Scheda di sala
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I C O N C E R T I A P E R I T I V O 2 0 1 2 - 2 0 1 3 Baroccheggiando Ensemble DOMENICA 25 NOVEMBRE 2012 ORE 11 PICCOLO REGIO PUCCINI Baroccheggiando Ensemble Gruppo da camera del Teatro Regio Andrea Manco flauto Daniele Soncin violino Paola Bettella violino Rita Bracci viola Davide Eusebietti violoncello Stefano Schiavolin contrabbasso Luca Brancaleon cembalo Johann Sebastian Bach (1685-1750) Suite n. 2 in si minore per flauto, archi e cembalo bwv 1067 Ouverture Rondeau Sarabande Bourrée I/II Polonaise - Double Menuet Badinerie Antonio Vivaldi (1678-1741) Concerto in re maggiore per flauto, archi e cembalo op. 10 n. 3 rv 428 (Il cardellino) Allegro Cantabile Allegro Antonio Vivaldi Concerto in sol minore per flauto, archi e cembalo op. 10 n. 2 rv 439 (La notte) Largo Presto (Fantasmi) Largo Presto Largo (Il sonno) Allegro Concerto in fa maggiore per flauto, archi e cembalo op. 10 n. 1 rv 433 (La tempesta di mare) Allegro Largo Presto I Concerti Aperitivo sono realizzati con il sostegno di una Fondazione privata. Al termine del concerto, aperitivo offerto da Restate in contatto con il Teatro Regio: facebook.com/TeatroRegio | @TeatroRegio Il Barocco necessario «Che dici, andiamo a baroccheggiare un po’?». Provate a immaginare di rivolgere un invito del genere a un amico. Probabilmente sarebbe difficile ottenere da lui qualcosa di più d’uno sguardo perplesso. Nel qual caso potreste, certo, sciorinare una dotta etimologia. Spiegando cioè che “barocco” deriva dal francese baroque che deriva dallo spagnolo barrieco e dal portoghese barròcci, aggettivo registrato nel Dictionnaire de l’Académie française (1694) a indicare un tipo di perla di forma irregolare, non perfettamente sferica (detta in italiano “scaramazza”). Solo circa ottant’anni dopo, il Dictionnaire de Trévoux (1771) vi avrebbe aggiunto il significato di “irregolare”, “bizzarro”, “diseguale” riferendosi in pittura a «un dipinto o una figura di gusto barocco, dove le regole delle proporzioni non sono rispettate e tutto è rappresentato seguendo il capriccio dell’artista». A questo punto ci sono due possibilità. O il vostro amico comincia seriamente a dubitare di voi, o vi risponde per le rime, ribattendo che tutta questa bizzarria dal neoclassicismo di fine Settecento in avanti sarebbe semplicemente stata definita “peste del gusto”, “pazzia”, “strampalatezza”: «quel che è veramente arte non è mai barocco, e quel che è barocco non è arte». Benedetto Croce dixit. Fine della discussione. Come cavarsi d’impiccio, a questo punto? Magari proponendo al vostro amico di ascoltare Vivaldi. Per non “toppare” un’altra volta, e andare sul sicuro, gli proponete l’ascolto di alcuni dei Concerti più celebri. Voi sapete bene come all’interno della produzione vivaldiana il genere del Concerto ricopra un ruolo di importanza straordinaria. Dei circa 790 numeri catalogati da Peter Ryom (RV, Ryom-Verzeichnis) i concerti completi e autentici corrispondono ai 3/5 (478) del totale. Straordinaria è soprattutto la loro varietà. In prevalenza (329) si tratta di concerti con strumento solista, violino soprattutto, poi viola d’amore, violoncello, mandolino, flauto traversiere e diritto, oboe, fagotto. Conoscete anche bene il “segreto” Vivaldi, le ragazze dell’orchestra dell’Ospedale della Pietà, cantanti e strumentiste che non avevano nulla da invidiare ai migliori solisti dell’epoca. Dal 1703 al 1740 Vivaldi lavorò con loro, all’inizio come maestro di violino e in seguito come «maestro de’ concerti». Le sue allieve – come la «Lucietta dal Traversie», alunna del flautista romano Ignazio Siber – erano famose per la loro bravura: «non c’è strumento, per grosso che