Umberto Arena_lezione su gassificazione_ITRS_2016

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Umberto Arena_lezione su gassificazione_ITRS_2016
Corso di IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI Laurea Magistrale in Scienze e Tecnologie per l'Ambiente e il Territorio Lezione su: Trattamenti termici di gassificazione Prof. Ing. Umberto Arena Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali, Biologiche e Farmaceutiche ‐ Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” a.a. 2016‐17 1 SOMMARIO IL PROCESSO DI GASSIFICAZIONE 4 Tipi di processi di gassificazione 7 Principali fenomeni fisici e chimici 11 Parametri di progetto, operativi e di misura delle prestazioni 16 LE TECNOLOGIE DI GASSIFICAZIONE 22 Configurazioni impiantistiche 22 Reattori a letto mosso con sistema di fusione delle ceneri 26 Reattori a letto fluido 31 Reattori a griglia mobile 35 Reattori al plasma 36 I SISTEMI DI PULIZIA DEL SYNGAS 37 Generalità 37 Sistemi meccanici a secco 41 Cicloni 41 Filtri a manica 41 Filtri ceramici 42 Filtri catalitici 44 Filtri a carbone attivo 45 Sistemi meccanici a umido 48 Principi del processo di assorbimento 48 Scrubber ad acqua e ad olio 51 Sistema OLGA 52 I DISPOSITIVI DI CONVERSIONE IN ENERGIA ELETTRICA 57 Motore a gas a combustione interna 58 Soluzioni alternative ai motori a gas tradizionali Turbina a gas a combustione interna 60 61 2 Turbine a gas monostadio (microturbine) 61 Turbine a gas multistadio inter‐refrigerate (miniturbine) 62 Turbina a gas a combustione esterna 65 Turbina a vapore 68 Turbina a ciclo Rankine a fluido organico 72 BIBLIOGRAFIA 77 3 IL PROCESSO DI GASSIFICAZIONE Tra i processi termo‐chimici disponibili su scala commerciale, quelli di gassificazione appaiono un’alternativa concreta alla termovalorizzazione per combustione diretta. Oltre cento impianti di dimensioni industriali testimoniano di una buona affidabilità tecnologica ed ambientale, soprattutto per potenzialità medio‐piccole (tra 50 e 150 kt/y), alle quali si adattano con maggiore difficoltà i termovalorizzatori per combustione diretta. La gassificazione ha diversi vantaggi potenziali sulla combustione diretta convenzionale dei rifiuti solidi, perché è possibile ottenere un gas adatto per diverse applicazioni, quali sintesi di prodotti di base per l'industria chimica, o combustione in caldaie collegate a turbine a vapore o in dispositivi di conversione in energia elettrica che consentono maggiori efficienze. La gassificazione di rifiuti solidi è un processo complesso, con diverse interazioni fisiche e chimiche che avvengono a temperature, generalmente maggiori di 600°C, fissate dal tipo di reattore e dalle caratteristiche del rifiuto, prima fra tutte le temperature di rammollimento e fusione delle ceneri. Il prodotto finale non è un gas effluente caldo (un flue gas) come nell’incenerimento convenzionale ma un gas combustibile (un fuel gas, spesso indicato come "producer gas" o “syngas”) che contiene alte percentuali di prodotti non completamente ossidati, ed è quindi dotato di un potere calorifico che ne consente l'impiego come vettore di energia (quindi anche in siti diversi da quelli di produzione) o come sostanza di base per la produzione di metanolo, ammoniaca, idrogeno o combustibili liquidi (Figura 1). Figura 1 Schema dei possibili impieghi del syngas da gassificazione di biomasse o rifiuti. 4 Quando è utilizzato per la produzione di energia (elettrica e termica) il processo di gassificazione è anche noto come combustione indiretta, perché il ciclo si completa con un dispositivo in serie al reattore di gassificazione che può essere una caldaia con turbina a vapore o, se il livello di pulizia è adeguato, una turbina a gas o un motore a combustione interna. Il contenuto organico del rifiuto è convertito principalmente in monossido di carbonio e idrogeno, che costituiscono la miscela del syngas assieme ad azoto e minori concentrazioni di metano, anidride carbonica, vapor d’acqua e carbonio solido, ma che può contenere anche prodotti indesiderati o inquinanti, quali particolato, metalli alcalini, cloruri, solfuri e catrami. La Figura 2 riporta l’andamento dell’entalpia (quella chimica, legata al potere calorifico, e quella sensibile, legata alla temperatura) per i processi termochimici di una biomassa, al variare del rapporto di equivalenza (ER=rapporto tra l’ossigeno alimentato al processo e quello stechiometrico per l’ossidazione completa). Il valore della somma di entalpia di gas e char non cambia al variare del rapporto di equivalenza, nell’ipotesi di un sistema adiabatico. Muovendosi da ER=0, cioè dal processo di pirolisi, si ha il progressivo incremento dell’ossigeno introdotto nel processo, che porta alla riduzione dell’energia chimica del char, che viene ossidato a CO. Corrispondentemente, aumenta l’energia chimica del gas (per il crescente contenuto di CO), fino a raggiungere un massimo in corrispondenza del cosiddetto “carbon boundary”, in corrispondenza del quale non c’è più char nel sistema. Da qui in poi, ulteriori aumenti di ER portano a progressive riduzioni dell’energia chimica del gas, per l’ossidazione graduale di composti combustibili che però produce calore e implica, nel sistema adiabatico considerato, ulteriori aumenti dell’energia sensibile del gas. I processi di gassificazione (del tipo che definiremo “autotermico”) operano in un intorno di questo intervallo di ER, immediatamente a valle del carbon boundary, tipicamente tra 0.25 e 0.50. Per valori di ER maggiori, si confermano gli andamenti descritti, fino a raggiungere e superare il valore di ER=1, entrando quindi nell’area del processo di combustione, che avviene sempre con una quantità di ossigeno maggiore di quella richiesta dalla stechiometria, cioè ad ER>1. Qui l’entalpia chimica del gas è pressoché nulla, perché i prodotti sono completamente ossidati ma ad alta temperatura (hot flue gas), quindi con molta entalpia sensibile. Gli stessi andamenti, in termini però di composizione dei composti prodotti, si possono osservare nel diagramma di Figura 3. 5 Figura 2 Variazione dell’entalpia chimica e sensibile di una biomassa al variare del rapporto di equivalenza. Riadattata da [Prins et al., 2003]. Figura 3 Variazione della concentrazione molare dei prodotti di un processo termochimico, al variare del rapporto di equivalenza. (I valori delle concentrazioni sono calcolati escludendo l’azoto, presente in alte percentuali nei processi condotti con aria come agente gassificante.) 6 Tipi di processi di gassificazione Sulla base dello specifico tipo di combustibile a disposizione e delle esigenze di utilizzo del syngas prodotto sono individuabili diversi tipi di processi di gassificazione. Li si può classificare con criteri diversi, come riportato in Tabella 1, anche se i più importanti sono la modalità di apporto del calore al reattore e il tipo di agente gassificante. Tabella 1 Classificazione dei processi di gassificazione di rifiuti. Criterio Tipo (Acronimo)
Apporto di calore 
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Agente gassificante Pressione Temperatura Numero di rifiuti trattati Tipo di reattore Stato delle ceneri di fondo Configurazione impiantistica 
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autotermico (riscaldamento diretto) allotermico (riscaldamento indiretto) aria aria arricchita ossigeno vapore atmosferica elevata bassa (tipicamente sotto 900°C) alta (tipicamente sopra 1200°C) gassificazione co‐gassificazione letto fisso: up‐draft; down‐draft letto fluido: bollente; circolante; a circolazione interna (ICFB); duale letto trascinato forno rotante a griglia mobile plasma
secche vetrose gassificatori termici gassificatori di potenza Nella gassificazione autotermica, o diretta (Figura 4), si opera in un'atmosfera controllata di ossigeno ed il calore è fornito dall'ossidazione parziale del rifiuto all'interno del gassificatore: l'agente gassificante può essere aria o ossigeno, anche se a volte si aggiunge anche vapore a bassa pressione. L'ossidazione parziale con aria genera un gas combustibile diluito dall'azoto atmosferico (fino a circa il 60%) che ha un potere calorifico (LHV=low heating value) variabile tra i 4 e i 7MJ/m3N, 7 adatto per la produzione di energia in caldaie collegate a turbine a vapore, in motori a combustione interna e, solo recentemente, in turbine a gas di nuova generazione, in grado di bruciare efficientemente anche gas di basso potere calorifico (rispetto ai 38 MJ/m3N circa del gas naturale), a patto che il livello di pulizia sia elevato. Alcuni processi di buon successo commerciale sono eserciti con aria arricchita in ossigeno, cioè con una miscela di azoto ed ossigeno avente un tenore di ossigeno maggiore del 21% e fino al 40% (cioè la concentrazione ottenibile con i separatori di aria basati su tecnologie a membrana disponibili in commercio). L'obiettivo è ottenere un gas con un più alto LHV, tra i 7 e i 10 MJ/m3N, come conseguenza del ridotto tenore di azoto, che renda possibile condurre un processo auto‐
termico a temperature maggiori, senza consumi eccessivi di ossigeno e/o utilizzando l'immissione di vapore di bassa qualità mantenendo comunque il livello termico del gassificatore. L'ossidazione parziale con ossigeno puro genera un syngas libero da azoto e con un potere calorifico ancora più alto, tra i 10 e i 15MJ/m3N, sostanzialmente libero da azoto ed utilizzabile anche per la distribuzione in rete o come base per la produzione di combustibili liquidi. Richiede investimenti aggiuntivi e costi di esercizio notevolmente maggiori per la produzione di ossigeno nelle unità di separazione dell'aria, che appaiono giustificati solo per unità di scala considerevole (maggiori di 100 kt/y), sulla base del maggior potere calorifico, della ridotta portata volumetrica e del limitato tenore di tar del syngas e, in particolare, della produzione di ceneri vetrose di facile riutilizzo o smaltimento. Figura 4 Gassificazione diretta (o autotermica) e gassificazione indiretta (o allotermica). 8 Nella gassificazione allotermica, o indiretta (Figura 4), il vapore è generalmente l'unico agente gassificante, il processo non prevede reazioni esotermiche e quindi c'è bisogno di una sorgente esterna di energia per le reazioni endotermiche di gassificazione. La gassificazione con vapore genera un syngas ad alto tenore di idrogeno, alto potere calorifico (15‐20 MJ/m3N) e sostanzialmente libero da azoto. La gassificazione indiretta può avvenire per circolazione interna di gas e solido o per apporto esterno di calore. Nella gassificazione indiretta per circolazione interna di solido si utilizzano due reattori, in genere a letto fluido: un gassificatore, alimentato a vapore che produce un gas combustibile senza azoto, ed un combustore, che brucia il char residuo per fornire calore per l'essicazione e la devolatilizzazione del rifiuto e per riscaldare il materiale del letto che viene reinviato al gassificatore, dove cede il calore necessario al processo di gassificazione (Figura 5). Figura 5 Letto fluido duale per la gassificazione indiretta (o allotermica) tramite circolazione di materiale solido dal reattore di combustione (a sinistra), dove viene riscaldato dalla reazione esotermica, a quello di gassificazione (a destra), deve cede il calore necessario alle reazioni endotermiche di gassificazione. 9 Nella gassificazione indiretta per circolazione interna di gas il calore è fornito dalla ricircolazione di una frazione di gas combustibile: i prodotti caldi della combustione circolano attraverso tubi di scambio termico all'interno del gassificatore. Nella gassificazione per apporto esterno di calore, il calore è fornito da una sorgente esterna, come nella gassificazione al plasma, dove la sorgente di energia è costituita da una o più torce al plasma che creano un arco elettrico e producono un gas plasma a temperature molto alte (si possono raggiungere anche i 15.000°C). Ciò consente un controllo della temperatura del processo indipendente dalle fluttuazioni nella qualità del rifiuto e nell'alimentazione dell'agente gassificante, sia esso aria, ossigeno, vapore, e rende quindi possibile un'ampia variabilità di portata di alimentazione, tenore di umidità, pezzatura (da particelle fini ad agglomerati grossolani) e composizione elementare del rifiuto da trattare. Benché il processo al plasma sia tipicamente utilizzato per valorizzare rifiuti solidi in uno stadio singolo, sono proposte in commercio anche configurazioni a doppio‐stadio. In tali impianti entrambi gli stadi sono alimentati con vapore ed ossigeno: il primo utilizza un gassificatore convenzionale (ad es. un reattore a letto fluido esercito a circa 850°C) mentre il secondo stadio è un convertitore al plasma esercito a circa 1200°C, dove i tar ed il char residui sono decomposti e producono un syngas ricco di idrogeno mentre le ceneri sono rilasciate in forma vetrosa (Figura 6). Figura 6 Schema di flusso di un gassificatore al plasma a due stadi: gassificatore a letto fluido e convertitore al plasma per char e tar. 10 Principali fenomeni fisici e chimici La gassificazione di un combustibile solido (rifiuto, biomassa, carbone) porta alla formazione di un gas combustibile costituito da alcuni composti principali, quali CO, CO2, H2, H2O, CH4, e N2 (solo se si usa aria come agente gassifcante) e da diverse impurità organiche (tar) ed inorganiche (H2S, HCl, NH3, HCN, metalli alcalini) assieme a particolato. La formula che segue sintetizza i prodotti del processo: combustibile solido → CO, CO2, H2, H2O, (N2), CH4, CnHm → char, ceneri/slag, tar → HCN,NH3, H2S, HCl, COS La conversione implica una sequenza di stadi, esotermici ed endotermici, visualizzati in Figura 7: • riscaldamento iniziale ed essiccamento • devolatilizzazione • reazioni chimiche di: 
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ossidazione parziale di volatili e char gassificazione di char e volatili da parte dell'anidride carbonica e del vapore decomposizione di tar ed idrocarburi (a volte favorita da un'attività catalitica in situ). Questo quadro è ulteriormente complicato in un reattore a letto fluido dai fenomeni di comminuzione che avvengono in parallelo e possono modificare anche sensibilmente le dimensioni delle particelle di combustibile e quindi il loro processo di conversione: 
restringimento (shrinkage) durante la fase di devolatilizzazione 
frammentazione primaria della particella madre di combustibile 
frammentazione secondaria e percolativa dei char 
