Santuario di Greccio – Riserva Naturale Laghi

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Santuario di Greccio – Riserva Naturale Laghi
Il Cammino di Francesco e la natura
3° Pacchetto turistico
Rieti – Santuario di Greccio – Riserva Naturale Laghi
Indirizzo: Santuario di Greccio - Via del Santuario
02045 Greccio (RI)
Telefono 0746.750.127
Fax 0746.751.776
Orari d’apertura al pubblico: 9.00 - 18.00 (19.00 Orario Legale)
http://www.provincia.rieti.it/
http://www.camminodifrancesco.it/
Santuario di Greccio
1° GIORNO
Visita al Centro Storico di Rieti: la Cattedrale e il Vescovado, il Teatro Flavio Vespasiano,
la cinta muraria romana e medievale, Rieti sotterranea, il Ponte Romano
Città principale della Sabina e capoluogo di provincia è situata a circa 400 m. s. m. Il
nucleo primitivo della città si sviluppò su un'altura calcarea che ne rappresenta
attualmente la parte più elevata e centrale (intorno alla Piazza Vittorio Emanuele e al
Teatro Comunale); questo nucleo originario si è andatovia via ampliando per poi
estendersi in varie direzioni. L'antica Reate fu una delle più antiche e principali città dei
Sabini. Non abbiamo notizie storiche della città prima della conquista romana; nel 211 a.
C. Annibale passò sotto le sue mura sulla via di Roma; nel 205 Reate assieme con gli altri
Sabini contribuì volontariamente ai rifornimenti di Scipione. Certamente fu mantenuta al
grado di prefettura fino al tempo augusteo; in tempi imperiali fu elevata tuttavia a
municipio, e sotto Vespasiano accolse un gran numero di veterani, senza avere però il
titolo di colonia. Di Reate furono originarî l'erudito Varrone e l'imperatore Vespasiano. Il
fertilissimo territorio reatino, bagnato dalle acque del Velino e dei suoi affluenti Turano e
Salto, soggetto a lavori idraulici per la regolazione dei corsi dei fiumi sino dalla conquista
della Sabina da parte di M. Curio Dentato, fu causa di gravi e secolari dispute fra la città e
la vicina Interamna (Terni), dispute per le quali una volta fu chiamato a patrono di Reate
Cicerone, che difese la sua causa davanti agli arbitri nominati dal Senato. Durante la
dominazione dei Goti fu retta da un priore; dipese poi dal ducato di Spoleto e fu sede di un
importante gastaldato. Nel sec. IX la devastarono i Saraceni. In quel secolo e fino alla
prima metà del XII, Rieti è retta da un conte. Nel 1149 la città patisce assedio e distruzione
ad opera di Ruggero di Sicilia; in quel periodo si colloca l'origine del comune (1171, prima
menzione dei consoli). Nel 1198 Rieti fa atto di omaggio ad Innocenzo III (creazione del
podestà) e da allora in poi resta sempre fedele alla Chiesa, e più volte sede e rifugio del
papa.
Durante il periodo avignonese subì in modo particolare le ingerenze dei sovrani angioini,
data la sua vicinanza al regno di Napoli, e fu travagliata dalle lotte di parte. Non ebbe
difficoltà a riaccostarsi alla Chiesa nel 1354, assoggettandosi al cardinale Alborno. Al
tempo della guerra degli Otto Santi, pur non abbandonando le parti del papa, si diede in
signoria temporanea a Cecco Alfani, la cui famiglia ebbe poi per vari decennî il
predominio in Rieti. Rinaldo Alfani è nominato da Martino V vicario, ma nel 1425 la
potente famiglia è bandita. La storia di Rieti non registra, da allora in poi, fatti di molto
rilievo; la città appare spesso in contesa con le vicine città abruzzesi per ragioni di
confine, e con Terni a causa della Cascata delle Marmore. Nel 1798-99 Rieti fa parte del
dipartimento del Clitunno; nel 1809-1814 di quello del Tronto ed è sottoprefettura. Nel
1816 Pio VII la erige a capoluogo di delegazione. Da ricordare, nel 1821 la battaglia
avvenuta al Colle di Lesta fra il Pepe ed il Frimont; nel 1831 il vano assalto del
Sercognani; nel 1860 (23 settembre) l'ingresso delle truppe italiane. Rieti viene allora
assegnata alla provincia di Perugia (fino al 1923), poi a quella di Roma, e nel 1927 diviene
capoluogo di provincia.
