Che cos`è l`ergonomia La parola ergonomia deriva dal greco ergo

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Che cos`è l`ergonomia La parola ergonomia deriva dal greco ergo
Che cos’è l’ergonomia
La parola ergonomia deriva dal greco ergo,che significa lavoro, e nomos che significa
legge, regolamento. L’ergonomia rappresenta quindi la scienza che studia le performance
lavorative e il loro benessere, in relazione alle finalità della propria attività, alle attrezzature
di lavoro ed all’ambiente di lavoro. Questo si traduce in pratica nella progettazione di
prodotti e/o processi che utilizzino le capacità di un individuo, tenendo conto delle sue
esigenze fisiologiche e psicointellettive.L’ergonomia cerca quindi di individuare i
parametri più importanti per il corretto rapporto uomo/lavoro, per eliminare i fattori
negativi che possono essere presenti e rendere quindi più facile e naturale l’utilizzo degli
oggetti di lavoro.
Per indagine ergonomia si intende lo studio degli aspetti ambientali, strutturali e delle
procedure organizzative del lavoro al fine di individuare i requisiti ed i criteri per la loro
migliore accettabilità da parte degli operatori.
Il D.Lgs 626/94 e successive modificazioni ha reso l’applicazione di questa scienza
obbligatoria sul posto di lavoro, in quanto l’art.3- “Misure generali di tutela “ al comma
1, lettera f, include esplicitamente tra queste il “rispetto dei principi ergonomici nella
concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei
metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello
ripetitivo”.
Cenni storici
Per ripercorrere rapidamente la breve storia dell'ergonomia useremo come chiave di lettura la
tecnologia, alla quale, per i suoi stessi obiettivi, l'ergonomia è strettamente legata. Nella prima metà
del secolo scorso, soprattutto nei paesi anglosassoni, la fase iniziale di meccanizzazione dei grandi
processi produttivi prevalentemente industriali, comporta l'impiego di "uomini che fanno". Il
problema si configura come necessità di ridurre il carico di lavoro fisico. L'ergonomia si
caratterizza in questa fase per le ricerche di antropometria e fisiologia, che forniscono linee guida
per l'analisi e la progettazione del posto di lavoro e dello spazio di lavoro, per modellarlo sulle
misure, i volumi e le caratteristiche fisiologiche dei lavoratori.
In una fase successiva (fine anni '40 del secolo scorso) la tecnologia sgrava progressivamente
l'uomo dalla fatica fisica, svolgendo automaticamente il processo di lavoro. Ora l'uomo "controlla"
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la macchina, che richiede istruzioni e trasmette informazioni sul modo in cui il processo si svolge.
L'attenzione si sposta dal carico muscolare a quello percettivo. Il lavoratore si trova posto di fronte
a schermi radar, cruscotti e quadri di comando. Si pongono problemi di attenzione, detezione del
segnale, variazioni nel tempo di risposta e nel numero di errori.
Infine la progressiva automazione dei processi di lavoro porta la macchina ad assumere una parte
rilevante del trattamento dell'informazione, quindi anche delle procedure, delle strategie e delle
decisioni prese dall'operatore esperto. In questa fase assume sempre maggior importanza la
conoscenza dell'uomo da un punto di vista psicologico: conoscere la sua attività cognitiva, i suoi
sistemi di aspettative, il modo in cui si rappresenta il suo lavoro, il linguaggio che usa quando
lavora. Con l'ergonomia della progettazione del software, la zona di sviluppo dell'ergonomia viene
prevalentemente a coincidere con l'ergonomia psicologica.
L’ergonomia dagli anni ’50 ad oggi.Fu solo alla fine degli anni ‘50 che anche in Italia alcuni
studiosi cominciarono ad avvicinarsi all'ergonomia. Nel nostro paese si continuò a parlare di questa
disciplina per tutti gli anni '60, ma le sue tesi apparivano per lo più come un lusso da paesi ricchi. In
quel periodo si stava infatti concludendo il cosiddetto "boom economico", che aveva visto il paese
teso verso uno sviluppo e uno sforzo produttivo avvenuti senza tenere in gran considerazione i costi
umani. L’ergonomia veniva quindi esercitata soprattutto con tentativi a carattere prevalentemente
individuale, con ricerche a tavolino, quasi interamente in campo antropometrico, fisiologico,
dell'igiene industriale, della medicina del lavoro.
