2008 Archivio MTA

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2008 Archivio MTA
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
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Musicoterapie
in ascolto
http://www.musicoterapieinascolto.com/archivio/85-archivio/79-archivio-2008
Archivio 2008
A cura di Giangiuseppe Bonardi
Articoli
Gli articoli sono archiviati mensilmente, dal più recente al
più datato
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
Indice
3 Musicoterapie in... ascolto (presentazione a cura di Giangiuseppe Bonardi)
3 Bonomi Carla, Oltre il cancello... intense emozioni
5 Bonardi Giangiuseppe, Le pratiche che utilizzano la musica: analogie e
differenze
7 Pasinetti Sandra, L’importante é esser-ci... emotivamente
10 Converso Astrid, “Quando suoni con me non ti preoccupare del risultato
ma cerca di accarezzare la mia anima che, ricolma di emozioni, soffre”
12 Avola Emanuele, Suona la scuola, integrando le emozioni
15 Delogu Chiara, In ascolto
19 Di Sabbato Daniela, V come Valeria... emozioni disvelate
21 Cavallini Daria, L’adolescente spettatore e protagonista delle proprie
emozioni attraverso un percorso musicoterapico
23 Andrello Roberta, Lo sguardo ritrovato... emozioni condivise
26 Greco Marina, L’accoglienza come forma d'ascolto evoluta e privilegiata
delle... emozioni
29 Giudici Silvia, La musica tra terapia e integrazione: emozioni percepite e
armonizzate
31 Lovecchio Antonietta, La riscoperta della dimensione emotiva
dell’adolescente mediante... la musicoterapia
33 Neri Simona, Non mi sembrava vero ma Sara mi ha insegnato ad
ascoltare... le mie emozioni
35 Lagattolla Fulvia, La musicoterapia e il cancro... emozioni musicate
37 Fagiani Marilisa, Quando la musicoterapia aiuta la scuola
39 Bonardi Giangiuseppe, Marius Schneider e la... Musicoterapia!
46 Bonardi Giangiuseppe, Dall’Ascolto alla Musicoterapia
47 Colonnella Alessandra, Tra la musica e la terapia c'é la voce
48 Greco Marina, Qual è il contributo del De musica di Sant Agostino alla...
musicoterapia?
51 Mazzucca Liliana, Emozioni cantate in... musicoterapia
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Luglio
Musicoterapie in... ascolto (presentazione a cura di Giangiuseppe Bonardi)
Pubblicato il 1 luglio 2008
Il termine musicoterapia, oggigiorno, indica un 'fare' musica al fine di aiutare
la persona a relazionarsi meglio con sé e gli altri. La musicoterapia quindi è,
essenzialmente, una prassi, ossia una metodica volta a raggiungere il fine
relazionale mediante la musica ascoltata e/o agita. La metodica
musicoterapica è formata da un metodo (un percorso) e da strumenti
(protocolli, schede, sonorità, brani musicali, canzoni e strumenti musicali,
ecc.) che sono utilizzati per raggiungere il fine razionale ricercato.
Attualmente esistono, di fatto, sul panorama nazionale ed estero
innumerevoli metodiche che spesso, ispirate da riferimenti teorici differenti
('modelli'), tendono a raggiungere lo stesso fine musicoterapico. Credo
fermamente che, allo stato attuale delle cose, solamente procedendo
dall'ascolto e dall'accoglienza di varie esperienze si possa comprendere
l'efficacia e il senso del processo musicoterapico. In questa prospettiva
'Musicoterapie in... ascolto' é uno spazio volto a:
 dar visibilità ad ottime esperienze che spaziano in ambito
riabilitativo, psichiatrico, animativo, educativo, ecc.;
 divulgare progetti formativi inerenti la tematica dell'ascolto;
 approfondire il pensiero di Marius Schneider;
 analizzare il processo musicoterapico;
 segnalare pubblicazioni musicoterapiche;
 diventare uno spazio di dialogo.
Giangiuseppe Bonardi
[email protected]
Agosto
Bonomi Carla, *Oltre il cancello... intense emozioni
Pubblicato il 30 agosto 2008
Varcare il cancello dell'ospedale, era ogni volta un'esperienza
nuova ed emozionante. Il cancello rappresentava, una sorta di
confine tra due modi di vivere la vita... due mondi diversi: il
mondo della "libertà", dove ognuno decide quando e cosa fare ed
il mondo "dei diversi", di quelle persone chiamate e classificate
come pazienti psichiatrici. In questo mondo l'agire di ogni
persona è condizionata da scansioni precise di orario alle quali
non può sottrarsi, dalla coabitazione con altri ospiti che non ha
scelto. I pazienti psichiatrici possono essere brutalmente
maltrattati o assurdamente coccolati, privati dei più elementari
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bisogni e diritti umani o fornite di più beni, servizi di quanti non
siano concessi alle persone ordinarie. Aldilà di tutte le cose che i
pazienti psichiatrici possono ottenere, c'è qualcosa che forse non
avranno mai: il rispetto d'essere considerati semplicemente come
esseri umani. Niente di meno e niente di più. L'esperienza che voglio
comunicare, nasce all'interno del reparto di un ospedale psichiatrico pugliese,
dove per la prima volta è stato svolto un intervento musicoterapico. L'azione
musicoterapica è nata con la convinzione che la musica sarebbe stata uno
strumento, un veicolo privilegiato, per realizzare un buon rapporto, per
costruire una relazione "buona" con alcuni ospiti della struttura. La Direzione
Generale dell'Ente, tenendo conto del parere favorevole espresso dal Direttore
Sanitario, ha accolto favorevolmente la richiesta per lo svolgimento
dell'intervento musicoterapico, incaricando lo stesso alla designazione di un
tutor, un medico, che mi ha seguita per tutta la durata dell'esperienza. La mia
gioia fu grande! Però, quando mi sono inserita in questa realtà, ho dovuto ben
presto imparare a "sapermi muovere dentro...la confusione organizzativa", il
rimando da un operatore all'altro... Questa situazione caotica, più di una
volta, mi ha quasi "spiazzata", ma ho resistito perché credevo in ciò che facevo
e soprattutto perché avevo captato già piccoli risultati positivi. Ho cercato
quindi di adeguarmi, di volta in volta, agli imprevisti e portare a termine
l'intervento musicoterapico, riuscendo ad ottenere risultati soddisfacenti.
Carla Bonomi
 *Titolo originale del contributo: Bonomi Carla (2003), Oltre il
... cancello. Un'esperienza di musicoterapia condotta in
ambito psichiatrico, Relatore: Prof. Giangiuseppe Bonardi, Tesi di
Diploma, Corso Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana,
Assisi.
 Indice. Oltre il cancello. Premessa. Quale musicoterapia? Finalmente
si... inizia. Alla ricerca di... Costantina. Dove vive Costantina? Come è
difficile poter osservare il "mondo sonoro" di Costantina. Dal silenzio
a... Intonare... emozioni. "L'incantesimo della chitarra". Conclusioni. La
documentazione dell'esperienza: la scheda informativa inerente le
sonorità e le musiche ascoltate abitualmente da Costantina.
L'osservazione ambientale. L'osservazione musicoterapica. La fase
iniziale del trattamento individuale di musicoterapia. La fase intermedia
del trattamento individuale di musicoterapia. La fase finale del
trattamento individuale di musicoterapia. Bibliografia.
 Argomento L'autrice, da abile pianista qual è, conduce il lettore "oltre
il cancello", portandolo alla lenta riscoperta della dimensione umana di
un ospite di un ospedale psichiatrico. Un viaggio musicoterapico
difficile, durato ben due anni, ma carico di intense emozioni accolte e
musicate.
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Reperibilità La tesi è consultabile: presso la segreteria del Corso
Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi
Centralino 075/813231 Fax 075/8112288 [email protected] o,
contattando direttamente l'Autore.
 Contatto con l'Autore: [email protected]
Con tag Musicoterapia e psichiatria, Bonomi Carla
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
Bonardi Giangiuseppe, Le pratiche che utilizzano la musica:
analogie e differenze
Pubblicato il 27 agosto 2008 da Musicoterapie in... ascolto
http://musicoterapie.over-blog.com/
Tra le prassi che utilizzano la musica, alcune sono maggiormente conosciute,
altre, molto meno.
Ad esempio, l’animazione musicale, l’educazione musicale, il concerto sono
ormai prassi storicamente consolidate, mentre la musicoterapia o la
riabilitazione musicale sono pratiche relativamente nuove poco note, sebbene,
in ciascuna di esse, si utilizzi la musica.
Ciò che differenzia queste attività musicali è la finalità specifica che
perseguono.
In musicoterapia la finalità prioritaria è quella di riattivare il processo
relazionale così intriso di emozioni.
In musicoterapia, la musica è la manifestazione acustica degli stati emotivi
vissuti da un ristretto numero di partecipanti.
Nell’animazione musicale lo scopo fondamentale è quello di integrare
(emotivamente)
un
congruo
numero
di
persone.
Nell’animazione musicale, la musica è la manifestazione acustica del livello di
coesione del gruppo.
L’educazione musicale ha come scopo prioritario l’apprendimento,
favorendo nei partecipanti l’acquisizione di specifiche competenze musicali.
Nell’educazione musicale, la musica modula, con l’acquisizione di competenze
specifiche, la dimensione affettiva dei partecipanti.
La riabilitazione musicale è finalizzata a migliorare l’utilizzo di una
funzione ridotta.
Nella riabilitazione musicale, la musica connota l'esecuzione di un atto
specifico, motivando la persona a eseguirlo, provando ad esempio
un’emozione piacevole.
Il concerto è volto alla fruizione di un evento musicale. Durante un concerto,
la musica è il mezzo che riattiva nell’ascoltatore le proprie dimensioni
d’ascolto, spesso intrise di emozioni.