Della Rieti romana rimangono pochi elementi . Sono avanzi di mura in via Pescheria, in
via Roma, in via Pellicceria e altrove, da cui si può ricostruire il tracciato della cinta
romana. Altri avanzi cospicui di mura perimetrali di una vasta costruzione furono trovati,
recentemente, a circa quattro metri di profondità, nei lavori di sbancamento compiuti
sulla piazza Vittorio Emanuele e sono ancora visibili. Una costruzione romana
d'importanza notevole è il ponte sul Velino, che costituiva la parte terminale di un viadotto
ad archi rampanti che si svolgeva quasi in direzione dell'attuale via Roma terminando
all'antica porta romana. Alcune parti di questo viadotto si possono osservare in
sotterranei di abitazioni lungo la via Roma.
Tra le costruzioni medievali reatine, quella che domina il centro della vecchia Rieti, è tutto
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l'insieme pittoresco, che va dalla torre campanaria del 1252, dalla cattedrale, dal palazzo
papale, fino all'arco di Bonifacio VIII. Del palazzo papale oggi sono restituiti alla luce i
grandiosi portici a crociera del 1283.
La cattedrale fu iniziata nel 1109; nel 1157 fu consacrata la cripta che ancora si conserva
integra, mentre la chiesa superiore, terminata nel 1225, fu internamente modificata nel
1639 quando già, in varî periodi precedenti, erano state aggiunte cappelle praticando
aperture nelle due navate laterali. Nella cappella di Santa Barbara, protettrice di Rieti (il
cui corpo è venerato, in una bellissima urna marmorea, nell'altare maggiore della
cattedrale), la statua in marmo è su disegno del Bernini.
Una caratteristica notevole della città di Rieti è quella di avere ancora, quasi completa, la
cinta delle mura medievali, sia pure in varie parti restaurate più volte.
L'arte della rinascenza e l'arte barocca sono testimoniate nell'architettura di alcune chiese
e in diversi palazzi del centro storico. Palazzi degni di essere segnalati sono quello
Vecchiarelli in Via Roma, di Carlo Maderno, quello Vincentini (oggi palazzo del governo)
con la pittoresca loggia del Vignola (sec. XVI), il palazzo Sanizi (oggi sede dei Tribunali),
l'ex palazzo del Podestà (sec. XIV), ampliato e modificato nel sec. XVII per la costruzione
del primo seminario istituito nel mondo dopo il Concilio di Trento, il palazzo comunale con
la facciata principale del Brioni (sec. XVIII) con il fianco sulla Via della Pescheria che
rimonta al sec. XIII con aggiunte del sec. XVI. Non vanno poi dimenticate per il
particolare interesse alcune costruzioni medievali in Via S. Rufo, in via S. Carlo, in via
Pellicceria.
2° GIORNO
Rieti – Convento di Greccio
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Il Santuario di Greccio è uno dei quattro santuari eretti da San Francesco nella Valle
reatina, insieme al Santuario di Fonte Colombo, al Santuario della Foresta, e il convento
di Poggio Bustone. E’ ubicato a circa 15 km dalla città di Rieti, ed è arroccato su un costone
di roccia a circa 2 km dal borgo medievale di Greccio.
La Valle Santa fu, insieme ad Assisi e a La Verna una delle mete più importanti nella vita
di San Francesco. In questa terra oltre al Cantico delle Creature scrisse la Regola
Francescana e a Greccio nel 1223 fece rivivere i primo presepe cristiano. La collocazione
del Santuario tra i boschi di leccio della media collina suscita un’aspirazione alla
solitudine ed a una rigorosa regola religiosa e di vita, le stesse che hanno guidato
Francesco a spogliarsi dei beni terreni per abbracciare i valori della Natura e del Creato.
