Piu_che_gas_Alimenti

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Piu_che_gas_Alimenti
ISBN 978-88-907159-5-2
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Prefazione
di Maria Rosa Baroni
L
a capacità di produrre e di utilizzare i gas è uno degli elementi fondamentali del progresso tecnico dell'era moderna.
I gas industriali vengono utilizzati pressoché in tutti i
processi produttivi e occupano un ruolo chiave sia nella produzione che nel confezionamento degli alimenti e delle bevande.
Ricavati dall'atmosfera attraverso processi fisici o recuperati da
cicli di produzione, con una notevole ottimizzazione delle risorse,
i gas industriali destinati al contatto con gli alimenti devono essere forniti secondo un livello qualitativo adeguato al loro uso e
prodotti secondo i canoni di produzione igienica. E nella pratica
come si stabiliscono i parametri attraverso i quali assicurarne e
controllarne costantemente la qualità? Come devono essere interpretati i riferimenti normativi e la giurisprudenza in materia, ma
soprattutto sono sufficienti? Questo volume, che nasce dalla collaborazione di Rivoira spa e Università di Scienze Gastronomiche,
intende fare luce su un tema tanto importante quanto a volte
trascurato, sensibilizzando tutte le aziende della filiera a un utilizzo consapevole dei gas, che parta dalla scelta del fornitore per
arrivare alla comprensione delle caratteristiche qualitative dei
gas. Nel complesso “Più che gas: alimenti” intende chiarire il complicato quadro normativo inerente l'uso dei gas e approfondisce in
modo specifico le questioni tecniche legate all'applicazione di ogni
singolo gas o di miscele di gas nel confezionamento in atmosfera
protettiva. Gli autori, auspicando una diffusione più ampia possibile del testo, non a caso hanno scelto di includere il titolo nella
collana Food Packages Free Press. Nello specifico, si deve a
Gianluca Porto l'idea e la raccolta dei materiali, a Michele A. Fino
la parte più consistente del testo, di carattere normativo e tecnico,
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e a Luisa Torri il saggio finale sugli effetti dei gas sulle proprietà
sensoriali degli alimenti. Si tratta di un'operazione editoriale di
grande interesse, mirata a rendere accessibili, seppur con un
taglio divulgativo, informazioni scientifiche di qualità, che possano essere di supporto a tutti coloro che ne hanno bisogno per il
proprio lavoro. Auspichiamo che questa iniziativa possa essere il
punto di partenza di una nuova consapevolezza sull'argomento,
che porti l'industria alimentare italiana a considerare i gas veri e
propri alimenti e, di conseguenza, a trattarli come tali.
II
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Gli autori
Michele A. Fino
Michele A. Fino (Revello, 1973) è professore associato di Fondamenti del Diritto Europeo nell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (UNISG). Dopo la laurea in giurisprudenza all’Università di Torino, ha conseguito il dottorato di ricerca
nell’Università di Ferrara, e ha svolto la propria attività come ricercatore, prima, e professore, poi, nell’Università del Piemonte
Orientale e della Valle d’Aosta. Dal 2011 in servizio a Pollenzo,
è responsabile dell’area ricerca dell’UNISG. Accanto a molteplici
studi dedicati alla storia degli istituti giuridici, ha pubblicato nel
marzo 2013 “Questione di etichetta” (Ed. Vignaioli Piemontesi),
primo manuale dedicato alla divulgazione delle norme in materia
di presentazione ed etichettatura dei prodotti enologici. Insegna
Fondamenti del Diritto Europeo, Diritto degli Alimenti e Istituzioni
Europee, Introduction to food law, Retorica e Public Speaking. Ha
svolto e svolge attività di advisor presso le DG Agri e DG Sanco
della Commissione Europea.
Nel presente volume autore dei capitoli 1, 2 e 3.
Luisa Torri
Luisa Torri (Melzo, 1977) ha conseguito la laurea quinquennale
in Scienze e Tecnologie Alimentari presso la Facoltà di Agraria
dell'Università degli studi di Milano a seguito della quale si è occupata, in questa stessa accademia, di food packaging presso il laboratorio di confezionamento alimentare (Packlab) del DeFENS (Dipartimento di Scienze per gli Alimenti la Nutrizione e l'Ambiente),
affrontando differenti temi di ricerca in collaborazione con altri
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enti pubblici (Università e CNR) e con aziende private del settore
dell'imballaggio alimentare. Dal marzo 2004 è consigliere direttivo del Gruppo Scientifico Italiano di Confezionamento Alimentare
(GSICA), di cui è socio fondatore e per il quale collabora all'organizzazione di workshop di aggiornamento sulle problematiche di
food packaging e congressi scientifici sui principali temi dell'interazione alimenti/imballaggi (shelf life, migrazione). Partecipa a
convegni e fiere destinati ai diversi attori della filiera alimentare
apportando contributi scientifici volti a divulgare le innovazioni
relative a tecnologie e materiali di confezionamento. Nel febbraio
2008 ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Biotecnologia
degli alimenti discutendo una tesi dal titolo "Valutazione degli effetti della luce su alimenti fotosensibili e dell'efficacia protettiva
di soluzioni di confezionamento". Collabora con la rivista tecnicoscientifica Food Packages (edizioni Artek) mediante la stesura di
articoli su argomenti di interesse per produttori e utilizzatori di
imballaggi alimentari e partecipando a eventi nell'ambito del food
packaging. Dal 2008 svolge la sua attività di ricerca nell'ambito
delle scienze sensoriali presso l'Università di Scienze Gastronomiche di Bra (CN).
Nel presente volume autrice del capitolo 4.
Gianluca Porto
Gianluca Porto (Torino, 1970) attualmente marketing manager in
Rivoira spa, è ingegnere chimico e autore di numerose pubblicazioni scientifiche nei più disparati settori applicativi e merceologici. Ha al suo attivo dodici brevetti per invenzione industriale in
corso di validità.
Curatore del presente volume, ne ha ideato il concept raccogliendo
gli stimoli dei professionisti del settore.
IV
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Indice
1 Luoghi comuni da sfatare
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2 Alimenti e gas
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2.1 Gli alimenti: definizione legale e questioni interpretative... 5
2.2 I gas sono alimenti?..................................................... 8
3 I gas alimentari
13
4 L'importanza dei sensi
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3.1 Modalità di utilizzo.................................................... 14
3.2 Funzioni dei gas........................................................ 15
3.2.1Additivi................................................................ 16
3.2.2 Coadiuvanti tecnologici........................................ 16
3.2.3Ingredienti........................................................... 17
3.3 Il ruolo del gas nella food supply chain e nell'igiene degli
alimenti..................................................................... 18
3.3.1Rintracciabilità.................................................... 18
3.3.2Igiene................................................................... 20
3.4 Standard di tenore e purezza..................................... 23
3.5 Parametri legali e parametri commerciali................... 24
3.6 Come ottenere e utilizzare gas (più) puri e perché...... 27
4.1 L'atmosfera protettiva................................................ 32
4.1.1 I formaggi............................................................. 34
4.1.2 La carne i suoi derivati......................................... 35
4.1.3 Il pesce................................................................ 37
4.1.4 I prodotti ortofrutticoli......................................... 38
4.1.5 I prodotti da forno................................................ 39
Appendice I - Schede tecniche dei gas con caratteristiche di purezza richieste dalla legge
41
Appendice II - Fonti giuridiche richiamate
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Glossario53
Bibliografia55
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V
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Introduzione
Luoghi comuni da sfatare
Questa è aria ai denti; tutta aria fritta; aprire la bocca e darle
fiato; non si vive mica di aria!
I
l mondo dei gas soffre di una radicata, verrebbe da dire convenzionale, svalutazione connessa alla sua impercettibilità,
alla sua errata conoscenza per via dei programmi scolastici,
che generalmente non se ne occupano e in definitiva, a causa
della credenza tanto profonda quanto infondata, che ciò che è
incolore, impalpabile e spesso anche inodore non possa avere
davvero un peso significativo.
Eppure, da oltre duecento anni, sappiamo che i gas non sono
senza peso e soprattutto sono ricchi di influenze positive e negative sulla nostra vita, sulle nostre attività, persino sulla nostra
alimentazione. L'esempio più evidente è la bollicina di anidride
carbonica che rende effervescente ciò che stiamo bevendo, solleticando il palato e danzando davanti ai nostri occhi. Che sia una
flûte di champagne, un boccale di birra, un bicchiere usa e getta
ricolmo di una qualsiasi bibita, il segreto del gradimento di una
bevanda, nel gusto contemporaneo, è intimamente connesso alla
presenza di quell'elemento gassoso, sebbene esso sia così comune
nell'atmosfera, inodore e insapore, anzi, di più: inerte.
L'esempio serve a dare immediatamente l'idea di quanto sia sciocco sottovalutare l'importanza dei gas nella produzione alimentare
e permette di effettuare subito un ulteriore cruciale distinguo. Se
nella birra e nello champagne, infatti, il gas che risulta dalla fermentazione viene volutamente imprigionato al loro interno grazie
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alla tecnica e alla tecnologia, perché arrivi intatto al nostro palato,
nel caso delle bibite analcoliche l'anidride carbonica è un ingrediente aggiunto. Avete compreso bene: sebbene il peso non possa
che collocarla all'ultimo posto, in un ideale elenco ingredienti che
la comprenda, spesso la CO2 sta nello stesso insieme dell'acqua,
dello zucchero, degli aromi e dei coloranti, nelle bottiglie da un litro
e mezzo che mettiamo nel carrello della spesa. Nelle bibite analcoliche, infatti, non c'è una fermentazione il cui risultato gassoso
possa essere conservato in bottiglia: se ci fosse ci sarebbe anche
dell'alcol insieme ad altri sottoprodotti della fermentazione, come
Louis Pasteur insegna. In esse l'anidride carbonica viene aggiunta
o, come recitano le etichette dell'acqua minerale, addizionata.
Questo sposta il piano del nostro interesse e non può che determinare un'attenzione ben diversa alla questione gas. Chi infatti
agirebbe con leggerezza nell'approvvigionarsi di acqua, zucchero
o estratti per dare aroma e sapore al proprio prodotto? Ebbene,
la stessa identica responsabilità grava sulle spalle di chi si deve
approvvigionare di anidride carbonica per produrre la propria
bevanda. Non c'è né tecnologicamente né giuridicamente alcuna
differenza tra ingredienti gassosi, liquidi o solidi. Ed è importantissimo rendersene conto per non incorrere in grossolani e costosi
errori di valutazione.
Infatti, come nessun produttore alimentare assennato si sognerebbe di trarre l'acqua per le proprie produzioni da un torrente,
senza scrupolose analisi e pratiche idonee a garantire la piena
potabilità dell'ingrediente, così nessuno dovrebbe pensare che
l'anidride carbonica o l'azoto possano essere semplicemente prelevati dall'atmosfera e usati nelle preparazioni alimentari. Tanto
non si vedono, non pesano e – crede ancora qualcuno, sbagliando
– a malapena si sentono. Gas alimentari ingredienti di alimenti o usati come coadiuvanti di processo o ancora come additivi
alimentari (come accade nelle vaschette degli affettati, realizzate
in atmosfera protettiva), se contaminati, non sono meno rischiosi
per la salute di una qualsiasi altra materia prima contaminata.
Per questa ragione nasce questa pubblicazione, orientata a fornire
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utili strumenti a chi, operatore o consumatore, voglia comprendere meglio che cosa si intenda quando si fa riferimento al vasto
mondo dei gas alimentari e quali regole valgano per il loro utilizzo. E anche se in questo campo le esperienze e i dati ancora non
abbondano, è però un dovere, specie per chi lavora all'Università
degli Studi di Scienze Gastronomiche, ristabilire sin d'ora il pieno diritto, per questa moderna declinazione dell'etere greco, di
rappresentare un serissimo argomento di indagine a cui dedicare
studio e approfondimento.
