europea ove il consumatore risieda o sia cittadino, a condizione che si tratti di una lingua ufficiale dell’Unione
Europea. Qualora il contratto di multiproprietà sia relativo a un immobile specifico, l’operatore è tenuto a fornire al consumatore anche una traduzione del contratto nella lingua dello Stato membro ove è situato l’immobile.
L’operatore che svolge la propria attività sul territorio nazionale è comunque obbligato a
fornire al consumatore una copia del contratto in lingua italiana.
Le informazioni contenute nel formulario predisposto ai sensi secondo lo schema fornito
dall’Allegato II-bis del D.Lgs. n. 206/2005, costituiscono parte integrante e sostanziale del
contratto e possono essere modificate previo accordo tra le parti o qualora si verifichino circostanze eccezionali ed imprevedibili, indipendenti dalla volontà dell’operatore.
Il contratto deve contenere altresì il luogo di residenza di ciascuna delle parti, la loro firma, nonché la data ed il luogo di conclusione del contratto.
Prima della conclusione del contratto l’operatore deve informare il consumatore sulle clausole relative al diritto di recesso.
Inoltre, il contratto dovrà includere un formulario separato (Allegato V alla direttiva) attraverso il quale potrà essere esercitato il diritto di recesso.
8.11
Obbligo di fideiussione (art. 72-bis, D.Lgs. n. 206/2005
come modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011)
Rimangono inalterati gli obblighi fideiussori in capo agli operatori già stabiliti dal previgente art. 76 del Codice del consumo.
L’operatore che non ha la forma giuridica di una società di capitali, ovvero con un capitale
sociale versato inferiore a 5.500.000 euro, non avente sede legale o sedi secondarie nel territorio dello Stato, è obbligato a prestare idonea fideiussione bancaria o assicurativa a garanzia della corretta esecuzione del contratto.
L’operatore è sempre obbligato a prestare fideiussione bancaria o assicurativa qualora l’alloggio oggetto del contratto di multiproprietà sia in costruzione, al fine di garantire l’ultimazione dei lavori.
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MULTIPROPRIETÀ
RISOLUZIONE DEL CONTRATTO
Le fideiussioni vanno menzionate nel contratto a pena di nullità.
La presenza delle fideiussioni non impone al consumatore la preventiva esclusione dell’operatore.
8.12
Diritto di recesso (artt. 73 e 74, D.Lgs. n. 206/2005
come modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011)
Il nuovo art. 73 (che riprende l’articolo 6 della direttiva) prolunga a 14 giorni (dai 10 già
previsti) il termine utile per il diritto di recesso da parte del consumatore e senza dover
indicare particolari motivi.
Il periodo di recesso si calcola:
– dal giorno della conclusione del contratto o del contratto preliminare;
– dal giorno in cui il consumatore riceve il contratto o qualsiasi contratto preliminare vincolante, se posteriore alla data della conclusione del contratto o del preliminare vincolante.
Sono dettate disposizioni specifiche in ordine ai termini per recedere nel caso di mancata
compilazione del formulario di recesso (1 anno e 14 giorni) e di mancata consegna al consumatore per iscritto delle informazioni precontrattuali (3 mesi e 14 giorni).
In base all’art. 74 (che riprende gli artt, 7 e 8 della direttiva) il consumatore che intenda
esercitare il diritto di recesso deve dare comunicazione scritta della propria decisione.
In tal caso, diversamente rispetto alla previgente disciplina del Codice del consumo, il consumatore non sostiene alcuna spesa né è debitore del valore corrispondente all’eventuale
servizio reso prima del recesso.
L’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore pone fine all’obbligo delle parti
di eseguire il contratto e comporta, in base all’arti. 77 (che riprende l’art. 11 della direttiva),
la risoluzione di tutti i contratti accessori, oltre che, come nel testo vigente, dell’eventuale
contratto di credito stipulato tra il consumatore e l’operatore o un terzo (in quest’ultimo caso sulla base di un accordo tra terzo e operatore).
8.13
Divieto di acconti (art. 75, D.Lgs. n. 206/2005 come modificato
ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011)
L’art. 75 (che riprende l’art. 9 della direttiva) estende a qualsiasi forma di pagamento (versamento di denaro a titolo di acconto, prestazione di garanzie, depositi bancari, riconoscimento di debito od ogni altro onere a favore dell’operatore o del terzo) il divieto di acconti
in precedenza previsto dall’art. 74 del Codice del consumo.
Tale divieto – che recepisce l’orientamento della giurisprudenza di merito – opera nel periodo durante il quale il consumatore può esercitare il diritto di recesso o, nel caso di contratti
di rivendita, nel periodo anteriore al momento in cui la vendita abbia effettivamente luogo o
sia posta fine in altro modo al contratto di rivendita.
8.14
Risoluzione del contratto (art. 77, D.Lgs. n. 206/2005
come modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011)
L’art. 77 rafforza la tutela dell’acquirente rispetto alla previgente disciplina del Codice
del consumo con la previsione che dal recesso dal contratto di multiproprietà (o relativo a un prodotto per le vacanze a lungo termine) deriva non solo la risoluzione del contratto di finanziamento principale ma anche quella relativa agli eventuali contratti accessori ad esso.
Fatto salvo quanto previsto dagli artt. 125-ter e 125-quinquies del D.Lgs. n. 385/1993 in
materia di contratti di credito ai consumatori, se il prezzo è interamente o parzialmente co-
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MULTIPROPRIETÀ
RISOLUZIONE DEL CONTRATTO
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perto da un credito concesso al consumatore dall’operatore o da un terzo in base ad un accordo tra quest’ultimo e l’operatore, il contratto di credito è risolto senza costi per il consumatore qualora questi abbia esercitato il diritto di recesso.
8.15
Normativa applicabile (art. 78, D.Lgs. n. 206/2005
come modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011)
L’art. 78 (che riprende in particolare l’art. 12 della direttiva) interviene in materia di legge
applicabile al contratto, chiarendo in particolare la natura inderogabile delle condizioni di
tutela previste dal Capo I sia nel caso in cui si applichi la legge di uno Stato membro, sia
nel caso in cui si applichi la legge di uno Stato extracomunitario se il bene immobile interessato sia situato sul territorio di un Paese membro o, se il contratto non riguarda beni immobili, nei casi in cui l’operatore svolga l’attività commerciale o professionale in uno Stato
membro o diriga la sua attività verso il territorio comunitario.
La competenza territoriale appartiene inderogabilmente al giudice del luogo di residenza o
di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato.
8.16
Tutela amministrativa e giurisdizionale (art. 79,
D.Lgs. n. 206/2005 come modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011)
Al fine di garantire il rispetto della nuova disciplina da parte degli operatori, l’art. 79, in attuazione dell’art. 13 della direttiva, attribuisce ai consumatori la facoltà di attivare gli strumenti specifici previsti dagli artt. 27, 139, 140 e 140-bis del Codice del consumo.
L’art. 27 disciplina i poteri inibitori e sanzionatori dell’Autorità garante della concorrenza e
del mercato rispetto a pratiche commerciali scorrette; gli artt. 139 e 140 riguardano la legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori e degli utenti, ai fini dell’adozione di
provvedimenti inibitori; l’art. 140-bis disciplina la class action, che può essere esercitata a
tutela dei diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti, al fine di ottenere la
condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.
In ogni caso, è fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario.
8.17
Ricorso extragiudiziale (art. 80, D.Lgs. n. 206/2005
come modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011)
In attuazione dell’articolo 14 della direttiva, oltre alla previsione dell’adozione da parte degli operatori di appositi codici di condotta, è confermata la possibilità di ricorrere alle procedure di mediazione di cui al D.Lgs. n. 28/2010 ed è richiamata anche la possibilità di
utilizzare le procedure di negoziazione volontaria e paritetica, che in base all’art. 2, c. 2, del
medesimo decreto legislativo non sono precluse dalla disciplina della mediazione.
8.18
Disciplina sanzionatoria (art. 81, D.Lgs. n. 206/2005
come modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011)
Per quanto riguarda la disciplina sanzionatoria, occorre segnalare l’aumento dell’entità delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogabili e della durata della sanzione amministrativa
accessoria della sospensione dell’esercizio dell’attività e la previsione di ulteriori condotte
sanzionabili.
Salvo che il fatto costituisca reato, l’operatore che pone in essere condotte sanzionabili è punito,
per ogni singola violazione, con una sanzione amministrativa pecuniaria che va da un minimo di 1.000 a un massimo di 5.000 euro.
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MULTIPROPRIETÀ
TUTELA IN BASE AD ALTRE DISPOSIZIONI
Inoltre, la sanzione accessoria della sospensione dell’operatore dall’esercizio dell’attività si
applica in caso di violazioni ripetute e può durare da 30 giorni a 6 mesi.
Sono sanzionabili le violazioni in materia di:
– offerte pubblicitarie (art. 70);
– informazioni precontrattuali (art. 70);
– requisiti del contratto (art. 72);
– obbligo di fideiussione (art. 72-bis);
– acconti (art. 75).
Inoltre, sono altresì sanzionate le violazioni delle disposizioni specifiche concernenti i contratti
relativi a prodotti per le vacanze di lungo termine (art. 76) e della disciplina della risoluzione dei
contratti accessori (art. 77).
8.19
Tutela in base ad altre disposizioni (art. 81-bis,
D.Lgs. n. 206/2005 come modificato ex art. 2, D.Lgs. n. 79/2011)
L’art. 81-bis del Codice del consumo, come modificato, appare come norma di chiusura che
(per la disciplina dei contratti in oggetto) prevede l’eventuale integrazione normativa delle
disposizioni del codice civile sui contratti, fermo restando il diritto del consumatore a norme più favorevoli ove presenti nell’ordinamento giuridico.
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FINANZIAMENTO
PER ACQUISTO DI IMMOBILI
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Nell’ambito della compravendita immobiliare, l’acquirente può ricorrere a un finanziamento bancario tramite un contratto di mutuo, cioè un contratto tipico a mezzo del quale una parte (di solito un istituto bancario) consegna una somma di danaro al mutuatario
che si obbliga a restituirla e a corrispondere gli interessi.
Anche il leasing (o locazione finanziaria) assolve a una funzione di finanziamento per
l’acquisto della disponibilità immediata di beni (mobili o immobili) ove il canone assume
principalmente il valore di restituzione della somma mutuata e non di pagamento periodico di un prezzo di acquisto.
9.1
Mutuo (artt. 1813 ss. cod. civ.)
Nell’ambito delle operazioni immobiliari di compra➊ A differenza del deposito irregolavendita, di frequente, l’acquirente ricorre a un finanre, quale, ad esempio, il deposito di
ziamento bancario tramite un contratto di mutuo, cioè
una somma di danaro su un libretto di
un contratto tipico a mezzo del quale una parte (di sodeposito bancario in cui la banca è telito istituto bancario) consegna una somma di danaro a
nuta a restituire la stessa somma di
danaro e non le stesse banconote, il
un’altra (mutuatario), che si obbliga a restituirla e corcontratto di mutuo ha una funzione di
rispondere gli interessi ➊.
prestito, mentre il deposito irregolare
Di norma, il contratto di mutuo [f 535, 540] è:
ha pur sempre una funzione di custodia (al deposito irregolare si applicano
– reale e non consensuale, cioè per il perfezionamento
le norme dettate per il mutuo, cfr. art.
del contratto non è sufficiente il consenso delle parti,
1782 cod. civ.).
ma è necessaria la consegna del danaro;
– naturalmente oneroso, cioè il mutuatario deve corrispondere gli interessi, ovvero altro compenso pattuito per l’attribuzione del danaro, salvo
diversa volontà delle parti che possono prevedere un mutuo gratuito (cd. mutuo grazioso);
– unilaterale, in quanto le prestazioni sono tutte a carico di una sola parte (mutuatario) (restituzione del danaro e pagamento interessi);
– di durata, in quanto destinato a durare per un determinato periodo di tempo (artt. 1373, c.
3, 1360, c. 2 e 1458, c. 1, cod. civ.).
Il mutuo tollera l’apposizione della condizione, termine (e modo se gratuito) e può essere
oggetto di trattative precontrattuali tra le parti, ovvero di contratti preparatori o di un contratto preliminare;
Il mutuo, oneroso e gratuito, è per entrambi i contraenti un atto di straordinaria amministrazione, salvo sia contratto da imprenditori nell’ambito dell’esercizio dell’impresa.
Forma. Esclusivamente per i contratti di mutuo stipulati da banche e da ogni altro ente che
eserciti l’attività di prestito e finanziamento è richiesta la forma scritta ad substantiam, a
pena di nullità (art. 117, D.Lgs. n. 385/1993, Testo unico in materia bancaria e creditizia).
Contratto di mutuo
Nozione. Il mutuo è un contratto con il quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità.
(segue)
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FINANZIAMENTO PER ACQUISTO DI IMMOBILI
MUTUO
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(segue)
Caratteristiche
– Natura reale. Il contratto si perfeziona con la consegna del danaro.
– Oneroso. Il mutuatario deve corrispondere gli interessi, ovvero altro compenso pattuito per l’attribuzione del danaro, salvo diversa volontà delle parti che possono prevedere un mutuo gratuito (cd. mutuo
grazioso).
– Unilaterale. Le prestazioni sono tutte a carico di una sola parte (mutuatario) (restituzione del danaro e
pagamento interessi).
– Di durata. È destinato a durare per un determinato periodo di tempo.
Il D.L. n. 70/2011, conv. in legge n. 106/2011, prevede che i mutui ipotecari già stipulati
al momento della sua entrata in vigore (14 maggio 2011) possono essere rinegoziati entro
il 31 dicembre 2012 alle seguenti condizioni (art. 8, c. 6):
– l’importo originario del mutuo non supera i 200 mila euro;
– il mutuo è a tasso variabile per tutta la durata del contratto;
– il mutuo è stato stipulato per l’acquisto o la ristrutturazione di un’abitazione;
– il mutuatario non ha avuto ritardi nel pagamento delle rate;
– il mutuatario ha un Isee (Indicatore situazione economica equivalente) non superiore a
35mila euro.
Dalla rinegoziazione scaturisce un tasso fisso non superiore a quello che si ottiene in base al
minore tra l’Irs (Interest rate swap) in euro a 10 anni e l’Irs in euro pari alla durata residua
del mutuo.
Le novità del D.L. n. 185/2008, conv. in legge n. 2/2009
• Le banche che offrono mutui per l'acquisto dell'abitazione principale sono tenute ad assicurare adeguata pubblicità e trasparenza alla tipologia di contratti e alle relative condizioni.
• Secondo quanto previsto dall'art. 2, c. 5 del D.L. n. 185/2008 (cd. decreto "anticrisi"), a partire dal 1° gennaio 2009, le banche che offrono mutui garantiti da ipoteca, per l'acquisto dell'abitazione principale, sono
tenute ad assicurare alla clientela la possibilità di stipulare tali contratti a un tasso variabile indicizzato al tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale della Banca Centrale Europea. Il tasso complessivo applicato
in tali contratti deve essere in linea con quello praticato per le altre forme di indicizzazione offerte.
• A decorrere dal 1° marzo 2009, le banche italiane predispongono, in aggiunta alla documentazione specifica relativa a ciascun contratto, un documento che contiene le seguenti informazioni:
– elenca tutti i prodotti di mutuo offerti dalla banca, facendo rinvio ai rispettivi fogli informativi per la
pubblicizzazione delle condizioni economiche e contrattuali specificamente riguardanti i prodotti in questione;
– indica in modo chiaro le caratteristiche e i rischi tipici delle operazioni di mutuo secondo modalità tali
da agevolare per la clientela la comprensione delle principali differenze tra i diversi prodotti offerti. Il documento riporta: 1) il tasso di interesse (in caso di previsione di un tasso variabile, sono indicati lo
spread, il parametro di riferimento e l'ammontare del tasso al momento della pubblicità, con l'avvertenza che si tratta di un mero esempio); 2) la durata minima e massima del mutuo; 3) le modalità di ammortamento; 4) la periodicità delle rate:
– è messo a disposizione del cliente nei casi e secondo le modalità previste per i fogli informativi;
– è inviato, in occasione della prima comunicazione periodica utile (e comunque non oltre il 15 aprile
2009), ai clienti che hanno un mutuo in essere con la banca.
9.1.1 Promessa di mutuo (art. 1822 cod. civ.)
Anche se l’obbligazione del promittente mutuante è insuscettibile di esecuzione in forma
specifica ex art. 2932 cod. civ., la legge prevede egualmente la promessa di dare a mutuo,
cioè configura un contratto preliminare di mutuo.
A differenza del mutuo, il contratto preliminare si perfeziona con il semplice consenso e ha
efficacia obbligatoria.
Nel caso di inadempimento della promessa, il promissario potrà agire per il risarcimento
del danno.
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FINANZIAMENTO PER ACQUISTO DI IMMOBILI
MUTUO
9.1.2 Consegna del danaro (art. 1813 cod. civ.)
Come già detto, il mutuo è un contratto reale e non consensuale, cioè (in deroga al generale
principio consensualistico ex art. 1376 cod. civ.) per il suo perfezionamento non è sufficiente il consenso delle parti, ma è necessaria la consegna del danaro (anche se le parti sono libere di regolare i loro rapporti e dilazionare il momento perfezionativo del contratto di mutuo, rinviando la consegna del danaro a un momento successivo, cfr. Cass. civ. 12 giugno
1969, n. 2076). Di conseguenza, la consegna non costituisce una obbligazione contrattuale
del mutuante, ma è elemento indispensabile per la stessa esistenza giuridica del contratto
di mutuo.
Per consegna può intendersi anche la messa a disposizione giuridica del mutuatario della
somma, indipendentemente dalla materiale consegna, come avviene, per esempio, con l’accreditamento in conto corrente a favore del mutuatario (Cass. civ. 23 marzo 1978, n. 1422 e
Cass. civ. 12 ottobre 1992, n. 11116).
Tuttavia, è stato escluso il bancogiro, considerato contratto di credito atipico cui sono applicabili solo per analogia le norme sul mutuo.
La giurisprudenza
L’ordine di bonifico conferito alla banca dal mutuatario costituisce un negozio giuridico unilaterale che
trae efficacia da una precedente dichiarazione di volontà con cui la banca si obbliga ad eseguire gli incarichi futuri conferiti dal cliente, i cui effetti sono circoscritti alla banca stessa ed all’ordinante, con conseguente estraneità del beneficiario, nei cui confronti l’incarico di pagamento assume natura di delegazione
di pagamento (Cass. civ. 19 settembre 2008, n. 23864).
9.1.3 Pagamento degli interessi (art. 1815 cod. civ.)
Il mutuo è un contratto naturalmente oneroso, vale a dire che, salvo patto contrario, il mutuatario deve corrispondere al mutuante un corrispettivo in forma di interessi (è possibile
anche una diversa prestazione: prestazione di fare o non fare ecc., ovviamente se il mutuante non è un istituto di credito).
Il pagamento degli interessi rappresenta certamente una controprestazione del mutuatario a
fronte della consegna del danaro (art. 1815 cod. civ.).
Gli interessi sono frutti civili e maturano giorno per giorno in ragione della durata del diritto (artt. 820, c. 3, e 821, c. 3, cod. civ.).
La misura degli interessi è liberamente determinata dalle parti con le seguenti precisazioni:
– se il saggio degli interessi supera quello legale, va pattuito per iscritto, a pena di nullità
(salvo il divieto di interessi usurari), altrimenti sono dovuti nella misura legale (art. 1284, c.
3, cod. civ.);
– in mancanza di accordo delle parti sulla misura degli interessi convenzionali, questi sono
dovuti nella stessa misura di quelli legali (art. 1284, c. 2, cod. civ.);
– è vietato prevedere interessi usurari, la relativa clausola contrattuale è nulla e non sono
dovuti interessi (art. 1815, c. 2, cod. civ.). Gli interessi sono sempre usurari se superano il
tasso medio che, per ogni categoria di operazioni, è pubblicato trimestralmente sulla Gazzetta Ufficiale (art. 2, legge 7 marzo 1996, n. 108);
– di regola, è vietato l’anatocismo, cioè la capitalizzazione degli interessi dovuti affinché
producano a loro volta interessi (interessi sugli interessi) (art. 1283 cod. civ.);
– in mancanza di espressa previsione pattizia, gli interessi vanno corrisposti a rate annuali
posticipate.
Il mancato pagamento degli interessi da parte del mutuatario costituisce inadempimento
contrattuale e legittima il mutuante a chiedere la risoluzione del contratto (art. 1820 cod.
civ.). La risoluzione è esperibile in ogni caso di mancato pagamento.
Interessi usurari. Gli interessi sono sempre usurari se superano il tasso stabilito dalla leg-
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ge, nel momento in cui sono promessi o comunque convenuti, indipendentemente dal loro
pagamento, in base a una classificazione per categorie omogenee, tenuto conto della natura,
dell’oggetto, dell’importo, della durata, dei rischi e delle garanzie ed effettuata annualmente
con decreto del Ministro del tesoro (art. 1, c. 1, legge 28 febbraio 2001, n. 24 di interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108).
La massima è conforme all’interpretazione autentica che il legislatore ha fornito sull’efficacia della legge antiusura (legge n. 108/1996) per i contratti stipulati antecedentemente alla
sua entrata in vigore. A dire il vero, a seguito della entrata in vigore della legge n. 108/1996,
la giurisprudenza aveva affermato che, pur non essendo retroattiva, era di immediata applicazione limitatamente agli effetti ancora in corso e, quindi, per l’appunto per la corresponsione degli interessi. Di conseguenza, aveva ritenuto nulle le clausole concernenti interessi
usurari previste anche in contratti stipulati anteriormente all’entrata in vigore della citata
legge (Cass. civ. 17 novembre 2000, n. 14899 e Cass. civ. 22 aprile 2000, n. 5286). Successivamente, con il D.L. n. 394/2000 convertito nella legge n. 24/2001, il legislatore ha stabilito che si intendono «usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente
dal momento del loro pagamento».
La giurisprudenza
È nulla la clausola che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi sul conto corrente
bancario. Ne consegue che i conteggi effettuati dall’istituto di credito vanno riconsiderati applicando il solo interesse convenzionale con decorrenza dall’entrata in vigore della legge n. 154/1992 (Trib. Roma 24
marzo 2003).
Interessi anatocistici (art. 1283 cod. civ.). Gli interessi anatocistici derivano dalla capitalizzazione degli interessi dovuti affinché producano a loro volta interessi (interessi sugli interessi). Di regola, è vietato l’anatocismo, tuttavia gli interessi scaduti possono essere capitalizzati e produrre interessi alle seguenti concorrenti condizioni:
– siano scaduti da almeno sei mesi e
– deve intervenire, posteriormente alla loro scadenza, una convenzione in tal senso ovvero
dal giorno della domanda giudiziale diretta a ottenere il pagamento sia degli interessi scaduti che degli interessi dovuti.
La giurisprudenza
Gli interessi anatocistici sono dovuti solo a seguito di domanda giudiziale contenuta nell’atto introduttivo,
mentre non assume rilievo la domanda formulata per la prima volta in appello o in una materia illustrativa
(Cass. civ. 8 marzo 2006, n. 4935).
Clausole bancarie anatocistiche. Le clausole bancarie anatocistiche sono nulle per contrarietà al divieto posto dall’art. 1283 cod. civ. Esse, infatti, sono generate da usi negoziali e
non da usi normativi consistenti nella ripetizione generale, uniforme, costante e pubblica di
un determinato comportamento accompagnato dalla convinzione che si tratta di un comportamento giuridicamente obbligatorio, conforme a una norma che già esiste o che si ritiene
debba far parte dell’ordinamento giuridico (opinio iuris ac necessitatis). I contratti bancari
contenenti le clausole anatocistiche, in quanto predisposti dagli stessi istituti di credito, sono insuscettibili di negoziazione individuale e tolgono ogni spazio al giudizio di conformità
a diritto, presupposto dell’uso normativo, da parte dei clienti. La giurisprudenza che per
lungo tempo ha ritenuto erroneamente l’esistenza di un uso normativo circa le clausole anatocistiche non determina la conseguenza che, in precedenza, tale prassi fosse percepita come conforme a ius e che, sulla base di una tale convinzione, venisse accettata dai clienti.
Anche in materia di usi normativi, la funzione assolta dalla giurisprudenza non può essere
altra che quella ricognitiva e non creativa della regola stessa con la conseguenza che in pre-
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senza di una ricognizione, pur reiterata nel tempo, che presuppone erroneamente una regola
in realtà insussistente, la ricognizione collettiva debba avere una portata per definizione retroattiva, derivandone, altrimenti, la consolidazione medio tempore di una regola che troverebbe la sua fonte esclusiva in pronunce che, erroneamente presupponendola, l’avrebbero
con ciò stesso creata (Cass., Sez. Un., 4 novembre 2004, n. 21095).
9.1.4 Restituzione del danaro (artt. 1816 e 1817 cod. civ.)
Il mutuatario ha l’obbligo di restituire il danaro ricevuto in prestito nei tempi convenuti.
La restituzione va fatta nel termine fissato dalle parti ed è da intendersi a favore:
– di entrambe se il mutuo è oneroso. Vale a dire che, salvo patto contrario, il mutuante e il
mutuatario non possono pretendere una restituzione anticipata delle cose date a mutuo;
– del mutuatario se il mutuo è gratuito. Vale a dire che, salvo patto contrario, il mutuatario
può restituire anticipatamente il danaro dato a mutuo, mentre il mutuante non può pretenderne la restituzione anticipata.
Se il termine non è stabilito dalle parti (neppure implicitamente), ovvero è incerto (quando
il debitore potrà), provvede il Giudice.
È ammissibile la stipulazione di un termine in potestate creditoris (cioè a semplice richiesta
del mutuante), mentre è inammissibile un termine in potestate debitoris (equivalente al termine quando il debitore potrà).
Il termine di prescrizione del mutuante per chiedere la pronunzia del Giudice per la fissazione del termine decorre dalla stipula del mutuo.
Salvo patto contrario, la restituzione va effettuata nel
luogo del domicilio del mutuante, se il mutuo è in de➊ Per il mutuo gratuito la restituzione
va effettuata al domicilio del mutuante
naro, e del domicilio del mutuatario per le cose diverse
(App. Torino 24 ottobre 1956).
dal danaro, secondo le stesse regole dettate dall’art.
1182, c. 3 e 4, cod. civ. ➊.
Restituzione rateale (art. 1819 cod. civ.). Se è stata convenuta la restituzione rateale del
danaro e il mutuatario è inadempiente, anche per una sola rata:
– nel mutuo oneroso, il mutuante può recedere dal contratto e chiedere l’immediata restituzione dell’intero prestito;
– nel mutuo gratuito, il mutuante può recedere dal contratto e chiedere l’immediata restituzione dell’intero prestito.
9.1.5 Cessazione del contratto
Il contratto di mutuo può cessare per una delle seguenti cause:
– scadenza del termine previsto nel contratto;
– avveramento della condizione risolutiva;
– inadempimento: il mutuante può chiedere la risoluzione se il mutuatario non paga gli interessi;
– richiesta anticipata del danaro dato a mutuo per sopravvenuta insolvenza del mutuatario,
per diminuzione delle garanzie prestate dal mutuatario o fallimento del mutuatario;
– eccessiva onerosità sopravvenuta se il pagamento degli interessi da parte del mutuatario
diviene eccessivamente oneroso (Trib. Firenze 28 marzo 1998). Per il mutuo gratuito, si ritiene applicabile la riduzione a equità ex art. 1468 cod. civ. se l’obbligo di restituzione è divenuto eccessivamente gravoso;
– estinzione anticipata a richiesta del mutuatario.
9.1.6 Mutuo di scopo
Consiste nel prestito di danaro concesso al mutuatario a patto (se convenzionale) o a condi-
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zione (se legale) che sia utilizzato per lo scopo espressamente prefissato nel contratto, per
esempio reimpiego della somma mutuata per l’acquisto di un immobile.
Il mutuo di scopo è diverso dallo schema tipico del contratto di mutuo per il modo di perfezionamento, che è consensuale e non reale (cioè è sufficiente il consenso delle parti senza
la consegna).
Inoltre, il mutuatario, oltre a restituire la somma mutuata e i relativi interessi, si obbliga a
realizzare lo scopo previsto espressamente nel contratto.
9.1.7 Mutuo fondiario
Anche se spesso sono qualificati contratti di mutuo di scopo, non paiono tali i mutui fondiari [f 545] per la forte ragione che la destinazione del danaro è realizzata direttamente dal
mutuante, senza che vi sia un obbligo del mutuatario.
La presenza dello scopo non è tale da costituire un’obbligazione di destinazione per il mutuatario (contra Cass. civ. 18 agosto 1992, n. 7547). A seguito dell’“istruttoria” della banca,
infatti, il danaro è erogato direttamente al venditore in ragione di un mandato irrevocabile
di pagamento. Talché le obbligazioni del mutuatario sono quelle tipiche del mutuo senza
nessun obbligo di destinazione della provvista e l’immobile compravenduto da originario
“scopo” diviene strumento di garanzia del mutuo.
9.1.8 Portabilità del mutuo (art. 120-quater, D.Lgs. n. 385/1993)
La legge prevede la sostituzione del proprio mutuo
➊ A partire dal 1° gennaio 2009 è
con un finanziamento nuovo, erogato da un altro
stata estesa l'applicazione di alcune
istituto bancario, mediante il meccanismo della sursanzioni amministrative pecuniarie prerogazione per volontà del debitore, già presente nel
viste dal Testo unico in materia bancanostro ordinamento all’art. 1202 cod. civ. ➊
ria e creditizia (D.Lgs. n. 385/1993)
anche alle ipotesi di inosservanza delle
Il decreto legislativo consente di surrogare un nuovo
disposizioni sulla portabilità dei mutui.
finanziatore al vecchio, anche se il termine per l’aL'ammontare delle sanzioni è destinato
dempimento disposto a favore del creditore non è maa incrementare il Fondo di solidarietà
per la sospensione delle rate delle faturato, e anche se è esplicitamente pattuito un termine
miglie in difficoltà, istituito dalla legge
a favore del creditore.
finanziaria 2008 (D.L. n. 185/2008
Conseguenze dell’operazione:
conv. in legge n. 9/2009).
– il mutuante surrogato subentra nelle garanzie accessorie, personali e reali, che assistono il credito oggetto
di surrogazione;
– l’istituto di credito subentra nella garanzia ipotecaria già iscritta dal creditore originario,
senza che sia più necessaria, come in precedenza, la cancellazione della vecchia ipoteca e
l’iscrizione della nuova.
L’art. 1202 cod. civ. prevede che, per dare corso a tale surrogazione, debbano verificarsi le
seguenti condizioni:
– il nuovo mutuo e la quietanza del vecchio devono risultare da atti aventi data certa;
– nel nuovo mutuo deve essere indicata espressamente la specifica destinazione della somma mutuata dalla nuova banca;
– la quietanza rilasciata dalla banca surrogata deve indicare la dichiarazione del mutuatario
circa la provenienza della somma impiegata nel pagamento.
È nullo ogni patto, anche posteriore alla stipulazione del contratto, con il quale si impedisca
o si renda oneroso per il debitore l’esercizio della facoltà di surrogazione.
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Ipotesi
Si può modificare
Non si può modificare
Costi
Rinegoziazione o ricontrattazione (si modifica il mutuo esistente)
1. il tipo di tasso
2. la misura del tasso
3. la durata
1. la somma mutuata in
aumento
2. la banca
1. commissioni bancarie: NO
2. imposta sostitutiva:
NO
3. detraibilità interessi:
SÌ se spettante sul mutuo originario
4. atto notarile: eventuale
Mutuo di surrogazione (si chiude il vecchio
mutuo e se ne accende
uno nuovo utilizzando l’ipoteca originaria)
1. il tipo di tasso
2. la misura del tasso
3. la durata
4. la banca
1. la somma mutuata in
aumento
1. commissioni bancarie: NO
2. imposta sostitutiva:
NO
3. detraibilità interessi:
SÌ se spettante sul mutuo originario
4. atto notarile: comprensivo del nuovo mutuo; solo autentica della
dichiarazione di surroga
dell’ipoteca.
Mutuo di sostituzione
(si chiude il vecchio mutuo e se ne accende uno
nuovo)
1. il tipo di tasso
2. la misura del tasso
3. la durata
4. la somma mutuata
anche in aumento
5. la banca
1. può doversi pagare alla
banca originaria una penale di estinzione, ridotta come da accordi con ABI
2. può essere necessario
cancellare la vecchia ipoteca
3. costi bancari per l’accensione di un nuovo mutuo
4. imposta sostitutiva: SÌ
5. detraibilità interessi: SÌ
se spettante sul mutuo
originario, ma sempre limitatamente all’importo residuo del mutuo originario,
oltre spese assimilate
6. atto notarile: necessario
Fonte: Consiglio Nazionale del Notariato, Mutuo informato – Le guide per il cittadino.
9.1.9
Regime fiscale
a. Imposte sui redditi (artt. 6 e 44, T.U. n. 917/1986)
In ragione della natura del soggetto mutuante (impresa o privato), gli interessi attivi derivanti dal mutuo rientrano rispettivamente nei redditi di impresa o di capitale, che seguono
differenti criteri per l’imputazione al periodo d’imposta.
A determinate condizioni, è riconosciuta una detrazione dall’IRPEF per gli interessi passivi per i mutui (e relativi oneri accessori e quote di rivalutazione) pagati a residenti in Italia
o nella Unione Europea o a stabili organizzazioni di soggetti non residenti per acquisto dell’abitazione principale e relative pertinenze.
Gli interessi passivi derivanti da mutui contratti nell’ambito dell’attività d’impresa vanno,
invece, considerati nell’ambito dello specifico reddito di categoria.
Mutui ipotecari per acquisto abitazione principale e pertinenze [artt. 15, c. 1, lett. a) e
24, T.U. n. 917/1986]. I mutui ipotecari per l’acquisto dell’abitazione principale del mutua-
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tario o di un familiare ➊ ➋ consentono di detrarre dall’Irpef dovuta (anche da non residenti), per ciascun periodo d’imposta, alle condizioni precisate di seguito:
– il 19% degli interessi passivi (e relativi oneri accessori) ➌ ➍, nonché delle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione per un ammontare
massimo di euro 3.615,20 annui aumentato, a decorrere dall’anno 2008, a euro 4.000,00 ex art. 1, c. 202,
legge n. 244/2007;
– per mutui ipotecari pagati (anche da soggetti non residenti) a residenti in Italia, a stabili organizzazioni in
Italia di soggetti non residenti, a soggetti residenti nella UE. Sono escluse altre forme di finanziamento, quali aperture di credito, cambiali ipotecarie, cessione di
credito ecc. Il mutuo deve essere garantito da ipoteca
(è indifferente il bene su cui grava l’ipoteca o di chi
sia la proprietà) (circ. min. 26 gennaio 2001, n. 7/E).
In caso di contitolarità del mutuo o di più contratti di
mutuo, il limite di euro 4.000,00 va riferito all’ammontare complessivo degli interessi, oneri accessori e
quote di rivalutazione dovuti e la detrazione spetta a
ciascuno dei contitolari pro quota, per esempio 50%
ciascuno se il mutuo è cointestato ai coniugi in regime
di comunione legale dei beni [art. 15, c. 1, lett. b), T.U.
n. 917/1986]. Se un coniuge risulta fiscalmente a carico dell’altro, questi può detrarre la totalità degli interessi passivi (cioè anche la quota spettante al coniuge
fiscalmente a carico). Tuttavia, se l’abitazione è acquistata da un solo coniuge, ancorché il mutuo sia cointestato a entrambi, la detrazione spetta solo al coniuge
acquirente ed in proporzione alla sua quota (circ. min.
12 maggio 2000, n. 95/E);
– di regola, la destinazione ad abitazione principale
va effettuata entro un anno dall’acquisto che, a sua
volta, deve avvenire entro dodici mesi precedenti o
successivi alla data di stipula del mutuo. In caso di accollo, la destinazione ad abitazione principale deve avvenire entro l’anno a decorrere dalla data dell’accollo,
del mutuo da parte dell’acquirente (circ. min. 27 maggio 1994, n. 73/E). Se l’immobile acquistato è oggetto
di lavori di ristrutturazione edilizia, comprovata dalla
relativa concessione edilizia o atto equivalente, la detrazione spetta a decorrere dalla data in cui l’unità immobiliare è adibita a dimora abituale, e comunque entro due anni dall’acquisto ➎.
Per i mutui stipulati a decorrere dal 1° gennaio 1993,
l’acquisto dell’abitazione principale andava obbligatoriamente effettuata entro sei mesi precedenti o successivi la stipula del mutuo. Con decorrenza dal 1998,
non si teneva conto del periodo di sei mesi se l’originario contratto era estinto e ne veniva stipulato uno
nuovo di importo non superiore alla residua quota di
124
➊ Per abitazione principale si intende:
– l’abitazione in cui la persona fisica che
la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari
dimorano abitualmente. In genere, l’abitazione principale coincide con quella
ove si trova la residenza anche se non
ancora iscritti nell’anagrafe del Comune
(art. 43 cod. civ.);
– il fabbricato che costituisce la dimora principale solo dei familiari;
– l’immobile posseduto a titolo di proprietà o di usufrutto da persone anziane, disabili ecc. ancorché risiedano in
istituti di ricovero o sanitari a seguito
di ricovero permanente, a condizione
che l’immobile non sia stato locato.
➋ La detrazione fiscale spetta anche
se il mutuo è finalizzato all’acquisto di
una ulteriore quota di proprietà dell’abitazione principale.
➌ Gli oneri accessori, che nell’anno di
stipula del mutuo sono detraibili unitamente agli interessi passivi e concorrono
a formare il limite massimo attuale di euro 4.000 sono: le spese notarili, commissione spettante alla banca per l’istruttoria del mutuo, imposta sostitutiva corrisposta sul capitale ricevuto in prestito
(circ. min. 12 maggio 2000, n. 95/E).