Monaco errante e caritativo, il Santo si ritirava a pregare e dormire su un giaciglio di
roccia viva e trascorreva la sua vita nel romitorio roccioso in povertà e solitudine. Il suo
esempio di comunicazione semplice lo portò ad allestire a Greccio nel 1223 la prima
rappresentazione scenica vivente della nascita di Cristo nella notte di Natale. La leggenda
sull’accaduto, reale o scaturita da un racconto, narra che il bambinello, unico personaggio
non vivente della rievocazione, prese vita per tornare, poi, inanimato. In questo si cela il
significato più elevato della cultura francescana che instaura un rapporto diretto con il
mondo e con Dio, ‘Colui che è’, creatura reale, compagno di avventura del vivere umano,
colui cui Francesco chiede consiglio e aiuto nelle sue decisioni sulla Regola.
Le ipotesi su come San Francesco abbia scelto questo luogo erto sulla valle si confondono e
tra queste la più suggestiva è sicuramente quella del bambino a cui il poverello di Assisi
fece lanciare un tizzone che lanciato come una saetta terminò il suo volo sulla parete
rocciosa di un monticello di proprietà del Velita, un noto feudatario del paese di Greccio.
Sembra fu lo stesso Velita nel 1223 che spinse San Francesco a dare vita alla rievocazione
della natività così come è stata tramandata fino a noi. Da quel momento Greccio ed il suo
Santuario sono noti come luogo del primo presepe nel mondo.
Nella grotta che accolse l’evento della natività, cui si giunge dopo aver percorso una lunga
scalinata tagliata sulla pietra, fu costruita una cappellina e sul masso roccioso che servì
da mangiatoia un piccolo altare. Sul fondo della cappella, al di sopra dell’altare c’è uno
splendido affresco del 1400 di scuola Giottesca attribuita al Maestro di Narni, che
rappresenta la Natività di Betlemme su un lato e il Presepe di Greccio sull’altro.
Attraverso uno stretto corridoio si arriva all’interno del romitorio originariamente
abitato dal Santo e dai primi frati suoi seguaci. Si entra nel Refettorio nel quale è posto un
piccolo lavatoio, un tratto di pavimento originale e un caminetto restaurato. Accanto
all’ingresso che conduce al primitivo dormitorio si osservano due affreschi del sec. XVI.
Percorrendo il lungo corridoio sul quale si affacciano le stanzette dove dormivano i frati si
arriva in quella dove Francesco dormiva sulla viva roccia. Il silenzio e la semplicità degli
ambienti dà ancor oggi la dimensione e il valore di una vita condotta secondo la regola
dell’ordine. Segue lungo il percorso un piccolo Coro ligneo del XVII secolo, un leggio, due
aste di legno girevoli per sostenere il libro e la lanterna e un crocifisso ligneo del XVIII
secolo; sulle pareti un’immagine della Madonna addolorata della Scuola del Sassoferrato
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(XVII sec.).
L’immagine-simbolo del Santo sofferente che si asciuga gli occhi, il cui originale è andato
perduto (la copia attuale risale al XIV secolo), evoca la grave infezione alla vista che lo
affliggeva e che ha determinato l’aggravarsi delle sue condizioni di salute negli ultimi anni
di vita.
Nel piazzale esterno si trova la chiesa moderna adagiata con un fianco sulla roccia, eretta
negli anni sessanta e dedicata a Francesco ed alla Vergine Immacolata. All’interno due
presepi di cui uno ligneo ed uno in terracotta. Sul ballatoio sopraelevato e lungo il
percorso di ingresso laterale una mostra permanente di presepi realizzati manualmente e
provenienti da tutto il mondo. Ovunque ricorrono le parole di un antico biografo: "Si
onora ivi la semplicità, si esalta la povertà, si loda l'umiltà e Greccio si trasforma in una
nuova Betlemme".