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Alimenti e gas
Che cos'è un alimento? E i gas, possono essere considerati tali?
P
rima di cominciare l'esposizione di quelle che sono le procedure legali e tecniche che regolano l'uso dei gas nel confezionamento degli alimenti, è opportuno definire i campi
di azione, spiegando che cosa sono gli alimenti e che cosa sono i
gas, in modo da poter capire se e per quale ragione i gas possono
essere considerati veri e propri alimenti, e quali siano le conseguenze di questo assunto.
2.1 Gli alimenti: definizione legale e questioni interpretative
Gli alimenti appaiono istintivamente come qualcosa che non necessita di essere definito, tanto è intuibile la loro natura: ciò che
l'uomo mangia, ciò di cui si nutre, da cui trae le sostanze necessarie al proprio sviluppo, alla propria sussistenza.
Tuttavia, è recentemente emersa un'attenzione assai maggiore per
questi protagonisti, per lungo tempo anonimi, della nostra storia.
Gli alimenti, infatti, costituiscono una chiave di lettura fondamentale per interpretare e comprendere l'influenza umana sul pianeta
Terra. Essi consentono di ricostruire la storia delle culture e delle
civiltà, contribuiscono a chiarire l'evoluzione sociale, le religioni,
l'economia e i rapporti tra le nazioni. Infine, le dinamiche della loro produzione e approvvigionamento, a partire dalle materie
prime, consentono di formulare previsioni sul futuro della nostra
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specie e sulla sua capacità di (ritornare a) essere sostenibile per il
pianeta che condividiamo con gli altri esseri viventi.
Il mondo del diritto ha, a un certo punto, dovuto produrre una
definizione di alimento, perché in assenza di essa non poteva
trovare delimitazione il campo di azione delle regole per la produzione, trasformazione e distribuzione del cibo (le tre fasi del
ciclo alimentare al di fuori del controllo del consumatore), sentite come necessarie da vent'anni a questa parte. Si tratta, ripercorrendo la celeberrima logica di Carl Schmitt, dell'equivalente
moderno dell'attività di delimitazione (zu teilen, in tedesco) che
rappresenta l'atto fondativo dell'ordine giuridico: traccio una linea, separo lo spazio in cui valgono alcune regole da quello in cui
tali regole non valgono.
Fino a quando gli alimenti sono rimasti una merce tra le altre,
in un mondo che non conosceva i consumi di massa, esplosi a
partire dal secondo dopoguerra, un apparato organico di norme volto a regolare le tre fasi del ciclo alimentare di cui ci occupiamo non fu percepito come necessario, se non per ambiti
molto limitati. Non mancano esempi di legislazione alimentare
ante litteram, ma il loro carattere straordinario è testimoniato dal
fatto stesso che essi sono circondati da un'indiscutibile aura di
eccezionalità. Si pensi all'editto della purezza di Massimiliano I,
che dagli albori del XVI secolo disciplina la produzione birraria tedesca, restringendo l'uso del nome "birra" a ciò che viene
prodotto con i soli quattro ingredienti canonici: acqua, malto,
luppolo e lievito.
Tuttavia, finché la produzione alimentare è rimasta un problema
di trasformazione domestica di materie prime in larga misura
autoprodotte; fino a quando oltre i due terzi della popolazione
occidentale hanno continuato a vivere in aree rurali, coltivando
e allevando le materie prime per il proprio nutrimento; fino a
quando la chimica non ha messo a disposizione dell'uomo sostanze che, usate in modo poco accorto da persone poco formate,
possono rivelarsi molto pericolose, l'esigenza di una regolamentazione generale della produzione alimentare non è stata sentita,
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come invece a partire dalla fine del secolo XIX, negli USA, e dagli
anni '60 del XX secolo, in Europa.
A mano a mano che è cresciuto l'inurbamento, è diminuita la quota di cittadini in grado di produrre da sé, in misura più o meno
grande, le materie prime per la propria alimentazione. In modo
corrispondente, è aumentata la disponibilità commerciale di ciò
che prima pochi acquistavano: gradualmente, il fulcro dell'approvvigionamento di cibo si è spostato dall'agricoltura al commercio.
Quest'evoluzione è andata di pari passo con la diminuzione costante, fino ai minimi storici attuali, nei paesi del Primo Mondo, di
addetti al settore primario e con il contestuale continuo aumento
di persone impiegate fuori casa. Per questo, la società contemporanea vede come eccezioni nuclei famigliari che consumano prevalentemente cibo prodotto in larga misura a livello domestico e,
rarissima avis, nuclei famigliari che consumano prevalentemente
cibo prodotto a livello domestico con materie prime a loro volta
autoprodotte. Ciò che era normale per i nonni di molti dei lettori
di queste pagine (coltivare il grano, mieterlo, portare i chicchi al
mulino, farseli macinare, riportare a casa la farina e panificarla)
è oggi qualcosa di difficilmente pensabile e comunque eccezionale
rispetto alla normalità della food supply chain. Oggi la nutrizione del Primo Mondo dipende dal commercio di beni di consumo,
la cui produzione è affidata a un numero talora molto ridotto di
operatori, sui quali necessariamente ricade una responsabilità
particolarmente importante. Una loro leggerezza, infatti, può portare a risultati catastrofici in termini di salute pubblica (sotto il
profilo di ciò che si definisce abitualmente food safety), così come
una condotta irrispettosa dei principi valevoli a regolare il libero
commercio può determinare conseguenze pesantissime per la capacità dei Paesi di approvvigionarsi, esercitando una diffusa sovranità alimentare (ciò che in inglese si indica abitualmente come
food security).
Come si può intuire dalle annotazioni precedenti, i problemi correlati alla concorrenza ispirata a principi di correttezza e i problemi relativi alla sicurezza della merce-cibo per i consumatori cui
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 La definizione
giuridica di
alimento è diventata
necessaria con il
graduale estinguersi
dell'autosussistenza
 Oggi la
nutrizione dipende
dal commercio
e questo può
provocare conflitti
di interesse che si
cerca di limitare
attraverso la
legislazione
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è destinata si intrecciano, talora anche in modo estremamente
evidente. Si pensi semplicemente alla circostanza di un additivo
messo in commercio senza rispettare gli standard legali di purezza. Esso viola le regole sulla sicurezza alimentare, ma rappresenta
quasi certamente anche un modo di esercitare una concorrenza
commerciale sleale: produrre additivi più sicuri, perché più puri,
costa di più. Entrare nel circuito commerciale con prodotti che,
ad esempio, non soddisfino gli standard significa ottenere un vantaggio competitivo illusorio e che, una volta scoperto, può essere
controproducente. Usando una similitudine sportiva, equivale a
doparsi invece di allenarsi per la gara.
Si capisce allora che per stabilire quali standard valgano per definire la qualità degli alimenti e delle materie prime da cui derivano,
occorre prima stabilire cosa siano gli alimenti e quali categorie di
sostanze siano coinvolte nella loro produzione, portando con sé
ulteriori necessità di definizione e regolamentazione. Nell'interesse del mercato, oltre che della salute di coloro che, confidando negli attori delle tre fasi del ciclo alimentare, assumono con fiducia
quotidianamente il proprio cibo. Per questo, il Libro Bianco sulla
sicurezza alimentare (pubblicato nel 2000 dalla Commissione europea) e il Regolamento CE 178 del 2002, che dal Libro Bianco è
stato ispirato, sono stati messi a punto con obiettivi di tutela congiunta dell'ambiente, di salute pubblica, di salute degli animali,
del consumatore e di libera concorrenza.
2.2 I gas sono alimenti?
 Un alimento
è qualsiasi
sostanza prodotta
e commercializzata
per essere ingerita
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Un alimento è qualsiasi sostanza prodotta, trasformata o distribuita per essere ingerita o che si prevede ragionevolmente che
possa venire ingerita. Questa definizione si ricava dal Regolamento CE 178 del 2002, che ha introdotto le più importanti novità nel
campo della sicurezza alimentare da quando nacque la Comunità
Economica Europea nel 1957. Questo significa che non solo sono
alimenti quelli che normalmente chiamiamo cibi, ma anche l'acqua potabile (non quindi quella distillata che viene commercializzata per alimentare macchine) e le gomme da masticare.
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Il legislatore italiano, nell'accordo Stato-Regioni del 28 luglio
2005, all'art. 3, ha dettato la seguente definizione:
“Alimento o 'prodotto alimentare' o 'derrata alimentare' è qualsiasi
sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non
trasformato, destinato a essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani. Sono
comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l'acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti
nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. Esso
include l'acqua nei punti in cui i valori devono essere rispettati
come stabilito all'articolo 6 della direttiva 98/83/CE e fatti salvi i
requisiti delle direttive 80/778/CEE e 98/83/CE”.
Questo implica che tutti i gas impiegati nella produzione di alimenti, se non servono a scopi diversi da quello di produzione/
packaging, implicano le stesse responsabilità degli alimenti e devono essere trattati come tali.
Sono espressamente esclusi dal novero degli alimenti, e quindi
dall'applicazione delle norme valide per questi ultimi, i seguenti beni:
• mangimi (solo per quelli destinati ad alimentare animali per il
consumo umano, sono previste regole di sicurezza e rintracciabilità specifiche, comunque non pari a quelle degli alimenti, se
non espressamente previsto);
• animali vivi, a meno che non siano preparati per l'immissione
sul mercato per il consumo umano (una vacca che pascola non
è un alimento; una cozza o un'ostrica viva sul banco del pesce
sì: dipende dalle tradizioni alimentari e di consumo);
• vegetali prima della raccolta (questo fa sì che sul frutto pendente siano ammesse presenze di residui di pesticidi non più tollerate sul frutto staccato, anche se non ancora commercializzato
o comunque distribuito);
• medicinali, stupefacenti e cosmetici;
• tabacco (nell'ambito UE, peraltro, solo la Svezia ammette il
consumo di tabacco da masticare, in base a una deroga per
quel Paese, rispetto al generale divieto di uso dello "snus", concordata al tempo della sua adesione).
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 Anche i gas sono
alimenti e devono
essere trattati come
tali
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Principio di precauzione
Il principio di precauzione è stato enunciato per la prima volta al
capo 15 della Dichiarazione di Rio, nel 1992. La prima storica conferenza internazionale sui cambiamenti climatici si trovò ad avere
a che fare con un empasse logico e quindi giuridico: se si assume
che una decisione con effetti giuridici vincolanti debba essere basata su dati scientifici, dal momento che non esistevano (all'epoca
e per certi versi nemmeno oggi) evidenze scientifiche univoche
e definitive in materia, nessun Paese sarebbe stato tenuto a fare
alcunché.
Questo apparve evidentemente come un atteggiamento troppo
attendista, estremamente rischioso per le sue conseguenze irrimediabili: la diagnosi, una volta che il paziente è diventato incurabile, non giova. Per questo si stabilì che: "Al fine di proteggere
l'ambiente, un approccio cautelativo dovrebbe essere ampiamente
utilizzato dagli Stati in funzione delle proprie capacità. In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l'assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire un motivo per differire l'adozione
di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale". Insomma: il divenire della
scienza non diventi scusa per non fare nulla. Il principio è entrato
nell'SPS Agreement (allegato al trattato istitutivo del WTO) che regola il commercio di alimenti, derrate, animali e piante, nonché nel
trattato di funzionamento dell'Unione Europea. In base al principio
di precauzione, una sostanza nuova può non essere autorizzata
anche se non ci sono evidenze scientifiche univoche e definitive
della sua pericolosità, per un tempo che però deve essere limitato,
al fine di contemperare l'interesse al commercio libero (principio
base del WTO) con quello alla protezione della salute pubblica
e alla protezione ambientale. La temporaneità dell'applicazione
del principio di precauzione è anche la misura che evita che esso
possa essere piegato a usi protezionistici, per lo meno a tempo
indeterminato.