abrasione delle particelle frammentate e non, con conseguente generazione di fini. 11 Figura 7 Sequenza degli stadi successivi, endotermici ed esotermici, di un processo di gassificazione autotermico. Rielaborato da [Knoef, 2005] Tutti questi processi in serie‐parallelo sono schematicamente descritti di seguito [Arena, 2013]. Riscaldamento ed essiccamento. Avviene a temperature fino a circa 160°C ed è una combinazione di eventi che coinvolge acqua liquida, vapore e fase solida porosa attraverso cui migrano il liquido ed il vapore. Devolatilizzazione (o pirolisi o decomposizione termica). Avviene a temperature fino a circa 700°C e comprende reazioni di cracking termico e trasferimenti di calore e materia. Determina il rilascio di gas leggeri permanenti (come H2, CO, CO2, CH4, H2O, NH3), tar (vapori di idrocarburi condensabili, che sono rilasciati dalla matrice solida come gas e liquidi sotto forma di nebbie) e char (il residuo solido carbonioso devolatilizzato, cioè ciò che rimane della particella di combustibile solido dopo l’essiccamento ed il rilascio dei volatili). Una parte dei vapori prodotti viene decomposta termicamente a gas e char. Per i rifiuti solidi (come per le biomasse) i volatili rappresentano una parte significativa del combustibile carbonioso, in grado sia di realizzare un'atmosfera facilmente infiammabile di gas combustibile cha avvolge il combustibile solido sia di andare a formare parte del corrente gassosa finale in uscita dal sistema, come indicato dalla prima reazione della Tabella 2. Comminuzione. E’ l’insieme di fenomeni che avvengono a stadi diversi della conversione termochimica (combustione o gassificazione), principalmente in un reattore a letto fluido, e che contribuiscono tutti alla riduzione delle dimensioni delle particelle di combustibile solido o di char, assieme a quella determinata dalla devolatilizzazione prima e dalle reazioni chimiche dopo. 12 La frammentazione primaria avviene immediatamente dopo l’immissione della particella (madre) di combustibile nel reattore, per gli stress termici e le sovrapressioni interne causate dal rilascio dei volatili: può determinare la rottura della particella in diversi frammenti grossolani e in una moltitudine di frammenti fini. La frammentazione secondaria e l’abrasione (attrition) delle particelle di char hanno luogo parallelamente al processo di conversione chimica delle stesse particelle che contribuisce ad entrambi i fenomeni: nel caso dell’abrasione, generando nuove asperità ed irregolarità sulla superficie della particella che sono poi meccanicamente abradibili; nella frammentazione secondaria determinando la crescita della dimensione dei pori interni e l’indebolimento dei legami strutturali all’interno della particella di char. In particolare, si genera un frammento secondario quando un ponte tra due zone della particella di char diviene troppo debole per resistere alle forze idrodinamiche (che sono particolarmente forti in un reattore a letto fluido). Come già detto, in un reattore a letto fluido le particelle, frammentate o meno, di char generano poi fini (circa un ordine di grandezza più sottili di quelli generati dalla frammentazione secondaria) a causa dell’azione abrasiva del materiale del letto. L’estensione dei fenomeni di comminuzione è fortemente dipendente sia dalla natura che dalla dimensione iniziale delle particelle di combustibile. Reazioni di ossidazione e gassificazione. Avvengono in presenza di una quantità di ossigeno notevolmente inferiore (dal 25 al 50%, cioè ER=0.25‐0.50) a quella richiesta per l'ossidazione stechiometrica. Ne consegue che la massima parte delle specie prodotte dal processo di gassificazione sono la forma ridotta o meno‐ossidata: ad es. CO invece di CO2, H2 invece di H2O e ancora, H2S invece di SO2, NH3 o HCN invece di NO o altri ossidi. Si è anche già detto che l’agente gassificante ha un effetto determinante sul potere calorifico del gas prodotto e necessariamente influenza la concentrazione dei principali composti (H2, CO, CO2, CH4): se si usa vapore il syngas conterrà più H2; se si impiega anidride carbonica si otterrà più CO; con l’aria si formerà un gas diluito da grosse quantità di azoto e quindi con un più basso potere calorifico. Nella gassificazione autotermica, come è visualizzato in Figura 7, l’ossidazione parziale di gas e vapori combustibili e di char con un ammontare controllato di aria, ossigeno o aria arricchita in ossigeno, fornisce il calore necessario alla decomposizione termica dei tar e degli idrocarburi ed alle reazioni di gassificazione con vapore e biossido di carbonio, mantenendo il livello di temperatura operativa del reattore. Se si considerano le variazioni di entalpia delle reazioni 2, 3 e 4 della Tabella 2, se ne deduce che nei processi autotermici circa il 28% del potere calorifico del carbonio è “investito” nella produzione di CO mentre il restante 72% è “conservato” nel gas prodotto. Poiché il combustibile contiene anche dell’idrogeno, la frazione di energia chimica del combustibile originario che diviene disponibile nel gas varia generalmente tra il 75 e l’88%. 13 Nella gassificazione allotermica, al contrario, il calore richiesto dal processo endotermico è fornito da sorgenti esterne, bruciando separatamente parte del char e del gas o usando una torcia al plasma. La Tabella 2 riporta diverse reazioni di gassificazione (cioè quelle che avvengono tra char e gas con l'esclusione dell'ossigeno) ma solo tre di esse sono indipendenti, quelle di water‐gas, Bouduard e idrogassificazione. Quest’ultima non è favorita dalle condizioni operative di un gassificatore a pressione atmosferica e può divenire sostanzialmente trascurabile. La reazione di Boudouard è favorita da alte temperature e basse pressioni (almeno 700°C a pressione atmosferica per favorire la formazione di CO). La reazione di water‐gas produce sia CO che H2 ed è quindi quella di maggior interesse per il processo complessivo, utilizzando l’H2O prodotta dalle reazioni di ossidazione, dall’evaporazione dell’umidità del combustibile o dall’agente gassificante (se si opera con vapore). Tabella 2 Principali reazioni (in fase eterogenea ed omogenea) del processo di gassificazione di un combustibile solido. Da: [Arena, 2013]. DEVOLATILIZZAZIONE 1 combustibile  char+tar+H2O+ gas leggeri endotermica
Devolatilizzazione
REAZIONI DI OSSIDAZIONE C + ½ O2  CO ‐111 MJ/kmol
Ossidazione parziale del carbonio
3 CO + ½ O2  CO2 ‐283 MJ/kmol
Ossidazione del monossido di carbonio
4 C + O2  CO2 ‐394 MJ/kmol
Ossidazione del carbonio
5 H2 + ½ O2  H2O 6 CnHm + /2 O2  n CO + /2 H2 2 n
m
‐242 MJ/kmol
Ossidazione dell'idrogeno
esotermica
Ossidazione parziale dei CnHm
REAZIONI DI GASSIFICAZIONE CON VAPORE 7 C + H2O  CO + H2 8 CO + H2O  CO2 + H2 9 CH4 + H2O  CO + 3 H2 10 CnHm + n H2O  nCO + (n + /2) H2 REAZIONI DI GASSIFICAZIONE CON IDROGENO 11 C + 2H2  CH4 m
12 CO + 3H2  CH4 + H2O 13 CnHm + (2n + m/2)H2  nCH4 + 131 MJ/kmol
Water‐gas
‐ 41 MJ/kmol
Water‐gas shift
+206 MJ/kmol
Steam reforming del metano
endotermica
Steam reforming
‐ 75 MJ/kmol
Idrogassificazione
‐ 227 MJ/kmol
Metanazione
Idrogenazione
REAZIONI DI GASSIFICAZIONE CON ANIDRIDE CARBONICA
14 C + CO2  2CO 15 CnHm + nCO2  2nCO + m/2 H2 +172 MJ/kmol
Boudouard
endotermica
Dry reforming
endotermica
Deidrogenazione
endotermica
Carbonizzazione
a
REAZIONI DI DECOMPOSIZIONE DI TAR ED IDROCARBURI 16 pCnHm  qCxHy + rH2 17 CxHy  nC + m/2 H2 a C
nHm rappresenta tar e, in generale, i frammenti più pesanti prodotti dalla decomposizione termica; CxHy rappresenta invece gli idrocarburi con un minore numero di atomi di carbonio e/o un maggior grado di insaturazione rispetto a CnHm. 14 La reazione di water‐gas, contrariamente alla reazione di Boudouard, non è fortemente influenzata dalla temperatura e dopo gli 800°C le concentrazioni dei gas non cambiano significativamente. La Figura 8 dà un’idea dell’effetto della temperatura sulle reazioni di Bouduard e di water‐gas, in condizioni di equilibrio ad 1 atm. Figura 8 Equilibrio di reazione a 1 atm in funzione della temperatura per (a) reazione di Boudouard (b) reazione di water‐gas. Da: [Basu, 2006] Nelle sezioni del reattore dove non c’è più carbonio solido, le tre reazioni indipendenti si riducono a due: water‐gas shift, che è la combinazione delle reazioni di water‐gas e Bouduard, e metanazione, che è la combinazione delle reazioni di water‐gas e idrogassificazione. Va da sé che quanto sopra è un quadro necessariamente semplificato perché nella realtà altri componenti (H, N, O, S, ecc.) possono essere coinvolti come reagenti o prodotti. Per ciò che riguarda la velocità di queste reazioni di gassificazione, essa dipende dalla reattività del combustibile, dall’agente gassificante e dalla temperatura e pressione del processo. E’ noto che le reazioni di combustione sono molto più veloci di quelle di gassificazione, quindi in un processo autotermico avvengono prima, consumando subito l’ossigeno disponibile. La reazione di water‐gas è la più veloce delle reazioni indipendenti del char, per un fattore che si stima essere da due a cinque volte quello della reazione di Boudouard. Degradazione termica e catalitica dei tar. Le impurità organiche presenti nel syngas da gassificazione di combustibili derivati da rifiuti (ma anche di biomasse) variano da idrocarburi a basso peso molecolare ad idrocarburi polinucleari aromatici (PNAs) ad alto peso molecolare. Sono generalmente note come tar, nome che indica una miscela di idrocarburi condensabili, che include idrocarburi policiclici aromatici (PAH) da 1 a 5 anelli assieme con altri idrocarburi contenenti ossigeno. Questi tar si formano durante il processo di gassificazione a seguito di una 15 serie di complesse reazioni, fortemente dipendenti dall’ambiente di reazione. Essi possono condensare o polimerizzare in strutture più complesse nei tubi di uscita, negli scambiatori di calore o anche nei filtri del particolato, creando problemi di occlusione ed, in generale, di perdita di efficienza complessiva e di aumento dei costi del processo. Cinque differenti classi di tar (Tabella 3) vengono generalmente considerate, sulla base del peso molecoalre e della solubilità in acqua. La rimozione dei tar dal syngas può avvenire per metodi meccanici, catalitici e termici, come si dettaglierà in seguito. La decomposizione chimica avviene principalmente per le reazioni di cracking, carbonizzazione, steam reforming e dry reforming che sono riportate in Tabella 2 con i numeri 16, 17, 10 and 15 rispettivamente. Tabella 3 Classificazione dei tar. Classe Nome 1 Non rilevabile al GC
2 3 4 5 Propietà Principali composti Tar molto pesanti, non possono Determinati sottraendo la essere rilevati dal GC frazione di tar rilevabile al GC dal carico di tar gravimetrico totale. Eterociclici Tar che contengono eteroatomi; piridina, fenoli, cresoli, Aromatici composti altamenti solubili in isochinolina, dibenzofenolo acqua. Aromatici Generalmente idrocarburi leggeri toluene, etil‐benzene, xileni, leggeri con un solo anello; non creano stirene (escluso benzene) (1 anello) problemi di condensabilità e solubilità. indene, naftalene, metilnaftalene, Composti IPA Condensano a temperature bifenili, acenaftalene, fluorene, intermedie a concentrazioni leggeri
fenantrene, antracene relativamente alte (2–3 anelli) Composti IPA Condensano a temperature fluorantene, pirene, crisene, pesanti
elevate anche a basse perilene, coronene (4‐7 anelli) concentrazioni Parametri di progetto, operativi e di misura delle prestazioni I PARAMETRI DI PROGETTO sono quelli che si definiscono in fase di progettazione dell’impianto e non possono essere più modificati successivamente alla costruzione dello stesso. I principali sono: 
Potenzialità di trattamento, cioè i quantitativi massimi di rifiuto trattabili nell’unità di tempo, di solito espressi in t/d o t/y. Fissa le dimensioni dell’impianto e, spesso, guida nella scelta della tecnologia (ad es. i reattori a letto fisso sono più adatti per potenzialità basse). 16 
Composizione e PCI del rifiuto. Le prestazioni di un impianto di termovalorizzazione basato su di un processo di gassificazione sono ovviamente influenzate dalle proprietà specifiche del rifiuto urbano da trattare. Le principali sono:  Analisi elementare, e quindi C, H, N, S, Cl, O  Analisi immediata, e quindi: tenore di umidità, materie volatili e ceneri  Composizione delle ceneri (in particolare, alcali, metalli pesanti) e, soprattutto, le relative temperature di rammollimento e fusione  Potere calorifico inferiore, in genere espresso come MJ/kg  Densità di bulk e pezzatura. Alcune di tali proprietà sono così importanti che diverse tecnologie commerciali di gassificazione prevedono una fase di pre‐trattamento o usano CSS (acronimo di combustibile solido secondario) piuttosto che il rifiuto tal quale. Il pre‐trattamento è di solito orientato a contenerne la natura eterogenea del rifiuto, in particolare riducendo la pezzatura e limitando il tenore di umidità. 
Composizione del mezzo gassificante. In altri termini, la scelta di usare aria, o aria arricchita in ossigeno o ossigeno puro o ancora vapore va fatta in fase di progetto perché influenza drasticamente la modalità in cui si svolgerà il processo. 
Tempo di residenza di gas e rifiuto nel reattore, che è in massima parte definito dal tipo di rifiuto e dalla tecnologia di gassificazione scelta. Per un fissato impianto può variare solo limitatamente (per es., in un letto fluido, variando la velocità superficiale del gas e, in una griglia mobile, aumentando la velocità dei barotti). I principali PARAMETRI OPERATIVI del processo di gassificazione di rifiuti sono di seguito elencati: 
Rapporto di equivalenza (ER), definito come il rapporto tra la quantità di ossigeno alimentata e quella necessaria alla combustione stechiometrica del rifiuto effettivamente alimentato. E' quindi un parametro operativo solo per i processi autotermici. E' probabilmente il più importante tra i parametri di esercizio, perché influenza fortemente la composizione del syngas ottenuto, ed in particolare il suo tenore di idrocarburi condensabili (tar) e il suo potere calorifico. Valori di ER vicini allo zero corrispondono alle condizioni di pirolisi mentre valori uguali o maggiori dell'unità indicano condizioni di combustione diretta, come già detto con riferimento alla Figura 2 e alla Figura 3. Valori tra 0.25‐0.35 sono tipici dei processi di gassificazione perché sembrano massimizzare la conversione in monossido di carbonio e idrogeno, anche se valori fino a 0.55 sono comunque usati nei gassificatori a griglia 17 mobile, come mostrato in Figura 9, ed in quelli a letto fluido circolante alimentati con rifiuti umidi, come mostrato in Figura 10. Per valori minori dell’intervallo 0,25‐0,23 si tende ad avere carbonio solido non convertito e più alti tenori di tar mentre per valori maggiori si ha ossidazione di parte del syngas con la conseguente riduzione del suo potere calorifico. Figura 9 Andamento della composizione del syngas (a) e del suo potere calorifico superiore (b) al variare del rapporto di equivalenza in un gassificatore a griglia. Da: [del Alamo et al., 2012] 18 Figura 10 Campo di esercizio di gassificatori a letto fluido circolante, al variare del rapporto di equivalenza e per rifiuti di diversa umidità. Rielaborato da: [Hankalin et al., 2011]. 
Temperatura del reattore o, meglio, profilo di temperatura lungo le diverse sezioni del reattore. E’ un parametro operativo solo per i gassificatori allotermici (a riscaldamento indiretto), per i quali il quantitativo di calore fornito da una fonte esterna può essere adeguatamente modulato (e quindi la temperatura può essere conseguentemente definita) E’ invece una variabile di stato per i gassificatori autotermici (a riscaldamento diretto), cioè è la risposta del sistema ai differenti parametri, quali il rapporto di equivalenza, il tempo di residenza, l’energia chimica del rifiuto, la composizione e la temperatura di ingresso del mezzo gassificante, la qualità dell’isolamento del reattore, ecc. Il profilo di temperatura lungo il reattore può anche determinare lo stato delle ceneri (cioè la possibilità di ottenere ceneri vetrose) e, entro certi limiti, anche il tenore di tar nel syngas. 