3° GIORNO
La Riserva Naturale de Laghi – Le Sorgenti di S.Susanna – La Villa di Quinto Assio – La
Cascata delle Marmore
Nel contesto paesaggistico del presepe di Greccio si colloca la Riserva Naturale dei Laghi
Lungo e Ripasottile, una riserva naturale regionale ricadente in un’area alluvionale di
oltre 3.000 ettari compresa tra i monti reatini (massiccio del Terminillo) e i monti sabini
(catena che delimita il confine tra la sabina interna e la sabina romana). Sul lato nord est
si apre il teatro naturale delle Sorgenti di Santa Susanna, la cui portata di 5.000 litri al
secondo ne fa una delle più grandi d’Europa. In era quaternaria la piana era costituita da
un solo grande lago – il Lacus Velinus – alimentato dall’omonimo fiume, dal quale
emergevano piccoli isole, in un paesaggio caratterizzato da una folta vegetazione
ripariale di alberi ed arbusti di grande importanza naturalistica. Le acque del fiume
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contribuivano, con la loro azione di deposito calcareo, ad alzare un argine di
contenimento in prossimità della zona denominata, non a caso, ‘Marmore’, molto simile
ad una diga naturale che lasciava defluire discontinuamente le acque nella confinante
valle del Nera determinando l’emersione parziale di lembi marginali di terra umidi e
paludosi con tracce di insediamenti riconducibili alla fine dell’età del Bronzo ed alla prima
età del Ferro.
Nella contigua valle umbra il fiume Nera aveva determinato una costante attività erosiva
causando una notevole differenza di livello tra le due valli (quella a monte del Velino e
quella sottostante del Nera) proprio in prossimità delle Marmore, argine naturale
dell’antico lago sul versante nord della piana.
Fino al III sec. a.Cr. il lago Velino non subì variazioni, fin quando il console Manio Curio
Dentato fece aprire un varco di defluizione nell’argine di travertino in prossimità delle
Marmore per alleggerire il livello del bacino. Alla parziale riduzione delle superfici
lacustri corrispose un notevole impulso delle attività umane e rurali. Si affaccia sull’area
della piana reatina l’antica residenza di Quinto Assio menzionata da Marco Terenzio
Varrone in un dialogo con Appio Claudio nel corso del quale vengono poste a confronto le
ville reatine di Assio e quella romana di Appio Claudio. Altre notizie sulla villa che il
senatore Quinto Assio possedeva a nord-ovest della piana reatina giungono da Marco
Tullio Cicerone frequentatore d’eccezione che nel 54 a.C. venne chiamato a difesa dei
reatini in una delle innumerevoli cause loro intentate dai cittadini di Interamna (oggi
Terni) a proposito della diatriba per la “questione delle Marmore”.
La situazione relativa al regime delle acque non rimase costante nei secoli determinando
nuovi impaludamenti intorno al X e XIV secolo e modifiche all’assetto ambientale e
insediativo del territorio sul quale si registra la presenza dei Monaci Cistercensi di San
Pastore nel XII secolo dediti alle coltivazioni e alla bonifica dei terreni sottratti alle
acque. Occorre giungere alla metà del XIII secolo perché si riaffermi la necessità di
bonificare nuovamente il comprensorio ancora soggetto a variazioni di livello del bacino.
Le fonti riferiscono che i collegamenti tra le località che affacciavano sul lago avvenivano
spesso in barca, come riferisce il biografo Tommaso da Celano sui trasferimenti che San
Francesco effettuava per portarsi da un santuario all’altro.
La situazione relativa al livello delle acque sostanzialmente perdurò fino al XV secolo
quando fu scavato un canale sotto la signoria di Braccio Fortebracclo, capitano di
ventura e signore dei territori di Rieti e Terni assoggettati alla Chiesa. Un nuovo canale
denominato ‘Cava paolina’ fu commissionato da Papa Paolo III, nel 1545, su opera di
Antonio da Sangallo il Giovane. Su progetto di Giovanni Fontana nel XVI secolo fu
ampliata la cava curiana e costruito un ponte regolatore che come una valvola avrebbe
permesso di regolare il deflusso delle acque.