➍ Con riguardo agli interessi passivi
corrisposti per il mutuo acceso per la
costruzione dell’abitazione principale,
la detrazione IRPEF del 19% non spetta se il contribuente abbia stipulato il
mutuo allo scopo di ultimare un’abitazione acquistata al grezzo e, contemporaneamente, non abbia richiesto al
Comune la voltura del permesso di costruire, in precedenza rilasciato all’impresa costruttrice (ris. Agenzia delle
Entrate 5 novembre 2007, n. 310).
➎
1. Sono indetraibili i rimborsi di capitale.
2. La prova dell’acquisto va indicata
sull’attestazione di pagamento degli interessi.
3) Non è possibile detrarre gli interessi di un mutuo intestato ad una persona a carico.
4. Nel caso di compravendita di immobile ipotecato a garanzia di un mutuo,
la detrazione spetta all’acquirente ac(segue)
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capitale da rimborsare, maggiorata delle spese e degli
oneri correlati (art. 7, c. 3 e 4, legge n. 448/1998).
L’ammontare massimo su cui calcolare la detrazione
del 19% è di euro 3.615,20 annui. In caso di contitolarità del mutuo o di più contratti di mutuo, il limite di
euro 3.615,20 va riferito all’ammontare complessivo
degli interessi, oneri accessori e quote di rivalutazione
dovuti (per l’ipotesi di coniugi contestatari, a ciascuno
spetta la detrazione nella misura massima di euro
1.897,60) [art. 15, c. 1, lett. b), T.U. n. 917/1986].
Per i mutui stipulati entro il 31 dicembre 1992, l’acquisto doveva essere stato destinato ad abitazione
principale entro il giorno 8 dicembre 1993 e il limite
di euro 3.615,20 annuo operava per ciascun intestatario. Se l’abitazione era acquistata da un solo coniuge,
ancorché il mutuo era cointestato a entrambi, la detrazione spettava solo al coniuge acquirente (circ. min.
12 maggio 2000, n. 95/E).
(segue)
collatario anche se le quietanze sono
intestate al venditore.
5. Se il mutuo è cointestato a entrambi i coniugi che successivamente si separano, quello che lascia l’abitazione
perde il diritto a detrarre la propria
quota di interessi, mentre l’altro coniuge continuerà a beneficiare della detrazione, fermo restando il limite di 4.000
euro (circ. min. 15 maggio 1997, n.
187/E).
6. Nell’ipotesi di acquisto di due immobili (uno destinato ad abitazione principale e l’altro concesso in locazione e
destinato a diventare abitazione principale di un familiare, la detrazione spetta solo per l’immobile destinato ad abitazione principale dell’acquirente (circ.
min. 12 giugno 2002, n. 50/E).
Il caso
Mutuo stipulato in data 20 maggio 2007: l’acquisto (se successivo) deve avvenire entro il 19 maggio
2008 e la destinazione ad abitazione principale entro il 19 maggio 2009.
Mutuo stipulato in data 20 maggio 2007: l’acquisto (se antecedente) deve essere stato effettuato entro il
21 maggio 2006 e la destinazione ad abitazione principale deve essere stata effettuata entro il 21 maggio 2007.
Mutui per ristrutturazioni edilizie. Per gli interventi di recupero sono previste detrazioni solo per mutui contratti nell’anno 1997 (art. 1, c. 4, legge n. 30/1997). Solo per i contratti di mutuo (anche non ipotecari) stipulati nel 1997 e destinati a finanziare le ristrutturazioni edilizie di cui all’art. 31, c. 1, lett. a) b), c) e d), legge n. 457/1978 (manutenzioni
ordinarie e straordinarie, interventi di restauro e risanamento conservativo, interventi di
ristrutturazione edilizia) spetta una detrazione dall’Irpef lorda alle seguenti modalità e
condizioni:
– 19% degli interessi passivi e relativi oneri accessori (commissione bancaria, oneri fiscali,
spese notarili ecc.), quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione con il limite massimo di euro 2.582,28 (quindi detrazione massima di euro 490,63 ovvero il 19% di
euro 2.582,28);
– l’ente creditizio mutuante deve essere un soggetto residente in Italia o con stabile organizzazione in Italia di soggetti non residenti, residente
nella UE; la detrazione è cumulabile con quella previ➊ Se il mutuo è stipulato da un condominio (o se riguarda immobili in comusta per l’acquisto dell’abitazione principale;
nione indivisa), il beneficio va suddiviso
– la detrazione compete esclusivamente alle persone
tra tutti e compete a ciascun condomifisiche soggette a IRPEF. È irrilevante che il contrino o comproprietario in ragione dei
buente sia proprietario dell’immobile da ristrutturare.
millesimi o della quota di proprietà.
Di conseguenza, la detrazione spetta anche per: immobili di proprietà comune con altri, immobili in comu➋ Gli interessi considerati sono solo
nione ordinaria o del condominio ➊ e immobili di proquelli per prestiti a carattere personaprietà di terzi, ma utilizzati dal contribuente in base ad
le, per ristrutturazioni di immobili destiun contratto a titolo oneroso o gratuito, ad esempio lonati ad abitazione o per altri usi. Sono
cazione o comodato;
esclusi quelli contratti nell’ambito di
un’attività, per esempio d’impresa, che
– per contratti di mutuo tipico (art. 1813 cod. civ.) ➋. Sovanno considerati nell’ambito dello
no esclusi gli interessi dovuti in dipendenza di altre
specifico reddito di categoria.
forme di finanziamento, quali le aperture di credito, le
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cambiali ipotecarie ecc. A differenza del contratto di mutuo per l’abitazione principale, non
è necessario che il mutuo sia garantito da ipoteca;
– dal contratto di mutuo deve espressamente risultare che è specificamente destinato a finanziare i seguenti interventi di recupero edilizio:
– interventi di manutenzione ordinaria, quelli concernenti opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelli necessari a integrare o mantenere in
efficienza gli impianti tecnologici esistenti;
– interventi di manutenzione straordinaria, le opere e modifiche necessarie per rinnovare e
sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare e integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, a condizione che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;
– interventi di restauro e di risanamento conservativo, quelli rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere, che,
nel rispetto degli elementi tipologici, ne consentono destinazioni d’uso con essi compatibili.
Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle
esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio;
– interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto
o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione
di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di
nuovi elementi e impianti;
– gli interventi su detti possono indifferentemente riguardare: immobili adibiti ad abitazioni
principali o secondarie o unità immobiliari adibite a usi diversi, quali uffici, box, cantine
ecc.;
– il contribuente è tenuto a conservare, per esibire o trasmettere a richiesta degli uffici, la
seguente documentazione: quietanze di pagamento degli interessi relativi al mutuo; copia
del contratto di mutuo ove risulti, come su detto, che è stato stipulato per realizzare gli interventi di recupero; copia della documentazione provante le spese di realizzazione degli interventi medesimi.
Mutui ipotecari per costruzione abitazione principale (art. 15, c. 1-ter, T.U. n. 917/1986
modificato ex art. 44, c. 4-ter, D.L. n. 159/2007, conv. in legge n. 222/2007).
È riconosciuta una detrazione Irpef per il mutuo ottenuto per la costruzione dell’abitazione
principale alle condizioni e modalità di seguito indicate:
– il beneficio compete esclusivamente alle persone fisiche residenti proprietarie o titolari di
altro diritto reale di godimento (usufrutto, superficie, abitazione ecc.) sull’immobile da costruire. Spetta anche se l’immobile è in proprietà comune con altri, ovvero nel caso di contitolarità sull’immobile di altro diritto reale (cousufrutto ecc.);
– il finanziamento deve essere concesso in base a un contratto di mutuo tipico stipulato, nei
sei mesi precedenti ovvero nei diciotto mesi successivi
all’inizio della costruzione dei lavori (termine esteso
➋ Il beneficio è escluso se il mutuo è
intestato a una persona diversa dal
con decorrenza 1° dicembre 2007, in precedenza era di
proprietario o titolare di altro diritto
sei mesi), con soggetti eroganti residenti in Italia, stareale sull’immobile, anche se persona
bili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti,
a carico.
residenti nell’Unione Europea (art. 1813 cod. civ.) ➊;
– il mutuo deve essere sottoscritto dal futuro proprietario o titolare di altro diritto reale di godimento sull’edificio da costruire. Sono escluse altre
forme di finanziamento, quali aperture di credito, cambiali ipotecarie ecc. Come per l’acquisto dell’abitazione principale, il mutuo deve essere garantito da ipoteca (è indifferente il
bene su cui grava l’ipoteca o di chi sia la proprietà);
– dal contratto di mutuo deve risultare specificamente che è destinato a finanziare la costruzione ➋ dell’abitazione principale (ed eventuali pertinenze) ➌;
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FINANZIAMENTO PER ACQUISTO DI IMMOBILI
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– l’immobile deve essere adibito ad abitazione princi➋ Per costruzione si intendono tutti
pale entro sei mesi dalla fine dei lavori, altrimenti si
gli interventi realizzati in conformità al
perde il diritto alla detrazione (e da tale data decorre il
provvedimento di abilitazione comunatermine per la rettifica della dichiarazione dei redditi
le di autorizzazione di una nuova costruzione, compresi quelli ex art. 31,
da parte dell’Amministrazione finanziaria).
c. 1, lett. d), legge n. 457/1978. Vale
Ammontare della detrazione (art. 1, c. 1 e 4, D.M.
a dire gli interventi di ristrutturazione
30 luglio 1999, n. 311). Al contribuente spetta una deedilizia, quelli rivolti a trasformare gli
organismi edilizi mediante un insieme
trazione dall’Irpef lorda dovuta (e sino a concorrenza
sistematico di opere che possono pordel suo ammontare) così determinata:
tare a un organismo edilizio in tutto o
– 19% dell’ammontare complessivo degli interessi pasin parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la
sivi e relativi oneri accessori (per esempio commissione
sostituzione di alcuni elementi costitutibancaria, oneri fiscali, spese notarili), quote di rivalutavi dell’edificio, l’eliminazione, la modifizione dipendenti da clausole di indicizzazione, sino a un
ca e l’inserimento di nuovi elementi e
massimo di euro 2.582,28 (quindi la detrazione massiimpianti. Ne sono un esempio la costruzione ex novo o la trasformazione
ma è pari a euro 490,63 = 19% di euro 2.582,28);
di una soffitta in mansarda.
– in caso di contitolarità (ad esempio mutuo cointestato
a entrambi i coniugi), ovvero se il contribuente è titolare
di più contratti di mutuo, il limite di euro 2.582,28 va ri➌ La destinazione a pertinenza è effetferito all’ammontare complessivo degli interessi, oneri
tuata dal proprietario o titolare di un diaccessori e quote di rivalutazione sostenuti dal contriritto reale sul bene principale (cfr. art.
817 cod. civ.; circ. min. 26 febbraio
buente e dagli altri coobbligati nel periodo d’imposta;
1998, n. 57/E).
– il beneficio compete limitatamente all’importo effettivamente destinato alla costruzione dell’immobile,
cioè nei limiti degli interessi e relativi oneri accessori, delle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione relative all’importo di mutuo effettivamente destinato alla costruzione dell’immobile;
– la detrazione è cumulabile con quella prevista per l’acquisto dell’abitazione principale ex
art. 15, c. 1, lett. b), T.U. n. 917/1986 solo per tutto il periodo di durata dei lavori di costruzione e per i sei mesi successivi al termine dei lavori stessi.
Il caso
Se il contribuente usufruisce di sovvenzioni o contributi concessi dallo Stato o da altri enti, erogati per abbattere gli interessi (cioè non in conto capitale), la detrazione spetta nei limiti degli interessi effettivamente a carico. Se il contributo è corrisposto in un periodo d’imposta successivo a quello della detrazione, è
necessario assoggettare l’ammontare del contributo percepito a tassazione separata come onere rimborsato (cfr. anche circ. min. 3 maggio 1996, n. 108/E).
Adempimenti (art. 3, D.M. 30 luglio 1999, n. 311). Per usufruire della detrazione, il contribuente deve conservare, esibire o trasmettere (anche in copia), a richiesta degli uffici finanziari, la seguente documentazione:
– quietanze di pagamento degli interessi relativi al mutuo;
– contratto di mutuo ipotecario, ove risulti che è garantito da ipoteca e che è stato stipulato
per la costruzione dell’abitazione principale;
– abilitazioni amministrative richieste dalla legge;
– copia delle fatture o ricevute fiscali comprovanti le spese effettivamente sostenute per la
costruzione dell’immobile.
Decadenza dal beneficio (art. 2, D.M. 30 luglio 1999, n. 311). Il diritto alla detrazione viene meno nei seguenti casi:
– dal periodo d’imposta successivo a quello in cui l’immobile non è più utilizzato come abitazione principale, eccezion fatta per i trasferimenti per ragioni di lavoro;
– se entro sei mesi dall’ultimazione dei lavori di costruzione l’immobile non è destinato ad
abitazione principale. Da tale data decorre il termine per la rettifica della dichiarazione dei
redditi da parte dell’Amministrazione finanziaria;
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– se i lavori di costruzione sono iniziati prima o dopo rispettivamente i sei mesi antecedenti
o successivi alla stipula del mutuo;
– se i lavori di costruzione non sono ultimati entro il termine previsto dalla concessione edilizia o in quello successivamente prorogato, salvo che il ritardo sia imputabile esclusivamente all’Amministrazione comunale nel rilascio delle abilitazioni amministrative. Da tale
data decorre il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Imposta sostitutiva sui mutui per acquisto prima casa. Di norma, gli enti che erogano finanziamenti sono tenuti a corrispondere, in luogo delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative, un’imposta sostitutiva.
Se il finanziamento è erogato a favore di persone fisiche per l’acquisto della prima casa di
abitazione e delle relative pertinenze, l’imposta sostitutiva sconta un’aliquota agevolata.
Al contrario, se il finanziamento erogato a persone fisiche non riguarda l’acquisto della casa
di abitazione principale e delle relative pertinenze, l’imposta sostitutiva si applica con l’aliquota del 2% dell’ammontare complessivo dei finanziamenti erogati in ciascun esercizio.
La stessa aliquota si applica ai finanziamenti erogati per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di immobili a uso abitativo, e relative pertinenze, per i quali, pur ricorrendo le condizioni per usufruire dell’aliquota ridotta, spettante per l’acquisto della prima casa, la sussistenza
delle stesse non risulta da dichiarazione della parte mutuataria, resa nell’atto di finanziamento o
allegata allo stesso (art. 18, D.P.R. n. 601/1973 modificato ex art. 1, c. 160, legge n. 244/2007).
Nell’ipotesi di decadenza dai benefici per l’acquisto della prima casa, l’Ufficio fiscale, oltre a recuperare le maggiori imposte sull’atto di compravendita della casa di abitazione,
provvede, nel termine decadenziale di tre anni dall’evento che ha comportato la revoca dei
benefici, a recuperare nei confronti del mutuatario la differenza tra l’imposta sostitutiva del
2% dovuta e quella ridotta indebitamente usufruita, oltre a irrogare la sanzione amministrativa pari al 30% della differenza.
Interessi passivi per acquisto immobili (art. 1, c. 35, legge n. 244/2007). Con una norma
di interpretazione autentica (e, quindi, con efficacia retroattiva), è stato precisato che, nell’ambito della determinazione del reddito d’impresa, sono deducibili gli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per l’acquisizione di immobili relativi all’impresa di cui all’art. 90, T.U. n. 917/1986, cioè facenti parte del patrimonio aziendale, ancorché non siano
immobili strumentali all’esercizio dell’impresa, né beni merce (cioè beni alla cui produzione o al cui scambio sia diretta l’attività dell’impresa).
In genere, i proventi degli immobili del patrimonio aziendale concorrono a formarne il reddito d’impresa e sono determinati applicando gli stessi criteri previsti per la categoria dei
redditi fondiari, vale a dire in base alle risultanze catastali o al canone se dati in locazione
(comprese le norme per i canoni non riscossi a seguito di sfratto per morosità) e non ai costi
e ricavi. Le spese che li riguardano, per esempio spese di manutenzione ordinaria, non sono
pertanto fiscalmente deducibili, in quanto già considerate nella formazione delle tariffe d’estimo e quindi forfetariamente nella determinazione catastale.
Sono invece deducibili i componenti negativi di reddito non considerati nella determinazione della rendita catastale, tra questi le spese generali e di amministrazione e gli interessi
passivi cd. di finanziamento, cioè gli interessi inerenti prestiti per l’acquisto degli immobili
o l’esecuzione di opere di straordinaria manutenzione (in passato, prima della norma di natura interpretativa che ha definitivamente chiarito l’ammissibilità degli interessi passivi, si
era espressa in tal senso Comm. Trib. I grado Como, sent. n. 3239, 20 novembre 1986,).
b. Imposta sul valore aggiunto. Il mutuo è dichiarato espressamente esente da IVA [artt. 2,
c. 3, lett. a), 3, c. 2, n. 3 e 10, c. 1, n. 1, D.P.R. n. 633/1972].
c. Imposta di registro (artt. 5 e 40, T.U. n. 131/1986). Se il mutuo è escluso dal campo
IVA, cioè se è stipulato tra soggetti senza partita IVA, è assoggettato a imposta proporzionale di registro del 3% e va registrato in termine fisso (art. 9, tariffa, parte I, T.U. n.
131/1986). La base imponibile è costituita dai corrispettivi pattuiti per tutta la durata del
contratto (art. 43, T.U. n. 131/1986).
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Locazione e affitto
Un immobile può essere concesso in godimento a un soggetto per un dato tempo, in
cambio di un determinato corrispettivo, attraverso un contratto di locazione.
Nell’ambito di tale figura generale si possono distinguere:
– la locazione di immobili urbani, a uso abitativo e a uso commerciale;
– la locazione di beni produttivi, più propriamente detta affitto.
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CONTRATTO DI LOCAZIONE
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La locazione immobiliare è il contratto con il quale una parte si obbliga a far godere all’altra un immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo.
Il contratto di locazione si distingue dal contratto di affitto, che ha a oggetto beni di natura produttiva (artt. 1615 ss. cod. civ.) [v 12.2].
È possibile stipulare un contratto preliminare anche unilaterale di un contratto di locazione.
Il contratto di locazione è:
– consensuale, cioè si perfeziona con il semplice consenso delle parti; infatti la consegna del bene locato costituisce solo un obbligo del locatore derivante dal perfezionamento del contratto;
– oneroso e a prestazioni corrispettive (godimento del bene dietro pagamento del corrispettivo) (art. 1571 cod. civ.);
– di durata a esecuzione continuata, in quanto la prestazione del locatore si protrae nel
tempo; tuttavia la prestazione del locatario (pagamento del canone) potrebbe anche essere adempiuta in un’unica soluzione.
10.1
Disciplina
I contratti di locazione aventi a oggetto beni immobili sono disciplinati dal codice civile,
che regola la figura generale della locazione (sia di beni mobili che immobili) (artt. 15751606) e alcune figure speciali di locazioni particolarmente considerate dal legislatore che
hanno per oggetto solo immobili e si distinguono in due grandi categorie:
– locazioni di fondi urbani (artt. 1607-1614);
– affitto (artt. 1615-1564).
La disciplina codicistica, generale e speciale, si applica alle locazioni immobiliari non considerate dalla legislazione speciale.
Nell’ambito delle locazioni di fondi urbani interviene anche la legislazione speciale (legge
27 luglio 1978, n. 392 e legge 9 dicembre 1998, n. 431), che si occupa delle locazioni di
immobili urbani destinati a uso abitativo e non (commerciale, uffici).
Sono esclusi dalla disciplina speciale degli immobili a uso abitativo:
– gli immobili di interesse storico artistico;
– gli immobili inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8, A/9;
– gli alloggi di edilizia residenziale e pubblica;
– gli immobili locati per finalità turistiche;
– i contratti stipulati da enti locali per esigenze abitative transitorie.
La legislazione speciale, in vigore da tempo, ha pur sempre carattere provvisorio, come risulta dal suo mancato inserimento nel codice civile e dalle continue modifiche ma, pur tuttavia, detta regole, di norma, inderogabili.
10.2
Disciplina codicistica
Come accennato, la locazione di immobili urbani è disciplinata dal codice civile sia con
norme che regolano la figura generale della locazione di immobili (artt. 1571, 1572, 1574,
nn. 1 e 2, 1575-1606), sia con norme aventi specificamente a oggetto le locazioni di fondi
urbani (artt. 1607-1614).
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CONTRATTO DI LOCAZIONE
DISCIPLINA CODICISTICA
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La disciplina codicistica, generale e speciale, si applica alle locazioni immobiliari non considerate dalla legislazione speciale, come, ad esempio, alla locazione di autorimesse, castelli ecc.,
ma anche alle locazioni disciplinate dalla legislazione speciale (immobili a uso abitativo e commerciale) in quanto compatibile (si applica la disciplina codicistica relativa alla formazione del
contratto, al godimento dell’immobile, alla ripartizione delle spese ecc.; non si applicano per
gli immobili destinati a uso abitativo e commerciale le norme del codice relative alla durata del
contratto, la disdetta, alla forma per quanto concerne le locazioni a uso abitativo ecc.).
10.2.1 Durata
Come accennato, la locazione è un contratto di durata. Salvo il rinvio alla legislazione speciale per la locazione di case di abitazione e di immobili a uso commerciale, la locazione di
una casa per abitazione può essere convenuta per tutta la durata della vita dell’inquilino e
per due anni successivi alla morte e, pertanto, in deroga all’art. 1573 cod. civ., la locazione
potrà anche eccedere trenta anni.
Se la durata è pattuita per un periodo più breve il contratto si intende tacitamente rinnovato
se, scaduto il termine, il conduttore continua a godere del bene ed è lasciato nella detenzione della cosa. Per l’ipotesi che la durata sia stabilita dalla legge, il contratto si intende tacitamente rinnovato se, prima della scadenza, nessuna delle parti ha comunicato la disdetta.
Oltre la scadenza del termine, la locazione può cessare per:
– disdetta di una delle parti. La disdetta è un negozio unilaterale, ricettizio e non soggetto
a forme particolari. A seguito della disdetta, il conduttore acquista il diritto al riconoscimento della cessazione del rapporto e, pertanto, la disdetta può essere revocata solo con il
consenso del conduttore;
– recesso, come la disdetta, è un negozio unilaterale e
ricettizio che consente al conduttore di sciogliersi uni➊ Per l’esecuzione del provvedimento
di rilascio dell’immobile locato è neceslateralmente dal contratto di locazione nei casi previsti
sario che il precetto ex art. 480 cod.
dal contratto o dalla legge se ricorrono gravi motivi;
proc. civ. indichi gli estremi della:
– licenza che costituisce un atto formale che richiede
– registrazione del contratto di locaziol’intimazione a mezzo di ufficiale giudiziario, medianne;
– ultima denuncia ICI con ricevute di
te il quale il locatore si precostituisce un titolo esecutiversamento dell’anno precedente a
vo per ottenere il rilascio (art. 657 cod. proc. civ.) ➊.
10.2.2 Conflitto tra conduttori
quello di competenza;
– ultima dichiarazione dei redditi ai fini
Irpef (art. 7, legge n. 431/1998).
(art. 1380 cod. civ.)
Se il locatore stipula con soggetti diversi distinti contratti di locazione per lo stesso immobile, il conflitto tra conduttori viene risolto in modo diverso a seconda che si tratti di locazione ultranovennale o infranovennale.
a. Per la locazione ultranovennale di immobili, la preferenza viene accordata al conduttore
che abbia per primo trascritto il contratto di locazione (artt. 2643, n. 8 e 2644 cod. civ.).
b. Per la locazione infranovennale, la preferenza è accordata al conduttore che per primo
ha conseguito il godimento del bene (art. 1380 cod. civ.). Di conseguenza, il conduttore di
data anteriore che, tuttavia, non ha conseguito per primo il godimento del bene, non potrà
opporre l’anteriorità del suo contratto, ma dovrà limitarsi ad agire contro il locatore per il
risarcimento del danno. Se nessuno dei conduttori ha conseguito il godimento è preferito
quello che ha il titolo di data certa anteriore. La data certa può risultare solo da atto scritto.
Nell’ipotesi di conflitto tra il conduttore che ha stipulato in forma scritta regolarmente registrato e il conduttore, privo di data certa, che per primo abbia ottenuto il godimento del bene, prevale il conduttore che ha stipulato e registrato il contratto scritto (art. 2704 cod. civ.).
10.2.3 Formazione del contratto
Il contratto di locazione è un contratto a effetti obbligatori che si perfeziona mediante il
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consenso delle parti, cioè nel momento e nel luogo in cui il proponente ha conoscenza dell’accettazione.
È indifferente la consegna del bene locato, che è un mero atto di adempimento del locatore.
Il contratto può anche essere stipulato, oltre che dal proprietario, anche se entro determinati
limiti, dal superficiario, dall’enfiteuta, dall’usufruttuario, dal comunista nei limiti della sua
quota (sono esclusi il titolare del diritto di uso e abitazione - art. 1204 cod. civ.).
10.2.4 Oggetto e forma
Oggetto della locazione può essere una cosa mobile o immobile purché possibile, lecito, determinato o determinabile (art. 1346 cod. civ.).
Oggetto della locazione possono essere anche immobili in costruzione o che devono essere
costruiti (futuri) o immobili altrui.
Sono esclusi dal contratto di locazione i beni immobili per i quali vi è impossibilità giuridica o materiale. Per esempio, non possono essere locati i beni demaniali e quelli del patrimonio indisponibile dello Stato, Regioni, Province e Comuni.
Per la locazione non è richiesta la forma scritta e il contratto può anche essere concluso per
fatti concludenti, salvo per i contratti di locazione di immobili di durata ultranovennale, per
i quali sono richieste la forma scritta ad substantiam (cioè a pena di nullità) e la trascrizione
(artt. 1350, n. 8 e 2643, n. 8, cod. civ.).
10.2.5 Obblighi del locatore
Consegna (art. 1575, n. 1, cod. civ.). Il locatore deve consegnare il bene locato al conduttore.
La consegna non è necessaria se il conduttore è già nella legittima disponibilità del bene. In
mancanza di previsioni contrattuali riguardo il modo, luogo e tempo della consegna, si applica la disciplina generale sull’adempimento (artt. 1176, 1182 e 1183 cod. civ.).
Insieme al bene vanno consegnati le pertinenze e gli accessori.
Il bene deve essere consegnato in buono stato di manutenzione, salvo espressa deroga delle
parti (se nulla è detto, si presume che il bene sia stato consegnato in buono stato di manutenzione - art. 1590, c. 2, cod. civ.). Le parti possono anche convenire che, se l’immobile locato non
si trova in buono stato di manutenzione, il canone di locazione è ridotto in proporzione.
La cosa locata deve essere consegnata immune da vizi (art. 1578 cod. civ.).
Se prima della consegna il bene perisce, si applicano le regole generali:
– se perisce per colpa del locatore, il conduttore può chiedere la risoluzione del contratto
per inadempimento, oltre il risarcimento del danno;
– se perisce per caso fortuito, il contratto si risolve per impossibilità sopravvenuta.
Il conduttore è obbligato a prendere in consegna il bene immobile; se rifiuta, il locatore si
libera dell’obbligazione secondo le regole ordinarie sulla mora del creditore (art. 1206 cod.
civ.), ovvero può chiedere la risoluzione del contratto (è fatto salvo in ogni caso l’obbligo
del conduttore di risarcire il danno).
Il locatore deve comunicare all’Autorità di Polizia l’avvenuta consegna dell’immobile locato entro 48 ore, indicando i dati del contratto.
Garantire il godimento del bene (art. 1575, nn. 2 e 3, cod. civ.). Il locatore è obbligato a
mantenere la cosa nello stato di servire all’uso convenuto. Tanto comprende l’obbligo di
eseguire, entro certi limiti, le riparazioni, la garanzia per i vizi sopravvenuti e il divieto di
innovazioni. Le parti possono derogare all’obbligo di mantenimento.
Con riguardo all’obbligo delle riparazioni, occorre distinguere tra la disciplina generale e
alcune norme applicabili alle locazioni di immobili.
a. Disciplina generale. Se il bene locato ha bisogno di riparazioni che non sono a carico
del conduttore, questi deve avvertire il locatore. Se si tratta di riparazioni urgenti, il condut-
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tore può eseguirle direttamente, a condizione che ne dia contestualmente notizia al locatore
(art. 1577 cod. civ.).
Se, nel corso della locazione, la cosa abbisogna di riparazioni che non possono differirsi sino al termine del contratto, il conduttore deve tollerarle anche se importano privazione del
godimento di parte della cosa locata (art. 1583 cod. civ.). Tuttavia, se l’esecuzione si protrae
per oltre un sesto della durata della locazione e, in ogni caso, per oltre venti giorni, il conduttore ha diritto a una riduzione del corrispettivo, proporzionata all’intera durata delle riparazioni stesse e all’entità del mancato godimento.
Il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa, anche se derivanti da
incendio, salvo provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile. Egli è anche responsabile della perdita e del deterioramento cagionati da persone che egli ha ammesse, anche temporaneamente, all’uso o al godimento della cosa (art. 1588 cod. civ.). Nel caso di
distruzione del bene, il contratto si intende risolto per impossibilità sopravvenuta e il locatore non è obbligato a ricostruirlo. Se la distruzione è parziale, il conduttore ha diritto a una
corrispondente riduzione del canone, salvo recedere dal contratto se non abbia un interesse
apprezzabile all’adempimento parziale (artt. 1463 e 1464 cod. civ.).
b. Locazione di beni immobili (art. 1576, c. 1, cod. civ.). Sono a carico del locatore tutte le
riparazioni necessarie, salvo quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore. Sono considerate di piccola manutenzione le spese per riparazioni dipendenti da deterioramenti prodotti dall’uso e non dipendenti da vetustà o dal caso fortuito (art. 1609 cod.
civ.).
Se l’esecuzione delle riparazioni a carico del locatore rende inabitabile quella parte di immobile necessaria per l’alloggio del conduttore e della sua famiglia, il conduttore può ottenere lo scioglimento del contratto (art. 1584, c. 2, cod. civ.).
La giurisprudenza
La totale distruzione dell’immobile locato per incendio comporta l’obbligo del conduttore di risarcire il danno per il perimento del bene, salvo provi che l’immobile sia perito per causa a lui non imputabile. Il danno
risarcibile è comprensivo sia del danno emergente derivante dalla perdita o dal deterioramento della cosa
locata, sia del lucro cessante (Cass. civ. 9 giugno 2003, n. 9199).
Il locatore deve adempiere all’obbligo di procurare al conduttore il certificato di abitabilità o agibilità, diversamente incorre in grave inadempimento e legittima il conduttore ad agire per la risoluzione del contratto
e il risarcimento del danno (Cass. civ. 11 aprile 2006, n. 8409).
Il locatore è obbligato anche a garantire al conduttore il pacifico godimento della cosa locata. In particolare deve proteggere il conduttore dagli atti che possono limitare l’esercizio
del potere sulla cosa locata, cioè delle cd. molestie, di solito, distinte in molestie di diritto e
molestie di fatto.
Le molestie di diritto hanno origine nell’obbligo del locatore di garantire il conduttore dalle molestie arrecate da terzi che, pretendendo di avere diritti sulla cosa locata, ne diminuiscono l’uso o il godimento. Si tratta di molestie che consistono in pretese giudiziali o stragiudiziali di terzi che vantano diritti contrastanti con quelli del conduttore, sia perché contestano il potere di disposizione del locatore, sia perché rivendicano un diritto reale o personale che lede il diritto del conduttore (art. 1585, c. 1, cod. civ.). Esempio: il proprietario (diverso dal locatore) che rivendica la cosa presso il conduttore; il titolare di una servitù di
passo che agisce per il riconoscimento del suo diritto nei confronti del conduttore.
Il locatore non è, invece, tenuto a garantire il conduttore dalle cd. molestie di fatto, cioè
dalle molestie di terzi che, senza contestare il diritto del conduttore, ne riducono illegittimamente il godimento (art. 1585, c. 2, cod. civ.), dalle immissioni non giustificate alla pretesa
di esercitare un diritto ecc. Per tali ipotesi, il conduttore può agire contro il terzo in nome
proprio e la relativa azione integra un’ipotesi di tutela esterna dei diritti di credito che si
manifesta, oltre che con l’azione risarcitoria (art. 2043 cod. civ.), con le azioni possessorie
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limitatamente all’azione di reintegrazione. È esclusa, invece, l’azione di manutenzione in
quanto riservata solo al possessore (cfr. Cass. civ. 31 marzo 1958, n. 1193).
La giurisprudenza
L’art. 844 cod. civ., che riconosce al proprietario il diritto di far cessare le propagazioni derivanti dal fondo del vicino che superino la normale tollerabilità, è applicabile per analogia anche al conduttore (Cass.
civ. 11 novembre 1992, n. 12133).
Garanzia per vizi (art. 1578 cod. civ.). Se, al momento della consegna, il bene locato è affetto da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo
che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili.
Il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non prova
di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna.
Si tratta di un’azione per inadempimento contrattuale da parte del locatore che ha violato
l’obbligo di consegnare la cosa in buono stato e immune da vizi.
A differenza dell’obbligo di mantenimento, che impone solo la riparazione del bene (e non
comporta risoluzione del contratto o riduzione del corrispettivo), la garanzia per vizi si riferisce a quei difetti che incidono sulla cosa alterandone l’integrità in modo da impedirne o ridurne notevolmente il godimento.
È possibile la limitazione convenzionale della responsabilità, tuttavia il patto è inefficace
se il locatore ha in malafede taciuto i vizi, oppure se questi sono tali da rendere impossibile
il godimento della cosa (art. 1579 cod. civ.).
Se i vizi della cosa o di parte notevole di essa espongono a serio pericolo la salute del conduttore o dei suoi familiari o dipendenti, il conduttore può ottenere la risoluzione del contratto, anche se i vizi gli erano noti, nonostante qualunque rinunzia (art. 1580 cod. civ.).
Le disposizioni degli articoli precedenti valgono anche per i vizi della cosa sopravvenuti nel
corso della locazione (art. 1581 cod. civ.).
La giurisprudenza
La mancanza della concessione amministrativa necessaria per la legale destinazione all’uso pattuito dell’immobile locato rientra tra i vizi che, diminuendo in modo apprezzabile l’idoneità del bene all’uso predetto, legittimano il conduttore alla richiesta di risoluzione del contratto, ovvero riduzione del canone ex art.
1578 cod. civ. Sufficiente a integrare il vizio è anche il semplice stato di oggettiva incertezza sulla condizione urbanistica dell’immobile locato (Cass. civ. 26 novembre 2002, n. 16677).
Indennità per miglioramenti e addizioni (artt. 1592 e 1593 cod. civ.). Se il locatore ha dato il consenso alle addizioni e miglioramenti fatti dal conduttore, il locatore deve pagare
un’indennità corrispondente alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore del risultato utile al tempo della riconsegna.
Addizioni sono le opere aggiunte dal conduttore alla cosa locata che non siano separabili
senza danno e non ne costituiscano un miglioramento. Se le addizioni sono separabili, il
conduttore ha diritto di toglierle alla fine della locazione, salvo che il proprietario preferisca
ritenere le addizioni. In tal caso, deve pagare al conduttore un’indennità pari alla minor
somma tra l’importo della spesa e il valore delle addizioni, al tempo della riconsegna.
Il contratto può comunque prevedere il divieto di innovazioni, ovvero l’obbligo di una preventiva autorizzazione del locatore.
Il locatore non può compiere sulla cosa innovazioni che diminuiscano il godimento da parte
del conduttore. Per contro, il locatore può compiere quelle innovazioni non pregiudizievoli
o che migliorino la cosa locata. Se il locatore non rispetta il divieto di innovazioni, il conduttore può agire con gli ordinari rimedi della risoluzione del contratto (se la riduzione del
godimento è apprezzabile - art. 1578, c. 1, cod. civ.), il risarcimento dei danni o, in alternativa, l’eliminazione delle opere compiute.
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Attestato di certificazione energetica. Il locatore, ove previsto dalla relativa normativa regionale, deve consegnare al conduttore l’attestato di
certificazione energetica, documento tecnico attestante
➊ L’art. 6, c. 2-ter del D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192 dispone che nei conla prestazione energetica dell’immobile.
tratti di compravendita di edifici o di
L’attestato deve essere rilasciato da tecnici abilitati
singole unità immobiliari deve essere
(per esempio ingegneri, geometri, architetti) e deve esinserita una clausola con la quale l'acsere aggiornato in seguito ad ogni intervento di ristrutquirente o il conduttore danno atto di
aver ricevuto le informazioni e la docuturazione che modifichi la prestazione energetica delmentazione in ordine alla certificazione
l’edificio o dell’impianto; la validità temporale massienergetica degli edifici.
ma dell’attestato è di dieci anni ➊.
La giurisprudenza
Nella nozione di miglioramenti rientrano quelle opere che con trasformazioni o sistemazioni diverse apportano all’immobile un aumento di valore, accrescendone in modo durevole il godimento, la produttività e
la redditività, senza presentare una propria individualità rispetto al bene in cui vanno a incorporarsi (Cass.
civ. 14 luglio 2004, n. 13070).
10.2.6 Obblighi del conduttore
Pagamento canone (art. 1587, n. 2, cod. civ.). L’obbligo del conduttore di pagare il canone
nasce nel momento stesso della conclusione del contratto, anche se il pagamento è frazionato in canoni periodici esigibili nei termini stabiliti.
Anche se il contratto di locazione nulla dice, il corrispettivo è pagato a scadenze mensili secondo le clausole d’uso che si intendono tacitamente inserite (art. 1340 cod. civ.).
In mancanza di altro accordo, i canoni vanno pagati al domicilio del locatore, eccezion fatta
per il mutamento di domicilio che renda più gravoso l’adempimento (art. 1182, c. 3, cod. civ.).
La misura del canone deve essere determinata (ovvero devono essere indicati i criteri per
determinarlo) dalle parti, salvo i vincoli derivanti da leggi speciali [f 625].
A garanzia del pagamento del canone, di solito, è previsto il deposito (cauzionale) di una somma di danaro
➋ In prossimità della scadenza della
locazione, il conduttore può sospendedeterminato in rapporto al canone. Il locatore trattiene
re il pagamento del canone imputandotale importo sino alla scadenza della locazione ➋.
lo all’importo versato come cauzione.
