Scarica - Digital Magazine Maggioli
Transcript
Scarica - Digital Magazine Maggioli
Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative nelle fondazioni di origine bancaria * Giacomo Boesso Professore Associato in Economia Aziendale, Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali, Università degli Studi di Padova Fabrizio Cerbioni Professore Ordinario in Economia Aziendale, Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali, Università degli Studi di Padova Andrea Menini Ricercatore in Economia Aziendale, Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali, Università degli Studi di Padova Antonio Parbonetti Professore Associato in Economia Aziendale, Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali, Università degli Studi di Padova Sommario: 1. Introduzione. – 2. Teorie di riferimento. – 3. Le ipotesi. – 4. Metodologia. – 5. Risultati. – 6. Conclusioni. Il lavoro cerca di isolare gli aspetti della governance che contribuiscono a caratterizzare l’approccio alla filantropia delle principali fondazioni di origine bancaria Italiane. Considerando il crescente coinvolgimento di questi istituti privati nel perseguimento di finalità di interesse generale, l’analisi empirica proposta analizza le relazioni tra diverse strategie filantropiche (ricettiva, reattiva, imprenditoriale e collaborativa) e: [a] competenze degli amministratori; [b] processi di funzionamento dei CdA; [c] leadership ed autorevolezza del Presidente. This paper examines whether effective governance plays a major role in driving the strategies of foundations when it comes to choosing between reactive or proactive philanthropy models for the public interest. More specifically, we investigate the relationships between philanthropic strategies (expressive, receptive, entrepreneurial and collaborative) and [a] board capital (competences and networks), [b] board processes (planning, control, evaluation, etc.), and [c] chairman power (entrenchment and tenure). * Lo scritto è frutto del lavoro congiunto degli Autori. In particolare sono da attribuire a G. Boesso i §§ 1 e 2, a A. Parbonetti il § 3, a A. Menini i §§ 4 e 5 ed a F. Cerbioni il § 6. La ricerca è stata finanziata dal Progetto di Ateneo 2008 dell’Università degli Studi di Padova e dal Progetto Congiunto 2010 di Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. Parole chiave: Governo – Fondazioni – Filantropia Key words: Governance – Foundations – Philanthropy 379 Azienda Pubblica 4.2012 “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Saggi 1. Introduzione Il tema della governance delle Fondazioni di Origine Bancaria (FOB) è di grande attualità in questo momento in Italia. Le politiche statali in tema di welfare aperte al contributo dei privati e la capacità delle fondazioni di accreditarsi come interlocutori centrali nel terzo settore hanno progressivamente reso le FOB un punto di riferimento per chi ha intenzione di sviluppare progetti di rilevanza sociale a cui non sono riconducibili ritorni economici. In un momento in cui alle fondazioni si rivolge una messe di operatori sempre più ampia, diventa fondamentale disporre di strutture strategiche ed operative idonee al raggiungimento degli scopi prefissati. La letteratura è concorde sull’importanza rivestita a questo proposito da adeguati sistemi di governance (CEP 2000; Porter e Kramer 1999) ed anche l’associazione di categoria delle fondazioni stesse (l’ACRI) testimonia una forte attenzione al tema. Questo lavoro estende la ricerca in tema di governance delle FOB. L’obiettivo principale è quello di esaminare, tramite un questionario compilato da 51 delle 88 FOB Italiane (58%), il ruolo svolto dalla governance nel definire differenti approcci all’attività filantropica. Più in particolare, si analizzano le relazioni tra l’approccio alla filantropia adottato dalle fondazioni e selezionate caratteristiche di governo: [a] competenze degli amministratori e loro network di relazioni (tra cui, le competenze manageriali piuttosto che politiche, ecc.); [b] processi di funzionamento dei CdA (tra cui, i sistemi di pianificazione e controllo; il reperimento ed utilizzo delle informazioni da parte degli amministratori; la valutazione degli amministratori; il numero delle riunioni, ecc.); [c] leadership ed autorevolezza del Presidente (intese come numero di anni di permanenza in carica e grado di co-partecipazione alle decisioni del CdA). Le FOB italiane rappresentano un ambiente di ricerca unico, soprattutto a causa della loro storia particolare. Nate circa 20 anni fa, quando il legislatore decise di privatizzare il settore bancario pubblico e di separare l’attività bancaria da quella filantropica, le fondazioni hanno vissuto momenti di evoluzione importantissimi. All’inizio, il loro ruolo principale è stato quello di gestire le azioni della banca conferitaria. In seguito tale ruolo si è progressivamente evoluto, sia per una progressiva diversificazione nel portafoglio di investimenti, che in molti casi le ha allontanate dalla gestione bancaria, sia per una sempre più importante attività di erogazione e di sostegno al settore pubblico e non profit. (1) Il mondo delle FOB è rilevante anche per l’entità delle risorse gestite, che nel 2010 ammontavano ad oltre 50 miliardi di euro, in grado di generare redditività per oltre 2 miliardi ed erogazioni superiori a 1,3 miliardi (XVI Rapporto annuale ACRI). Queste dimensioni rendono le FOB il filantropo più importante a livello nazionale e le connotano come attore di rilievo nel settore non profit. In aggiunta, la loro particolare genesi ci fornisce una 1 Per approfondimenti si raccomanda l’ampia documentazione disponibile sul sito www.acri.it. Azienda Pubblica 4.2012 380 Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative ulteriore motivazione per studiare la governance delle FOB. L’assenza di un fondatore, infatti, famiglia o società che sia, fa sì che i processi di governo siano fondamentali per definire il ruolo e i modelli di operatività assunti dalle fondazioni stesse. Lo studio della governance in queste istituzioni può, pertanto, consentire di analizzare sia i problemi di agenzia (la relazione tra attori istituzionali, il ruolo del Presidente e la strategia delle FOB) sia le relazioni che le FOB intrattengono con gli stakeholder (il bilanciamento tra le necessità sociali e la strategia delle fondazioni). Pochi studi hanno esaminato sino ad oggi la governance nelle FOB (Cerbioni et al. 2010; D’Angelo e Amatucci 2007; Monge 2010) e nessuno ha mai cercato di analizzare se ed in quale modo un dato assetto di governo possa essere associato a particolari approcci alla filantropia. La nostra analisi mette in evidenza come elevate e differenti competenze nei CdA, adeguati processi di governo e capacità di leadership nei soggetti apicali si associno più spesso a modelli di filantropia “operativa”. Ciò potrebbe implicare che una elevata eterogeneità delle competenze all’interno dei board, forti relazioni con gli interlocutori esterni, comprovata esperienza del Presidente e processi di governo efficaci possono aumentare la capacità delle fondazioni di gestire progetti complessi. In aggiunta a questi aspetti più tipicamente attinenti alla governance, i risultati mettono in luce come nelle province più ricche le fondazioni sembrano, viceversa, più propense ad adottare modelli di filantropia “erogativa”, probabilmente a causa del vasto numero di organizzazioni non profit qualificate che si rivolgono a loro. I risultati del lavoro possono pertanto contribuire a comprendere meglio il problema della governance nelle organizzazioni non profit. Come suggerito da Ostrower e Stone (2010), infatti, la ricerca in tema di governance manca ancora di adeguate indagini empiriche e di una prospettiva teorica fondata. 