Temperatura di ingresso del mezzo gassificante, che necessariamente influenza i bilanci di massa e di energia del reattore. Per un fissato mezzo ossidante (aria, ossigeno, aria arricchita in ossigeno), la temperatura di ingresso è in relazione, oltre che al profilo di temperatura che si stabilirà all'interno del reattore, soprattutto alla possibilità, o alla necessità, di un recupero di calore dal syngas caldo, per es. per soddisfare i requisiti di un motore a combustione interna per la conversione in energia elettrica. I PARAMETRI DI MISURA DELLE PRESTAZIONI DEL PROCESSO sono diversi. I più usati sono: 
Efficienza termica apparente (CGE = cold gas efficiency), definita come rapporto tra l’energia chimica del gas prodotto (calcolata come portata di syngas prodotto per il suo potere calorifico inferiore) e quella del rifiuto alimentato (calcolata come portata di combustibile per il suo potere calorifico inferiore). Prende il nome di efficienza a “freddo” perché include solo il contenuto energetico potenziale, cioè l’entalpia di combustione del gas e del rifiuto e non anche il loro calore sensibile. CGE = (Qsyngas∙LHVsyngas)/(Qfuel∙LHVfuel) 19 
Efficienza termica (HGE = hot gas efficiency), definita come rapporto tra la somma dell’energia chimica e del calore sensibile del gas prodotto e la somma dell’energia chimica e del calore sensibile del combustibile alimentato all'impianto. HGE = (Hout + Qsyngas∙LHVsyngas)/(Hin + Qfuel∙LHVfuel) 
Efficienza di conversione del carbonio (CCE = carbon conversion efficiency), definita come rapporto tra la portata di carbonio trasformata in prodotti gassosi e la portata di carbonio alimentata con il combustibile. Fornisce un’informazione sulla conversione ottenibile (e quindi sull'efficienza chimica del processo) che è utile, in fase di progettazione e di esercizio, a stimare sia la produttività dell’impianto sia la quantità di prodotto non convertito che va trattato con altre tecniche o smaltito. CCE = (Qsyngas∙Ccarbon_syngas)/(Qfuel∙Ccarbon_fuel) 
Tenore e composizione dei tar. E' un parametro cruciale poiché i tar (una miscela complessa di idrocarburi condensabili che include composti aromatici con anello singolo o multiplo assieme ad altri idrocarburi contenenti ossigeno e idrocarburi policiclici aromatici) causano seri problemi nelle apparecchiature di processo e nei dispositivi finali di conversione in energia elettrica. Esso quindi definisce la tipologia del sistema di pulizia (metodi primari, da applicare all'interno del reattore, o secondari, da adottare a valle di esso) ma può anche indirizzare verso un tipo di dispositivo finale di utilizzo piuttosto che un altro (ad es., una caldaia o un motore piuttosto che una turbina a gas, nel caso di recupero energetico) o, in alcuni casi, limitare anche fortemente la possibilità di alcuni utilizzi finali. 
Altri parametri, quali potere calorifico del syngas (kJ/m3N), portata volumetrica specifica del syngas (m3N/kgrifiuto), produzione di energia specifica (cioè l'energia chimica del syngas ottenuto per unità di massa del rifiuto solido alimentato al gassificatore, kJ/kgrifiuto). Questi parametri non necessariamente forniscono una valutazione esaustiva della qualità del gas ottenuto, proprio per le diverse possibilità di impiego finale. Ad esempio, un processo con un’elevata CGE è adeguato ad un’applicazione per produzione di energia ma potrebbe esserlo meno per un’applicazione mirata alla sintesi di prodotti chimici o di combustibili liquidi. Anche nell'attuale mercato dei gassificatori per rifiuti urbani, dove la massima produzione di energia sembrerebbe essere sempre il principale obiettivo del trattamento, la CGE e la produzione di energia specifica potrebbero essere non sufficienti ad una valutazione definitiva 20 del processo se questo fosse orientato (come accade tipicamente in Giappone) a massimizzare la stabilità ed a minimizzare la quantità dei residui solidi piuttosto che a ottenere elevati recuperi complessivi di energia. La Tabella 4 riporta gli intervalli tipici di variazione di alcuni parametri di esercizio e di processo. Tabella 4 Intervalli tipici di alcuni parametri operativi e di misura delle prestazioni di processo di gassificazione con aria o aria arricchita di rifiuti solidi urbani. Da: [Arena, 2012b]. Parametri operativi
Rapporto di equivalenza, ‐ 0.25‐0.55 Temperatura reattore, °C 550‐1100 Potere calorifico del rifiuto, MJ/kg 7‐18 Parametri di prestazione del processo Efficienza di conversione del carbonio (CCE), % 90‐99 Efficienza termica apparente (CGE), % 50‐80 Potere calorifico del syngas, MJ/m3N Efficienza di produzione di energia elettrica, % Produzione specifica di energia, kWh/trifiuto 4‐7 15‐23 400‐700 21 LE TECNOLOGIE DI GASSIFICAZIONE Configurazioni impiantistiche Uno dei principali potenziali vantaggi del processo di gassificazione sta nella varietà dei differenti possibili impieghi del syngas prodotto. Essi sono però fortemente condizionati dalla qualità del syngas che si ha a disposizione, che deve rispettare alcune caratteristiche, ed in particolare contenere livelli spesso molto bassi di contaminanti per essere compatibile con lo specifico utilizzo. Per l’impiego del syngas per produzione di energia si richiede una pulizia di grado crescente passando da uno minimo, richiesto per impiego in caldaie combinate con turbine a vapore, ad uno modesto, per impiego in bruciatori di gas a basso NOx (con efficienze di conversione energetica che arrivano al 25%), ad uno sempre maggiore per impiego diretto in motori endotermici e in turbine a gas (con un’efficienza di conversione energetica intorno al 30‐35%) e in futuro anche in celle a combustibile (con efficienza tra il 50 e il 55%). Ciò ha fatto sì che si definissero due approcci diversi per l’utilizzo del syngas (Figura 11): 
La gassificazione termica, in cui il syngas prodotto dal processo è prima inviato in un forno a bruciatore e poi al sistema di recupero energetico (caldaia collegata ad una turbina a vapore o turbina a combustione esterna). I fumi esausti sono inviati ai dispositivi di pulizia e poi al camino; 
La gassificazione di potenza, che mira ad ottenere efficienze di conversione in energia elettrica maggiori, in cui il syngas prodotto dal processo è prima pulito al meglio possibile e poi inviato al dispositivo di conversione in energia elettrica (turbina a gas o motore a combustione interna). La gassificazione termica è la configurazione largamente più utilizzata negli impianti oggi in esercizio. Benché essa sia energeticamente meno efficiente, ha comunque diversi vantaggi rispetto ai sistemi di incenerimento convenzionali: i) la combustione di gas combustibile di basso peso molecolare è più pulita ed efficiente della combustione di un rifiuto solido, soprattutto per l’ottima miscelazione gas‐gas, che consente di impiegare un ridotto eccesso di aria; ii) il più basso eccesso d'aria implica minori perdite termiche al camino; iii) la combustione in fase omogenea consente maggiore continuità del processo e un controllo più agevole; 22 iv) la portata volumetrica del gas combustibile prodotto è molto ridotta rispetto a quella dei gas effluenti di un processo di combustione diretta, con conseguenti minori costi del processo di pulizia; v) anche se il syngas prodotto è bruciato in loco, esiste la possibilità di rimozione intermedia di alcune impurità dal gas combustibile, in genere per ridurre il tenore di polveri e di acido cloridrico, al fine di migliorare le condizioni di combustione del gas a valle del gassificatore. A fronte di questi vantaggi, è però indubbio che quando il syngas è bruciato direttamente, ad es. in collegamento con una caldaia ed una turbina a vapore, l’efficienza di generazione di energia elettrica deve rispettare il limite teorico della turbina. Figura 11 Rappresentazione schematica delle possibili configurazioni degli impianti di trattamento termico di rifiuti basati sul processo di gassificazione. Da: [Arena, 2012b]. 23 Nella gassificazione di potenza iI syngas ottenuto da un gassificatore ben esercito e che sia stato ulteriormente condizionato e pulito con trattamenti adeguati (di tipo fisico, termico o catalitico), può essere adatto all’impiego in motori a combustione interna o turbine a gas. E' una configurazione che consente più elevate efficienze di conversione in energia elettrica ma, ad oggi, soffre dei costi elevati di investimento iniziale e di esercizio per raggiungere alti livelli di pulizia del syngas. In particolare, per rispettare i requisiti di pulizia imposti dall’utilizzo sia in motori endotermici che in turbine a gas, che sono molto stringenti in particolare per polveri e tar (< 50 mg/m3N di polveri e di tar), si deve ricorrere quasi sempre ad un sistema di pulizia ad umido. Il lavaggio del gas implica però diversi svantaggi: 
Necessità di trattare i reflui liquidi contenenti i tar 
Perdita del contenuto energetico dei tar stessi, che sono idrocarburi ad alto peso molecolare e alto potere calorifico 
Perdita del calore sensibile del syngas. La gassificazione di combustibili derivati da rifiuti genera tipicamente un syngas ricco di tar, e ciò deve essere tenuto in conto nella scelta della configurazione impiantistica a cui fare riferimento. Ad oggi, la quasi totalità dei gassificatori alimentati a rifiuti urbani o combustibili derivati da rifiuti urbani adotta la configurazione di gassificazione termica. Diversi tipi di reattori sono impiegati per i processi di gassificazione. Come già anticipato (Tabella 1), si differenziano principalmente per il modo in cui il combustibile solido viene a contatto con l’agente gassificante ma anche per il modo in cui viene fornito il calore per la degradazione termica, per il tipo di agente gassificante, per le condizioni operative (principalmente, temperatura e pressione di esercizio). La maggior parte di queste tecnologie sono state sviluppate e commercializzate per la cogenerazione di energia termica ed elettrica nella configurazione indicata come "gassificazione termica". Solo alcune di esse utilizzano un "gassificatore di potenza" o sono esercite per produrre prodotti di base per l'industria chimica, in particolare, ammoniaca. La Tabella 5 riporta un elenco (non esaustivo) di costruttori di gassificatori che, nel complesso, hanno in esercizio circa 100 gassificatori, alimentati con differenti tipi di rifiuti solidi. Quelli più utilizzati per i rifiuti urbani ed i combustibili da essi derivati sono i reattori a letto mosso di tipo shaft, quelli a letto fluido e quelli a griglia. Non sono invece utilizzati quelli a letto trascinato che operano ad alte pressioni e per elevate potenzialità e sono adatti soprattutto per i carboni. La scelta del tipo di reattore deve principalmente tener conto della qualità del combustibile di partenza e del tipo di applicazione finale. 24 Tabella 5 Principali costruttori di impianti di termovalorizzazione di rifiuti solidi urbani per gassificazione. [Arena, 2012b]. Società AlterNRG (Canada), Westinghouse Plasma Corp., Hitachi Metals (Giappone) Ebara TIFG (Giappone) Tipo di processoa Tipo di rifiuto solidob Gassificatori in esercizio A‐PG‐HT‐VS‐
PWG RSU, CDR, ASR, TDF 2 (+1) Potenzialità di trattamento, kt/a 8‐90 RSU, ASR, MPW, IW MPW 12 30‐135 3 10‐60 RSU, CDR 8 (+6) 10‐80 RSU, CDR 9 10‐100 RSU, CDR, IW, IR, EW 11 30‐200 A‐(OXG)‐DD‐HT‐
VS‐PWG RSU, CDR 7 30‐200 A‐AG‐BFB‐LT‐
(BA+VS)‐HEG RSU 11 (+3) 20‐180 A‐CFB‐LT‐BA‐
HEG A‐AG‐RK‐HT‐VS‐
HEG A‐EAG‐DD‐HT‐
VS‐HEG RSU, IW, WW 1 250 RSU, ASR 7 (+2) 60‐150 RSU, CDR, IW, IR 32 (+5) 30‐230 RSU, CDR 2 5‐35 RSU, ASR 2 40‐100 A‐AG‐ICFB‐LT‐
(BA+VS)‐HEG Ebara Co. e Ube Industries Ltd P‐OG‐ICFB‐
(Giappone) (LT+HT)‐VS‐ produzione NH3 Energos (Norvegia/UK) A‐AG‐MG‐BA‐
HEG Hitachi Zosen (Giappone) A‐AG‐BFB‐LT‐
(BA+VS)‐HEG JFE (Giappone); (Kawasaki A‐(EAG)‐DD‐HT‐
Steel and NKK) VS‐PWG JFE (Giappone); Thermoselect (Svizzera) Kobelco Eco‐solutions (Giappone) Metso (Finlandia) Mitsui (Giappone) Nippon Steel Engineering (Giappone) Plasco Energy Group (Canada) Takuma (Giappone) A‐PG‐HT‐VS‐
PWG A‐AG‐RK‐HT‐VS‐
HEG a A = pressione atmosferica; AG = gassificazione con aria; EAG = gassificazione con aria arricchita; BFB = letto fluido bollente; CFB = letto fluido circolante; ICFB = gassificatore a letto fluido a circolazione interna; MG = griglia mobile; PWG = gassificatore al plasma; RK = forno rotante; DD = letto fisso downdraft; HT = alta temperatura; LT = bassa temperatura; BA = ceneri di fondo secche; VS = ceneri vetrose; HEG = configurazione gassificazione termica; PWG b ASR = residui rottamazione auto; CDR = combustibili derivati da rifiuti; EW = rifiuti di scavo; IR = rifiuti di inceneritori; IW = rifiuti industriali; MPW = plastiche miste di rifiuto; RSU = rifiuti solidi urbani; TDF = combustibili derivati da pneumatici; WW = rifiuti di legno. 25 Reattori a letto mosso con sistema di fusione delle ceneri I gassificatori a letto mosso sono caratterizzati da un letto in cui il rifiuto si muove lentamente verso il basso per gravità mentre viene gassificato da un agente che generalmente è alimentato in controcorrente o equicorrente. Nella configurazione updraft, il rifiuto si muove in controcorrente al gas, passando in sequenza attraverso zone dove avvengono processi diversi: essiccamento (a temperature tra 120 e 200°C), pirolisi (a temperature tra 300 e 500°C), riduzione (a temperature tra 500 e 1000°C) e ossidazione (a temperature superiori a 1000°C). Il syngas esce dalla parte superiore del reattore. Figura 12 Schema del reattore "updraft" I vantaggi principali sono: la tecnologia semplice e affidabile; i costi di investimento bassi; la discreta flessibilità del reattore, che può trattare biomasse con alto tenore di umidità e biomasse/rifiuti con alto tenore di ceneri. Inoltre le conversioni del carbonio sono generalmente alte, c’è una bassa concentrazione di ceneri e char nel syngas. D’altra parte il syngas esce ad una temperatura bassa e ciò contribuisce a determinare alta concentrazione (da 30 a 150 g/m3N) di tar nel syngas (che non attraversa la zona di ossidazione/riduzione ad alta temperatura). Di conseguenze è necessaria una massiccia pulizia del syngas per l’utilizzo in motori o turbine. Altri svantaggi importanti sono: l’impossibilità di trattare combustibili ad alto tenore di volatili (come le plastiche) che produrrebbero altissime 26 concentrazioni di tar; ed il fenomeno del channelling del syngas: l’ossigeno può localmente risalire fino al top del letto e miscelarsi con il syngas con rischi di esplosione. Nella configurazione in equicorrente (downdraft), il rifiuto è alimentato sempre dall’alto del gassificatore ma l’ossidante è immesso o dall’alto o dalle pareti laterali. E’ possibile distinguere le stesse zone del reattore updraft ma in ordine differente: essiccamento (a temperature tra 120 e 200°C), pirolisi (a temperature tra 350 e 450°C), ossidazione (a temperature tra 1200 e 1300°C) e riduzione (a temperature di circa 700°C). La gassificazione avviene dentro il letto con formazione di gas, tar e oli che raggiungono progressivamente la zona di alta temperatura dove avviene il cracking termico: il gas prodotto è di migliore qualità con un minore contenuto di tar perché il syngas deve attraversare la zona di massima temperatura. La caratteristica “gola” che restringe la sezione nella zona centrale ha la funzione di ridurre il rischio di bypass del gas. Figura 13 Schema del reattore "downdraft" I vantaggi principali sono: l’affidabilità della tecnologia con costi di investimento bassi; l’alta temperatura di uscita del syngas che garantisce basse concentrazioni (da 0.02 a 5 g/m3N) di tar nel syngas. Di contro, il reattore è adatto solo a piccole scale, meglio se alimentate con combustibile (di solito biomasse lignee o CSS, combustibile solido secondario) che abbia forma regolare e dimensioni omogenee (come i pellets). Una sorta di gassificatore downdraft, con immissione di aria arricchita in ossigeno nella sezione di fusione ceneri è il reattore shaft Direct Melting System proposto dalla Nippon Steel, che è un sistema di gassificazione ad alta temperatura (noto anche come vertical shaft furnace che 27 rappresenta un’evoluzione diretta di una tecnologia dell’industria metallurgica (Figura 14). Uno strato di coke viene formato nella zona di fondo della direct melting furnace (per un ammontare di circa 50 kg di coke per ogni tonnellata di RSU) che è mantenuta a temperature elevate (1700‐