Nella locazione di case non mobiliate, l’inquilino può
essere licenziato se non presta garanzie idonee ad assicurare il pagamento della pigione; il locatore ha, inoltre, privilegio sulle cose che servono a
fornire l’immobile locato (artt. 1608 e 2784 cod. civ.).
Ricevere e utilizzare il bene secondo l’uso pattuito (art. 1587, n. 1, cod. civ.). Il conduttore deve prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel
servirsene per l’uso determinato nel contratto o per l’uso che può altrimenti presumersi dalle circostanze (art. 1176 cod. civ.).
La giurisprudenza
L’obbligo del conduttore di osservare nell’uso della cosa locata la diligenza del buon padre di famiglia,
con il conseguente divieto di effettuare innovazioni che ne mutino la destinazione e la natura, è sempre
operante nel corso della locazione (Cass. civ. 1° giugno 2004, n. 10485).
In tema di risoluzione per inadempimento del contratto di locazione ex art. 1455 cod. civ., l’inadempimento è grave se il conduttore, benché espressamente vietato dal contratto, ha abbattuto tutte le pareti interne dell’immobile e sublocato i locali (Cass. civ. 1° ottobre 2004, n. 19652).
Custodia e manutenzione. Anche se non è espressamente previsto, il conduttore ha l’obbligo di custodire la cosa locata. Infatti, egli risponde della perdita e del deterioramento
della cosa che avvengono nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio, salvo
provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile. Egli è, pure, responsabile della per-
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dita e del deterioramento cagionati da persone che ha ammesso, anche temporaneamente,
all’uso o al godimento della cosa (art. 1588 cod. civ.).
Se la cosa distrutta o deteriorata per incendio era stata assicurata dal locatore o per conto di
questo, la responsabilità del conduttore verso il locatore è limitata alla differenza tra l’indennizzo corrisposto dall’assicuratore e il danno effettivo.
Accanto all’obbligo di custodia, il conduttore ha l’obbligo di manutenzione, che consiste
nel mantenere la cosa nello stato di servire all’uso convenuto. Di norma, la manutenzione
grava sul locatore, ma è carico del conduttore per la piccola manutenzione dei fondi urbani
(artt. 1576 e 1609 cod. civ.).
Restituzione al termine della locazione (art. 1590 cod. civ.). Il conduttore deve restituire
la cosa al locatore al termine della locazione nello stesso stato in cui l’ha trovata e conformemente alla descrizione fatta dalle parti, a eccezione del deterioramento e del consumo risultante dall’uso conformemente alle pattuizioni contrattuali.
Se manca ogni descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono
stato di manutenzione.
Il conduttore non risponde, comunque, del perimento e deterioramento per vetustà.
Nel caso di ritardo nella restituzione, il conduttore è obbligato a pagare il canone stabilito
sino alla consegna, oltre il risarcimento del danno (art. 1591 cod. civ.).
10.2.7 Fattispecie particolari
Vendita dell’immobile durante la locazione (artt. 1599-1604 cod. civ.) L’acquirente subentra, dal giorno del suo acquisto, nei diritti e negli obblighi dell’alienante derivanti dal
contratto di locazione. Tuttavia, nelle locazioni di immobili non trascritte, l’acquirente subentra solo nei limiti del novennio dall’inizio della locazione (art. 1599, c. 3, cod. civ.).
Locazioni concluse dall’usufruttuario. Le locazioni concluse dall’usufruttuario, se redatte
per atto pubblico o scrittura privata di data certa anteriore alla cessazione dell’usufrutto, continuano per la durata stabilita, ma non oltre il quinquennio dalla cessazione dell’usufrutto.
Se la cessazione dell’usufrutto avviene per la scadenza del termine stabilito, le locazioni
non durano in ogni caso, se non per l’anno e, trattandosi di fondi rustici dei quali il principale raccolto è biennale o triennale, se non per il biennio o triennio che si trova in corso al
tempo in cui cessa l’usufrutto (art. 999 cod. civ.).
Cessione del contratto di locazione (art. 1594 cod. civ.). Salvo patto contrario, il conduttore non può cedere il contratto senza il consenso del locatore.
In caso di violazione, il locatore può agire per la risoluzione del contratto e agire verso il
cessionario per il rilascio del bene locato.
Il cessionario subentra negli stessi obblighi e diritti del cedente.
A differenza della sublocazione, che costituisce, accanto alla locazione, un nuovo rapporto,
la cessione si limita a sostituire il soggetto originario con uno nuovo.
Accanto alle specifiche regole dettate ex art. 1594 cod. civ., si applica la disciplina ordinaria
per la cessione del contratto (artt. 1407 ss. cod. civ.).
La giurisprudenza
Nel caso di cessione del contratto di locazione, l’obbligo del risarcimento del danno sorge in capo a chi,
cedente o cessionario, era conduttore al momento in cui il danno stesso si è verificato, se questi non prova che il deterioramento è accaduto per causa a lui non imputabile, salva la responsabilità solidale di entrambi nei confronti del locatore (Cass. civ. 1° giugno 2004, n. 10485).
Fallimento. Il fallimento del locatore non scioglie il contratto di locazione di immobili e il
curatore subentra nel contratto.
In caso di fallimento del conduttore, il curatore può recedere in qualunque tempo dal contrat-
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to, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per
l’anticipato recesso che, nel dissenso fra le parti, è determinato dal Giudice delegato, sentiti gli interessati ➊.
Il credito per l’indennizzo è posto fuori concorso e inserito tra quelli prededucibili ex art. 111, c. 1, n. 1, legge fall. ed è privilegiato ex art. 2764 cod. civ.
10.2.8 Contratti affini alla locazione
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➊ A differenza del regime previgente,
non è più definita “giusto compenso”
ma “equo indennizzo” la somma da corrispondere al locatore per il recesso. La
precisazione consente di escludere la
natura risarcitoria e conferma l’opinione
già avanzata dalla dottrina che qualificava il compenso più come indennizzo
che risarcimento del danno (Cass. civ.
3 giugno 1991, n. 6237).
Contratto di albergo. Il contratto di albergo obbliga
l’albergatore a fornire al cliente, dietro pagamento di un corrispettivo, alloggio e servizi
(pulizia, biancheria, luce ecc.).
Si tratta di un autonomo contratto distinto dalla locazione, perché l’albergatore è tenuto a
garantire, oltre il godimento, anche ulteriori servizi accessori. Il contratto di albergo comprende i contratti di residence e di affittacamere.
Il codice civile non disciplina espressamente il contratto di albergo che, ove manchi la disciplina speciale, è regolato, per analogia, dalle norme sulla locazione (per esempio artt.
1575, 1587 e 1597).
La giurisprudenza
Il contratto di albergo costituisce un contratto atipico o misto, con il quale l’albergatore si impegna a fornire
al cliente, dietro corrispettivo, una serie di prestazioni eterogenee, quali la locazione di alloggio, la fornitura
di servizi, il deposito, senza che la preminenza riconoscibile alla locazione di alloggio possa valere, sotto il
profilo causale, a dare carattere accessorio alle altre prestazioni (Cass. civ. 20 gennaio 2005, n. 1150).
Vendita in forma di locazione (art. 1526, c. 3, cod. civ.). Se il contratto di vendita è configurato come locazione e sia stabilito che, al termine, la proprietà della cosa passi al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti, il codice considera l’istituto come una
vendita con riserva della proprietà. Infatti, le varie rate non costituiscono il canone, ma il
prezzo rateizzato della vendita con riserva della proprietà ed è perciò applicabile l’intera disciplina relativa a questa fattispecie.
Leasing. Il leasing (o locazione finanziaria) è un contratto atipico, cioè non disciplinato
dal codice civile, anche se ha numerosi punti di contatto con la locazione e la vendita a rate [f 550].
Affitto. L’affitto è un tipo di locazione caratterizzato dall’oggetto che è un bene produttivo
[f 655, 660, 670].
La giurisprudenza
Per configurare un contratto di affitto occorre che la disponibilità del bene sia concessa per consentire la
gestione produttiva del bene (App. Roma 7 luglio 2000, n. 1934).
10.3
Legislazione speciale
La locazione di immobili urbani destinati a uso abitativo, oltre alla generale disciplina civilistica in materia
di ripartizione delle spese ecc., è regolamentata da una
disciplina speciale.
Salvo alcune norme inderogabili, quali gli artt. 7 e 8,
legge n. 392/1978, a decorrere dal 30 dicembre 1998
è stato abrogato il regime dell’equo canone e dei patti
in deroga e sostituito da una nuova disciplina delle locazioni d’immobili destinati ad abitazione (art. 14,
legge n. 431/1998) ➊.
➊ Sono stati abrogati: art. 11, D.L.
11 luglio 1992, n. 333 conv. in legge
8 agosto 1992, n. 359; artt. 1-bis, 2,
3, 4, 5 e 8, D.L. 30 dicembre 1988,
n. 551 conv. in legge 21 febbraio
1989, n. 61; artt. 1, 3, 12, 13, 14,
15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23,
24, 25, 26, 54, 60, 61, 62, 63, 64,
65, 66, 75, 76, 77, 78, 79, limitatamente alle locazioni abitative, e 83,
legge 27 luglio 1978, n. 392.
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10.3.1 Ambito di applicazione (artt. 1, c. 1, 2 e 3, legge n. 431/1998)
Il nuovo regime si applica esclusivamente ai contratti di locazione, stipulati o rinnovati successivamente al 30 dicembre 1998, di immobili adibiti a uso abitativo.
Sono esclusi i contratti di locazione a uso abitativo aventi a oggetto:
– immobili, anche di proprietà dello Stato, vincolati ex legge 1° giugno 1939, n. 1089, cioè
immobili di interesse storico e artistico (il vincolo determina automatica inclusione nella
categoria catastale A/1; A/8 e A/9). Tali contratti sono soggetti alla disciplina generale del
codice civile (artt. 1571 ss.) salvo siano redatti contratti di tipo concordato (art. 2, c. 3, legge n. 431/1998);
– immobili, anche di proprietà dello Stato, compresi nelle categorie catastali A/1 (signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi artistico-storici) soggetti alla disciplina generale del
codice civile (artt. 1571 ss.), salvo siano redatti contratti di tipo concordato (art. 2, c. 3, legge n. 431/1998);
– alloggi di edilizia residenziale pubblica;
– immobili locati da Enti locali come conduttori in via transitoria soggetti alla disciplina
generale del codice civile (artt. 1571 ss.).
10.3.2 Modelli di contratto (art. 2, legge n. 431/1998)
La legge individua diverse tipologie o modelli di contratto in ragione della più o meno ampia libertà negoziale delle parti e della durata:
– contratto libero, affidato alla libera contrattazione delle parti;
– contratto concordato, vincolato e fondato su accordi tra associazioni di proprietari e inquilini. Solo per questo sono previste determinate agevolazioni fiscali;
– contratto di durata transitoria.
A pena di nullità, tutti i contratti di locazione devono essere redatti per iscritto.
Se il locatore ha imposto un rapporto di locazione di fatto, cioè senza forma scritta, nel giudizio che accerta l’esistenza del contratto di locazione il Tribunale determina il canone in
misura non superiore a quello previsto per i contratti cd. concordati, ovvero quelli stipulati
per studenti universitari. Il Tribunale dispone, inoltre, la restituzione delle somme eventualmente eccedenti (art. 13, c. 5, legge n. 431/1998).
a. Contratto libero (art. 2, c. 1 e 2, legge n. 431/1998) [f 600, 605]. L’autonomia contrattuale delle parti può stabilire il canone, l’aggiornamento Istat e altri aspetti contrattuali.
È facoltativa l’assistenza delle associazioni dei proprietari e degli inquilini.
Tuttavia, è sempre nullo ogni patto diretto a:
– determinare un canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. In
tale ipotesi, il conduttore, entro sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può chiedere la restituzione del maggior canone corrisposto;
– attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito. Oltre alla
restituzione, il conduttore può chiedere al Giudice che la locazione sia ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto per i contratti liberi (art. 13, c. 4 e 5, legge n. 431/1998).
La legge impone una durata minima della locazione di quattro anni con rinnovo automatico di altri quattro anni, salvo la facoltà del solo locatore (e non del conduttore) di evitare il
rinnovo automatico con preavviso di sei mesi a mezzo raccomandata e per i seguenti motivi
tassativi (art. 3, legge n. 431/1998):
– se vuole destinare l’immobile a uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale
proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;
– se il locatore è persona giuridica, società o Ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto e vuole destinare
l’immobile all’esercizio delle attività dell’ente e offra al conduttore altro immobile idoneo,
di cui il locatore abbia la piena disponibilità;
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– se il conduttore ha la piena disponibilità di un alloggio libero e idoneo nello stesso Comune;
– se l’immobile è compreso in un edificio gravemente danneggiato da ricostruire o del
quale va assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore è di ostacolo ai lavori indispensabili. In tal caso, l’azione di rilascio può essere esercitata solo se se vi la concessione
o l’autorizzazione edilizia. Al termine dei lavori, se l’immobile è nuovamente locato, il conduttore ha diritto di prelazione ex art. 40, legge n. 392/1978;
– se l’immobile deve essere integralmente ristrutturato, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi
di immobile sito all’ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma
di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell’immobile
stesso. Vale quanto circa l’azione di rilascio e il diritto di prelazione;
– se in mancanza di successione nel contratto, il conduttore non occupa continuativamente
l’immobile senza giustificato motivo;
– se il locatore vuole vendere l’immobile a terzi e non è proprietario di altri immobili a uso
abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione (il conduttore ha diritto
di prelazione da esercitare con le modalità di cui agli artt. 38 e 39, legge n. 392/1978 [art.
3, c. 1, lett. g), legge n. 431/1998].
Trascorsi i primi otto anni, ciascuna parte può scegliere se rinnovare o meno il contratto,
anche a nuove condizioni, comunicandolo con raccomandata almeno sei mesi prima della
scadenza del contratto. L’altra parte deve rispondere con raccomandata entro sessanta giorni
dal ricevimento della raccomandata. In mancanza di risposta o di accordo, il contratto si intende scaduto alla data di cessazione della locazione. È nullo ogni patto in deroga ai limiti
di durata del contratto.
Trascorsi i primi otto anni, in mancanza di comunicazione di nessuna delle parti, il contratto si intende tacitamente rinnovato alle stesse condizioni.
Per gravi motivi il conduttore può recedere, in qualsiasi momento dal contratto, con preavviso di sei mesi.
b. Contratto concordato (artt. 2, c. 3 e 5, e 3, legge n. 431/1998). In alternativa al contratto libero, la locazione può essere regolata da contratti tipo definiti da accordi (nazionali e
locali) tra associazioni della proprietà e degli inquilini.
In particolare, le parti possono stipulare contratti di locazione definendo il canone, la durata
e altre condizioni contrattuali in base a quanto stabilito negli accordi locali fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori.
A differenza del contratto libero, il canone non può essere determinato liberamente dalle
parti.
È sempre nullo ogni patto diretto a:
– determinare un canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. In
tale ipotesi, il conduttore, entro sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può chiedere la restituzione del maggior canone corrisposto (art. 13, c. 4, legge n. 431/1998);
– attribuire al locatore un canone superiore al massimo definito dagli accordi locali per immobili con eguali caratteristiche e delle stesse tipologie. Oltre alla restituzione di cui sopra,
il conduttore può chiedere al Tribunale che la locazione sia ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto per i contratti concordati (art. 13, c. 4 e 5, legge n. 431/1998).
La durata del contratto è di minimo tre anni, salvo quelli di natura transitoria (art. 5, legge
n. 431/1998).
Se alla scadenza le parti non si accordano per il rinnovo, il contratto è prorogato di diritto di altri due anni, salvo facoltà del solo locatore di disdetta a mezzo raccomandata per
motivi tassativi e con motivato preavviso di sei mesi (adibire l’immobile agli usi o effettuare opere, ovvero vendere l’immobile alle condizioni e con le modalità di cui all’art. 3,
legge n. 431/1998). Alla scadenza del periodo di proroga biennale, ciascuna delle parti ha
facoltà di attivare la procedura di rinnovo a nuove condizioni o rinunciare al rinnovo del
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contratto comunicandolo all’altra parte con raccomandata almeno sei mesi prima della
scadenza.
Trascorsi i primi cinque anni, in mancanza di comunicazione di nessuna delle parti, il contratto si intende tacitamente rinnovato alle stesse condizioni.
Se stipulati prima del 30 dicembre 1998, ai contratti rinnovati tacitamente si applica la disciplina dei contratti liberi.
Come per il contratto libero, per gravi motivi il conduttore può recedere in qualsiasi momento con preavviso di sei mesi.
c. Contratto transitorio (art. 5, legge n. 431/1998). Per soddisfare particolari esigenze delle parti e in presenza delle condizioni e modalità definite con decreto ministeriale, sono ammessi anche contratti di locazione transitoria, anche di durata inferiore ai limiti stabiliti per
i contratti liberi e concordati.
In alternativa, possono essere stipulati contratti di locazione per soddisfare esigenze abitative di studenti universitari in base a contratti-tipo definiti da accordi promossi da Comuni
sede di università o di corsi universitari distaccati per studenti universitari.
La giurisprudenza
Anche se l’art. 3 della legge n. 392/1978 prevede che la disdetta debba essere comunicata con lettera
raccomandata, non essendo tale forma prescritta a pena di nullità, è sufficiente che la disdetta sia comunicata in qualsiasi modo, purché idoneo a portare a conoscenza del conduttore l'inequivoca volontà del locatore di non rinnovare il rapporto alla scadenza (Cass. civ. 7 gennaio 2011, n. 263).
10.3.3 Fattispecie particolari
Immobili a uso abitativo del demanio dello Stato. A seguito della riforma delle locazioni
abitative, anche per gli alloggi assegnati ai pubblici dipendenti con atti di concessione il canone è determinato in base alla nuova disciplina. Infatti, anche se non si tratta di contratti di
locazione, il canone va egualmente determinato con le
stesse regole stabilite ex art. 2, c. 3, legge n. 431/1998
➊ Gli alloggi di pregio o vincolati, liberi
(Corte Cost. 24 novembre 1994, n. 417).
e disponibili o in procinto di essere liIl canone è stabilito dagli Uffici del Territorio con riberati (se per motivate ragioni o perferimento a:
ché appartengono al demanio indispo– tipologia dell’alloggio;
nibile) non sono destinati a essere alienati (art. 32, legge n. 448/1998) ma
– stato di manutenzione dell’alloggio e dello stabile;
vanno utilizzati mediante contratti di lo– presenza di spazi comuni;
cazione o provvedimenti concessori.
– dotazione di servizi igienici.
A tal fine:
Il canone va aggiornato annualmente in base al 100%
– il contraente dovrà essere individuato mediante ricorso a procedure a evidegli indici Istat.
denza pubblica (asta pubblica o licitaPer le concessioni in corso e sino alla scadenza contizione privata);
nuano ad applicarsi le disposizioni normative vigenti
– il canone da porre a base della pubblica gara è stabilito in base a valori
al 30 dicembre 1998 (data di entrata in vigore della
praticati in regime di libero mercato;
nuova legge).
– la durata del contratto è fissata norAlloggi vincolati o compresi in certe categorie. Anmalmente in anni sei e il rinnovo non è
automatico;
che se di proprietà dello Stato, gli alloggi vincolati ex
– le spese di straordinaria manutenzione
legge n. 1089/1939 o compresi nelle categorie catastali
sono interamente a carico del locatario
A/1 (signorili), A/8 (ville), A/9 (castelli o immobili aro concessionario. È esclusa ogni possitistico-storici) sono soggetti alla disciplina ex artt.
bilità di ammortamento delle spese mediante riduzione del canone (circ. min. 4
1571 ss. cod. civ. ➊.
ottobre 1999, n. 198/T).
Ne consegue che la determinazione del canone e la
durata sono rimesse alla libertà del proprietario. Inoltre, vi è automatica disdetta e una durata massima di anni trenta (circ. min. 4 ottobre 1999,
n. 198/T).
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LEGISLAZIONE SPECIALE
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10.3.4 Successione nel contratto (art. 6, legge n. 392/1978)
Successione nel contratto di locazione del coniuge supersite e del coniuge separato.
L’art. 6, legge n. 392/1978 dispone che, nel caso di morte del conduttore, gli succedono nel
contratto il coniuge, gli eredi e i parenti e affini con lui abitualmente conviventi. La stessa
norma aggiunge che, in caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di
cessazione degli effetti civili, nel contratto di locazione
succede al conduttore l’altro coniuge, se il diritto di
➊ Per casa familiare si intende l’immobiabitare nella casa familiare gli sia stato attribuito dal
le ove si svolge la vita della famiglia e
che sia tale da assicurare una adeguata
giudice ➊.
sistemazione abitativa. È la casa familiaIn caso di separazione consensuale o di nullità matrire, pertanto, che rende possibili gli obblimoniale al conduttore succede l’altro coniuge se tra i
ghi di coabitazione e di fissazione della
due si sia così convenuto.
residenza della famiglia previsti, rispettivamente, ex artt. 143 e 144 cod. civ.
È pacifico, quindi, che coniuge del conduttore succeLa casa familiare, a differenza di quanto
de, ex lege, nel contratto di locazione in corso alla data
avviene per i normali edifici, non è individella morte del conduttore ovvero nel caso di separaduata esclusivamente in base alla sua dizione giudiziale se il diritto di abitare nella casa famimensione strutturale ma, come per l’ipotesi ex art. 540, c. 2, cod. civ. (riserva a
liare sia stato attribuito al coniuge separato, non titolafavore del coniuge superstite del diritto
re del contratto di locazione, dal giudice.
di abitazione nella casa familiare e del diTale diritto di successione nel contratto di locazione, a
ritto di uso dei mobili che la corredano)
anche dall’insieme dei mobili che l’arreseguito della sentenza 7 aprile 1988, n. 404 della Corte
dano, funzionalmente destinati alla vita
Costituzionale (che ha dichiarato l’illegittimità costitudomestica della famiglia.
zionale dell’art. 6, legge n. 392/1978) è stato esteso
La casa familiare risponde, infatti, all’esianche alla convivente more uxorio del conduttore che
genza di conservare l’habitat domestico,
inteso come il centro degli affetti, degli
resti nell’immobile, con la prole naturale nata dalla lointeressi e delle consuetudini in cui si
ro unione, ancorché la convivenza sia sorta nel corso
esprime e si articola la vita familiare ed
della locazione e senza che il locatore ne abbia avuto
al quale l’ordinamento riconosce essenziale rilevanza sin dall’inizio del rapporto
conoscenza (Cass. civ. 25 maggio 1989, n. 2524; Cass.
coniugale:
civ. 8 giugno 1994, n. 5544).
La giurisprudenza
Qualora il contratto di locazione sia in corso alla data del decesso del conduttore il coniuge del de cuius succede ex lege
nel contratto di locazione ex art. 6, legge n. 392/1978 (cd.
equo canone). Lo stesso diritto spetta al coniuge, non titolare
del rapporto locatizio, cui il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice in sede di separazione giudiziale (Cass. civ. 27 gennaio 2009, n. 1952).
10.4
– imponendo la scelta della sua ubicazione materiale (artt. 144 e 145 cod.
civ.);
– sancendo la sospensione del diritto all’assistenza a carico del coniuge che se
ne allontani senza giusta causa (art. 146
cod. civ.);
– assicurando la continuità mediante la
riserva del diritto di abitazione, anche oltre la morte del coniuge (art. 540 cod.
civ.; Cass. civ. 16 luglio 1992, n. 8667).
Locazioni commerciali
La locazione di immobili a uso commerciale, oltre che dalla disciplina generale in materia
di conclusione del contratto, obblighi del locatore, godimento, ripartizione delle spese ecc.
[v 10.1] è regolamentata da una disciplina speciale (legge n. 392/1978). Tale normativa, in
vigore da tempo, ha pur sempre carattere provvisorio, come risulta dal suo mancato inserimento nel codice civile e dalle continue modifiche, ma detta regole speciali dirette, tra l’altro, a fissare in maniera inderogabile la durata minima del contratto.
La giurisprudenza
Si ha locazione d’immobile adibito a uso commerciale quando lo stesso sia considerato nella sua effettiva
consistenza; si ha affitto d’azienda quando l’immobile non sia considerato nella sua individualità giuridica
(Cass. civ. 20 maggio 1997, n. 4472).
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CONTRATTO DI LOCAZIONE
LOCAZIONI COMMERCIALI
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10.4.1 Oggetto del contratto
Oggetto della locazione commerciale devono essere immobili destinati ad attività economiche produttive di reddito d’impresa o di lavoro autonomo. Sono esclusi gli immobili destinati a uso abitativo.
La legge (art. 27, legge n. 392/1978 modificato ex art. 7, c. 1, legge n. 9/2007) considera attività economiche:
– le attività industriali, commerciali e artigianali;
– le attività di interesse turistico, anche se prive di lucro, comprese tra quelle elencate dall’art. 2, legge n. 326/1968;
– le attività professionali di qualsiasi tipo di lavoro autonomo. Sono esclusi gli artisti per
cui è dettata una specifica disciplina (legge n. 15/1987).
In particolare, oggetto della locazione può essere un edificio, altra costruzione, un terreno o
una nuda area. In ogni caso, l’immobile deve essere urbano, cioè destinato ad attività d’impresa o di lavoro autonomo, a un uso commerciale, professionale, industriale, ovvero in cui è
esercitata un’attività diretta alla trasformazione o alla vendita di prodotti agricoli (attività agricole per connessione oggettiva - art. 2135, c. 2, cod. civ.). Sono, invece, esclusi gli immobili
posti al servizio del fondo agricolo anche se destinati ad abitazione dell’affittuario del fondo.
Oggetto della locazione possono essere anche beni futuri o beni altrui.
Costituisce locazione commerciale anche quella avente a oggetto immobili adibiti a parcheggio, magazzino, deposito collegati funzionalmente a una delle attività commerciali o di
lavoro autonomo. Sono esclusi dal contratto di locazione i beni per i quali vi è impossibilità
giuridica o materiale (per esempio, non possono essere locati i beni demaniali e quelli del
patrimonio indisponibile dello Stato, Regioni, Province e Comuni).
La giurisprudenza
Nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l'onere di
verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività che egli intende esercitarvi, e di richiedere il rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative. Ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso
dalle caratteristiche proprie del bene locato (Cass. civ. 25 gennaio 2011, n. 1735).
10.4.2 Forma
Solo se la locazione ha durata ultranovennale la legge richiede, a pena di nullità, la forma
scritta (atto pubblico o scrittura privata anche non autenticata) e la trascrizione (tuttavia, per
la trascrizione è necessario che l’atto sia redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata) (artt. 1350, n. 8, 2643, n. 8, e 2657 cod. civ.) [f 610, 615].
Ai fini del calcolo della durata, è irrilevante che il contratto contenga clausole di automatica
o tacita rinnovazione, di conseguenza una locazione commerciale di sette anni non richiede
la forma scritta anche se, per effetto della rinnovazione o clausole di proroga, ha una durata
superiore ai nove anni (Cass. civ. 26 aprile 1999, n. 4162).
Si noti che la forma scritta è sempre necessaria, indipendentemente dalla durata, se la locazione è conclusa con la pubblica amministrazione (Cass. civ. 24 giugno 2002, n. 9165).
10.4.3 Durata (art. 27, legge n. 392/1978, modificato dall’art. 7,
c. 1, legge n. 9/2007)
La locazione o sublocazione di immobili adibiti ad attività commerciali non può avere una
durata:
– inferiore a sei anni, salvo che l’attività da esercitare abbia, per sua natura, carattere tran-
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sitorio, e per quelli adibiti ad attività alberghiere di nove anni. Se le parti stabiliscono una
durata inferiore, la durata è stabilità ope legis in sei anni. Il contratto si rinnova tacitamente
alla scadenza di sei anni in sei anni (ovvero di nove anni in nove anni, anche se ammobiliato, per le attività alberghiere e teatrali), salvo disdetta del locatore da comunicarsi all’altra
parte, a mezzo raccomandata, rispettivamente almeno dodici o diciotto mesi prima della
scadenza (art. 28, legge n. 392/1978) [f 620]. Se la locazione è stagionale l’obbligo di locare l’immobile, per la stessa stagione dell’anno successivo, allo stesso conduttore che ne faccia richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto, ha durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera;
– superiore a trenta anni. Se è così previsto, il termine è ridotto a trenta anni (art. 1573
cod. civ.).
La giurisprudenza
Il conduttore può preventivamente rinunciare al diritto di rinnovazione del rapporto alla prima scadenza solo se la durata iniziale del contratto, convenzionalmente stabilita, superi i dodici anni (Cass. civ. 29 settembre 1995, n. 10270).
La nullità in caso di mancata comunicazione del diniego di rinnovazione alla prima scadenza del motivo
sul quale la disdetta si fonda e la natura giuridica di condizione di procedibilità dell’azione escludono che
tali questioni possano essere considerate eccezioni e, come tali, ricondotte al regime del divieto del ius
novorum. Infatti il Giudice è tenuto a rilevare d’ufficio il difetto della condizione di procedibilità in questione
(Cass. civ. 29 novembre 2004, n. 22382).
10.4.4 Rinnovazione
Come già detto, il contratto di locazione si rinnova tacitamente alla scadenza di sei anni in sei anni (ovvero
di nove anni in nove anni, anche se ammobiliato, per
le attività alberghiere e teatrali), salvo disdetta del locatore (art. 28, legge n. 392/1978) [f 620].
Se la locazione è stagionale, il locatore deve locare
l’immobile, per la stessa stagione dell’anno successivo, allo stesso conduttore che ne faccia richiesta con
lettera raccomandata prima della scadenza. L’obbligo
del locatore ha la durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera
(art. 27, c. 6, legge n. 392/1978).
a. Prima scadenza Alla prima scadenza della locazione il locatore può rifiutare la rinnovazione del contratto esclusivamente per i motivi tassativamente indicati dalla legge ➊.
A seguito della cessazione del contratto, il locatore deve corrispondere al conduttore un’indennità per la
perdita dell’avviamento a condizione che:
– l’attività esercitata negli immobili locati comporti
contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori;
– gli immobili non siano destinati all’esercizio di attività professionali o ad attività di carattere transitorio;
– gli immobili non siano complementari o interni a
stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio
stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici (art.
35, legge n. 392/1978).
➊ Il locatore (ovvero ogni compro-
prietario se l’immobile è di proprietà
comune) può negare la rinnovazione del contratto alla prima scadenza esclusivamente nei seguenti
casi:
1. se vuole adibire l’immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta;
2. se vuole adibire l’immobile all’esercizio di un’attività commerciale in proprio o da parte del coniuge o di parenti
entro il secondo grado in linea retta,
ovvero, se si tratta di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o di diritto
pubblico, all’esercizio di attività tendenti al conseguimento delle loro finalità
istituzionali;
3. se intende demolire l’immobile per
ricostruirlo, ovvero procedere alla sua
integrale ristrutturazione o completo
restauro, eseguire su di esso un intervento sulla base di un programma comunale pluriennale, ovvero se intende
ristrutturare l’immobile per rendere i locali adibiti alla vendita conformi all’art.
12, legge n. 426/1971 e ai relativi
piani comunali, sempre che le opere
da effettuarsi rendano incompatibile la
permanenza del conduttore nell’immobile. In tutti tali casi, il possesso della
licenza o concessione è condizione
per l’azione di rilascio; gli effetti del
provvedimento di rilascio si risolvono
(segue)
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La giurisprudenza
È stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 29, c. 1,
lett. d), ultima parte, in relazione alla lett. c), ultima parte, nella parte in cui prevedeva che la scadenza, nel corso del processo, del termine per l’inizio dei lavori, indicato nella licenza
o concessione, impedisca l’emanazione del provvedimento di
rilascio (Corte Cost. 9 ottobre 1998, n. 348).
Il locatore può negare il rinnovo della locazione alla prima scadenza anche se intende esercitare un’attività commerciale mediante una società di persone di cui sia socio (Cass. civ. 23
gennaio 1982, n. 464).
Per negare il rinnovo del contratto alla prima scadenza non è
necessario che il locatore abbia già ricevuto le autorizzazioni
e licenze amministrative necessarie per l’esercizio dell’attività
commerciale che intende avviare, né che sia già iscritto alla
camera di commercio (Cass. civ. 19 gennaio 1999, n. 463).
Per negare il rinnovo alla prima scadenza è insufficiente un riferimento generico al restauro dell’immobile, ma occorre specificare i lavori di ristrutturazione (Cass. civ. 6 novembre
2002, n. 15547).
Il locatore che ha ottenuto la disponibilità dell’immobile alla prima scadenza ha sei mesi di tempo dalla
consegna per adibirlo all’uso denunziato.
Se ha ottenuto l’immobile per eseguirvi lavori, deve
rispettare i termini della concessione o quelli del piano
comunale di intervento per quanto attiene l’inizio dei
lavori di demolizione, ricostruzione, ristrutturazione o
restauro.
Se i termini non sono rispettati, il conduttore può convenire in giudizio il locatore e, oltre all’indennità per
la perdita dell’avviamento se dovuta, chiedere, alternativamente:
– il ripristino del contratto, fatti salvi i diritti acquistati da terzi in buona fede, e il rimborso delle spese di
trasloco e degli altri oneri sostenuti;
– il risarcimento dei danni in misura non superiore a
quarantotto mensilità del canone di locazione percepito prima della risoluzione del contratto.
In ogni caso, le azioni si prescrivono se non esercitate
entro cinque anni dalla disdetta (art. 2948, n. 3, cod. civ.).
Il Giudice, oltre a determinare il ripristino o il risarcimento del danno, ordina al locatore il pagamento di
una somma da euro 258,23 a euro 1.032,91 da devolvere al Comune nel cui territorio è posto l’immobile.
Procedura per il rilascio alla prima scadenza. A seguito della prima scadenza del contratto, se il conduttore non rilasci l’immobile, il locatore (o ciascun
comproprietario se l’immobile è in comproprietà senza che si verifichi un’ipotesi di litisconsorzio necessario con gli altri comproprietari, cfr. Cass. civ. 18 gennaio 2002, n. 537) può convenire in giudizio il conduttore e la domanda deve essere fondata sullo stesso
motivo indicato nella comunicazione di rilascio (art.
447-bis cod. proc. civ.) [f 630].
(segue)
se, prima della sua esecuzione, siano
scaduti i termini della licenza o della
concessione e quest’ultima non sia
stata nuovamente disposta.
La legge non richiede la necessità, ma
solo la seria volontà del locatore di adibire l’immobile a uno degli scopi anzidetti sub 1), 2), 3) che, ovviamente, devono essere tecnicamente realizzabili
(Cass. civ. 24 gennaio 1995, n. 813).
Sono irrilevanti valutazioni circa l’opportunità o convenienza del locatore,
salvo provino una volontà non seria o
tecnicamente o giuridicamente irrealizzabile Cass. civ. 12 novembre 1998,
n. 11445).
In tutte le ipotesi, il locatore, a pena
di decadenza, deve comunicare al
conduttore la disdetta del contratto, dichiarando espressamente la propria volontà di ottenere la disponibilità
dell’immobile, con lettera raccomandata almeno dodici mesi prima della scadenza (diciotto per le attività alberghiere).
A seguito della spedizione nei termini,
la disdetta è valida e opera la presunzione di conoscenza senza che occorra l’accettazione del destinatario (art.
1335 cod. civ.). Se il conduttore è assente, la disdetta è egualmente regolare senza che possa tenersi conto del
giorno del ritiro ai fini del calcolo del rispetto dei termini per la comunicazione
(Cass. civ. 11 febbraio 1978, n. 629).
Nella comunicazione deve essere indicato in modo specifico e analitico, a
pena di nullità, il motivo della disdetta
tra quelli tassativamente previsti dalla
legge. È insufficiente un generico riferimento di esercitare una delle anzidette
attività previste dalla legge per il diniego di rinnovo (Cass. civ. 6 novembre
2002, n. 15547 e Cass. civ. 24 giugno 1997, n. 5637).
Se il locatore non provvede alla disdetta nei termini, il contratto si intende tacitamente rinnovato.
Per le locazioni di immobili adibiti all’esercizio di albergo, pensione o
locanda, anche se ammobiliati, il locatore può negare la rinnovazione del
contratto nelle ipotesi previste ex art.
7, legge n. 191/1963 qualora l’immobile sia oggetto di intervento sulla base di un programma comunale pluriennale. In tali casi, il possesso della prescritta licenza o concessione è condizione per l’azione di rilascio. Il locatore
può altresì negare la rinnovazione se
intende esercitare personalmente nell’immobile o farvi esercitare dal coniuge o da parenti entro il secondo grado
in linea retta la medesima attività.
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Se la richiesta di rilascio è fondata sull’intento di demolire l’immobile per ricostruirlo, procedere alla sua integrale ristrutturazione o completo restauro, eseguire su di esso un intervento sulla base di un programma comunale pluriennale, ovvero ristrutturare l’immobile
per rendere i locali adibiti alla vendita conformi alla legge n. 426/1971, il provvedimento di
rilascio diviene inefficace se prima della sua esecuzione siano scaduti i termini della licenza
o della concessione e quest’ultima non sia stata nuovamente disposta.
Competente per territorio è il Giudice nella cui circoscrizione è posto l’immobile. Sono nulle le clausole derogative dalla competenza per territorio.
Alla prima udienza, se il convenuto compare e non si oppone, il Giudice, su istanza del
locatore, pronunzia ordinanza di rilascio per la scadenza di cui alla comunicazione del locatore. L’ordinanza costituisce titolo esecutivo e definisce il giudizio.
Nel caso di opposizione del convenuto, il Giudice esperisce il tentativo di conciliazione. Se
il tentativo riesce, viene redatto verbale, che costituisce titolo esecutivo. In caso contrario o
nella contumacia del convenuto, si procede ex artt. 420 ss. cod. proc. civ.
Il Giudice, su istanza del ricorrente, alla prima udienza e comunque in ogni stato del giudizio, valutate le ragioni addotte dalle parti e le prove raccolte, può disporre il rilascio dell’immobile con ordinanza costituente titolo esecutivo.