2. Teorie di riferimento Il presente studio si basa sui contributi di due filoni di ricerca internazionali mai verificati empiricamente in Italia, quello sulla strategia che guida l’azione filantropica (che nel modello sarà considerata variabile dipendente) e quello sulla corporate governance (le variabili indipendenti). Strategie filantropiche Sulla base della ricerca svolta dal Centre for Effective Philanthropy sulle maggiori fondazioni statunitensi (2000) e da quanto sostenuto dalla letteratura italiana sul ruolo emergente in campo sociale delle FOB (Barbetta 2001), il lavoro parte dalla considerazione che le fondazioni, al fine di raggiungere i loro scopi sociali, possono implementare differenti approcci strategici alla filantropia basati su differenti priorità sia nell’elargizione di fondi sia nelle modalità di sviluppo dei progetti. Si comprende come questi aspetti siano 381 Azienda Pubblica 4.2012 “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Saggi di fondamentale importanza nel determinare il ruolo svolto dalla fondazione, soprattutto in contesti nei quali il welfare pubblico progressivamente si riduce o tende ad azzerarsi ed il ruolo del mecenatismo assume importanza fondamentale nello sviluppo di progetti a valenza sociale. (2) La prima dimensione qui proposta, “elargizione”, definisce il modo in cui la fondazione si relazione agli interlocutori esterni ed è misurata osservando le differenti priorità attribuite ai progetti finanziati a seconda che si tratti di: • progetti autonomi e replicabili ai quali la fondazione partecipa come promotore e finanziatore (ad esempio, l’analisi di diverse soluzioni per l’assistenza sanitaria agli anziani non autosufficienti finanziando ospedali ma anche, in alternativa, ambulatori periferici mobili, ONLUS per l’assistenza domiciliare, ecc., per poi valutarne i diversi esiti); • progetti complessi e partecipati (ad esempio lo sviluppo di infrastrutture locali come porti, aeroporti, ponti, teatri, ecc.); • progetti propri proposti e sviluppati dalle stesse fondazioni (ad esempio l’organizzazione di mostre, restauri o di eventi culturali selezionando i migliori partner operativi ed affiancandoli); • finanziamenti alla ricerca (ad esempio borse, bandi ed assegni di ricerca); • elargizioni “non condizionate” (ad esempio il finanziamento di iniziative proposte alla FOB da qualificati operatori non profit con o senza un bando che inviti a presentare proposte specifiche). Mentre le prime tre tipologie si riferiscono a fondazioni che cercano di svolgere un ruolo “operativo” sul territorio, le ultime due si riferiscono a fondazioni “erogative” che si propongono principalmente di supportare attività meritevoli di attenzione proposte dagli operatori del terzo settore (associazioni, gruppi, ecc.). Le FOB italiane adottano indistintamente tutte queste tipologie d’intervento, come si desume dal capitolo sulle “Attività Istituzionali” del Rapporto redatto annualmente da ACRI e presentato durante il loro “Congresso Nazionale”. Non si è però mai investigato con quale priorità esse ponderano tra le diverse forme di intervento. Tali interventi sociali, inoltre, sono rendicontati da ciascuna fondazione con maggiore dettaglio nel proprio Bilancio di Missione reso obbligatorio dal d.lgs. 153/99 il cui art. 9 prevede “un’apposita sezione [che illustri] gli obiettivi sociali perseguiti… e gli interventi realizzati, evidenziando i risultati ottenuti nei confronti delle diverse categorie di destinatari”. Nel mix dei diversi strumenti e modi d’intervento è chiaro che molto dipende anche dal livello di professionalità offerto dagli operatori del terzo settore. Se questo, infatti, fosse inerme o povero di idee, il compito della fondazione come propulsore a livello locale diventerebbe più importante. Al contrario, in presenza di operatori professionali e competenti, la tipolo2 Ferma restando l’impossibilità delle FOB di sostituirsi al pubblico, pena l’azzeramento dell’intero proprio patrimonio in tempi rapidissimi. Azienda Pubblica 4.2012 382 Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative gia di sostegno potrebbe essere diversa, in quanto i progetti candidati ai finanziamenti spesso godrebbero di caratteristiche tali da renderli attrattivi senza bisogno di ulteriori iniziative. In questo senso i bandi, le gare ed i successivi controlli promossi dalle fondazioni agiscono da stimolo e da volano per la progressiva professionalizzazione degli enti non profit che ambiscono ad un finanziamento. La seconda dimensione di analisi proposta si riferisce alle “attività di supporto ai progetti” e mette in luce, invece, come le fondazioni ripartiscano il loro tempo dedicato alle elargizioni essenzialmente su tre fasi: 1. ex ante, 2. in itinere; 3 ex post. In particolare, la fase ex ante è fortemente collegata alla selezione dei progetti (mediante bandi di gara, avvisi di partecipazione, richieste di collaborazione, comitati di progettazione interni, ecc.); la fase in itinere è collegata al finanziamento (con gli opportuni obiettivi intermedi, verifiche intermedie, milestone, ecc.); quella ex post è dedicata a comprendere l’efficacia dei progetti finanziati (con appositi strumenti di valutazione dell’impatto sociale delle proprie iniziative, noto in letteratura come outcome, o la più semplice rilevazione del numero di erogazioni effettuate sul territorio, output, talvolta unico dato disponibile se i benefici dell’intervento sono misurabili solo nel lungo periodo come per gli interventi di ricerca, sanità o istruzione). Anche la distinzione tra “valutazione” ex ante ed ex post trova spazio nelle linee guida sul bilancio di missione proposto da una commissione di esperti agli associati ACRI nel IX Rapporto annuale. È importante, a questo proposito, sottolineare come le fondazioni possano avere pratiche differenti nell’allocare il tempo tra le tre fasi, in quanto diverso può essere l’interesse a svolgere controlli. In particolare, ai fini dell’analisi che seguirà, questo studio identifica due pratiche tra loro estreme, i controlli “specializzati” e quelli “omogenei”. I controlli specializzati si riferiscono a situazioni in cui le fondazioni concentrano le loro attività prevalentemente (o unicamente) in una delle tre fasi, mentre i controlli sono omogenei quando le fondazioni bilanciano la loro attenzione su tutte e tre le fasi. Intersecando le due dimensioni, è possibile distinguere quattro differenti approcci alla filantropia strategica: ricettiva, reattiva, imprenditoriale e collaborativa (si veda la figura 1). Figura 1 – Modelli di filantropia strategica Priorità nelle elargizioni Attività di supporto (ex ante, in itinere, ex post) Incondizionato (modello erogativo) Autonomo (modello operativo) Omogenee Reattiva Collaborativa Specializzate Ricettiva Imprenditoriale 383 Azienda Pubblica 4.2012 “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Saggi Filantropia ricettiva La letteratura internazionale considera filantropia ricettiva quell’approccio secondo il quale le erogazioni vengono deliberate sulla base di propositi comuni (visioni o valori) tra donante e beneficiario. Raymond (2010) sottolinea come alla base di questo approccio strategico vi sia la condivisione dei valori tra gli interlocutori. Di conseguenza, questo tipo di approccio tende a privilegiare il maggior numero possibile di beneficiari e focalizza il controllo su fasi specifiche, in particolare sui processi di selezione e di controllo ex ante. È chiaro, in sintesi, che questo approccio privilegia i beneficiari dotati di credibilità agli occhi del donante e che contribuiscono a diffondere i medesimi valori. La maggioranza delle FOB italiane, coerentemente con questo profilo, rispondono in maniera eterogenea alle richieste di molteplici associazioni ed ONLUS presenti sul territorio supportando iniziative locali a carattere culturale, sportivo, sociale, ecc. Le stesse FOB, tuttavia, associano a questi finanziamenti interventi di altro tipo come di seguito descritti. Filantropia reattiva L’essenza della filantropia reattiva è l’enfasi posta sul verificare e progressivamente raffinare un modello di riferimento basato su ciò che si apprende sul campo (Lerner 2005). Di conseguenza, una