La defluizione delle acque nella piana sottostante ostacolava il corretto deflusso del Nera
che spesso tracimava inondando il territorio circostante. Ciò determinò un contenzioso
tra le due popolazioni limitrofe che si videro costrette ad adire alle vie legali con
l’intervento di Cicerone, noto avvocato del foro di Roma a difesa dei reatini rei di aver
determinato danni ingenti ai confinanti con l’opera di svuotamento del lago. Per ordine
di Papa Pio VI, nel 1787, l'architetto Andrea Vici operò direttamente sui balzi della
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cascata, dandole l'aspetto attuale con un salto di 165 metri che fanno di Marmore la
cascata più alta d’Europa, risolvendo finalmente la maggior parte dei problemi.
Nel XIX secolo le acque della cascata cominciarono a essere utilizzate per la loro forza
motrice. ln tempi recenti è stata regolata definitivamente la portata del fiume Velino
immagazzinando le acque dei suoi principali affluenti Salto e Turano in serbatoi
artificiali montani, formati con la costruzione di due dighe. Le migliorate condizioni di
salubrità hanno portato, sin dalla fine del '700, ad un notevole impulso
dell'antropizzazione del territorio, che oggi, con l'istituzione della Riserva dei laghi, trova
la possibilità di essere salvaguardato da future manomissioni a danno di un ambiente
umido ed integro salvaguardato da una convenzione internazionale.
Si può avere l’idea della reale estensione del lago in epoca olocenica osservando la piana
dal Terminillo quando la nebbia ricolma l’intera zona allo stesso modo dell’antico Lacus
Velinus dal quale spuntavano, come isole, i rilievi di Montisola, colle San Balduino e San
Pastore.
Oggi il paesaggio vegetale presenta rigogliose comunità di piante lacustri di salice
bianco e nero, di pioppi bianchi ed ontani, di canna palustre e ninfee. Le visite guidate
prenotabili presso il Centro Visite di Ripasottile conducono al birdwatching lungo i
sentieri attrezzati dell’omonimo lago e consentono di osservare da vicino molte specie
stanziali o di passo che vi hanno trovato rifugio: folaghe, gallinelle d’acqua, svassi,
garzette, aironi cenerini e anatidi come l’alzavola, il germano reale, la moretta e la
marzaiola. Tra le presenze più discrete ed eccezionali il fenicottero. Usignoli di fiume,
pendolini e cannaioli sono tessitori di artistici nidi tra i rami dei salici. Presenza ormai
costante quella dei cormorani appollaiati ad asciugarsi sui rami degli alberi. Padroni di
casa il falco di palude e il nibbio. Molti anche gli sport praticati all’aria aperta: dalla
canoa lungo il corso del Santa Susanna al volo a vela e parapendio sul campo di
atterraggio ad est della riserva. Tanti buoni motivi per visitare un luogo denso di storia,
ricco di natura e santità.
LA STORIA DEL CAMMINO
Il Santuario di Greccio è uno dei quattro santuari eretti da San Francesco nella Valle
reatina, insieme al Santuario di Fonte Colombo, al Santuario della Foresta, e il convento
di Poggio Bustone. E’ ubicato a circa 15 km dalla città di Rieti, ed è arroccato su un costone
di roccia a circa 2 km dal borgo medievale di Greccio.
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La Valle Santa fu, insieme ad Assisi e a La Verna una delle mete più importanti nella vita
di San Francesco. In questa terra oltre al Cantico delle Creature scrisse la Regola
Francescana e a Greccio nel 1223 fece rivivere i primo presepe cristiano. La collocazione
del Santuario tra i boschi di leccio della media collina suscita un’aspirazione alla
solitudine ed a una rigorosa regola religiosa e di vita, le stesse che hanno guidato
Francesco a spogliarsi dei beni terreni per abbracciare i valori della Natura e del Creato.