1800°C) dalla combustione del coke al fine di garantire la stabilità del processo di fusione delle ceneri e ad accelerare la devolatilizzazione e gassificazione del rifiuto. Figura 14 Schema del reattore "shaft furnace" del processo DMS della Nippon Steel Si aggiunge anche calcare, per circa il 5% in peso, per correggere l'acidità e migliorare la viscosità del prodotto fuso ed anche, sia pure in misura limitata, per trattenere parte del cloro del rifiuto. Dalla sommità al fondo del gassificatore è possibile individuare una zona di essiccazione e preriscaldo (che opera a circa 300°C), una regione di gassificazione (tra 300 e 1000°C), una regione di combustione (tra 1000 e 1700°C) e la citata regione di fusione delle ceneri (tra 1700 e 1800°C). Il syngas prodotto fuoriesce dalla parte alta del reattore per essere trasferito ad un combustore “swirlato” (cioè con forti componenti tangenziali che accrescono la turbolenza e migliorano il contatto tra i reagenti) collegato ad una caldaia, che a sua volta alimenta una turbina a vapore per la produzione di elettricità. Ci sono più di 30 impianti della Nippon Steel in Giappone e Corea (Figura 15), con capacità di trattamento tra 100 e 450 t/g, che sono in grado di operare in 28 co‐gassificazione di rifiuti urbani, ceneri di inceneritori e residui (anche inerti) delle filiere del riciclo. Figura 15 Rappresentazione schematica del processo DMS della Nippon Steel. Da: [Tanigaki, 2012b]. Una caratteristica importante di questi gassificatori è quella di generare ceneri vetrose immediatamente riutilizzabili, che cioè non devono subire ulteriori trattamenti prima del loro riempiego. Si distinguono in metalli, subito utilizzabili perché per niente ossidati dato l’ambiente riducente del reattore, e slag inerti vetrosi. Questi ultimi sono impiegati nell’edilizia, soprattutto per fare mattoncini autobloccanti e sottofondi stradali. Il loro impiego è immediato perché le condizioni del reattore rendono bassissimo il tenore di Zn e Pb (che è invece molto alto nelle ceneri di fondo di un inceneritore convenzionale). La Figura 16 illustra cosa avviene nella zona di fusione di questi reattori: gli ossidi di Pb e Zn formano con il monossido di carbonio dei compelessi che portano alla formazione di cloruri (volatili) di PB e Zn, che quindi lasciano il reattore con il syngas. Ciò implica che la massima parte (oltre il 98%) di questi metalli pesanti si ritrovi nel gas, per essere poi tutta trattenuta dal sistema carboni attivi + filtro a manica del sistema di controllo dell’inquinamento (APC system). 29 Figura 16 Schema dei fenomeni che avvengono nella zona di fusione di un reattoreDMS della Nippon Steel. Da: [Tanigaki, 2012b]. Questa caratteristica riduce drasticamente il quantitativo di ceneri del processo di gassificazione DMS di rifiuti che deve essere poi inviata a discarica. La Figura 17 mostra il bimancio di materia di un impianto giapponese, che è alimentato anche con ceneri di fondo da inceneritori convenzionali, per il quale il materiale a discarica è pari al 2.8% in massa rispetto alla quantità alimentata. Figura 17 Bilancio di materia dell’impianto di gassificazione DMS dell’Akita Total Env. Center. Da: [Tanigaki, 2012b]. Un altro processo di gassificazione ad alta temperatura, sempre condotto in una sorta di gassificatore downdraft integrato con un processo di fusione, è proposto da JFE Environmental 30 Solution Co.. JFE ha acquisito le licenze sia per la tecnologia Thermoselect S.A. (reattore “convert”, alimentato ad ossigeno puro, che prevede l’immissione del rifiuto nella parte inferiore e, in alcune configurazioni, è dotato di una sezione di degassazione prima del gassificatore) sia per quella NKK e Kawasaki Steel (reattore “shaft”, alimentato ad aria arricchita con una successione di sezioni e profili di temperatura simili a quelli dell’equivalente reattore Nippon Steel). Ci sono diversi impianti in esercizio, per lo più in Giappone ma anche in Europa, che trattano RU, rifiuti industriali o CSS. Reattori a letto fluido In un gassificatore a letto fluido bollente (BFB), un flusso di ossidante gassoso (aria, ossigeno o aria arricchita), è alimentato al fondo del gassificatore dove è posto un letto di materiale inerte (tipicamente sabbia silicea o olivina, che costituisce oltre il 98‐99% del totale in massa del letto mentre il restante 1‐2% è costituito dal combustibile), ad una velocità tale da conferire al letto di particelle solide un comportamento fluidodinamico simile a quello di un fluido. La condizione di fluidizzazione determina un'intensa miscelazione ed un contatto gas‐solido che consente elevatissimi coefficienti di trasferimento di calore e di materia. Il contatto solido‐gas particolarmente efficiente garantisce una buona flessibilità operativa sulle caratteristiche del combustibile in ingresso: questi gassificatori accettano combustibili di forma diversa (fluff, pellets, granulati, fibre) e con un grado di umidità anche del 25%. La dimensione del combustibile ha però un ruolo critico : materiale troppo fine (sotto i 0.05mm) è trascinato con il syngas e solo parzialmente recuperato nel ciclone posto a valle; materiale eccessivamente grossolano (oltre i 200mm) tende a galleggiare, se leggero, o a muovere verso il fondo del letto, se pesante, e ad avere quindi una conversione meno buona. Le temperature di esercizio sono generalmente sotto i 900°C per evitare la fusione delle ceneri e fenomeni di sinterizzazione che potrebbero determinare un peggioramento della qualità della fluidizzazione. Le temperature relativamente basse indicano il letto fluido come un reattore adatto per combustibili molto reattivi, come le biomasse e rifiuti pre‐trattati e particolarmente adatto ai rifiuti plastici. Non ci sono parti meccaniche in movimento, e la manutenzione è quindi relativamente agevole e più economica. Il rifiuto è generalmente alimentato al di sopra del letto da uno o più punti lungo le pareti, è velocemente riscaldato e devolatilizzato e poi reagisce. Il syngas muove verso l'alto lungo il freeboard (lo spazio verticale al di sopra del letto fuido) ed esce dal reattore. La massima parte delle reazioni di gassificazione avviene all'interno del letto e nella zona di splashing (la regione appena sopra la sommità del letto, dove c'è la massima turbolenza indotta dall'esplosione delle bolle). Un gassificatore BFB opera a temperature sotto i 900°C. 31 Alcuni costruttori, come Hitachi Zosen Co. e Kobelco Eco‐Solutions Co. (Figura 18), propongono gassifcatori BFB in sistemi combinati con forni di combustione a flusso swirlato nei quali il syngas è bruciato ad alte temperature (sopra i 1200°C) per fondere le ceneri e produrre un residuo vetrificato. Il ferro e l'alluminio contenuti nel rifiuto sono invece estratti dal fondo del gassificatore in uno stato non‐ossidato che ne consente un riutilizzo di qualità. Figura 18 Rappresentazione schematica del processo a letto fluido con fusione delle scorie della Kobelco Eco‐Solutions Una versione particolare di gassificatori BFB è quella indicata come gassificatori a letto fluido a circolazione interna (ICFB), caratterizzati da una speciale piastra di distribuzione del gas fluidizzante, a forma di V rovesciata e con alimentazione differenziata della portata volumetrica, che garantisce una migliore miscelazione radiale, perlomeno per dimensioni trasversali di letto relativamente limitate, e quindi, un minor numero di punti di alimentazione. La tecnologia è proposta da Ebara in accoppiamento con un forno di fusione (cyclone combustor) esercito a 1400°C. 32 . Figura 19 Particolari del reattore a letto fluido e del sistema di fusione delle scorie del sistema di gassificazione della Kobelco Eco‐Solutions 33 Quando la velocità superficiale del gas cresce significativamente sopra la velocità terminale del solido (tipicamente oltre i 3m/s), non si distingue più una sommità del letto e larghi ammontari di particelle sono trascinati fuori dal reattore assieme al gas: un'operazione in condizioni di regime stazionario è possibile solo se le particelle trascinate sono raccolte da un ciclone e ri‐
alimentate al letto tramite una valvola non‐meccanica. Questo tipo di reattori è indicato come letto fluido circolante (CFB): il regime fluidodinamico non è solo definito dalla velocità superficiale del gas ma anche dal flusso massico di solido che ricircola. In un gassificatore CFB, la sospensione di syngas e particelle (materiale inerte del letto e char del rifiuto) si muove verso l'alto lungo il riser prima di entrare nel ciclone. Anche qui le temperature sono tipicamente sotto i 900°C per evitare la fusione delle ceneri e fenomeni di sinterizzazione. Gassificatori CFB sono offerti per esempio dalla Metso Group (Figura 20), che ha completato un impianto da 250 kt/a di combustibile derivato da rifiuti, con due gassificatori con capacità di 80MWfuel ciascuno, entrato in esercizio a Lahti, in Finlandia nel maggio 2012. La caratteristica principale di questo impianto è che il syngas viene raffreddato a circa 400°C (così da evitare la condensazione dei tar) e poi messo a contatto con un sorbente prima di inviarlo in un filtro ceramico: si trattiene così la massima parte di polveri, metalli e cloruri alcalini. Il syngas così pulito può essere bruciato (assieme ai suoi tar, che sono combustibili) in una caldaia (gas fired boiler) con efficenze elevate. Figura 20 Alcuni concetti chiave del sistema a letto fluido circolante proposto dalla Metso. Da: [Hankalin e Honkola, 2012] 34 Reattori a griglia mobile I gassificatori a griglia hanno una struttura molto simile a quella impiegata per gli inceneritori di i rifiuti urbani. La griglia alimenta il rifiuto in modo continuo dal condotto di immissione al forno, garantendo sia il movimento del letto di rifiuto e di ceneri residue verso il punto di scarico alla fine della griglia sia il rivoltamento del materiale. La conversione si realizza in due stadi: essiccamento, pirolisi e gassificazione del combustibile avvengono nell’unità di gassificazione mentre l’ossidazione completa viene facilitata mediante un’iniezione multipla di aria e gas ricircolati nell’unità di ossidazione ad alta temperatura. L’unità di gassificazione è equipaggiata con una griglia orizzontale raffreddata ad olio, divisa in numerosi settori separati, ciascuno con un sistema indipendente di alimentazione di aria. Questa griglia è in grado di gestire rifiuti con potere calorifico non superiore ai 18 MJ/kg (Figura 21), in quanto valori superiori potrebbero creare surriscaldamento e conseguente rischio di deformazione degli elementi meccanici della griglia. Figura 21 Campo di funzionamento del sistema di gassificazione a griglia mobile della Energos [Grimshaw e Lago, 2010] Uno spintore azionato idraulicamente assicura l’alimentazione del rifiuto alla griglia. Un software controlla il grado di alimentazione del rifiuto così come il trasporto lungo la griglia. Le scorie di gassificazione sono scaricate e raffreddate in una vasca e trasportate a discarica idonea. L’iniezione di aria e di gas ricircolati attraverso ugelli opportunamente distribuiti nella camera di ossidazione ad alta temperatura assicura il controllo della temperatura e l’ossidazione completa del gas di sintesi proveniente dall’unità di gassificazione. 35 Il forno a griglia è stato proposto per il processo di gassificazione dalla Energos (Figura 22) che ha diversi impianti in esercizio in Norvegia e, più recentemente, in Germania ed Inghilterra). La conversione ha luogo in due stadi: la camera primaria per la gassificazione del rifiuto, condotta con un rapporto di equivalenza di 0.5, e la camera secondaria per l'ossidazione ad alta temperatura del syngas prodotto nella camera primaria. Figura 22 Schema del sistema di gassificazione a griglia mobile della Energos [Grimshaw e Lago, 2010] Reattori al plasma Il rifiuto tal quale è alimentato al gassificatore venendo a contatto con un plasma generato elettricamente, di solito a pressione atmosferica e temperature tra 1500 e 5000°C. La parte organica del rifiuto è convertita in syngas di buona qualità mentre la parte inorganica è vetrificata in slag inerti. I gassificatore al plasma usano torce al plasma, come per es. nelle unità WtE proposte dalla Alter NG, dove le torce sono collocate al fondo del gassificatore, bruciando un letto di carbone per fondere gli inorganici. Alter NG ha progettato una camera a sezione allargata nella metà superiore del gassificatore, in cui i tar e altre molecole difficili da gassificare permangono da 0.5 a 1min e subiscono cracking termico. Le unità di gassificazione al plasma richiedono energia elettrica in quantità rilevante per esercire le torce: si riportano consumi tra i 1200 e i 2500 MJ/trifiuto, cioè circa il 15‐20% della produzione lorda di energia elettrica dell'impianto. Esistono anche reattori a plasma a doppio stadio, come quelli proposti dall’Advanced Plasma Power, il cui schema è stato già riportato in Figura 6. 36 I SISTEMI DI PULIZIA DEL SYNGAS Generalità Come già anticipato nelle pagine precedenti, la sfida tecnologica cruciale della termovalorizzazione per gassificazione è quella di disporre di sistemi di pulizia ad un tempo economici ed efficienti, che consentano quindi di poter ottenere un syngas con livelli di pulizia anche elevati a prezzi ragionevoli. Ciò amplierebbe le possibili applicazioni pratiche del gas prodotto, consentendo sia l'utilizzo di dispositivi di conversione energetica di elevata efficienza sia l'impiego del syngas per la produzione di prodotti della chimica di base o di combustibili liquidi. Le pratiche di pulizia, come schematicamente riportato in Figura 23, si distinguono in: 
metodi primari (cioè essenzialmente condotti all'interno del reattore di gassificazione), costituiti da un'adeguata selezione e controllo di condizioni operative (temperatura e rapporto di equivalenza), la ricerca di soluzioni progettuali specifiche e, soprattutto, l'utilizzo di additivi al reattore con proprietà catalitiche 
metodi secondari (condotti a valle del reattore di gassificazione), sono quelli più usati e sono ulteriormente classificabili come riportato nella Tabella 6 e dettagliato di seguito. Alcuni dei metodi primari consentono di ottenere livelli di pulizia interessanti ma non offrono la necessaria flessibilità, cioè non sono in grado di garantire un syngas pulito anche a seguito di variazioni limitate della composizione del combustibile. La garanzia di una rimozione completa e costante delle impurità del syngas può essere offerta solo dai metodi secondari. L'approccio generale è quindi quello di progettare e utilizzare un adeguato metodo secondario come base per la pulizia del syngas, e la rimozione dei tar in particolare, applicando un metodo primario come possibile ottimizzazione dello stadio di pulizia. La rimozione dei tar, ed in genere la pulizia del syngas, può avvenire con metodi meccanici, catalitici e termici. I dispositivi di cui si può disporre attualmente sono schematicamente riportati nella Tabella 6, assieme ad una serie di considerazioni desunte dalla letteratura più aggiornata, così da fornire un quadro rapido dello stato della ricerca applicata nel settore. Successivamente si descrivono gli aspetti rilevanti di alcuni di questi dispositivi, soprattutto quelli più adatti ad impianti di scala medio‐piccola di gassificazione di rifiuti. Si tralasciano quindi i precipitatori elettrostatici, sia a secco che ad umido, e ci si limita a poche note nell'esame dei possibili catalizzatori che, ad oggi, rappresentano ancora una scelta economicamente onerosa e di scarsa affidabilità, dato il rischio elevato di un loro avvelenamento. 37 Figura 23 Metodi primari (A) e secondari (B) per la pulizia del syngas da gassificazione di combustibili derivati da rifiuti [Arena, 2013]. 38 Tabella 6 Classificazione dei metodi di pulizia del syngas. [Arena, 2013] Tipo
Sistema di pulizia


Meccanico‐ 

a secco 




Cicloni, Precipitatori elettrostatici (ESP) Filtri a tessuto Filtri ceramici Filtri catalitici Filtri a carbone attivo Cicloni e Precipitatori elettrostatici ad umido (WESP) Scrubber ad acqua Scrubber ad olio Sistema OLGA Meccanico‐ a umido  Rimozione sia di particolato che di tar  Alta riduzione di tar (76‐95%) con i filtri ceramici e (>70%) con quelli a carbone attivo  Rimozione sia di particolato che di tar  Ampiamente utilizzato in scala industriale  WESP garantiscono alte rimozioni di tar (40‐
70%) e polveri (>95%)  Venturi scrubber raggiungono efficienze di abbattimento dal 50 al 90%  Scrubber ad emulsioni ad olio hanno alte efficienze di rimozione di tar e limitati fenomeni di occlusione. Catalitico Vantaggi

catalizzatori a base di Ni  Si può ottenere la distruzione completa dei tar
 Maggiori efficienze di conversione energetica
Svantaggi
 Filtri ceramici richiedono alti investimenti  Tar depositati non facilmente pulibili da nessuno dei diversi tipi di filtro. Ne consegue la necessità di una sostituzione periodica di conversione  L’efficienza energetica del processo è potenzialmente ridotta  WESP hanno alti costi e dimensioni, sono quindi adatti solo a scale elevate  Scrubber ad acqua hanno svantaggi rilevanti: bassa solubilità dei composti idrocarburici, effetti di tensione superficiale, occlusioni, alti costi del trattamento delle acque di scarico, formazione di sali, alti costi del trattamento dei fanghi, riduzione del potere calorifico del gas prodotto e dell’efficienza energetica netta del processo  Scrubber ad emulsioni ad olio hanno alti costi di esercizio. E’ cruciale la progettazione del demister per limitare le perdite di emulsione