fondazione che adotta questo tipo di approccio fornisce linee di condotta ai potenziali beneficiari, descrivendo cosa si propone di attuare. Questo approccio si associa ad un sistema di controllo che fornisce in modo omogeneo informazioni su tutte le fasi, anche se permane una forte preferenza a finanziare il maggior numero di progetti possibile. In particolare, l’approccio reattivo fa sì che il donante richieda numerose informazioni di dettaglio. Traslando il profilo nel caso italiano, si può osservare come diverse FOB si sono specializzate in determinati ambiti di intervento – con finanziamenti pluriennali tesi a favorire determinati comportamenti degli operatori, ad esempio, nella ricerca alimentare o mediante il supporto a specifici percorsi di studio per il recupero ambientale o le scienze giuridiche – e selezionano accuratamente i partner da finanziare e monitorare nel tempo. Filantropia imprenditoriale La filantropia imprenditoriale è un approccio che si propone di incrementare la visibilità o di migliorare l’immagine della fondazione. Il carattere di imprenditorialità consiste nel cercare di essere efficaci nel produrre soluzioni ai problemi sociali (Lerner 2005). In generale, questo tipo di approccio porta le fondazioni ad agire come “imprenditori istituzionali”, valutando al contempo opportunità e vincoli e focalizzando le attività proprie e di altri attori su temi di rilievo sociale (Westley e Antadze 2010). In particolare, il filantropo imprenditoriale assegna alta priorità ai processi di selezione dei partner operativi e dedica Azienda Pubblica 4.2012 384 Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative maggiori risorse alle prime fasi (ex ante e in itinere). Il suddetto approccio, in Italia, potrebbe essere anche suggerito da una particolare povertà del contesto economico e culturale dell’area di riferimento, nella quale è importante svolgere una funzione “attiva” in carenza di qualificati partner non profit. Coerentemente, alcune FOB italiane hanno deciso di stimolare direttamente ambiti di sviluppo locale reputati bisognosi di interventi “attivi”: dalla costruzione di case alloggio per disabili e minori disagiati al social housing. Filantropia collaborativa La necessità di allocare al meglio risorse limitate ha generato nel tempo un progressivo coinvolgimento dell’attività delle fondazioni con quelle dei beneficiati e di altre istituzioni, generando l’avvio di collaborazioni nell’ambito sociale (Frumkin 2006). Questo tipo di strategia si correla all’implementazione di sistemi di controllo efficaci e ad una forte preferenza a finanziare progetti complessi che possono essere replicati in futuro se si rivelano di successo. Questo tipo di approccio si caratterizza per una allocazione di tempo e risorse in tutte le fasi. C’è da sottolineare che, se da un lato questo approccio strategico porta a massimizzare il ritorno atteso dalle risorse investite, numerosi sono i problemi di controllo, soprattutto nella misura in cui la dimensione del donante sia minima (Robinson 2001). Coerentemente, alcune FOB italiane si sono fatte carico di importati progetti strutturali per lo sviluppo economico e sociale dei propri territori: dalla ristrutturazione di porti ed aeroporti alla conservazione di determinati eco-sistemi o, ancora, la sperimentazione del “buono di servizio” e delle “prestazioni domiciliari” sociali e sanitarie. L’assunzione alla base della nostra ricerca è che gli approcci strategici di tipo imprenditoriale e collaborativo siano più complessi rispetto agli altri in quanto individuare, seguire e valutare progetti è un’attività più ampia rispetto a quella di selezionare e finanziare il maggior numero possibile di beneficiari e richiede maggiori risorse umane, manageriali, operative ed organizzative. Ciò non costituisce, ovviamente, un giudizio di valore. Non si vuole, in altri termini, sostenere che i primi siano migliori rispetto agli altri. Siamo infatti perfettamente consapevoli che la condivisione di valori rappresenti un elemento richiesto da tutti gli operatori del terzo settore. Siamo anche consapevoli che, nel dialogo continuo con il territorio, le competenze degli interlocutori esterni giocano un ruolo fondamentale nel posizionare l’attività di una fondazione. Sembra, piuttosto, che le risorse necessarie per sviluppare gli approcci “più evoluti” siano più complesse in termini di specificità, di capacità e di conoscenza. Per lo stesso motivo, si considera l’approccio collaborativo quello più evoluto, mentre la filantropia ricettiva, basandosi semplicemente sulla condivisione di valori, rappresenta l’approccio che necessita di minori risorse manageriali. È altrettanto ovvio, tuttavia, che una maggiore qualificazione manageriale potrebbe distinguere una fondazione ricettiva da un’altra rendendo la prima, verosimilmente, più efficiente e proattiva nella propria azione ricettiva. 385 Azienda Pubblica 4.2012 “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Saggi 3. Le ipotesi La strategia di qualsiasi organizzazione dovrebbe essere ispirata e guidata da un sistema di governance efficace. Conger et al. (1998) sostengono che un consiglio di amministrazione efficace necessita di conoscenza e di esperienza da parte dei suoi membri e deve fondare i propri lavori su processi che forniscano le necessarie informazioni per l’esercizio dell’attività decisionale. Dal momento che la governance è un sistema di caratteristiche interrelate, questo lavoro analizza le relazioni che possono sussistere tra caratteristiche di governance (in particolare board capital, processi e potere del presidente) e tipo di approccio alla filantropia. Approccio alla filantropia e competenze del board (board capital) Il consiglio di amministrazione svolge due funzioni fondamentali (Zahra e Pearce 1989). In primo luogo, gli amministratori supportano i manager nella strategia aziendale (attività di advisory); in secondo luogo, il CdA svolge una funzione di controllo sull’attività e sulle performance (monitoring). Questo ultimo elemento mette in luce il problema di agenzia. La letteratura sul non profit ha discusso l’applicabilità di queste due funzioni anche alle organizzazioni del terzo settore e pubbliche identificando vari modelli di governance (Cornforth 2003; Riccaboni e Galgani 2010; Ricci e Landi 2009) che sottolineano la grande varietà dei ruoli assegnati al CdA. In particolare, la letteratura in tema di non profit sostiene che i ruoli e le responsabilità dei CdA consistono anche in funzioni legali e di assistenza: assicurando che siano utilizzate risorse adeguate; sovrintendendo alla qualità della comunicazione economico-finanziaria; stabilendo standard etici; assicurandosi che l’attività dell’organizzazione sia in linea con la sua missione e monitorando l’operato dell’Amministratore Delegato (AD). Questa ampia varietà di ruoli assegnati al board richiederebbe una vasta eterogeneità di competenze negli amministratori. Per descrivere la varietà di contributi che ciascun membro del CdA apporta all’organizzazione, Hillman e Dalziel (2003) hanno introdotto nella letteratura di strategic management il concetto di board capital. In particolare, gli autori sostengono che la somma dei capitali umani (abilità e competenze degli amministratori) e sociali (relazioni con l’ambiente esterno) possono approssimare la capacità del CdA di apportare risorse all’azienda, condizionandone la strategia. Gli autori dimostrano che maggiore board capital nel CdA porta ad approcci strategici più sfidanti. Questo ci consente di formulare la seguente ipotesi: Hyp1: Maggiore capitale umano e sociale nel CdA è associato positivamente con approcci strategici alla filantropia più evoluti. Azienda Pubblica 4.2012 386 Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Processi di governance La letteratura mette in evidenza la rilevanza dei processi di funzionamento dei CdA nel determinare la loro efficacia. Per esempio, Vafeas (1999) dimostra che il numero di riunioni influenza