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Sono altresì espressamente escluse dall'applicazione del Reg. CE
178/2002 le preparazioni, manipolazioni e/o conservazioni alimentari domestiche destinate al consumo privato.
Il Regolamento CE 178/2002 ha dettato le regole basilari per la sicurezza alimentare (food safety) e ha introdotto per la prima volta
nella legislazione europea una disciplina organica:
• dei controlli sia preventivi che successivi all'introduzione di sostanze e preparati coinvolti nella produzione, trasformazione e
distribuzione del cibo (a tale proposito è opportuno menzionare
come questo regolamento abbia istituito l'EFSA);
• della tracciabilità e della rintracciabilità degli alimenti, lungo
tutta la filiera alimentare (food supply chain), arrivando a dettare regole di sicurezza per i mangimi di animali destinati al
consumo umano;
• delle procedure per l'analisi del rischio, dell'applicazione del
principio di precauzione e delle modalità di intervento rapido
in caso di crisi alimentare.
Il Reg. 178/2002 determina una serie di altre definizioni la cui
ricaduta normativa si è prodotta sulla legislazione alimentare
tutta, sia a livello europeo che a livello nazionale. In particolare,
in Italia, queste definizioni hanno trovato conferma nell'accordo
Stato-Regioni recante “Linee guida ai fini della rintracciabilità degli alimenti e dei mangimi per fini di sanità pubblica” del 28 luglio
2005. Nel glossario nella parte finale del volume si trovano alcune
di queste definizioni.
Quando un gas entra nella produzione di un alimento in virtù
della volontà di un operatore del settore alimentare, quest'ultimo
si trova a essere responsabile della rintracciabilità anche del gas
e nel caso in cui sussista un pericolo che determini un rischio per
la sicurezza, connesso a quello specifico alimento, sarà chiamato
a rispondere della sua corretta valutazione e gestione.
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 Il glossario alla
fine del libro è un
utile strumento per
chiarire dubbi o
problemi
 L'operatore
alimentare che
si serve del gas
nel processo di
produzione e
confezionamento
deve rispondere
della sua
rintracciabilità
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EFSA
L'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) è stata
istituita nel gennaio 2002 dal Regolamento (CE) 178, a seguito
di una serie di allarmi alimentari verificatisi alla fine degli anni
Novanta, come fonte indipendente di consulenza scientifica e di
comunicazione sui rischi associati alla catena alimentare: è l'esito
istituzionale dei dati raccolti nel Libro Bianco sulla sicurezza alimentare (2000) e degli allarmi scaturiti dalle epidemie della BSE
(encefalopatia bovina spongiforme: la cosiddetta "mucca pazza")
e di influenza aviaria. L'istituzione dell'EFSA rientra nel quadro di
un programma globale volto a migliorare la sicurezza alimentare
nell'UE, assicurare un elevato livello di protezione dei consumatori e ripristinare e mantenere la fiducia degli stessi nelle forniture
alimentari dell'UE: per ottenere questo risultato sono stati per la
prima volta separati, in Europa, il livello della valutazione del rischio e il livello della gestione del rischio. L'EFSA è l'organismo
incaricato della valutazione del rischio: produce pareri scientifici
e fornisce consulenza specialistica, affinché l'attività legislativa
e le politiche europee abbiano una solida base scientifica e la
Commissione europea, il Parlamento europeo e gli Stati membri
dell'UE possano assumere decisioni tempestive ed efficaci nella
gestione del rischio.
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I gas alimentari
Definiamo gas alimentari tutti i gas che sono idonei all'uso
nell'industria alimentare, per scopi diversi
I
gas alimentari non sono un categoria definita scientificamente, bensì una categoria meramente commerciale. Le categorie
dei gas basate su parametri scientifici sono infatti quelle che
dipendono da caratteristiche fisiche del prodotto (gas compressi,
gas liquefatti [con temperatura T critica ≥ -10°C], gas disciolti
sotto pressione, gas criogenici liquefatti) o da caratteristiche chimiche del prodotto (gas inerti, gas infiammabili, gas comburenti,
gas tossici [e/o corrosivi e/o cancerogeni]).
I gas alimentari appartengono, di volta in volta, a una delle categorie ora menzionate, ma sono tutti raggruppati dall'idoneità a
trovare uso nell'industria alimentare moderna. Essi sono:
• anidride carbonica
• anidride solforosa
• argon
• azoto
• elio
• idrogeno
• isobutano
• n-butano
• ossigeno
• propano
• protossido di azoto
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 I gas alimentari
rappresentano
una categoria
commerciale
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 Chi produce
gas in situ è
responsabile della
sua completa
tracciabilità
Il gas prodotto in situ
Con l'espressione in situ si allude alla produzione di gas per l'impiego diretto presso il luogo di installazione del generatore, senza
la necessità di trasporto. Il gas può andare direttamente dal generatore al sistema di utilizzazione, oppure essere stoccato. I generatori in situ hanno capacità produttive molto variabili e servono di
solito a fornire azoto (gassoso o liquido) estratto dall'aria; ossigeno, estratto dall'aria, e idrogeno, prodotto per elettrolisi dell'acqua.
Questo tipo di impianti deve essere progettato per produrre gas
adeguati alle applicazioni previste. Ciò vale a maggior ragione per
i requisiti di impiego nel settore alimentare. Per questo i generatori utilizzati per produrre gas alimentari devono essere collocati
laddove aria e acqua siano al riparo da ogni contaminazione potenzialmente dannosa e devono essere attentamente manutenuti
allo scopo di assicurarne l'efficienza costante. Il produttore del gas
in situ è responsabile del mantenimento dei necessari standard di
igiene alimentare intorno all'apparecchiatura, così come della purezza del gas prodotto e utilizzato nel processo alimentare. Anche
se l'impianto è progettato per produrre un gas di qualità costante ed è installato e manutenuto in accordo con formali procedure
scritte, ciò non è sufficiente per liberare da ogni responsabilità l'operatore del settore alimentare che lo fa installare e se ne serve,
nemmeno nel caso in cui le specifiche progettuali e le manutenzioni programmate siano state rispettate. Al fine di minimizzare i rischi
e considerata la necessità di assicurare, controllare e tracciare la
qualità del gas prodotto è necessaria l'installazione di apparecchiature di analisi in situ.
3.1 Modalità di utilizzo
Perché i gas possano essere utilizzati nella produzione occorre che
vengano rispettate una serie di norme, che naturalmente riguardano in parte anche altre fasi o altri additivi impiegati nella produzione alimentare, oltre a riguardare specificamente i gas sopra citati.
Tutti questi sono impiegati nella forma gassosa, trasportati via
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serbatoi mobili (bombole) ovvero stoccati in serbatoi fissi, per
cui vigono specifiche norme, a eccezione dell'anidride carbonica
che, accanto al comune uso in forma gassosa, vede un impiego
in forma solida (ghiaccio secco), la cui produzione, conservazione e commercializzazione deve rispondere a una serie di requisiti
diversi.
Le responsabilità circa la corretta produzione (in particolare per
quanto concerne il grado di purezza) e la corretta conservazione
del gas alimentare sono suddivise in base alla controllabilità del
processo. Della fase di produzione e imbombolamento è responsabile l'operatore del settore alimentare, individuato nell'azienda
produttrice di gas. Dal momento della consegna del serbatoio mobile o della ricarica del serbatoio fisso, la responsabilità passa
all'operatore del settore alimentare che si servirà del gas come
additivo, coadiuvante o ingrediente. In particolare, quest'ultimo
è responsabile anche di tutto il processo di circolazione del gas
attraverso tubazioni, una volta che esso è fuoriuscito dalla valvola
del serbatoio.
 L'operatore
alimentare che
si serve del gas
è responsabile
della sua corretta
conservazione
3.2 Funzioni dei gas
I gas entrano nella moderna produzione alimentare svolgendo almeno una delle tre possibili funzioni: quella di additivo, quella di
coadiuvante tecnologico (di fabbricazione) o quella di ingrediente.
La distinzione tra questi tre possibili impieghi di gas alimentari è
rilevante essenzialmente ai fini dell'etichettatura. Mentre, infatti,
è obbligatoria l'indicazione in etichetta di additivi e ingredienti,
come noto tale obbligo non sussiste generalmente per i coadiuvanti tecnologici, a meno che essi non siano allergenici e come tali
ricadano sotto la disciplina più restrittiva delineata dalla Dir. UE
2000/13 e sue successive modificazioni e integrazioni.
È quanto accade ad esempio per l'anidride solforosa, la cui presenza nei vini e in altri prodotti alimentari, sia che essa abbia
avuto origine naturale, sia che essa si debba all'addizione da parte dell'operatore, va indicata in etichetta allorché il quantitativo
complessivo superi i 10 mg/L. Per evidenziare questa presenza,
CCCCCCCCCIIIIIIIIIIIIIIII
 I gas alimentari
possono essere
additivi, coadiuvanti
tecnologici o
ingredienti
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l'Unione Europea ha altresì approvato un idoneo pittogramma,
utilizzabile insieme all'uso dell'espressione verbale "contiene solfiti" in una delle lingue comunitarie.
Pittogramma utilizzabile insieme all'uso
dell'espressione verbale "contiene solfiti"
in una delle lingue comunitarie
 Gli additivi
diventano
componenti
dell'alimento
3.2.1 Additivi
“Per additivo alimentare si intende qualsiasi sostanza, normalmente non consumata come alimento in quanto tale e non utilizzata
quale ingrediente tipico degli alimenti, indipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico nelle fasi di produzione,
di trasformazione, di preparazione, di trattamento, di imballaggio,
di trasporto o immagazzinamento degli alimenti, che si possa ragionevolmente presumere diventi, essa stessa o i suoi derivati, un
componente di tali alimenti direttamente o indirettamente”: così il
DM 209 del 27 febbraio 1996.
I gas che possono essere impiegati come additivi alimentari, per
esempio come propellenti o gas di confezionamento, devono essere
approvati dalla legislazione UE e identificati con l'assegnazione di
una sigla composta dalla lettera E seguita da un numero a tre cifre
(per esempio E941 per l'azoto). L'UE fornisce anche i criteri minimi
di purezza per i gas additivi alimentari. In aggiunta ad essi, sono
pubblicati requisiti minimi anche da JEFCA (Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives) e, per applicazioni medicinali,
nella farmacopea europea.
Rappresentano esempi di additivi importanti commercialmente i gas
o le miscele di gas utilizzati per modificare l'atmosfera all'interno di
packaging atti a conservare il cibo prima del suo consumo: basti
pensare a qualsivoglia vaschetta la cui etichetta menzioni la preparazione in atmosfera protettiva. È un additivo largamente utilizzato anche il protossido di azoto, usato come propellente della panna spray.
3.2.2 Coadiuvanti tecnologici
Lo stesso DM 209 del 1996 contiene altresì una definizione di
coadiuvante alimentare: “Per coadiuvante tecnologico si intende
una sostanza che non viene consumata come ingrediente alimen-
16
PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
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tare in sé, che è volontariamente utilizzata nella trasformazione di
materie prime, prodotti alimentari o loro ingredienti, per rispettare un determinato obiettivo tecnologico in fase di lavorazione o
trasformazione che può dar luogo alla presenza, non intenzionale
ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o dei suoi
derivati nel prodotto finito, a condizione che questi residui non
costituiscano un rischio per la salute e non abbiano effetti tecnologici sul prodotto finito”.