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Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
Se la dimensione emotiva può essere considerata come il
denominatore comune delle pratiche musicali considerate, ciascuna
di loro può avere valenze relazionali, d’apprendimento, riabilitative, d’ascolto
senza modificarne le finalità specifiche delle stesse poiché ogni prassi che
utilizza la musica ha riferimenti teorici, metodi e strumenti propri.
L’efficacia delle differenti attività è da rilevare nella
complementarietà delle stesse.
Fare musicoterapia non è più importante di un’attività animativa, educativa,
riabilitativa o concertistica giacché l’una è il completamento dell’altra.
La musicoterapia è volta a riattivare il processo di presa di coscienza della
dimensione emotiva della persona ma se non ci fosse un’altra attività che
modula formalmente l’espressione musicale in un’ottica comunicativa, la
nascente consapevolezza emotiva non potrebbe svilupparsi.
Parimenti non è ragionevole invitare una persona a comunicare
musicalmente parti di sé se non è in grado di percepirle.
Pertanto le pratiche musicali hanno pari dignità e possono
concorrere allo sviluppo armonico della persona poiché l’una
implica il contributo dell’altra.
Musicoterapia Animazione Educazione Riabilitazione Concerto
musicale
musicale
musicale
Emozioni
Emozioni
Emozioni
Emozioni
Emozioni
percepite
condivise
modulate
motivate
ascoltate
Giangiuseppe Bonardi
[email protected]
Con tag Riferimenti teorici di musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe
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Pasinetti Sandra, *L'importante é esser-ci... emotivamente
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Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
Pubblicato il 26 agosto 2008
Punto di svolta nella realizzazione del progetto musicoterapico è stato
l'interrogativo
postomi
in
supervisione:
« Cosa intendi quando utilizzi l'espressione "relazionale
individuale
musicoterapica"?
».
Questa richiesta ha avuto in me l'effetto di una "doccia fredda" poiché mi
ha fatto riconsiderare il lavoro che stavo facendo assumendo una posizione
realmente critica nei confronti di tutto ciò che, con superficialità, avevo
definito come "relazione", "dinamiche relazionali", "spazio
relazionale" ecc.
Per giungere a una situazione di ascolto non centrato su di sé è necessario che
la persona "coinvolga" anche l'altro in ciò che esprime.
La persona può ascoltare se stessa coinvolgendo l'altro secondo un processo
che le permetta anche di cogliere quanto l'altro ha da dirle.
Questo significava fare attenzione alle modalità di espressione-percezione
sonoro-musicali di Simona, perché costituivano il mezzo tramite il quale lei
"diceva" qualcosa di sé in base al fatto che queste potevano essere attuate
secondo un processo in cui le rivolgeva:
1)prima unicamente a sé stessa senza cogliere la presenza dell'altro nel
contesto musicoterapico (modalità di espressione/percezione sonoromusicale);
2)dopo a se stessa però cogliendo l'altro come presenza passiva nel contesto
musicoterapico
(modalità
musicoterapiche);
3)infine all'altro cogliendolo come presenza attiva nel contesto
musicoterapico (dinamiche di contatto musicoterapiche).
SE STESSO → SE STESSO CON L'ALTRO → ALTRO
Nel contesto musicoterapico esperito Simona ha messo in atto delle modalità
di espressione-percezione sonoro-musicale che si sono rivelate sempre uguali
e che hanno ricevuto sempre le stesse risposte da parte mia. Simona però in
alcuni momenti effettuava queste modalità "sola" (non considerava la
presenza della musicoterapista); mentre in altri momenti permetteva di
"esserci"
con
lei
in
quello
che
manifestava.
Mi sono chiesta se, sulle basi di questa "esclusione-accettazione", potessi
considerare queste modalità come i presupposti per l'insorgere di una
relazioni.
Nel tentativo di trovare una risposta a questa domanda mi sono trovata a fare
un passo indietro rispetto a tutto ciò che avevo considerato frutto di una
relazione. In altre parole avevo tralasciato il fatto che la relazione costituiva il
fine dell'intervento musicoterapico e non era sicuramente un punto di
partenza
prestabilito
come
avevo
dato
per
scontato.
Per questo motivo ho preferito utilizzare il termine contatto e focalizzare
l'attenzione sugli scambi-incontri sonoro-musicali considerandoli come le
basi su cui intervenire per favorire l'insorgere di una relazione in ambito
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Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
musicoterapico.
(...)
Le mie riflessioni personali si sono dunque focalizzate sul "cosa" porta alla
costituzione di un contatto sonoro-musicale in ambito musicoterapico e ho
individuato alcuni "rituali/procedimenti" messi in atto sia da Simona sia da
me i quali non costituivano vere e proprie relazioni ma sicuramente potevano
essere considerate dinamiche di contatto.
Ho dato allora importanza a questi "rituali/procedimenti" considerandoli
come punti di partenza per intraprendere un percorso in cui la sonoritàmusicalità-corporeità che caratterizza la persona diviene il mezzo per aiutarla
a sviluppare-mantenere-potenziare le abilità socio-emozionali idonee per
l'istaurarsi di un rapporto relazionale (distensione emotiva) e attenuare quelle
inappropriate
(tensione
emotiva).
Simona è stata presa in considerazione nella sua sonorità-musicalitàcorporeità, ossia nell'insieme interrelato di suoni, musiche, "modi di essere
e/o esserci" e "risposte rivolte a sé e/o all'altro" che le appartenevano.
Ho potuto riflettere ulteriormente sul significato di "modo di essere e/o
esserci" considerando alcuni concetti riferiti al pensiero filosofico di M.
Heidegger, in particolare all'analisi dell'essenza e al problema del senso
dell'essere.
L'individuo non è ritenuto un soggetto-uomo in senso astratto, ma è
analizzato concretamente nel suo essere in apertura nel mondo. Proprio
questo essere aperto nel mondo è definito da M. Heidegger come l'esser-ci
("Da-sein") dell'uomo "in un' epoca, in una località, in una lingua e in una
cultura che egli non ha scelto, ma con le quali deve entrare in un rapporto
attivo"[i].
Nei concetti riguardanti lo spazio qualitativo di M. Heidegger e quello
personale di M. Argyle ho trovato riferimenti adeguati per riuscire a
descrivere anche ciò che caratterizza lo spazio comune di contatto (S.C.C.).
Ogni essere umano si trova a vivere in uno "spazio qualitativo, un mondoambiente (Umwelt) espressivo, situazionale e progettuale che può
restringersi, allargarsi, modificarsi, aprirsi o chiudersi in rapporto alle
condizioni di vita dell'individuo. L'uomo non è nello spazio come un oggetto,
ma come un soggetto sempre dotato di intenzioni e progetti."[ii]
In collegamento a questo concetto di mondo-ambiente si può parlare di
"spazio personale, quella bolla immaginaria che circonda ogni individuo,
definisce la sua zona di intimità e varia nelle determinate patologie [...]"[iii].
Lo S.C.C. nel contesto musicoterapico è stato esperito come l'estensione di
una dimensione in cui i personali "modi di essere e risposte rivolte a sé" si
incontrano con quelle dell'altra persona diventando personali "modi di esserci
e risposte rivolte all'altro".
Sandra Pasinetti
 *Titolo originale del contributo: Pasinetti Sandra, (2000),
Musicoterapia tra espressione-percezione sonoro- musicale
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



e distensione/tensione emotiva, Relatore: Prof. Giangiuseppe
Bonardi, Tesi di Diploma, Corso Quadriennale.
Indice Parte I - Teoria. Premessa. Espressione e percezione. Aspetti
non verbali ed emozioni. Parte II - Prassi. L'esperienza con Simona.
Periodo e frequenza dell'esperienza. Persone coinvolte nell'esperienza.
Simona. L'intervento musicoterapico. Analisi qualitativa. Analisi
quantitativa.
Documentazione.
La
ricerca
musicoterapica.
L'osservazione musicoterapica. Il contatto sonoro-musicale. Parte III Conclusioni. Riflessioni conclusive. Bibliografia.
Argomento. Raramente capita di incontrare una persona, una perla
rara, che incarni, vivendo quotidianamente ciò in cui crede: Sandra
Pasinetti è una di queste. L'autrice non si limita a descrivere una lunga
(due anni di lavoro) esperienza musicoterapica condotta in ambito
riabilitativo, ma la rielabora, interrogandosi a livello teorico e pratico,
donandoci infine un prezioso regalo: per fare musicoterapia
dobbiamo, innanzi tutto, esser-ci con il cuore e con la mente.
Reperibilità. La tesi è consultabile: presso la segreteria del Corso
Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi
Centralino 075/813231 Fax 075/8112288 [email protected] o,
contattando direttamente l'Autore.
Contatto con l'Autore:[email protected]
[i] N. Ubaldo, Atlante illustrato di filosofia, Demetra, 1999, p. 446.
[ii] Ibid., p. 446.
[iii] Ibid., p. 447.
Settembre
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Converso Astrid, *"Quando suoni con me non ti preoccupare del risultato ma
cerca di accarezzare la mia anima che, ricolma di emozioni, soffre"
Pubblicato il 29 settembre 2008
L'esperienza svolta mi ha consentito di poter riflettere in merito ad
alcune tematiche particolari che caratterizzano qualsiasi azione
musicoterapica, ossia vivere, ascoltare le emozioni, le relazioni
sonoro-musicali,
le
attese
e
i
silenzi.
Il lavoro svolto in circa due anni non può sicuramente dirsi
concluso, mi ha comunque indicato la strada da seguire.
Credo che questo percorso, non dovrebbe mai finire in quanto il senso del
mio lavoro è quello di cercare di migliorare e di aiutare (terapia) le persone
disabili,
bisognose
di
cure
per
'l'anima'.
Un aspetto molto interessante del mio lavoro è stata la necessità di dovermi
confrontare con una realtà difficile e non alla portata di tutti.