La giurisprudenza
Nel procedimento di convalida di sfratto è superflua la seconda notificazione dell’intimazione di licenza o
di sfratto da parte dell’agente postale prevista dal nuovo art. 7, legge n. 890/1982 (Trib. Modena 1° luglio 2008).
b. Scadenze successive alla prima. Dopo la prima scadenza e il primo rinnovo del contratto, assicurato ex lege, salvo per le cause tassativamente previste per cui il locatore può dare
disdetta, la locazione si rinnova tacitamente a ogni scadenza, salvo disdetta del locatore da
comunicare al conduttore, a mezzo di lettera raccomandata, almeno dodici mesi prima della
scadenza (diciotto mesi per le attività alberghiere).
A seguito della cessazione del contratto, il conduttore matura i seguenti diritti:
• in ogni caso, diritto a un’indennità per la perdita dell’avviamento a condizione che:
– l’attività esercitata negli immobili locati comporti contatti diretti con il pubblico degli
utenti e dei consumatori;
– gli immobili non siano destinati all’esercizio di attività professionali o ad attività di carattere transitorio;
– gli immobili non siano complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti,
aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici (art. 35, legge n.
392/1978);
• diritto di prelazione ex lege, ma solo per il caso di nuova locazione e alle seguenti condizioni:
– l’attività esercitata negli immobili locati comporti contatti diretti con il pubblico degli
utenti e dei consumatori;
– gli immobili non siano destinati all’esercizio di attività professionali o ad attività di carattere transitorio;
– gli immobili non siano complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti,
aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici (art. 35, legge n.
392/1978);
– che la cessazione del rapporto di locazione non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o recesso del conduttore, ovvero al suo fallimento (art. 40, c. 2, legge n. 392/1978).
Se si verificano le anzidette condizioni e se il locatore intende nuovamente locare l’immobile, deve comunicare le offerte al conduttore, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, almeno sessanta giorni prima della scadenza (art. 40, legge n. 392/1978). Il conduttore è preferito rispetto ad altri se, con raccomandata con avviso di ricevimento, entro trenta
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giorni dal ricevimento della comunicazione, offre condizioni uguali a quelle comunicategli
dal locatore. Nel caso di inadempimento del locatore, il conduttore ha diritto al risarcimento del danno.
Il conduttore può esercitare il diritto di prelazione anche nei seguenti casi:
– se il locatore abbia correttamente stipulato una nuova locazione con un terzo, ma il contratto si sia sciolto entro un anno dal rilascio dell’immobile da parte del primo conduttore;
– se il locatore, ottenuto il rilascio dell’immobile non intendendo locarlo a terzi, viceversa,
lo conceda in locazione entro i sei mesi successivi dal rilascio. In tale ipotesi, il locatore deve darne notizia al precedente conduttore per consentirgli di esercitare la prelazione.
La giurisprudenza
Il diritto di prelazione del conduttore di immobile ad uso non abitativo non sussiste ove il bene locato sia
stato oggetto di divisione tra gli originari comproprietari ed uno di essi ponga in vendita la porzione di cui
è diventato proprietario esclusivo.(Cass. civ. 11 gennaio 2011, n. 449).
10.4.5 Godimento del bene (art. 1575, n. 2, cod. civ.)
Il locatore è obbligato a mantenere la cosa nello stato di servire all’uso convenuto. Tanto
comprende l’obbligo di eseguire, entro certi limiti, le riparazioni, la garanzia per i vizi sopravvenuti e il divieto di innovazioni.
Le parti possono derogare all’obbligo di mantenimento.
Se il conduttore destina, arbitrariamente, l’immobile commerciale a uso abitativo, il locatore può
chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi a pena di decadenza, a decorrere da quando
ha avuto conoscenza del mutamento di destinazione. Decorso il termine per chiedere la risoluzione, il contratto di locazione è soggetto al regime giuridico proprio delle locazioni abitative
(art. 80, legge n. 392/1978) [v 10.1].
10.4.6 Assemblea condominiale (art. 10, legge n. 392/1978)
Il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell’immobile, nelle delibere dell’assemblea condominiale (della riunione dei comproprietari di edificio non in condominio) relative
alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria.
Egli ha inoltre diritto di intervenire, senza diritto di voto, sulle delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni.
10.4.7 Canone
Le parti sono libere di determinare l’ammontare del canone, purché sia proporzionato al valore dell’immobile dato in locazione.
Il canone resta invariato per tutta la durata del con➊ Non è possibile procedere alla rivatratto, salvo che le parti convengano degli aggiornalutazione annuale del canone nel caso
menti annuali su base Istat, su richiesta del locatore ex
in cui le parti abbiano optato per l’adozione del regime della cedolare secca
art. 32, legge n. 392/1978. L’aggiornamento non può
[v. 11.2].
essere superiore al 75% delle variazioni Istat ➊.
La richiesta di aggiornamento del canone [f 625] può
anche essere formulata verbalmente, nonché implicitamente o per fatti concludenti (Cass.
civ. 15 ottobre 2002, n. 14655).
Il locatore ha, inoltre, il diritto di pretendere il pagamento in danaro contante, salvo che le
parti abbiano convenuto un diverso mezzo di pagamento (assegno bancario, bonifico ecc.).
In particolare, il pagamento a mezzo assegno bancario è possibile solo se previsto dal contratto o accettato dal locatore. In tal caso, secondo il principio generale, il titolo deve pervenire al domicilio del locatore entro il termine pattuito per il pagamento e l’estinzione del debito avviene nel momento della riscossione del titolo, anche se la banca trattaria è tenuta, in
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base all’art. 120, D.Lgs. n. 385/1993, a conteggiare gli interessi con la valuta del giorno anteriore in cui è stato effettuato il versamento in caso di assegno circolare o di assegno bancario tratto sulla stessa banca presso la quale è effettuato il versamento. Qualora si tratti di
assegno circolare o bancario tratto su altra banca insediata in Italia, gli interessi vanno conteggiati a partire, rispettivamente, dal giorno successivo al versamento o dal terzo giorno lavorativo successivo. Sono a carico del conduttore i rischi del ritardo o del disguido derivanti dall’utilizzazione del servizio postale per la messa a disposizione dell’assegno (Cass. civ.
14 gennaio 2000, n. 369).
La giurisprudenza
La clausola di un contratto di locazione di immobili urbani a uso commerciale che stabilisca aumenti di canone in misura diversa da quella legale e cioè superiore al 75% dell’indice dei prezzi Istat, è nulla ex art.
79, legge n. 392/1978 (Cass. civ. 15 ottobre 2002, n. 14655).
In tema di aggiornamento Istat, la richiesta, da effettuarsi anno per anno, costituisce un onere del locatore
al cui adempimento è legato il suo diritto a ottenere l’aggiornamento del canone con riferimento al solo anno cui essa è riferibile in base alla legge (e cioè all’anno precedente). Di conseguenza, è nulla la clausola
che miri a esonerare il locatore dal predetto onere, facendogli conseguire con un’unica richiesta il diritto a
conseguire tutti gli aggiornamenti maturati nel corso del rapporto (Cass. civ. 7 febbraio 2005, n. 2417).
10.4.8 Garanzia del pagamento
A garanzia del pagamento del canone, di solito, è previsto il deposito (cauzionale) di una
somma di danaro determinato in rapporto al canone. Il locatore trattiene tale importo sino
alla scadenza della locazione. L’ammontare del deposito non può superare le tre mensilità
del canone ed è produttivo di interessi legali da corrispondere al conduttore al termine di
ogni anno (artt. 11 e 41, legge n. 392/1978).
Il locatore è obbligato a restituire al termine del contratto il deposito cauzionale esclusivamente
se il conduttore ha adempiuto alle proprie obbligazioni; pendente il giudizio sugli inadempimenti del conduttore, il locatore può trattenere la cauzione (Cass. civ. 24 giugno 2002, n. 9160).
Oltre al deposito della cauzione, il contratto può prevedere una fideiussione a garanzia delle obbligazioni derivanti dal contratto.
Sono nulle, e la nullità è rilevabile anche d’ufficio dal Giudice, le clausole contrattuali che
impongono al conduttore il pagamento di somme a fondo perduto, ovvero a titolo di buona
entrata (Cass. civ. 15 ottobre 2002, n. 14655).
La giurisprudenza
Nel caso di mancato pagamento del canone di locazione, che matura dopo la conclusione del contratto e
la concessa fideiussione con cadenza mensile, è giustificata l'applicazione dell'art. 1956 cod. civ., nel senso di imporre al locatore di riferire al garante della morosità del conduttore, così da farsi autorizzare ad attendere al pagamento. In caso di rifiuto si dovrà agire per la risoluzione ed il rilascio, così limitando l'esposizione del fideiussore sino al momento in cui il locatore non riesca ad affittare ad altri (Cass. civ. 13 febbraio 2009, n. 3525).
10.4.9 Cessazione della locazione
Disdetta alla scadenza [v 10.4.3].
Recesso (art. 27, c. 7, legge n. 392/1978). Le locazioni commerciali si estinguono, oltre che
per scadenza del termine, per recesso o inadempimento del conduttore.
Il recesso o interruzione del rapporto può essere dichiarato sia dal conduttore, sia dal locatore.
Il conduttore può recedere nei casi stabiliti dalla legge o dal contratto, in particolare:
– è facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione;
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– indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da
comunicarsi con lettera raccomandata (art. 27, c. 7 e 8, legge n. 392/1978). I gravi motivi
devono avere carattere oggettivo e collegarsi a fatti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti (Trib. Milano 9 settembre 1993, n. 8363).
Per l’ipotesi di recesso del conduttore non è dovuta alcuna indennità per la perdita di avviamento commerciale ex art. 34, c. 1, legge n. 392/1978. Il termine “recesso” nell’ambito dell’art. 34, c. 1, è impiegato in un’accezione ampia, comprensiva di ogni risoluzione anticipata
del contratto che, anche se formalmente consensuale per adesione del locatore, possa farsi risalire a una manifestazione di volontà del conduttore (Cass. civ. 27 febbraio 1995, n. 2231).
La giurisprudenza. Non costituisce grave motivo il rifiuto di una licenza amministrativa
se già al momento della conclusione del contratto non esistevano i requisiti necessari per ottenere la licenza (Cass. civ. 12 gennaio 1991, n. 260).
Il locatore non può recedere dal contratto neppure nel caso di fallimento del conduttore; il
curatore, infatti, può decidere di recedere o continuare il rapporto.
Il locatore può sciogliere il rapporto solo mediante disdetta [v 10.4.3] ovvero risoluzione
per inadempimento del conduttore.
Risoluzione del contratto (art. 27, c. 7, legge n. 392/1978). Le locazioni commerciali si
estinguono, oltre che per scadenza del termine, per recesso o inadempimento del conduttore.
Per quanto riguarda la risoluzione per inadempimento, vale, in materia di termini di pagamento del canone e degli oneri accessori, quanto convenuto nel contratto (e l’eventuale
clausola risolutiva espressa in esso contenuta) o quanto risulta dalla legge ordinaria e dagli
usi e consuetudini locali, se il contratto è verbale o se il contratto nulla prevede in materia
di termini di pagamento.
In caso di ritardato pagamento e avuto riguardo all’importanza dell’inadempimento, il locatore,
se ne esistono gli estremi, potrà ottenere la risoluzione contrattuale e il rilascio dell’immobile.
Anche il pagamento del canone in misura inferiore a quello convenzionalmente stabilito nel
contratto (cd. autoriduzione del canone) può configurare inadempimento idoneo a produrre
la risoluzione del contratto (Cass. civ. 16 luglio 2002, n. 10271).
10.4.10 Indennità per la perdita dell’avviamento commerciale
(art. 34, legge n. 392/1978)
In caso di cessazione della locazione per cause diverse dalla risoluzione per inadempimento,
dalla disdetta o dal recesso del conduttore, questi ha diritto di ricevere dal locatore un’indennità per la perdita dell’avviamento pari a diciotto mensilità dell’ultimo canone corrisposto.
L’indennità per la perdita dell’avviamento è sempre dovuta, salvo che:
– l’attività escluda il diretto contatto con il pubblico degli utenti o dei consumatori (Cass.
civ. 27 aprile 1995, n. 4644);
– nell’immobile sia esercitata un’attività professionale oppure di natura transitoria;
– l’immobile sia interno a stazioni ferroviarie, aeroporti, aree di servizio ecc. È nullo ogni
patto diretto alla rinunzia o limitazione del diritto all’indennità, salvo sia riconosciuto al
conduttore un corrispondente vantaggio, quale, per esempio, una riduzione del canone
(Cass. civ. 20 ottobre 1995, n. 10907) o il diritto di restare nell’immobile per un periodo ulteriore dopo la scadenza (Cass. civ. 8 febbraio 1990, n. 872).
Spetta un’ulteriore indennità al conduttore se l’immobile sia, da chiunque, adibito all’esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima tabella merceologica che siano
affini a quella già esercitata dal conduttore uscente e ove il nuovo esercizio venga iniziato
entro un anno dalla cessazione del precedente.
Al fine di riconoscere il diritto all’indennità di avviamento, non occorre accertare se dal rilascio dell’immobile il locatore riceva un vantaggio o il conduttore risenta un danno.
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Il conduttore ha diritto di esigere il pagamento dell’indennità dal momento della cessazione
della locazione.
L’esecuzione del provvedimento di rilascio è condizionata all’avvenuto pagamento della
stessa. La corresponsione dell’indennità consiste, dunque, in una condizione di procedibilità
dell’azione esecutiva (Cass. civ. 5 novembre 2001, n. 13636).
La giurisprudenza
La mancata comunicazione della sublocazione o della cessione del contratto rende solo inopponibile l’avvenuta sublocazione o la cessione al locatore, il quale, peraltro, non può considerare di per sé inadempiente il conduttore, ma solo notificargli la sua opposizione, specificando altresì i gravi motivi che la giustificano, all’accertamento della sussistenza dei quali resta subordinata la risoluzione del contratto di locazione (Cass. civ. 2 agosto 2000, n. 10124).
Una volta intervenuta la sublocazione alle condizioni previste dalla legge, si verifica la sostituzione del cessionario nei diritti e negli obblighi del cedente e il sublocatore o cessionario subentra nel rapporto tra locatore e
conduttore cedente nel medesimo stato in cui tale rapporto si trovava (Cass. civ. 28 giugno 2001, n. 8854).
10.4.11 Fattispecie particolari
Sublocazione e cessione del contratto di locazione (art. 36, legge n. 392/1978). Il conduttore può sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione a terzi anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione
al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nella quale devono essere indicati gli elementi atti a identificare la persona del cessionario [f 621, 622].
Il locatore può opporsi per gravi motivi entro trenta giorni dalla comunicazione, a pena di
decadenza. Se l’opposizione è fondata, il conduttore è obbligato a ripristinare il contratto
sulle basi originarie; in difetto, il locatore può risolvere il contratto.
Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo
qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.
L’opposizione del locatore ha l’effetto immediato di sospendere, nei confronti del contraente ceduto, l’efficacia della cessione sino a quando non risulti definita, nella sede giudiziale,
l’assenza dei gravi dedotti motivi (Cass. civ. 9 gennaio 2002, n. 201). Inoltre, l’opposizione
alla cessione, in presenza di gravi motivi, non impedisce il perfezionamento del contratto
eventualmente già concluso, ma si configura come una mera contestazione di inadempimento rivolta al conduttore per avere ceduto il contratto pur in presenza dei suddetti gravi
motivi (Cass. civ. 7 giugno 1996, n. 5305).
In caso di cessione senza il consenso del locatore del contratto di locazione insieme all’azienda, il conduttore cedente risponde solidalmente nei confronti del locatore ceduto delle
obbligazioni scadute successivamente alla cessione, ma anche il conduttore cessionario risponde solidalmente verso il locatore ceduto delle obbligazioni non adempiute dal cedente.
Nel caso di cessione del contratto di locazione, l’obbligo di risarcimento del danno sorge in
capo a chi, cedente o cessionario, era conduttore al momento in cui il danno stesso si è verificato (Cass. civ. 1° giugno 2004, n. 10485).
La giurisprudenza
La locuzione “nuovo esercizio” contenuta nell’art. 34, c. 2, non esclude, né sotto il profilo linguistico, né
sotto il profilo dell’interpretazione sistematica, la riferibilità della norma anche alla prosecuzione dell’esercizio precedente a opera di nuovo titolare che acquisisca il diritto alla permanenza nell’immobile non per
effetto dell’avvenuta cessione dell’azienda, bensì per effetto di un nuovo contratto di locazione stipulato
con il locatore (Cass. civ. 6 maggio 2003, n. 6879).
Se alla cessazione del rapporto locatizio non si accompagna il rilascio del locale e, quindi, l’attività economica ivi svolta continua a esservi esercitata, non vi può essere perdita di avviamento e pregiudizio economico da compensare (Cass. civ. 11 gennaio 2001, n. 339).
Gli interessi sulla somma dovuta a titolo di indennità di avviamento commerciale non iniziano a decorrere
finché non è avvenuto il rilascio dell’immobile (Cass. civ. 10 febbraio 2003, n. 1930).
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Vendita dell’immobile locato. Se durante la locazione
il locatore intende vendere l’immobile, la legge riconosce al conduttore il diritto di prelazione, cioè di essere
preferito, a parità di condizioni, rispetto ai terzi ➊. La
prelazione è esclusa nelle seguenti ipotesi:
– se il trasferimento dell’immobile è a titolo gratuito o
mortis causa;
– se il trasferimento è a favore del coniuge o dei parenti entro il secondo grado;
– se un coerede vuole vendere la sua quota di eredità
(l’art. 732 cod. civ. prevede la prelazione a favore dei
coeredi);
– per le vendite coattive e vendite in blocco (Cass. civ.
19 ottobre 1998, n. 10340).
In caso di violazione del diritto di prelazione, il conduttore può riscattare l’immobile dall’acquirente e da
ogni altro successivo avente causa.
Se il conduttore non esercita la prelazione, la locazione può essere opposta al terzo acquirente a condizione
che il contratto abbia data certa anteriore alla vendita
(ovvero in altre ipotesi di trasferimento).
L’acquirente dell’immobile subentra nei confronti del
conduttore in tutti i diritti e obblighi del locatore dal
momento dell’acquisto. Egli esercita, quindi, tutti i diritti e risponde degli obblighi inerenti alla prosecuzione del contratto dopo la vendita, ovvero i cui effetti
non siano esauriti prima della vendita. Per esempio,
l’acquirente può agire per danni ancora sussistenti anche se causati da fatti anteriori al trasferimento; il conduttore può chiedere al nuovo locatore la restituzione
del deposito al termine della locazione.
Opponibilità all’acquirente
1. durata locazione:
– inferiore a nove anni data certa anteriore – opponibilità art.
1599, c. 1, cod. civ.,
– inferiore a nove anni e senza data certa, la locazione è opponibile, ma solo per sei anni, se il conduttore prova che il
suo diritto è anteriore alla vendita, art. 1600 cod. civ.
– superiore a nove anni trascrizione anteriore – opponibilità
art. 2643, n. 8, cod. civ.
– superiore a nove anni e senza trascrizione, se vi è data certa la locazione è opponibile solo per nove anni
2. trasferimento coattivo: la locazione è opponibile se di data
anteriore al pignoramento a condizione che il corrispettivo
non sia inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello di precedenti locazioni (art. 2923, c. 1 e 3, cod. civ.).
La giurisprudenza
Il diritto di prelazione che l’art. 38 riconosce al conduttore di immobili adibiti a uso commerciale presuppone la volontarietà e l’onerosità dell’alienazione (Cass. civ. 16 dicembre 1996, n. 11225).
In caso di vendita, il diritto di prelazione e di riscatto a favore
del conduttore nasce se l’immobile è adibito a rapporti comportanti contratti con la collettività indeterminata dei fruitori finali di un esercizio (Cass. civ. 12 giugno 1997, n. 5268).
CONTRATTO DI LOCAZIONE
LOCAZIONI COMMERCIALI
➊ La legge prevede un diritto di pre-
lazione ex lege per l’ipotesi di trasferimento a titolo oneroso dell’immobile locato a condizione che l’immobile sia:
– di proprietà del locatore e non di proprietà altrui. Nel caso di locazione di
immobile altrui, la prelazione non opera
se il proprietario vende l’immobile;
– adibito a un’attività che abbia diretto
contatto con il pubblico degli utenti o
dei consumatori, ovvero che nell’immobile non sia esercitata un’attività professionale oppure di natura transitoria.
La comunicazione della volontà di trasferire il bene a titolo oneroso non ha
natura di proposta contrattuale, ma riveste carattere di atto formale di interpello vincolato nella forma e nel contenuto. Di conseguenza, la corrispondente dichiarazione del conduttore di esercizio della prelazione non costituisce
accettazione di una precedente proposta e non comporta l’immediato acquisto dell’immobile. Al contrario, comporta l’obbligo, a carico di entrambe le
parti, di addivenire, entro un preciso
termine, alla stipula del negozio di alienazione con contestuale pagamento
del prezzo indicato dal locatore (Cass.
civ. 17 novembre 1998, n. 11551).
Nonostante sia previsto che nella comunicazione debbano essere indicati il
corrispettivo e le altre condizioni alle
quali la compravendita deve essere
conclusa, non è tuttavia stabilito che le
suddette indicazioni debbano sussistere a pena di nullità.
Parte della giurisprudenza, per contrastare comportamenti ritenuti elusivi,
applica la prelazione anche nel caso di
permuta, conferimento in società, datio in solutum, transazione ecc.
La prelazione deve essere esercitata
secondo le modalità indicate agli
artt. 38 e 39, legge n. 392/1978, in
particolare:
– il locatore deve darne comunicazione
al conduttore con atto notificato a
mezzo di ufficiale giudiziario (cd. denuntiatio). Nella comunicazione devono
essere indicati il corrispettivo, da
quantificare in ogni caso in denaro, le
altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l’invito a esercitare o meno il diritto di prelazione;
– il conduttore deve esercitare il diritto
di prelazione entro sessanta giorni dalla
ricezione della comunicazione, con atto
notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni
uguali a quelle comunicategli;
(segue)
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Morte del locatore o del conduttore. Nel caso di (segue)
morte del conduttore, succedono nel contratto solo
– se la prelazione è esercitata, il versacoloro che, per successione o per precedente rapporto
mento del prezzo di acquisto, salvo dirisultante da atto di data certa anteriore alla apertura
versa condizione indicata nella comunidella successione, hanno diritto a continuarne l’atticazione del locatore, deve essere effetvità. Se l’immobile è adibito all’uso di più professionituato entro trenta giorni decorrenti dal
sessantesimo giorno successivo a
sti, artigiani o commercianti e uno solo di essi è titolaquello dell’avvenuta notificazione della
re del contratto, in caso di morte gli succedono nel
comunicazione da parte del proprietacontratto, in concorso con gli aventi diritto, gli altri
rio, contestualmente alla stipulazione
professionisti, artigiani o commercianti (art. 37, c. 1 e
del contratto di compravendita o del
contratto preliminare;
3, legge n. 392/1978).
– se l’immobile è locato a più persone,
Nel caso di morte del locatore, subentrano nel contratla comunicazione deve essere effettuato gli eredi o i legatari.
ta a ciascuna di esse. In tal caso il diritto di prelazione può essere esercitaSeparazione o divorzio del conduttore. In caso di seto congiuntamente da tutti i conduttori,
parazione legale o consensuale, di scioglimento o di
ovvero, qualora taluno vi rinunci, dai ricessazione degli effetti civili del matrimonio, il conmanenti o dal rimanente conduttore.
L’avente titolo che, entro trenta giorni
tratto di locazione si trasferisce al coniuge, anche se
dalla notificazione della comunicazionon conduttore, che continui nell’immobile la stessa
ne, non comunichi agli altri aventi diritattività esercitata insieme all’altro coniuge prima della
to la sua intenzione di avvalersi della
separazione o del divorzio.
prelazione, si considera rinunziatario.
Fallimento (art. 80, legge fall., modificato ex art. 66,
D.Lgs. n. 5/2006). La legge fallimentare dispone la continuazione del contratto di locazione di immobili a carico del fallimento. In particolare, è previsto che:
• il fallimento del locatore non scioglie il contratto di locazione d’immobili e il curatore subentra nel contratto a condizione che la locazione sia opponibile, ovvero se il contratto di
locazione è di durata superiore a nove anni, sia stato trascritto prima del fallimento, se è di
durata inferiore a nove anni, sia di data certa anteriore al fallimento ovvero se, privo di data
certa, la detenzione sia anteriore al fallimento.
Il curatore che subentra nella locazione riscuote i canoni, può dare disdetta nei termini di
legge ed esercitare tutte le azioni spettanti al locatore e risponde delle migliorie e delle spese. Le migliorie e le spese condominiali sono liquidate in prededuzione (Trib. Milano 10 ottobre 1991).
Se il curatore decide di vendere l’immobile, in sede fallimentare non ha diritto di prelazione;
• in caso di fallimento del conduttore, il curatore può decidere alternativamente di:
– continuare nella locazione. In tal caso, i canoni maturati dopo il fallimento sono dovuti al
curatore in prededuzione secondo le modalità pattuite. Il curatore non può compensare
quanto dovuto dal locatore per i miglioramenti con i canoni dovuti (Cass. civ. 5 settembre
1977, n. 3881). I canoni maturati prima del fallimento sono crediti del locatore di natura
concorsuale e assistiti da privilegio ex art. 2764 cod. civ. Gli eventuali danni causati all’immobile dopo la dichiarazione di fallimento sono pagati in prededuzione. Il curatore non ha
diritto di prelazione nel caso di vendita dell’immobile e neppure ha diritto all’indennità per
la perdita dell’avviamento;
– recedere in qualunque tempo dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che, nel dissenso fra le parti, è determinato dal Giudice delegato, sentiti gli interessati. Il credito per l’indennizzo è posto fuori concorso e inserito tra
quelli prededucibili ex art. 111, c. 1, n. 1, legge fall. ed è privilegiato ex art. 2764 cod. civ.
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REGIME FISCALE
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Nell’ambito della tassazione del reddito derivante dalle locazioni di immobili è possibile
applicare sia il regime ordinario sia il nuovo regime cd. della cedolare secca.
11.1
Regime ordinario delle locazioni
11.1.1 Imposte sui redditi
Il reddito degli immobili locati è costituito dal maggiore
➊ Per i fabbricati siti in Venezia centro
tra il canone convenuto, anche non percepito (escluse
e nelle isole della Giudecca, di Murano
spese di condominio, acqua luce, gas ecc.), ridotto del
e di Burano la riduzione è del 25%.
15% e il reddito catastale (art. 37, c. 4-bis, T.U. n.
917/1986) ➊.
Se il fabbricato è dato in locazione solo per una parte dell’anno, ovvero se il contratto di locazione non decorre dal 1° gennaio, per determinare il reddito di fabbricato occorre confrontare la rendita catastale per l’intero anno con l’importo dei canoni relativi alla frazione
d’anno.
Se il contratto di locazione comprende l’abitazione e le relative pertinenze (box, cantine
ecc.) iscritte in catasto con autonoma rendita, è necessario ripartire il canone unitariamente determinato tra le diverse unità immobiliari proporzionalmente alle rendite catastali.
Il caso
– Rendita catastale euro 1.300, canone di locazione annuo euro 2.000 meno riduzione del 15% = 1.700.
Reddito imponibile da dichiarare euro 1.700.
– Rendita catastale euro 1.600, canone di locazione annuo euro 1.800 meno riduzione del 15% = 1.530.
Reddito imponibile da dichiarare euro 1.600.
– Canone complessivo per abitazione e pertinenze immobiliari 10.000 euro. Rendita abitazione 900 euro,
rendita garage 100 euro.
Quota abitazione = (10.000 × 900) : (900 + 100) = 9.000 euro.
Quota relativa al garage = 1.000 euro.
Nei Comuni ad alta densità abitativa, il reddito imponibile ulteriormente ridotto del 30%
alle seguenti condizioni (art. 8, c. 1, 2 e 3, legge n. 431/1998):
– stipula del contratto di locazione in forma scritta (art. 1, c. 4, legge n. 431/1998);
– stipula di contratti di tipo convenzionato (con le associazioni dei proprietari e conduttori)
e per immobili situati in Comuni ad alta tensione abitativa;
– indicazione nella dichiarazione dei redditi del locatore degli estremi della registrazione
del contratto di locazione e degli estremi della denunzia ICI;
– si tratti di contratti di locazione non di natura transitoria, eccezion fatta per quelli stipulati
con studenti universitari o dagli enti locali in qualità di conduttori.
Il caso
Canone di locazione annuo euro 5.000, reddito catastale euro 2.000
Reddito di fabbricati imponibile [5.000 – 15% (750) – 30% (1.500)] = 2.750 euro [reddito da dichiarare in
quanto superiore al reddito catastale].
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REGIME FISCALE
REGIME ORDINARIO DELLE LOCAZIONI
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Immobili locati a equo canone (art. 185, T.U. n. 917/1986). In deroga a quanto detto precedentemente, il reddito degli immobili locati in regime legale di determinazione del canone è costituito dal canone ridotto del 15% (25% per le abitazioni di Venezia centro e delle
isole della Giudecca, di Murano e di Burano).
Mancato pagamento del canone (morosità del conduttore) (art. 26, c. 1, T.U. n.
917/1986). Nel caso di morosità del conduttore, il canone non percepito non concorre a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità. Per le imposte già pagate su canoni non percepiti è riconosciuto
un credito d’imposta di pari ammontare.
Immobili sfitti. È aumentato di un terzo il reddito delle abitazioni destinate alla locazione e
rimaste sfitte (circ. min. 27 maggio 1994, n. 73/E).
Categorie di reddito. In ragione della natura del soggetto (impresa o privato) o dell’attività
dell’impresa (beni patrimoniali dell’impresa, beni strumentali o beni merce), i proventi derivanti dalla locazione di immobili possono rientrare in differenti categorie di reddito (fondiario, d’impresa o diversi).
a. Redditi diversi [art. 67, c. 1, lett. h), T.U. n. 917/1986]. Costituiscono redditi diversi i
redditi derivanti da sublocazione di immobili (la locazione produce reddito fondiario), salvo costituiscano redditi di capitale, ovvero siano conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, o
in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.
Le plusvalenze della successiva vendita (totale o parziale) concorrono a formare il reddito
complessivo come redditi diversi.
b. Reddito d’impresa (art. 90, c. 1, T.U. n. 917/1986). Di regola, gli immobili relativi all’impresa, cioè del patrimonio aziendale, concorrono a formarne il reddito e non sono tassati autonomamente come categoria di reddito fondiario. Di conseguenza, i proventi derivanti dalla loro locazione rientrano nell’ambito del reddito d’impresa, anche se differenti sono i criteri determinazione a seconda che siano beni merce (per esempio, società immobiliare avente a oggetto attività la locazione di immobili), strumentali o altri immobili di proprietà dell’impresa.
Il contratto di locazione è un contratto di durata da cui derivano corrispettivi periodici, cioè
il corrispettivo decorre proporzionalmente al passare del tempo senza essere influenzato da
altri fattori (giorno per giorno in ragione della durata del contratto - art. 823, c. 3, cod. civ.).
Se i proventi della locazione rientrano tra i componenti attivi del reddito d’impresa, vanno imputati all’esercizio secondo il criterio di competenza (e non di cassa), cioè concorrono a formare il reddito d’impresa dell’anno in cui è maturato il diritto al canone (indipendentemente dall’effettivo incasso) (art. 109, c. 1 e
2, T.U. n. 917/1986). Se sono pattuiti anticipi o posti➊ La locazione con clausola di tracipazioni del canone, l’esercizio di competenza non
sferimento della proprietà vincolante
muta e decorre sempre proporzionalmente alla matuper ambedue le parti è assimilata alla
razione del diritto. Cioè per le anticipazioni la parte
cessione vera e propria [art. 109,
di corrispettivo non ancora maturata va rinviata all’ecomma 2, lett. a), T.U. n. 917/1986].
Di conseguenza l’esercizio di compesercizio successivo e per le posticipazioni la parte già
tenza è individuato per gli immobili in
maturata va imputata all’esercizio in chiusura ➊.
base alla data di stipula del contratto.
A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 4 ottobre
2005, la disciplina fiscale degli immobili, di proprietà
dell’impresa (imprese individuali o societarie) ➋ che non
➋ Enti non commerciali (art. 144, c. 1,
T.U. n. 917/1986, modificato ex art.
siano strumentali, né oggetto dell’attività dell’impresa
7, c. 2, D.L. n. 203/2005, conv. in leg(beni merce), concessi in locazione risulta così regolage n. 248/2005. Il regime di deduziomentata (art. 90, c. 1, T.U. n. 917/1986, modificato ex art.
ne analitica delle spese si applica anche ai proventi derivanti dalla locazione
7, c. 1, D.L. n. 203/2005, conv. in legge n. 248/2005):
di immobili di proprietà di enti non com– eliminazione della detrazione forfetaria sul canone
merciali che non siano relativi all’attività
di locazione dell’immobile (prevista ex art. 37, c. 4d’impresa eventualmente esercitata.
bis, T.U. n. 917/1986 nella misura del 15% del canone
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di locazione) e sostituzione con una deduzione dal canone delle spese effettivamente sostenute nel periodo d’imposta e debitamente documentate, riferibili agli interventi di manutenzione ordinaria che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione di finiture degli edifici e alle spese necessarie a integrare o mantenere in efficienza impianti tecnologici esistenti, ex art. 3, c. 1, lett. a), D.P.R. n. 380/2001. Di conseguenza, in presenza di
spese di manutenzione inferiori al 15% dell’importo del canone, l’ammontare della deduzione sarà inferiore alla detrazione forfetaria del 15% prevista dal regime previgente;
– in tutti i casi, la deduzione è limitata al 15% dell’importo del canone di locazione. Determinato l’importo della deduzione, resta, comunque, obbligatorio il confronto con il reddito
medio ordinario dell’unità immobiliare risultante dal catasto al fine di assumere il maggiore
dei due importi.
Di norma, indipendentemente dal pagamento del canone, il locatore è tassato in ragione dell’ammontare dei canoni contrattualmente previsti (art. 26, T.U. n. 917/1986). Neppure la risoluzione consensuale anticipata del contratto di locazione e la circostanza che non sono
mai stati incassati i canoni relativi alle mensilità anteriori alla predetta risoluzione escludono, di per sé, la tassazione.
Per escludere da imposizione gli importi derivanti da canoni mai percepiti è necessaria l’inequivoca volontà delle parti di attribuire efficacia retroattiva alla risoluzione del contratto,
rimanendo, tuttavia, impregiudicata ogni valutazione circa l’opponibilità di tale retroattività
nei confronti dell’Amministrazione finanziaria (Cass. civ. 18 novembre 2005, n. 24444).
Tuttavia, per immobili locati a uso abitativo, se il conduttore è moroso, il canone non percepito non concorre a formare il reddito del locatore dal periodo d’imposta della conclusione del procedimento giurisdiziona<le di convalida di sfratto per morosità del conduttore.
In alternativa alla tassazione in base al canone, l’immobile è tassato in base alla rendita catastale (circ. min. 7 luglio 1999, n. 150/E).
Per le imposte già pagate su canoni non percepiti è riconosciuto un credito d’imposta di
pari ammontare (se i canoni sono successivamente riscossi, anche parzialmente, il reddito
va dichiarato tra i redditi a tassazione separata, salvo optare per la tassazione ordinaria)
(circ. min. 7 luglio 1999, n. 150/E).
In alternativa al credito d’imposta, il contribuente può chiedere il rimborso entro il termine
di prescrizione decennale.
Detrazioni per abitazione principale locata (art. 16, c. 1, T.U. n. 917/1986). Agli inquilini di immobili destinati ad abitazioni principali (cioè ove il soggetto titolare del contratto di
locazione o i suoi familiari dimorano abitualmente) concessi in locazione ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431 spetta una detrazione complessivamente pari a:
– euro 495,80 se il reddito complessivo non supera euro 15.493,71;
– euro 247,90 se il reddito complessivo supera euro 15.493,71, ma non euro 30.987,41.
La detrazione va rapportata al periodo dell’anno durante il quale l’abitazione è destinata ad
abitazione principale del conduttore o dei suoi familiari.
Le detrazioni non sono cumulabili con quelle indicate nell’art. 16, T.U. n. 917/1986 e il
contribuente può scegliere di fruire di quella più favorevole.
Se la detrazione supera l’imposta lorda diminuita delle detrazioni ex artt. 12 (carichi di famiglia) e 13 (altre detrazioni), T.U. n. 917/1986, spetta un ammontare pari alla quota di detrazione che non ha trovato capienza nell’Irpef.
Nuove detrazioni per abitazione principale locata (art.
16, T.U. n. 917/1986 modificato ex art. 1, c. 9 e 10, legge
➊ Salvo alcune norme inderogabili,
quali gli artt. 7 e 8, legge n. 392/1978,
n. 244/2007). A decorrere dal 2007, agli inquilini di ima decorrere dal 30 dicembre 1998 è
mobili destinati ad abitazioni principali (cioè ove il sogstato abrogato il regime dell’equo canogetto titolare del contratto di locazione o i suoi familiari
ne e dei patti in deroga e sostituito da
dimorano abitualmente) concessi in locazione ai sensi
una nuova disciplina delle locazioni d’immobili destinati ad abitazione dettata
della legge 9 dicembre 1998, n. 431 ➊ spetta una nuova
dalla legge n. 431/1998.
detrazione complessivamente pari a:
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– euro 300, se il reddito complessivo non supera euro 15.493,71;
– euro 150, se il reddito complessivo supera euro 15.493,71 ma non euro 30.987,41.
Ai giovani compresi tra i venti e i trent’anni, a condizione che l’abitazione principale locata
sia diversa da quella dei genitori o di coloro ai quali sono affidati per legge, spetta, per i primi
tre anni, una detrazione di euro 991,6 se il reddito complessivo non supera euro 15.493,71.
Le detrazioni non sono cumulabili e il contribuente può scegliere di fruire di quella più favorevole; le detrazioni sono rapportate al periodo dell’anno durante il quale l’unità immobiliare locata è adibita ad abitazione principale.