I gas alimentari sono considerati coadiuvanti tecnologici quando vengono impiegati durante il processo di fabbricazione di un
alimento. La differenza rispetto all'additivo risiede nel fatto che il
coadiuvante ha un preciso obiettivo tecnologico, che esso serve a
conseguire, pertanto viene mescolato agli ingredienti o comunque
alle materie prime. Residui del suo utilizzo possono ragionevolmente permanere nel prodotto finito e per questo occorre prevenire la circostanza che tali residui costituiscano un pericolo per
il consumatore, tale da determinare un rischio. Un esempio di
grande impatto è rappresentato dall'azoto liquido aggiunto agli
ingredienti liquidi e solidi da mantecare per produrre un gelato
istantaneo oppure dall'anidride carbonica solida (ghiaccio secco)
addizionata alle uve fresche per consentirne una pigiatura a bassissima temperatura, tale da garantire la conservazione di caratteri aromatici altrimenti termolabili, o da permettere una estrazione
aromatica in riduzione, ovvero assente l'ossigeno. Meno noto, ma
estremamente importante, è l'uso come coadiuvante tecnologico
dell'anidride carbonica per l'estrazione supercritica della caffeina
e la produzione, di conseguenza, del decaffeinato.
In questi casi l'unica prescrizione di legge è quella di garantire
che il gas non lasci residui nel prodotto che possano presentare
un rischio per la salute e per questa ragione la purezza di tali gas
diventa un fattore chiave per la sicurezza alimentare.
 I coadiuvanti
tecnologici sono
impiegati nel
processo di
fabbricazione degli
alimenti
3.2.3 Ingredienti
“Per ingrediente si intende qualsiasi sostanza, compresi gli additivi, utilizzata nella fabbricazione o nella preparazione di un proCCCCCCCCCIIIIIIIIIIIIIIII
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 I gas ingredienti
rimangono presenti
nell'alimento
dotto alimentare, ancora presente nel prodotto finito, anche se in
forma modificata”.
Il principale esempio di gas ingrediente è l'anidride carbonica
usata per ottenere l'effervescenza delle bevande. Questo processo, detto di carbonatazione, non ha semplicemente lo scopo di
consentire la preparazione della bevanda, ma necessita che il gas
rimanga nell'alimento per venire consumato, al fine di assicurare
la qualità attesa dal consumatore.
I criteri di purezza richiesti per i gas destinati a essere usati come
additivi o coadiuvanti devono, a maggior ragione, essere soddisfatti dal gas impiegato come ingrediente.
3.3 Il ruolo del gas nella food supply chain e nell'igiene degli alimenti
Dal momento che i gas elencati sopra hanno tutte le caratteristiche degli alimenti e come visto possono essere impiegati come
additivi, coadiuvanti o ingredienti nella produzione, essi devono
rispondere alle caratteristiche di rintracciabilità e igiene che sono
pretese dalle norme vigenti per qualsiasi elemento che venga a
contatto con il cibo o sia utilizzato nella sua preparazione.
3.3.1 Rintracciabilità
A norma dell'art. 3 n.15, del Reg. (CE) 178/2002 la rintracciabilità è "la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un
alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione
alimentare o di una sostanza destinata o atta a entrare a far parte
di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione". La rintracciabilità ha una finalità intuibile: utilizzare le "impronte", ovvero la
documentazione raccolta dai vari operatori coinvolti nel processo
di produzione, per isolare un lotto produttivo in caso di emergenza, e consentire al produttore e agli organi di controllo, che hanno il dovere di vigilare sulla sicurezza alimentare del cittadino, di
gestire e controllare eventuali situazioni di pericolo attraverso la
conoscenza delle varie fasi dei processi produttivi.
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La rintracciabilità pertanto opera come uno strumento da utilizzare ex post, al fine di ovviare a una situazione di emergenza,
minimizzandone le conseguenze negative. In particolar modo, la
rintracciabilità permette di contenere le misure di ritiro dal mercato di alimenti, rendendole mirate agli alimenti potenzialmente
dannosi e a quegli elementi usati nella loro produzione che si rivelino tali. Un positivo effetto collaterale di questo contenimento
è la possibilità di limitare anche l'impatto allarmante sull'opinione pubblica. Conseguentemente si comprende, in modo intuitivo,
come indicazioni quali il lotto di produzione attengano specificamente all'ambito delle misure necessarie al conseguimento della
rintracciabilità.
Nel corso del processo produttivo ordinario, l'obbligo di produrre
e conservare tutti i documenti necessari alla rintracciabilità dovrebbe fungere da deterrente e da strumento di richiamo costante
dell'operatore alle proprie responsabilità. Fino al 2005 dovevano
essere rintracciabili solo alcuni prodotti, quali carni, pesce e uova,
quelli cioè considerati più rischiosi per la salute del consumatore.
Dal 1° gennaio 2006, con l'entrata in vigore del "Pacchetto Igiene", l'obbligo della rintracciabilità è stato esteso a tutti i prodotti
agroalimentari, il che ha come obiettivo consentire di individuare
qualsiasi prodotto (e in special modo la sua origine) in ognuna
delle fasi del ciclo produttivo. Il processo si basa sull'obbligo che
gli operatori siano in condizione di risalire all'anello precedente e
a quello successivo nella filiera alimentare (art. 5 c.1 dell'Accordo
Stato-Regioni del 28 luglio 2005).
Questo rende immediatamente evidente un importante elemento
concretamente rilevante: nel caso in cui un operatore alimentare
utilizzi come additivo, coadiuvante o ingrediente gas prodotto da
lui stesso in situ, egli stesso sarà l'anello iniziale di tale produzione
e la eventuale responsabilità per i problemi derivanti da quell'utilizzo non potranno essere da lui condivisi con un anello produttivo
a monte; la sua eventuale negligenza o impossibilità nell'annotazione del lotto produttivo di detto gas (specie se prodotto e utilizzato in continuum) comporterà, in caso di contaminazione, la conCCCCCCCCCIIIIIIIIIIIIIIII
19
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seguenza di un ritiro massiccio della produzione eventualmente
effettuata, non potendosi circoscrivere agevolmente la porzione e
la quantità di gas prodotto e utilizzato afflitte da un eventuale
problema.
 Per mantenere
un adeguato
livello di igiene è
necessario adottare
il protocollo HACCP
20
3.3.2 Igiene
Ai sensi del Regolamento (CE) 178/2002, l'igiene è definita come
“le misure e le condizioni necessarie per controllare i pericoli e
garantire l'idoneità al consumo umano di un prodotto alimentare
tenendo conto dell'uso previsto”.
Come visto, per la legislazione vigente, l'igiene è un insieme di
misure e condizioni che hanno lo scopo di controllare i pericoli e garantire l'idoneità al consumo umano degli alimenti. La responsabilità dell'igiene rimane in capo alle aziende che operano
in ambito alimentare, le quali devono garantire che tutte le fasi
di produzione, processo e distribuzione degli alimenti sotto il loro
controllo soddisfino le pertinenti prescrizioni di igiene contenute
nel Regolamento (CE) 852/2004.
Il regolamento prevede prescrizioni generali applicabili alle attività
e l'obbligo di procedere ad adottare un approccio HACCP. Negli
ultimi anni sono stati diffusi e adottati anche standard internazionali (come EN 9000:2000 o, più recentemente, ISO 22000) sviluppati a partire dal modello HACCP .
Le prescrizioni generali riguardano:
• Requisiti generali per i siti di produzione alimentare
• Requisiti specifici dei locali dove vengono preparate, trattate o
elaborate le derrate alimentari
• Requisiti per aree mobili o temporanee
• Trasporto
• Requisiti delle apparecchiature
• Rifiuti alimentari
• Acqua di produzione
• Igiene personale
• Prescrizioni applicabili ai prodotti alimentari
• Prescrizioni applicabili al confezionamento e imballaggio dei
PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
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prodotti alimentari
• Trattamento termico
• Addestramento
Le aziende che operano la produzione alimentare devono stabilire
e mettere in atto programmi e procedure di sicurezza alimentare
basate sui principi dell'HACCP.
Il modello HACCP ha una funzione spiccatamente preventiva perché si pone proprio l'obiettivo di eliminare dal processo, su basi
scientifiche, quegli elementi che possono contenere dei pericoli in
grado di influenzare il prodotto finale. Accanto all'azione preventiva, è presente un'azione correttiva, che ha lo scopo di ricondurre
nell'alveo della controllabilità i punti critici che dovessero finire
fuori controllo.
Evidentemente, il modello HACCP deve essere applicato anche
alla produzione e all'utilizzo di gas alimentari (peraltro, non solo
a questi ma anche, ad esempio, alla produzione e all'utilizzo dei
gas medicali). Ciò implica che l'azienda produttrice di gas alimentari deve provvedere a redigere un proprio manuale HACCP, i cui
estremi devono essere disponibili anche ai soggetti che essa rifornisce, mentre l'azienda alimentare che usufruisce della produzione di gas in situ deve prevedere nel proprio manuale HACCP anche
le prescrizioni idonee a questa produzione.
L'HACCP determinerà il grado di controllo richiesto per assicurare
che siano mantenuti gli appropriati standard di igiene alimentare.
La produzione e fornitura di gas alimentari da parte di aziende
specializzate è condotta in apparecchiature completamente pressurizzate, di solito a temperature molto basse. Perciò, la possibilità di contaminazione fisica, chimica o microbiologica del prodotto
è considerevolmente ridotta rispetto ai prodotti alimentari tradizionali. Gli impianti di produzione e distribuzione di gas non sono
assimilabili ai tipici locali di produzione alimentare e molti degli
usuali controlli di sicurezza e igiene non sono necessari.
A livello industriale, i gas vengono generalmente prodotti con una
singola specifica e un livello di qualità e purezza adatto per tutte le
CCCCCCCCCIIIIIIIIIIIIIIII
 Anche l'azienda
produttrice di gas
alimentari deve
avere un proprio
protocollo HACCP
 La probabilità
che il gas prodotto
industrialmente sia
contaminato è molto
bassa
21
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HACCP
L'Hazard Analysis and Control of Critical Points (HACCP) è un
approccio sistemico al problema dell'igiene degli alimenti, basato
su due fasi congiunte: quella di analisi del rischio connesso alla
produzione dello specifico alimento (o elemento impiegato nella
produzione alimentare che possa influire sull'igiene del prodotto
finito) e del successivo autocontrollo dei punti critici individuati nel
processo, che sia in capo al responsabile della produzione ma al
tempo stesso verificabile, in quanto azione documentata nelle sue
linee programmatiche e nella sua previsione puntuale, da parte di
organismi di controllo esterno.
I principi dell'HACCP sono i seguenti:
a) identificare i pericoli che devono essere prevenuti, eliminati o
ridotti a un livello accettabile;
b) identificare i punti critici di controllo nel punto o nei punti ritenuti
essenziali per prevenire o eliminare un pericolo o ridurlo a livelli
accettabili;
c) stabilire i limiti critici ai punti di controllo che separino l'accettabilità dall'inaccettabilità per la prevenzione, eliminazione o riduzione
dei pericoli identificati;
d) stabilire e mantenere efficaci procedure di monitoraggio nei
punti critici;
e) stabilire azioni correttive quando il monitoraggio indichi che un
punto critico non è sotto controllo;
f) stabilire procedure, che devono essere applicate regolarmente,
per verificare che le misure specificate nei sottoparagrafi da (a)
fino a (e) siano efficaci;
g) stabilire documenti commisurati con la natura e le dimensioni
dell'attività che dimostrino l'effettiva applicazione delle misure specificate nei sottoparagrafi da (a) a (f).
applicazioni, incluso l'impiego alimentare. Ben si comprende che
il prodotto valido per l'uso alimentare è, di norma, adatto anche
all'impiego per una gamma di applicazioni non legate all'ambito
22
PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
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alimentare, mentre standard diversi, e in taluni casi superiori,
sono richiesti per i gas medicinali, disciplinati in modo specifico
dal D. Lgs. 219 del 2006. Ovviamente, in caso di produzione in
situ, tutte queste caratteristiche e procedure devono essere verificate e stabilite caso per caso.