In questa situazione l'intervento musicoterapico doveva coordinarsi con altre
persone con professionalità diverse cercando di collaborare al meglio
(équipe), imparando anche nel concreto, a lavorare per progetti e obiettivi.
Non da ultimo ho potuto constatare che tutti i cambiamenti, per poter essere
attuati, e non rimanere dei bei progetti teorici, necessitano di un forte
coinvolgimento emotivo: non si può imporre a nessuno il cambiamento: deve
essere
il
singolo
a
crederci.
Il
cambiamento
deve
arrivare,
innanzitutto,
da
noi.
Se noi stessi, come terapisti non ci crediamo, e ciò implica intanto un forte
coinvolgimento,
è
impossibile
riuscire
ad
attuarlo.
Sono stati due anni particolarmente difficili, dove però sono riuscita a
comprendermi
e
a
comprendere
meglio
gli
altri.
La scoperta paradossale è avvenuta al termine dell'esperienza
quando mi sono resa conto che sono stati "i miei ragazzi" ad
avermi insegnato qualcosa e, forse, qualcosa ho insegnato io a
loro.
Nello specifico con:
 Giovanna ho imparato a riconoscere e a gestire le mie emozioni per
poi poter supportare, gestire e aiutare quelle altrui;
 Alex ho imparato ad aspettare, ad avere pazienza, a prendere coscienza
delle tempistiche del prossimo, e a non pretendere niente subito, a
trasmetter sicurezza in modo da far sentire l'altro a proprio agio;
 Anna ho appreso il vero significato del silenzio, e mi ha fornito gli
strumenti per saperlo usare e saperne trarre mezzi di comunicazione
adeguata;
 Emma ho capito l'importanza di una relazione sonora, fatta di sguardi
di intesa, di "musica d'insieme" per creare e comunicare. Se un ritmo si
produce contemporaneamente, ma, manca lo sguardo reciproco, non si
può affermare di avere una interazione sonora;
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Matteo ho avuto più difficoltà. L'aggressività latente di Matteo
dovrebbe essere analizzata a fondo. Posso considerarlo quasi come il
mio primo insuccesso, dove per arrivare a delle conclusioni ci sono
voluti due anni pieni e, non sono ancora del tutto risolti i suoi
"atteggiamenti" aggressivi. Sicuramente, come in tutti i casi, ci sono
componenti esterne che influiscono su questi ragazzi "problematici", ma
con Matteo ci sono difficoltà di relazione molto profonde, non solo
all'interno dell'habitat musicoterapico o comunitario, ma anche nella
vita di tutti i giorni. Attualmente sto collaborando con l'équipe per
migliorare le condizioni di Matteo, aiutandolo a sentirsi partecipe e
indispensabile per la vita comunitaria.
Guardandomi indietro e, ripensando ai due intensi anni di lavoro che ho
compiuto,
posso
affermare
di
essere
soddisfatta.
Ero partita con tante paure e incertezze, che la sola teoria non può eliminare
e, alla fine del percorso, mi riscopro piena di entusiasmo e carica di buoni
insegnamenti che non avrei mai pensato potessero arrivare proprio da chi
necessita di cure.
Astrid Converso

*Titolo originale del contributo
Converso Astrid (2007), Relazioni ed emozioni in musicoterapia,
Relatore: Prof. Giangiuseppe Bonardi, Tesi di Diploma, Corso Quadriennale
di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi. Indice L'unicità dei processi
musicoterapici. Il contesto di intervento musicoterapico. La metodica
musicoterapica utilizzata. Emozioni e sentimenti vissuti in musicoterapia.
L'insegnamento di Giovanna. L'esperienza del tempo in musicoterapia.
L'insegnamento di Alex. Dialoghi silenziosi in "musicoterapia".
L'insegnamento di Anna. Relazioni sonoro - musicali in musicoterapia.
L'insegnamento di Matteo. L'insegnamento di Emma. Conclusioni.
Bibliografia. Discografia.
Argomento
L'originale contributo dell'autrice conduce il lettore nel cuore delle relazioni
musicoterapiche da lei vissute, svelandone la peculiarità di ognuna. Pertanto
ogni incontro regala all'autrice un insegnamento, chiarendo il senso delle
emozioni, delle sonorità, delle musiche e dei silenzi estremamente vissuti e
condivisi da entrambe i partecipanti durante ciascuna interazione.
Reperibilità
La tesi è consultabile presso la segreteria del Corso Quadriennale di
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Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi Centralino 075/813231 Fax
075/8112288 [email protected] o, contattando direttamente l'Autore.
Contatto con l'Autore
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Con tag Musicoterapia e ritardo mentale, Converso Astrid
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Avola Emanuele, Suona la scuola, integrando le emozioni
Pubblicato il 29 settembre 2008
Svolgendo il mio lavoro di Operatore Sociale presso la Coop. Soc. "Il
Quadrifoglio" di Orvieto e, seguendo già da tre anni a scuola, Leonardo,
(nome di fantasia, in ottemperanza alla legge della privacy, evocante
un ragazzo adolescente affetto da una grave forma di cromosopatia congenita
con conseguente ritardo psicomotorio, del linguaggio e cognitivo) sentivo la
necessità di sviluppare un'attività di integrazione e partecipazione dello stesso
e
di
tutti
i
suoi
compagni
di
classe.
Non sempre, nella normale prassi scolastica, era possibile attualizzare e
condividere momenti di scambio e integrazione reciproca tra Leonardo e i
compagni, poiché non sempre gli impegni giornalieri didattici coincidevano e
perché non sempre Leonardo era disposto a condividere gli stessi spazi e orari
con
i
compagni.
Sentivo quindi la necessità di trovare una modalità di intervento che mi
permettesse di far condividere a Leonardo e ai suoi compagni la stessa
esperienza ludica-riflessiva, da vivere, condividere e formare insieme.
L'obiettivo era quello di integrare ogni singolo studente all'interno del gruppo
classe e permettere a Leonardo di sentirsi, a sua volta, integrato in un gruppo
di amici che condividessero con lui le piccole o le grandi difficoltà che trovava
nel
cammino
della
vita.
Contemporaneamente volevo far conoscere ai ragazzi le qualità nascoste di
Leonardo, la sua forza, il suo coraggio, la sua vitalità, la sensibilità, il suo
essere sognatore, instancabile compagno di giochi e, perché no,
maggiormente
bisognevole
di
attenzione.
A mio parere far vivere questa esperienza ai coetanei di Leonardo li poteva far
maturare e considerarlo non più come un 'diverso' ma come un positivo punto
di riferimento per ognuno di loro, un amico con il quale bisogna sempre
mettersi
in
gioco
nell'aiuto
e
nello
scambio
reciproco.
La musica è stata il mediatore fondamentale che ha permesso a Leonardo e ai
compagni
di
scoprirsi
e
condividere
le
emozioni
vissute.
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Sarebbe meglio dire la musicalità, ovvero la capacità di ognuno di rispondere
emotivamente e fisicamente agli stimoli sonori che circondano l'ambiente.
L'azione educativa è proceduta prima sulla percezione, poi sull'analisi dello
spazio sonoro che circonda Leonardo e i suoi compagni; uno spazio sonoro
scolastico, ovvero un luogo fatto di suoni e sonorità che, giorno dopo giorno,
caratterizzano
il
loro
percorso
educativo.
La scuola produce suoni, lo studente ne è al dentro e li assorbe continuamente
arricchendosi
della
loro
identità.
La scuola non è scuola se manca il suono della campanella, del pulmino che
viene a prendere gli studenti, dello sfogliare di pagine di libri, quaderni,
diari...
Non è scuola se mancano le caratteristiche cadenze ritmiche vocali dei
docenti, se manca il "frastuono" all'interno della palestra o della mensa...
La scuola si colora delle voci di ogni persona che la vive: bidelli, professori,
genitori,
alunni...
La scuola è quindi una grande cassa di risonanza di suoni che caratterizzano
ogni nostra età; ogni momento condiviso nella scuola ha un suono o ne è
circondato.
La scuola accompagna e protegge (fisicamente e ideologicamente) ogni
studente; in ogni anno di crescita gli dona e lo immerge in infiniti suoni di
riferimento che, come un battito vitale, lo accompagneranno per tutta la vita.
L'esigenza di far scoprire a Leonardo queste percezioni sonore, dando loro un
nome e una spiegazione (importanti per la sua maturazione e comprensione),
mi ha spinto così a ideare questa esperienza musicale, ossia: "Suona la
Scuola", in cui ogni studente sarà chiamato a dialogare con la propria scuola,
cercando in lei ogni sfumatura ed ogni caratteristica personale che si voglia
scoprire; questo dialogo sarà svolto andando a cercare "le voci" della scuola,
andandole a stimolare e stuzzicare, mettendosi con loro in reciproco scambio
e
trasmettendo
il
proprio
vissuto.
Un'aula, ad esempio, è stracolma di suoni che possono caratterizzare
quell'angolo di scuola; si pensi ai suoni prodotti dai banchi, dalle sedie, dalle
mani sui muri, dagli armadietti, dallo sfogliare dei registri, dei libri e
quaderni, dal tratto delle penne su un foglio, dal gesso sulla lavagna..., suoni
che ricordiamo e sentiamo ancora vivere dentro ognuno di noi.
Da ciò ho intuito l'importanza che queste sonorità hanno su ogni studente
(così come lo hanno avuto per ciascuno di noi) e questo mi ha stimolato a
cercare un'attività che possa rendere ancor più speciale e indimenticabile ogni
gesto-suono,
ogni
sonorità
che
la
scuola
trasmette.
Questo perché saranno le sonorità che Leonardo e i suoi compagni di classe
condivideranno per sempre, nei ricordi, nei pensieri, negli emozionanti
ritorni
al
passato.