Se la detrazione supera l’imposta lorda diminuita delle detrazioni ex artt. 12 e 13, T.U. n.
917/1986, spetta un ammontare pari alla quota di detrazione che non ha trovato capienza
nell’Irpef.
Detrazione per studenti. A decorrere dall’anno d’imposta 2008, dall’imposta lorda Irpef
dovuta è possibile detrarre un importo pari al 19% dei canoni pagati per l’alloggio di studenti universitari alle seguenti condizioni:
– canoni pagati per contratti di ospitalità, atti di assegnazione in godimento o locazione, stipulati con enti per il diritto allo studio, collegi universitari legalmente riconosciuti, enti senza fine di lucro e cooperative;
– l’alloggio deve trovarsi nello stesso Comune (o in Comuni limitrofi) ove ha sede l’Università ubicata che deve essere in un Comune diverso da quello di residenza e distante almeno 100 chilometri e, comunque, in una Provincia diversa [art. 15, lett. i-sexies), T.U. n.
917/1986 modificato ex art. 1, c. 208, legge n. 244/2007].
Lavoratori dipendenti. Ai lavoratori dipendenti che hanno trasferito o trasferiscono la propria residenza nel Comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi nei tre anni antecedenti
quello di richiesta della detrazione, e siano titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale degli stessi e situate nel nuovo Comune di residenza, a
non meno di 100 chilometri di distanza dal precedente e comunque al di fuori della propria
Regione, spetta una detrazione, per i primi tre anni, complessivamente pari a:
– euro 991,60 se il reddito complessivo non supera euro 15.493,71;
– euro 495,80 se il reddito complessivo supera euro 15.493,71, ma non euro 30.987,41.
Le detrazioni non sono cumulabili con le altre previste ex art. 16, T.U. n. 917/1986 per i canoni di locazione e il contribuente può scegliere di fruire di quella più favorevole; inoltre, le
detrazioni sono rapportate al periodo dell’anno durante il quale l’unità immobiliare locata è
adibita ad abitazione principale.
Se la detrazione supera l’imposta lorda diminuita delle detrazioni ex artt. 12 e 13, T.U. n.
917/1986, spetta un ammontare pari alla quota di detrazione che non ha trovato capienza
nella predetta imposta (art. 16, c. 1-bis, T.U. n. 917/1986 modificato ex art. 1, c. 9, legge n.
244/2007).
11.1.2 Imposta sul valore aggiunto (art. 3, c. 2, n. 1, D.P.R. n. 633/1972)
Se effettuata da soggetti IVA, la locazione (e l’affitto) è considerata prestazione di servizio
tassabile.
Tuttavia, in ragione del tipo di bene locato (o affittato), il regime fiscale è differente.
a. Le locazioni di fabbricati a uso abitativo (art. 10, c. 1, n. 8, D.P.R. n. 633/1972, modificato ex art. 1, c. 330, legge n. 296/2006) sono, alternativamente, soggette a IVA o a imposta
proporzionale di registro a seconda del verificarsi delle fattispecie di seguito elencate.
• Indipendentemente dalla natura del conduttore (privato o soggetto IVA), se il locatore è
un soggetto IVA qualsiasi (compresa l’impresa che lo ha costruito), la locazione è esente da
IVA e soggetta a imposta proporzionale di registro del 2%.
• Sono soggette a IVA con aliquota del 10% (art. 127-duodecies, tab. A, parte III, D.P.R. n.
633/1972) le locazioni effettuate alle seguenti condizioni:
– in attuazione di piani di edilizia abitativa convenzionata;
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– entro quattro anni dall’ultimazione dei lavori da parte delle stesse imprese che li hanno
costruiti o ristrutturati. Sono considerate imprese costruttrici, oltre le imprese che realizzano direttamente i fabbricati, con organizzazione e mezzi propri, anche quelle che si avvalgono di imprese terze per l’esecuzione dei lavori mediante contratto di appalto; costituiscono lavori di ristrutturazione gli interventi di recupero edilizio sui fabbricati ex art. 31, lett.
c), d), e), legge n. 457/1978 (interventi di recupero e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia, di ristrutturazione urbanistica);
il contratto di locazione abbia durata minima di quattro anni.
b. Le locazioni di fabbricati strumentali per natura (art. 10, c. 1, n. 8, D.P.R. n. 633/1972),
cioè che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali
trasformazioni, sono soggette al seguente regime IVA e dell’imposta di registro.
Sono soggette a IVA con aliquota del 20% le locazioni di fabbricati strumentali per natura
effettuate da qualsiasi soggetto IVA se si verificano le seguenti condizioni:
– nei confronti di soggetti IVA che hanno diritto di detrarre l’IVA pagata sugli acquisti in misura non superiore al 25%. La percentuale di detrazione si determina provvisoriamente in base al
pro-rata dell’anno precedente. Se non è possibile fare riferimento alla percentuale di detraibilità spettante nel periodo d’imposta precedente, si deve fare riferimento a una percentuale di
detrazione presuntiva. Nell’atto di locazione va riportata menzione della dichiarazione dell’acquirente che comunica al locatore se la propria percentuale di detraibilità superi o meno il 25%;
– locazioni effettuate nei confronti di soggetti senza partita IVA (che non agiscono nell’esercizio d’impresa, arti o professioni), cioè consumatori finali che non possono detrarre
l’imposta loro addebitata in via di rivalsa;
– quando il locatore ha espressamente manifestato l’opzione per l’imponibilità in sede di
stipula del contratto di locazione. Salvo i casi indicati ai punti precedenti per i quali è obbligatorio l’assoggettamento a IVA, nei casi di esenzione dal tributo è possibile optare per
l’applicazione dell’IVA dichiarandolo nell’atto di locazione. In tal caso, gli operatori continueranno a beneficiare della detrazione.
Le locazioni sono comunque anche soggette a imposta di registro proporzionale dell’1%.
Momento impositivo IVA (artt. 3, c. 2, n. 1, e 3, e 6, c. 3, D.P.R. n. 633/1972). Le locazioni
di immobili costituiscono prestazioni di servizi. Il momento impositivo è costituito di norma dal pagamento del canone e non dalla maturazione del diritto (come per le imposte dirette), salvo essere:
– anticipato al momento della fatturazione nel caso di emissione anticipata della fattura;
– per la locazione di un bene dell’impresa, destinato a finalità extra-aziendali (uso personale,
familiare ecc., cd. autoconsumo). Trattandosi di prestazione a carattere periodico e continuativo, il momento
➊ A differenza del codice civile, il legislaimpositivo si considera effettuato nel mese successivo a
tore fiscale ha fissato requisiti soggettivi
e oggettivi che devono coesistere per inquello in cui è resa.
dividuare le società di comodo, ovvero
Esclusione diritto di detrazione IVA [art. 19-bis, c.
non operative (art. 30, c. 4, legge n.
1, lett. i), D.P.R. n. 633/1972, modificato ex art. 35, c.
724/1994, sostituito dall’art. 1, c. 109,
legge n. 296/2006). In presenza di tali
8, D.L. n. 223/2006, conv. in legge n. 248/2006]. È inrequisiti, le società si presumono di codetraibile da parte del conduttore l’IVA pagata per la
modo, salvo la possibilità di chiedere la
locazione di fabbricati o porzioni di fabbricati a destidisapplicazione del regime antielusivo ex
nazione abitativa (appartamenti classificati nel gruppo
art. 37-bis, c. 8, D.P.R. n. 600/1973.
Per le società (ed enti) non operative:
A, escluso A 10), eccezion fatta per le imprese aventi
– l’eccedenza di credito risultante dalla
come oggetto esclusivo o principale dell’attività la lodichiarazione IVA non è ammessa al
ro costruzione o rivendita.
rimborso, né può costituire oggetto di
La disposizione non si applica per i soggetti che esercompensazione o di cessione a terzi;
– l’eccedenza di credito IVA non è ultecitano attività che danno luogo a operazioni esenti ex
riormente riportabile a scomputo dell’IVA
art. 10, n. 8, D.P.R. n. 633/1972 che comportano la ria debito relativa ai periodi di imposta
duzione della percentuale di detrazione ex artt. 19, c. 5
e 19-bis, D.P.R. n. 633/1972 ➊.
(segue)
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11.1.3 Imposta di registro
Contratti di durata pluriennale di immobili (art. 17,
c. 3, T.U. n. 131/1986). A seconda del tipo di immobile oggetto del contratto, occorre distinguere in:
a. immobili non urbani. Va corrisposta in un’unica
soluzione l’imposta del 2% del canone di locazione
annuo moltiplicato per il numero di annualità;
Il caso
Contratto triennale, canone annuo di 5.000 euro, imposta pari
al 2% di 5.000 euro (100 euro) x 3 annualità = 300 euro.
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(segue)
successivi qualora, per tre periodi di imposta consecutivi, la società (o l’ente)
non operativa effettui operazioni rilevanti
ai fini IVA inferiori all’importo dei ricavi minimi come determinati dalla applicazione
delle percentuali di cui al comma 1.
Come per le imposte dirette, la società
ha facoltà di provare che oggettive situazioni straordinarie non hanno consentito di effettuare operazioni rilevanti
ai fini IVA e chiedere la disapplicazione
delle disposizioni antielusive mediante
interpello presentato alla competente
Direzione Regionale delle Entrate ex
art. 37-bis, c. 8, D.P.R. n. 600/1973.
b. immobili urbani. L’imposta può essere corrisposta
alternativamente, a scelta del contribuente:
– sul canone di ciascun anno. Per il primo anno (o frazione di esso) l’imposta è versata in sede
di registrazione del contratto o della denuncia del contratto verbale. Per gli anni successivi
(compresi quelli derivanti da proroghe comunque disposte), il contribuente deve liquidare e
versare l’imposta entro trenta giorni dalla scadenza di ciascuna annualità;
– sul corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto di locazione (e sublocazione). In
tal caso, l’imposta è ridotta di una percentuale pari alla metà del tasso di interesse legale
moltiplicato per il numero delle annualità (Nota I, sub art. 5, tariffa, parte I, T.U. n.
131/1986). Lo sconto si applica anche se il pagamento in un’unica soluzione è eseguito in
relazione alle annualità mancanti al termine del contratto (per il quale in passato l’imposta è
stata versata per alcune annualità). In caso di risoluzione anticipata del contratto, il contribuente ha diritto al rimborso del tributo relativo alle annualità successive a quella in corso.
Cessioni, risoluzioni e proroghe della locazione di immobili (art. 17, c. 1 e 2, T.U. n.
131/1986). Per le cessioni, risoluzioni e proroghe, anche tacite, dei contratti di locazione di
immobili esistenti nel territorio dello Stato (regolarmente registrati) l’imposta di registro è
dovuta nella stessa misura prevista per la registrazione del contratto originario e considerando come base imponibile il corrispettivo pattuito o il valore delle prestazioni ancora da
eseguire a seconda dei casi.
L’imposta è autoliquidata dalle parti contraenti e assolta entro trenta giorni dalla data in
cui hanno effetto la cessione, la risoluzione o la proroga mediante versamento a favore del
concessionario in banca o alla posta, ovvero direttamente presso il concessionario della riscossione. Il relativo attestato di versamento va presentato all’ufficio del registro.
Registrazione contratti di locazione (art. 35, c. 10-quinquies, D.L. n. 223/2006. conv. in
legge n. 248/2006). La nuova disciplina dispone che tutti i contratti di locazione di fabbricati, sia strumentali, sia abitativi, devono essere registrati e assoggettati a imposta proporzionale di registro, compresi i contratti soggetti a IVA e in corso alla data del 4 luglio 2006
che, in base alla precedente disciplina, erano esclusi (per esempio locazioni di immobili
abitativi poste in essere dalle imprese che li avevano costruiti per la rivendita, locazioni di
immobili strumentali, leasing di immobili sia abitativi, sia strumentali).
Provvedimento 14 settembre 2006 dell’Agenzia delle Entrate (G.U. n. 220 del 21 settembre
2006) – Contratti di locazione in corso al 4 luglio 2006 e assoggettati a IVA
Tutti i contratti di locazione (anche finanziaria) di immobili assoggettati a IVA (siano essi esenti che imponibili) devono essere registrati e pagare l’imposta proporzionale di registro dell’1% (per gli immobili strumentali) e 2 (per gli immobili abitativi).
Per l’esecuzione dei nuovi obblighi, i contratti in corso al 4 luglio 2006 devono essere registrati in via telematica, tra il 1° e il 30 novembre 2006, secondo le regole fissate dal Provvedimento 14 settembre 2006
indicando solo i dati del contratto, senza l’allegazione del testo.
(segue)
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L’adempimento va eseguito anche se in precedenza i contratti erano stati registrati e avevano assolto
l’imposta fissa di registro.
I privati possono registrare il contratto presso l’ufficio delle entrate (ma in tal caso non è possibile manifestare l’opzione per l’imponibilità da parte del locatore).
Entro lo stesso termine le parti dovranno versare l’imposta di registro dell’1% per tutti gli anni residui alla
scadenza del contratto.
Con la registrazione telematica può essere manifestata l’opzione per l’imponibilità da parte del locatore.
Il locatore e il conduttore sono obbligati in solido alla registrazione e al pagamento dell’imposta.
Deve essere il locatore a doversi attivare per la registrazione telematica se intende esercitare l’opzione
per continuare ad assoggettare a IVA le locazioni di immobili strumentali per natura ed evitare così la parziale indetraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti.
L’opzione si esercita barrando il codice 10 “Locazione di immobili strumentali con esercizio dell’opzione
per l’assoggettamento a IVA” nella TABELLA A contenuta nel paragrafo “oggetto della locazione”.
L’imposta di registro dell’1% per gli immobili strumentali è dovuta sul corrispettivo determinato per l’intera
durata residua del contratto a decorrere dal 4 luglio 2006.
Può essere assolta in unica soluzione per tutti gli anni residui, ovvero annualmente (entro trenta giorni dalla scadenza dell’annualità) sull’ammontare relativo a ciascuna annualità.
Se il pagamento viene effettuato in un’unica soluzione per l’intera durata residua del contratto, l’imposta dovuta
si riduce dell’1,50% pari alla metà del tasso di interesse legale che va moltiplicato per il numero delle annualità.
Tale riduzione è applicabile solo per quei contratti che abbiano durata complessiva superiore a due anni e
durata residua superiore a dodici mesi.
IVA per locazioni e leasing di immobili
Tipi
di locazione
Locazione
di abitazioni
Locazione
di abitazioni
in edilizia
convenzionata
Locazione
di immobili
strumentali
Locatore
Conduttore
Regime IVA
Chiunque agisca
nell’esercizio di
imprese, arti o
professioni
Imprese di
costruzione
o di ripristino
Chiunque
(soggetti passivi
e privati)
Esente
Chiunque
(soggetti passivi
e privati)
10%
Ammessa
2%
Chiunque agisca
nell’esercizio di
imprese, arti o
professioni
1) soggetti
con detraibilità
minore o uguale
al 25%
2) operatori non
soggetti passivi
o privati
3) soggetti diversi dai precedenti numeri 1),
2) se il locatore
ha manifestato
l’opzione per
l’imponibilità della locazione
Soggetti diversi
da quelli di cui ai
precedenti numeri 1), 2) ed in
mancanza di opzione di cui al
numero 3)
Imponibili 20%
Ammessa
1%
Non ammessa o
ammessa con
pro-rata
1%
Esente
Detrazione IVA
per il locatore
Non ammessa o
ammessa con
pro-rata
Registro
2%
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11.1.4 Agevolazioni (art. 8, legge n. 431/1998)
Le agevolazioni fiscali si applicano esclusivamente ai contratti di tipo concordato (tra associazioni dei proprietari e inquilini) di locazione di immobili a uso abitativo (compresi
quelli dell’impresa, eccetto gli strumentali per l’esercizio dell’impresa e gli immobili merce, cioè oggetto dell’attività) alle seguenti condizioni:
– stipula o rinnovo del contratto in forma scritta;
– contratti di regola non transitori, a eccezione di taluni contratti diretti a soddisfare esigenze transitorie, quali per esempio quelli stipulati dagli Enti locali in qualità di conduttori
e da studenti universitari (artt. 1, c. 3, e 5, c. 2, legge n. 431/1998);
– gli immobili devono essere classificati o classificabili nel gruppo A delle categorie catastali;
– gli immobili devono essere ubicati nei Comuni delineati dall’art. 1, D.L. n. 551/1998,
conv. in legge n. 61/1989. In particolare: Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano,
Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia, nonché nei Comuni confinanti, negli altri Comuni capoluoghi di Provincia; nei Comuni ad alta tensione abitativa; nei Comuni di cui alla
delibera CIPE 8 aprile 1987, n. 152 non compresi nei punti precedenti; nei Comuni della
Campania e della Basilicata colpiti dal terremoto dei primi anni Ottanta.
Reddito imponibile (artt. 37, c. 4-bis, T.U. n. 917/1986 e 8, c. 1, ult. per., legge n.
431/1998). Il reddito dell’immobile locato è costituito dal maggiore tra il canone percepito
(escluse spese di condominio, acqua, luce, gas ecc.) ridotto del 15% e il reddito catastale.
Sul maggior importo si applica l’ulteriore riduzione del 30% a condizione che nella dichiarazione dei redditi siano indicati:
– gli estremi di registrazione del contratto di locazione;
– l’anno di presentazione della denuncia ICI;
– il Comune ove è ubicato l’immobile.
Nel caso di morosità del conduttore, il reddito è determinato in base alla rendita catastale.
Il caso
Rendita catastale 1.500 euro; canone di locazione annuo 15.000 euro meno riduzione del 15% = 12.750
euro. Reddito imponibile da dichiarare 12.750 euro meno 30% = 8.925 euro.
Rendita catastale 3.500 euro; canone di locazione annuo 3.700 euro meno riduzione del 15% = 3.145
euro. Reddito imponibile da dichiarare 3.500 euro meno 30% = 2.450 euro.
Deduzione a favore del proprietario per abitazione principale (art. 10, c. 3-bis, T.U. n.
917/1986). Al proprietario (o titolare di altro diritto reale di godimento) spetta una deduzione dal reddito complessivo, per l’abitazione principale e le sue pertinenze immobiliari, sino
all’ammontare della rendita catastale da rapportare a:
- quota di possesso dell’immobile nell’anno in caso di contitolarità;
- periodo dell’anno durante il quale l’immobile è stato destinato ad abitazione principale.
Se l’abitazione è utilizzata in modo promiscuo per l’esercizio dell’attività d’impresa o dell’arte e professione, la deduzione va ridotta del 50%.
Per abitazione principale si intende quella ove il proprietario o titolare di altro diritto reale
di godimento e i suoi familiari dimorano abitualmente. Non si tiene conto della variazione
della dimora abituale se dipendente da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari,
a condizione che l’unità immobiliare non risulti locata.
Sono pertinenze le cose immobili di cui all’art. 817 cod. civ., classificate o classificabili in
categorie diverse da quelle a uso abitativo, destinate ed effettivamente utilizzate in modo
durevole a servizio delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale delle persone fisiche.
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REGIME DELLA CEDOLARE SECCA SULLE LOCAZIONI A USO ABITATIVO
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Imposta di registro e imposta di bollo. La base imponibile è costituita dal 70% del canone
annuo, salvo aggiornamento periodico ex art. 8, c. 4, legge n. 431/1998.
Sia le istanze di fissazione dell’esecuzione di provvedimenti di rilascio di immobili adibiti a
uso abitativo per finita locazione che i procedimenti di opposizione al Tribunale avverso il
relativo decreto sono esenti da imposta di registro e da imposta di bollo (art. 19, c. 1, legge
n. 133/1999).
ICI (art. 2, c. 4, legge n. 431/1998). Per favorire la stipula di contratti concordati di locazione, i Comuni possono deliberare aliquote ICI ridotte per i proprietari che locano gli immobili come abitazione principale e secondo le condizioni definite dagli accordi locali.
11.2
Regime della cedolare secca sulle locazioni a uso abitativo
(art. 3, D.Lgs. n. 23/2011; provv. 7 aprile 2011; circ. n. 26/E/2011)
In alternativa al regime di tassazione ordinario è possibile applicare il nuovo criterio di tassazione della cedolare secca.
In particolare il regime della cedolare secca è facoltativo ed applicabile, a seguito di opzione, ai canoni di locazione dei contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative
pertinenze locate congiuntamente. Tuttavia, tale regime è applicabile anche alle locazioni
separate e successive, in costanza di un vincolo pertinenziale, a condizione che il rapporto
di locazione intercorra tra le stesse parti, che nel contratto di locazione della pertinenza si
faccia riferimento al contratto di locazione ad uso abitativo e che sia evidenziata la sussistenza del vincolo pertinenziale con l’unità abitativa già locata.
Negli altri casi le locazioni separate non consentono di optare per il regime della cedolare
secca e saranno soggette al regime di tassazione ordinario.
La cedolare secca può essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione (contratti di durata non superiore a trenta giorni, considerati
complessivamente per l’intero anno).
Sono escluse le locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di
una attività d’impresa, o di arti e professioni.
Al contrario, la cedolare secca è applicabile ai contratti di locazione di immobili stipulati
con enti pubblici o privati non commerciali, a condizione che risulti dal contratto la destinazione degli immobili ad uso abitativo, in conformità con le finalità di tali enti.
11.2.1 Soggetti beneficiari
Possono optare per il regime di tassazione sostitutivo esclusivamente i locatori persone fisiche titolari di un diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione, superficie) di unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo.
Sono, pertanto, esclusi gli immobili ad uso abitativo locati da soggetti diversi dalle persone
fisiche, quali associazioni, fondazioni, società ecc.
L’opzione per la tassazione con cedolare secca può essere esercitata esclusivamente dal locatore, secondo modalità indicate dal provvedimento del 7 aprile 2011 del Direttore dell’Agenzia delle entrate [v 11.2.3] e, a pena di efficacia, deve essere comunicata preventivamente con lettera raccomandata al conduttore con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà
di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo [v 11.2.6].
11.2.2 Disciplina transitoria per l’anno 2011
Locazioni alle quali può applicarsi la cedolare secca. Il regime della cedolare secca può
essere applicato, per il periodo d’imposta 2011, ai contratti in corso nell’anno 2011, anche
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con scadenza anteriore al 7 aprile 2011, ovvero oggetto di risoluzione volontaria prima del
7 aprile 2011.
Contratti scaduti ovvero già registrati alla data del 7 aprile 2011. Per i contratti in corso
nel 2011, scaduti ovvero oggetto di risoluzione volontaria alla data del 7 aprile 2011, nonché per i contratti in corso alla stessa data del 7 aprile 2011, per i quali è già stata eseguita
la registrazione e per i contratti prorogati per i quali è già stato effettuato il relativo pagamento, il locatore può applicare la cedolare secca in sede di dichiarazione dei redditi da presentare nell’anno 2012 per i redditi 2011. Non si fa luogo al rimborso delle imposte di registro e di bollo versate e il locatore è tenuto per il periodo d’imposta 2011 al versamento dell’acconto della cedolare secca, ove dovuto, ai sensi del punto 7.1 del provvedimento 7 aprile 2011 del Direttore dell’Agenzia delle entrate. L’applicazione della cedolare secca in sede
di dichiarazione dei redditi da presentare nell’anno 2012 ha effetto anche per l’annualità
contrattuale decorrente dall’anno 2011.
Contratti registrati a partire dalla data del 7 aprile 2011. Per i contratti registrati a partire dalla data del 7 aprile 2011 l’opzione si esprime in sede di registrazione del contratto. Per
i contratti prorogati per i quali il termine per il relativo pagamento non è ancora decorso,
l’opzione si esprime con il modello indicato al punto 8.2 del provvedimento 7 aprile 2011
del Direttore dell’Agenzia delle entrate.
Registrazione del contratto. Per i contratti per i quali il termine di registrazione scade
tra il 7 aprile 2011 e il 6 giugno 2011 la registrazione, anche ai fini dell’opzione, può essere effettuata entro tale ultimo termine. Entro il medesimo temine può essere effettuata
l’opzione per i contratti il cui termine di pagamento per la proroga scade nel medesimo
periodo.
Risoluzione del contratto. In caso di risoluzione del contratto di locazione in corso alla
data del 7 aprile 2011 ovvero di risoluzione per la quale, alla predetta data, non è scaduto
il termine per il pagamento dell’imposta di registro dovuta per la risoluzione stessa, l’opzione per l’applicazione della cedolare secca si può esprimere anche entro il termine di
versamento dell’imposta di registro relativa alla risoluzione, mediante il modello di cui al
punto 8.2 del provvedimento 7 aprile 2011 del Direttore dell’Agenzia delle entrate e ha
effetto per l’applicazione della cedolare secca per il periodo d’imposta 2011. L’opzione
espressa in sede di risoluzione del contratto consente la non applicazione dell’imposta di
registro e dell’imposta di bollo, ove dovuta, sulla risoluzione stessa e vincola il locatore
al versamento d’acconto, ove dovuto, della cedolare secca relativa al periodo d’imposta
2011.
11.2.3 Modalità di esercizio dell’opzione
Le persone fisiche che vogliono scegliere il regime della cedolare secca possono esercitare
l’opzione in sede di registrazione del contratto, mediante il modello di cui al punto 8.1 del
provvedimento 7 aprile 2011 del Direttore dell’Agenzia delle entrate, ove sussistano le condizioni per il suo utilizzo, ovvero mediante il modello di cui al punto 8.2 del dello stesso
provvedimento.
Opzione in caso di proroga del contratto. In caso di proroga, anche tacita, del contratto di
locazione, l’opzione per il regime della cedolare secca deve essere esercitata entro il termine per il versamento dell’imposta di registro mediante il modello di cui al punto 8.2 del
provvedimento 7 aprile 2011 del Direttore dell’Agenzia delle entrate.
Opzione nel caso di contratti per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione. Per i
contratti per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione in termine fisso (per esempio
contratti di locazione di durata complessiva annua inferiore a 30 giorni), il locatore può ap-
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plicare la cedolare secca in sede di dichiarazione dei redditi per il periodo d’imposta nel
quale è prodotto il reddito ovvero esercitare l’opzione in sede di registrazione in caso d’uso
o di registrazione volontaria del contratto.
Mancato esercizio dell’opzione nella prima annualità di durata del contratto. Il mancato esercizio dell’opzione nella prima annualità del contratto non esclude la possibilità di
esercitare l’opzione per le annualità successive nel termine per il versamento dell’imposta
di registro, mediante il modello di cui al punto 8.2 del provvedimento 7 aprile 2011 del Direttore dell’Agenzia delle entrate.
Durata e revoca dell’opzione. L’opzione per il regime della cedolare secca è vincolante
per l’intero periodo di durata del contratto o della proroga ovvero per il residuo periodo di
durata del contratto se l’opzione è esercitata nelle annualità successive alla prima.
Il locatore ha facoltà di revocare l’opzione in ogni annualità successiva a quella in cui questa è stata esercitata, con le modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia
delle entrate.
La revoca va fatta entro il termine del pagamento dell’imposta di registro per l’annualità di
riferimento e comporta il versamento dell’imposta di registro dovuta. Resta salva la facoltà
di esercitare l’opzione nelle annualità successive.
Pluralità di locatori. Qualora vi sia una pluralità di soggetti, proprietari o titolari di un diritto reale di godimento, sullo stesso immobile concesso in locazione (e delle relative pertinenze locate congiuntamente all’abitazione) l’opzione deve essere esercitata distintamente
da ciascun locatore, compilando l’apposito modello.
L’opzione è efficace solo per i locatori che l’hanno esercitata. Vale a dire che i locatori
che non hanno esercitato l’opzione per la cedolare secca devono pagare l’imposta di registro calcolata sulla parte del canone di locazione loro spettante in base alle quote di possesso.
L’imposta di registro va versata per l’intero importo stabilito nei casi in cui la norma fissa
l’ammontare minimo dell’imposta dovuta.
Deve essere comunque assolta l’imposta di bollo sul contratto di locazione.
Il caso
Contratto di locazione di durata annuale avente ad oggetto un immobile abitativo e una pertinenza con un
corrispettivo annuo di 14.000 euro.
I locatori possiedono le seguenti quote di proprietà dell’immobile e della relativa pertinenza:
– A possiede il 30%,
– B possiede il 40%,
– C possiede il 30%.
A opta per il regime della cedolare secca.
L’imposta di registro dovuta per il contratto di locazione va calcolata sulla parte di canone imputabile a B
e C, in base alle loro quote di proprietà: (14.000 x 70%) = 9.800 euro.
L’imposta di registro si determina applicando a tale importo l’aliquota del 2% ed è pari ad 196 euro.
Pertanto, l’imposta è dovuta solidalmente da B e C oltre che dal conduttore.
11.2.4 Base imponibile e misura dell’imposta
La base imponibile sulla quale calcolare l’imposta sostitutiva (o cedolare secca) è data dall’ammontare del canone di locazione annuo stabilito dalle parti (comunque non inferiore alla rendita catastale). Il reddito imponibile non può essere, comunque, inferiore al reddito
determinato ex art. 37, c. 1, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
L’aliquota della cedolare secca è:
• pari al 21% per i contratti di locazione liberi;
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• pari al 19% per i contratti di locazione a canone concordato ovvero nei Comuni ad alta
tensione abitativa individuati dal CIPE.
Pluralità di immobili solo in parte soggetti alla cedolare secca. Qualora il contratto di locazione abbia ad oggetto più immobili tutti destinati ad abitazione occorre distinguere:
1. se il locatore esercita solo per alcuni l’opzione per l’applicazione della cedolare secca,
mentre per altri preferisca il regime di tassazione ordinario, l’imposta di registro va calcolata solo sui canoni riferiti a questi ultimi immobili;
2. se il canone è pattuito unitariamente l’imposta di registro va calcolata sulla parte di canone imputabile a ciascun immobile in proporzione alla rendita.
In ogni caso va corrisposta l’imposta di bollo sul contratto di locazione.
11.2.5 Tributi sostituiti dalla cedolare secca
L’applicazione della cedolare secca comporta una forte semplificazione nella tassazione degli immobili destinati ad abitazione ed un vantaggio per i conduttori derivante dal venir meno dall’applicazione dell’imposta di registro.
La cedolare secca sostituisce:
• l’Irpef e le addizionali relative al reddito degli immobili locati
• l’imposta di registro dovuta per le annualità contrattuali o per il minor periodo di durata
del contratto per i quali si applica l’opzione;
• l’imposta di bollo dovuta sul contratto di locazione
Inoltre, la cedolare secca sostituisce l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ove dovuta,
sulle risoluzioni e proroghe del contratto di locazione qualora:
• alla data della risoluzione anticipata sia in corso l’annualità per la quale è esercitata l’opzione per la cedolare secca;
• venga esercitata l’opzione per la cedolare secca per il periodo di durata della proroga.
11.2.6 Effetti dell’esercizio dell’opzione
Se il locatore esercita l’opzione per la tassazione con la cedolare secca:
• l’imposta operata nella forma della cedolare secca sostituisce l’Irpef e le relative addizionali, le imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione, le imposte di registro e di
bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione;
• è sospesa, per il periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere
l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di
operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente. L’opzione è efficace a condizione che
il locatore comunichi preventivamente, con lettera raccomandata, al conduttore di rinunziare a chiedere l’aggiornamento del canone. Tale disposizione non può essere derogata dalle
parti;
• per le deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria,
spettanti al contribuente si tiene conto anche del reddito assoggettato alla cedolare secca.
Tale reddito rileva anche ai fini dell’indicatore della situazione economica equivalente
(ISEE), per esempio per la determinazione delle tasse universitarie.
L’applicazione della cedolare secca comporta una forte semplificazione nella tassazione degli immobili destinati ad abitazione ed un vantaggio per i conduttori derivante dal venir meno dell’applicazione dell’imposta di registro e l’impossibilità di chiedere l’aggiornamento
del canone.
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11.2.7 Versamenti dell’imposta
La cedolare secca va versata entro il termine stabilito per il versamento dell’Irpef. È inoltre
previsto il versamento di acconti: primo acconto per l’anno 2011 del 85% e del 95% a decorrere dall’anno 2012.
Come per gli acconti Irpef, l’acconto della cedolare secca:
– non è dovuto se l’imposta sostitutiva su cui calcolare l’acconto risulta pari o inferiore a
51,65 euro;
– è dovuto in un’unica soluzione, entro il 30 novembre, se di importo inferiore a 257,52 euro;
– è dovuto in due rate se l’acconto risulta di importo pari o superiore a 257,52 euro. L’acconto va versato nella misura del 40% entro il 16 giugno o il 16 luglio (con una maggiorazione dello 0,40%) e nella misura del 60% entro il 30 novembre.
La prima rata dell’acconto può essere versata ratealmente applicando gli interessi del 4%
annuo dovuti per la rateizzazione.
I contribuenti che per i contratti in corso decidono di usufruire del regime della cedolare
secca devono calcolare l’acconto su base previsionale, vale a dire in funzione dell’imposta
complessivamente dovuta per l’anno 2011.
Qualora nell’anno 2011 siano stati stipulati più contratti di locazione, in relazione allo
stesso immobile o a immobili diversi, l’acconto dell’85% è dovuto secondo le regole descritte, pertanto, occorrerà sommare l’importo della cedolare secca dovuta in relazione alla
decorrenza propria di ciascun contratto (circ. Agenzia delle entrate 1° giugno 2011, n.
26/E).
Non si fa luogo al rimborso delle imposte di bollo e di registro eventualmente già pagate.
Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità di
versamento in acconto e a saldo.
Il caso
Nell’anno 2011 sono stati stipulati più contratti di locazione di breve durata:
– immobile A (contratto 1° aprile – 30 aprile) e immobile B (contratto 1° aprile – 31 ottobre): acconto
85% in due rate (se l’importo complessivo dell’acconto è pari o superiore a 257 euro): 40% entro il 6 luglio, 60% entro il 30 novembre;
– immobile A (contratto 10 agosto – 9 settembre): acconto 85% entro il 30 novembre;
– immobile B (contratto 20 dicembre 2011 – 6 gennaio 2012): nessun acconto.
11.2.8 Valutazione di convenienza
La nuova cedolare secca è vantaggiosa per i locatori ad alto reddito che potranno applicare
l’aliquota del 21% sui redditi derivanti dalle locazioni invece di una maggiore aliquota progressiva Irpef. È, altresì, vantaggiosa per i conduttori che potranno risparmiare la quota
dell’1% dell’imposta di registro a loro carico da pagare annualmente per il rinnovo del contratto di locazione.
Nello specifico la cedolare secca costituisce un vero e proprio regime fiscale di favore per i
contribuenti che, sommando altri redditi a quelli derivanti dalle locazioni immobiliari, sono
soggetti ad aliquote progressive Irpef elevate.
Tuttavia per una corretta valutazione di convenienza sul regime fiscale da preferire occorre
considerare che:
• la base imponibile della cedolare secca, a differenza dell’Irpef ordinaria, è costituita dall’intero canone annuo di locazione senza alcun abbattimento forfetario;
• il regime della cedolare secca può impedire al contribuente la possibilità di scomputare
oneri deducibili o detrazioni d’imposta spettanti nell’ipotesi in cui lo stesso non possegga
altri redditi diversi dalla locazione.
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Il caso
Locazione di un appartamento a canone concordato
Lavoratore dipendente con:
– 25.000 euro di reddito da lavoro dipendente;
– canoni di locazione percepiti 7.800 euro (a canone concordato)
Tassazione
Regime ordinario
Cedolare 20%
29.641
(25.000 + 7.800 x 85% x 70%)
25.000
Reddito imponibile
29.641
25.000
Irpef lorda
7.584
6.150
848
1.024
Reddito complessivo
Totale detrazioni d’imposta
Imposta netta
6.736
5.126
Addizionale regionale (0,9%)
267
225
Addizionale comunale (0,6%)
178
150
–
1.560
14,62
–
156
–
7.351,62
7.061
Imposta sostitutiva 20% (cedolare secca)
Imposta di bollo
Imposta di registro
Totali imposte
Il regime di tassazione più conveniente è quello della cedolare secca (risparmio d’imposta: 290,62 euro).
Locazione di un appartamento da parte di lavoratore dipendente con figli a carico e spese 36%
Si ipotizza ora un contribuente con:
– reddito di lavoro dipendente pari a 20.000 euro;
– 4 figli a carico, di cui 2 minori di 3 anni;
– canoni di locazioni incassati per 10.000 euro;
– 4.800 euro di spese detraibili 36% (48.000 euro suddivisi in 10 anni di rateizzazione, cui conseguono
1.728 euro di detrazione annua).
Tassazione
Regime ordinario
Cedolare 20%
28.500 (20.000 + 10.000 x 85%)
20.000
Reddito imponibile
28.500
20.000
Irpef lorda
7.150
4800
Totale detrazioni d’imposta
5.959
6.499
Imposta netta
1.191
–
Addizionale regionale (0,9%)
257
–
Addizionale comunale (0,6%)
171
–
–
2.000
14,62
–
200
200
1.833,62
2.200
Reddito complessivo
Imposta sostitutiva 20% (cedolare secca)
Imposta di bollo
Imposta di registro
Totali imposte
Il regime di tassazione più conveniente è quello della tassazione ordinaria (risparmio d’imposta: 366,68 euro).
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Regime ordinario. Il regime ordinario prevede una riduzione forfetaria del canone di locazione del 15% (o
25% in determinate zone), ulteriormente ridotto del
30% nel caso di canoni convenzionali. Sull’ammontare imponibile si applicano, quindi, le aliquote progressive alle quali occorre aggiungere le eventuali addizionali ➊.
➊ I proprietari di immobili storici ed ar-
tistici, che possono dichiarare la minore delle tariffe d’estimo delle zone centrali ove si trova l’immobile, non hanno
alcuna convenienza fiscale ad optare
per la cedolare secca.
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CONTRATTO DI AFFITTO
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Quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile, si parla più propriamente di affitto.
L’affitto non è un contratto autonomo, ma costituisce un sottotipo di locazione in cui
l’affittuario deve curare la gestione del bene in conformità della destinazione economica
e dell’interesse della produzione.