il modo in cui opera il CdA, quindi il suo impatto sulla performance. Rutherford e Buchholtz (2007) analizzano l’importanza della qualità delle informazioni disponibili per gli amministratori. Golden e Zajac (2001) forniscono l’evidenza empirica che l’attenzione del CdA agli argomenti strategici e la valutazione del board sono positivamente correlate ai cambiamenti di approccio strategico. Green e Griesinger (1996) sostengono che le attività e le relazioni esterne degli amministratori influenzano l’efficacia dei board anche nelle organizzazioni non profit. In aggiunta, dimostrano empiricamente, sulla base di interviste, che la valutazione dell’AD da parte dei consiglieri, la partecipazione di questi ultimi alla pianificazione di breve e di medio lungo periodo, l’interazione e lo sviluppo delle attività del CdA rappresentano le loro incombenze più importanti subito dopo la definizione della mission e delle politiche aziendali. La conseguenza logica di questi risultati di ricerca è che attività e processi più elaborati conducono ad approcci strategici più evoluti e sfidanti. Sulla base di ciò si formula la seguente ipotesi: Hyp2: Processi sofisticati di governance sono positivamente associati a approcci alla filantropia più evoluti. Potere del Presidente Secondo Conger et al. (1998), in tema di letteratura “profit”, un board efficace necessita di essere presieduto da una persona autorevole ed in ogni caso l’azienda deve raggiungere un adeguato bilanciamento di poteri tra il CdA ed il leader. Nelle organizzazioni non profit il potere si manifesta prevalentemente nella capacità dell’AD o del Presidente (in caso di assenza del primo) di influenzare le decisioni (Middleton 1987). Sugli effetti del potere del leader sul coinvolgimento del board nella strategia, tuttavia, la letteratura non è unanime. Da una parte, ad esempio, esistono posizioni come quella proposta da Dalton e Kesner (1987), secondo i quali un Presidente autorevole può influenzare il giudizio indipendente del board, condizionando le decisioni (Westphal 1998). Dall’altra parte, ci sono studi come quello di Zahra e Pearce (1991) che sottolineano che senza un Presidente o un AD autorevoli gli amministratori ingaggiano dibattiti e discussioni che fanno emergere molteplici punti di vista, condizionando negativamente la capacità di prendere decisioni. Riguardo alle organizzazioni non profit, le evidenze empiriche di Siciliano (2008) mostrano come un leader forte favorisca un ruolo attivo degli amministratori ed una stabilità nella leadership (Alexander et al. 1993), fattori che consentono la presa di decisioni di medio lungo termine. In particolare, questo 387 Azienda Pubblica 4.2012 “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Saggi ultimo contributo è rilevante considerando le peculiarità delle FOB italiane, dal momento che la loro particolare costituzione (filantropia per decreto) ha causato, soprattutto in una prima fase, una carenza di strategia e di leadership (Barbetta 2001). Questa carenza è stata spesso colmata da un Presidente autorevole che ha agito anche da AD e che è stato sovente riconfermato mandato dopo mandato. Sulla base di ciò si formula la seguente ipotesi: Hyp3: Il potere del Presidente è positivamente associato con approcci alla filantropia strategica più evoluti. 4. Metodologia Campione Si sono raccolte informazioni sulla governance e sull’approccio alla filantropia sottoponendo un questionario a tutte le 88 FOB. Una versione preliminare del questionario stesso è stata presentata all’ACRI per un confronto e successivamente testata su un campione pilota di quattro fondazioni. Sia i Presidenti che i Segretari/Direttori generali hanno potuto rispondere alla versione finale del questionario, che è stata disponibile on line da gennaio a giugno 2010. (3) Dopo tre iniziative di richiamo si sono ottenuti 51 questionari compilati (58%). Il modello empirico Seguendo la classificazione proposta in figura 1, si è identificata la tipologia delle strategie filantropiche (SF) di ciascuna FOB, incrociando le priorità nelle elargizioni con le principali attività di supporto, così come indicate dai presidenti nel questionario. Successivamente a tale classificazione, abbiamo testato le ipotesi calcolando le stime di modelli logit ordinati (tutte le statistiche – sono corrette per eteroschedasticità) del seguente modello multivariato: SF =α + β1 Capitaleumano e sociale + β2 Processigovernance + β3 Presidenteleadership + β4 Presidenteautorevolezza + λ Ambiente + γ1 Dimensione + γ2 Redditività + γ3 Politica +ε (1) Dove: SF = Strategie filantropiche date le attività di supporto e le priorità sulle elargizioni Capitaleumano e sociale = Capitale umano e sociale del board Processigovernance = Processi di funzionamento del CdA Presidenteleadership = Leadership del Presidente (segue) 3 Copia dello strumento di ricerca composto da 39 domande è disponibile contattando gli autori. Azienda Pubblica 4.2012 388 Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Presidenteautorevolezza = Autorevolezza del Presidente Ambiente = Ricchezza della provincia in cui opera la fondazione Dimensione = Logaritmo naturale del patrimonio netto Redditività = Rapporto tra avanzo e patrimonio netto Politica = Presenza di competenze/relazioni politiche nell’Organo di Amministrazione Variabile dipendente Le FOB possono implementare differenti approcci alla filantropia sulla base delle due dimensioni precedentemente discusse: “priorità nelle elargizioni” e “attività di supporto dei progetti”. Tutte le variabili di seguito raccolte sono coerenti con precedenti studi sul governo nel non profit e adatte per misurare i fenomeni descritti (CEP 2000; Cerbioni et al. 2010, Cornforth 2003; Monge 2010; Ostrower e Stone 2010). Per la prima dimensione abbiamo utilizzato le priorità assegnate ai diversi tipi di elargizioni. Per effettuare la classifica della priorità, da più forte a più debole, si è chiesto ai Presidenti di assegnare un punteggio a cinque tipologie di progettualità: [5] Progetti sperimentali ma autonomi (Autonomi), [4] Progetti complessi e partecipati (Complessi), [3] Progetti proposti dalle stesse FOB (Propri), [2] Finanziamenti alla ricerca (Ricerca), [1] Finanziamenti incondizionati (Incondizionati). Si è normalizzato da 0 a 1 il seguente indice per misurare le priorità (Priorità): Priorità =5*Autonomiimportanza + 4*Complessiimportanza + 3*Propriimportanza + 2*Ricercaimportanza + 1*Incondizionatiimportanza (2) Suddividendo in due il campione utilizzando la mediana (0,35) si ottiene il sottocampione di fondazioni che preferiscono progetti incondizionati (0) o progetti autonomi (1). Per la seconda dimensione si sono utilizzate le risposte specifiche delle FOB sulla percentuale di tempo che queste dedicano alle tre attività correlate allo sviluppo dei progetti (selezione, finanziamento e monitoraggio), riassunte in un indice di concentrazione (Attività) normalizzato tra 0 e 1: (4) Attività = 1 - ( ex-ante2 + in progress2 + ex-post2) (3) In altre parole, Attività è uguale a 1 quando la FOB alloca in modo uguale il tempo tra le tre fasi (ex ante = 33%, in progress = 33%, ex post = 33%). Suddividendo il campione in due utilizzando la mediana (0,87) si identifica il sottocampione delle fondazioni che adottano un’attività di controllo omogenea (1) o un’attività di controllo specializzata (0). La variabile dipendente che misura il grado di evoluzione delle strategie 4 Il massimo dell’indice è 0,67 posto uguale a 1. 