Ogni suono caratterizza i singoli istanti di una lezione, ogni momento di
condivisione didattica. Si ascoltano e si producono i suoni senza fare più caso
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
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14
alla loro presenza ma, immaginando di viverne senza, scopriamo la loro reale
importanza e la loro capacità di riempire e caratterizzare il momento
scolastico.
Così, oltre che divertente, sarà stimolante ed educativo andare a curiosare tra
gli oggetti inanimati della scuola per cercare le loro voci, da quelle più
evidenti (una sedia che cade a terra) a quelle più nascoste (il silenzio del
cancellino)...
Sarà divertente e stimolante capire come ognuno si pone dinanzi ad un suono,
che può essere auto-prodotto o prodotto da altri o addirittura dall'ambiente
stesso.
Sarà interessante scoprire ed "aprire" sempre più le orecchie e la mente alle
sonorità che, in sottofondo, accompagnano e allietano (caratterizzandolo)
ogni
momento
della
crescita
scolastica
e
umana.
Leonardo ha bisogno di attività che stimolino la propria percezione
sensoriale, necessita di proposte che lo portino a vivere intensamente
un'esperienza
di
ascolto,
musicale
e
relazionale.
"Suona la Scuola" vuole chiedere, al tempo di ognuno, di rallentare il proprio
corso, di aspettare chi rimane indietro, ascoltare cosa realmente ci
caratterizza come esseri umani, cogliere le più piccole sfumature di ogni
giornata vissuta nell'amicizia e nel reciproco scambio, chiedere a sé stessi e
agli altri cosa siamo nella scuola e come la viviamo, come la ascoltiamo!
Ascoltare la scuola vuol dire ascoltare sé stessi e ascoltare gli altri, donare le
proprie sonorità umane e vivere quelle degli altri: le voci, le divertenti risate,
le litigate, lo scambio di esperienze continue e importanti per tutti i ragazzi...
A
scuola
si
impara
anche
a
vivere
con
gli
altri.
L'intero lavoro è stato pensato per permettere a tutti di tuffarsi nelle dense
sonorità che ci circondano, ma principalmente è stato ideato, progettato,
analizzato e articolato per Leonardo e per la sua richiesta continua di amicizia
e
di
aiuto.
Ci ascoltiamo nello spazio scuola per ascoltare meglio Leonardo nella vita,
analizzando:
 lo "Spazio": lo spazio sonoro, lo spazio vitale, lo spazio che ci circonda
e in cui siamo parte attiva. Si analizzerà la sensazione realistica di vivere
e condividere uno spazio, ovvero un luogo in cui le diverse richieste,
proposte ed esigenze trovano la stessa dimensione fisica e mentale;
 il "Corpo": il nostro corpo segna i confini tra lo spazio interno e quello
esterno ed è il tramite di scambio di emozioni e percezioni. Lo scambio
vitale presuppone due corpi che danno e ricevono. Il corpo è contenitore
della nostra vita e di tutte le sue sfumature; il nostro corpo è l'emozione
che diventa gesto per gli altri;
 "Mi chiamo suono": scoprire come siamo fatti di suoni, come la loro
esistenza caratterizzi ogni nostro momento di vita andandoci a formare
nella musicalità dell'esistenza;
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15
"Suona la Scuola": presentazione dinamica e finalità del progetto.
Emanuele Avola
[email protected]
Con tag Espereinze brevi di musicoterapia
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
Delogu Chiara, *In ascolto
Pubblicato il 29 settembre 2008
“Una delle parti più difficili del mio addestramento
è stato imparare ad osservare senza giudicare e
senza essere coinvolto emotivamente.
Ma è proprio questo il modo
in cui possiamo utilizzare il nostro potere,
in modo da poter veramente aiutare la gente.
Possiamo essere molto più d’aiuto
se siamo abbastanza forti
da sollevare lo spirito di chi soffre,
impedendo alle nostre emozioni
di unirsi al dolore.
Questa esperienza è chiamata empatia:
mettere la nostra mente,
ma solo la nostra mente,
nella situazione di una persona in difficoltà,
mentre noi restiamo in un luogo sicuro,
cercando di portare con noi
anche la persona che soffre.”.
Cuore d’Orso “Il vento è mia madre”[1]
Così parte il mio viaggio.
Mi trovo al C.B.D. (Centro Bresciano Down), una struttura che accoglie e si
prende cura di bambini, diversamente abili, dall’infanzia all’adolescenza.
Il mio percorso musico... terapico, che scoprirò solo in seguito essere un
viaggio dentro di me, dentro i suoni, i miei silenzi assordanti, mi porta a
conoscere Daniele, Diego, Beatrice, Paola e infine Michele.
I primi passi tentennanti sono destinati a capire chi sono, come
ascolto, cosa provo, come vivo il mio essere fuori dal gioco.
Sono i miei occhi che prendono il sopravvento, poi il mio essere in uno spazio,
lo spazio che contiene l’azione, il tempo mio, il tempo dell’altro, la mia
frustrazione
e
infine
la
musica.
Rifletto... Chirone è un antieroe. Vince grazie alla propria fragilità. Riesce a
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16
diventare empatico e a guarire gli altri, solo quando non cerca più a tutti i
costi di affermare la propria intelligenza e il proprio talento. Raggiunge la
supremazia, l’unione con il tutto, solo quando, anziché combattere
il dolore, lo accetta.
E di fronte all’impossibilità di guarire mi sento piccola, piccolissima e
comincio
a
capire
l’importanza
del
prendersi
cura.
Sono questi i sentimenti che vivo nel mio osservare.
L’immagine dell’impotenza è costante.
Dopo innumerevoli domande su chi sono, su come ascolto, su cosa ascolto, se
davvero sto osservando l’altro, se sono attenta, mi abbandono al nulla.
Non più domande, ma solo presente, non più architetture mentali, solo pelle.
Il viaggio mi porta a considerare quanto è meraviglioso accettare
le mie parti dolorose, rotte, i cocci.
Mi sovviene la favola del contadino che tutti i giorni si reca alla fonte con il
suo ciuchino sulla cui groppa sono poggiate due anfore: una nuova bellissima
e una vecchia e buca. L’anfora vecchia perde acqua ed è affranta, si sente
inutile, brutta. Disperata chiede al contadino perché non la sostituisce con
una nuova. Pazientemente il contadino le suggerisce di guardare il tragitto e
osservandolo scopre che l’acqua che lei perde ogni giorno è fonte di vita per
fiori meravigliosi che crescono al suo passaggio. Mi piace pensare che le
anfore incontrate in questo percorso abbiano dato vita a fiori che popolano il
mio giardino interiore. Fiori che sono colorati di rispetto, fiori che mi hanno
insegnato a saper vedere e a saper ascoltare senza giudizio, senza voler
cambiare. Piuttosto cercando di modellare il mio modo con quello dell’altro
nel
rispetto
del
pensiero
e
del
sentire
altrui.
La tolleranza è una magnifica virtù. Senza tolleranza non c’è creatività, non
c’è amore. Non c’è possibilità di cambiare e di crescere.
Lasciare che l’altro sia libero in questo spazio, avere fiducia che
possa inventare da sé il proprio destino. Se lo spazio c’è, può
respirare e vivere.
Questo
è
il
rispetto
che
sto
imparando.
Scopro il lato affascinante dell’osservare, dell’ascoltare: tu scruti
un altro e ti ritrovi nei tuoi ricordi, nella tua pelle, nelle tue
viscere. C’è sempre un profumo che risuona in te e sembra che ti scivoli
addosso e invece penetra fino al cuore. Si addentrano i ritmi ossessivi, i gesti
lenti, le paure, la rabbia, la sensualità, l’allegria, i pensieri rigidi, tutti figli di
un unico sentire, di una grande mamma che nutre e figlia in continuazione.
Il pensiero rigido dell’altro mi ricorda le mie rigidità, le mie
barriere, le mie paure.
Come si fa a permettere all’altro di respirarti se tu stesso non te lo concedi?
Come si fa a fidarsi?
L’unica risposta che sono in grado di darmi è che ci si deve
abbandonare
al
sentire,
al
cuore.
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E nell’ascoltare, nel vivere quello spazio tutto permeato di grandi emozioni
contrastanti mi sono sentita, a volte inutile, altre debolissima, inadeguata,
impotente, altre teneramente coinvolta, altre ancora un pezzo d’arredamento,
e spesso di fronte ad un enigma, un rebus: cosa pensa?
Perché si muove così?
Perché suona così?
Perché utilizza quello strumento?
Perché,
perché,
perché...
Bonardi[2] sostiene che: “... l’ascolto non è un’ovvietà, ma è
un’attività intenzionale: un atto di volontà e che ascoltare vuol
dire accogliere se stessi per accogliere l’altro.”.
Se gli stati d’animo e gli atteggiamenti non vengono compresi ed elaborati da
parte degli operatori portano ben presto ad una paralisi della relazione ed alla
totale incapacità di facilitare e consentire positive evoluzioni ed integrazioni
della personalità del soggetto.
È necessario conoscere tali stati per familiarizzarsi con essi e consentire
adeguate condotte di risposta e forme di elaborazione positiva dei vissuti e dei
momenti interattivi.
Infatti, se il pensiero è bloccato, non è possibile progettare né ipotizzare
interazioni costruttive; mentre le emozioni vengono troppo liberamente ed
aggressivamente espresse senza consentire apprendimento.
Qualora siano invece ben comprese è possibile esprimerle in forma
comunicativa
e
regolarne
l’espressione.
Decido che è giunto il momento di far pace con me stessa, con le
mie debolezze.
Questo è uno dei primi doni che mi vengono regalati. Accolgo me stessa e le
mie
fragilità,
per
accogliere
meglio
l’altro.
Tomatis[3], nel suo saggio L’orecchio e la voce, sostiene che “l’ascolto è
una facoltà che è allo stesso tempo una porta aperta sulla
coscienza e un’apertura della coscienza sul campo della
percezione.”.