La disciplina dell’istituto non si discosta dalle norme sulla locazione sebbene integrate
da specifiche norme previste in diverse parti del codice.
12.1
Caratteristiche
L’affitto non è un contratto autonomo, ma costituisce un sottotipo di locazione da cui si distingue per la natura produttiva del bene oggetto del contratto (artt. 1571 ss. cod. civ.).
La disciplina dell’istituto non si discosta dalle norme sulla locazione sebbene integrate da
specifiche norme che, in ragione della diversità dell’oggetto e dei particolari obblighi dell’affittuario, sono previste in diverse parti del codice (artt. 1615-1627 per le disposizioni generali; artt. 1628-1646 per l’affitto di fondi rustici; art. 2562 per l’affitto di azienda).
L’affitto è un contratto con le seguenti caratteristiche:
– oneroso e consensuale, cioè si perfeziona con il consenso delle parti legittimamente manifestato;
– a prestazioni corrispettive e a effetti obbligatori (godimento del bene dietro pagamento
del corrispettivo);
– di durata, in quanto la prestazione si protrae nel tempo;
– ha a oggetto cose, mobili o immobili, produttive, a differenza del contratto di locazione;
– normalmente è un contratto di ordinaria amministrazione;
– è un contratto intuitu personae (art. 1626 cod. civ. secondo cui l’affitto si scioglie per interdizione, inabilitazione o insolvenza dell’affittuario, anche se l’esecuzione del contratto
può essere continuata dal rappresentante o dall’assistente legale dell’affittuario incapace
qualora siano prestate idonee garanzie), a differenza della locazione;
– se, in conseguenza di una disposizione di legge o dell’autorità riguardanti la gestione produttiva, l’affitto è notevolmente modificato e le parti ne risentono una perdita e un vantaggio, possono chiedere un aumento o una diminuzione del fitto, ovvero lo scioglimento del
contratto (art. 1623 cod. civ.);
– non si applica la particolare disciplina della legge n. 392/1978 per le locazioni commerciali.
12.2
Oggetto
Oggetto dell’affitto possono essere beni mobili, immobili, universalità di beni (azienda),
ma, a differenza del contratto di locazione, possono essere solo beni produttivi, quali, per
esempio, un’azienda, un fondo rustico, impianti, macchinari ecc. se dedotti in contratto in
considerazione della loro produttività.
È dubbio se l’espressione cosa produttiva vada riferita solo ai beni naturalmente fruttiferi
(fondi rustici, cave ecc.), ovvero comprenda anche qualsiasi bene suscettibile di produrre
altri beni. È preferibile l’opinione più estensiva secondo cui la nozione di cosa produttiva
va intesa nel senso di bene idoneo a essere destinato alla produzione.
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CONTRATTO DI AFFITTO
OGGETTO
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Al momento della conclusione del contratto, il bene può anche essere solo potenzialmente
produttivo.
Anche se non è obbligato, l’affittuario può assumere iniziative atte a produrre un aumento
della redditività della cosa affittata alle seguenti condizioni:
– non comportino obblighi per il locatore;
– non arrechino pregiudizio al locatore;
– siano conformi all’interesse della produzione.
Diversamente, l’affittuario, al termine del contratto, dovrà ripristinare la cosa affittata.
In ogni caso, l’affittuario non ha diritto al pagamento di indennizzi per le migliorie apportate (art. 1620 cod. civ.). Per l’affitto di fondi rustici [v 12.9 ss.].
La giurisprudenza
La concessione in godimento di un immobile adibito allo svolgimento di attività produttiva integra una locazione di immobile, ovvero un affitto di azienda a seconda che oggetto del contratto sia l’immobile, inteso come unità produttiva ovvero una più vasta e organica unità, capace di autonoma vita economica di cui
l’immobile costituisce una componente legata da un rapporto di complementarietà e di interdipendenza
con gli altri elementi aziendali (Cass. civ. 17 aprile 1996, n. 3627).
Qualora, a seguito delle riparazioni a carico del locatore, l’affittuario subisca una perdita
superiore al quinto del reddito annuale (per l’affitto non superiore a un anno, al quinto del
reddito complessivo), l’affittuario può chiedere la risoluzione del contratto (in alternativa
alla riduzione del fitto) (art. 1622 cod. civ.).
12.3
Forma
La forma scritta è richiesta a pena di nullità del contratto (ad substantiam) solo per i contratti di affitto di immobili di durata ultranovennale (art. 1350, n. 8, cod. civ.).
Secondo l’opinione prevalente, l’affitto ultranovennale, nullo per difetto di forma, si converte in affitto infranovennale se le parti, tenuto conto dello scopo perseguito, avrebbero
voluto anche il contratto infranovennale se ne avessero conosciuto la nullità. A tal riguardo,
non si converte in affitto di durata inferiore a nove anni il contratto di affitto ventennale di
un opificio industriale per verosimile discordanza con lo scopo perseguito dalle parti di assicurare un termine ampio per l’esercizio dell’impresa.
L’affitto ultranovennale deve, inoltre, essere trascritto (art. 2643, n. 8, cod. civ.); la trascrizione non incide sui rapporti tra concedente e affittuario, ma solo nei confronti dei terzi che,
a qualunque titolo, abbiano acquistato diritti sull’immobile nei confronti del creditore pignorante (art. 2915 cod. civ.) e ai fini della risoluzione del conflitto tra più soggetti cui sia
stato concesso in affitto lo stesso bene (art. 1380, c. 3, cod. civ.). Per l’affitto di fondi rustici [v 12.9 ss.].
12.4
Durata
La durata prevista contrattualmente non può eccedere trenta anni, salvo per i fondi destinati
al rimboschimento (ove è previsto un termine massimo di novantanove anni - art. 1629 cod.
civ.) (art. 1573 cod. civ.).
Se il contratto non prevede la durata dell’affitto, ciascuna delle parti può recedere previo
congruo preavviso (art. 1616 cod. civ.). La congruità del preavviso va commisurata in relazione alla natura della cosa produttiva, agli usi locali e generali, all’economia del contratto
e deve, comunque, assicurare all’affittuario un periodo minimo di utilizzo.
Il recesso è a forma libera, salvo sia richiesta la forma scritta, come per esempio per l’affitto di immobili di durata ultranovennale, per i fondi pubblici ove è richiesta la raccomandata
ex art. 1, legge n. 606/1966.
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CONTRATTO DI AFFITTO
OBBLIGHI DELL’AFFITTUARIO
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12.5
Obblighi del concedente
Consegna della cosa (art. 1617 cod. civ.). Il concedente è obbligato a consegnare la cosa,
comprensiva di accessori e pertinenze, nello stato di organizzazione e produttività in modo
da servire all’uso e alla produzione cui è destinata.
Il concedente ha gli stessi obblighi del locatore previsti ex artt. 1575, n. 2, 1578, 1581, 1582
e 1585 cod. civ. per l’uso pattuito della cosa, con la precisazione che va considerata anche
la produzione cui la cosa è destinata.
Riparazioni straordinarie (art. 1621 cod. civ.). Il locatore deve eseguire a sue spese le riparazioni straordinarie, mentre le riparazioni ordinarie sono a carico dell’affittuario.
Se il locatore omette di eseguirle, l’affittuario (previa diffida) può eseguirle direttamente (a spese del locatore) solo se le opere siano urgenti e dandone immediata comunicazione al locatore.
Se, a seguito delle riparazioni a carico del locatore, l’affittuario subisce una perdita superiore al quinto del reddito annuale (per l’affitto non superiore a un anno, al quinto del reddito complessivo), l’affittuario può chiedere la risoluzione del contratto (in alternativa alla riduzione del fitto) (art. 1622 cod. civ.).
Se è contrattualmente previsto che le spese di straordinaria manutenzione e di ricostruzione,
anche in dipendenza di cause accidentali, siano a carico dell’affittuario, il contratto non è
più considerato affitto, ma contratto atipico.
Obbligo di far godere il bene all’affittuario (art. 1615 cod. civ.). All’affittuario spettano i
frutti e le altre utilità della cosa concessa in affitto.
A differenza dell’usufruttuario:
– il potere dell’affittuario è di natura personale e non reale: anche all’affittuario, come a
ogni locatario, è permessa, sia pure entro certi limiti, un’utilizzazione diretta del bene;
– il concedente può restringere la facoltà, nell’atto di affitto, di godimento dell’affittuario,
riservando per sé determinate utilità;
– l’affittuario non può subaffittare, né cedere l’affitto senza il consenso del concedente (art.
1624 cod. civ.).
12.6
Obblighi dell’affittuario
Pagamento del canone. L’affitto è un contratto a titolo oneroso e, pertanto, l’obbligo di pagare il canone costituisce elemento del contratto.
Il corrispettivo consiste, di regola, in una somma di danaro, ma può essere previsto anche
un corrispettivo in natura, in una quota o in una quantità fissa o variabile dei frutti (art.
1639 cod. civ. per i fondi rustici).
Se, a seguito delle riparazioni a carico del locatore, l’affittuario subisce una perdita superiore al quinto del reddito annuale (per l’affitto non superiore a un anno, al quinto del reddito complessivo), l’affittuario può chiedere la riduzione del canone di affitto, in alternativa
alla risoluzione del contratto (art. 1622 cod. civ.).
Se, in conseguenza di una disposizione di legge o dell’autorità riguardanti la gestione produttiva, l’affitto è notevolmente modificato e le parti ne risentono una perdita e un vantaggio, le parti possono chiedere un aumento o una diminuzione del fitto ovvero, secondo le
circostanze, lo scioglimento del contratto (art. 1623 cod. civ.).
Obbligo di gestione (art. 1615 cod. civ.). In ragione che l’affitto riguarda il godimento di
una cosa produttiva, mobile o immobile, l’affittuario deve curarne la gestione in conformità
alla destinazione economica della cosa e all’interesse della produzione.
Nell’obbligo di gestione è compreso quello di custodire la cosa, inteso anche come attività
necessaria per mantenere la redditività della cosa affittata anche per il tempo successivo alla
scadenza del contratto.
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OBBLIGHI DELL’AFFITTUARIO
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Se non rispetta le regole della buona tecnica di gestione, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto (art. 1618 cod. civ.).
Per la gestione della cosa affittata, l’affittuario deve destinare al servizio della cosa i mezzi
necessari per la gestione di essa.
Se l’affittuario viola l’obbligo di destinare i mezzi necessari, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto.
Per destinazione economica si intende la specifica utilizzazione già disposta della cosa con
riguardo alla sua capacità produttiva. Se l’affittuario viola l’obbligo di mantenimento della
destinazione economica, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto.
Obbligo di consentire il controllo al locatore (art. 1619 cod. civ.). L’affittuario è obbligato
a consentire al locatore di esercitare il diritto di accertare in ogni momento se sono rispettati
gli obblighi posti a suo carico e derivanti dal contratto.
Il diritto di controllo può essere esercitato, anche con accesso in luogo e senza previo avviso, ma comunque nel limite dell’attività minima necessaria per tutelare il corretto svolgimento dell’attività produttiva.
L’indebita opposizione dell’affittuario può comportare la risoluzione del contratto solo se
lede gravemente l’interesse del locatore.
Il mancato esercizio del controllo comunque consente egualmente di far valere successivamente gli inadempimenti dell’affittuario.
Riparazioni ordinarie (art. 1621 cod. civ.). L’affittuario deve eseguire a sue spese le riparazioni ordinarie (le riparazioni straordinarie sono a carico del locatore).
Se è contrattualmente previsto che anche le spese di straordinaria manutenzione e di ricostruzione, anche in dipendenza di cause accidentali, siano a carico dell’affittuario, il contratto non è più considerato affitto, ma contratto atipico.
Divieto di subaffittare (art. 1624 cod. civ.). In mancanza del consenso del locatore, l’affittuario non può subaffittare la cosa. In caso di violazione, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto.
Obbligo di restituire la cosa al termine del contratto. Tra gli obblighi dell’affittuario vi è
anche quello di restituire la cosa al termine del contratto. La mancata o la ritardata restituzione configura una responsabilità contrattuale simile a quella del conduttore moroso tenuto
a pagare il corrispettivo convenuto per la locazione sino alla consegna (art. 1591 cod. civ.).
Analogamente alla mora nelle obbligazioni pecuniarie, la liquidazione del danno per il ritardo subito dal locatore è operata dalla legge in modo forfetario con riferimento al corrispettivo pattuito (nelle obbligazioni pecuniarie con riferimento agli interessi legali). In tali limiti,
non occorre al locatore la prova del danno subito, che invece è necessaria se egli pretende il
danno ulteriore. Né il conduttore può esimersi dall’obbligo provando di non avere effettivamente goduto il bene.
Se l’affitto ha a oggetto una azienda, sono applicabili anche numerose norme dettate per la
disciplina speciale dell’affitto (per esempio artt. 1616, 1617 e 1618 cod. civ.) e della locazione, quale il richiamato art. 1591 cod. civ.
12.7
Scioglimento del contratto
Il contratto di affitto viene meno per:
– recesso (art. 1616 cod. civ.). Se le parti non hanno determinato la durata dell’affitto, ciascuna può recedere dal contratto dando congruo preavviso. La congruità del preavviso va
commisurata in relazione alla natura della cosa produttiva, agli usi locali e generali, all’economia del contratto e deve, comunque, assicurare all’affittuario un periodo minimo di utilizzo. Il recesso è a forma libera, salvo sia richiesta la forma scritta (per esempio per l’affitto di immobili di durata ultranovennale, per i fondi pubblici è richiesta la raccomandata ex
art. 1, legge n. 606/1966);
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REGIME FISCALE
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– risoluzione per inadempimento (art. 1618 cod. civ.). Il concedente può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento se l’affittuario non destina al servizio i mezzi necessari
per la gestione, ovvero se non osserva le regole della buona tecnica, ovvero se muta stabilmente la destinazione economica della cosa. In tali ipotesi, l’affittuario non può evitare la risoluzione invocando l’art. 1455 cod. civ. secondo cui il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una parte ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte;
– morte dell’affittuario (art. 1627 cod. civ.). Entro tre mesi dalla morte, il locatore e gli eredi
dell’affittuario possono recedere dal contratto mediante disdetta con preavviso di sei mesi;
– incapacità e insolvenza dell’affittuario (art. 1626 cod. civ.). In caso di interdizione, inabilitazione o insolvenza dell’affittuario, l’affitto si scioglie, salvo sia prestata idonea garanzia per l’adempimento degli obblighi dell’affittuario;
– alienazione del bene affittato (art. 1625 cod. civ.). Se il contratto prevede che l’affitto
possa sciogliersi in caso di alienazione della cosa affittata, l’acquirente deve dare disdetta
all’affittuario con congruo preavviso ex art. 1616 cod. civ.;
– perdite determinate da riparazioni (art. 1622 cod. civ.). Se, a seguito delle riparazioni a
carico del locatore, l’affittuario subisce una perdita superiore al quinto del reddito annuale
(per l’affitto non superiore a un anno, al quinto del reddito complessivo), l’affittuario può
chiedere la risoluzione del contratto (in alternativa alla riduzione del fitto);
– modifiche sopravvenute del contratto (art. 1623 cod. civ.). Se, in conseguenza di una disposizione di legge o dell’autorità riguardanti la gestione produttiva, l’affitto è notevolmente modificato e le parti ne risentono una perdita e un vantaggio, le parti possono chiedere un
aumento o una diminuzione del fitto, ovvero, secondo le circostanze, lo scioglimento del
contratto.
12.8
Regime fiscale
Imposte sui redditi. Il pagamento del corrispettivo da parte dell’affittuario comporta un
reddito a favore del locatore e, correlativamente, costituisce costo per l’affittuario-imprenditore commerciale.
Per quanto concerne il criterio di determinazione del reddito in capo al concedente imprenditore occorre distinguere tra beni dell’impresa strumentali e merci che sono determinati secondo le regole ordinarie del reddito d’impresa (costi, ricavi, rimanenze, ammortamento) e
altri beni appartenenti al patrimonio dell’impresa. Questi ultimi, se immobili, pur concorrendo a produrre reddito d’impresa, vanno autonomamente accertati in base alle regole del
reddito fondiario.
La mancata restituzione del bene alla scadenza dell’affitto comporta responsabilità per
danno derivante da inadempimento contrattuale dell’affittuario. Le somme corrisposte al
concedente a titolo risarcitorio dall’affittuario, quale quantificazione forfetaria del danno in
conseguenza della violazione dell’obbligo contrattuale di restituzione (cd. lucro cessante),
costituiscono reddito e sono tassate secondo le stesse regole previste per i redditi sostituiti o
perduti (art. 6, T.U. n. 917/1986) (Cass. civ. 24 gennaio 2001, n. 997).
Imposta sul valore aggiunto. Se il concedente è un soggetto IVA, il canone pagato per
l’affitto è soggetto al tributo (art. 3, c. 2, n. 1, D.P.R. n. 633/1972).
Imposta di registro. L’imposta di registro si applica ai contratti di affitto sia scritti che verbali (affitto di beni immobili o aziende situati nel territorio dello Stato e relative cessioni,
risoluzioni e proroghe, anche tacite) (artt. 1 e 3, T.U. n. 131/1986).
• Per le cessioni, risoluzioni e proroghe, anche tacite, dei contratti di affitto di immobili
esistenti nel territorio dello Stato (regolarmente registrati) l’imposta di registro è autoliquidata dalle parti contraenti ed entro venti giorni dalla data in cui hanno effetto la cessione, la
risoluzione o la proroga:
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– va versata a favore del concessionario in banca o alla posta, ovvero direttamente presso il
concessionario della riscossione;
– l’attestato di versamento va presentato all’ufficio del registro (art. 17, c. 1 e 2, T.U. n.
131/1986).
• Affitto di fabbricati. Indipendentemente dall’ammontare del canone annuo, se è redatto
per atto pubblico o scrittura privata autenticata o non autenticata o contratto verbale, è dovuta l’imposta:
– se il concedente è un soggetto privato, nella misura del proporzionale 2%;
– se il concedente è un soggetto IVA, nella misura proporzionale dell’1% se si tratta di un
fabbricato strumentale per natura; nella misura fissa di euro 67,00 se si tratta di una abitazione imponibile IVA; nella misura proporzionale del 2% se si tratta di una abitazione esente da IVA.
• Affitto di terreni edificabili e aree destinate a parcheggio. Indipendentemente dall’ammontare del canone annuo, se è redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata o
non autenticata o contratto verbale, è dovuta l’imposta:
– se il concedente è un soggetto privato, nella misura del proporzionale 2%;
– se il concedente è un soggetto IVA, nella misura fissa di euro 67,00.
Imposte ipotecarie. Il pagamento delle imposte ipotecarie è dovuto solo nell’ipotesi che il
contratto sia trascritto nei registri immobiliari, per scelta delle parti o in applicazione degli
articoli del codice civile, che in determinati casi prevedono esplicitamente o implicitamente
la trascrizione anche del contratto di affitto (art. 2643, n. 8 e 9).
Imposta di bollo. I contratti di affitto, se redatti per atto pubblico o per scrittura privata, sono soggetti all’imposta di bollo fin dall’origine (artt. 1 e 3, tariffa, parte I, all. A, D.P.R. n.
642/1972).
Se invece il contratto è stipulato per corrispondenza e dispacci telegrafici, è soggetto a imposta di bollo solo in caso d’uso (art. 42, tariffa, parte II, D.P.R. n. 642/1972).
L’eventuale assoggettamento a IVA del corrispettivo dell’affitto comporta l’esenzione da
imposta di bollo (art. 6, all. B, D.P.R. n. 642/1972).
12.9
Fondi rustici
L’affitto di fondi rustici è il contratto con cui il concedente si obbliga a far godere un fondo
rustico all’affittuario che, a sua volta, si obbliga a versare un determinato corrispettivo e a
curare la gestione del fondo in conformità della sua destinazione economica e nell’interesse
della produzione [f 655].
La disciplina dettata dal codice civile (artt. 1620-1654) va poi integrata dalle norme dettate
dal codice per l’affitto e per la locazione in generale. Questo complesso di norme va poi integrato dalla legislazione speciale (legge 3 maggio 1982, n. 203).
Sia il codice che la legislazione speciale distinguono l’affitto di fondi rustici a seconda che
l’affittuario sia o non sia coltivatore diretto.
12.9.1 Affitto a coltivatore diretto
L’affitto a coltivatore diretto consiste in un fondo che l’affittuario coltiva con il lavoro prevalentemente proprio o di persona della sua famiglia (art. 1647 cod. civ.). Gli artt. 6 e 7,
legge n. 203/1982 dispongono che sono coltivatori diretti coloro che coltivano il fondo
con il lavoro proprio e della propria famiglia, anche se non prevalentemente. È sufficiente
che tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate necessarie per la coltivazione del fondo stesso, anche dell’impiego delle macchine agricole. Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell’uomo [f 656].
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CONTRATTO DI AFFITTO
FONDI RUSTICI
Sono equiparati ai coltivatori diretti le cooperative costituite dai lavoratori agricoli e i
gruppi di coltivatori diretti, riuniti in forme associate, che si propongono e attuano la coltivazione diretta dei fondi, anche quando la costituzione in forma associativa e cooperativa è
avvenuta per conferimento da parte dei soci di fondi precedentemente affittati singolarmente. Sono inoltre equiparati ai coltivatori diretti i laureati o diplomati di qualsiasi scuola di
indirizzo agrario o forestale e i laureati in veterinaria per le aziende a prevalente indirizzo
zootecnico, in età non superiore ai cinquantacinque anni, che si impegnino a esercitare in
proprio la coltivazione dei fondi, per almeno nove anni.
La perdita della qualifica di coltivatore diretto da parte dell’affittuario è causa di risoluzione
del contratto di affitto a coltivatore diretto ex art. 1463 cod. civ., costituendo l’attività di
coltivazione un elemento essenziale del contratto la cui mancanza sopravvenuta determina
un venir meno della sua funzione (Cass. civ. 5 settembre 2006, n. 19076).
Forma del contratto. In deroga all’art. 1350, n. 8, cod. civ., l’art. 41, legge n. 203/1982 dispone che i contratti agrari ultranovennali, anche se verbali o non trascritti, sono validi e
hanno effetto anche riguardo ai terzi.
In materia di contratti agrari, vale il principio generale della libertà di forme, sancito dall’art. 41, legge n. 203/1982 secondo cui per l’esistenza di un contratto di affitto agrario è
sufficiente che risulti l’accordo delle parti sulla circostanza che una di queste abbia, per fini
agricoli, il godimento di un fondo di cui l’altra abbia la disponibilità.
Durata. I contratti di affitto a coltivatore diretto hanno una durata minima legale di quindici anni, salvo alcune ipotesi espressamente previste (art. 1, legge n. 203/1982).
In particolare, è stabilito il termine di sei anni nel caso di affitto di particelle, che ricorre
quando oggetto del contratto siano uno o più appezzamenti di terreno non costituenti, neppure insieme ad altri fondi condotti dall’affittuario, un’unità produttiva idonea a consentire
la formazione di un’impresa agricola (art. 3, legge n. 203/1982).
Nulla è detto per la durata massima del contratto; si applica, pertanto, il limite di trenta anni
fissato dal codice civile (art. 1573), salvo l’ipotesi di fondi destinati all’imboschimento per i
quali è consentito un termine massimo di novantanove anni (art. 1629 cod. civ.).
Canone (artt. 9, 10 e 15, legge n. 203/1982). Il canone è determinato moltiplicando i redditi
dominicali del 1939 per un coefficiente variabile tra un minimo di 50 e un massimo di 150.
Devono essere, poi, applicati dei coefficienti aggiuntivi sino a un massimo di 30 punti.
Nella determinazione dei coefficienti, le commissioni tecniche provinciali devono aver presente la necessità di assicurare in primo luogo un’equa remunerazione del lavoro dell’affittuario e della sua famiglia. Le commissioni tengono anche conto degli apporti di capitali
dell’affittuario, dei costi di produzione, dell’esigenza di riconoscere un compenso ai capitali
investiti e degli altri apporti del locatore.
Miglioramenti (art. 16, legge n. 203/1982). Ciascuna delle parti può eseguire opere di miglioramento fondiario, addizioni e trasformazioni degli ordinamenti produttivi e dei fabbricati rurali, purché le medesime non modifichino la destinazione agricola del fondo e siano
eseguite nel rispetto dei programmi regionali di sviluppo oppure, ove tali programmi non
esistano, delle vocazioni colturali delle zone in cui è ubicato il fondo.
La parte che intende proporre l’esecuzione delle opere, in mancanza di un preventivo accordo, deve comunicare all’altra parte e all’Ispettorato provinciale dell’agricoltura, mediante
lettera raccomandata con avviso di ricevimento, corredata di progetto di massima, la natura,
le caratteristiche e le finalità delle opere di cui si chiede l’esecuzione all’altra parte.
L’Ispettorato provinciale dell’agricoltura, non appena ricevuta la comunicazione, convoca
le parti, che possono farsi assistere dalle rispettive organizzazioni professionali, ai fini di
tentare un accordo in ordine alla proposta e ai connessi regolamenti di rapporti tra le parti.
Nel caso in cui non si raggiunga tale accordo, l’Ispettorato, entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, si pronuncia, motivando, in senso favorevole o contrario in ordine alle opere richieste, riscontrata anche la congruità delle medesime; indica altresì even-
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FONDI RUSTICI
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tuali modificazioni tecniche al progetto presentato e assegna, in caso di giudizio favorevole,
un termine per l’inizio e l’ultimazione delle opere.
La decisione deve essere comunicata, a cura dell’Ispettorato, a entrambe le parti. Qualora
venga adottata una decisione favorevole, il proprietario del fondo deve fare conoscere, entro sessanta giorni dalla comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, se egli stesso intenda eseguire le opere. In caso di dichiarazione negativa o di silenzio, l’affittuario può procedere senz’altro, anche se la proposta delle opere è stata fatta
dal locatore, all’esecuzione delle medesime. Qualora il proprietario comunichi di voler eseguire direttamente le opere con le eventuali modifiche stabilite dall’Ispettorato, deve iniziare e ultimare le relative opere entro i termini assegnati dall’Ispettorato stesso. Se il proprietario non dà inizio alle opere o non le ultima entro i termini assegnati dall’Ispettorato, l’affittuario può eseguirle a sue spese. L’affittuario è tenuto a comunicare, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, al proprietario e all’Ispettorato la sua decisione di
surrogarsi al locatore nell’esecuzione o nel completamento delle opere.
Prelazione (art. 4-bis, legge n. 203/1982). In caso di nuovo affitto, il locatore che, alla scadenza del contratto, intende concedere in affitto il fondo a terzi, deve comunicare al conduttore le offerte ricevute, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno
novanta giorni prima della scadenza. Il diritto di prelazione non sorge nei seguenti casi:
– quando il conduttore abbia comunicato che non intende rinnovare l’affitto;
– nei casi di cessazione del rapporto di affitto per grave inadempienza o recesso del conduttore.
Il conduttore ha diritto di prelazione se, entro quarantacinque giorni dal ricevimento della
comunicazione e nelle forme ivi previste, offre condizioni uguali a quelle comunicategli dal
locatore.
Se il locatore, entro i sei mesi successivi alla scadenza del contratto abbia concesso il fondo
in affitto a terzi senza preventivamente comunicare le offerte ricevute secondo le modalità e
i termini, ovvero a condizioni più favorevoli di quelle comunicate al conduttore, quest’ultimo conserva il diritto di prelazione da esercitare entro il termine di un anno dalla scadenza
del contratto non rinnovato.
Per effetto dell’esercizio del diritto di prelazione, si instaura un nuovo rapporto di affitto alle stesse condizioni del contratto concluso dal locatore con il terzo.
Divieto di subaffitto (art. 21, legge n. 203/1982). Sono vietati i contratti di subaffitto, di
sublocazione e comunque di subconcessione dei fondi rustici.
La violazione del divieto, ai fini della nullità del subaffitto, della subconcessione o della risoluzione del contratto di affitto e della restituzione del fondo, può essere fatta valere solo
dal locatore, entro quattro mesi da quando ne sia venuto a conoscenza.
Se il locatore non si avvale di tale facoltà, il subaffittuario o il subconcessionario subentra
nella posizione giuridica dell’affittuario o del concessionario.
Se il locatore fa valere i propri diritti, il subaffittuario o il subconcessionario ha facoltà di
subentrare nella posizione giuridica dell’affittuario o del concessionario per tre annate agrarie a partire dalla scadenza di quella in corso e comunque per una durata non eccedente
quella del contratto originario.
12.9.2 Affitto a coltivatore non diretto
Affittuario non coltivatore diretto è chi coltiva il fondo con il lavoro proprio e della famiglia, ovvero vi impiega una forza lavorativa inferiore a un terzo di quella occorrente per
l’ordinaria coltivazione del fondo.
La disciplina dell’affitto a coltivatore non diretto è molto simile a quella prevista per il coltivatore diretto, in particolare:
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AFFITTO DI AZIENDA
– l’art. 23, legge n. 203/1982 rinvia agli artt. 3, 5, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 42, 43 e 45 sul
contratto di affitto a coltivatore diretto;
– per la forma vale quanto detto per il coltivatore diretto;
– anche la durata minima è di quindici anni, uguale a quella prevista per il coltivatore diretto;
– la misura del canone è leggermente superiore. I coefficienti sono, infatti, maggiorati di
dieci punti nel caso si tratti di affitto a coltivatore non diretto (art. 24, legge n. 203/1982).
12.9.3 Regime fiscale
Imposta di registro. Il contratto di affitto di fondi rustici o di terreni agricoli è sempre soggetto a imposta di registro e mai a IVA, anche se il locatore è un soggetto IVA (artt. 5 e 2bis, parte II, T.U. n. 131/1986).
– Indipendentemente dall’ammontare del canone annuo, se è redatto per atto pubblico o
scrittura privata autenticata o non autenticata o contratto verbale, è dovuta l’imposta proporzionale nella misura dello 0,50%. L’imposta si applica una sola volta e per l’intera durata del contratto, in sede di registrazione, sull’ammontare dei canoni previsti. La richiesta di
registrazione deve essere fatta nel termine ordinario di venti giorni dalla stipula dell’atto.
Sono esclusi dall’applicazione dell’imposta i contratti di soccida e le convenzioni di pascolo e alimenti di animali (circ. min. 10 giugno 1986, n. 37).
– Se invece il contratto è formato per semplice scrittura privata non autenticata o verbalmente e di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell’anno, l’imposta è dovuta
nella misura fissa di euro 67,00 solo in caso d’uso.
– Per i contratti di affitto di fondi rustici non redatti per atto pubblico o scrittura privata autenticata, in luogo della registrazione entro venti giorni dalla stipula, possono essere registrati cumulativamente entro il mese di febbraio dell’anno successivo alla stipula di tutti i
contratti posti in essere nell’anno precedente (artt. 17, c. 3-bis, e 5, tariffa, parte I, nota IIbis, T.U. n. 131/1986). A tal fine, una delle parti contraenti deve sottoscrivere e presentare
all’ufficio del registro una denuncia in doppio originale contenente le generalità, il domicilio, il codice fiscale delle parti contraenti, il luogo e la data di stipulazione, l’oggetto, il corrispettivo pattuito e la durata del contratto. È dovuta l’imposta proporzionale dello 0,50%
sulla somma dei corrispettivi pattuiti per i singoli contratti, con un minimo di euro 67,00.
– Per i contratti stipulati con i coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale di
età inferiore agli anni quaranta, si applica l’imposta in misura fissa di euro 67,00 solo in caso d’uso, indipendentemente dalla durata.
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Atti gratuiti
I beni immobili possono formare oggetto di atti di liberalità.
Il principale contratto mediante cui una parte arricchisce un’altra disponendo a suo favore un diritto o assumendo un’obbligazione è la donazione.
Un altro atto a titolo gratuito è il comodato, per il quale, a fronte della prestazione attribuita al terzo, manca un corrispettivo ma non vi è depauperamento del patrimonio di
chi lo pone in essere.
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DONAZIONE
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La donazione in genere, e di immobili in particolare, è il principale contratto a titolo di liberalità mediante il quale una parte arricchisce un’altra disponendo a suo favore di un
diritto o assumendo un’obbligazione.
Di regola, la donazione è un contratto e richiede l’accettazione del beneficiario, ma in
via eccezionale l’accettazione non è richiesta nella donazione a causa di matrimonio
(donazione obnuziale - art. 785 cod. civ.).
Anche se costituisce una liberalità, la donazione è differente dagli atti a titolo gratuito
(mutuo senza interessi, deposito gratuito, comodato ecc.). In questi, a fronte della prestazione attribuita al terzo, manca un corrispettivo ma non vi è depauperamento del patrimonio di chi lo pone in essere; invece nella donazione il patrimonio del donante si impoverisce in conseguenza della liberalità a favore del donatario.
La donazione presenta le seguenti caratteristiche:
– è un contratto consensuale, cioè si perfeziona per effetto del consenso legittimamente manifestato dalle parti senza che sia necessaria la consegna della cosa;
– è un contratto gratuito qualificato dallo spirito di liberalità (animus donandi) e dall’arricchimento, cioè l’incremento del patrimonio del donatario;
– di solito, il motivo che ha determinato la donazione è irrilevante, salvo nella donazione remuneratoria e nelle liberalità d’uso;
– è un contratto formale (è richiesta la forma dell’atto pubblico ad substantiam);
– è un contratto unilaterale, cioè derivano obbligazioni solo per il donante, anche se, a
differenza della regola generale per i contratti unilaterali, la donazione si perfeziona solo con l’accettazione del donatario (art. 782, c. 2 e 3, cod. civ.);
– tollera l’apposizione degli elementi accidentali del contratto (condizione, termine e modo;
– è inammissibile il contratto preliminare che avrebbe l’effetto di obbligare a stipulare una donazione, in ragione della spontaneità della donazione.
13.1
Parti del contratto
Come già detto, la donazione è un contratto e, quindi, per il suo perfezionamento occorre
l’incontro delle manifestazioni di volontà delle parti secondo le regole ordinarie (proposta
del donante e accettazione del donatario) [f 700].
Il donante può revocare la sua proposta sino a quando la donazione non è conclusa.
Parte della dottrina ritiene ammissibile una proposta irrevocabile di donazione, vale a dire
che, se il donante si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca
è senza effetto (art. 1329 cod. civ.).
13.1.1 Donante (artt. 774 -776 cod. civ.)
Sono capaci di donare sia le persone fisiche che le persone giuridiche.
Per le persone fisiche, sono capaci solo coloro che hanno piena capacità di disporre dei
propri beni, cioè il donante deve essere maggiore di età, non interdetto o inabilitato e capace di intendere e di volere al momento dell’atto. Tuttavia, è valida la donazione fatta dal minore o dall’inabilitato nel loro contratto di matrimonio ex artt. 165 e 166 cod. civ. (e dal minore emancipato autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale).
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PARTI DEL CONTRATTO
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In ragione del carattere strettamente personale (elemento qualificante e necessario è l’animus donandi), la donazione può essere fatta solo dal donante direttamente e non per mezzo
di rappresentante legale o volontario. Di conseguenza, il mandato a donare è nullo, vale a
dire che non è possibile attribuire ad altri la scelta del donatario o dell’oggetto della donazione (con la conseguenza che, oltre al mandato, è nulla anche la successiva donazione). Invece è valido il mandato a mezzo del quale il donante incarica il mandatario di designare,
tra più persone, cose o entro limiti indicati dal donante stesso, la persona del beneficiario o
la cosa da donare (art. 778 cod. civ.). Se ammesso, il mandato va redatto nella stessa forma
dell’atto pubblico previsto per la donazione.
13.1.2 Donatario
Donatario può essere una persona fisica, un Ente
➊ È stato abrogato l’obbligo della aupubblico o privato (società fondazione, associazione),
torizzazione governativa previsto per
ente non riconosciuto, senza necessità di alcuna autole persone giuridiche (società ed enti) e
la necessità del riconoscimento o della
rizzazione o istanza di riconoscimento ➊.
relativa istanza per gli enti non riconoDonatario può essere anche un nascituro, cioè chi è sosciuti, per accettare donazioni (art. 13,
lo concepito al momento della donazione, ovvero a falegge n. 127/1997 che ha abrogato gli
vore dei figli di una determinata persona vivente al moartt. 17, 782, c. 4, 786 e 600 cod.
civ.).
mento della donazione anche se non ancora concepiti,
previa accettazione dei genitori, ovvero di un curatore
se i genitori non possono o non vogliono accettare la
donazione (art. 784 cod. civ.) [f 705]. In tale ipotesi, la donazione si perfeziona con la conclusione del contratto (accettazione da parte del rappresentante del nascituro), ma il trasferimento del bene donato si verifica solo a seguito della nascita (in concreto, l’efficacia della donazione è subordinata alla condizione sospensiva dell’evento nascita e, quindi, prima della nascita, la proprietà del bene donato resta al donante). Sono incapaci di ricevere per donazione
il tutore, il protutore del donante se la donazione è fatta prima dell’approvazione del conto o
dell’estinzione dell’azione del rendimento del conto stesso (art. 779 cod. civ.). È altresì incapace di ricevere per donazione il notaio rogante l’atto (art. 28, n. 3, legge n. 89/1913).
13.1.3 Pluralità di donatari
Oltre che a un solo beneficiario, la donazione può essere diretta a più donatari e precisamente la legge prevede:
• la donazione congiuntiva (art. 773 cod. civ.), cioè la donazione dello stesso bene fatta
congiuntamente, e per parti eguali, a favore di più donatari. In concreto, si tratta di una pluralità di donazioni quanti sono i donatari; se qualcuno dei donatari non accetta, può verificarsi alternativamente:
– se la donazione congiuntiva prevede una clausola di accrescimento, la parte non accettata
si accresce automaticamente (senza nuova accettazione) a favore degli altri donatari. Di regola, per il diritto di proprietà è ammesso solo l’accrescimento anteriore all’acquisto, cioè
nel caso di mancata accettazione di uno dei donatari (ma vedi infra) per la donazione di
usufrutto congiuntivo);
– in mancanza di clausola di accrescimento, la quota non accettata resta nel patrimonio
del donante;
• la donazione di usufrutto congiuntivo (art. 796 cod. civ.). A differenza dell’accrescimento che riguarda la proprietà, per la donazione di usufrutto a favore di una pluralità di donatari è ammesso anche l’accrescimento successivo all’acquisto. Vale a dire che, alla morte
del cousufruttuario (in deroga al principio generale secondo cui, alla morte dell’usufruttuario, l’usufrutto si consolida con la nuda proprietà), l’usufrutto non si estingue, ma si accresce a favore degli altri cousufruttuari superstiti;
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DONAZIONE
OBBLIGHI DEL DONANTE
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• la sostituzione ordinaria (art. 795 cod. civ.);
• la sostituzione fedecommissaria (art. 795 cod. civ.);
• l’usufrutto (uso o abitazione) successivo (art. 796 cod. civ.).