389 Azienda Pubblica 4.2012 Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative filantropiche (SF) è data dalla combinazione delle variabili Priorità e Attività. Nel caso in cui il punteggio di entrambe le variabili sia inferiore alla rispettiva mediana, ovvero la FOB effettui attività di supporto specializzate e adotti un modello erogativo caratterizzato da una preferenza per progetti incondizionati, la FOB sarà classificata come “ricettiva”. Nel caso in cui il punteggio di entrambe le variabili sia superiore alla rispettiva mediana ovvero la FOB effettui attività di supporto omogenee e adotti un modello operativo caratterizzato da una preferenza per progetti autonomi, la FOB sarà classificata come “collaborativa”. Nel caso in cui solo il punteggio di una delle due variabili sia superiore alla mediana della stessa, la FOB verrà classificata come “reattiva” se effettua attività di supporto omogenee per progetti incondizionati oppure come “imprenditoriale” se adotta un modello operativo, caratterizzato da una preferenza per progetti autonomi, ed una attività di supporto specializzata. In linea con quanto descritto nel paragrafo precedente, il grado di “evoluzione” delle strategie filantropiche (SF) è dato dal ranking dei quattro cluster identificati ovvero, dal meno evoluto al più evoluto: ricettivo, reattivo, imprenditoriale e collaborativo. La figura 2 mostra i quattro cluster e la loro dimensione (N=51). Figura 2 – Modelli di filantropia strategica Campione = 51 fondazioni di origine bancaria Priorità nelle elargizioni Incondizionato (modello erogativo) Autonomo (modello operativo) Attività di supporto (ex ante, in itinere, ex post) Omogenee Reattiva (11) Collaborativa (13) Specializzate Ricettiva (13) Imprenditoriale (14) Variabili di ricerca Per ottenere le variabili indipendenti del modello si è focalizzata l’attenzione su tre principali aspetti della governance: [1] board capital, [2] processi di governo e [3] potere del Presidente. Per prima cosa si è misurato il board capital (Capitaleumano e sociale) come la somma di due componenti: profilo del board e dimensione del board, assunta questa come proxy del network potenziale. La componente “profilo” è la somma normalizzata (da 0 a 1) delle competenze presenti nell’Organo di Amministrazione tra le seguenti: manageriali, finanziarie, giuridiche, artistiche, politiche, ambientali e tecniche. La componente “dimensione” è il numero normalizzato (da 0 a 1) dei componenti dell’Organo di Amministrazione e dell’Organo di Indirizzo. In particolare, si è sottratto il numero minimo di membri dei due Organi (Organo di Indirizzo e Organo di Amministrazione) e diviso il risultato per la differenza tra il numero massimo (79) ed il numero minimo di componenti (8). Azienda Pubblica 4.2012 390 Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative In secondo luogo, si sono misurati i processi di governance (Processigovernance) come media normalizzata (da 0 a 1) di specifiche caratteristiche e pratiche di corporate governance (come misurate tramite scala Likert dai rispondenti sul questionario). In particolare si è considerato: [a] il livello di soddisfazione verso i meccanismi di pianificazione e controllo; [b] il livello dell’attività di formazione per i nuovi amministratori; [c] pratiche collegate alla raccolta di informazioni (es. utilizzo di ricerche proprie o di ricerche esterne in relazione ai disagi emergenti sul territorio obiettivo); [d] l’accuratezza delle informazioni agli amministratori; [e] la frequenza della valutazione dei board; [f] la frequenza di partecipazione di opinion leader esterni alle riunioni; [g] la frequenza di meeting con i beneficiari; [h] la frequenza con cui si svolgono sessioni di approfondimento; [i] l’implementazione di software per il controllo delle performance; [l] il coinvolgimento di istituzioni esterne e [m] il numero di riunioni dei comitati. In terzo luogo, il potere del Presidente è stato misurato in due modi: Presidenteleadership e Presidenteautorevolezza. La prima variabile (Presidenteleadership) è misurata come media tra una variabile dummy che indica l’assenza o la presenza di un direttore generale/segretario ed il grado di delega di decisioni al Presidente (misurato su di una scala Likert su 5 punti da “sempre” a “mai”). La seconda (Presidenteautorevolezza) è una variabile dummy uguale a 1 se il Presidente ha svolto un numero di mandati superiore a uno. Variabili di controllo Le variabili di controllo utilizzate sono le seguenti: Ambiente, Dimensione, Redditività e potenziali connessioni con la Politica. L’Italia è composta da 110 province, eterogenee tra loro in termini di sviluppo socio economico. Di conseguenza, una delle variabili di controllo è il livello di benessere provinciale, misurato come prodotto interno lordo procapite nel 2009 (Ambiente). La variabile Dimensione è misurata tramite il logaritmo naturale del patrimonio netto della FOB; la Redditività con il rapporto tra avanzo e patrimonio della fondazione. In aggiunta, Politica è determinata da una variabile binaria che assume il valore 1 se almeno un membro dell’Organo di Amministrazione ha competenze politiche. 5. Risultati Analisi descrittive Nella tabella 1 – panel A sono riportate le statistiche descrittive delle variabili. Riguardo la variabile dipendente, le statistiche descrittive mostrano che le FOB implementano attività di controllo eterogenee ed hanno priorità strategiche differenti. In particolare, meno del 50% delle fondazioni allocano 391 Azienda Pubblica 4.2012 Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative sistematicamente il tempo in modo omogeneo sulle tre fasi. (5) Nella tabella 1 – panel B sono riportate le statistiche descrittive, per ciascun approccio alla filantropia, delle variabili utilizzate per determinare le strategie filantropiche (Attività di supporto e Priorità nelle elargizioni), delle variabili di governance e delle variabili di controllo. Riguardo alla governance delle fondazioni (le variabili indipendenti), i risultati in tabella 1 - panel B sembrano suggerire relazioni non lineari rispetto agli approcci identificati nel ranking (ricettivo, reattivo, imprenditoriale e collaborativo). In particolare, si evidenzia una relazione ad U con concavità verso il basso tra le strategie filantropiche e il board capital (Capitaleumano e sociale) e con concavità verso l’alto tra strategie filantropiche e autorevolezza del Presidente (Presidenteautorevolezza). I test Kruskal – Wallis mostrano differenze significative tra i gruppi soltanto per la variabile board capital. La tabella 1 – panel B mostra che, in media, le FOB di dimensioni maggiori in termini di patrimonio (Patrimonio netto) e di erogazioni (Elargizioni) adottano in genere approcci “imprenditoriali”. Tuttavia, le FOB che operano in province meno ricche (PIL procapite) ed hanno una performance reddituale (Redditività) non elevata, anche se di piccola dimensione, sembrano implementare approcci più “collaborativi”. In aggiunta, nei board di FOB con approcci “reattivi” e “imprenditoriali” appare una maggior presenza di competenze politiche nell’Organo di Amministrazione (Politica); ciò nonostante, il test Kruskal – Wallis rifiuta una differenza statisticamente significativa tra i gruppi. Tabella 1 – Statistiche descrittive PANEL A – Statistiche descrittive del campione di 51 fondazioni Variabile media sd p10 p25 p50 p75 p90 Attività 0.752 0.234 0.375 0.625 0.875 0.937 0.937 Priorità 0.397 0.225 0.150 0.200 0.350 0.550 0.750 Capitaleumano e sociale 0.814 0.318 0.408 0.596 0.825 1.040 1.239 Processigovernance 0.358 0.093 0.229 0.292 0.360 0.429 0.472 Presidenteleadership 0.382 0.398 0.000 0.000 0.250 0.500 1.000 Presidenteautorevolezza 0.647 0.483 0.000 0.000 1.000 1.000 1.000 Ambiente 10.195 0.168 9.963 10.064 10.234 10.300 10.333 Dimensione 18.934 1.655 17.357 17.999 18.866 19.825 20.981 Redditività 0.042 0.026 0.014 0.027 0.040 0.053 0.071 Politica 0.431 0.500 0.000 0.000 1.000 1.000 1.000 (segue) 5 Si considera un’allocazione omogenea del tempo quando la differenza tra il tempo allocato a due attività è inferiore al 31%. Per esempio sono considerate omogenee allocazioni tipo “50% - 30% - 20%” (Attività pari a 0.93) e “40% - 40% - 20%” Attività pari a 0.96) , mentre sono considerate specializzate allocazioni tipo “50% - 40% - 10%” (Attività pari a 0.87) e “60% - 20% - 20%” (Attività pari a 0.84). Pertanto si ritengono allocazioni omogenee quando la variabile Attività è superiore a 0.93. Azienda Pubblica 