Pone l’attenzione sulla differenza che passa tra sentire e ascoltare, dove
sentire significa avvertire il suono e prenderne coscienza, mentre
nell’ascolto partecipa una parte di volontà che agisce
immediatamente, cambiando l’atteggiamento mentale, così come
le posture dell’ascoltatore.
Tendere l’orecchio significa allora, tendere il corpo, sollecitarne il sistema
nervoso e ascoltare implica un impegno totale del corpo.
Queste riflessioni mi sollecitano ulteriori interrogativi.Sono una buona
ascoltatrice?
Guardo
me
stessa
per
quella
che
sono?
Accetto di scoprirmi ?L’ideale di un uomo saggio è un orecchio che ascolta,
sosteneva Siracide. Mettersi ad ascoltare significa non assumere una postura
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sbagliata, non essere in uno stato di cattiva disposizione d’animo o di
malattia, ma esserci volontariamente.
E ‘volontariamente’ è un vocabolo abbastanza ingombrante, senza dubbio
perché viene frainteso. Sottintende l’azione, l’agire in tutte le sue forme, tutto
ciò che ha prospettive di divenire.
Come la vita stessa, che si esprime essenzialmente nel divenire, la volontà
sembra essere appunto una delle espressioni dinamiche della vita.
L’atto di volontà in realtà non esiste, essendo la volontà in quanto tale un atto.
È un processo liberatorio... se tutto andasse per il meglio l’uomo sarebbe
indotto a uno stato di ascolto permanente, l’uomo sarebbe un’antenna
permanentemente in ascolto. Dunque di che cosa si tratta?
Si tratta dell’altro e di se stessi.
Di una profonda disposizione ad ascoltare tutto fino nel profondo
dell’universo e oltre i limiti del nostro intendere, per scoprirvi la fonte di ogni
energia, di ogni mutamento, di ogni forma di vita, di qualsiasi tipo di
vibrazione.
Solo così si può essere capaci di ascoltare l’altro come noi stessi.
In questa immensità nella quale siamo immersi e che costituisce il cosmo, noi
siamo certamente un niente, ma un niente che ascolta. Grazie a questa
dimensione particolare, l’uomo è strettamente collegato al tutto. Sollecitato a
partecipare al tutto, come elemento attivo di un medesimo dinamismo,
all’interno del medesimo slancio vitale e nella medesima direzione, quella di
una evoluzione che si compie in comunione con la creazione stessa, nella
pienezza della sua realizzazione.
Raggiunto questo livello non si può che sprofondare nel mistero.
Il Piccolo Principe impara nel suo viaggio che “l’essenziale è invisibile
agli occhi[4]”, che non si vede bene che col cuore. I bimbi che ho
incontrato mi insegnano che gli occhi sono ciechi, che bisogna affidarsi
all’empatia, al sentire con i sensi. Perché non esiste linguaggio più sofisticato
che quello dell’amore. Come la volpe viene addomesticata dal Piccolo
Principe, io vengo addomesticata dalle persone che popolano il viaggio del
tirocinio. Un tirocinio di vita emotiva e costruzione poetica della
professionalità.
Mi
sento
addomesticata
e
fortunata.
Spaccazocchi[5] sostiene che: “l’ascolto è sensibile, delicato,
iperestetico e omnicomprensivo.”.
L’uomo che ascolta agisce e reagisce simultaneamente, a differenza dell’uomo
scrivente che ha modo di raffreddare, rallentare e allontanare i propri
sentimenti e le proprie emozioni.
L’uomo dell’oralità si muove all’interno di spazi fantastici, affettivi, sensoriali
che, per loro natura, non sono frantumabili come le strutture atomizzate
tipiche dei linguaggi e degli apprendimenti alfabetici, ma saldi all’interno
della
sempre
viva
e
complessa
totalità
dell’essere
umano.
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Per Rubem Alves[6] parlare è maschile: esce, penetra, per dar piacere
e impregnare.
Il seme anela la terra... attraverso la parola, instillo il mio seme in un’altra
persona.
Ascoltare è femminile: l’orecchio è un vuoto in attesa della parola
che
gli
porti
piacere
e
vita.
Nell’ascoltare scopro la qualità più femminile e materna del mio essere.
A con-tatto con questi bambini incontro la bimba che vive in me,
che
desidera
essere
coccolata,
amata,
ascoltata.
Il viaggio dell’ascolto porta fiori di speranza, di mutamento e trasformazione.
Chiara Delogu
[email protected]
[1]Cuore d’Orso, Il vento è mia madre, Punto d’incontro, Vicenza 2003, p.57.
[2]Giangiuseppe Bonardi, Dall’ascolto alla musicoterapia, Progetti sonori,
Mercatello sul Metauro (PU) 2007, pp. 16-20.
[3]Alfred Tomatis, (1987), L’orecchio e la voce, Baldini e Castoldi, Milano
2000. pp. 112-113.
[4] Antoine De Saint- Exupery, (1943), Il piccolo principe, Bompiani, Milano
1981, pp. 98.
[5] Maurizio Spaccazocchi, Musica, umana esperienza, ed. Quattroventi,
Urbino 2002, pp. 14-15.
[6] Rubem Alves, Parole da mangiare, ed. Edizioni Qiqajon, Bose 1997,
pp.105-107.
Con tag Musicoterapia e ritardo mentale, Delogu Chiara
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Di Sabbato Daniela, *V come Valeria... emozioni disvelate
Pubblicato il 22 settembre 2008
‘La ricerca più affascinante
che oggi, sia possibile
permutare la concezione della realtà
attraversa forzosamente
il mondo di quello sconosciuto che è
il suono
e la necessità di manifestare in esso...
l'espressione della più alta spiritualità
e il sentore
di una suprema chiave
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di conoscenza di noi stessi e
dell'Universo' [1]
Devo sinceramente ammettere che ho avuto il cuore in gola nel momento in
cui la prima volta ho suonato il campanello perché le urla di Valeria si
sentivano da fuori casa. Ho tremato! Quando mi ha vista ha smesso, mi
guardava seria. Ho sentito brividi che mi percorrevano il corpo da sopra a
sotto. Mi stava studiando e... che espressione quegli occhi!
Non lo dimenticherò mai, ho avuto la netta sensazione che qualcosa mi
entrasse dentro, fisicamente! La mamma ha rotto il silenzio presentandoci e
dicendomi che era molto arrabbiata con lei perché non voleva vicino il
fratello.
Dopo un po' siamo rimaste sole, continuava a guardarmi, ma appena le ho
chiesto se si divertiva a fare i dispetti alla mamma ha iniziato a ridere. Il
ghiaccio si è sciolto, forse in quel momento mi ha accettata, tra il grande
stupore della mamma poiché lei non entra mai in contatto con nessuno così
facilmente, posso quindi dire di essermi subito sintonizzata con Valeria.
Così iniziò il mio viaggio conducendomi nel misterioso modo acustico di
Valeria ricolmo di silenzi, vocalizzi e suoni così misteriosi e... spirituali.
Per ricercare i probabili significati sottesi all'espressività musicale
manifestata da Valeria, una persona che, di fatto, si esprime solamente con
dei vocalizzi e muove a fatica gli arti, seppure con molta circospezione e
prudenza, ho utilizzato il fonosimbolismo di Dogana e le teorie musicologiche
di Marius Schneider. Con questi "mezzi" ho riletto il mio percorso, la mia via,
ritrovando possibili significati pur essendo ben consapevole che... Qualsiasi
via è solo una via, e non c'è nessun affronto, a se stessi o agli altri,
nell'abbandonarla, se questo è ciò che il tuo cuore ti dice di fare... Esamina
ogni via con accuratezza e ponderazione. Provala tutte le volte che lo ritieni
necessario. Quindi poni a te stesso, e a te stesso soltanto una domanda...
Questa via ha un cuore? Se lo ha, la via è buona. Se non lo ha, non serve a
niente[2].
Daniela Di Sabbato
[email protected]
*Titolo originale del contributo
Daniela Di Sabbato, (2007), Il suono di Valeria, Relatore: Prof. Pier
Luigi Postacchini, Tesi di Diploma, Corso Quadriennale Corso Quadriennale
di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi.
Argomento
La sottile spiritualità che pervade il contributo di Danila Di Sabbato ci
conduce, con convinzione, nel mondo acustico e luminoso di Valeria,
disvelandone
i
possibili
significati.
L'autrice circostanzia il suo lavoro adottando e analizzando il musicale e il
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Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
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vocale agito e recepito, adottando la teoria del fonosimbolismo di Dogana
unitamente ad alcuni concetti di Schneideriani: il monismo dinamico, la
triplice natura dell'uomo, il ragionamento per analogia, il << ritmosimbolo>>.
Reperibilità
La tesi è consultabile presso la segreteria del Corso Quadriennale di
Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi Centralino 075/813231 Fax
075/8112288 [email protected] o, contattando direttamente l'Autore.
Contatto con l'Autore
[email protected]
[1]H. P. Blavatsky , Iside Svelata, vol. 1 Scienza.
[2]Carlos Castaneda, The Teachings of Don Juan
Con tag Musicoterapia e cerebropatia, Di Sabbato Daniela
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Cavallini Daria, *L'adolescente spettatore e protagonista delle proprie emozioni
attraverso un percorso musicoterapico
Pubblicato il 21 settembre 2008
L'ineffabile non si racconta...
si vive attimo dopo attimo
e solo la musica,
che con esso dialoga,
può narrarlo,
dando senso alle relazioni...
alle mie relazioni.