I campi d'intervento della ricerca ergonomica sono andati modificandosi parallelamente
all'evoluzione degli aspetti caratterizzanti la società: in un primo periodo l'attenzione è stata
prevalentemente rivolta agli ambienti di lavoro ad alto rischio (siderurgia e miniere); in seguito si è
allargato lo sguardo agli ambienti di lavoro industriale, volgendo l'attenzione ai problemi ambientali
(rumore, inquinamento, postura..); infine, dagli anni '80, l'interesse si è spostato prevalentemente al
terziario e al lavoro d'ufficio, in coincidenza con la rivoluzione informatica. Negli anni '90 le
migliorate condizioni di vita e di salute e le richieste di più alti standard di vita hanno permesso che
agli interessi già consolidati si aggiungessero quelli per la qualità dei prodotti e dei servizi.
Una forte domanda di impiego del sapere in una prospettiva ergonomica era venuta, verso la fine
degli anni '60, dal sindacato italiano. In quegli stessi anni si era costituita la prima Società Italiana
di Ergonomia, e questa disciplina cominciò ad essere attivata in ambito universitario.
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Il movimento operaio italiano collocò al centro del proprio programma di rifondazione del mondo
del lavoro la salvaguardia della salute in fabbrica. Le condizioni di lavoro nell'Italia di quegli anni
spinsero infatti verso la ricerca di un superamento dell'organizzazione tayloristica. Nel 1970 venne
promulgata la legge nota come "Statuto dei Lavoratori". Grazie ad essa vennero garantiti i diritti dei
lavoratori in campo sindacale, previdenziale e della salute, e venne prevista la costituzione di
organismi rappresentativi operai nelle fabbriche. Non da ultimo, venne sancito il diritto al controllo
delle condizioni di lavoro anche tramite esperti. Prima di questa legge, nei luoghi caratterizzati da
condizioni di lavoro particolarmente gravose, vigeva la consuetudine di "monetizzare" il rischio,
accordando ai lavoratori delle indennità chiamate appunto "di rischio". Lo "Statuto dei Lavoratori"
rappresentò un importante passo in avanti, ben esemplificato dallo slogan "la salute non si paga".
Quest'evoluzione era comunque in sintonia con i mutamenti sociali indotti dal miglioramento
generale delle condizioni economiche del paese, che rendevano sempre più difficoltoso il
reperimento di mano d'opera disposta a lavorare in condizioni di disagio e di pericolo per la salute.
Inoltre, proprio in quegli anni, anche in Italia cominciavano a farsi sentire prepotentemente gli
effetti della modernizzazione tecnologica, che richiedevano investimenti ingenti in grandi impianti,
ed era importante limitare al massimo l'incidenza di fattori esterni e poco controllabili, come quelli
legati all'ambiente di lavoro, ai ritmi, agli errori e agli scarti. Per questi motivi l'ergonomia
cominciò a godere di un certo prestigio e da questo momento prese il via un’ampia e approfondita
sperimentazione nel campo della metodologia ergonomica.
A partire dagli anni '70 si crearono dunque le condizioni favorevoli all'introduzione dell’ergonomia
in Italia. Un’importante spinta venne dai finanziamenti promossi dalla Divisione degli affari sociali
della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, tendenti al miglioramento delle condizioni di
lavoro nei settori siderurgico e minerario. L'ergonomia cominciò ad occuparsi anche dell'ambiente
di lavoro industriale più in generale. In questo periodo vennero fatti, ad esempio, una serie di
interventi progettuali sull’ambiente e sul posto di lavoro nel campo dell'industria della stampa; ma
fu solo uno dei settori industriali trattati in quegli anni. L’ergonomia applicata infatti, ottimizzando
il rapporto uomo-macchina, ha permesso di attuare interventi fortemente migliorativi e spesso
risolutivi, tramite analisi interdisciplinari e sperimentazioni pilota. Una panoramica generale degli
studi effettuati in questo periodo è presentata nel volume "Ergonomia, esperienze in Italia”, a cura
di Antonio Grieco, pubblicato nel 1980. L'obiettivo principale di questa raccolta era di "consolidare
e memorizzare tutto l'esistente, perché fosse conoscibile e raffrontabile, e perché costituisse un
riferimento attraverso cui operare nel futuro".
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Dalla fine degli anni ‘80 fino ai giorni nostri l'interesse dell’ergonomia si è spostato verso il
terziario e i servizi. Gli interventi effettuati nell'industria negli anni '70 avevano portato dei tangibili
miglioramenti all'ambiente di lavoro, ma soprattutto avevano fornito strumenti operativi e creato
una cultura dell'intervento di bonifica che cominciava ad essere applicata con successo anche dagli
organismi tecnici delle aziende. Le lavorazioni più nocive erano state eliminate o automatizzate, e
anche la fatica fisica cominciava ad essere drasticamente ridotta. Conseguentemente la richiesta di
ricerca ergonomica nel settore industriale cominciò a diminuire. Parallelamente aumentò di molto il
numero di addetti al lavoro d'ufficio, a fronte di una diminuzione degli addetti all'industria.