4.2012 392 Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Variabili: Attività = Punteggio sull’attività di sviluppo dei progetti; Priorità = punteggio sulle priorità nelle elargizioni; Capitaleumano e sociale = somma normalizzata tra il profile del board (numero di competenze diverse) e del network potenziale (numero di componenti dell’Organo di Indirizzo e di Amministrazione); Processigovernance = media normalizzata delle caratteristiche e pratiche relative al governo della fondazione; Presidenteleadership = media tra una variabile binaria che identifica se il direttore generale/segretario è presente e il grado di delega di decisioni al Presidente; Presidenteautorevolezza = variabile binaria uguale a 1 se il Presidente è in carica da più di un mandato; Ambiente = logaritmo del Prodotto Interno Lordo procapite della provincia di riferimento della Fondazione nel 2009; Dimensione = logaritmo del patrimonio netto nel 2009; Redditività = rapporto tra avanzo e patrimonio netto nel 2009; Politica = Presenza di competenze politiche nell’Organo di Amministrazione. PANEL B – Valori medi delle variabili analizzate per ogni modello di strategia filantropica Variabile Numero di FOB Ricett. 13 Reatt. Impren. Collabor. Kruskal Wallis test - 11 14 13 Attività di supporto Ex-ante (%) 49% 30% 39% 35% * In-itinere (%) 32% 50% 38% 33% ** Ex-post (%) 19% 20% 23% 32% *** Preferenza per progetti erogativi 1,231 2,909 2,077 3,923 *** Preferenza per progetti autonomi 4,154 3,182 4,231 2,692 *** 0.626 0.807 0.972 0.836 * Priorità nelle elargizioni Governance Capitaleumano e sociale Processigovernance 0.329 0.360 0.354 0.389 Presidenteleadership 0.365 0.409 0.357 0.404 Presidenteautorevolezza 0.692 0.636 0.500 0.769 14.721 15.988 29.176 8.818 592.924 751.53 1038.094 283.737 Controllo Elargizioni (milioni €) Patrimonio netto (milioni €) Redditività 4.90% 4.41% 3.93% 3.66% Ambiente, PIL procapite (€) 29592 28528 26408 24252 0.308 0.545 0.643 0.231 Politica ** Livelli di significatività: * p<0.10, ** p<0.05, *** p<0.01 Variabili: Ex-ante, In-itinere, Ex-post = % tempo allocate ad ogni attività; Preferenza per… = scala Likert 5min-1max; Capitaleumano e sociale = somma normalizzata tra il profile del board (numero di competenze diverse) e del network potenziale (numero di componenti dell’Organo di Indirizzo e di Amministrazione); Processigovernance 393 Azienda Pubblica 4.2012 “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Saggi = media normalizzata delle caratteristiche e pratiche relative al governo della fondazione; Presidenteleadership = media tra una variabile binaria che identifica se il direttore generale/segretario è presente e il grado di delega di decisioni al Presidente; Presidenteautorevolezza = variabile binaria uguale a 1 se il Presidente è in carica da più di un mandato; Elargizioni (milioni €) = ammontare delle elargizioni nel 2009; Patrimonio netto (milioni €) = Patrimonio netto del 2009; Redditività = rapporto tra avanzo e patrimonio netto nel 2009; PIL procapite (€) = logaritmo del Prodotto Interno Lordo procapite della provincia di riferimento della fondazione nel 2009; Politica = Presenza di competenze politiche nell’Organo di Amministrazione. Analisi Multivariata Per testare le ipotesi si propongono nella tabella 2 i risultati di modelli logit ordinati. (6) I dati sembrano mettere in luce un’influenza significativa delle variabili board capital, processi di governance e leadership del Presidente nel determinare l’approccio alla filantropia adottato. In particolare, Capitaleumano e sociale e Processigovernance sono significativamente correlati in modo positivo con le strategie imprenditoriali e collaborative. Di conseguenza, le ipotesi 1 e 2 possono essere accettate. In altre parole, un patrimonio di conoscenze diffuse da parte dei componenti del board, network estesi e processi sofisticati di governance (quali l’adozione di software per il controllo di gestione) sembrano favorire il finanziamento di progetti più complessi. Anche il potere del Presidente sembra essere correlato all’approccio strategico adottato, consentendo l’accettazione dell’ipotesi 3. Sebbene Presidenteleadership non sia statisticamente associato all’approccio strategico, il periodo di tempo in cui il Presidente rimane in carica (Presidenteautorevolezza) è statisticamente correlato con l’approccio alla filantropia. In altre parole, sembra che, in media, la presenza di un Presidente in carica da più tempo si associ ad un approccio più collaborativo. L’analisi multivariata conferma anche l’importanza della variabile ambientale. Invece, come riportato dai modelli (2), (3) e (5), non sembrano sussistere relazioni tra dimensione, redditività e l’approccio alla filantropia. Sebbene test appropriati non abbiano evidenziato problemi di multicollinearità, questi risultati potrebbero dipendere dal fatto che la dimensione è fortemente correlata in modo positivo con la variabile board capital, mentre la variabile redditività è correlata negativamente con Presidenteleadership. Infine, i modelli (4) e (5) non sembrano mostrare alcuna relazione significativa tra approccio alla filantropia e connessioni col sistema politico. 6 L’analisi univariata con la tabella di correlazione è disponibile contattando gli autori. Azienda Pubblica 4.2012 394 Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Tabella 2 – Coefficienti di modelli logit ordinali che studiano l’associazione tra strategie filantropiche e caratteristiche della governance Ambiente Capitaleumano e sociale Processigovernance Presidenteleadership Presidenteautorevolezza (1) (2) (3) (4) (5) SF SF SF SF SF -11.3*** -11.5*** -11.8*** -11.3*** -11.8*** (-4.79) (-4.94) (-5.00) (-4.79) (-5.07) 3.75*** 3.48*** 4.02*** 3.8*** 3.96*** (4.22) (3.46) (3.81) -4.21 -3.18 7.88** 6.99* 7.23* 7.67** 6.94 (2.14) (1.71) (1.91) -2.02 -1.6 0.659 0.594 0.2 0.648 0.199 (1.05) (0.89) (0.26) -1.06 -0.26 1.41** 1.41** 1.48** 1.37** 1.45** (2.27) (2.24) (2.33) -2.03 -2.04 Dimensione 0.133 0.0327 (0.60) -0.14 Redditività -22 -21 (-1.22) (-1.10) Politica -0.119 -0.0554 (-0.19) (-0.09) -110*** -110*** -116*** -110*** -116*** (-4.75) (-4.79) (-4.99) (-4.80) (-4.97) -108*** -108*** -114*** -108*** -114*** (-4.75) (-4.79) (-4.99) (-4.76) (-4.94) -107*** -106*** -112*** -106*** -112*** (-4.70) (-4.74) (-4.94) (-4.71) (-4.89) Significatività del modello 0.0000047 0.0000068 0.000032 0.0000082 0.00011 Pseudo - R2 0.25 0.25 0.26 0.25 0.26 Fondazioni 51 51 51 51 51 cut1 cut2 cut3 Standard Error robust, Statistiche-t in parentesi, Significatività dei coeff.: *p<0.10,**p<0.05,***p<0.01 Variabili: SF = Strategie filantropiche: [0] Ricettiva, [1] Reattiva, [2] Operativa e [3] Collaborativa; Ambiente = logaritmo del Prodotto Interno Lordo procapite della provincia di riferimento della Fondazione nel 2009; Capitaleumano e sociale = somma normalizzata tra il profile del board (numero di competenze diverse) e del network potenziale (numero di componenti dell’Organo di Indirizzo e di Amministrazione); Processigovernance = media normalizzata delle caratteristiche e pratiche relative al governo della fondazione; Presidenteleadership (segue) 395 Azienda Pubblica 4.2012 “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Saggi = media tra una variabile binaria che identifica se il direttore generale/segretario è presente e il grado di delega di decisioni al Presidente; Presidenteautorevolezza = variabile binaria uguale a 1 se il Presidente è in carica da più di un mandato; Dimensione = logaritmo del patrimonio netto nel 2009; Redditività = rapporto tra avanzo e patrimonio netto nel 2009; Politica = Presenza di competenze politiche nell’Organo di Amministrazione. Analisi di robustezza Nonostante un tasso di risposta del 58% la numerosità del campione è abbastanza bassa. Pertanto, abbiamo stimato i coefficienti di modelli alternativi. I coefficienti della regressione lineare, probit ordinato, logit e probit ordinati con errori standard stimati con tecnica bootstrap sono tuttavia in linea con quelli presentati nella colonna (1) della tabella 2 (7). 