Daria Cavallini
Avendo sempre considerato la vita come un grande palcoscenico mi sono resa
conto di come, spesso a causa di vissuti più o meno sereni, ci siamo
inconsapevolmente trovati spettatori di questa pièce, che è la nostra stessa
vita, invece di viverla. Sono convinta, soprattutto per esperienza personale,
che entrare in contatto con le nostre emozioni, imparare a portarle alla luce,
ad osservarle e a considerarle parte di noi ci permetta di calcare la scena di ciò
che siamo: individui ricchi di potenziali e affettività, nati per condividere con
noi stessi e con gli altri la nostra vera natura. Purtroppo le origini culturali, il
periodo storico, l'ambiente sociale e familiare spesso condizionano il nostro
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
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sviluppo emotivo e permettiamo ad altre figure, ma soprattutto al nostro
giudice interiore di inibire quello che potremmo "essere, se solo riuscissimo
ad esserlo". Disse Confucio: " Se vedi un uomo che ha fame sulla riva di un
fiume non pescare per lui, ma insegnagli ad usare la canna da pesca" .
Partendo da questa massima, sono fermamente convinta che "imparare ad
usare la canna da pesca", tradotto in "capire chi siamo" e perché agiamo in un
determinato modo vittime, a volte, delle nostre paure o incertezze, sia il
miglior dono che un adulto possa fare a chi ‘adulto' deve ancora diventare,
non dimenticando quell'istinto di scoprire e conoscere, che nasce con noi
quando veniamo al mondo. Partendo da queste riflessioni, in collaborazione
con la psicologa dell'Istituto dove lavoro, ho elaborato un progetto di
musicoterapia rivolto ad un gruppo di adolescenti, permettendo loro di vivere
un percorso di consapevolezza e crescita emozionale e cercando di fornire
alcuni ‘strumenti' che potessero aiutarli a renderli protagonisti della loro
stessa vita. Pertanto con questa tesi la scrivente vuole dimostrare come
l'adozione di metodiche musicoterapiche applicate nel contesto educativo
possa aiutare gli allievi a: conoscere, accettare e infine accogliere la personale
dimensione emotiva. Tutto il lavoro è accompagnato da musica. Se ne
consiglia l'ascolto durante la lettura al fine di dar senso alle "parole" in essi
contenuti.
Daria Cavallini
[email protected]



*Titolo originale del contributo Cavallini Daria (2008), IN
PLATEA...
CONTATTO...
IN
SCENA!
L'Adolescente:
Spettatore e Protagonista delle proprie Emozioni attraverso
un percorso musicoterapico, Relatore: Prof. Giangiuseppe Bonardi,
Tesi di Diploma, Corso Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate
Christiana, Assisi.
Indice Introduzione. L'adolescenza. I nuovi adolescenti. L'adolescente
e la scuola. Riflessioni. Il potere della musica. Emozioni e musica.
Musica e disagio giovanile: un possibile intervento? Il Progetto di
musicoterapia. L'IPSSAR "F. De Cecco" di Pescara e la sua realtà
scolastica.Il progetto inserito nel P.O.F. dell'Istituto. Linee guida
dell'intervento: efficacia della prassi musicoterapica (ascolto ed
improvvisazione) sull'apprendimento e l'integrazione in adolescenza.
L'esperienza del gruppo. I ritmi e i brani. Conclusioni. Bibliografia.
Argomento Insegnate di Sostegno presso un istituto professionale,
coniugando la propria esperienza lavorativa con la formazione
musicoterapica, l'autrice ha elaborato un originale percorso terapeutico
volto alla riscoperta della dimensione emotiva dei propri allievi.
Utilizzando la musica, ascoltata e agita, l'esperienza di Daria Cavallini
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
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cerca di dar risposte efficaci al disagio manifestato dagli adolescenti e
degli adulti che li incontrano.
 Reperibilità La tesi è consultabile presso la segreteria del Corso
Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi
Centralino 075/813231 Fax 075/8112288 [email protected] o,
contattando direttamente l'Autore.
 Contatto con l'Autore [email protected]
Con tag Musicoterapia e adolescenza, Cavallini Daria
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Andrello Roberta, *Lo sguardo ritrovato... emozioni condivise
Pubblicato il 6 settembre 2008 da http://musicoterapie.over-blog.com/
Non c'è niente di più eccitante
dell'atto di vivere la musica,
del fatto di credere ai suoi aspetti
più indulgenti e più esaltanti.
È difficile poter immaginare di celebrare
importanti momenti della nostra vita
senza la nostra musica preferita..."[1]
Antony Sher
*Questa tesi è il coronamento di un lavoro tanto affascinante quanto
difficoltoso, durato due anni. In qualità di musicoterapeuta neofita mi sono
trovata di fronte alla proposta di prendere in carico un bambino di sette anni,
segnalato all'ASL dalla scuola elementare per gravi disturbi relazionali. La
decisione di accettare mi ha letteralmente catapultata nella
complessità della realtà musicoterapica, una complessità che, sebbene
sia conosciuta dal punto di vista razionale e accademico, può essere
realmente compresa solo quando ci si trova immersi, si è esposti in
prima persona e si vive sulla "propria pelle" la difficoltà di strutturare
e applicare un intervento musicoterapico quanto più possibile coerente,
organico e rispondente alle caratteristiche e ai bisogni del paziente. In questo
caso occorre fare un "salto di qualità", porre ordine tra le conoscenze teoriche
acquisite, riuscire a dare una propria definizione di musicoterapia e, quasi con
la stessa sistematicità di un ricercatore, strutturare e portare avanti un
intervento musicoterapico costruito ad hoc per il paziente. È questa la strada
che ho percorso dal momento in cui ho deciso di prendere in carico Luca.
Questa tesi nasce quindi da un'esperienza vissuta in prima
persona, ne raccoglie le riflessioni teoriche, le scelte
musicoterapiche, i percorsi seguiti, i dubbi, le difficoltà, le
soddisfazioni. La scelta di una precisa metodica, quella della metodica
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
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musicoterapica relazionale individuale, è frutto dell'esigenza di trovare un
metodo chiaro e coerente che mi aiutasse a strutturare l'intervento sulla base
di dati quanto più oggettivi possibile o comunque derivati dalla realtà di Luca
e dal setting musicoterapico e non dalle proiezioni del mio modo di sentire e
sentirmi, risultando in tal modo il più adeguato al caso in esame.
L'applicazione della metodica musicoterapica relazionale individuale mi ha
consentito di "sperimentare" un tipo di intervento musicoterapico
sistematico, aiutandomi ad "aprire gli occhi" sul vero senso dell'espressione
"processo musicoterapico", mi ha permesso di conoscerne i punti di forza e i
limiti, ma soprattutto mi ha consentito di aiutare Luca a conseguire obbiettivi
che all'inizio sembravano irraggiungibili, tendendogli una mano che forse lo
ha guidato verso la possibilità di trovare un'uscita dal tunnel della malattia
mentale e dell'isolamento sociale. La musica fa parte della nostra vita, è
la nostra "compagna di viaggio".
Fin da quando siamo nel grembo materno, filtrati dal liquido amniotico, i
profondi suoni corporei scandiscono il tempo del nostro divenire e ci
avvolgono in un caldo e confortevole universo sonoro che scolpisce la nostra
memoria più profonda e, talvolta, riaffiora dando luogo a manifestazioni
ritmiche e melodiche tanto universali, quanto intimamente personali. Sono
tante le persone che nel corso della loro vita prendono parte ad attività
musicali, dall'ascolto, alla composizione, all'esecuzione. Nel campo della
psicologia della musica, Sloboda sostiene che ciò sia dovuto al fatto che la
"...musica è capace di suscitare in noi delle emozioni profonde e
significative... ha la capacità di elevare il livello della nostra vita
emotiva".[2] Vivere la musica ci dà piacere, ci permette di scaricare la nostra
energia fisica, ci dà soddisfazione, ci fa provare emozioni più o meno intense;
al riguardo L. Bunt afferma che "...la musica interagisce con i nostri pensieri
più intimi, spirituali e personali. La musica ci aiuta a sentirci più umani"[3].
Esiste dunque un legame tra l'uomo e la musica e la natura di questo legame
risiede nelle emozioni, "...gli insiemi dinamici, costituiti da molteplici
componenti...cognitiva, fisiologica, espressivo - motoria, motivazionale,
soggettiva o dell'esperienza emozionale..., organizzati in una struttura
gerarchica..."
[4]
Questa affermazione sottende l'accettazione del fatto che la musica esercita,
in qualche modo, un'influenza sull'uomo. Come fa la musica ad influire sulle
persone? Se la musica suscita effetti sulle persone, può essere usata con scopi
terapeutici? Le risposte che gli psicologi della musica e i musicoterapeuti
hanno formulato sono tante e diverse tra di loro, poiché nascono da modi
diversi di intendere e di definire l'uomo e la musica, in base alla scuola di
pensiero alla quale aderiscono. Entrando nel campo specifico della
musicoterapia è doveroso sottolineare che l'idea di fare un uso terapeutico
della musica affonda le sue radici sin dall'antichità, ha attraversato i secoli, le
diverse culture e società, sostenuta dalla convinzione condivisa del "potere
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
25
terapeutico" della musica, ma solo negli ultimi decenni la musicoterapia ha
cominciato ad evolversi come disciplina specifica. La sua età relativamente
giovane, la sua natura transdisciplinare rendono arduo il compito di chi tenta
di darne una definizione. La definizione di musicoterapia è generalmente
determinata da uno specifico contesto operativo del musicoterapeuta, dalle
sue convinzioni teoriche e dai modi di pensare, che ne riflettono l'identità
professionale e la filosofia personale. È proprio all'interno di questo vasto
panorama epistemologico che si vengono a delineare metodi e strategie
d'intervento differenti: alcune sono a tutt'oggi riconosciute come "ufficiali", o
comunque godono di fama internazionale, altre si diffondono a livello locale e
rappresentano il risultato di un lungo cammino di ricerca, di studio e di
pratica in campo musicoterapico.