Monaco errante e caritativo, il Santo si ritirava a pregare e dormire su un giaciglio di
roccia viva e trascorreva la sua vita nel romitorio roccioso in povertà e solitudine. Il suo
esempio di comunicazione semplice lo portò ad allestire a Greccio nel 1223 la prima
rappresentazione scenica vivente della nascita di Cristo nella notte di Natale. La leggenda
sull’accaduto, reale o scaturita da un racconto, narra che il bambinello, unico personaggio
non vivente della rievocazione, prese vita per tornare, poi, inanimato. In questo si cela il
significato più elevato della cultura francescana che instaura un rapporto diretto con il
mondo e con Dio, ‘Colui che è’, creatura reale, compagno di avventura del vivere umano,
colui cui Francesco chiede consiglio e aiuto nelle sue decisioni sulla Regola.
Le ipotesi su come San Francesco abbia scelto questo luogo erto sulla valle si confondono e
tra queste la più suggestiva è sicuramente quella del bambino a cui il poverello di Assisi
fece lanciare un tizzone che lanciato come una saetta terminò il suo volo sulla parete
rocciosa di un monticello di proprietà del Velita, un noto feudatario del paese di Greccio.
Sembra fu lo stesso Velita nel 1223 che spinse San Francesco a dare vita alla rievocazione
della natività così come è stata tramandata fino a noi. Da quel momento Greccio ed il suo
Santuario sono noti come luogo del primo presepe nel mondo.
Nella grotta che accolse l’evento della natività, cui si giunge dopo aver percorso una lunga
scalinata tagliata sulla pietra, fu costruita una cappellina e sul masso roccioso che servì
da mangiatoia un piccolo altare. Sul fondo della cappella, al di sopra dell’altare c’è uno
splendido affresco del 1400 di scuola Giottesca attribuita al Maestro di Narni, che
rappresenta la Natività di Betlemme su un lato e il Presepe di Greccio sull’altro.
Attraverso uno stretto corridoio si arriva all’interno del romitorio originariamente
abitato dal Santo e dai primi frati suoi seguaci. Si entra nel Refettorio nel quale è posto un
piccolo lavatoio, un tratto di pavimento originale e un caminetto restaurato. Accanto
all’ingresso che conduce al primitivo dormitorio si osservano due affreschi del sec. XVI.
Percorrendo il lungo corridoio sul quale si affacciano le stanzette dove dormivano i frati si
arriva in quella dove Francesco dormiva sulla viva roccia. Il silenzio e la semplicità degli
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ambienti dà ancor oggi la dimensione e il valore di una vita condotta secondo la regola
dell’ordine. Segue lungo il percorso un piccolo Coro ligneo del XVII secolo, un leggio, due
aste di legno girevoli per sostenere il libro e la lanterna e un crocifisso ligneo del XVIII
secolo; sulle pareti un’immagine della Madonna addolorata della Scuola del Sassoferrato
(XVII sec.).
L’immagine-simbolo del Santo sofferente che si asciuga gli occhi, il cui originale è andato
perduto (la copia attuale risale al XIV secolo), evoca la grave infezione alla vista che lo
affliggeva e che ha determinato l’aggravarsi delle sue condizioni di salute negli ultimi anni
di vita.
Nel piazzale esterno si trova la chiesa moderna adagiata con un fianco sulla roccia, eretta
negli anni sessanta e dedicata a Francesco ed alla Vergine Immacolata. All’interno due
presepi di cui uno ligneo ed uno in terracotta. Sul ballatoio sopraelevato e lungo il
percorso di ingresso laterale una mostra permanente di presepi realizzati manualmente e
provenienti da tutto il mondo. Ovunque ricorrono le parole di un antico biografo: "Si
onora ivi la semplicità, si esalta la povertà, si loda l'umiltà e Greccio si trasforma in una
nuova Betlemme".