 Catalizzatori a metalli non‐Ni sono più costosi di quelli al Ni. Bisogna 39 




catalizzatori a base di metalli senza Ni catalizzatori a base di metalli alcalini catalizzatori basici catalizzatori acidi catalizzatori a carboni attivi  Catalizzatori al Ni sono i più efficienti per 


Termico 

Cracking termico Cracking al plasma 

convertire i tar in gas combustibili. La co‐
impregnazione di Ni su catalizzatori naturali (olivina, dolomite, zeoliti) può accrescere la stabilità ed evitare il problema della deposizione di carbonio sul catalizzatore Catalizzatori a metalli non‐Ni, specialmente quelli a base di Rh, appaiono fortemente promettenti Catalizzatori basici ed acidi possono migliorare la qualità dei prodotti gassosi Char o carboni attivi sono i catalizzatori più economici e sono anche naturalmente prodotti nel gassificatore
Si può ottenere la distruzione completa dei tar
Maggiori efficienze di conversione energetica trovare come estenderne il tempo di vita per renderli commercialmente più interessanti  Catalizzatori basici ed acidi accrescono il contenuto di ceneri da trattare o smaltire dopo il processo di gassificazione e si disattivano rapidamente per la formazione di coke  Per i catalizzatori a carboni attivi la formazione di coke che ostruisce i pori è ancora un problema da risolvere  E’ richiesta energia per operare ad alta temperatura  Necessità di ottimizzazione economica ed energetica 40 Sistemi meccanici a secco Cicloni
I cicloni o separatori a forza centrifuga, sono sistemi meccanici che possono, perlomeno potenzialmente, essere utilizzati per una rimozione preliminare, seppur parziale, dei tar e del particolato contenuto nel syngas da processo di gassificazione di combustibili derivati da rifiuti. Sono tecnologie molto consolidate nell'impiantistica industriale ma non adatte per la rimozione di particelle più piccole di 5μm ed assolutamente inefficaci nella rimozione del particolato finissimo e degli aerosol inferiori a 1μm. A tale limitazione va aggiunta l'evidenza che la combinazione di particolato e di tar adesivo nel flusso di gas può creare un deposito di materiale sulla superficie del ciclone che è difficile da rimuovere durante il normale esercizio e che ne può anche inficiare il funzionamento. A ciò si può ovviare mantenendo la temperatura del ciclone sopra i 400°C per evitare la condensazione dei tar. Nonostante queste limitazioni, i cicloni sono comunque spesso presenti nei layout degli impianti di gassificazione, perché consentono una depolverazione preliminare a costi di investimento e di esercizio molto contenuti. Si ritrovano quindi spesso come primo stadio di un sistema di pulizia a più stadi. Filtriamanica
Sono il sistema di pulizia preferito per i gas effluenti da sistemi di termovalorizzazione per combustione. La realizzazione delle maniche in feltri agugliati di materiali polimerici ha di fatto rivoluzionato il mercato dei dispositivi di controllo dell'inquinamento atmosferico. Con questi materiali i filtri a manica garantiscono efficienze di abbattimento superiori al 99.5% anche per polveri finissime (PM2.5 e PM0.1). La cake di polvere che si forma sulla manica consente inoltre ai carboni attivi e ai sorbenti basici, eventualmente immessi a monte di proseguire con elevate prestazioni la loro azione di abbattimento di diossine e metalli pesanti e di gas acidi, rispettivamente. In un impianto di gassificazione l'impiego dei filtri a manica è fortemente limitato dalle temperature massime di impiego dei filtri, che di norma non superano i 250°C. A tali valori, la maggior parte dei tar condensa, andando a formare dei depositi adesivi sui filtri che ne pregiudicano l'impiego in poco tempo. Esiste pertanto un'intensa attività di ricerca applicata per mettere a punto materiali che possano essere impiegati a temperature superiori ai 300°C. Le informazioni di letteratura sono 41 ovviamente molto scarse, per la comprensibile segretezza industriale. E' stato però recentemente annunciato da 3M un nuovo prodotto, il 3M™ Filter Bag Fabric FB‐700, che utilizza un tessuto avanzato che sembrerebbe poter operare a temperature fino a 371°C in esercizio continuo, come mostra la tabella in Figura 24. Figura 24 Caratteristiche di nuovi filtri a manica per alta temperatura [3M, 2012]. C'è da registrare comunque l'impiego di filtri a manica a temperature di 180°C nell'impianto di Güssing in Austria, come primo stadio di un sistema che prevede poi uno scrubber ad emulsione. La cake di polveri ed idrocarburi (soprattutto fenolici) è poi inviata nella sezione di combustione che è parte integrante dell'impianto, consentendo di recuperarne l'energia chimica. L'impianto opera una gassificazione con vapore (allotermica) di sole biomasse in un letto di olivina (un allumino‐silicato di ferro e magnesio con buone proprietà catalitiche per la degradazione dei tar secondo le reazioni 16 e 17 della Tabella 2). Produce pertanto un syngas con un tenore di tar relativamente limitato, tale da essere inviato ad un motore a combustione interna. Va comunque ricordato che in nei filtri a manica per un sistema di gassificazione la fase di pulizia a getti pulsanti non può essere condotta con aria compressa per ovvi motivi di sicurezza (essendo il syngas un combustibile infiammabile), e bisogna pertanto usare una corrente di azoto. Filtriceramici
La filtrazione ad alta temperatura (fino a circa 800°C) è una tecnologia di interesse per i processi di gassificazione di biomasse e rifiuti perché consente di rimuovere il particolato solido dal syngas evitando la condensazione dei tar e, quindi, la complicata gestione di una miscela particolato e 42 tar. La filtrazione ad alta temperatura consente anche, evitando la formazione di incrostazioni dovute alla condensazione degli idrocarburi, di prolungare la vita del mezzo filtrante con non trascurabili risvolti economici. I filtri ceramici garantiscono efficienze di abbattimento superiori al 99% e tempi di vita anche di 8000 ore. A queste elevate prestazioni in termini di efficienza e di durata si affiancano anche ridotte perdite di carico. Test su impianti di gassificazione indicano una perdita di carico compresa tra i 10 e i 20mbar fino a un tempo di funzionamento di 5500 ore. Il loro impiego è stato fino ad oggi limitato dalla difficoltà di prevederne i reali tempi di vita, a causa di improvvisi cedimenti strutturali, apparentemente non preannunciati da alcun segnale misurabile, che hanno imposto necessariamente l'interruzione dell'esercizio degli impianti. E' pertanto di particolare interesse il già citato impiego di filtri ceramici in una recentissima configurazione di "gassificazione termica", adottata nel citato impianto di Lahti in Finlandia dalla Metso Group (Figura 25). Figura 25 Impiego di filtri ceramici ad alta temperatura nell'impianto di Lahti della Metso Group. Da: [Hankalin et al., 2011]. I filtri operano a temperature di circa 400°C (quindi inferiori a quelle usate nelle esperienze che ne avevano più volte registrato il cedimento meccanico strutturale), ed a valle dell'immissione di un sorbente basico. Trattengono così polveri e gran parte del cloro, senza determinare la condensazione dei tar, che ne comprometterebbe il funzionamento. Il vantaggio è che il syngas in uscita da tali filtri ha un tenore di cloro bassissimo e non ha perso l'energia chimica dei tar che sono ancora presenti, allo stato gassoso, nella corrente che viene inviata alla caldaia. Qui si può 43 spingere molto sulle condizioni operative, data la sostanziale assenza di cloro, ottenendo anche efficienze di recupero energetico del 30%. Questo impianto, di dimensioni notevolissime, è però entrato in esercizio solo nel maggio 2012, e quindi non ha ancora dimostrato nel tempo l'efficienza e, soprattutto, l'affidabilità di questo sistema di pulizia. L'impianto, comunque, utilizza due batterie di sei filtri ceramici in parallelo, di cui una in esercizio e l'altra di riserva nell'eventualità di un malfunzionamento. Filtricatalitici
Recentemente sono stati sviluppati filtri catalitici che consentono la rimozione contemporanea dal syngas delle particelle solide e del tar, sfruttando l’elevata temperatura del syngas in uscita dal reattore per realizzare le reazioni endotermiche di reforming dei catrami. Esiste quindi il vantaggio economico ed impiantistico di evitare l’utilizzo di due unità distinte per la rimozione dei principali contaminanti del syngas. Figura 26 Rappresentazione schematica di un filtro integrato con un letto catalitico (a) o con uno strato catalitico all'interno di un supporto poroso (b). Da: [Nacken et al., 2009]. I filtri catalitici sono generalmente di forma cilindrica con uno strato esterno, che è l’elemento filtrante, costituito da materiale poroso resistente a temperature elevate, ed uno interno in materiale catalitico che attiva le reazioni di reforming dei tar (Figura 26a). 44 Il principale vantaggio di questa tipologia di filtri è l’elevata flessibilità nell’utilizzo di diversi tipi di materiali catalitici per soddisfare le esigenze nelle specifiche applicazioni. I principali svantaggi sono invece legati alla complessità costruttiva e all’assemblaggio degli elementi filtranti. Inoltre, per consentire una velocità ottimale del gas nel letto catalitico posizionato nella parte interna del filtro, la velocità superficiale nella parte esterna del filtro deve essere tenuta al limite inferiore delle velocità tipiche dei filtri a caldo. Alcuni studi hanno mostrato che le temperature di esercizio ottimali per attivare le reazioni di reforming catalitico dei tar sono comprese tra i 750 e gli 850 °C. Per resistere a queste temperature gli elementi filtranti vengono realizzati in carburo di silicio, che ha elevata resistenza agli shock termici e alle elevate temperature. Un recente sviluppo nel design dei filtri catalitici prevede l’impiego, in sostituzione dello strato di letto catalitico, di materiali con pori rivestiti da catalizzatori (Figura 26b). Questa tipologia di filtri offre una minore complessità costruttiva, una maggiore area superficiale dell’elemento catalitico, la possibilità di utilizzare una più elevata velocità superficiale e dimensioni ridotte dei filtri. L’utilizzo dei filtri catalitici può offrire elevate efficienze di rimozione sia dei fini che dei tar contenuti nel syngas. Un filtro ceramico con catalizzatore a base di nichel presenta, ad una temperatura di 850°C, elevate efficienze di rimozione di benzene e toluene. Simili risultati sono stati ottenuti con un filtro a disco, misurando un’efficienza di rimozione compresa tra il 96 e 98% per il naftalene e il 41‐79% per il benzene ad una temperatura di 900°C in presenza di 100ppm di H2S. Filtriacarboneattivo
Uno dei metodi impiegabili per la riduzione dei tar dal syngas è l’adsorbimento mediante filtri a carboni attivi. L’adsorbimento è un processo di separazione in cui alcuni composti di una fase fluida sono trasferiti sulla superficie di un solido, detto adsorbente. In particolare, come schematizzato graficamente dalla Figura 27, le molecole diffondono dal bulk del fluido verso la superficie del solido adsorbente, andando a formare una fase distinta di adsorbato. Per “superficie” s’intende in questo caso non solo la superficie esterna ma soprattutto la superficie interna del solido, quando, come nella massima parte dei materiali utilizzati per i processi di adsorbimento, questi hanno una natura porosa. 45 Figura 27 Schematizzazione del processo di adsorbimento. L’adsorbimento è quindi un fenomeno superficiale da non confondere con l’assorbimento, che è invece definito dal riempimento di un corpo poroso con un fluido senza che questo sia ritenuto da nient’altro che forze capillari (ad es. l’assorbimento di una spugna impregnata di acqua). Il processo sfrutta la capacità di alcune specie gassose di interagire con la superficie di solidi ad elevata porosità. E’ il risultato di forze di natura fisica o chimica che si instaurano sulla superficie (esterna o interna) del solido. Nel caso dell’adsorbimento fisico si tratta di forze di van der Walls, che ovviamente non implicano nessun cambiamento nella molecola adsorbita ed hanno un’azione rapida e non selettiva. Il processo è reversibile, e l’equilibrio delle forze varia in base alla superficie e alla porosità del solido adsorbente e alla temperatura. Nel caso dell’adsorbimento chimico si stabiliscono invece interazioni chimiche tra le molecole da adsorbire e quelle di adsorbente. Si tratta di un processo selettivo, che implica cambiamenti sulle molecole di adsorbito ed è generalmente un processo irreversibile. Contrariamente all’assorbimento, il processo di adsorbimento non è in genere estremamente selettivo, nel senso che assieme al composto specifico che si vuole adsorbire possono essere adsorbiti anche quantità di altri composti. L’adsorbente deve essere periodicamente rimosso dal processo e rigenerato, cioè riportato alle condizioni originarie. Va da sé che tali cicli non possono essere ripetuti all’infinito e che, dopo un certo numero di essi, il materiale adsorbente deve essere sostituito. 46 I materiali carboniosi come la lignite e i carboni attivi possono essere utilizzati per adsorbire i catrami contenuti nel syngas, perché entrambi combinano buone caratteristiche adsorbenti con un costo relativamente basso. Alcuni studi hanno mostrato che l’impiego di filtri a carboni attivi riduce il contenuto di idrocarburi alogenati alifatici anche di oltre l’80%. Risultati simili, con un’efficienza massima di abbattimento dei tar del 70%, sono stati ottenuti in test di gassificazione di biomassa, utilizzando come materiale adsorbente un letto fisso di lignite granulare con distribuzione granulometrica 0.6‐1.0µm. L'uso di carboni attivi nella zona di freeboard di un gassificatore a letto fluido è stato recentemente sperimentato con risultati incoraggianti [Figura 28]: il tenore di tar è sceso da 2000 a circa 20 mg/m3N, il tenore di idrogeno è salito da 15 a 26% e quello di CO da 10 a 17%. Figura 28 Impiego di carboni attivi per la rimozione di tar da un gassificatore a letto fluido. Da: [Cho et al., 2012]. Il problema principale dell'impiego dei filtri a carbone attivo è comunque la difficoltà di pulizia: l'accumulo di tar sulla superficie del filtro tende a portare all'occlusione del filtro e quindi alla necessità di una sua rimozione e sostituzione. 47 Sistemi meccanici a umido Principidelprocessodiassorbimento
Gli scrubber ad umido sono sistemi di rimozione di inquinanti, in particolare gas acidi, da correnti gassose per mezzo di getti o correnti liquide che interagiscono con la corrente gassosa. Una definizione del sistema di scrubbing ottimale (scelta della tipologia, dimensionamento, stima della efficienza di rimozione degli inquinanti) per la specifica applicazione non può quasi mai essere fatta su basi esclusivamente teoriche ma richiede un certo grado di esperienza e di prove sperimentali (su modelli in scala ridotta e, successivamente, sul sistema finale) al fine di individuare le scelte più efficaci e le condizioni di lavoro per le quali sono soddisfatti i requisiti di progetto. Sulla base delle conoscenze di letteratura e di esperienze pregresse si sceglie la configurazione che meglio si adatta alle caratteristiche della corrente gassosa e alla natura degli inquinanti da rimuovere e si utilizzano alcune relazioni, per larga parte empiriche, per dimensionare il sistema. I dati di input al progetto sono spesso fissati dalle normative sulle concentrazioni massime di inquinanti ammissibili allo scarico ma nel caso dei sistemi impiegati per la gassificazione sono invece imposti dai requisiti di pulizia del syngas dettati dai dispositivi di utilizzo finale del syngas, quali motori a combustione interna o turbine a gas. In ogni caso è opportuno disporre di un sistema di monitoraggio degli inquinanti allo scarico al fine di verificare l’efficienza del sistema realizzato e apportare, se necessario, le opportune correzioni. Gli scrubber ad umido fanno uso di liquidi (generalmente acqua) per la rimozione di inquinanti dalle correnti gassose attraverso molteplici meccanismi di interazione. La corrente gassosa da trattare può interagire con il liquido opportunamente atomizzato, per aumentare la superficie di contatto (Figura 29), oppure viene fatta semplicemente gorgogliare in un battente della fase liquida. Esistono anche configurazioni ibride che fanno uso di combinazioni di questi due meccanismi. La configurazione fluidodinamica utilizzata, ovvero il disegno del sistema di adduzione della corrente liquida e il meccanismo di interazione utilizzato, dipende fortemente dalla natura del contaminante da rimuovere. Gli scrubber possono essere disegnati per l'eliminazione sia di particolato che di inquinanti gassosi: 
La rimozione di particolato negli scrubber ad umido avviene attraverso la cattura degli stessi in goccioline liquide generate dal sistema di atomizzazione. 