All'approccio ergonomico dunque si chiedeva sempre meno di intervenire sulle condizioni di fatica
fisica o di inquinamento, ma sempre più sulla fatica mentale, sullo stress e sulla qualità
dell'informazione. Divenne sempre più evidente che anche il lavoro nel terziario può essere
dannoso, perché induce posture fisse, per l'impegno visivo e per quello mentale.
Tutti gli interventi ergonomici effettuati nei diversi settori sono stati tuttavia prevalentemente
correttivi, ossia volti al miglioramento di situazioni esistenti nelle quali i danni si erano già
manifestati. A partire dagli anni '90 è emerso con chiarezza che gli interventi di correzione sono
difficoltosi e costosi, e soprattutto che i danni hanno ormai già prodotto i loro effetti. E’venuta
quindi affermandosi l'idea che vera prevenzione si ottiene intervenendo in sede di progetto, prima
che l'evento dannoso si sia manifestato, elaborando opportune metodologie di previsione. E’in
questa fase che l'ergonomia ha suscitato l'interesse dei produttori e dei designers, che hanno
cominciato ad utilizzarla soprattutto per i suoi apporti nel campo dell’antropometria. Oggi stiamo
osservando un sempre maggiore coinvolgimento dell’ergonomo in tutte le fasi della progettazione.
Una dei maggiori riconoscimenti dell'ergonomia in Italia si è avuta con la promulgazione, nel
settembre del 1994, del D.Lgs. 626/94, che promuove il miglioramento della sicurezza e della salute
dei lavoratori sul luogo di lavoro che recepisce al suo interno otto direttive comunitarie. E' il primo
momento in cui si da corpo nella legislazione italiana alla ergonomia. Questo decreto afferma la
necessità di rispettare i principi dell'ergonomia nella concezione degli ambienti di lavoro, nella
progettazione e nella scelta dei materiali e delle attrezzature.
Intorno agli anni '70 l'ergonomo era prevalentemente inserito in una realtà universitaria o in una
realtà aziendale. La sua competenza ergonomica veniva applicata a specifici settori d'intervento.
Oggi il panorama si è radicalmente modificato; si sono moltiplicate le unità operative, esterne alla
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comunità scientifica, che fanno ergonomia. Gruppi professionali con una esplicita funzione
ergonomica si sono costituiti come specializzazioni interne a grandi gruppi produttivi (in particolare
società produttrici di hardware e software) e a grandi aziende di servizio (in particolare nel campo
delle telecomunicazioni). Accanto a questi gruppi, in qualche misura istituzionali, si è sviluppato un
insieme distribuito di società, poco note anche agli addetti ai lavori, che sviluppano interventi
ergonomici sulle organizzazioni in funzione della produttività, ricercata attraverso il miglioramento
della qualità. In questo contesto tendono a definirsi esperienze e competenze ergonomiche molto
legate all'iniziativa personale. Questo insieme diversificato di realtà professionali, interne o esterne
all'ambiente accademico, tende a formare una comunità ergonomica più vasta rispetto a quella
rappresentata dalla comunità scientifica.
Una particolarità di questi anni è la forte domanda sociale proveniente dagli utilizzatori della
tecnologia; questa domanda ha rappresentato un notevole incentivo per lo sviluppo delle ricerche
ergonomiche, ed ha comportato un allargamento di orizzonte negli studi, con la conseguente
definizione di obiettivi diversi rispetto al passato. Gli obiettivi dell'ergonomia sono oggi, infatti,
l'usabilità e la sicurezza dei sistemi, nei quali l'uomo figura come utente e come parte integrante del
sistema. L'usabilità e la sicurezza rappresentano infatti le condizioni essenziali per garantire il
benessere dell'individuo e il funzionamento del sistema, non solo nell'ambiente lavorativo ma anche
in quello domestico e privato. I più recenti campi di applicazione dell’ergonomia sono rivolti alla
specificità dell’interazione, ossia alla valutazione delle esigenze e delle aspettative di coloro che
effettivamente utilizzano un determinato prodotto, ambiente o servizio. L'utente è dunque inteso
come il fruitore reale a cui si rivolge il progetto, e per questo devono essergli garantite condizioni di
benessere, sicurezza e semplicità d'uso.