6. Conclusioni Grazie alle importanti risorse finanziarie di cui dispongono, le FOB hanno progressivamente assunto un ruolo decisivo in termini di sostegno del territorio qualificandosi sia come “merchant bank sociali” attive nel finanziamento di progetti complessi, quali importanti infrastrutture (porti e aeroporti), sia come “erogatori” al servizio delle eccellenze del terzo settore (Barbetta 2001; Porter e Kramer 1999), sperimentando diverse possibili soluzioni a problemi sociali emergenti (come l’assistenza agli anziani domiciliare, locale o centralizzata). Il presente lavoro mette in luce come per raggiungere questi risultati le FOB: [1] implementano differenti approcci alla filantropia e [2] supportano i differenti modelli filantropici con processi di governance eterogenei tra loro. In funzione delle differenze nel modello strategico adottato, è stato possibile raggruppare le FOB, distinguendole sulla base delle priorità che guidano le elargizioni (FOB erogativa vs FOB operativa) e delle attività condotte (omogenee vs specializzate). Dall’intersezione di queste due dimensioni abbiamo potuto classificare l’approccio alla filantropia delle fondazioni sulla base di quattro modelli strategici: ricettivo, reattivo, imprenditoriale e collaborativo. Il lavoro ha poi verificato se una governance efficace sia associata a modelli strategici differenti. In particolare, si è studiata la relazione tra approccio alla filantropia e: caratteristiche di competenze e di relazioni all’interno del board (misurato isolando le diverse possibili competenze dei consiglieri: manageriali, finanziarie, giuridiche, artistiche, politiche, ecc.); qualità dei processi di pianificazione e controllo (esistenza di budget, piani pluriennali, contabilità analitica, ecc.); capacità di raccogliere, diffondere ed utilizzare in modo efficace le informazioni (esistenza di report periodici d’informazione al consiglio, loro contenuto, ecc.); attività di valutazione 7 I dati sono disponibili contattando gli autori. Azienda Pubblica 4.2012 396 Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative da parte dell’organo amministrativo (sul Presidente e sul proprio operato); caratteristiche dei Presidenti (da quanto sono in carica e con quale grado di autonomia). In relazione alle pratiche di governo, i risultati mettono in luce che le FOB sono in grado di adottare approcci strategici più operativi (imprenditoriali o collaborativi) qualora il mix di competenze all’interno dei board sia variegato e qualora sussista una forte capacità di creare relazioni con i vari interlocutori esterni. In altre parole, competenze e relazioni esterne sembrano costituire un mix fondamentale per affiancare il settore non profit in progetti sfidanti. Anche l’implementazione di efficaci processi di governance (quali l’adozione di strumenti di controllo; la valutazione periodica dei risultati, ecc.) ed una forte autorevolezza del Presidente sembrano rappresentare elementi in grado di determinare l’adozione di approcci strategici più complessi. Si è posto in evidenza, inoltre, come le FOB che operano in province più ricche siano più predisposte a porre in essere approcci di tipo ricettivo o reattivo. Questa ultima evidenza potrebbe dipendere dal fatto che, nelle aree più ricche, operano molte più organizzazioni non profit rispetto alle aree depresse ed è ragionevole attendersi che queste organizzazioni (tendenzialmente dotate di strutture organizzative più adeguate) esercitino forti pressioni sulle FOB per ricevere finanziamenti mediante il modello ricettivo (l’organizzazione non profit presenta una domanda particolarmente qualificata per metodo e obiettivi e attende l’eventuale erogazione). In particolare, i risultati supportano la precedente letteratura, mettendo in luce come la governance giochi un ruolo di tutto rilievo nello spiegare l’approccio alla filantropia, anche in un contesto particolare come le FOB. La rilevanza del potere del Presidente assume un particolare rilievo nel contesto italiano, nel quale, a causa della particolarità della genesi di questo tipo di fondazioni, il presidente ha spesso svolto il ruolo trainante che nelle altre fondazioni è svolto dal fondatore (famiglia o società). Ovviamente, tale ruolo e la leadership che ne è scaturita potrebbero essere interpretati in modo diverso considerando le singole figure e le situazioni specifiche ma, in media, una leadership più consolidata è associata ad approcci strategici più sofisticati. Questo fattore di “perpetrazione del potere”, connaturato al rinnovo dei mandati, ha subito nel tempo forti critiche, che rendono l’interpretazione di questi risultati contro intuitivi e meritevoli di attenta riflessione. Il presente studio, tuttavia, mette in luce come questo elemento rappresenti un fattore di potenziale crescita nell’approccio delle FOB alle strategie di erogazione più evolute, soprattutto quando si collega a competenze più ampie all’interno dei CdA ed a processi di governance efficaci. I risultati principali del lavoro sono discussi in sintesi in figura 3. 397 Azienda Pubblica 4.2012 “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Saggi Figura 3 – Principali risultati dello studio Obiettivi Conclusioni Implicazioni Manageriali Definire l’ambito d’azione (erogativo o operativo) della fondazione ed i modelli di governo più appropriati per implementarlo. Le FOB italiane sono attive sia nell’erogazione di fondi a ONG valutate come efficaci (associazioni di volontari, ONLUS) sia nella gestione diretta di progetti propri (ristrutturazione di porti, progetti di assistenza agli anziani/minori, restauri del patrimonio artistico, ecc.). La pianificazione in sede erogativa si focalizza sulla selezione dei migliori enti beneficiari (rating tra le ONLUS); in sede operativa nel cronoprogramma delle attività (avanzamento dei lavori di un progetto pluriennale). La valutazione in sede erogativa è basata sulla qualità della relazione con l’ente beneficiario e sui suoi risultati o output (sprechi di tempo, malcontento dell’ente, utenti raggiunti); in sede operativa sulla misurazione diretta dei benefici creati o outcome (flussi di turismo, posti letto, visitatori). Formare la squadra di governo più adatta nel proprio ambito d’azione (capitale umano e sociale al servizio della fondazione). Le FOB italiane presentano il giusto mix di competenze nei propri Organi di Amministrazione. La selezione dei migliori progetti per la tutela dei beni storico-culturali non sempre può essere valutata dagli stessi esperti che controllano l’attendibilità di un cronoprogramma per il restauro diretto di un reperto/edificio. Le squadre di governo mutano quindi nel proprio assetto e si aprono anche a collaborazioni esterne. Fornire alla squadra di governo il dovuto supporto mediante formali processi di governo (risorse interne che aiutino il board a conoscere ed approfondire). Le FOB italiane attive in progetti più complessi si sono dotate di strumenti di controllo più sofisticati, sia nel caso di progetti propri o collaborativi sia nel caso di assistenza finanziaria a qualificate ONG attive nella ricerca avanzata. La valutazione di budget, piani pluriennali, contabilità analitica, ecc. relativi alla ristrutturazione di un porto o all’attivazione di assistenza a domicilio sono propedeutici alla buona riuscita di progetti complessi, soprattutto se oggetto di attento scrutinio da parte del board e sfiducia “costruttiva” nei confronti dei soggetti interni/esterni proponenti. Assicurare alla fondazione un’opportuna leadership (con il carisma proprio della famiglia o dell’impresa che abbraccia il mecenatismo). Le FOB italiane sono in media caratterizzate da una lunga permanenza dei Presidenti al loro vertice con ampi margini di manovra (sovente criticati). Una leadership stabile può essere foriera di maggiore attitudine al rischio (progetti più complessi) e buoni risultati. Tuttavia, ciò si osserva con maggiore