L’eliminazione di inquinanti gassosi avviene per mezzo di processi di dissoluzione o assorbimento del gas nella fase liquida. 48 Figura 29 Scrubber a torre di lavaggio. A valle della rimozione degli inquinanti è necessario eliminare eventuali goccioline residue (che contengono sostanze inquinanti) dalla corrente gassosa in uscita dallo scrubber. Si utilizza un sistema di separazione liquido/gas noto come demister, o mist eliminator, cioè riduttore di nebbie (chiaramente visibile nella parte superiore della Figura 29). E' poi necessario prevedere un sistema di trattamento del liquido in uscita dallo scrubber se si vuole provvedere ad un suo ricircolo nel sistema. Nella Tabella 7 viene riportata una valutazione comparativa dei vantaggi e svantaggi degli scrubber ad umido rispetto ad altri sistemi di abbattimento. 49 Tabella 7 Vantaggi e svantaggi degli scrubber ad umido. Riadattata da: [Beachler e Joseph, 1998] Vantaggi Svantaggi Eliminazione contemporanea di inquinanti gassosi e Problemi di corrosione
particolato. La presenza di acqua e di inquinanti chimici in essa disciolti può formare soluzioni acide altamente corrosive. Ciò richiede una attenta scelta dei materiali costruttivi. Assenza di sorgenti secondarie di polveri Poiché le particelle sono intrappolate in una matrice liquida esse difficilmente possono essere liberate durante le fasi di trasporto. Alto consumo di energia
L’efficienza dei sistemi di scrubber ad umido è legata ad una elevata perdita di carico nel passaggio della corrente gassosa e quindi è necessario provvedere ad un'efficace azione di pompaggio della corrente con conseguente aumento dei costi di esercizio. Ridotto rischio di esplosioni ed incendi Problemi nello scarico dell’acqua Diverse polveri secche sono infiammabili. L'utilizzo di A causa della presenza nell’acqua di polveri e composti acqua elimina la possibilità di esplosioni. inquinanti è necessario prevedere, nel rispetto delle normative ambientali, un sistema di trattamento degli scarichi. Richiesta di spazio limitata
Poiché si abbassano la temperatura ed il volume del flusso gassoso, tutti i sistemi (ventole, condotti, recipienti) possono essere di dimensioni minori rispetto a quelle di altri dispositivi, con conseguente riduzione di costi ed ingombri. Difficoltà nel recupero dei prodotti L’eventuale recupero dei prodotti asportati alla corrente gassosa rende necessario l’uso di complessi processi di essiccamento e separazione. Gli scrubber ad umido rimuovono le particelle dalla corrente gassosa inglobandole in gocce di liquido o in lamine liquide provvedendo, successivamente, a separare la fase liquida dal gas. I principali parametri che influenzano il processo di cattura del particolato sono: i) dimensioni del particolato; ii) dimensioni delle gocce; iii) velocità relativa tra particolato e gocce. In generale particelle più grandi sono anche più semplici da catturare. L’efficienza di cattura da parte della nube di gocce aumenta al diminuire delle dimensioni delle gocce e al crescere della loro densità. La maggiore energia da fornire per generare dispersione di gocce molto fini e dense conferma quanto riportato nella Tabella 7 per cui a maggiore efficienza corrisponde maggiore consumo di energia. Inoltre una velocità relativa più grande tra la corrente gassosa (ed il particolato presente in essa) e le gocce di liquido favorisce una migliore cattura. La cattura degli inquinanti gassosi avviene attraverso un meccanismo di dissoluzione nel liquido. E' necessario che il gas da eliminare sia solubile nel liquido. Eventualmente è possibile aggiungere degli additivi al liquido in maniera da incrementare la solubilità dei contaminanti da separare nel liquido di processo. In questo caso la configurazione aerodinamica deve essere tale da garantire un elevato grado di miscelamento tra le due fasi ed un tempo di residenza sufficientemente lungo da garantire una soddisfacente dissoluzione del gas nel liquido. 50 Scrubberadacquaeadolio
L'ampia esperienza maturata nel settore del trattamento di diversi tipi di gas effluenti ha portato ad impiegare scrubber ad acqua anche in molti impianti di gassificazione, soprattutto di dimensioni medio‐piccole. In uno scrubber che utilizzi acqua, la corrente gassosa viene fatta entrare a temperature inferiori a 100°C, tipicamente tra 35 e 65°C. Poiché i tar sono per buona parte idrofobici, quindi poco solubili in acqua1, negli scrubber ad acqua si riesce a rimuovere gli aerosol di tar, ovviamente assieme al particolato. Le efficienze sono soddisfacenti solo se lo scrubber è del tipo ibrido, con una sezione di gorgogliamento ed una di abbattimento per pioggia di goccioline, prima della sezione finale di abbattimento delle nebbie. L'efficienza complessiva di abbattimento dei tar può essere accresciuta utilizzando liquidi più lipofilici, che agiscano anche come solventi, così che si possa rimuovere non solo il tar presente come aerosol ma anche quello in fase gassosa. Questa è, per es., la soluzione adottata nell'impianto di gassificazione di biomasse di Güssing in Austria, dove si utilizza uno scrubber con un solvente specifico, subito dopo la filtrazione a manica ad una temperatura di 180°C. Le buone prestazioni degli scrubber ad emulsione, già anticipate nella Tabella 6, sono confermate dai dati riportati nella Figura 30: l'utilizzo come fluido dello scrubber di gasolio da autotrazione comporta elevate efficienze di assorbimento per i principali tar, specificamente circa 97.4% per il naftalene (C10H8) e 97.9% per l’indene (C9H8), tutte notevolmente più alte di quelle ottenibili impiegando acqua come fluido di lavaggio. D'altra parte, va anche tenuto in conto che i costi di esercizio per gli scrubber ad olio o emulsione sono non trascurabili. E' poi anche particolarmente delicata la progettazione del demister per limitare le perdite di emulsione dal sistema di pulizia, perdite che implicano sia la necessità di un make‐up di olio nel sistema sia, soprattutto, quella di presenze indesiderate nel syngas. In altri termini, un non perfetto funzionamento del demister può comportare che un syngas ripulito dai tar sia poi contaminato dall'olio, con paragonabili effetti negativi sul funzionamento di un dispositivo di utilizzo a valle. 1 Ad es. il naftalene (con due anelli aromatici, C
10H8) si soglie per soli 0.03 g/L a 25°C, mentre il coronene (con tre anelli aromatici, C14H10) di fatto non è solubile, perché si soglie per 0.0016 g/L a 25°C. 51 Figura 30 Dati di confronto tra la rimozione del naftalene in uno scrubber ad acqua ed in uno scrubber con diversi tipi di olio. Da: [Phuphuakrat et al., 2011]. SistemaOLGA
E’ stato più volte ribadito che il problema più importante per la pulizia del syngas è la rimozione dei tar. Poiché i fenomeni di fouling che determinano la deposizione dei tar non costituiscono un problema quando i tar sono in fase gas, è probabile che essi siano da mettere in relazione alla concentrazione dei tar nel syngas piuttosto che alle proprietà e alla composizione dei tar. In particolare, il punto di rugiada, meglio noto come tar dewpoint, cioè la temperature alla quale la pressione parziale reale dei tar equivale la pressione di saturazione, è considerato un parametro cruciale per valutare le prestazioni dei sistemi di pulizia: si ritiene che quando il punto di rugiada viene ridotto a livelli più bassi della minore temperatura attesa, i problemi relativi agli aerosol di tar e al fouling e alla conseguente condensazione si possano considerare risolti. La Figura 31 illustra questo concetto. 52 Punto di rugiada dei tar 300
Class 2
250
Class 3
Class 4
Class 5
Temperatura, °C
200
150
100
50
0
‐50
‐100
‐150
0.1
1
10
100
1000
10000
Concentrazione dellee classi di tar, mg/m3N
Figura 31 Punto di rugiada delle classi di tar in funzione della loro concentrazione nel syngas. Queste considerazioni hanno portato alla definizione di alcuni dei dispositivi di pulizia ad oggi commercialmente disponibili, come il sistema OLGA. Il sistema OLGA (OiL‐based GAs washer) è nato nei laboratori dell’ECN (Energy Center of Netherlands) con l’intento di sviluppare una tecnologia di scrubber innovativa per la rimozione dei tar. Lo scopo principale è stato quello di realizzare un sistema che eliminasse definitivamente il problema dei tar senza trasferirlo semplicemente dalla fase gas alla fase liquida, necessitando quest’ultima di un impianto dedicato per il trattamento degli scarichi. Per fare ciò, è stato innanzitutto necessario individuare un liquido di scrubbing differente dall’acqua (cioè l’olio) e che al contempo potesse garantire efficienze di rimozione dei tar dalla fase gassosa più elevate. Il processo OLGA prevede una serie di colonne di scrubbing impaccate in modo da minimizzare le perdite di carico tra il reattore e il dispositivo di generazione di energia elettrica, circostanza fondamentale per l’applicazione di OLGA ad impianti di gassificazione condotti a pressione atmosferica. 53 Ai fini del corretto funzionamento del processo, la temperatura di ingresso ad OLGA deve essere mantenuta sempre superiore alla temperature di condensazione dei tar (quindi sopra i 400°C) e, allo stesso tempo, la temperatura dei gas in uscita dal processo deve sempre risultare superiore a quella di condensazione dell’acqua (Figura 32). Figura 32 Campo di temperature per il corretto funzionamento del sistema OLGA. Il syngas, dopo che i tar condensati sono stati raccolti, è subito raffreddato, mentre i tar residui in fase gassosa sono assorbiti attraverso un ulteriore trattamento di scrubbing liquido. La raccolta del tar liquido e l’assorbimento dei tar gassosi avvengono in due colonne separate, chiamate rispettivamente Collettore e Assorbitore (Figura 33). Figura 33 Schema di flusso semplificato del sistema OLGA. I tar sono separati dal liquido di scrubbing e ricircolati al gassificatore (solitamente assieme a piccolo ammontari di liquido stesso). Per la fase di assorbimento, il processo prevede che le colonne di scrubbing siano in grado di interagire tra loro in una configurazione di assorbimento/rigenerazione, come quella riportata nella Figura 34. 54 Figura 34 Configurazione impiantistica del sistema OLGA. Il liquido di scrubbing in uscita dall’assorbitore (absorber), contenente i tar disciolti, è rigenerato in un separatore (stripper). Nel caso di impianti che utilizzano aria come mezzo gassificante, la stessa aria è anche utilizzata nel separatore come mezzo strippante del tar, per poi essere rialimentata al gassificatore. Il gas di sintesi in uscita dall’assorbitore può essere considerato libero dai tar ed essere alimentato a motori a gas direttamente o previa ulteriore fase di pulizia con tecnologie ad acqua. Il processo OLGA consente la rimozione del 95% dei fenoli dal syngas, condizione sufficiente affinché non si verifichino fenomeni di condensazione dei tar all’interno dei dispositivi di utilizzo finale. Le prestazioni di OLGA sono risultate soddisfacenti a valle di diverse tipologie di impianti di gassificazione, per lo più alimentati a biomasse. La fase di assorbimento/strippaggio utilizzata per separare i tar più leggeri, in particolare i fenoli ed il naftalene (tipicamente i composti presenti in maggiori quantità), ha sempre mostrato buone prestazioni in termini di rimozione, attestandosi attorno a valori del 99%. Inoltre il processo risulta scalabile per qualsiasi taglia di impianto è può essere riprodotto anche per sistemi che lavorano in sovrappressione. Benché lo sviluppo originario di OLGA derivi dalla ricerca sperimentale di gassificazione di biomasse, attualmente le applicazioni di OLGA non sono limitate alla rimozione dei tar da gas di sintesi da biomasse. Il processo OLGA risulta applicabile per la rimozione di composti organici (anche presenti in concentrazioni molto basse) per tutti le correnti gassose originate da processi 55 di recupero di prodotti, come nel caso di syngas prodotto dalla gassificazione del carbone o di gas di processo dell’industria chimica. Il limite maggiore del sistema OLGA, come è abbastanza evidente da quanto argomentato sinora, è la sua complessità impiantistica e, soprattutto, di esercizio. Si configura in pratica come una vera e propria unità di trattamento chimico, il cui impiego, a valle di adeguate ed attente valutazioni economiche, è quindi pensabile solo per impianti di scala medio‐grande. 56 I DISPOSITIVI DI CONVERSIONE IN ENERGIA ELETTRICA La scelta della tipologia di dispositivo di conversione in energia elettrica per applicazioni di valorizzazione energetica del syngas da gassificazione di rifiuti richiede una valutazione globale del processo e della componentistica e non è quindi riconducibile ad un’analisi semplice. I parametri che concorrono alla selezione comprendono aspetti tecnici, impiantistici ed economici, quali: il rendimento e la capacità di inseguimento dei carichi elettrici e termici; la vita utile, la potenza elettrica nominale e la manutenzione; i costi di investimento e di esercizio. Il parametro fondamentale è comunque la taglia, cioè la potenza elettrica nominale del generatore. In generale, al crescere della taglia elettrica sono favorite le macchine con costi di capitale più elevato perché di solito garantiscono rendimenti elettrici maggiori. Una fascia grigia è costituita dalle potenze medie (tra 1 MWe e 4 MWe) per le quali i costi di manutenzione possono influire nella scelta. Figura 35 Campo di utilizzo di diversi dispositivi di generazione di energia elettrica in funzione della taglia nominale. 57 Di seguito si elencano pertanto le caratteristiche delle principali tipologie di dispositivi per la conversione in energia elettrica riportati nella precedente Figura 35 (con la sola eccezione dei motori Stirling che hanno taglie molto ridotte, e quindi sono di scarso interesse) in modo da inquadrarli in termini di applicabilità ad impianti di conversione energetica di rifiuti: 