3.4 Standard di tenore e purezza
Con il Regolamento (UE) n. 231/2012 della Commissione del 9
marzo 2012, che stabilisce le specifiche degli additivi alimentari
elencati negli allegati II e III del Regolamento (CE) n. 1333/2008
del Parlamento europeo e del Consiglio, la Commissione europea
ha licenziato la più recente disciplina organica contenente definizioni e caratteristiche di purezza degli additivi alimentari. Il testo
del Regolamento si completa di un lunghissimo allegato che definisce, descrive e disciplina le centinaia di additivi alimentari ammessi in Europa, elencati secondo l'ordine numerico progressivo
basato sulla sigla E***, che tutti abbiamo imparato a riconoscere
sulle etichette degli alimenti, anche se pochi di noi riconoscono
a prima vista un buon numero di sostanze indicate con questi
codici.
Accanto a molecole naturali e artificiali, a metalli e minerali, si
trovano nell'elenco anche i gas, raggruppati nei numeri che vanno
da E938 a E949. Fanno eccezione i codici dell'anidride solforosa
(E220) e carbonica (E290), che essendo di gran lunga gli additivi
gassosi utilizzati da più tempo in ambito alimentare recano, anche
nella descrizione delle caratteristiche e dei requisiti di purezza,
una traccia di questo fatto e della originaria maggiore rudimentalità dell'estrazione e messa in commercio: la legislazione conserva, tramandandoli, elementi delle regolamentazioni più antiche in
quelle più recenti. Ciò si apprezzerà con anche maggiore evidenza
quando, nel prossimo paragrafo, affronteremo il tema della purezza legale confrontata con la purezza commerciale.
Per ognuno dei gas alimentari ammessi sono indicate le caratteristiche di purezza richieste dalla legge. Le riportiamo nell'Appendice I.
CCCCCCCCCIIIIIIIIIIIIIIII
 I gas alimentari
sono indicati nella
legislazione da un
codice E***
 Nell'Appendice
I si trovano tutte le
schede tecniche dei
gas
23
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3.5 Parametri legali e parametri commerciali
 È necessario
garantire
contemporaneamente
standard di tenore e
purezza
I requisiti elencati dal Regolamento 231/2012, per quanto attiene
la questione della purezza, rappresentano uno standard minimo
che richiede di essere correttamente interpretato, per non incorrere in errori gravi e costosi. In quei parametri infatti si nascondono
una questione ermeneutica sistematica e una questione di disponibilità degli standard.
La questione sistematica riguarda innanzitutto coloro che producono gas alimentari in situ. Come visto si tratta essenzialmente
di produzioni di ossigeno e azoto di origine atmosferica ovvero di
idrogeno da elettrolisi dell'acqua. Ebbene, i parametri di purezza
di questi gas, per poterli utilizzare nella produzione di alimenti,
devono necessariamente e costantemente essere confermati insieme al tenore prescritto dalla normativa europea. Per fare un
esempio: se produciamo in situ l'azoto che poi utilizziamo per proteggere dall'ossidazione le nostre derrate, dobbiamo sì avere la garanzia che il gas che ricaviamo dall'atmosfera sia al 99% azoto, ma
allo stesso tempo dobbiamo essere certi che le impurità presenti
in esso non sforino i seguenti, vincolanti parametri:
Acqua: Non più dello 0,05%
Ossido di carbonio: Non più di 10 μL/L
Metano e altri idrocarburi: Non più di 100 μL/L (calcolati
come metano)
Biossido di azoto e ossido di azoto: Non più di 10 μL/L
Nel caso in cui, infatti, il tenore sia quello prescritto, ma le impurità presenti nel nostro azoto superino i limiti ora menzionati,
possiamo andare incontro, per esempio nel confezionamento del
vino, a un'ipotesi di contaminazione (nel caso di una presenza
oltre il limite di idrocarburi, ad esempio) o addirittura a una frode alimentare (nel caso per esempio dell'acqua, la cui aggiunta,
in qualunque fase della produzione enologica, è sempre vietata:
Reg. (CE) 479/2008 all. VI). Il pericolo è che nella produzione in
azienda si trascuri il problema della purezza, confidando erroneamente che il regolare tenore del gas sia sufficiente ad assicurare
24
PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
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il rispetto delle norme.
La questione della disponibilità degli standard inerisce, viceversa, anche se non esclusivamente (ben potendo riguardare anche
il rapporto tra venditore/installatore di generatori in situ), le relazioni commerciali tra i produttori professionali di gas alimentari e
i loro clienti. I parametri fissati nel Reg. 231/2012, infatti, indicano rispettivamente il tenore minimo di purezza e la misura massima di impurità. Questo significa concretamente che nell'ambito
delle relazioni commerciali, regolate e determinate dalle esigenze
delle aziende utilizzatrici e dalle capacità produttive delle aziende
fornitrici, possono essere legittimamente stabiliti mediante clausole contrattuali, rispettivamente, tenori superiori a quelli stabiliti dalla normativa europea e parametri di impurità inferiori.
Ed è ciò che accade normalmente se pensiamo ad esempio che
i requisiti analitici dell'azoto alimentare comunemente commercializzati sono ben più restrittivi di quelli indicati dalla norma
regolamentare cogente.
Ovviamente, allorché si stabiliscano un tenore più alto e limiti di
impurità inferiori a quelli fissati dalle norme vigenti, l'eventuale
violazione degli obblighi acquista una possibilità di qualificazione
determinante e di non poco peso. Se infatti la fornitura non rispetterà i parametri legali, evidentemente, violerà anche le specifiche
stabilite contrattualmente, determinando una responsabilità per
il fornitore, che avrà natura pubblicistica per quanto attiene la
contaminazione o comunque l'inidoneità dell'alimento preparato
con quel gas. Ad essa si aggiungerà la responsabilità privatistica,
nascente dalla violazione delle clausole contrattuali, determinando l'esigibilità di eventuali penali e la possibilità di richiedere il risarcimento del danno subito dall'azienda utilizzatrice, determinato secondo i parametri del danno emergente e del lucro cessante.
Giova ricordare che trattandosi di obbligazioni contrattuali specificamente assunte dal fornitore, il loro mancato adempimento
non viene considerato secondo canoni di responsabilità soggettiva
(dolo o colpa), bensì oggettiva. Questo significa che la promessa
di parametri migliori e più restrittivi rispetto a quelli imposti dalCCCCCCCCCIIIIIIIIIIIIIIII
 Nelle relazioni
commerciali,
i capitolati
di fornitura
generalmente
prevedono parametri
più severi di quelli
di legge
25
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Immagine: Specifica
di prodotto dove i parametri legali dell'azoto (a) sono messi a
confronto con i parametri commerciali (b)
(courtesy Rivoira)
a
26
PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
b
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le norme vigenti comporta un'obbligazione di risultato. In caso
di inadempienza si dovrà rispondere a meno di poter dimostrare
l'impossibilità oggettiva, la causa di forza maggiore o l'eccessiva
onerosità sopravvenuta senza colpa dell'azienda fornitrice.
3.6 Come ottenere e utilizzare gas (più) puri e perché
Come abbiamo visto la disponibilità commerciale di gas prodotti
a livello industriale oppure in situ non potrebbe sussistere senza
tenere in adeguata considerazione ben determinate specificazioni.
Tenore e purezza dei gas alimentari, infatti, consentono una molteplicità di sfumature all'interno del quadro normativo delineato
dal legislatore europeo con il Reg. 231 del 2012, necessariamente
vincolante, ma non dotato di parametri eccessivamente stringenti.
Ottenere gas caratterizzati da condizioni di purezza via via migliori e soprattutto da tenori e residue impurità con minima presenza
di quelle a maggiore rischio per la salute e per la qualità organolettica alimentare è un risultato possibile: adottando pratiche
di controllo della qualità per la produzione in situ che innalzino
gli standard in misura costante e verificabile, nonché pretendendo dai fornitori di gas prodotti industrialmente certificazioni del
processo e/o informazioni rispetto al ciclo produttivo, insieme a
standard più elevati, analiticamente verificati.
A questo proposito, lo standard di qualità del processo di produzione alimentare attualmente più avanzato è l'FSSC 22000:2010.
Gli standard 22000, prendendo le mosse dal modello HACCP, sin
dal 2005 hanno delineato un sistema di audit efficace nel verificare e misurare l'adozione delle più avanzate misure atte a garantire
la sicurezza degli alimenti prodotti industrialmente. Possono richiedere e ottenere la certificazione FSSC 22000:2010 le industrie
dei gas alimentari, sia che esse siano produttori primari, ricavando i gas dall'aria atmosferica per separazione, sia che esse siano
produttori secondari che, a partire da gas forniti loro, ricavino gli
ulteriori gas utilizzati nella produzione alimentare.
Per quanto attiene alla gamma di prodotti, le industrie dedite alla
produzione di gas e miscele di gas offrono normalmente diverse
CCCCCCCCCIIIIIIIIIIIIIIII
 Per migliorare
la qualità dei
gas l'operatore
alimentare può
richiedere ai
suoi fornitori
certificazioni e
standard elevati
come FSSC
22000:2010
27
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Tabella: Colorazione
distintiva delle bombole dei gas industriali
Applicazione in Italia
della norma europea EN
1089-3 - Identificazione
delle bombole - Codici di
colore
28
tipologie di ogni elemento, rimanendo sempre nell'ambito dei limiti di legge determinati per i diversi utilizzi. Scegliere azoto "extra
puro" rispetto alla scelta di azoto "puro", sebbene il tenore dei due
possa apparire non dissimile, può vedere una presenza di acqua,
che vale come impurità, che nel secondo caso può essere anche
quaranta volte superiore al primo, rimanendo nei limiti dell'offerta commerciale nonché di legge e pertanto senza che, nel caso in
cui all'impurezza dovessero essere ricollegabili effetti non voluti
sull'alimento cui il gas fosse addizionato, possa essere addebitato
alcunché al produttore/fornitore di gas. Ovviamente osservazioni
analoghe possono essere formulate con riferimento ai limiti di impurità costituite da idrocarburi, che sia sotto il profilo sanitario
che sotto il profilo organolettico pongono problemi anche ulteriori.
Strumento chiave per valutare la purezza e poter immediatamente
PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
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scegliere di conseguenza, accanto alle schede tecniche, sono le
etichette. In particolare, per individuare il gas più adatto all'alimento che dobbiamo confezionare è procedura essenziale riferirsi
sempre alle indicazioni che si trovano sulle etichette apposte sulle
bombole:
• L'etichetta “Gas Additivi Alimentari” è redatta in conformità al
Regolamento CE n.1333/2008, del 16 dicembre 2008, relativo
ai gas additivi alimentari e ci fornisce tutte le informazioni che
dobbiamo conoscere sul gas che stiamo per usare.
 Le informazioni
in etichetta sono
strumenti preziosi
per valutare
l'opportunità di
uso di un gas in
un'applicazione
1
4
2
3
6
5
8
7
10
9
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
Produttore
Stabilimento di Produzione
Denominazione Commerciale
Indicazione “Per Alimenti”
Lotto
Scadenza
Capacità geometrica
Quantità contenuta
Composizione (in ordine decrescente)
Indicazioni di corretta conservazione
• L'etichetta “ADR” (European Agreement concerning the International Carriage of Dangerous Goods by Road, accordo europeo relativo al trasporto delle merci pericolose su
strada, firmato a Ginevra il 30 settembre 1957 e ratificato
in Italia con legge 12 agosto 1962 n. 1839, aggiornato dal
2001 in poi con protocolli annuali), invece, ci dà tutte le indicazioni relative al trattamento del gas: norme previste per
il trasporto, la classificazione, l'imballaggio e l'etichettatura.