13.2
Oggetto e forma
Oggetto della donazione immobiliare è il trasferimento della proprietà o la costituzione di
un diritto reale su immobili (usufrutto, superficie ecc.).
Non possono essere oggetto di donazione immobili da costruire o altrui (art. 769 cod. civ.).
Il divieto riguarda anche i diritti reali di garanzia su immobili (ipoteca) per la ragione che,
al momento della costituzione, manca un impoverimento del patrimonio del donante. Tuttavia, l’ipoteca può costituire oggetto di atti gratuiti, cioè privi di corrispettivo.
Per la donazione immobiliare è sempre richiesto, a pena di nullità, l’atto pubblico alla presenza di due testimoni (artt. 782 cod. civ. e 51, n. 6, legge notarile) [f 700].
13.3
Elementi accidentali
La donazione consente l’apposizione degli elementi accidentali del contratto (condizione,
termine e modo), con le seguenti precisazioni:
– secondo la regola generale ex art. 1354 cod. civ., anche per il contratto di donazione la condizione, sospensiva o risolutiva, impossibile e illecita rende nulla la donazione (vitiatur et vitiat);
– se il donante si riserva di disporre di qualche oggetto compreso nella donazione, pone in
essere una donazione soggetta a condizione sospensiva dipendente dalla sua mera volontà
(condizione sospensiva meramente potestativa eccezionalmente valida); infatti, se muore
senza averne disposto, tale facoltà non si trasferisce agli eredi (art. 790 cod. civ.);
– la condizione di riversibilità a favore del donante ex art. 791 cod. civ., se il donatario o i
suoi discendenti dovessero premorire, configura una condizione risolutiva;
– il modo (o onere), ammissibile solo nelle donazioni (e negli altri atti a titolo gratuito, oltre che nelle disposizioni testamentarie), è un negozio autonomo che ha carattere patrimoniale e obbliga il donatario nei limiti di valore della cosa donata (art. 793, c. 2, cod. civ.).
Vale a dire che la donazione modale a favore di un soggetto determinato comporta una donazione diretta a favore del donatario e una indiretta a favore del beneficiario dell’onere
(esempio: Caio dona una villa a Sempronio con l’obbligo di dare l’ultimo piano in comodato a Tizio: donazione diretta da Caio a Sempronio, donazione indiretta da Caio a Tizio). Se
il donatario non adempie l’onere di cui è gravato, oltre al donante, può agire per la risoluzione qualsiasi interessato. La risoluzione per inadempimento dell’onere può essere richiesta solo se espressamente prevista nella donazione (art. 793, c. 4, cod. civ.).
13.4
Obblighi del donante
Garanzia per evizione (art. 797 cod. civ.). Il donante è tenuto alla garanzia per evizione
(cioè garantire la titolarità del diritto trasferito e la libera disponibilità della cosa donata)
esclusivamente nei seguenti casi:
– se ha espressamente promesso la garanzia;
– se l’evizione dipende da dolo o da fatto personale di lui;
– se si tratta di donazione che impone oneri al donatario o di donazione remuneratoria (sino
a concorrenza dell’ammontare degli oneri e delle prestazioni ricevute).
Garanzia per vizi (art. 798 cod. civ.). Salvo patto speciale, ovvero per dolo, la garanzia del
donante non si estende ai vizi dell’immobile donato. Di regola, è escluso che l’assunzione
della garanzia per evizione comprenda anche quella per vizi. Il patto speciale deve risultare
esplicitamente e non è sufficiente una promessa unilaterale.
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DONAZIONE
OBBLIGHI DEL DONATARIO
13.5
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Obblighi del donatario
Adempimento del modo (art. 793, c. 2 e 4, cod. civ.). Il modo rappresenta una limitazione
che il donante può apporre alla donazione e che obbliga il donatario ad adempiere, anche se
nei limiti di valore della cosa donata.
Se il donatario non adempie l’onere di cui è gravato, oltre al donante può agire per la risoluzione qualsiasi interessato. La risoluzione per inadempimento dell’onere può essere richiesta solo se espressamente prevista nella donazione.
Obbligo alimentare (artt. 437 e 438 cod. civ.). Nei limiti del valore della donazione esistente nel suo patrimonio, il donatario è obbligato, con precedenza su ogni altro obbligato, a
prestare gli alimenti al donante, salvo si tratti di donazione con riguardo a un futuro matrimonio o di una donazione remuneratoria.
Se vi è una pluralità di donatari, sono obbligati tutti in proporzione alle rispettive donazioni
(art. 441 cod. civ.).
13.6
Scioglimento del contratto
Mutuo consenso (art. 1372 cod. civ.). La donazione con la quale si trasferisce la proprietà
di un immobile non può essere risolta per mutuo consenso, ma è necessario un atto contrario per ripristinare gli effetti quo ante, cioè il donatario deve a sua volta donare il bene ricevuto al donante.
Revocazione (artt. 800 ss. cod. civ.). La donazione può essere sciolta anche per revoca per
ingratitudine o per sopravvenienza di figli. Sono ipotesi di inefficacia sopravvenuta condizionata alla pronunzia costitutiva del Giudice.
• Revocazione per ingratitudine (art. 801 cod. civ.). La legge prevede tassativamente i casi
in cui il donante può revocare la donazione per ingratitudine, vale a dire:
– se il donatario ha commesso uno dei fatti previsti ex art. 463, nn. 1, 2 e 3, cod. civ. (ipotesi di indegnità);
– per ingiuria grave del donatario verso il donante. La nozione di ingiuria grave va valutata
con riguardo all’ambiente, istruzione ed educazione dei protagonisti e prescinde dalla nozione
penalistica di ingiuria e diffamazione ed è molto più ampia, comprendente anche le sevizie;
– per grave pregiudizio arrecato dal donatario al patrimonio del donante; deve comunque
trattarsi di un danno effettivo e non di uno stato di pericolo;
– indebito rifiuto degli alimenti dovuti nei casi previsti dalla legge per obbligo derivante al
donante per parentela o adozione con il donante (artt. 433 e 436 cod. civ.).
• Revocazione per sopravvenienza di figli (art. 803 cod. civ.). Le donazioni fatte da chi
non aveva (o ignorava di avere) al tempo della donazione figli o discendenti legittimi, possono essere revocate per:
– sopravvenienza o esistenza di un figlio o discendente legittimo del donante;
– riconoscimento di un figlio naturale entro due anni dalla donazione, salvo prova da parte
del donatario che il donante era a conoscenza dell’esistenza di un figlio naturale al momento della donazione.
Sono esclusi i figli adottivi e gli affiliati.
In tutti i casi, la revocazione è possibile anche se la donazione è stata eseguita. In ogni caso,
il potere di revoca costituisce un diritto del donante che, nei casi previsti, può revocare la
donazione con una dichiarazione integrata dal controllo del Giudice senza che nulla faccia
il donatario.
Sono revocabili le donazioni modali, salvo il diritto del donatario di ottenere il valore della
prestazione (modo) da lui eseguita.
Modalità e termini dell’azione di revocazione (artt. 802 e 804 cod. civ.). La domanda di
revocazione:
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DONAZIONE
FATTISPECIE PARTICOLARI
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• per ingratitudine, va proposta dal donante o dai suoi eredi contro il donatario (o i suoi
eredi) entro l’anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del presupposto che
gli consente di revocare la donazione. Se il donatario è responsabile di omicidio volontario
verso il donante o gli ha dolosamente impedito di revocare la donazione, il termine è di un
anno a decorrere dal giorno in cui gli eredi hanno avuto notizia della causa di revocazione.
È inammissibile l’esercizio dell’azione in via surrogatoria dai creditori del donante;
• per sopravvenienza di figli dal donante (o dai suoi eredi), va proposta entro cinque anni a
decorrere dal giorno della nascita dell’ultimo figlio o discendente legittimo, ovvero dalla
notizia della loro esistenza, ovvero dal riconoscimento del figlio naturale. Dopo la morte
del figlio o discendente legittimo, il donante non può proporre o proseguire l’azione di revocazione.
Effetti della revocazione (artt. 807 e 808 cod. civ.). Occorre distinguere gli effetti della revocazione della donazione nei confronti del donatario e dei terzi acquirenti dal donatario.
• Donatario. Verso il donatario la revocazione produce un effetto parzialmente retroattivo;
egli deve restituire i beni in natura (se esistono ancora) e i relativi frutti a decorrere dal giorno della domanda. Se il donatario ha ceduto i beni donati, deve restituire il valore con riguardo al giorno della domanda di revocazione e i relativi frutti che decorrono dallo stesso
giorno della domanda. Se, prima della trascrizione della domanda di revocazione, il donatario ha costituito sui beni donati diritti reali che ne diminuiscono il valore (ad esempio usufrutto), è tenuto a indennizzare il donante della diminuzione di valore.
• Terzi acquirenti dal donatario. La revocazione è inefficace nei confronti dei terzi acquirenti dai donatari che hanno trascritto l’atto di acquisto anteriormente alla trascrizione della
domanda di revoca da parte del donante.
13.7
Fattispecie particolari
Donazione di azienda. L’immobile può essere donato anche mediante la donazione di
azienda di cui costituisce elemento.
Anche l’azienda può essere oggetto di donazione.
Donazione con riserva di usufrutto (art. 796 cod.
➊ Non è ammessa la riserva di usuciv.). Il donante può riservare a proprio vantaggio l’ufrutto a favore di terzi indeterminati
sufrutto dei beni donati e, dopo di lui, a vantaggio di
al momento della donazione (o dei fualtra persona o anche di più persone, ma non successituri eredi). Infatti la donazione è un
vamente (esempio: Tizio dona a Caio la nuda proprietà
contratto e non può aversi con una
persona indeterminata.
di un appartamento riservando l’usufrutto a se stesso e
dopo la sua morte a vantaggio di Mevia) ➊.
La donazione costituisce un negozio unitario, sia pure
con due vicende di diritti reali (donazione nuda proprietà e riserva dell’usufrutto al donante)
e non un doppio negozio tra donante e donatario (donazione piena proprietà dal donante al
donatario e dell’usufrutto dal donatario al donante). Vero è che in pratica vi sono due donazioni, ma entrambe effettuate dallo stesso donante: la prima avente a oggetto la sola nuda
proprietà e immediatamente efficace e la seconda relativa all’usufrutto che il donante si è
riservato e che dona a un terzo (o a una pluralità di terzi congiuntamente) a decorrere dalla
sua morte (il beneficiario dell’usufrutto deve accettare la donazione prima della morte del
donante).
Salvo patto contrario, il donante con obbligo di usufrutto ha verso il nudo proprietario gli
stessi obblighi dell’usufruttuario a titolo oneroso, salvo quello di prestare idonea garanzia
(art. 1002, c. 3, cod. civ.).
Donazione obnuziale (art. 785 cod. civ.). La donazione fatta in riguardo di un futuro matrimonio, sia dagli sposi tra loro, sia dagli altri a favore di uno o entrambi gli sposi o dei loro
figli nascituri, si perfeziona senza accettazione, ma è efficace dal matrimonio.
In deroga alla natura contrattuale della donazione ordinaria, la donazione obnuziale confi-
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DONAZIONE
FATTISPECIE PARTICOLARI
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gura un negozio unilaterale, che si perfeziona quando la volontà del donante giunge a conoscenza del donatario (art. 1334 cod. civ.) e produce effetti dalla celebrazione del matrimonio considerato quale condicio facti.
L’annullamento del matrimonio comporta nullità (rectius inefficacia) della donazione, salvo i diritti acquistati da terzi di buona fede tra il giorno del matrimonio e quello del passato
in giudicato della sentenza che dichiara la nullità del matrimonio. Tuttavia, il coniuge di
buona fede non deve restituire i frutti anteriormente alla domanda di annullamento del matrimonio e la donazione a favore di figli nascituri resta efficace.
13.8
Donazione e quota di legittima
Al fine di tutelare il coniuge, i figli legittimi e naturali e gli ascendenti legittimi (cd. legittimari), la legge riserva loro una parte determinata del patrimonio del defunto (cd. quota di
legittima). Per assicurare che sia effettivamente acquisita dai familiari, il codice civile (artt.
553-564) prevede delle azioni dirette alla reintegrazione della quota riservata ai legittimari, se intaccata da disposizioni testamentarie o da donazioni lesive effettuate in vita dal de
cuius (sia di beni mobili, sia di immobili). La tutela comprende diverse azioni, tra loro connesse e consequenziali.
La prima azione, detta di riduzione vera e propria, è diretta a far dichiarare l’inefficacia
delle disposizioni testamentarie e delle donazioni lesive della legittima.
Le altre azioni sono successive e dirette a conseguire la restituzione dei beni, sia contro i
diretti beneficiari delle disposizioni ridotte, sia contro i terzi acquirenti dai beneficiari.
La natura reale dell’azione di riduzione (e, quindi, efficace erga omnes) consentiva al legittimario, indipendentemente dal tempo trascorso dalla data della donazione effettuata in vita
dal de cuius, di pretendere la restituzione dai donatari dei beni donati liberi da ogni peso o
ipoteca (art. 561, c. 1, cod. civ. ante D.L. n. 35/2005, conv. in legge n. 80/2005) ovvero,
qualora i donatari li avessero alienati, di pretendere la restituzione dai terzi acquirenti (art.
563, c. 1, cod. civ. ante riforma). Per agevolare la circolazione dei beni oggetto di atti di disposizione a titolo gratuito, la novella introduce un termine ventennale, decorrente dalla
donazione, oltre il quale la legge preferisce al legittimario i diritti che i terzi vantano sui beni oggetto delle donazioni lesive della legittima.
13.8.1 Azione di riduzione (art. 561, c. 1, cod. civ. modificato dall’art. 2,
c. 4-novies, legge n. 80/2005)
Come accennato, l’azione di riduzione ha natura reale ed efficacia retroattiva. Una prima
conseguenza della realità e retroattività la si rinviene nel fatto che il diritto del legittimario
non è pregiudicato dalla costituzione sul bene donato in vita dal de cuius, da parte del donatario e a favore di terzi, di ipoteche o di altri diritti reali o oneri (usufrutto, affitto ecc.). Infatti, il legittimario è preferito ai terzi e, in conseguenza dell’esercizio vittorioso dell’azione
di riduzione, ha diritto di pretendere la restituzione in natura, dei beni immobili (e dei mobili registrati) liberi da ogni peso o ipoteca di cui il donatario (o il legatario) possa averli
gravati, salvo i limiti di seguito indicati.
Limiti della trascrizione. Si tratta di un limite generale già previsto dalla norma ante riforma e derivante dalla disciplina della trascrizione delle domande giudiziali di riduzione delle
donazioni e disposizioni testamentarie per lesione di legittima (artt. 2652, n. 8 e 2690, n. 5,
cod. civ. per i beni mobili registrati).
A tal proposito, occorre distinguere se la domanda di riduzione sia stata trascritta:
– entro il periodo di dieci anni dall’apertura della successione (cioè dalla morte del de
cuius), il legittimario è sempre preferito ai terzi, indipendentemente dal fatto che la trascrizione della domanda di riduzione sia anteriore o posteriore alla trascrizione dell’acquisto
del terzo;
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DONAZIONE
DONAZIONE E QUOTA DI LEGITTIMA
– trascorso il decennio dall’apertura della successione, i terzi acquirenti che hanno trascritto il loro diritto prima della trascrizione della domanda di riduzione sono preferiti al legittimario. In tale ipotesi, il legittimario potrà rivalersi solo contro il donatario.
Fermo restando il limite di prescrizione ex art. 2946 cod. civ., la novella ha introdotto un
nuovo termine ventennale, decorrente dalla trascrizione della donazione, entro il quale
esercitare l’azione di riduzione. Si tratta di limiti che hanno natura ed effetti assai differenti.
Il primo è il limite generale di prescrizione decennale, decorrente dall’apertura della successione (e, quindi, dalla nascita del diritto del legittimario alla quota di riserva), entro il
quale, a pena di nullità, il legittimario deve esercitare l’azione di riduzione.
Il secondo è un limite ventennale, decorrente dalla trascrizione della donazione, entro il
quale esercitare l’azione di riduzione per ottenere la restituzione dei beni donati liberi da
pesi e ipoteche iscritte dal donatario a favore di terzi. All’opposto, se la riduzione è domandata dopo venti anni, i beni saranno restituiti gravati dai pesi e dalle ipoteche, salvo l’obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari in ragione del conseguente minor valore dei beni.
A differenza del termine decennale, che decorre dall’apertura della successione e comporta
la prescrizione del diritto, il termine ventennale costituisce un onere posto a carico dei familiari che decorre sin dalla trascrizione della donazione, cioè prima ancora che si apra la
successione e, quindi, prima che possa esercitarsi l’azione di riduzione. Per evitare che il
decorso del termine pregiudichi il diritto del legittimario di ricevere la legittima libera da
pesi e ipoteche, la novella prevede la sospensione del termine ventennale se i familiari propongono opposizione stragiudiziale all’atto di donazione.
13.8.2 Azione di restituzione (art. 563 cod. civ.)
Come accennato, l’azione di riduzione vera e propria rende inefficace la disposizione lesiva
della legittima nei confronti dei legittimari che l’abbiano esercitata. Successivamente all’esercizio vittorioso dell’azione di riduzione, i legittimari possono agire nei confronti dei beneficiari per la restituzione dei beni oggetto dell’azione di riduzione. Se i donatari contro i quali
è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati, il legittimario, premessa l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e
nell’ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari stessi, la restituzione degli immobili.
Se il donatario abbia posto in essere alienazioni parziali e successive, l’azione per ottenere
la restituzione deve essere proposta secondo l’ordine
➊ Contro i terzi acquirenti può anche
di data delle alienazioni cominciando dall’ultima ➊.
essere chiesta la restituzione dei beni
Il terzo acquirente può liberarsi dell’obbligo di restituire
mobili, oggetto della donazione, salvo
in natura le cose donate pagando l’equivalente in danaro.
gli effetti della buona fede.
A differenza del regime previgente, la novella, come
per l’azione di riduzione, pone un limite ventennale
per l’esercizio dell’azione di restituzione contro i terzi acquirenti dei beni immobili oggetto
della donazione. Trascorsi venti anni dalla donazione, l’azione non può più essere esercitata. Tuttavia, il coniuge e i parenti in linea retta del donante possono evitare di correre il rischio di non potere esercitare l’azione di restituzione notificando, anche prima della morte
del donante, al donatario e poi trascrivendo nei registri immobiliari un atto stragiudiziale
(cioè non proposto avanti al Giudice) di opposizione alla donazione, che va rinnovato prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione.
A seguito dell’opposizione, il legittimario conserva la facoltà di esercitare l’azione di restituzione nei confronti dei terzi anche oltre il termine ventennale.
Il diritto all’azione è:
– personale, cioè non è cedibile ad altri, ma produce effetti solo per l’opponente;
– rinunziabile, vale a dire che l’opponente può rinunziare a esercitare l’azione di restituzione.
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DONAZIONE
DONAZIONI INDIRETTE
13.9
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Donazioni indirette (art. 809 cod. civ.)
La figura della donazione indiretta (come peraltro il negozio indiretto in genere) non è direttamente regolamentata dal codice (a eccezione della norma di rinvio – art. 809 – applicabile agli atti di liberalità in genere), ma è consentita nell’ambito della generale autonomia
contrattuale riconosciuta ai privati, salvo sia diretta a
realizzare finalità illecite (artt. 1322, c. 2, 1344 e 1345
➊ Costituisce una donazione indiretta
anche la donazione mista (negotium
cod. civ.).
mixtum cum donatione ), quale, ad
Si ha donazione indiretta quando lo scopo di arricchire
esempio, vendita di un immobile per
un altro soggetto non viene realizzato direttamente
un corrispettivo inferiore al valore del
mediante la donazione tipica (diretta), ma attraverso
bene in cui l’arricchimento del beneficiario avviene mediante un contratto tialtri atti giuridici (negozio mezzo) diretti ad altri effetpico (vendita) diverso dalla donazione.
ti che producono egualmente il risultato voluto (esempio: Tizio, invece di donare un bene immobile a Caio,
gli conferisce mandato irrevocabile ad amministrare e
➋ La categoria più importante dei nealienare senza obbligo di rendiconto).
gozi indiretti è il negozio fiduciario,
Costituiscono donazione indiretta la remissione del
quale, per esempio, l’intestazione fidudebito (art. 1236 cod. civ.), contratto a favore del
ciaria di immobili a un terzo con il patto che il fiduciario utilizzerà e disporrà
terzo (artt. 1411 ss. cod. civ.), assicurazione a favore
dei beni esclusivamente in conformità
del terzo (art. 1923 cod. civ.), adempimento del terzo
alle istruzioni del fiduciante.
con rinunzia a ripetere quanto pagato ➊ ➋.
13.9.1 Forma
Per le donazioni indirette è richiesta la stessa forma prevista per il contratto utilizzato per
attuare la liberalità (esempio: per la donazione indiretta di un immobile a mezzo di vendita
a prezzo inferiore al reale, è necessario l’atto scritto – ma non l’atto pubblico con testi previsto per la donazione tipica).
13.10 Regime fiscale (artt. 2, c. 47 e 54, D.L. n. 262/2006, conv. in legge
n. 286/2006, modificato dall’art. 1, c. 77-79, legge n. 296/2006)
Per le donazioni presentate per la registrazione a decorrere dal 3 ottobre 2006, il legislatore
fiscale ha definitivamente reintrodotto l’imposta di donazione (e successione) sui trasferimenti di beni e diritti per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione di cui al ripristinato D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346.
Come per le successioni, anche per le donazioni la novella prevede che l’imposta sia disciplinata in via generale dalle stesse disposizioni del citato D.Lgs. n. 346/1990 che rivive in
tutte le sue norme, a eccezione:
– dell’art. 56, c. 1, 2 e 3 espressamente abrogato, concernente la determinazione dell’imposta;
– di nuove norme dettate per la misura delle aliquote, la determinazione dell’imponibile, le
franchigie ecc. (artt. 7, c. 1 e 2-quater, e 12, c. 1-bis e 1-ter).
L’imposta colpisce le donazioni, dirette e indirette, gli atti di trasferimento gratuiti di beni e
diritti e la costituzione di vincoli di destinazione di beni.
13.10.1 Ambito di applicazione
L’imposta colpisce le donazioni e gli atti gratuiti tra vivi diversi dalle donazioni. Alle donazioni sono equiparate le donazioni presunte.
Le donazioni devono essere registrate, secondo le disposizioni dell’imposta di registro, entro venti giorni dalla loro stipulazione se l’atto è fatto in Italia, entro sessanta se è formato
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all’estero. La richiesta di registrazione all’ufficio del registro competente viene presentata
dal notaio che redige l’atto, su un apposito modello da compilare in duplice copia.
Soggetto passivo è il donatario e i beneficiari per le liberalità diverse dalle donazioni. Donatari sono considerati anche i beneficiari, se esattamente indicati, degli oneri di cui è gravata la donazione.
Alle donazioni si applicano le stesse regole previste per le successioni e in particolare:
– le norme sul cumulo delle precedenti donazioni (cd. coacervo). Non valgono per il coacervo le donazioni registrate gratuitamente (cioè quelle effettuate a favore di determinati
soggetti - art. 3, D.Lgs. n. 346/1990) o quelle per le quali l’imposta è stata pagata in misura
fissa;
– le disposizioni sulla riduzione dell’imposta in caso di successione aperta entro cinque anni dalla donazione avente a oggetto gli stessi beni e diritti;
– le imposte pagate all’estero;
– i criteri per la valutazione dei beni trasferiti;
– le stesse aliquote stabilite per l’imposta di successione;
– le disposizioni relative alla sostituzione commissoria;
– la disciplina sulle detrazioni e riduzioni;
– sul rimborso dell’imposta;
– sulla riscossione coattiva e sulle garanzie per l’Erario;
– sull’attività di controllo e accertamento.
13.10.2 Trasferimenti esclusi (art. 3, D.Lgs. n. 346/1990, modificato
dall’art. 1, c. 78, legge n. 296/2006)
Non sono soggetti all’imposta i trasferimenti:
– a favore dello Stato, Regioni, Province e Comuni, Enti pubblici, fondazioni o associazioni
legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l’assistenza, lo studio, la ricerca
scientifica, l’educazione, l’istruzione o altre finalità di pubblica utilità; organizzazioni non
lucrative di utilità sociale (Onlus); fondazioni previste dalla legge 23 dicembre 1998, n. 46;
– a favore di Enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, diversi da
quelli su indicati, a condizione che siano disposti per le stesse finalità di assistenza, studio
ecc. e che il beneficiario dimostri, entro cinque anni dall’accettazione della donazione (o
dell’eredità o dall’acquisto del legato), di avere impiegato i beni o diritti ricevuti o la somma ricavata dalla loro alienazione per il conseguimento delle finalità indicate dal testatore o
dal donante. In mancanza della prova, è dovuto il pagamento dell’imposta con gli interessi
legali dalla data in cui avrebbe dovuto essere pagata;
– a favore di movimenti e partiti politici;
– effettuati anche tramite i patti di famiglia ex artt. 768-bis ss. cod. civ. a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni.
13.10.3 Determinazione dell’imposta
Di norma, l’imposta è determinata applicando sul va➊ Gli oneri di cui è gravata la donaziolore dei beni e diritti donati a ciascun beneficiario, al
ne sono considerati donazioni a favore
netto degli oneri su di essi gravanti diversi dalle predel beneficiario dell’onere se questi è
stazioni a favore di terzi individualmente determinati
esattamente indicato. Pertanto, l’imposta va liquidata sul valore dei beni e di➊, le seguenti aliquote differenziate a seconda del graritti depurato dell’onere che costituisce
do di parentela:
autonomo oggetto di imposta (art. 58,
– per il coniuge e i parenti in linea retta si applica l’ac. 1, D.Lgs. n. 346/1990).
liquota del 4% sul valore complessivo netto eccedente,
per ciascun beneficiario,1.000.000 di euro;
– per i beni devoluti a favore dei fratelli e sorelle si applica l’aliquota del 6% sul valore
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complessivo netto dell’asse ereditario eccedente, per ciascun beneficiario, di 100.000 euro
[art. 2, c. 49, lett. a-bis), D.L. n. 262/2006, introdotto dall’art. 1, c. 77, legge n. 296/2006];
– nei confronti degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché
degli affini in linea collaterale fino al terzo grado, si applica l’aliquota del 6% sul valore
complessivo netto, senza alcuna franchigia;
– per altri soggetti si applica l’aliquota dell’8% sul valore complessivo netto, senza alcuna
franchigia.
Se il beneficiario dei trasferimenti è una persona portatrice di handicap, l’imposta si applica
esclusivamente sulla parte del valore della quota o del legato che supera l’ammontare di
1.500.000 euro (art. 2, c. 49-bis, D.L. n. 262/2006, introdotto dall’art. 1, c. 77, legge n.
296/2006).
In ogni caso, è escluso l’avviamento nella determinazione della base imponibile delle aziende, delle azioni,
➊ In caso di donazione di beni oggetto
di produzione o commercio dell’impresa,
delle quote sociali (art. 1, c. 78, legge n. 296/2006) ➊.
l’IVA applicabile può essere detratta dalPluralità di donazioni. Costituiscono una pluralità di dol’imposta sulle donazioni se alla richiesta
nazioni e, quindi, l’imposta va calcolata separatamente
di registrazione è allegata la fattura.
per ciascuna di esse sul valore delle quote dei beni o diritti, le donazioni fatte in uno stesso atto:
– congiuntamente a favore di più soggetti o
– con una pluralità di disposizioni a favore di soggetti diversi (art. 2, c. 49, legge n.
286/2006).
Donazioni sospensivamente condizionate (art. 58, c. 2, D.Lgs. n. 346/1990). Le donazioni
soggette a condizione sospensiva sono soggette alla stessa disciplina dell’imposta di registro.
Si considerano sottoposte a condizione sospensiva le donazioni a favore di nascituri e a favore di enti che devono essere autorizzati dall’autorità governativa per accettare la donazione. È stato abrogato l’obbligo della preventiva autorizzazione governativa per la persona
giuridica che vuole acquistare immobili, accettare donazioni o eredità, conseguire legati
(art. 17 cod. civ. abrogato dalla legge n. 127/1997).
Donazioni anteriori (art. 57, D.Lgs. n. 346/1990). Il valore globale netto dei beni e dei diritti donati va aumentato del valore complessivo attuale di tutte le donazioni anteriori fatte dal donante al
donatario, comprese le donazioni presunte. Sono invece escluse le donazioni o liberalità di:
– modico valore (art. 783 cod. civ.);
– le spese non soggette a collazione (spese di mantenimento e di educazione e quelle sostenute per malattia, spese ordinarie per abbigliamento o per nozze - art. 742 cod. civ.);
– registrate gratuitamente;
– registrate a tassa fissa per la donazione di beni culturali e per le donazioni di beni o diritti
esenti.
Se vi sono donazioni contestuali nello stesso atto o una donazione con più donatari, ciascuna quota va maggiorata del valore attuale della donazione fatta a ciascun beneficiario.
Si considerano anteriori alla donazione, se dai relativi atti non risulta diversamente, anche
le altre donazioni di pari data.
Negli atti di donazione vanno obbligatoriamente indicati gli estremi delle donazioni anteriormente fatte dal donante al donatario o ad alcuno dei donatari e i relativi valori alla data degli atti
stessi. Per l’omissione, incompletezza o inesattezza di tale indicazione si applica, a carico solidalmente dei donanti e dei donatari, la sanzione da una a due volte la maggiore imposta dovuta.
La giurisprudenza
Il cumulo dei valori di più donazioni è previsto dall’ordinamento solo se le donazioni risultino fatte con un
unico atto, anche se in favore di donatari diversi, oppure se disposte con atti distinti purché in favore del
medesimo donatario. Ne consegue che il cumulo delle donazioni non può trovare applicazione se le donazioni sono disposte con atti distinti e in favore di soggetti diversi (Cass. civ. 1° settembre 1998, n. 8675
e Cass. civ. 6 marzo 1992, n. 2722).
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Donazioni soggette a imposta fissa (art. 59, D.Lgs. n. 346/1990). Sono soggette alla stessa
imposta fissa prevista per l’imposta di registro le donazioni di beni culturali vincolati se è
presentata all’ufficio del registro l’attestazione prevista per l’imposta di successione. Se i su
detti beni sono oggetto, insieme ad altri, della stessa donazione, non sono considerati ai fini
della determinazione dell’imposta.
Donazioni indirette (artt. 1 e 56-bis, D.Lgs. n. 346/1990). Costituiscono donazioni indirette tutte quelle liberalità che, attuate con spirito di liberalità, giungono allo stesso risultato
delle donazioni tipiche (cioè redatte per atto pubblico e che comportano arricchimento del
donatario e impoverimento del donante), quali, per esempio, la rinunzia a un diritto, l’intestazione di beni al donatario e il pagamento del prezzo da parte del donante, l’assunzione di
un debito altrui e il contratto a titolo oneroso con pattuizione di un prezzo inadeguato alla
controprestazione (cd. negotium mixtum cum donatione). Di regola, sono soggette all’imposta a eccezione delle donazioni e liberalità indirette collegate ad atti di trasferimento o costituzione di diritti immobiliari o di trasferimento di aziende già assoggettati a imposta proporzionale di registro (o all’imposta sul valore aggiunto), ad esempio acquisto di immobile
pagato dal padre e intestato al figlio.
In mancanza di dichiarazione da parte del beneficiario, le donazioni indirette possono essere accertate dall’Ufficio fiscale esclusivamente quando siano dichiarate direttamente dal beneficiario nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi, come, ad esempio,
nell’ambito di un accertamento sintetico Irpef per giustificare la maggiore capacità contributiva rispetto a quella risultante dalla dichiarazione dei redditi.
Sono escluse da accertamento le donazioni indirette effettuate all’estero a favore di beneficiari residenti (art. 56-bis, c. 2 e 3, D.Lgs. n. 346/1990).
13.10.4 Imposte ipotecaria e catastale
Se la donazione ha a oggetto immobili o diritti reali immobiliari, devono sempre essere corrisposte le imposte ipotecaria e catastale, determinando la base imponibile sul valore lordo
secondo gli stessi criteri previsti per le successioni mortis causa.
Per l’agevolazione prima casa, le imposte ipotecarie e catastali sono in misura fissa (168
euro ognuna); per gli altri immobili, l’imposta ipotecaria è del 2%, mentre l’imposta catastale è dell’1% sul valore catastale degli immobili donati. L’agevolazione per la prima casa
è concessa al beneficiario, ovvero, se vi sono più beneficiari, ad almeno uno di essi, se sussistono tutti i requisiti e le condizioni previsti in materia di acquisto della prima abitazione.
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Il comodato è il contratto col quale una parte (comodante) consegna a un’altra (comodatario) una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso
determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta (art. 1803 cod. civ.).
Il comodato è essenzialmente gratuito.
Il contratto di comodato è caratterizzato dalla temporaneità dell’uso della cosa, risultante dalla fissazione di un termine risolutivo lasciato all’autonomia negoziale delle parti.
La fissazione del termine può avvenire esplicitamente o implicitamente, mediante la pattuizione di un uso specifico. Scaduto il termine o utilizzato il bene, diviene esigibile l’obbligazione di restituzione da parte del comodatario sorta sin dal momento di conclusione del contratto. Nell’ipotesi in cui la temporaneità dell’uso non sia attuata dalle parti
nell’esercizio dell’autonomia privata, il comodante ha facoltà di chiedere la restituzione,
ad nutum, della cosa data in comodato (artt. 1809 e 1810 cod. civ.) (Cass. civ. 16
aprile 2003, n. 6101).
Il contratto di comodato è:
– reale, cioè si perfeziona con la consegna del bene;
– essenzialmente gratuito (se oneroso non è comodato, ma altro contratto, ad esempio locazione), ma, a differenza della donazione, non comporta impoverimento del patrimonio del comodante;
– unilaterale e a effetti obbligatori, cioè le obbligazioni sorgono solo a carico del comodatario che deve custodire e restituire il bene;
– di durata in quanto l’uso del bene da parte del comodatario si protrae nel tempo.
14.1
Forma
In ossequio al generale principio di libertà della forma, non è richiesta la forma scritta, salvo che oggetto del contratto sia un immobile.
Anche per il contratto di comodato valgono le limitazioni alla prova per testimoni e presunzioni semplici ex artt. 2721 ss. e 2729 cod. civ. [f 720].
14.2
Regime fiscale
I beni concessi in comodato devono sempre essere dichiarati dal comodante e non dal comodatario. Infatti quest’ultimo non è titolare di un diritto di proprietà o di altro diritto reale
di godimento (usufrutto ecc.), ma solo di un diritto relativo personale di godimento.
Il contratto di comodato può prevedere che le spese di manutenzione e riparazione ordinaria
e straordinaria siano a carico del comodatario, anche se l’ammortamento continua a essere
effettuato dal comodante. In tal caso, il comodante addebita i costi posti a carico del comodatario (ad esempio affitto, spese condominiali, luce, riscaldamento ecc.).
Ammortamento beni concessi in comodato (art. 102, T.U. n. 917/1986). L’ammortamento
di un bene concesso in comodato è sempre escluso per il comodatario (anche se titolare di
un reddito d’impresa), mentre è possibile per il comodante.
A mio avviso, infatti, il riconoscimento della strumentalità di un bene, e quindi la sua ammortizzabilità, non richiede necessariamente l’utilizzo diretto da parte del possessore, ma è
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sufficiente che l’uso del bene riveli un nesso di mezzo a fine con l’esercizio dell’impresa
(ris. min. 13 settembre 1984, n. 9/1740; ris. min. 18 ottobre 1978, n. 9/620; ris. min. 29 luglio 1983, n. 9/919).
In concreto, un bene è ammortizzabile dal comodante a condizione che:
– la sua destinazione al servizio dell’impresa del comodante sia duratura (pluriennale);
– il bene sia comunque strumentale all’esercizio dell’impresa del comodante, compreso l’uso indiretto del bene (esempio: autoveicolo concesso in comodato se comporta un vantaggio per l’impresa comodante). Il riscontro da effettuare non riguarda il collegamento diretto
tra il comodato e i ricavi dell’impresa comodante, ma più in generale con il complesso delle
operazioni commerciali.
Immobili strumentali per natura (artt. 43 e 65, c. 1, T.U. n. 917/1986). Per espressa norma di legge, a eccezione delle imprese minori, gli immobili strumentali per natura (cioè
che, per le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali
trasformazioni, ad esempio capannone industriale) sono sempre considerati strumentali anche se concessi in comodato.
Imposta sul valore aggiunto. Il contratto di comodato non è imponibile IVA.
Imposta di registro (art. 5, tariffa, parte I, T.U. n. 131/1986). I contratti di comodato di beni immobili sono soggetti a registrazione in termine fisso in misura fissa di euro 168,00.
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Agevolazioni fiscali
per i fabbricati
Al fine di favorire la realizzazione di interventi sui fabbricati volti alla loro ristrutturazione
o al conseguimento della riduzione dei consumi energetici, la legge prevede delle agevolazioni fiscali in riferimento a varie tipologie di spese inerenti a tali interventi.
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RECUPERO EDILIZIO
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E RISPARMIO ENERGETICO
15.1
Detrazione Irpef per interventi di recupero
del patrimonio edilizio
La legge prevede diverse condizioni per l’attribuzione dell’agevolazione. Alcune sono veri
e propri presupposti e attengono al riconoscimento stesso del diritto alla detrazione, altre
sono invece cause di decadenza.