PIATTI TIPICI
FARRO AL TARTUFO DI LEONESSA
Ingredienti: 200 gr. di farro leonessano, 2 pomodori rossi, 1 cipolla, 1 patata, 3 etti di
salsiccia, sedano, carota, sale. Soffriggere in poco olio di oliva la salsiccia tritata, la cipolla,
il sedano e la carota. Aggiungere i pomodori e il sale facendo cuocere a fuoco moderato. In
due litri d'acqua bollente versare il farro e il condimento soffritto girando frequentemente
con un cucchiaio di legno per circa 40 minuti. A cottura ultimata cospargere il piatto di
tartufo a volontà.
"STRENGOZZI" ALLA REATINA
Pasta di farina, acqua e sale tirata al mattarello a sfoglia spessa e tagliata a strisce. Il sugo è
preparato con grasso di prosciutto, 2 cucchiai d'olio di oliva, peperoncino rosso forte. Far
soffriggere e, non appena rosolato, aggiungere dadini di prosciutto fresco (grasso e magro)
e infine il pomodoro. Salare. Durante la cottura aggiungere piselli freschi.
SPAGHETTI ALLA AMATRICIANA
Ingredienti: guanciale, sale, pepe o peperoncino, pecorino. Si fa soffriggere il guanciale fino
a renderlo molto rosolato, si aggiunge il pomodoro e si fa cuocere per circa 10 minuti
aggiungendo pepe o peperoncino. Si cuociono gli spaghetti al dente e si condiscono con la
salsa e con pecorino.
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FREGNACCE "ALLA SABINESE"
Pasta fatta in casa, tagliata a rombi e condita con spezie, olive nere, funghi, carciofini, aglio
e pomodoro.
STRACCI DI ANTRODOCO
Sottili frittatine a base di farina, acqua e uova, farcite con ripieno di carne, verdura tritata e
formaggio grattugiato, quindi arrotolate, sovrapposte in più strati, cosparse di altro sugo di
carne e formaggio e cotte in forno.
"FREGNACCE" ALLA CASTELNOVESE"
Pasta di farina fatta con metà acqua e metà uova, (senza sale), tirata al mattarello a sfoglia
spessa e tagliata a strisce larghe. Il sugo è preparato con un pesto di maggiorana, aglio e
peperoncino rosso, il tutto soffritto in olio d'oliva di frantoio.
PORCHETTA DI POGGIO BUSTONE
Maialino privato delle interiora e delle ossa, farcito con finocchi selvatici, aglio, lardo, fegato
e cuore soffritti, tritati ed insaporiti con rosmarino, pepe, sale ed
abbondante vino cotto, rosolato a fuoco, infilzato su uno spiedone o al forno, dentro una
conca di quercia.
MINESTRONE DI FARRO
Tagliare a striscioline 80 gr. di lardo e porre in una pentola di coccio con trito di salvia e
rosmarino, 1 cipolla, 1 una carota, 1 zucchina, 1 patata, 1 gambo di sedano e 2 porri. Coprire
con 2 litri d'acqua e aggiungere 2 dadi per brodo e 1 cucchiaino di concentrato di pomodoro.
Portare ad ebollizione e versare 200 gr. di farro; cuocere a fiamma moderata. A cottura
ultimata servire con pepe, grana grattugiato e crostini strofinati d'aglio.
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PRINCIPALI MANIFESTAZIONI CULTURALI E TURISTICHE
GRECCIO – NATALE
GRECCIO – GENNAIO
RIETI – MESE AGOSTO
GRECCIO – MESE LUGLIO
RIETI - MESE LUGLIO
RIETI - GIUGNO ANTONIANO
RIETI – MESE DICEMBRE
RIETI STAGIONE DI PROSA INVERNALE
Sono state richieste informazioni a: Confcommercio Rieti, Comune Rieti – Proloco Rieti – Proloco Terminillo, Associazione
Anima e Acqua, Comune Contigliano – Proloco Contigliano, Comune Greccio – Proloco Greccio, Comune Labro – Proloco
Labro, Comune Rivodutri – Proloco Rivodutri, Comune Poggio Bustone – Proloco Poggio Bustone, Comune Cantalice –
Proloco Cantalice.
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