Motore a Gas a Combustione Interna (GE) 
Turbina a Gas a Combustione Interna (GT) 
Turbina a Gas a Combustione Esterna (EFGT) 
Turbina a Vapore (ST) 
Turbina a Ciclo Rankine a fluido Organico (ORC). Motore a gas a combustione interna L’impiego dei motori alternativi per l’elaborazione di combustibili gassosi non è in assoluto una novità tecnologica mentre i motori a gas specificamente ottimizzati per il syngas sono invece una tecnologia sviluppata di recente. I motori a gas sono normalmente derivati da motori industriali a pistone ad accensione comandata (a candela) e di questi conservano tutte le caratteristiche meccaniche e costruttive. La differenza fondamentale tra un motore ottimizzato e uno adattato è nel disegno della camera di combustione, nella tempistica delle fasi e nell'utilizzo di speciali tecnologie di tenuta delle fasce e delle valvole. Questi motori raggiungono regolarmente rendimenti del 30‐35% in esercizio ed hanno prezzi di acquisto relativamente bassi ma costi di manutenzione ordinaria relativamente alti. I costi di capitale si aggirano sui 100 k€/100 kWe e i costi annui di manutenzione possono arrivare al 10% del costo di acquisto. L'impiego dei motori alternativi richiede un’alimentazione di un gas relativamente pulito. Se ne raccomanda l’utilizzo nelle installazioni di taglie piccole, fino approssimativamente a 2 MWe. La caratteristica tecnica più attraente dei motori alternativi è l’alta resa a carichi parziali che li rende eccellenti inseguitori di carico elettrico. 58 Tabella 8 Caratteristiche dei motori a combustione interna Caratteristica Valore
Commenti Campo di applicabilità 10 kWe < Pe < 2,5 MWe Tecnologia di grande affidabilità Vantaggi Buona gamma di combustibili elaborabili con diversi poteri calorifici e gradi di purezza Eccezionale caratteristica di inseguimento del carico elettrico Elevata modularità del sistema Costi di investimento relativamente bassi Vita della macchina buona (~15 anni) Rendimento elettrico relativamente buono I transitori di accensione e spegnimento variano molto in funzione della potenza nominale e possono influenzare la applicabilità in situazioni particolari Svantaggi Manutenzione frequente
Bassa temperatura dei gas di scarico impedisce vantaggiose applicazioni CHP (combined heat and power) Sensibili perdite energetiche per attriti e inefficienze termo‐fluidodinamiche La vita della macchina dipende fortemente dalle condizioni di esercizio e dalla manutenzione In caso di necessità di applicazioni CHP esistono soluzioni custom con alte temperature allo scarico per produzione di vapore Stadio della tecnologia Consolidato I costruttori si stanno specializzando su taglie piccole e piccolissime (~20‐
100 kWe). La concentrazione del mercato è notevole (molti concorrenti piccoli) Specifiche combustibili elaborabili Esistono limitazioni sui principali inquinanti quali particolato, alcali, H2S, HCl e tar. Il sistema di combustione deve essere specificatamente ottimizzato per ogni combustibile
Rendimento elettrico nominale ~35%
Rendimento in esercizio molto vicino al nominale per carichi costanti Tensione nominale generatore 400V
Normalmente equipaggiati con generatori asincroni per piccole potenze (<200kWe) Rendimento termico nominale ~40%
Considera il calore recuperato da tutti i fluidi e dai gas 59 Caratteristica Commenti Valore
Temperatura flussi termici ~120°C Costo capitale 900‐1200€/kWe Solo l'unità di generazione elettrica, senza sistemi di accumulo aggiuntivi o moduli CHP ad alta temperatura Costo di esercizio ~10% del costo della macchina all’anno
Intervalli di manutenzione di ~1500h
Fortemente dipendente dalla qualità del combustibile Soluzionialternativeaimotoriagastradizionali
Motori adattati a gas (retrofit) Per abbattere i costi di acquisto di un motore alternativo da utilizzare a gas è possibile ricorrere a motori a ciclo Otto riconvertiti con uno speciale kit di alimentazione per accettare combustibili gassosi. Il motore non subisce altre modifiche se non quella dell’inserimento di un polmone di alimentazione e di una rifasatura. Oltre alla riduzione dei costi di acquisto però, questa soluzione non offre particolari vantaggi. Infatti l’esercizio a gas di un motore progettato per combustibili liquidi comporta perdite di rendimento e un accorciamento della vita utile e degli intervalli di manutenzione, erodendo con un maggiore costo di esercizio i risparmi conseguiti in approvvigionamento. Anche questi motori non sono in grado di sopportare contaminazioni elevate del gas in ingresso. Motori Diesel ibridi Gasolio/gas Per particolari applicazioni in cui non risulti fattibile e/o conveniente la decontaminazione del gas combustibile, è possibile prevedere l’utilizzo di motori (per lo più di derivazione navale) ad alimentazione mista gas/diesel. Questa soluzione particolare prevede la regolazione dell’iniezione di gasolio in proporzione calibrata al potere calorifico del gas che viene alimentato insieme all’aria comburente prima della fase di compressione. Mancando la candela di accensione, il gasolio agisce da innesco per la combustione del gas, che non brucerebbe naturalmente per combustione spontanea in compressione. Questi motori, grazie alla loro derivazione navale sono commercializzati generalmente in taglie grosse e sopportano l’alimentazione di gas (e gasolio) contaminati sia da particolato solido che da acidi e alcali. Nel caso di impiego di syngas è possibile che il rendimento e le emissioni decadano a livelli inaccettabili se la percentuale di idrogeno ricade fra il 5 e il 30% (cosa abbastanza frequente), a causa della pessima tenuta delle valvole e delle fasce in camera di combustione. 60 Motori a vapore Anche nel campo dei motori alternativi esiste la possibilità di realizzare sistemi a combustione esterna che sfruttino un fluido motore in un ciclo chiuso. Analoghi come principio termodinamico alle turbine a vapore (ciclo Rankine chiuso) e molto simili nella costruzione ai motori a combustione interna, i motori alternativi a vapore realizzano l’espansione di vapore surriscaldato in camere di espansione a pistone. Questi motori sono assolutamente affidabili benché la loro diffusione sia limitatissima a causa dei bassi rendimenti. Il loro settore di applicazione é tipicamente nell’intervallo dai 100 ai 1500 kWe e copre quella fascia non servita dalle turbine a vapore. Data la limitatissima diffusione é difficile risalire ad un prezzo di acquisto pubblicato. Accanto ai motori alternativi a vapore esistono altre varianti di motori a vapore rotativi, derivati dai compressori a vite, che possono essere applicati in cicli chiusi. L’applicazione di un motore a vapore, indicata nel caso di basse portate di combustibile altamente contaminato, porta con sé gli stessi inconvenienti di una turbina a vapore (principalmente il condensatore esterno) avendo come solo vantaggio il basso costo di acquisto. Turbina a gas a combustione interna Turbineagasmonostadio(microturbine)
Le turbine a gas monostadio, o microturbine, sono costruite con una sola girante per lo stadio di compressione e una sola girante per lo stadio di espansione. Il ciclo termodinamico di riferimento secondo cui operano é il ciclo di Joule semplice che queste macchine realizzano in forma aperta, aspirando cioè aria ambiente e scaricando in atmosfera i prodotti della combustione. Normalmente sono dotate di un rigeneratore per il preriscaldo dell’aria comburente, che consente un certo risparmio di combustibile e ne aumenta di conseguenza il rendimento elettrico. Esse sono preferite in istallazioni di piccola potenza (<150 kWe) nelle quali il loro rapporto costo/rendimento e il loro ingombro ridotto trovano perfetta collocazione. Per tale ragione vengono commercialmente identificate con il nome di microturbine. Le microturbine monostadio hanno rendimenti elettrici in esercizio relativamente bassi (20‐25%) e, non essendo sempre realizzabile il recupero termico dei gas di scarico ad alta entalpia, comportano uno spreco energetico notevole. Nel caso sia realizzabile il recupero termico dei gas di scarico, le microturbine possono offrire rendimenti di primo principio (calcolati cioè sull’utilizzo combinato dell’entalpia del combustibile) fino al 70%. Il loro costo ridotto (150‐200 k€/100 kWe) le rende però indiscutibilmente adatte ad impianti i cui costi di capitale debbano essere mantenuti bassi. Allo stesso tempo, i costi di esercizio sono relativamente bassi, anche se la manutenzione straordinaria è da considerarsi specializzata. 61 Le microturbine a gas sono tradizionalmente realizzate in leghe di acciaio e, per tanto non possono sopportare alte contaminazioni del combustibile in forma sia di particolato solido sia di composti acidi o alcalini, non essendo particolarmente resistenti alla corrosione a caldo. Il rapido sviluppo commerciale del settore ha però recentemente portato alla disponibilità di turbine con elementi rotanti e fissi in leghe speciali o in ceramica che potrebbero aprire la strada ad applicazioni con combustibili contaminati. Il punto critico di tali macchine rimangono i bassi rendimenti e l’emissione relativamente alta di NOx. Turbineagasmultistadiointer‐refrigerate(miniturbine)
Le turbine a gas inter‐refrigerate sono realizzate con almeno due stadi di compressione con interrefrigerazione e, generalmente, con due o più stadi di espansione per massimizzare il rendimento elettrico. L’adozione della interrefrigerazione infatti abbassa il lavoro totale di compressione necessario, mentre la turbina a più stadi raccoglie maggiore lavoro per un medesimo salto di pressione. La combinazione del risparmio di lavoro in compressione e della maggiore resa in espansione si riflette in un maggior lavoro utile disponibile e, quindi, in un maggiore rendimento complessivo. A tali accorgimenti si accompagna quasi sempre l’adozione del recupero del calore sensibile dei gas di scarico per preriscaldare l’aria comburente. Esse operano secondo un ciclo di riferimento di Joule che realizzano con un ciclo aperto, aspirando cioè aria ambiente e scaricando in atmosfera. Sono preferite in istallazioni di potenza media (500‐2000 kWe) nelle quali il loro maggior costo è giustificato dal maggior rendimento e il maggior ingombro è in linea con le maggiori dimensioni dell’impianto. Le turbine multistadio possono raggiungere rendimenti elettrici in esercizio del 30%. Anche per esse vale la considerazione che, nel caso sia realizzabile il recupero termico dei gas di scarico, il rendimento di primo principio può raggiungere e superare il 70%. Il loro costo si aggira intorno ai 500‐600 k€/500 kWe. Il costo di esercizio è anche per questa tipologia relativamente basso, mentre la manutenzione straordinaria è specializzata. 62 Figura 36 Schema del ciclo di riferimento per il funzionamento di una turbina a gas inter‐refrigerata, senza recupero dei gas di scarico. Le turbine multistadio sono anch’esse tradizionalmente realizzate in leghe di acciaio e, per tanto non possono sopportare alte contaminazioni del combustibile in forma sia di particolato solido sia di composti acidi o alcalini, non essendo particolarmente resistenti alla corrosione a caldo. Date però le maggiori dimensioni, spesso queste turbine vengono fornite in configurazione custom con camere di combustione che possono elaborare combustibili non perfettamente puri e trattamenti superficiali anticorrosione delle palette della turbina, benché anche esse impongano comunque limiti relativamente stringenti sulla qualità del combustibile. 63 Tabella 9 Caratteristiche delle turbine a gas a combustione interna Caratteristica Valore Commenti
Campo di applicabilità 100kWe < Pe < 10MWe All’aumentare della potenza aumenta il rendimento in ragione della disponibilità a realizzare recupero e interrefrigerazione Vantaggi Fluido motore in ciclo aperto
La manutenzione straordinaria è Intervalli di manutenzione delle parti altamente specializzata mobili lunghi (~10000 h) Elevata modularità del sistema Ottima integrazione in impianti CHP grazie alle alte temperature allo scarico Svantaggi Gestione di carichi elettrici molto variabili estremamente difficile Rendimento elettrico relativamente basso senza recupero termico L’esercizio a carico parziale riduce ulteriormente il rendimento Relativamente costosa Manutenzione specializzata Vita della macchina limitata (~10 anni) Stadio della tecnologia Specifiche elaborabili Rendimento nominale Tensione generatore Commerciale, consolidato
Se impiegata per autoconsumo con gestione ad inseguimento elettrico, necessita di sistemi di accumulatori elettrici supplementari in caso di carichi molto variabili La vita della macchina dipende fortemente dalle condizioni di esercizio e dalla manutenzione Alcuni costruttori stanno commercializzando taglie piccole e piccolissime (~30 ‐
100kWe).