 *Titolo originale del contributo: Andrello Roberta,(2002), Lo
sguardo
ritrovato:
un'esperienza
musicoterapeutica,
Relatore: Prof. Giangiuseppe Bonardi, Tesi di Diploma, Corso
Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi.
 Indice. Introduzione. Capitolo primo. Uomo, musica e terapia. Il
bisogno di definizioni. L'uomo. La Musica. La Terapia. Musicoterapia.
Capitolo secondo. La metodica individuale relazionale. Il corpus
teoretico. La prassi musicoterapica. La ricerca della dimensione sonoro
- musicale e l'osservazione ambientale della persona presa in esame.
L'osservazione
musicoterapica.
Valutazione
degli
indicatori
dell'osservazione musicoterapica. La prassi musicoterapica relazionale
individuale. La valutazione della metodica musicoterapica individuale
l'intervento musicoterapico: il caso di Luca. La storia. La scelta del
metodo. Un inizio difficoltoso. Il primo incontro con Luca.
Presentazione del caso. Luca. I genitori di Luca. Luca visto dalle sue
insegnanti. La diagnosi. Il processo terapeutico. Il ruolo chiave dei miei
vissuti. L'osservazione. La "giusta distanza". La ricerca degli "elementi"
appartenenti alla dimensione sonoro-musicale di Luca: il colloquio coi
genitori. L'osservazione in classe. Valutazione dell'osservazione
ambientale.
L'osservazione
musicoterapica.
Valutazione
dell'osservazione musicoterapica. Il trattamento musicoterapico. La
prima fase dell'intervento. La seconda fase dell'intervento. La terza fase
dell'intervento. La valutazione dell'intervento musicoterapico. Analisi
degli indicatori principali. Altri dati significativi. Conclusioni.
Appendice. Bibliografia. Problematiche attuali e prospettive future.
 Argomento. Psicoterapeuta e musicista, l'autrice conduce il lettore
"...nella complessità della realtà musicoterapica...che può
essere realmente compresa solo quando ci si trova immersi,
si è esposti in prima persona e si vive sulla propria pelle"
(Andrello Roberta 2002), realizzata nell'ambiente educativo, per
ben due anni di lavoro, evidenziando le innumerevoli scelte teoriche,
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
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

metodologiche e prassiche che ha dovuto affrontare durante il proprio
percorso, riletto magistralmente nella prospettiva psicologica e
psicoanalitica.
Reperibilità. La tesi è consultabile presso la segreteria del Corso
Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi.
Centralino 075/813231 Fax 075/8112288 [email protected] o,
contattando direttamente l'Autore.
Contatto con l'Autore: [email protected]
[1]SHER ANTONY, Year of The King, Londra: Methuen, 1985, p.215.
[2]SLOBODA JOHN A., La Musica come abilità cognitiva, in La Mente
Musicale, Il Mulino, 1988, ed. it. a cura di R. Luccio, p. 23.
[3]BUNT LESLIE, Musicoterapia. Un'arte oltre le parole, Kappa, ed. it. a
cura di M.M. Filippi, p. XII.
[4]RICCI BITTI PIO ENRICO, Le emozioni e la loro esteriorizzazione, in
Regolazione delle emozioni e arti- terapie, Carocci, 1988, a cura di P.E. Ricci
Bitti, p. 16.
Con tag Musicoterapia e ritardo mentale, Andrello Roberta
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Greco Marina, *L'accoglienza come forma d'ascolto evoluta e privilegiata
delle... emozioni
Pubblicato il 6 settembre 2008
L'idea di proporre questa riflessione sull'ascolto nasce in seguito al
percorso di formazione e di crescita da me compiuto in questi ultimi anni.
Ho scelto di frequentare la "Scuola di Assisi" al termine del mio percorso di
studi universitari e musicali. Perché proprio una scuola di musicoterapia? Sia
i miei studi filosofici universitari sia gli studi pianistici erano caratterizzati da
una impronta decisamente umanistica e così ho pensato che solo una scuola
di questo tipo, che si pone come finalità il raggiungimento in concreto del
benessere dell'Uomo, mi avrebbe consentito di coniugare gli studi universitari
e musicali e di utilizzare diversamente le mie conoscenze, rimaste fino ad
allora chiuse in ambito accademico. Ho, dunque, iniziato questo nuovo
percorso di studi che mi ha consentito, per la prima volta, di
entrare maggiormente in contatto con me stessa e di cominciare
ad ascoltarmi. Ho cominciato fin da subito a scoprire il "potere"
dell'ascolto e di quanto fosse importante porsi in ascolto di se
stessi prima di porsi in ascolto degli altri[1]. La frequenza dei
laboratori è stata decisiva per comprendere questo: solo se sarò stata
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capace di comprendere le mie esigenze per essere in una
condizione di benessere, potrò ascoltare le esigenze dell'altro,
farlo sentire a suo agio, in una parola accoglierlo, e aiutarlo a
conseguire, per quanto possibile in relazione alla sua condizione,
uno stato di benessere.[2] Ho compreso via via che osservare non è solo
guardare cosa l'altro fa e ascoltare le sonorità che produce. La relazione si
basa su qualcosa di più profondo, che va al di là di ciò che io guardo,
ascolto e mi arriva attraverso i canali conosciuti della comunicazione. Essa si
basa sulla capacità di accogliere l'esserci dell'altro e di ascoltare
soprattutto ciò che non dice. Ho deciso di iniziare il tirocinio fin dal
secondo anno in diverse strutture e durante questa fase della
formazione ho concentrato la mia attenzione e la mia riflessione
proprio sull'aspetto dell'ascolto e dell'accoglienza dell'altro.
Parallelamente agli studi di musicoterapia ho vinto il concorso a cattedra
come docente di lettere nella scuola secondaria di primo grado e ho iniziato
ad insegnare ai preadolescenti. Età difficile e critica quella della
preadolescenza. Mi sono messa in discussione e ho compreso quanto, anche
in questo tipo di relazione, fosse determinante predisporsi all'ascoltoaccoglienza per una buona riuscita del rapporto con i ragazzi. La mia
riflessione su questo aspetto riceveva, dunque, nuovi stimoli dalla mia
professione di docente. Osservando i ragazzi e le loro modalità relazionali ho
capito, infatti, quanto nella nostra epoca e nella nostra società sia intervenuta
una progressiva atrofia della capacità di ascoltare che probabilmente è la
causa principale del dilagante deterioramento dei rapporti interpersonali. La
constatazione dell'atrofizzazione dell'ascolto nella nostra società, in nome
dell'immagine (per cui accade che l'essere finisca per coincidere con
l'apparire), ha fatto sorgere in me una domanda: "come è possibile tutto
questo, proprio nella cultura occidentale che affonda le sue radici
nella tradizione filosofica greca, per la quale (soprattutto nella
maieutica socratica) la ricerca della verità presuppone il dialogo
che presuppone a sua volta l'ascolto"? E inoltre mi sono chiesta: "non
è forse l'ascolto la radice della nostra esperienza sensoriale nella
vita intrauterina? E allora come mai nella nostra società siamo
soffocati dalle immagini e sommersi da parole che non dicono
nulla e che nessuno ascolta? Forse a nessuno interessa più,
ormai, la ricerca della verità? O forse si ha paura di porsi in
ascolto di se stessi e conoscere la verità del proprio Sé?" In questo
lavoro intendo proporre, dunque, una riflessione sulla natura e sul significato
dell'ascolto, focalizzando l'attenzione sull'aspetto relazionale. Dopo un
excursus storico-filosofico sulla dimensione dell'ascolto e della visione
nell'evoluzione del pensiero occidentale, passando per la psicoterapia e la
psicanalisi (con la svolta determinante di Freud), e in particolare instaurando
un parallelismo fra dialogo orale nella psicanalisi e dialogo sonoro nella
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musicoterapia, intendo valorizzare il carattere sintetico dell'approccio
musicoterapico che mira alla confluenza di tutti i canali percettivo-sensoriali
nella relazione dialogica musicoterapista-persona (superando il predominio
della dimensione visiva), giungendo alla conclusione che in tal modo si riesce
a sublimare l'ascolto nella piena accoglienza dell'altro.
Marina Greco
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*Titolo originale del contributo: Greco Marina (2008), La
dinamica dell'accoglienza nella relazione musicoterapica
come forma di ascolto evoluta e privilegiata, Relatore: Prof.
Giangiuseppe Bonardi, Tesi di Diploma, Corso Quadriennale di
Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi.
Indice. Introduzione. Perché questa riflessione. Presentazione del
lavoro. Capitolo I. Ascolto e visione nella traiettoria del pensiero
occidentale. L'ascolto agli albori del pensiero occidentale. Ascolto e
ragione visiva da Platone ai nostri giorni. L'itinerario verso la verità del
sé: l'ascolto interiore. Silenzio, tempo e ascolto: lo spazio del dialogo
Capitolo II. Il recupero della relazionalità come essenza dell'ascolto.
L'ascolto come via all'armonia con il sé e l'altro da sé. L'ascolto nella vita
intrauterina: la prima forma di relazione. La svolta della psicanalisi:
l'ascolto terapeutico. Capitolo III. L'ascolto come relazione d'aiuto.
L'osservazione come superamento del paradigma ottico. Al di là di ogni
antagonismo dei sensi. L'ascolto come cura. Il senso della relazione.
Capitolo IV. La dinamica dell'ascolto-accoglienza.L'osservazione in
musicoterapia. L'ascolto accoglienza in musicoterapia. Una forma di
ascolto evoluta e privilegiata. Note conclusive. Bibliografia.
Argomento. Il prezioso contributo epistemologico dell'Autrice offre
molteplici chiavi di lettura dell'ascolto, analizzandolo da differenti
prospettive: filosofica, psicologica, psicoanalitica e musicoterapica,
evidenziandone, al contempo, le interazioni disciplinari.