CCCCCCCCCIIIIIIIIIIIIIIII
29
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2
3
5
4
1
6
7
1. Denominazione del gas
2. Composizione del gas o della miscela
3. Nome, indirizzo e numero di telefono del fabbricante o del distributore
4. Simboli di pericolo
5. Frasi di rischio
6. Consigli di prudenza
7. Numero CE, numero ONU e denominazione del gas
30
PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
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4
L'importanza dei sensi
Nel confezionamento in atmosfera protettiva, i gas alimentari
aiutano a mantenere le qualità sensoriali degli alimenti
T
ra le molteplici applicazioni dei gas nell'industria alimentare, un ruolo rilevante è giocato dal loro uso nel confezionamento degli alimenti in atmosfera protettiva (Baroni,
Baroni e Torri, 2013). Questa tecnologia di confezionamento prevede la rimozione dell'aria a contatto con gli alimenti e la sua
sostituzione con una miscela di gas d'imballaggio prestabilita e
idonea a prolungare la shelf life dei prodotti alimentari, cioè a
estendere il periodo di tempo che corrisponde, in determinate
condizioni di packaging, trasporto, conservazione e clima, a una
tollerabile diminuzione della qualità di un prodotto alimentare
confezionato (Piergiovanni e Limbo, 2009). La shelf life della maggior parte degli alimenti è principalmente determinata dai cambiamenti della qualità sensoriale del prodotto che avvengono
durante la conservazione (Hough e Garitta, 2012) e che sono
responsabili dell'accettabilità o del rifiuto da parte del consumatore. Infatti, il prodotto con la migliore qualità microbiologica,
chimico-fisica e nutrizionale potrebbe essere ritenuto inaccettabile dal consumatore se non è in grado di soddisfarne le attese in
termini di proprietà sensoriali. Le variazioni sensoriali indesiderate che interessano gli alimenti durante lo stoccaggio sono generalmente associate a cambiamenti fisici e chimici dell'alimento o
di suoi componenti (Lee, Yam e Piergiovanni, 2008). Ad esempio,
durante la conservazione di carne rossa, succhi di frutta e prodotti disidratati si possono osservare variazioni di colore dovute a
CCCCCCCCCLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLL
 Il confezionamento
in atmosfera
protettiva prolunga
la shelf life dei
prodotti freschi
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fenomeni di imbrunimento. Altre modificazioni di aspetto possono
invece riguardare le confetture e gli yogurt (fenomeno di sineresi)
o le emulsioni (separazione di fasi). La perdita di aroma è un problema ricorrente in prodotti quali caffè, tè, spezie e prodotti da
forno. La comparsa di odori e flavour sgradevoli, dovuti a crescita
microbiologica, reazioni ossidative o migrazione di composti che
vengono ceduti dal materiale di imballaggio all'alimento, può
riguardare prodotti sia di origine animale che vegetale.
Cambiamenti di consistenza possono interessare frutta e verdura
(rammollimento, perdita di umidità), pane (raffermimento) e
snack dolci o salati (perdita di croccantezza). Per gli alimenti in
cui il decadimento sensoriale anticipa quello microbiologico, chimico-fisico e nutrizionale è importante estendere la cosiddetta
“shelf life sensoriale”, definita come il tempo di conservazione
durante il quale le caratteristiche sensoriali del prodotto rimangono quelle prefissate dal produttore (ASTM, 2005); spesso, nella
pratica, coincide con il tempo in cui è possibile percepire una
differenza sensoriale tra il prodotto conservato e il prodotto fresco
(Porretta, 2008).
4.1 L'atmosfera protettiva
L'atmosfera protettiva rappresenta una delle soluzioni di confezionamento più valide nel preservare a lungo le caratteristiche
degli alimenti percepibili attraverso i sensi (aspetto, odore, gusto,
flavour e consistenza). L'efficacia del confezionamento in atmosfera protettiva nell'estendere la shelf life sensoriale dipende da
molti fattori. Oltre alle caratteristiche intrinseche del prodotto
alimentare confezionato (struttura solida, liquida o polverosa, natura animale o vegetale, composizione chimica, carica microbica
iniziale, deperibilità in aria, solubilità dei gas, caratteristiche sensoriali), oltre alle condizioni ambientali di stoccaggio (temperatura, umidità relativa, illuminazione), oltre alle proprietà dei materiali di confezionamento (permeabilità ai gas, ermeticità della
confezione, spazio di testa della confezione), rivestono un ruolo
importante proprio i gas di imballaggio (Piergiovanni e Limbo,
32
PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
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2009). La miscela gassosa immessa all'atto del confezionamento
deve rispondere in modo selettivo alle esigenze di conservazione
di ogni specifico prodotto alimentare. Quindi, al fine di progettare
correttamente un sistema di confezionamento in atmosfera protettiva in grado di preservare le proprietà sensoriali dell'alimento
è indispensabile conoscere sia come i gas interagiscono con l'alimento e con i materiali di confezionamento sia gli effetti causati
sul prodotto alimentare e sulla microflora presente in esso. Gli
effetti dei gas sulla conservabilità degli alimenti possono essere
diretti o collaterali. Al primo tipo appartengono gli effetti dovuti
alla riduzione o eliminazione dell'ossigeno, che è presente nell'aria
in proporzione pressoché costante (circa 21%) in ogni clima e condizione ed è associabile a moltissime reazioni di decadimento della
qualità sensoriale degli alimenti conservati. Gli effetti collaterali
sono invece dovuti alla riduzione o eliminazione del vapor d'acqua
(effetto essiccante), dei possibili contaminanti di natura biologica
(effetto igienizzante o disinfestante) e dei potenziali contaminanti chimici dispersi nell'aria (effetto disinquinante). I gas ammessi
al contatto con gli alimenti (anidride carbonica, anidride solforosa, argon, elio, azoto, n-butano, isobutano, protossido di azoto,
propano, ossigeno, idrogeno) hanno effetti differenti sulle caratteristiche sensoriali degli alimenti e pertanto vengono impiegati
con scopi diversi (Lee, Yam e Piergiovanni, 2008). L'ossigeno, ad
esempio, è utilizzato per ridurre al minimo la respirazione aerobica dei prodotti vegetali freschi, riducendo conseguentemente le
modificazioni di aspetto, di flavour e di consistenza. Inoltre, viene
utilizzato per mantenere il colore rosso delle carni, per inibire l'imbrunimento enzimatico, per rallentare lo sviluppo microbico e per
evitare l'instaurarsi di condizioni anaerobiche favorevoli ad alcuni
microorganismi. L'anidride carbonica ritarda il decadimento sensoriale dovuto alla crescita di batteri e muffe, rallenta i fenomeni
di senescenza dei vegetali e riduce le modificazioni di texture dei
prodotti da forno indotte dal raffermimento. Ad alte concentrazioni, l'anidride carbonica può causare la perdita di colore e la
comparsa o l'aumento del gusto acido in alcuni alimenti. L'azoto è
CCCCCCCCCLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLL
 Le miscele di
gas progettate
ad hoc aiutano il
mantenimento delle
qualità sensoriali
degli alimenti
 Ogni gas, per
le sue particolari
caratteristiche,
è adatto alla
conservazione di
specifici prodotti
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un gas inerte, poco solubile in acqua e in sostanze grasse, adatto
a sostituire l'ossigeno in modo da prevenire le reazioni di ossidazione e la crescita di microorganismi aerobi; svolge anche una
funzione riempitiva utile a prevenire il collasso della confezione
sull'alimento. Le stesse funzioni sono svolte dall'argon (altro gas
inerte), che ha il vantaggio di avere una maggiore densità e una
più elevata solubilità in acqua e nei grassi rispetto all'azoto, per
cui è in grado di rimuovere più facilmente l'ossigeno.
Nonostante siano riportati in letteratura numerosi lavori scientifici dedicati allo studio degli effetti dell'atmosfera protettiva su
alimenti diversi (Oluwafemi et al., 2013; Jayas e Jeyamkondan,
2002), solamente un numero limitato di essi ha previsto un monitoraggio degli indici chimici, fisici e nutrizionali durante la conservazione, con in parallelo una valutazione della variazione delle
caratteristiche sensoriali. Tra questi, solo una parte ha avuto lo
scopo di confrontare l'efficacia di miscele diverse di gas nel prolungare la shelf life sensoriale degli alimenti testati.
A titolo esemplificativo, di seguito vengono sintetizzati alcuni tra i
recenti risultati riportati in letteratura che descrivono l'effetto dei
gas nel preservare le proprietà sensoriali degli alimenti confezionati. Tra le diverse categorie merceologiche, i formaggi, le carni e
derivati, i pesci, i prodotti ortofrutticoli e i prodotti da forno sono
gli alimenti che maggiormente traggono vantaggi dalla messa a
punto della più idonea atmosfera protettiva.
4.1.1 I formaggi
La maggior parte degli studi sui formaggi ha evidenziato l'efficacia dell'atmosfera protettiva nel prolungare la shelf life sensoriale,
principalmente in termini di gusto e odore. In particolare, i gas in
grado di rallentare il decadimento qualitativo dei prodotti caseari
sono risultati l'anidride carbonica e l'azoto, miscelati in proporzione variabile a seconda della tipologia di formaggio considerato.
Una miscela a basso contenuto di anidride carbonica (20% CO2 +
80% N2) è stata indicata come la migliore per il Crottin de Chavignol, il più famoso formaggio a base di latte di capra prodotto
34
PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
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nella valle della Loira (Esmer et al., 2009). Al contrario, la stessa
miscela non è risultata adeguata nel caso del Kashar, un formaggio fresco turco a base di latte di vacca, per il quale le miscele al
100% e al 40% di CO2 (60% N2) hanno consentito di estendere
notevolmente la shelf life (Temiz et al., 2010). Per quanto riguarda
i prodotti caseari ottenuti dal siero di latte, le miscele gassose più
efficaci nel mantenere accettabili le caratteristiche sensoriali del
formaggio turco denominato Lor sono state quelle con il 40 e 70%
di CO2 e restante parte di azoto (Temiz et al., 2009). Per il prodotto
greco Myzithra Kalathaki, le miscele di azoto contenenti CO2 al
40% e al 60% sono state più efficaci di quella con solo il 20% di
CO2 e hanno consentito di mantenere soddisfacenti gusto e odore
per 30 giorni. Hanno permesso, quindi, di estendere la shelf life
sensoriale di molti giorni in più rispetto al campione di riferimento confezionato in aria, il quale risultava inaccettabile già dopo
10-12 giorni di stoccaggio (Dermiki et al., 2008). Concentrazioni
di CO2 superiori al 75%, fino addirittura al 100%, sono state invece necessarie per garantire gusto e texture gradevoli al formaggio
Cottage (Maniar et al., 1994). La miscela composta esclusivamente da CO2 è risultata la più efficace anche nel mantenere le caratteristiche sensoriali della mozzarella a fette (Alves et al., 1996).
Per un formaggio fresco pecorino la miscela 80% N2 + 20% CO2 è
risultata migliore sia per la qualità sensoriale, sia per la texture
rispetto a quella 90% N2 + 10% CO2 (Del Caro et al., 2009).
4.1.2 La carne i suoi derivati
Al fine di indagare gli effetti di differenti concentrazioni di CO2 e
della presenza di bassi livelli di monossido di carbonio (CO) sugli
attributi sensoriali di salsicce di maiale, sono state confrontate
cinque diverse miscele contenenti O2, CO2 e N2 nelle seguenti proporzioni: 0/20/80; 0/60/40; 40/20/40; 40/60/0; 80/20/0 e una
miscela CO, CO2 e Ar in proporzione 0.3/30/69.7 (Martinez et al.,
2005). I risultati ottenuti hanno dimostrato che le atmosfere a
bassa concentrazione di CO2 (20%) hanno permesso di mantenere
al meglio il colore e l'odore delle salsicce rispetto a quelle ad alta
CCCCCCCCCLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLL
 L'atmosfera
protettiva conserva
gusto e odore dei
formaggi
35
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 L'uso del
monossido di
carbonio non è
autorizzato dalla
legislazione UE
 L'argon ha dato
buoni risultati nella
conservazione della
carne
36
concentrazione (60%). Inoltre, si è visto che la shelf life dipende
anche dalla concentrazione di ossigeno: il 20% di CO2 associata
all'80% di O2 ha migliorato il colore rosso ma ha ridotto la shelf
life, mentre il 20% di CO2 in assenza di ossigeno ha esteso la
freschezza fino a 16 giorni. L'atmosfera contenente lo 0.3% di monossido di carbonio e il 30% di CO2 ha mantenuto il colore rosso
per 20 giorni, ma l'odore è rimasto gradevole per soli 16 giorni.