Combustibili Sono imposte forti restrizioni sul grado Il sistema di combustione deve di purezza e sul potere calorifico del essere specificatamente combustibile ottimizzato per combustibili diversi dal metano elettrico ~30% (con recupero)
nominale 400V Rendimento reale medio in esercizio ~ 25% o minore Il generatore asincrono necessita di componentistica elettronica adeguata per l’interfaccia con la rete 64 Caratteristica Rendimento nominale Valore termico ~65% Commenti
Temperatura flussi termici ~600°C Costo capitale ~1000‐2000 €/kWe Sola unità di generazione elettrica, senza sistemi di accumulo aggiuntivi o moduli CHP Costo di esercizio ~2% costo macchina
Intervalli di manutenzione di ~10.000h. Manutenzione straordinaria nell’ordine del 15% del costo macchina
Turbina a gas a combustione esterna Le turbine a gas a combustione esterna sono un prodotto recentemente immesso sul mercato. Rappresentano un ibrido che combina:  un bruciatore esterno, che invia i gas caldi ad uno scambiatore di calore ad alta temperatura che riscalda il fluido motore appena a valle del compressore, con  una turbina (la cui camera di combustione è stata o eliminata perché sostituita dallo scambiatore o opportunamente modificata per funzionare come postcombustore. In linea di principio, queste macchine realizzano un ciclo Joule aperto, per il quale però l’adduzione di calore risulta divisa in differenti salti. La tipologia realizzativa delle giranti e le eventuali modifiche del ciclo base di Joule dipendono esclusivamente dalla taglia. 65 Figura 37 Schema del ciclo di riferimento per il funzionamento di una turbina a gas a combustione esterna C’è da dire però che, considerando l’incidenza dell’aggiunta dello scambiatore, tali turbine risultano economicamente vantaggiose quasi sempre in taglie prossime al megawatt, per le quali è pratica comune adottare interrefrigerazione e recupero dei gas accompagnate da geometrie delle giranti a più stadi. E’ una tecnologia da considerarsi ancora sperimentale, benché in uno stadio avanzato, poiché ad oggi sono relativamente poche le installazioni realizzate e le ore di esercizio accumulate da queste macchine. La caratteristica peculiare di queste turbine è la capacità di elaborare combustibili anche estremamente contaminati, poiché in esse si realizza la completa separazione del fluido motore e dei gas combusti. I rendimenti elettrici sono normalmente dell’ordine di grandezza della macchina base accoppiata al combustore esterno con delle penalizzazioni dovute ai rendimenti dello scambiatore e del postcombustore. In linea di principio le turbine a combustione esterna coprono tutta la gamma di potenze normalmente coperte dalle turbine a gas nelle differenti tipologie, esse però sono economicamente vantaggiose nella finestra tra 1 e 5 MW, all’esterno 66 della quale altre soluzioni (turbina a vapore >5MW) sono maggiormente convenienti. Il costo di questa tecnologia è ancora altissimo, potendo arrivare anche a 300k€/100kWe a causa degli alti costi dello scambiatore. Tabella 10 Caratteristiche delle turbine a gas a combustione esterna Caratteristica Valore
Campo di applicabilità 100kWe < Pe < 1MWe Vantaggi Ampia gamma di combustibili In caso di combustibili elaborabili con diversi poteri calorifici particolarmente problematici e gradi di purezza risulta l’unica scelta possibile. Intervalli di manutenzione delle parti La manutenzione straordinaria è mobili lunghi (~10.000 h) altamente specializzata Elevata modularità del sistema Ottima integrazione in impianti CHP grazie alle alte temperature allo scarico Gestione di carichi elettrici molto Se impiegata per autoconsumo variabili estremamente difficile con gestione ad inseguimento Rendimento elettrico relativamente elettrico, necessita di sistemi di basso accumulatori elettrici L’esercizio a carico parziale riduce supplementari in caso di carichi ulteriormente il rendimento molto variabili Costosa Il basso rendimento elettrico non Manutenzione specializzata la rende vantaggiosa per Pochissime istallazioni operative combustibili puliti elaborabili Vita della macchina limitata (~10 anni) direttamente Prodotta solo in taglie piccole La vita della macchina dipende fortemente dalle condizioni di esercizio e dalla manutenzione Svantaggi Stadio della tecnologia Pre‐commerciale / sperimentale avanzato Specifiche Combustibili elaborabili Non sono imposte particolari limitazioni (equiparabile ad una caldaia) Commenti Non viene applicata alle alte e basse potenze a causa dei costi dello scambiatore e dell’impossibilità di realizzare il recupero termico dei gas di scarico con rendimenti accettabili
In rapido progresso verso la commercializzazione per taglie piccole e piccolissime (~20 ‐
100kWe). Il recuperatore risulta il componente critico da migliorare
Il sistema di combustione deve essere specificatamente ottimizzato per ogni combustibile
67 Caratteristica Commenti Valore
Rendimento elettrico nominale ~30% Rendimento reale medio in esercizio ~25% o minore Tensione nominale generatore 400V Il generatore asincrono necessita di componentistica elettronica adeguata per l’interfaccia con la rete
Rendimento termico nominale Temperatura flussi termici
~65% Costo capitale mediamente tra 2000 e 2200€/kWe Sola unità di generazione elettrica, senza sistemi di accumulo aggiuntivi o moduli CHP
Costo di esercizio ~600°C Intervalli di manutenzione di ~10.000h Turbina a vapore Le turbine a vapore sono state storicamente le prime turbine ad essere state impiegate commercialmente per la produzione di energia elettrica, per cui vantano innumerevoli installazioni e milioni di ore di funzionamento. Il linea di principio sono delle turbine a combustione esterna, e come le omologhe a gas, presentano il beneficio di poter bruciare combustibili contaminati da diversi inquinanti. Rispetto alla loro controparte a gas però esse sono penalizzate dalla natura del ciclo che realizzano. Le turbine a vapore infatti lavorano su un ciclo chiuso che necessita di condensatori sotto vuoto, fatto che le colloca in una fascia di potenze alta (>5MWe) e con costi di capitale parimenti alti (5 M€/10 MWe). I costi di esercizio delle turbine a vapore sono anch’essi alti in ragione della complessità impiantistica che le accompagna, e che si riflette anche negli alti costi della manutenzione straordinaria e ordinaria. Le figure che seguono riportano lo schema del ciclo Rankine ed i relativi diagrammi Temperatura‐
Entropia a seguito di una serie di accorgimenti per ottimizzare il rendimento energetico. In particolare, la massima temperatura di surriscaldamento è fissata dalla resistenza dei materiali da costruzione: fino a pochi anni fa era circa 580°C, ora è di oltre 750°C. 68 Figura 38 Schema del ciclo di riferimento per il funzionamento di una turbina a vapore Figura 39 Diagrammi del ciclo Rankine senza surriscaldamento. Da: (Hougen et al., 1966) 69 Figura 40 Diagrammi del ciclo Rankine con surriscaldamento: effetti di: una diminuzione di pressione nel condensatore; un aumento di pressione nella caldaia; un'espansione parziale; un aumento del surriscaldamento. Da: (Hougen et al., 1966) Nonostante gli alti costi e la complessità impiantistica, le turbine a vapore che operano con ciclo Rankine base (senza spillamenti e rigenerazioni) ottengono rendimenti bassi, intorno al 18%. Il rendimento può essere spinto oltre il 25% con opportuni spillamenti e rigenerazioni. La scelta di queste turbine è per tanto limitata a grossi impianti. L’indiscutibile vantaggio di queste macchine è la alta resa di lavoro specifico (la più alta in assoluto tra le macchine termiche), che si riflette positivamente sui costi poiché impiegando la minima massa di fluido motore a parità di potenza, consente di minimizzare le sezioni di transito del fluido e quindi contenere le dimensioni e l’impiego di materiale per la realizzazione dell’impianto. 70 Tabella 11 Caratteristiche delle turbine a vapore Caratteristica Commenti Valore
Campo di applicabilità Pe > ~5MWe Vantaggi Vantaggi della “combustione esterna” È possibile installare la turbina in Intervalli di manutenzione delle parti cicli combinati a valle dello mobili lunghi (~10.000 h) scarico delle turbogas Lavoro specifico (kJ/kg fluido motore) La manutenzione straordinaria è più alto di altre tecnologie consente di altamente specializzata ridurre le portate di fluido
Gestione di carichi elettrici molto Il basso rendimento elettrico non variabili estremamente difficile la rende vantaggiosa per Rendimento elettrico medio‐basso combustibili puliti elaborabili L’esercizio a carico parziale riduce direttamente ulteriormente il rendimento Necessita di manutenzione specializzata Ingombri proporzionalmente più alti rispetto ad altre tecnologie a causa delle superfici estese del condensatore Svantaggi Applicazione preferenziale a grandi e grandissime potenze Stadio della tecnologia Commerciale, consolidato
É la tecnologia con il maggior numero di ore di funzionamento Specifiche Combustibili elaborabili Non sono imposte particolari limitazioni (equiparabile ad una caldaia) ~15‐25% Rendimento elettrico nominale L’aumento del rendimento é conseguibile solo con spillamenti e rigenerazioni Dipende dal tipo di applicazione
Tensione nominale generatore Rendimento termico nominale Temperatura flussi termici
nd Costo capitale 500‐1000k€/MWe Costo di esercizio Intervalli di manutenzione di ~10.000h
nd Sono eventualmente sfruttabili solo i fumi della caldaia, come preriscaldo Ciclo chiuso. Sono eventualmente sfruttabili solo i fumi della caldaia,
71 Turbina a ciclo Rankine a fluido organico Le turbine a fluido organico (ORC) adottano un ciclo Rankine simile a quello utilizzato da una tradizionale turbina a vapore, eccetto per il fluido di lavoro che qui è un fluido organico con elevata massa molecolare. La scelta del fluido (per es., idrocarburi, HCFC, polisilossani) mira ad ottimizzare il rendimento del ciclo termodinamico ed è quindi effettuata in funzione della temperatura della sorgente termica a disposizione. Gli impianti ORC sono sistemi che permettono la produzione contemporanea di energia elettrica e termica messa a disposizione sotto forma di acqua alla temperatura di 60‐90°C. L’impianto ORC è sostanzialmente composto da una pompa, una turbina e alcuni scambiatori di calore: il fluido di lavoro organico viene vaporizzato mediante l’utilizzazione di una sorgente di calore nell’evaporatore. Il vapore del fluido organico si espande nella turbina, attraversa un rigeneratore e viene quindi condensato utilizzando un flusso di acqua in uno scambiatore di calore. Il liquido condensato viene pompato nel rigeneratore dove viene preriscaldato dal fluido uscente dalla turbina e poi nell’evaporatore chiudendo il ciclo. L’utilizzo del rigeneratore non è strettamente necessario, ma permette un aumento del rendimento dell’impianto. Generalmente questi impianti sono impiegati per la produzione di energia da biomassa solida o utilizzano calore di risulta di processi industriali o di recupero da motori primi. Il vettore energetico utilizzato per la vaporizzazione del fluido organico è in genere olio diatermico (olio minerale, o sintetico per temperature oltre i 300°C) o acqua, mentre per la condensazione è utilizzata acqua. 72 Tabella 12 Caratteristiche delle turbine ORC Caratteristica Campo di applicabilità Vantaggi Svantaggi Stadio della tecnologia Specifiche Combustibili elaborabili Valore
10kWe < Pe < 5MWe Commenti Le applicazioni proposte sono le più svariate
Vantaggi della “combustione esterna”
È possibile alimentare il ciclo anche con Intervalli di manutenzione delle parti mobili calore di scarto lunghi (~10.000h) La manutenzione straordinaria è altamente Elevata modularità del sistema. specializzata Gestione di carichi elettrici molto variabili Se impiegata per autoconsumo con gestione estremamente difficile ad inseguimento elettrico, necessita di Rendimento elettrico molto basso sistemi di accumulatori elettrici L’esercizio a carico parziale riduce ulteriormente supplementari in caso di carichi molto il rendimento variabili Manutenzione specializzata Il basso rendimento elettrico non la rende Problemi ambientali e di sicurezza possono vantaggiosa per combustibili puliti insorgere per particolari composti organici (alcoli elaborabili direttamente e benzine) Ingombri proporzionalmente più alti rispetto ad altre tecnologie Commerciale Difficile definire una installazione “tipo”
Non sono imposte particolari limitazioni (equiparabile ad una caldaia) Rendimento elettrico ~10% nominale Tensione nominale generatore Rendimento termico nominale Temperatura flussi termici Costo capitale Costo di esercizio 5c€/kWhe nd nd 1500‐3500€/kWe Il bruciatore deve essere specificatamente ottimizzato per ogni combustibile Lo scambiatore caldo deve essere progettato per la specifica applicazione Rendimento reale medio in esercizio ~7% o minore I bassi rendimenti sono da imputare principalmente alla bassa exergia delle sorgenti calde tipicamente utilizzate Dipende dal tipo di applicazione
Ciclo chiuso. Dipende dalla temperatura di uscita dei fumi del bruciatore
Ciclo chiuso. Dipende dalla temperatura di uscita dei fumi del bruciatore Molto variabile secondo il tipo di installazione
Intervalli di manutenzione di ~10.000h
La Tabella 13 che segue, assieme alla Figura 35, offre un quadro sinottico dei principali vantaggi e svantaggi di tutti i dispositivi utilizzabili a valle di un gassificatore di rifiuti, appena analizzati. Riporta anche i livelli di concentrazione dei principali contaminanti del syngas accettabili per i diversi dispositivi ed un costo di investimento orientativo. 73 Tabella 13 Vantaggi, svantaggi e livelli di pulizia richiesti per il syngas dai principali dispositivi di conversione in energia elettrica utilizzabili a valle di un gassificatore di rifiuti [Arena, 2012d] Dispositivo
Turbina a vapore Motore a gas Efficienza Elettrica Netta 15‐25% 13‐28% Livello minimo di pulizia del syngas
Tar
Non limitato
Particolato
Non limitato < 100 < 50 3
mg/m N mg/m3N Alcali (Na, K)
Metalli Pesanti
Principali vantaggi
Principali svantaggi
H2S
I componenti della turbina sono isolati dai prodotti di combustione. Lunghi intervalli di Non Non Non manutenzione, limitato limitato limitato elevata disponibilità. Elevato lavoro specifico. Elevata efficienza elettrica anche per piccole taglie. Relativamente < 0.025‐ < 20 economica. 0.1 < 0.1 ppm,vb Durevole e affidabile. ppm,wb ppm,wb
Carichi parziali non comportano significative riduzioni dell’efficienza. Adatta solo per taglie medio‐grandi. Bassa efficienza per piccole taglie. Carichi parziali comportano riduzioni significative di efficienza. Elevato ingombro per installazione del condensatore e del generatore di vapore.
I componenti del motore sono esposti ai prodotti della combustione. Brevi e costosi intervalli di manutenzione, bassa disponibilità. Costo investimento 500€/kWe 900‐
1200€/kWe 74 Turbina a gas a comb. interna Turbina a gas a comb. esterna Turbine a Ciclo Rankine a fluido Organico 15‐30% 10‐20% 15‐18% < 10 < 5 mg/m3N mg/m3N Non limitato
Non limitato
Non limitato Non limitato Elevata efficienza elettrica anche per piccole taglie. Assemblaggio compatto. < 0.025‐ < 0.1 < 20 Lunghi intervalli di 0.1 ppm, ppm, manutenzione, mg/m3N bm bv elevata disponibilità. Ideale per impianti cogenerativi data l’elevata temperatura dei gas esausti.
I componenti della turbina sono isolati dai prodotti di combustione. Efficienza elettrica accettabile anche per Non Non Non piccole taglie. limitato limitato limitato Lunghi intervalli di manutenzione, elevata disponibilità. Ideale per impianti cogenerativi data l’elevata temperatura dei gas esausti. E’ possibile alimentare il ciclo anche con calore di Non Non Non scarto. limitato limitato limitato Lunghi intervalli di manutenzione, elevata disponibilità. Moderatamente costosa. I componenti della turbina sono esposti ai prodotti della combustione. Carichi parziali comportano riduzioni significative dell’efficienza. Costosa. Lo scambiatore di calore è esposto a elevate temperature. Carichi parziali comportano un decremento dell’efficienza.
Costosa. Gestione di carichi elettrici variabili estremamente difficile. Carichi parziali comportano un 1500‐
2000€/kWe (monostadio) 1000‐
1200€/kWe (multistadio) 2000‐
3000€/kWe 1500‐
3500€/kWe 75 Elevata modularità del sistema.
wb = base massica; vb = base volumetrica decremento dell’efficienza. Manutenzione specializzata. Ingombri proporzionalmente più elevati rispetto ad altre tecnologie.
76 BIBLIOGRAFIA 3M (2012) Advanced Textile for High Temperature Filter Bags, www.3m.com.ceramics Anis S. and Zainal Z.A. (2011) Tar reduction in biomass producer gas via mechanical, catalytic and thermal methods: A review. Renewable and Sustainable Energy Reviews, 15:2355–2377 Arena U. (2012a) Scelte sostenibili ed equilibrate per la gestione dei rifiuti urbani. ARC‐Ambiente Rischio Comunicazione, n.2/2012, pagg.5‐16 (disponibile su www.amracenter.com) Arena U. (2012b) Gassificazione dei rifiuti solidi urbani: Stato dell’arte dei principali processi e tecnologie. RS‐Rifiuti Solidi, vol. XXVI n. 1 gennaio‐febbraio 2012, pp. 331‐341 Arena U. (2012c) Process and technological aspects of municipal solid waste gasification. A review. Waste Management, 32:625‐639 Arena U. (2013) Fluidized bed gasification. capitolo 17 in Fluidized‐bed technologies for near‐
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