sia, capace di spaventarle», scriveva ammirato il président Charles De Brosses, che riteneva la loro orchestra superiore anche a quella dell’Opéra di Parigi. Tutta questa scienza naturalmente la tenete per voi: la carta dell’erudizione oggi non sembra vi faccia buon pro. Preferite che a parlare siano le note di Vivaldi. E come darvi torto? I vostri atouts sono tre dei celeberrimi sei Concerti per flauto op. 10. I pungenti e libertini gorgheggi del Cardellino rv 428, mimesi musicale argutissima del canto del grazioso pennuto. La geniale rêverie del Concerto La notte rv 439, scatenata danza di fantasmi prima, allucinato somnium poi, liberatoria frenesia di virtuosismi alla fine. Lo scoppiettante déchaînement des éléments della Tempesta di mare rv 433, genialmente tenuto sotto controllo. Intuito davvero strepitoso Michel-Charles Le Cène, che li diede alle stampe nel 1729 ad Amsterdam… La “partita” potrebbe esser chiusa qui, ma non si sa mai. Il vostro amico – sorprendendovi con un’erudizione che non sospettavate – potrebbe obiettarvi che, per quanto seducente posso apparire, la musica di Vivaldi già all’epoca veniva criticata da più parti per bizzarria ingiustificata (per esempio nelle modulazioni, secondo Charles Avison), superficialità (distrazione nella condotta polifonica), frivolezza o addirittura inconsistenza (nei bassi d’armonia). Smania eccessiva nel comporre, scarsa pazienza per il lavoro di levigatura, forse eccessiva condiscendenza nei confronti della moda e dei gusti del pubblico, ansia di migliorare il proprio status sociale ed economico, insomma stile che, rileva Michael Talbot, non si evolse e rimase sostanzialmente uguale… Per chiudere definitivamente tale inattesa querelle sul barocco, vi affidate al musicista che ne incarnò la quintessenza. Al vostro amico proponete quindi la seconda delle quattro Suites composte da Bach tra 1718 e 1726, ed eseguite sotto la sua stessa direzione dal 1723 in poi durante i pubblici concerti tenuti con il Collegium Musicum a Lipsia presso il Caffè Zimmermann. Una solenne ouverture tripartita in stile francese (con un pizzico di fugato) seguita da sei danze intessute tutte con estrema sobrietà di tratto, con grande limpidezza e freschezza. Un fraseggio impostato con linearità, dal punto di vista sia della melodia sia dell’armonia. Una ricca varietà di “affetti”, dalla contenuta galanterie del Rondeau al soave e garbato lirismo della Sarabande, dalla vivacità della Bourrée alla pungente pacatezza della Polonaise, al delicato Menuet. A culminare con la brillante e radiosa Badinerie. Eccesso e stravaganza. Spregiudicatezza. Artificiosità esasperata, superficialità dei contenuti. D’accordo. Però desiderio di meravigliare e stupire sempre, di sorpassare costantemente le aspettative. Desiderio inesausto di novità, di cambiamento e di rottura. Ecco il Barocco. Un’attitudine essenziale dell’animo umano prima ancora che uno stile storicamente circoscritto. Un’attitudine vieppiù necessaria in momenti difficili come quelli che stiamo attraversando. Il vostro amico si dichiarerà finalmente vinto e convinto? Fateci sapere… Angelo Chiarle prossimo appuntamento Teatro Regio, Domenica 9 Dicembre 2012 ore 11 Coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Verdi” Claudio Fenoglio direttore Mauro Ginestrone narratore Andrea Secchi pianoforte Viaggio nel repertorio per voci bianche Musiche di Orlando Di Lasso, Giovanni Pierluigi da Palestrina, Johann Sebastian Bach, Wolfgang Amadeus Mozart, Georges Bizet, Pëtr Il’ič Čajkovskij, Sergej Rachmaninoff, Jean Absil, Benjamin Britten, Carlo Galante e canti gregoriani Biglietti Intero € 12 – Under 14 € 6 © Copyright, Fondazione Teatro Regio di Torino Prezzo: € 0,50 (iva inclusa)