Le linee di intervento privilegiate oggi dall'ergonomia sono le verifiche di usabilità e di sicurezza
delle attrezzature e dei dispositivi utilizzati all'interno dei processi produttivi, ampiamente applicate
anche nell’ambito dei prodotti di uso quotidiano. Le nuove strategie dei fornitori di beni e servizi si
sommano al crescere delle aspettative da parte degli utilizzatori nel definire un prodotto di qualità.
Le procedure utilizzate per le verifiche di usabilità e di sicurezza, condotte mediante l'osservazione
dell'interazione utente-sistema e tramite prove con utenti, offrono un panorama estremamente
ampio e variegato; per esempio l'analisi dei compiti (task analysis) e le prove di usabilità e
sicurezza effettuate con la partecipazione degli utenti (user trials) costituiscono uno dei contributi
essenziali dell’ergonomia nella fase di progettazione e di realizzazione ma anche in quella di
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verifica del prodotto finito. L'intervento ergonomico non è più limitato allo studio e all'atto
prevalentemente correttivo sull'interazione uomo-macchina all'interno del ciclo produttivo, ma si
estende al prodotto e interviene in tutte le fasi del suo sviluppo, con una connotazione
dichiaratamente progettuale. La progressiva estensione delle competenze e delle conoscenze
disciplinari e i problemi posti dall'innovazione non comportano però lo stravolgimento
dell'approccio ergonomico iniziale, né escludono il riferimento all'originario corpus di conoscenze
sul quale l’ergonomia si è fondata; semplicemente ci troviamo di fronte ad un nuovo modo di "fare
ergonomia".
Attualmente si possono riconoscere quattro filoni principali all'interno dell’ergonomia:
•
L'ergonomia dell'hardware (hardware ergonomics): è il ramo che si occupa della tecnologia
dell'interfaccia uomo-macchina;
•
L'ergonomia dell'ambiente (environmental ergonomics): il suo ambito di studio è la
tecnologia dell’interfaccia uomo-ambiente;
•
L’ergonomia cognitiva (cognitive ergonomics): si occupa di studiare la tecnologia
dell’interfaccia uomo-software;
•
La macroergonomia: è il settore che prende in esame la tecnologia dell’interfaccia uomoorganizzazione.
Oggetto dei primi tre ambiti di studio è l'utente che interagisce con un prodotto o con un ambiente;
la loro applicazione si riferisce ad un livello microergonomico, ossia relativo allo studio, alla
progettazione e alla valutazione dell'interazione uomo-ambiente-prodotto all'interno di un delimitato
contesto d'uso.
La macroergonomia si occupa, invece, dell'interazione uomo-organizzazione.
Secondo Hendrick, la macroergonomia può essere definita concettualmente come: "(..) un
approccio socio-tecnico top-down al progetto di organizzazioni, sistemi di lavoro, mansioni,
interfacce, rapporti uomo-macchina e uomo-ambiente".
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Un esempio.
Ergonomia di una postazione di lavoro
Per mostrare un esempio pratico che chiarisca i compiti dell’ergonomia, prenderemo brevemente in analisi la
postazione di lavoro che caratterizza l’ambiente di un numero sempre maggiore di lavoratori: una scrivania, una
sedia ed un computer.
Perché una postazione a video terminale sia il più possibile ergonomica, è importante che la
scrivania e la sedia siano poste alla giusta altezza, in modo da garantire la corretta posizione della
colonna vertebrale. Particolare attenzione deve essere dedicata anche alla posizione del monitor
del computer. Per mantenere le mani in una posizione rilassata, esistono appositi cuscinetti che
consentono di appoggiare i polsi davanti alla tastiera o al mouse.
Per quanto riguarda le periferiche, sul mercato ci sono numerosi prodotti appositamente progettati
su basi ergonomiche. In particolare sono disponibili dispositivi che, pur adempiendo alle medesime
funzioni delle periferiche tradizionali, si distinguono per le forme molto diverse le une dalle
altre.
Nel caso del mouse (o trackball), una delle caratteristiche indispensabili è la facilità di
impugnatura. A questo tipo di necessità si fa fronte con un design quasi ovoidale, che permette
l’appoggio completo del palmo della mano. Ma esistono anche altri tipi di soluzione quali, per
esempio, delle forme asimmetriche, vagamente simili ad un fagiolo, che permettono una migliore
presa da parte del pollice. Altra alternativa sono i mouse che assomigliano a veri e propri joystick,
che non necessitano l’appoggio su una superficie piana, ma vengono tenute in mano
dall’utilizzatore. L’impugnatura deve essere sicura e stabile. Per garantire questa caratteristica
alcuni mouse presentano delle superfici in gomma antiscivolo. Altri sono proposti in taglie diverse a
seconda della dimensione della mano dell’utilizzatore. Per chi è abituato ad usare il mouse con la
mano sinistra, alcuni modelli di forma asimmetrica sono disponibili anche nella versione per
mancini. Altro aspetto importante è rappresentato dalla praticità nell’utilizzo dei pulsanti che
devono essere raggiungibili e facili da premere.Nei mouse di ultima generazione, uno degli
elementi in cui è sempre più facile imbattersi è rappresentato dalla rotellina di scorrimento. Questa
aggiunta permette di scorrere le pagine di qualunque finestra, indipendentemente dalla posizione del
puntatore del mouse. Una simile funzionalità si dimostra particolarmente utile quando si passa
molto tempo in Internet, consultando pagine alla ricerca di informazioni.