L’agevolazione consiste nella detrazione dall’Irpef, per ciascun acquirente o assegnatario
delle singole unità immobiliari, del 36% (aumentata al 41% per il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2006) applicata sul 25% (IVA compresa) del prezzo dell’unità immobiliare risultante
dall’atto pubblico di compravendita o di assegnazione e, comunque, entro l’importo massimo di 48.000 euro per l’anno 2006 (con atto di acquisto stipulato entro il 30 giugno 2007).
La detrazione del 36% è stata prorogata fino al 2012 nei limiti di 48.000 euro per unità immobiliare, circa gli interventi:
– di cui all’art. 2, c. 5, legge n. 289/2002 per le spese sostenute dal 1° gennaio 2008 al 31
dicembre 2012;
– di cui all’art. 9, c. 2, legge n. 448/2001 eseguiti dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2012
dalle imprese o cooperative che provvedano alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile entro il 30 giugno 2013 (art. 1, c. 17, legge n. 244/2007).
Per le spese sostenute nel periodo 2002/2012, la detrazione, che va effettuata dall’imposta
lorda, è ripartita in 10 quote annuali di pari importo (art. 9, c. 1, legge n. 448/2001).
Per gli anni precedenti si poteva invece optare per la ripartizione in 5 o 10 anni.
Occorre precisare che i soggetti proprietari o titolari di un diritto reale sull’immobile oggetto dell’intervento edilizio (esclusi quindi gli inquilini e i comodatari) di età non inferiore, al
termine di ciascun anno, ai 75 o 80 anni, possono fruire della detrazione, rispettivamente in
5 o 3 quote annuali costanti di pari importo (art. 2, c. 5, legge n. 289/2002).
La disposizione si applica alle quote di detrazione da far valere dal 2003, anche se riferite a
spese sostenute in anni precedenti.
15.1.1 Ambito di applicazione
L’agevolazione riguarda le seguenti tipologie di interventi:
a. le opere di manutenzione straordinaria, riguardanti gli interventi e le modifiche necessari per rinnovare e sostituire le parti anche strutturali degli edifici, nonché la realizzazione
e l’integrazione dei servizi igienico-sanitari e tecnologici, a condizione che non vengano alterati i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari (appartamenti o villette) e che
non comportino modifiche alla destinazioni d’uso;
b. restauro o recupero conservativo, per gli interventi edilizi rivolti a conservare l’immobile e ad assicurarne la funzionalità nel rispetto degli elementi tipologici e strutturali dell’immobile stesso. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli
elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio;
c. ristrutturazione edilizia per le unità immobiliari, in riferimento agli interventi atti a trasformare l’edificio sino a portare a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Questi interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costituti-
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vi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti
nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica;
d. le opere di manutenzione nei condomini;
e. l’eliminazione delle barriere architettoniche, aventi a oggetto ascensori e montacarichi,
nonché ogni strumento tecnologicamente più avanzato idoneo a favorire la mobilità interna
ed esterna all’abitazione per le persone portatrici di handicap in situazione di gravità, sia
sulle parti comuni che sulle unità immobiliari;
f. l’adozione di misure finalizzata a prevenire il rischio del compimento di atti penalmente
illeciti da parte di terzi (per esempio, sistemi di allarme, inferriate ecc.). in questo caso rilevano solo le spese sostenute per gli interventi sugli immobili (quindi non rileva il contratto
stipulato con un istituto di vigilanza);
g. le opere volte a conseguire un risparmio energetico con particolare riguardo a quelle che
prevedono l’installazione di impianti basati sull’impiego delle fonti rinnovabili di energia;
h. l’adozione di misure antisismiche, in genere riferite a opere riconducibili alla manutenzione straordinaria o alla ristrutturazione edilizia. Questi interventi devono essere realizzati
devono comprendere interi edifici;
i. gli interventi volti al contenimento dell’inquinamento acustico;
l. l’esecuzione di opere volte a prevenire gli infortuni domestici (per esempio, installazione di apparecchi di rilevazione della presenza di gas, montaggio di vetri antinfortunistica,
installazione di corrimano lungo le scale);
m. gli interventi di fedele ricostruzione degli edifici demoliti, ferma restando, nel titolo
abilitativo, la corrispondenza di questi interventi alla categoria della ristrutturazione edilizia; n. interventi di bonifica dall’amianto, limitatamente alle unità immobiliari residenziali
(circ. min. 5 marzo 2003, n. 15/E);
o. messa a norma degli impianti elettrici e di quelli a metano.
In caso di interventi riguardanti i sottotetti, è possibile usufruire dell’agevolazione solo se
non viene costituita un’unità immobiliare autonoma e si resti nell’ambito della volumetria
già assentita. La ragione di ciò è che la finalità della detrazione del 36% è quella di agevolare le opere di recupero degli immobili abitativi esistenti, mentre con l’ampliamento della
volumetria del sottotetto, di fatto si creerebbero dei locali nuovi.
15.1.2 Interventi su interi fabbricati effettuati da imprese o cooperative edilizie
L’agevolazione spetta anche per gli interventi effettuati da imprese edilizie (costruzioni o ristrutturazioni immobiliari) e cooperative edilizie su interi fabbricati. La detrazione dall’Irpef relativa ai lavori di recupero compete all’acquirente o assegnatario delle singole unità
immobiliari alle seguenti condizioni e limiti:
Deve trattarsi di interventi di:
– restauro e risanamento conservativo, vale a dire le opere rivolte a conservare l’organismo edilizio e ad assicurare la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che,
nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio [cfr. art. 31, c. 1, lett. c), legge n. 457/1978];
– ristrutturazione edilizia, vale a dire opere rivolte a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto
o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione
di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di
nuovi elementi e impianti [cfr. art. 31, c. 1, lett. d), legge n. 457/1978].
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RECUPERO EDILIZIO E RISPARMIO ENERGETICO
DETRAZIONE IRPEF PER INTERVENTI DI RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO
15.1.3 Interventi riguardanti le pertinenze
Sono detraibili anche le spese concernenti pertinenze immobiliari, vale a dire interventi su
beni immobili posti al servizio di altri immobili (bene principale), quali cantina, garage,
soffitta ecc., con limitazioni e distinzioni:
a. per quanto concerne le pertinenze immobiliari in generale (e quindi ogni tipo di pertinenza), l’agevolazione spetta per le pertinenze di singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale ed esclusivamente per le opere di manutenzione straordinaria, di recupero e risanamento, di ristrutturazione edilizia;
b. per quanto concerne le specifiche pertinenze costituite da autorimesse o posti auto, l’agevolazione spetta per la loro realizzazione sia se pertinenziali a edifici privati che a immobili di proprietà comune.
È esclusa la detrazione d’imposta del 36% per la parte di spesa relativa alla realizzazione
dei box, se manca un preliminare di vendita regolarmente registrato da cui risulti la destinazione funzionale del box a servizio dell’immobile (cfr. ris. Agenzia delle entrate 8 febbraio
2008, n. 38/E).
15.1.4 Spese aventi diritto alla detrazione
– Le spese per la progettazione e le altre prestazioni professionali connesse;
– le spese per prestazioni professionali comunque richieste dal tipo di intervento;
– le spese per la messa in regola degli edifici ai sensi della legge n. 46/1990 (impianti elettrici) e delle norme Unicig per gli impianti a metano (legge n. 1083/1971);
– le spese per l’acquisto dei materiali;
– il compenso corrisposto per la relazione di conformità dei lavori alle leggi vigenti;
– le spese per l’effettuazione di perizie e sopralluoghi;
– l’imposta sul valore aggiunto, l’imposta di bollo e i diritti pagati per le concessioni, le autorizzazioni e le denunzie di inizio lavori;
– gli oneri di urbanizzazione;
– gli altri eventuali costi strettamente collegati alla realizzazione degli interventi nonché
agli adempimenti stabiliti dal regolamento di attuazione degli interventi agevolati (D.M.
febbraio 1998, n. 41).
15.1.5 Soggetti beneficiari
L’agevolazione spetta esclusivamente alle persone fisiche, anche non residenti, che possiedono o detengono l’immobile sul quale sono stati effettuati gli interventi (art. 1, c. 1, legge
n. 449/2007) se sussistono le seguenti condizioni:
a. effettivo sostenimento delle spese sugli immobili oggetto dell’agevolazione. Di norma la
detrazione non spetta per le spese rimborsate o comunque erogate da terzi (per esempio,
rimborsi assicurativi, contributi pubblici). È fatta eccezione per eventuali deroghe tassativamente previste dalla legge, quale il contributo per i terremotati dell’Umbria e delle Marche;
b. possesso o detenzione dell’immobile:
– a titolo di proprietà o nuda proprietà;
– altro diritto reale di godimento (usufrutto, superficie ecc.);
– a titolo di diritto personale di godimento (locazione, comodato). Per il comodato se sussiste dall’inizio dell’invio della dichiarazione di inizio lavori all’Amministrazione finanziaria
(ris. Agenzia delle entrate 6 maggio 2002, n. 136/E);
– dei soci di cooperative (a proprietà indivisa o meno);
– del futuro acquirente che sia già entrato in possesso dell’immobile oggetto dell’intervento; in tal caso il preliminare di compravendita deve essere regolarmente registrato (circ.
min. 11 maggio 1998, n. 121/E);
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DETRAZIONE IRPEF PER INTERVENTI DI RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO
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– gli acquirenti di box o posti auto pertinenziali già realizzati (circ. min. 12 giugno 2002, n. 50/E).
Il soggetto beneficiario può anche un imprenditore individuale, anche agricolo, purché l’immobile sul quale sono realizzati gli interventi non costituisce un bene strumentale o bene
merce dell’impresa.
Hanno diritto all’agevolazione anche le società semplici, società in nome collettivo e società in accomandita semplice e i soggetti a esse equiparati sempre che gli immobili non
siano strumentali o beni merce.
È altresì ammesso alla detrazione il familiare convivente di tutti i soggetti suddetti a condizione che:
– i lavori siano effettuati sull’abitazione ove si esplica la convivenza. È invece irrilevante
che l’abitazione in cui si convive rappresenti per entrambi i soggetti l’abitazione principale
(ris. Agenzia delle entrate 12 giugno 2002, n. 184/E);
– se le fatture e i bonifici sono a loro intestati. A tale riguardo, anche il convivente more
uxorio (cioè in assenza di matrimonio), può usufruire della detrazione del 36% per le spese
sostenute per la ristrutturazione edilizia (Cass. civ. 5 novembre 2008, n. 26543).
Comunque, il convivente usufruisce del beneficio solo se dimostra che l’utilizzo dell’immobile era precedente all’inizio dei lavori, cioè alla data dell’invio della relativa comunicazione.
Non è necessario che l’immobile rappresenti abitazione principale (circ. min. 12 giugno
2002, n. 50/E).
15.1.6 Adempimenti formali
A pena di decadenza dal diritto alla detrazione, il contribuente è tenuto al rispetto di determinate forme in relazione alle comunicazioni da effettuare e alla documentazione da allegare o conservare, nonché alle modalità di pagamento.
La mancata allegazione dei documenti o della dichiarazione sostitutiva, comportano la decadenza del diritto alla detrazione soltanto se il contribuente, invitato a regolarizzare la comunicazione, non ottemperi entro il congruo termine fissato dall’ufficio.
Non sono ipotesi di decadenza (circ. min. 11 maggio 1998, n. 121/E):
– il pagamento tardivo dell’ICI dovuta a partire dal 1997;
– l’accertamento di violazioni di norme di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di
lavoro da parte della ditta, se il contribuente è in grado di esibire la dichiarazione rilasciata
dalla ditta esecutrice attestante l’osservanza delle suddette disposizioni.
Semplificazione degli obblighi formali. Nel D.L. 13 maggio 2011, n. 70, (cd. decreto
“Sviluppo”) sono state previste alcune semplificazioni negli adempimenti previsti ai fini
della fruizione della detrazione Irpef del 36%.
Infatti, il citato decreto, modificando l’art. 1, c. 1, lett. a), D.M. n. 41/1998, ha eliminato
l’obbligo di inviare la comunicazione di inizio lavori al Centro operativo di Pescara.
La comunicazione è sostituita dall’obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi i dati
catastali identificativi dell’immobile e se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di
registrazione dell’atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti ai fini del controllo
della detrazione e a conservare ed esibire a richiesta degli uffici i documenti che saranno indicati in apposito Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.
Il decreto in esame, abrogando l’art. 1, c. 19, legge n. 244/2007 ha eliminato anche l’obbligo di indicare il costo della manodopera in fattura, precedentemente previsto a pena di decadenza dall’agevolazione.
Comunicazione all’ASL. Prima di iniziare i lavori, ai sensi dell’art. 99 del D.Lgs. n.
81/2008, infatti, il committente o il responsabile dei lavori, devono inviare, mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, all’Azienda sanitaria competente per il territorio ove è ubicato l’immobile, la cosiddetta notifica preliminare.
Ai sensi del citato decreto, la notifica preliminare è obbligatoria:
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– nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea;
– nei cantieri che, inizialmente non sono soggetti all’obbligo di notifica, rientrano nell’area
dell’obbligo della notifica, in seguito a varianti sopravvenute in corso d’opera. In tal caso la
notifica dovrà essere fatta quando accade il fatto che la rende obbligatoria;
– nei cantieri in cui opera un’unica impresa la cui entità presunta entità di lavoro non sia inferiore a 200
➊ Il concetto di “uomini-giorno” è dato
uomini-giorno ➊.
dalla somma di tutti gli addetti al cantiere, per esempio 5 addetti che effetLa dichiarazione da inviare all’ASL deve contenere le
tuano 40 giorni di lavoro ciascuno, ragseguenti indicazioni (contenute nell’allegato XII allo
giungono il limite di 200 uomini-giorno.
stesso decreto legislativo), ossia:
– data della comunicazione;
– indirizzo del cantiere;
– committente (nome cognome, codice fiscale e indirizzo);
– natura dell’opera;
– responsabile dei lavori (nome cognome, codice fiscale e indirizzo);
– coordinatore per quanto riguarda la sicurezza e la salute durante la realizzazione dell’opera (nome cognome, codice fiscale e indirizzo);
– data presunta d’inizio dei lavori in cantiere;
– durata presunta dei lavori in cantiere;
– numero previsto di imprese e di lavoratori autonomi sul cantiere;
– identificazione, codice fiscale o partita IVA, delle imprese già selezionate ed esplicita assunzione di responsabilità, da parte delle medesime, in ordine al rispetto degli obblighi posti dalla vigente normativa in materia di sicurezza sul lavoro e contributiva;
– ammontare complessivo presunto dei lavori (in euro).
Dichiarazione sostitutiva. È inoltre opportuno che il contribuente si faccia rilasciare dall’impresa costruttrice dei lavori una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, con la quale
dichiari di avere adempiuto a tutti gli obblighi in materia di sicurezza del lavoro e in materia contributiva in quanto, in caso di inadempienza agli obblighi da parte dell’impresa, il
contribuente decade dalla detrazione se è sprovvisto della citata dichiarazione.
Questa dichiarazione deve essere rilasciata in carta semplice e firmata dal rappresentante legale dell’impresa.
15.1.7 Modalità di pagamento
Il pagamento delle spese deve essere effettuato mediante bonifico bancario o postale a favore dell’esecutore dei lavori.
Dal bonifico devono risultare la causale del versamento, il codice fiscale del soggetto che
paga e il codice fiscale o la partita IVA del beneficiario del pagamento.
Qualora sia stato indicato solo il codice fiscale del soggetto che ha inviato la comunicazione al Centro, la detrazione viene riconosciuta anche agli altri aventi diritto purché questi indichino nella loro dichiarazione dei redditi il codice fiscale riportato sul bonifico.
Nel caso di lavori condominiali, nel bonifico dovrà essere trascritto il codice fiscale del
condominio, quello dell’amministratore e quello dell’eventuale condomino che ha provveduto al pagamento materiale della spesa.
Dato che, nel caso di comproprietà dell’immobile, il diritto alla detrazione va ripartito tra i
proprietari sulla base delle spese sostenute da ognuno di essi, sul bonifico vanno riportati i
codici fiscali di ognuno di loro e le fatture devono essere intestate agli stessi nominativi.
Tuttavia, anche in questo caso, se nel bonifico è stato indicato solo il codice fiscale del soggetto che ha inviato la comunicazione, gli altri partecipanti possono ottenere il beneficio indicando nella propria dichiarazione dei redditi il codice fiscale che compare sul bonifico.
È ammesso il bonifico on-line: in tal caso, se non sono riportati i dati suddetti, l’irregolarità
è sanata se gli stessi vengono forniti dalla banca (ris. min. 7 agosto 2008 n. 353/E).
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15.1.8 Ritenuta del 4% sui bonifici relativi alle spese detraibili
L’art. 25 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. in legge 30 luglio 2010, n. 122) prevede una ritenuta del 4% a titolo di acconto delle imposte sul reddito (Irpef, Ires) a carico dei beneficiari
dei bonifici, bancari o postali, effettuati dai contribuenti per poter beneficiare di deduzioni o
detrazioni di imposta (quindi anche per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio).
Modalità di calcolo e di versamento della ritenuta. La ritenuta va calcolata sull’importo
del pagamento al netto dell’IVA (determinata forfetariamente nella misura del 20%) (cfr.
circ. min. 28 luglio 2010, n. 40/E).
Il pagamento delle ritenute dovrà essere effettuato con il modello F24 direttamente dalla
banca o dall’ufficio postale presso cui è correntista il beneficiario del pagamento, con le
modalità previste ex art. 17, D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, utilizzando il codice tributo indicato dalla risoluzione 30 giugno 2010, n. 65/E.
Le certificazioni vanno consegnate al beneficiario del bonifico entro il 28 febbraio dell’anno successivo (art. 4, c. 6-quater, D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322).
Nella dichiarazione del sostituto d’imposta dovranno essere indicati i dati relativi al beneficiario, le somme accreditate, nonché le ritenute effettuate.
Pagamenti soggetti ad altre ritenute o a imposta sostitutiva. In alcuni casi, per le somme
oggetto del bonifico è già prevista l’effettuazione di una ritenuta da parte del soggetto ordinante il bonifico stesso, per esempio il condominio in qualità di sostituto d’imposta, dovrebbe operare una ritenuta d’acconto del 4% sui corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi.
In questi casi, per evitare che le imprese ed i professionisti subiscano sullo stesso corrispettivo più di un prelievo alla fonte, sarà applicata esclusivamente la ritenuta del 10% in esame
(circ. min. 28 luglio 2010, n. 40/E).
Nel caso in cui i soggetti destinatari del bonifico usufruiscano di regimi fiscali che prevedano l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef, la ritenuta effettuata dalla banca o
dall’ufficio postale, potrà essere scomputata dalla stessa imposta sostitutiva.
15.1.9 Conservazione dei documenti
Al fine di consentire il controllo e la prova è necessario conservare la seguente documentazione:
– le fatture, le ricevute fiscali o altra idonea documentazione fiscale intestate al soggetto
che intende fruire della detrazione (persona fisica, condominio o società di persone), che
documentino la spesa sostenuta;
– la ricevuta del bonifico bancario o postale a favore dell’esecutore dei lavori.
15.2
Detrazione per il risparmio energetico
Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2011 e relative a interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, che conseguono un valore limite di fabbisogno
di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale inferiore di almeno il 20% rispetto ai valori riportati nell’all. C, n. 1, tab. 1, annesso al D.Lgs. n.192/2005, spetta una detrazione dall’imposta lorda pari al 55% degli importi rimasti a carico del contribuente, fino
a un valore massimo della detrazione di 100.000 euro, da ripartire in dieci quote annuali
(artt. 1, c. 347, legge n. 296/2006 e 1, c. 48, legge n. 220/2010).
15.2.1 Soggetti beneficiari (art. 2, D.M. 19 febbraio 2007;
circ. min. n. 36/E/2007)
Possono fruire dell’agevolazione sia i titolari di reddito d’impresa (imprenditori individuali,
società di persone e di capitali) sia i soggetti diversi (persone fisiche, artisti e professionisti,
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società semplici, associazioni tra professioni ed enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciali), a condizione che:
– sostengano le spese per gli interventi agevolati;
– detengano l’immobile su cui gli interventi agevolati sono eseguiti in proprietà, in nuda
proprietà, in base a un diritto reale, in locazione, anche finanziaria o in comodato.
Sono invece escluse le imprese esercenti l’attività di costruzione, ristrutturazione edilizia e
vendita in riferimento agli interventi realizzati su immobili merce (ris. min. 15 luglio 2008,
n. 303/E).
Occorre anche precisare che:
– l’agevolazione spetta anche ai non residenti;
– in caso di interventi realizzati mediante contratti di leasing, spetta all’utilizzatore del bene
in base, però, al costo sostenuto dalla società di leasing (non rilevano quindi i canoni di leasing da questa addebitati all’utilizzatore);
– per le ipotesi di variazione della titolarità dell’immobile durante il periodo di godimento
dell’agevolazione, le quote residue di detrazione si trasferiscono al nuovo titolare; però, in
caso di cessazione del contratto di locazione o comodato, permangono in capo al conduttore
o comodatario che abbia sostenuto le relative spese agevolate;
– in caso di decesso del beneficiario, la detrazione si trasferisce all’erede che mantiene la
detenzione materiale e diretta del bene su cui l’intervento è stato realizzato;
– in caso di trasferimento di un’unità immobiliare residenziale le quote della detrazione fruibile non ancora utilizzate dal cedente spettano, per i rimanenti periodi d’imposta, all’acquirente persona fisica, che può rideterminare il numero di quote in cui ripartire la detrazione
residua, anche quando tale trasferimento dipenda dal decesso del beneficiario, a favore dell’erede che mantenga la detenzione dell’unità trasferita (art. 9-bis, D.M. 19 febbraio 2007).
Il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo possono fruire della detrazione, sempreché la spesa sostenuta sia rimasta effettivamente a loro carico, a condizione che
convivano con il possessore o detentore dell’immobile su cui si realizza l’intervento agevolato.
La convivenza deve avere carattere di stabilità e deve sussistere fin dal momento in cui iniziano
i lavori che danno diritto alla detrazione (circ. min. 4 aprile 2008, n. 34/E, risposta 11.2).
15.2.2 Edifici agevolati (circ. min. n. 36/E/2007)
L’agevolazione interessa i fabbricati (interi edifici, loro parti o singole unità immobiliari),
anche strumentali, appartenenti a qualsiasi categoria catastale, purché già esistenti.
Se l’oggetto dell’intervento è composto da più fabbricati censiti con un’unica categoria catastale, essa spetta per ciascuno, a prescindere dalla collocazione catastale attribuita alla costruzione edilizia (ris. min. 12 dicembre 2007, n. 365/E).
Non sono, invece, agevolabili gli immobili merce su cui le imprese esercenti attività di costruzione, ristrutturazione edilizia e vendita realizzano interventi che darebbero diritto alla
detrazione.
La prova dell’esistenza è data dall’iscrizione del fabbricato in catasto o dalla richiesta del
suo accatastamento e dal pagamento dell’ICI su esso gravante, se dovuta.
Sono esclusi, pertanto, dal beneficio i fabbricati di nuova costruzione, atteso che per questi,
già in fase di costruzione, devono comunque essere conseguiti determinati standard energetici (circ. min. 31 maggio 2007, n. 36/E).
Gli edifici interessati dall’agevolazione devono avere determinate caratteristiche tecniche e,
in particolare, devono essere dotati di impianti di riscaldamento funzionanti, presenti negli
ambienti in cui si realizza l’intervento di risparmio energetico agevolabile; questa condizione è richiesta per tutte le tipologie di intervento a eccezione dell’installazione di pannelli
solari.
L’esistenza dell’edificio, nei termini indicati e la presenza di un impianto di riscaldamento
funzionante rappresentano, dunque, le condizioni essenziali per poter fruire della detrazione
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del 55%, in relazione alle spese sostenute per gli interventi di risparmio energetico indicato
dal contribuente consistente nel miglioramento termico dell’involucro dell’edificio.
Per quanto concerne la preesistenza nell’edificio di un impianto termico, questo deve possedere le caratteristiche indicate dal D.Lgs. 29 dicembre 2006, n. 311.
È consentita, ai fini dell’agevolazione, l’installazione di un impianto di riscaldamento centralizzato anche in un fabbricato in cui solo la metà degli appartamenti è già dotata di un
impianto di riscaldamento, ma limitatamente agli appartamenti nei quali l’impianto è presente. In questo caso quota di spesa detraibile deve essere individuata con un criterio di ripartizione proporzionale basato sulle quote millesimali di ciascun appartamento (circ.
Agenzia delle entrate 23 aprile 2010, n. 21/E).
15.2.3 Interventi
Gli interventi di riqualificazione energetica si possono dividere in quattro categorie:
– riqualificazione energetica globale: deve permettere di raggiungere determinati fabbisogni annui di energia. I parametri variano di anno in anno e dipendono dal rapporto
volume/superficie dell’edificio, nonché dalla zona climatica attribuita al Comune in cui è
situato. Essi sono stati fissati dal D.M. Sviluppo economico 11 marzo 2008 e sono due, il
primo valido per il biennio 2008-2009, il secondo, più rigido, per il 2010. Per questo tipo di
interventi, il tetto di detrazione di 100.000 euro, si riferisce all’intero fabbricato, non alle
singole unità immobiliari;
– coibentazione: occorre raggiungere particolari requisiti di “trasmittanza termica” (riguarda la capacità delle strutture e dei serramenti a trattenere il calore), stabiliti anch’essi dal
D.M. Sviluppo economico 11 marzo 2008. Dipendono anch’essi dalla zona energetica (vene sono 6), nonché da 4 tipi di strutture coibentate: pareti, tetti, pavimenti e finestre comprensive di infissi. Il D.M. 26 gennaio 2010 ha introdotto nuovi requisiti di trasmittanza, a
decorrere dal 1° gennaio 2010. Tuttavia, l’ENEA ha precisato che se gli interventi sono stati
commissionati tra il 1° gennaio e il 14 marzo 2010, è possibile rispettare i vecchi limiti, a
condizione che vi siano contratti scritti, per poter determinare la data di inizio dei lavori. È
da notare che ogni singola opera è agevolata: pertanto è possibile, per esempio, detrarre la
spesa per una vetrata che sia in regola con i requisiti di trasmittanza, posta però in una stanza piena di spifferi. Per quanto attiene a finestre e porte-finestre, è sufficiente una certificazione da parte del produttore. Dando un’interpretazione strettamente letterale della legge,
l’Agenzia delle entrate ha escluso dall’agevolazione le porte, anche qualora raggiungessero
i requisiti di trasmittanza previsti, mentre ha consentito l’agevolazione per la sostituzione
dei portoni di ingresso, a condizione che si tratti di serramenti che delimitino l’involucro riscaldato dell’edificio sia verso l’esterno che versoi locali non riscaldati e che siano rispettati
gli indici di trasmittanza termica richiesti perla sostituzione delle finestre (circ. Ag. entrate
23 aprile 2010, n. 21/E);
– installazione di pannelli solari: scopo è la produzione di acqua calda per usi domestici o
industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università. I pannelli e i bollitori devono avere una
garanzia di almeno 5 anni, mentre gli accessori e i componenti devono averla di almeno 2
anni. Devono essere conformi alle norme UNI EN 12975 o 12976 oppure EN 12975 o
12976 recepite da un organismo certificatore di un Paese UE o della Svizzera;
– sostituzione delle caldaie: dal 2008 è ammesso sostituire i vecchi apparecchi con caldaie
a condensazione, ma anche con “pompe di calore ad alta efficienza e impianti geotermici a
bassa entalpia”. Quali prestazioni debbano avere le pompe di calore è riportato negli allegati H e I al D.M. Economia e finanze 19 febbraio 2007. Qualora siano installate pompe di calore elettriche dotate di variatore di velocità (inverter), i valori degli allegati sono ridotti del
5%. Per le caldaie a condensazione, occorre tenere presente che devono essere installati generatori con una certa “potenza termica utile nominale”, che su ogni calorifero (non per gli
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impianti a pavimento) deve essere installata una valvola termostatica, che il bruciatore deve
avere caratteristiche tali da funzionare anche non al massimo regime e che è esclusa la trasformazione dell’impianto da centralizzato a individuale o autonomo. In caso di installazione di caldaie con potenze nominali del focolare superiori a 100KW deve essere allegata una
diagnosi energetica dell’edificio che dimostri quali sono le misure efficaci sotto il profilo
della riduzione dei costi, ai fini della riduzione dei consumi.
15.2.4 Spese agevolate
Sono detraibili le spese, opportunamente documentate, relative a:
– IVA sulle spese;
– progettazione dei lavori;
– acquisto dei materiali;
– esecuzione dei lavori;
– altre prestazioni professionali richieste;
– relazione di conformità per gli impianti, certificazione di qualificazione energetica;
– perizie e sopralluoghi;
– diritti pagati per concessioni, autorizzazioni, dichiarazioni di inizio attività;
– bolli relativi alla documentazione;
– oneri di urbanizzazione.
Danno diritto alla detrazione anche le spese sostenute per la progettazione e per prestazioni
professionali connesse alle opere edilizie. Qualora per la realizzazione delle opere oggetto
dell’agevolazione siano contratti mutui o altri tipi di finanziamenti, gli interessi relativi non
possono mai essere compresi tra le spese sull’ammontare delle quali viene calcolata la detrazione (cfr. circ. min. 24 febbraio 1998, n. 57/E).
15.2.5 Adempimenti
I soggetti che intendono beneficiare devono adempiere a vari obblighi, relativi alla documentazione da inviare agli enti competenti, nonché alle modalità di fatturazione e pagamento.
Comunicazione all’Agenzia delle entrate. Per le opere iniziate nel 2009 e proseguite anche nel corso del 2010 va inviata una comunicazione all’Agenzia delle entrate.
La comunicazione deve essere presentata per i soli interventi i cui lavori proseguono oltre il
periodo d’imposta (una comunicazione per ogni periodo), per comunicare le sole spese sostenute nei periodi d’imposta precedenti a quello in cui i lavori sono terminati (non va presentata, quindi, per i lavori iniziati e conclusi nello stesso periodo e se nel periodo d’imposta cui la comunicazione si riferisce, non sono sostenute spese).
La presentazione deve essere effettuata entro 90 giorni dal termine di ciascun periodo d’imposta in cui sono state sostenute le spese, inoltre, dal 4 gennaio 2010 la trasmissione può
avvenire anche telematicamente.
Asseverazione da parte di un tecnico abilitato. Obbligatoria è anche l’asseverazione da
parte di un tecnico abilitato, la quale attesti la rispondenza degli interventi ai requisiti tecnici
richiesti (il contenuto deve essere quello previsto dagli artt. 6-9 del D.M. 19 febbraio 2007).
Essa può essere sostituita dall’asseverazione resa dal direttore dei lavori delle opere realizzate (obbligatoria ai sensi dell’art. 8, c. 2, D.Lgs. n. 192/2005).
Nel caso di sostituzione finestre comprensive di infissi, l’asseverazione può essere sostituita
da resa dal produttore che attesti il rispetto dei requisiti richiesti.
In caso di più interventi realizzati sul medesimo edificio, l’asseverazione può avere carattere unitario e fornire in modo complessivo i dati e le informazioni richieste (circ. min. 31
maggio 2007, n. 36/E).
Trasmissione del fascicolo all’ENEA. Per fruire dell’agevolazione occorre, in relazione
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alle spese sostenute a partire dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008, comprese
quelle per la prosecuzione di interventi iniziati nel periodo precedente, trasmettere un fascicolo all’ENEA contenente:
– i dati contenuti nell’attestato di certificazione energetica o di qualificazione energetica
(obbligatorio, può essere redatto dallo stesso tecnico che ha redatto l’asseverazione);
– la scheda informativa relativa agli interventi realizzati.
Il fascicolo deve essere inviato via internet (www.efficienzaenergetica.acs.enea.it) entro 90
giorni dalla fine dei lavori.
Normalmente la data di fine lavori coincide con il collaudo, tuttavia, nel caso di interventi
per i quali il collaudo non è previsto (a esempio la sostituzione di infissi), tale data può essere provata con altra documentazione emessa da chi ha eseguito i lavori o dal tecnico che
compila la scheda informativa; non è invece ammessa l’autocertificazione del contribuente
(circ. Agenzia delle entrate 23 aprile 2010, n. 21/E).
Rettifica dei dati contenuti nella scheda informativa. Oltre i 90 giorni dalla fine dei lavori,
è concessa la possibilità di rettificare eventuali errori commessi nella compilazione della scheda informativa destinata all’ENEA. Il contribuente può correggere il contenuto della scheda
mediante l’invio telematico di una nuova comunicazione in sostituzione della precedente.
Unitamente alla nuova scheda informativa dovrà essere inviato di nuovo anche l’attestato di
qualificazione energetica, ove sia richiesto.
La rettifica dovrà, in ogni caso, essere trasmessa entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi nella quale la spesa debba essere portata in detrazione, in modo da
poter calcolare la detrazione sulle spese effettivamente sostenute nell’anno al quale la dichiarazione si riferisce.
Anche in caso di sconti o abbuoni intervenuti successivamente all’invio della scheda informativa, la detrazione compete solamente per le spese effettivamente sostenute; pertanto,
qualora vengano restituite somme per le quali si è già fruito della detrazione in anni precedenti, tali somme devono essere assoggettate a tassazione separata ex art. 17 c. 1, lett. n
bis), D.P.R. 917/1986. Peraltro, l’Agenzia delle entrate ritiene che non sia necessario procedere alla rettifica della scheda informativa nell’ipotesi in cui sia stato indicato un nominativo diverso da quello dell’intestatario del bonifico o della fattura o non sia stato indicato che
possono avere diritto alla detrazione più contribuenti; in questi casi, è sufficiente che il contribuente che intenda avvalersi della detrazione dimostri di essere in possesso dei documenti che attestano il sostenimento dell’onere e la misura in cui esso è stato effettivamente sostenuto (circ. Agenzia delle entrate 23 aprile 2010, n. 21/E).
15.2.6 Modalità di pagamento
Per poter usufruire della detrazione in esame il pagamento delle spese deve avvenire mediante bonifico bancario o postale, dal quale deve risultare la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione, la partita IVA o il codice fiscale del soggetto a
favore del quale il bonifico è effettuato. In caso di pagamento rateale, ciò vale anche per i
pagamenti delle singole rate (ris. min. 7 luglio 2008, n. 283/E).
Tuttavia, tale obbligo non sussiste per i titolari di reddito d’impresa per i quali rileva, anziché la data di pagamento, il momento di imputazione dei costi (per i servizi: data di ultimazione delle prestazioni, per i beni mobili: data di consegna o spedizione) (circ. min. 31
maggio 2007, n. 36/E).
15.2.7 Ritenuta del 4% a carico del beneficiario del bonifico
La disciplina della ritenuta in esame è la stessa prevista per i bonifici riguardanti gli interventi di recupero edilizio [v 15.1.8].
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AGEVOLAZIONI TRIBUTI COMUNALI
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15.2.8 Conservazione dei documenti
Il beneficiario della detrazione deve conservare ed eventualmente esibire all’amministrazione finanziaria richiedente:
– l’asseverazione del tecnico abilitato;
– la ricevuta comprovante la trasmissione del fascicolo all’ENEA;
– le fatture o ricevute fiscali comprovanti le spese effettivamente sostenute;
– la ricevuta del bonifico bancario o postale effettuato in relazione al sostenimento delle
spese (per i beneficiari diversi dai titolari di reddito d’impresa);
– per gli interventi su parti condominiali comuni dell’edificio, la copia della delibera assembleare e della tabella millesimale di ripartizione delle spese;
– per gli interventi effettuati dal detentore dell’immobile, la dichiarazione del possessore di
consenso ai lavori.
Se gli interventi sono stati realizzati da soggetti non tenuti all’osservanza della normativa
IVA, la prova del sostenimento delle spese può essere sostituita da altra idonea documentazione (circ. min. 31 maggio 2007, n. 36/E).
15.3
Cumulo di agevolazioni
Di regola, non è possibile cumulare la detrazione del 36% con quella del 55%, tuttavia, è
possibile far coesistere i due benefici, attribuendo al primo le opere più strettamente edili e
al secondo quelle impiantistiche, all’interno di uno stesso capitolato (ovviamente andranno
distinte anche in fattura e in occasione dei bonifici di pagamento).
La cumulabilità di questa detrazione con eventuali contributi, previsti da norme regionali o
locali, è esclusa a partire dal 1° gennaio 2009 a opera del D.Lgs. n. 115/2008, il quale, per
le ipotesi di cumulabilità di benefici, fa riferimento a un regolamento che a oggi non è stato
varato. Ne consegue che la cumulabilità era possibile solo fino al 2008.
Ciò significa che il contribuente deve scegliere se sia preferibile beneficiare della detrazione del 55% o di eventuali contributi comunitari, regionali o locali.
Se il contribuente ha richiesto l’assegnazione di contributi erogati dagli enti locali o dalla
CE, può usufruire della detrazione del 55%, a condizione che, nel caso in cui questi contributi gli vengano concessi e decida di utilizzarli, restituisca la detrazione di cui ha già beneficiato nella dichiarazione dei redditi, anche per la parte di spese non coperta dal contributo
(circ. Agenzia delle entrate 23 aprile 2010, n. 21/E).
15.4
Agevolazioni tributi comunali (art. 1, c. 4 e 5, legge n. 449/1997)
Oltre all’agevolazione in materia di Irpef, i Comuni possono disporre ulteriori benefici:
– per gli interventi di ristrutturazione edilizia, l’esonero dal canone per l’occupazione di
suolo pubblico;
– la riduzione dell’ICI inferiore al 4 per mille per certi tipi di interventi su determinati immobili;
– per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, oltre che gli interventi di bonifica
dell’amianto, i Comuni hanno facoltà di ridurre, fino all’esenzione, la tassa per la occupazione di spazi ed aree pubbliche per l’esecuzione delle opere, e di ridurre del 50% gli oneri
correlati al costo di costruzione (art. 2, c. 15, legge n. 350/2004).
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