Risultati simili sono stati ottenuti su campioni di lombo di maiale
conservati in una miscela composta dal 99% di CO2 e dall'1% di
CO: durante la conservazione il colore è rimasto simile al prodotto
fresco e il livello di accettabilità da parte dei consumatori è stato il
più alto sia dopo 24 ore di stoccaggio sia dopo 20 giorni, rispetto
a quello ottenuto per campioni stoccati sottovuoto, o con il 100%
di CO2 o con il 100% di O2 (Viana et al., 2005).
L'azione del CO presente in miscela (30% CO2 + 69.8% Ar + 0.2%
CO) è stata valutata anche su fette di carne di struzzo in un confronto con una miscela all'80% di CO2 e 20% di N2 (Fernandez et
al., 2008). La presenza di CO ha esteso la shelf life sensoriale delle
fette di struzzo stabilizzando il colore rosso, mantenendo la freschezza dell'odore e rallentando la comparsa di odori sgradevoli.
Tuttavia, si ricorda che, nonostante l'uso del CO sia ammesso a
scopo di ricerca e autorizzato per i prodotti destinati al consumo
in alcuni paesi, al momento non rientra nella lista dei gas alimentari autorizzati dall'UE.
Per la carne e i suoi derivati, negli ultimi anni è stata indagata
l'efficacia protettiva dell'argon usato come gas inerte in sostituzione dell'azoto. In un lavoro sui filetti di pollo, sono state testate sei
diverse miscele gassose di cui tre contenenti azoto (15% N2 + 60%
O2 + 25% CO2; 25% N2 + 45% O2 + 30% CO2; 82% N2 + 18% CO2)
e tre con argon (15% Ar + 60% O2 + 25% CO2; 25% Ar + 45% O2 +
30% CO2; 82% Ar + 18% CO2). La valutazione sensoriale condotta
da un panel addestrato ha rivelato un effetto significativo della
presenza di argon sul colore della carne per la miscela al 15%,
mentre concentrazioni di argon del 25% e 82% non hanno fornito
vantaggi in termini di proprietà sensoriali rispetto all'uso dell'aPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
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zoto (Herbert et al., 2013). Per il prosciutto crudo iberico, è stato
studiato l'effetto del confezionamento in miscele al 30% di CO2 con
il 70% di azoto o di argon. Dal confronto è emerso che la presenza di argon ha favorito una più intensa percezione della dolcezza
e dell'amaro rispetto all'utilizzo dell'azoto già dopo un giorno di
conservazione, mentre non ha dato origine a variazioni di texture
(Parra et al., 2012). Migliori proprietà sensoriali si sono osservate
anche in prodotti carnei cotti affettati e stoccati in miscele all'83%
di argon e 17% di anidride carbonica, rispetto a quelli stoccati in
una miscela con 78% di azoto e 22% di anidride carbonica (PérezRodríguez et al., 2013).
4.1.3 Il pesce
Dal confronto tra una miscela composta solamente da anidride
carbonica (70%) e azoto (30%) e una contenente anche ossigeno
(50% CO2 + 30% N2 + 20% O2), utilizzate per la conservazione di
filetti di sgombro fresco, è emerso che la prima miscela ha contribuito maggiormente al rallentamento del decadimento sensoriale del prodotto (Goulas & Kontominas, 2007). Infatti, sulla base
dei punteggi di odore forniti da un gruppo di assaggiatori esperti,
mentre i filetti conservati con la miscela contenente ossigeno erano accettabili fino a circa 15-16 giorni di conservazione, quelli
stoccati con la miscela senza ossigeno hanno raggiunto una shelf
life olfattiva di 20-21 giorni. Non sono state osservate, invece, differenze in termini di consistenza e colore della carne, con risultati
considerati accettabili fino a 13-14 giorni per tutte le condizioni
di stoccaggio testate. La necessità di considerare gli attributi sensoriali dei prodotti della pesca è stata evidenziata da un lavoro
effettuato su sardine (Erkan et al., 2006). I risultati ottenuti hanno dimostrato come la valutazione sensoriale abbia permesso di
individuare delle differenze significative tra i campioni a confronto, sebbene i dati chimici e microbiologici non abbiano riscontrato
differenze di shelf life tra il prodotto conservato in aria e quello
stoccato in due differenti atmosfere protettive, e di stimare una
shelf life sensoriale pari a 8 giorni per la miscela costituita dal
CCCCCCCCCLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLL
 Nel pesce è molto
importante un odore
gradevole, che può
essere mantenuto
con l'uso di CO2
37
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5% di O2, 70% di CO2 e 25% di N2, due giorni più lunga rispetto a
quella ottenuta con la miscela composta dal 5% di O2, 35% di CO2
e 60% di N2. Alti livelli di CO2 sono raccomandati anche per i gamberetti. Infatti, un lavoro che ha confrontato l'efficacia protettiva
di miscele gassose con il 40-80% di CO2, il 5% di O2 e il 15-55% di
N2 ha evidenziato che il prodotto nella miscela 80% CO2 + 15% N2
+ 5% O2 ha ottenuto i punteggi di gradimento più elevati da parte
dei consumatori (Qian et al., 2013).
 Il mantenimento
delle proprietà
sensoriali è
influenzato anche
dalla temperatura di
conservazione
38
4.1.4 I prodotti ortofrutticoli
Nel caso di insalata tipo lattuga, l'effetto di una miscela al 5% di
O2 e 2.5% di CO2 (con la restante parte costituita da azoto) sulle
proprietà sensoriali percepite dai consumatori è stato influenzato dalla temperatura di conservazione (Ares et al., 2008). A 10°C
le caratteristiche sensoriali della lattuga non erano significativamente diverse da quelle del prodotto di riferimento conservato in
aria, mentre a 5°C l'insalata confezionata in atmosfera protettiva
è risultata meno deteriorata, presentando una maggiore shelf life
sensoriale.
Su funghi di specie diversa sono state testate miscele sia a bassa
sia ad alta concentrazione di ossigeno. Nel caso dei funghi Shiitake (Lentinus edodes), concentrazioni del 15% e 25% si sono
rivelate sufficienti a mantenere un aroma gradevole per soli sei
giorni di stoccaggio (Antmanna et al., 2008), mentre, a partire dal
dodicesimo giorno di conservazione, la concentrazione di ossigeno
all'interno della confezione era scesa al di sotto del 5%, favorendo
la comparsa di off-flavour percepiti dal panel di assaggiatori addestrati e probabilmente attribuibili al metabolismo fermentativo
che si instaura in condizioni anaerobiche anche negli Champignon (Agaricus bisporus). Quindi, per questo tipo di fungo le miscele gassose scelte dovrebbero garantire sempre una concentrazione minima di ossigeno nella confezione del 5%. In generale, è
stato riportato che le atmosfere ad alta concentrazione di ossigeno
sono da preferire nel confezionamento di funghi affettati, rispetto
a quelle a bassa concentrazione, per ridurre le reazioni enzimatiPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
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che di imbrunimento a cui sono soggetti (Jacxsens et al., 2001).
L'impiego di due miscele gassose (20% O2 + 20% CO2 + 60% N2;
60% O2 + 30% CO2 + 10% N2) per la conservazione di arance amare ha sottolineato come gli indici chimici monitorati nel tempo non
siano stati sufficienti a evidenziare differenze significative ascrivibili alla diversa concentrazione dei gas, mentre le prove sensoriali
hanno messo in luce la diversa efficacia delle due atmosfere e
dimostrato come la shelf life più lunga si ottiene con la miscela
contenente il 30% di anidride carbonica (Khazaei et al., 2011).
Al fine di individuare la migliore atmosfera utile a ridurre il decadimento qualitativo di ananas a fette è stato confrontato l'effetto di
quattro miscele gassose (21% O2 + 21% CO2; 50% O2 + 30% CO2;
50% O2 + 50% CO2; 70% O2 + 30% CO2; complemento a 100 con
azoto per tutte le miscele). Dai risultati ottenuti, si è concluso che la
miscela con il 50% di O2 e il 50% di CO2 ha offerto la maggior estensione di shelf life microbiologica e sensoriale (Zhang et al., 2013).
4.1.5 I prodotti da forno
Il confezionamento in atmosfera protettiva garantisce una significativa estensione della shelf life sensoriale dei prodotti da forno
sia dolci che salati. In generale, le proporzioni di gas raccomandate per i prodotti da forno variano dal 20% al 50% di anidride carbonica (in grado di inibire la crescita di muffe) associata all'80% e
50% di azoto (Kotsianis et al., 2002).
Allo scopo di determinare l'effetto dei gas sulla qualità sensoriale
di pizza surgelata pronta da cuocere, sono state testate quattro
diverse atmosfere: aria, 100% CO2, 100% N2 oppure 50% CO2 +
50% N2 (Singh et al., 2012). I campioni più graditi sono stati quelli
conservati in sola CO2, seguiti da quelli in miscela al 50% di CO2
e infine da quelli in azoto. Il limite di accettabilità da parte dei
consumatori è stato raggiunto al quinto giorno di conservazione
a 7°C per i campioni in aria ma solo al quindicesimo giorno per
i campioni in azoto e non è stato raggiunto per le pizze stoccate
con il 100 e 50% di anidride carbonica, le quali hanno mantenuto
odore e gusto gradevoli durante tutto il tempo della prova. Quindi,
CCCCCCCCCLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLL
 Anche i prodotti
da forno traggono
significativo
giovamento dal
confezionamento in
atmosfera protettiva
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dai dati di accettabilità è emerso che la shelf life sensoriale delle
pizze è risultata estesa del 300% per i campioni a contatto con il
50 e 100% di CO2 rispetto a quelli conservati in aria.
40
PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
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I
Appendice
Schede tecniche dei gas
con caratteristiche di purezza richieste dalla legge
E 220 - ANIDRIDE SOLFOROSA
Sinonimi
---Definizione
EINECS:
Denominazione chimica:
Formula chimica:
Peso molecolare:
Tenore:
231-195-2
Biossido di zolfo; anidride dell'acido solforoso
SO2
64,07
Non meno del 99%
Descrizione
Gas incolore, non infiammabile, con forte odore pungente e soffocante
Identificazione
Test delle sostanze solforose:
Positivo
Purezza
Acqua:
Non più dello 0,05% (metodo di Karl
Fischer)
Residuo non volatile:
Non più dello 0,01%
Anidride solforica:
Non più dello 0,1%
Selenio:
Non più di 10 mg/kg
Altri gas normalmente non presenti nell'aria:
Non rilevabili
Arsenico:
Non più di 3 mg/kg
Piombo:
Non più di 5 mg/kg
Mercurio:
Non più di 1 mg/kg
App. I - SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSS
41
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E 290 - ANIDRIDE CARBONICA
Sinonimi
Gas acido carbonico; ghiaccio secco (forma solida); biossido di carbonio
Definizione
EINECS:
Denominazione chimica:
Formula chimica:
Peso molecolare:
Tenore:
204-696-9
Biossido di carbonio
CO2
44,01
Non meno del 99% v/v sulla forma gassosa
Descrizione
Gas incolore nelle normali condizioni ambientali con leggero odore
pungente. L'anidride carbonica commerciale è trasportata e trattata
allo stato liquido in bombole pressurizzate o in sistemi di immagazzinamento in cisterne, oppure in blocchi solidi compressi di ghiaccio
secco. Queste forme solide contengono di solito additivi, ad esempio
glicole propilenico o olio minerale, come leganti.
Identificazione
Formazione di precipitato:Il passaggio di un flusso del campione attraverso una soluzione di idrossido di bario
provoca la formazione di un precipitato
bianco che si scioglie con effervescenza in
acido acetico diluito.