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E’ chiaro quindi, quanto sia rilevante il ruolo del fattore umano nell’interazione e quanto sia
importante il mantenimento del suo benessere. Ma non è sempre stato così, per lo meno non come
scopo primario, difatti l’ergonomia moderna è giunta a questo punto attraversando varie fasi e
coinvolgendo un numero sempre maggiore di aree di studio.
Fino ai primi anni ‘50, il lavoratore era concepito come un fornitore di prestazioni, ciò che
importava principalmente era il suo rendimento, soprattutto in ambienti di lavoro ad alto rischio.
L’ergonomia aveva lo scopo di tutelare l’uomo, migliorarne la salute, la sicurezza e la produttività
delle aziende. Ma questo non si concretizzava nella progettazione di macchinari utilizzabili da
chiunque, che garantissero la sicurezza e la salute dei lavoratori. Al contrario veniva chiesto a chi si
occupava della selezione del personale, di individuare le persone adatte a svolgere un determinato
compito e ad utilizzare con profitto un certo tipo di strumento (ricordiamo che in questo periodo si
fa riferimento esclusivamente al lavoro manuale in fabbrica).
Dal momento in cui la forza lavoro inizia ad acquisire maggiore potere, diventando sempre più
preziosa e raggiungendo maggior tutela sul lavoro, l’ergonomia si propone di tentare di adattare la
macchina all’uomo piuttosto che il contrario. Inizia a prendere piede l’idea che per progettare una
macchina, bisogna partire dall’analisi delle caratteristiche del tipo di persona che deve utilizzarla.
Nella prima metà degli anni ‘70, si compie un’altra svolta molto importante nel campo: l’ergonomia
passa dallo studio delle prestazione di un singolo soggetto, all’occuparsi delle relazioni che
intercorrono tra le persone e l’ambiente circostante. Per descrivere il rapporto tra uomo e macchina
non si parla più di “adattamento del sistema” nei confronti dell’utente, ma di interazione.
Nella progettazione degli ambienti con cui una persona deve interagire, l’utente non è più il
“fattore” debole da proteggere, ma il punto di forza e di partenza del progetto. Il compito
dell’ergonomia è quello di comprendere l’interazione e di migliorarne la comunicazione (da questo
principio ha origine il termine “ergonomia della comunicazione”). La sua area di studio è
l’interfaccia tra l’Essere Umano e l’Evento Interagente ed è attualmente alla base delle metodologie
di progettazione di ambienti “human centered” . Negli studi ergonomici tutto ruota attorno
all’uomo, alle sue caratteristiche e capacità fisiche e psichiche, ai suoi limiti e alle sue necessità, in
base al tipo di attività che deve compiere.
Francesco Marcolin (psicologo del lavoro ed ergonomo) spiega che tra i fattori che questa scienza
considera, ci sono: la postura ed il movimento corporeo, i fattori ambientali (clima, rumori,
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illuminazione etc.), informazioni ed operazioni e l’organizzazione del lavoro (ad esempio che
vengano assegnati al lavoratore compiti appropriati e non alienanti).
Con lo sviluppo delle nuove tecnologie, l’ergonomia ha cominciato ad occuparsi anche delle
interfacce dei computer, concentrandosi sulle caratteristiche fisiche dell’interazione: il modo in cui
sono disegnati i comandi, le condizioni ambientali in cui l’interazione si svolge, il layout e le
qualità fisiche dello schermo. In questo senso è molto importante capire come l’interfaccia valorizzi
o diminuisca le prestazioni dell’utente.
Quindi, un prodotto per essere considerato ergonomico deve possedere una serie di requisiti: deve
essere centrato sull’utente, user friendly , sicuro, facile e soddisfacente nell’utilizzo. Ma non è tutto,
perché un oggetto possa essere considerato ergonomico deve possedere un elevato grado di
usabilità , ovvero che possa essere utilizzato facilmente dall’utente.
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