facilità se associata a processi di governo stabili e strutturati in grado di favorire la giusta dialettica e l’opportuno scrutinio sull’operato del leader (ordini del giorno articolati, bozze di decisioni modificate dal board, audit esterno per le questioni tecniche, ecc.). I progetti ad alto valore sociale sono alla portata Garantire ad ogni di qualsiasi FOB siano fondazione la posesse grandi o piccole, sibilità di eccellere, con maggiore supporto a prescindere dalla di ONG esterne nelle tipologia di interventi province con alto PIL, che preferisce finan- con maggiore bisogno ziare. di cooperazione istituzionale in quelle a basso PIL. L’eccellenza non risiede nell’alta priorità con cui si finanzia un progetto proprio molto ambizioso piuttosto che la proposta di una qualificata ONG. Essa è alla portata di qualsiasi fondazione che, conscia del proprio vincolo di bilancio e delle risorse del proprio territorio, riesce ad associare efficacemente le priorità strategiche opportune per la propria dimensione con i processi di governo che ne facilitano il buon esito. Così come sono importanti i risultati dello studio, altrettanto lo sono i limiti. In primo luogo, va considerato che il campione è ristretto, dal momento che l’universo è rappresentato dalle 88 fondazioni italiane. In secondo luogo, i risultati potrebbero essere rafforzati da indagini sul campo focalizzate su singole fondazioni. In terzo luogo, possono sussistere problemi di endoAzienda Pubblica 4.2012 398 Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative geneità tra variabili dipendente ed indipendenti, anche se il problema è insolubile data l’assenza di variabili strumentali idonee. Infine, il fatto che un approccio possa essere considerato più complesso, non necessariamente lo qualifica come migliore o più in grado di generare ricadute (outcome) positive per la comunità di riferimento. Ulteriore ricerca andrebbe indirizzata verso l’individuazione dei tratti distintivi degli approcci che meglio di altri siano associabili all’attività di valutazione dell’operato della FOB, lasciando aperta l’ipotesi di FOB ricettive “eccellenti” e FOB collaborative “disastrose”. Interessante, in questa direzione, potrebbe essere una disamina attenta e focalizzata dei bilanci di missione. I risultati del lavoro, tuttavia, possono essere utili sia per le FOB sia per altri enti non profit e pubblici che gestiscono ampie risorse finanziarie e si interrogano sui benefici di una adeguata governance. Ciò in quanto i risultati mettono in evidenza che una adeguata struttura di governo ed efficaci meccanismi conducono ad approcci più complessi ed elaborati nelle FOB sia di maggiori che di minori dimensioni. Al contrario, laddove le competenze sono minori, la leadership è meno autorevole ed i processi di governo sono carenti, il modello adottato è sovente confinato ai soli tipi ricettivo o reattivo precludendo, di fatto, la transizione verso modelli filantropici più complessi. I risultati del lavoro, pertanto, sono estremamente importanti in un momento in cui ci si interroga sui vantaggi e sui limiti del modello di governance adottato dalle FOB. Infatti, la presente ricerca mette in luce che la qualità dei soggetti e l’effettivo funzionamento degli organi giocano un ruolo fondamentale. Oltre che per chi lavora nel campo delle fondazioni, quindi, i risultati possono essere utili anche per tutti coloro che si occupano del corretto funzionamento delle fondazioni e di altri soggetti non profit a loro assimilabili per complessità ed operatività. Bibliografia Alexander J.A., Fennell M.L., Halpern M.T. (1993), “Leadership instability in hospitals: The influence of board–CEO relations and organizational growth and decline”, Administrative Science Quarterly, 38, pp. 74-99. Barbetta G.P. (2001), “Le fondazioni di origine bancaria: Merchant banker del settore nonprofit italiano?”, Nonprofit, 7(2), pp. 211-232. Center for Effective Philanthropy (2000), Foundation governance: the CEO viewpoint, Report on-line http://www.effectivephilanthropy.org/ (ultima consultazione 25/05/2011). Cerbioni F., Di Paola A., Boesso G. (2010), “La governance nelle fondazioni di origine bancaria: modelli teorici e proposte operative”, Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, 9/10, pp. 557-572. Conger J., Finegol D., Lawler III E. (1998), “Appraising boardroom performance”, Harvard Business Review, 76, pp. 136-148. 399 Azienda Pubblica 4.2012 “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Saggi Cornforth C. (2003), The governance of public and non-profit organizations. What do boards do?, London: Routledge. D’Angelo G., Amatucci F. (2007), “The strategy of bank foundation in fostering local welfare”, Finanza, Marketing e Produzione 25(3), pp. 57-74. Dalton D.R., Kesner I.F. (1987), “Composition and CEO duality in boards of directors: an international comparison”, Journal of International Business Studies, 18, pp. 33-42. Frumkin P. (2006), Strategic giving. The art and science of philanthropy, Chicago and London: The University of Chicago Press. Golden B.R., Zajac E.J. (2001), “When will boards influence strategy? Inclination x power = strategic change”, Strategic Management Journal, 22, pp. 1087-1111. Green J.C., Griesinger D.W. (1996), “Board performance and organizational effectiveness in nonprofit social service organizations”, Nonprofit Management & Leadership, 6, pp. 381-402. Hillman A.J., Dalziel T. (2003), “Boards of directors and firm performance: integrating agency and resource dependence perspective”, Academy of Management Review, 28(3), pp. 383-396. Lerner M., (2005), A gift observed, Commonweal working paper. Middleton M. (1987), “Nonprofit boards of directors: beyond the governance function.”, in W.W. Powell (a cura di), The Nonprofit Sector, Yale New Haven CT: University Press, pp. 141-153. Monge F. (2010), La Governance delle Fondazioni di origine bancaria, Milano: Franco Angeli. Ostrower F., Stone M. (2010), “Moving governance research forward: a contingency-based framework and data application”, Nonprofit and Voluntary Sector Quarterly, 39, pp. 901-24. Porter M., Kramer, M. (1999), “Philanthropy’s New Agenda: Creating Value”, Harvard Business Review,12, pp. 121-130. Raymond S.U. (2010), Nonprofit finance for hard times, Hoboken, NJ: John Wiley & Sons Inc. Riccaboni A., Galgani C. (2010), “Board e membri esterni nella governance interna delle università italiane: nuovi trend e questioni emergenti”, Azienda Pubblica, 3, pp. 331-368. Ricci P., Landi T. (2009), “La governance delle società per azioni dei servizi pubblici locali: attualità e prospettive”, Azienda Pubblica, 3, pp. 311-334. Robinson K. (2001), Collaborative grantmaking: lessons learned from the Rockefeller family’s experiences. Practices in family philanthropy, Washington, DC: National Center for Family Philanthropy. Rutherford M.A., Buchholtz A.K. (2007), “Investigating the relationship between board characteristics and board information”, Corporate Governance, 15, pp. 576-584. Siciliano J.I. (2008), “A comparison of CEO and director perceptions of board involvement in strategy”, Nonprofit and Voluntary Sector Quarterly, 37(1), pp. 152-162. Azienda Pubblica 4.2012 400 Saggi “Filantropia per decreto”: analisi della relazione tra governance e strategie erogative Vafeas N. (1999), “Board meeting frequency and firm performance”, Journal of Financial Economics, 53(1), pp. 113-142. Westley F., Antadze N. (2010), “Making a difference. Strategies for scaling social innovation for greater impact”, The Innovation Journal: The Public Sector Innovation Journal 15(2), article 2, pp. 1-19. Westphal J.D. (1998), “Board games: How CEOs adapt to increases in structural board independence from management”, Administrative Science Quarterly, 43(3), pp. 511-537. Zahra S., Pearce J. (1989), “Boards of directors and corporate financial performance: A review and integrative model”, Journal of Management, 15, pp. 291-244. Sitografia www.acri.it 401 Azienda Pubblica 4.2012