Purezza
Acidità:
915 mL di gas gorgogliati attraverso 50 mL
di acqua appena bollita non devono rendere
quest'ultima più acida, al metilarancio, di 50
mL di acqua appena bollita a cui sia stato
aggiunto 1 mL di acido cloridrico (0,01 N).
Sostanze riducenti, fosfuro e solfuro di idrogeno: 915 mL di gas
gorgogliati attraverso 25 mL di reagente
al nitrato d'argento ammoniacale addizionati di 3 mL di ammoniaca non devono
provocare intorbidimento né annerimento
di questa soluzione
Monossido di carbonio: Non più di 10 μL/L
Olio:
Non più di 5 mg/kg
42
PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
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E 938 - ARGON
Sinonimi
---Definizione
EINECS:
Denominazione chimica:
Formula chimica:
Peso atomico:
Tenore:
231-147-0
Argon
Ar
40
Non meno del 99%
Descrizione
Gas incolore, inodore, non infiammabile
Identificazione
---Purezza
Acqua:
Non più dello 0,05%
Metano e altri idrocarburi:Non più di 100 μL/L (calcolati come metano)
E 939 - ELIO
Sinonimi
---Definizione
EINECS:
Denominazione chimica:
Formula chimica:
Peso atomico:
Tenore:
231-168-5
Elio
He
4
Non meno del 99%
Descrizione
Gas incolore, inodore, non infiammabile
Identificazione
---Purezza
Acqua:
Non più dello 0,05%
Metano e altri idrocarburi:Non più di 100 μL/L (calcolati come metano)
App. I - SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSS
43
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E 941 - AZOTO
Sinonimi
---Definizione
EINECS:
Denominazione chimica:
Formula chimica:
Peso molecolare:
Tenore:
231-783-9
Azoto
N2
28
Non meno del 99%
Descrizione
Gas incolore, inodore, non infiammabile
Identificazione
---Purezza
Acqua:
Non più dello 0,05%
Ossido di carbonio:
Non più di 10 μL/L
Metano e altri idrocarburi:Non più di 100 μL/L (calcolati come metano)
Biossido di azoto e ossido di azoto: Non più di 10 μL/L
Ossigeno:
Non più dell'1%
E 942 - PROTOSSIDO DI AZOTO
Sinonimi
---Definizione
EINECS:
Denominazione chimica:
Formula chimica:
Peso molecolare:
Tenore:
233-032-0
Ossido di azoto
N2O
44
Non meno del 99%
Descrizione
Gas incolore, non infiammabile, di odore dolciastro
Identificazione
----
44
PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
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Purezza
Acqua:
Non più dello 0,05%
Ossido di carbonio:
Non più di 30 μL/L
Biossido di azoto e ossido di azoto: Non più di 10 μL/L
E 943a - BUTANO
Sinonimi
n-Butano
Definizione
EINECS:
Denominazione chimica:
Formula chimica:
Peso molecolare:
Tenore:
-----Butano
CH3CH2CH2CH3
58,12
Non meno del 96%
Descrizione
Gas o liquido incolore con debole odore caratteristico
Identificazione
Pressione di vapore:
Purezza
Metano:
Etano:
Propano:
Isobutano:
1,3-butadiene:
Umidità:
108,935 kPa a 20°C
Non più dello 0,15% v/v
Non più dello 0,5% v/v
Non più dell'1,5% v/v
Non più del 3,0% v/v
Non più dello 0,1% v/v
Non più dello 0,005%
E 943b - ISOBUTANO
Sinonimi
2-metil propano
Definizione
EINECS:
Denominazione chimica:
Formula chimica:
Peso molecolare:
----2-metil propano
(CH3)2CH CH3
58,12
App. I - SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSS
45
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Tenore:
Non meno del 94%
Descrizione
Gas o liquido incolore con caratteristico odore delicato
Identificazione
Pressione di vapore:
205,465 kPa a 20°C
Purezza
Metano:
Etano:
Propano:
n-Butano:
1,3-butadiene:
Umidità:
Non più dello 0,15% v/v
Non più dello 0,5% v/v
Non più del 2,0% v/v
Non più del 4,0% v/v
Non più dello 0,1% v/v
Non più dello 0,005%
E 944 - PROPANO
Sinonimi
---Definizione
EINECS:
Denominazione chimica:
Formula chimica:
Peso molecolare:
Tenore:
---Propano
CH3CH2CH3
44,09
Non meno del 95%
Descrizione
Gas o liquido incolore con debole odore caratteristico
46
Identificazione
Pressione di vapore:
732,910 kPa a 20°C
Purezza
Metano:
Etano:
Isobutano:
n-Butano:
1,3-butadiene:
Umidità:
Non più dello 0,15% v/v
Non più dell'1,5% v/v
Non più del 2,0% v/v
Non più dell'1,0% v/v
Non più dello 0,1% v/v
Non più dello 0,005%
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E 948 - OSSIGENO
Sinonimi
---Definizione
EINECS:
Denominazione chimica:
Formula chimica:
Peso molecolare:
Tenore:
231-956-9
Ossigeno
O2
32
Non meno del 99%
Descrizione
Gas incolore, inodore, non infiammabile
Identificazione
---Purezza
Acqua:
Non più dello 0,05%
Metano e altri idrocarburi:Non più di 100 μL/L (calcolati come metano)
E 949 - IDROGENO
Sinonimi
---Definizione
EINECS:
Denominazione chimica:
Formula chimica:
Peso molecolare:
Tenore:
215-605-7
Idrogeno
H2
2
Non meno del 99,9%
Descrizione
Gas incolore, inodore, altamente infiammabile
Identificazione
---Purezza
Acqua:
Ossigeno:
Azoto:
Non più dello 0,005% v/v
Non più dello 0,001% v/v
Non più dello 0,07% v/v
App. I - SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSS
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II
Appendice
Fonti giuridiche
richiamate
Unione Europea
• Direttiva (CEE) 80/778 del Consiglio, 15 luglio 1980 G.U.C.E.
30 agosto 1980, n. L 229 sulla qualità delle acque destinate al
consumo umano
• Direttiva 89/107/CEE del 21 dicembre 1988 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti gli additivi autorizzati nei prodotti alimentari destinati al consumo
umano
• Direttiva 95/2/CE del 20 febbraio 1995 relativa agli additivi
alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti
• Direttiva 96/77/CE del 2 dicembre 1996 che stabilisce i requisiti di purezza specifici per gli additivi alimentari diversi dai
coloranti e dagli edulcoranti
• Direttiva 98/83/CE del Consiglio del 3 novembre 1998 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano
• Direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
del 20 marzo 2000 relativa al ravvicinamento delle legislazioni
degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità
• Direttiva 2000/63/CE del 5 ottobre 2000 recante modifica
della direttiva 96/77/CE che stabilisce i requisiti di purezza
specifici per gli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli
edulcoranti
• Direttiva 2001/5/CE del 12 febbraio 2001 che modifica la direttiva 95/2/CE relativa agli additivi alimentari diversi dai coApp. II - FFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFFF
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loranti e dagli edulcoranti
• Direttiva 2002/82/CE del 15 ottobre 2002 recante modifica
della direttiva 96/77/CE che stabilisce i requisiti di purezza
specifici per gli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli
edulcoranti
• Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 28 gennaio 2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare e fissa procedure nel
campo della sicurezza alimentare
• Regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 16 dicembre 2008 relativo agli additivi alimentari
• Regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio del 29 aprile 2008
relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, che
modifica i regolamenti (CE) n. 1493/1999, (CE) n. 1782/2003,
(CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 3/2008 e abroga i regolamenti
(CEE) n. 2392/86 e (CE) n. 1493/1999
• Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 29 aprile 2004 sull'igiene dei prodotti alimentari
• Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti
(CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della
Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/
CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE)
608/2004 della Commissione. Gazzetta ufficiale dell'Unione
europea, 22.11.2011, L 304/18-63
• Regolamento (UE) n. 231/2012 della Commissione del 9 marzo
2012 che stabilisce le specifiche degli additivi alimentari elencati negli allegati II e III del regolamento (CE) n. 1333/2008 del
Parlamento europeo e del Consiglio.
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Italia
• Decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, attuazione delle
direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari
• Decreto Ministeriale 27 febbraio 1996, n. 209, regolamento
concernente la disciplina degli additivi alimentari consentiti
nella preparazione e per la conservazione delle sostanze alimentari in attuazione delle direttive94/34/CE, 94/35/CE,
94/36/CE, 95/2/CE e 95/31/CE.
Siti utili
• Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives:
www.who.int/foodsafety/chem/jecfa/en/
• Portale della FAO utile a verificare in tempo reale i più avanzati
standard internazionali per i gas: www.fao.org/food/food-safety-quality/scientific-advice/jecfa/jecfa-additives/en/
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Glossario
Consumatore - Il consumatore di un alimento è colui che lo
acquista, appunto, per consumarlo e non per utilizzarlo in
una attività di impresa. Dunque, quando fa la spesa per la
propria cena, anche il ristoratore è consumatore. Non lo è
invece quando fa acquisti per la cucina del proprio locale;
in quest'ultimo caso deve sottostare a tutti gli obblighi
imposti dal Reg. CE 178/2002 e alle altre fonti normative che
disciplinano il trattamento degli alimenti.
HACCP - Hazard Analysis Critical Control Point. È un metodo
per effettuare l'analisi del rischio. Questo sistema si basa
sull'analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo allo scopo
di prevenire eventuali rischi per il consumatore, mettendo in
atto le opportune procedure di prevenzione.
Immissione sul mercato - Detenzione di alimenti o mangimi a
scopo di vendita o cessione gratuita.
Impresa alimentare - Ogni soggetto pubblico o privato con o
senza fini di lucro che svolge una attività connessa a una
delle tre fasi del ciclo alimentare (produzione, trasformazione
e distribuzione).
Operatore del settore alimentare - Persona fisica o giuridica
responsabile di garantire il rispetto della legislazione
alimentare nell'impresa posta sotto il suo controllo.
Pericolo - Agente biologico, chimico o fisico contenuto in
un alimento o mangime in grado di provocare un effetto
nocivo alla salute. Con il termine pericolo si indica anche la
condizione in cui un alimento o mangime si trova, quando
essa sia in grado di provocare un effetto nocivo sulla salute
del consumatore.
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Produzione primaria - Tutte le fasi della produzione,
allevamento, coltivazione, raccolto, mungitura, caccia, pesca
delle materie prime.
Rintracciabilità - La possibilità di ricostruire il percorso di
un alimento, di una sostanza utilizzata nella produzione,
trasformazione o manipolazione di alimenti, di un mangime,
di un animale destinato all'alimentazione, attraverso tutte le
fasi di produzione, trasformazione e distribuzione.
Rischio - Funzione della probabilità di un effetto nocivo per
la salute, conseguente alla presenza di un pericolo. Quindi,
quando un alimento presenta un pericolo, la probabilità che
esso determini l'effetto negativo per la salute rappresenta il
rischio ad esso connesso.
Risk assessment - (Analisi del Rischio). È una metodologia per
la determinazione del rischio associato a determinati pericoli
o sorgenti di rischio. L'analisi del rischio può essere applicata
ai più svariati campi, come ad esempio nel settore alimentare
(in associazione al metodo HACCP), nello sviluppo di sistemi
di gestione ambientale (analisi ambientale), per la valutazione
dei rischi per la salute e sicurezza nel lavoro.
Tracciabilità - È l’insieme di procedure predisposte, applicate
e documentate allo scopo di identificare un prodotto
dall’acquisto delle materie prime e per l’intero processo di
produzione e di spedizione.
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Bibliografia
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Più che gas: alimenti
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Maria Rosa Baroni
Autori
Michele A. Fino, Luisa Torri
Curatore
Gianluca Porto
Progetto grafico
Moreno Monga
Stampa
Universal Book srl, Rende (CS)
Finito di stampare a gennaio 2014
ISBN 978-88-907159-5-2