Principali riferimenti bibliografici
Bonardi G.,Dall'ascolto alla musicoterapica, Progetti Sonori,
Mercatello sul Metauro (PU) 2007
Corradi Fiumara G., Filosofia dell'ascolto, Jaca Book, Milano 1985
Heidegger M., Saggi e discorsi, tr. it. a cura di G. Vattimo, Mursia,
Milano 1976
Mancini R., L'ascolto come radice. Teoria dialogica della verità:, Ediz.
Scientifiche Italiane, Napoli 1995
AA.VV., L'ascolto che guarisce, Cittadella Editrice, Assisi 1995 (II Ed.)
Manarolo G., Manuale di Musicoterapica, Ediz. Cosmopolis, Torino
2006
Reperibilità. La tesi è consultabile presso la segreteria del Corso
Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi
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Centralino 075/813231 Fax 075/8112288 [email protected]
contattando direttamente l'Autore.
Contatto con l'Autore: [email protected]
o,
[1]Bonardi G., Dall'ascolto alla musicoterapia, Progetti Sonori, Mercatello sul
Metauro (PU) 2007, pag. 17: "Il primo altro che incontro, in questo ascolto,
sono io: me stesso. E' evidente che, per ascoltare l'altro, devo imparare ad
ascoltare me stesso".
[2]Giordani B., Si può imparare ad ascoltare?, in AA.VV., L'ascolto che
guarisce, Cittadella Editrice, Assisi 1995 (II ed.), pag. 70.
Con tag L'ascolto in musicoterapia, Greco Marina
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Giudici Silvia, *La musica tra terapia e integrazione: emozioni percepite e
armonizzate
Pubblicato il 5 settembre 2008
"Il primo passo è...andare incontro all'altro,
accettando la sua differenza...
Noi vogliamo che la nostra vita abbia un senso,
la nostra storia uno scopo.
Vogliamo che ciascuno di noi abbia la sua parte
nella scoperta di questo senso,
nella realizzazione di questo scopo".
R. Garaudy
*La scelta del presente argomento è motivata dal desiderio di approfondire la
relazione uomo/suono. Negli ultimi dieci anni, la professione di docente di
Educazione Musicale nella Scuola secondaria di I grado, esercitata
unitamente a quella di musicoterapista, ha generato in me l'interesse verso lo
studio delle condizioni relazionali e di apprendimento dei soggetti
diversamente abili. Ho avuto in tal modo la possibilità di compiere un viaggio
di rilettura dei percorsi che hanno animato e contraddistinto la mia attività
lavorativa, congiuntamente al recupero dei momenti che hanno rilevato il
significato di tale impegno. In particolare, gli studi e l'esperienza relativi alla
Musicoterapia mi hanno consentito di giungere ad una nuova visione della
realtà comunicativa (verbale e non) e, conseguentemente, del rapporto con
essa. Il nuovo baricentro è divenuto, pertanto, la relazione capace di
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
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valorizzare le parti sane e creative di ogni singolo individuo. In questa tesi si è
inteso, dunque, mettere a fuoco il confronto tra le esperienze musicali relative
all'ambito riabilitativo (Cepim - Centro Bresciano Down), luogo eletto per
l'avvalersi della forza squisitamente terapeutica della Musica, di fronte a casi
di bambini affetti dalla sindrome di Down, e i momenti didattici esperiti
nell'insegnamento dell'Educazione Musicale (Istituto Comprensivo di
Palazzolo Sull'Oglio), ambito in cui la Musica viene utilizzata come strumento
d'integrazione per alunni con difficoltà di tipo sia cognitivo che relazionale.
L'utilizzazione della Musica apparirà momento fondante per la crescita della
persona. L'eccezionale potere di coinvolgimento emotivo dell'arte dei suoni
incoraggerà alla conquista di una nuova consapevolezza del proprio corpo,
alla conoscenza delle potenzialità proprie dell'individuo, insieme allo sviluppo
della creatività. Si favorirà, inoltre, la facilità della comunicazione, tesa alla
positiva influenza sulle relazioni con l'alterità e, non ultimo, sulle capacità
motorie.
Silvia Giudici
 *Titolo originale del contributo: Giudici Silvia (2007), Musica
come terapia e musica come integrazione: riflessioni,
Relatore: Prof. Giangiuseppe Bonardi, Tesi di Diploma, Corso
Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi. Indice.
Introduzione. Capitolo 1. Musica come terapia o Musicoterapia.
Definizione. Cepim CBD Centro Bresciano Down. Attività di
Musicoterapia. Intervento di Musicoterapia. Obiettivi dell'intervento di
Musicoterapia. Seduta di gruppo. Metodologia. Modelli teorici di
riferimento. Tecniche impiegate. Materiale utilizzato. Scheda di
protocollo di una seduta di gruppo. Capitolo 2. Musica come
integrazione. L'Educazione Musicale nella Scuola Secondaria di I grado.
L'Istituto Comprensivo di Palazzolo S/O (Bs). Laboratorio
Musicale.Laboratorio Teatrale. Un'esperienza educativa - integrativa
attraverso la Musica e l'espressione corporea. Modest Mussorgsky,
Maurice Ravel "Quadridi un'esposizione" . Obiettivi educativi socioaffettivi e cognitivi. Metodologia. T ecniche impiegate. Materiale
utilizzato. Partitura musicale con notazione "informale". Conclusioni.
Bibliografia. Ringraziamenti. Appendice
 Argomento Insegnate e Musicoterapista di lunga esperienza,
adottando una chiara esposizione argomentativi, l'autrice conduce il
lettore nell'oscura diatriba epistemologica dell'adozione della musica
utilizzata come terapia e/o come integrazione.
 Reperibilità La tesi è consultabile: presso la segreteria del Corso
Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi
Centralino 075/813231 Fax 075/8112288 [email protected] o,
contattando direttamente l'Autore.
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Ottobre
Lovecchio Antonietta, La riscoperta della dimensione emotiva
dell'adolescente mediante... la musicoterapia
Pubblicato il 14 ottobre 2008
Gli uomini del Tempo Antico
percorsero tutto il mondo cantando;
cantarono i fiumi
e le catene di montagne,
le saline e le dune di sabbia.
Andarono a caccia,
mangiarono, fecero l'amore,
danzarono, uccisero:
in ogni punto delle loro piste
lasciarono una scia di musica.
Avvolsero il mondo intero
in una rete di canto...
(Bruce Chatwin,
Le vie dei canti,
Adelphi - 1988)
Ho sempre creduto nel potere forte della musica di veicolare emozioni, in un
osmotico trasmettere messaggi e sensazioni, nella certezza che prima delle
parole ci sia la musica, propria o dell'altro, e nel potere "di curare e
salvaguardare l'anima" come sosteneva Aristotele, la musica quindi come
evidenza sensoriale, come specchio in cui si possono decifrare le geometrie
del mondo... In virtù di questo mio sentire, ho voluto approfondire e capire
tutto questo, ed è così che ho deciso di frequentare il corso di musicoterapia di
Assisi, dove ho trovato parte delle risposte, intuizioni e stimoli per mettersi in
discussione sempre, come musicista e come essere umano, un percorso che
non si conclude con una tesi, un cammino aperto e senza meta... Per lungo
tempo ho praticato la professione della musicista a tempo pieno, cambiando
orchestre e generi, sia come violinista che come sassofonista, trovandomi così
nella condizione di dover trasmettere sensazioni comunicatemi da altri,
(sebbene i codici di lettura ed interpretazione in una società come la nostra
siano oramai assimilati, suonando in orchestra, si perde quella sacralità
intima e personale), diventando così un operaio della musica, di questo fluido
intangibile che tanto appartiene all'anima, questo non mi ha mai appagata
totalmente, ho trovato pace solo quando ho potuto interamente esprimere la
musica che avevo dentro, suonare con un direttore è bello ed interessante, ma
è come vestire la pelle altrui, non lo si può fare per sempre, è alienante... Con
l'arrivo della prima supplenza quattro anni fa, ho potuto iniziare a selezionare
le situazioni concertistiche che mi venivano offerte, così facendo la mia figura
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di musicista è cambiata, ho potuto scegliere di suonare quello che più mi
emozionava, iniziando così anche una ricerca di musiche diverse dalla classica
e dalla jazz, finalmente ho potuto realizzare il desiderio di una musica
"universale" che racchiudesse i linguaggi musicali appartenenti ad ogni
genere e luogo e forma espressiva, con cui comunicare emozioni... Il nuovo
contesto lavorativo, quello scolastico, più precisamente quello
dell'insegnamento strumentale nei corsi ad indirizzo musicale nella scuola
primaria di secondo grado, mi ha dato ampia libertà d'insegnamento, (i
programmi d'insegnamento del sassofono, sono liberi ) e anche se devo
sempre rispettare quelli che sono gli insegnamenti comuni quali solfeggio e
musica d'insieme, sono comunque libera di organizzare il lavoro come più mi
aggrada. Il nuovo lavoro, mi ha posto di fronte a nuovi quesiti e nuove
problematiche. La mia domanda è stata: voglio insegnare uno
strumento in modo accademico o piuttosto prendendo spunto
dall'insegnamento per dedicarmi a quello che più mi interessa cioè
la formazione dell'essere umano... all'emozione? Il mio interesse
propende per la seconda ipotesi, ed è qui che entra in "ballo" la
musicoterapia. Mi sono chiesta cosa possa aiutare gli adolescenti a
riuscire a superare le difficoltà che si incontrano in questa età:
difficoltà nella relazione con se stessi e con gli altri, soprattutto
dell'altro sesso; difficoltà nella propriocezione del corpo in
trasformazione;
difficoltà
di
apprendimento;
difficoltà
nell'accettare il diverso, ecc. La mia risposta è stata "educarli
all'emozione" con la musicoterapia, è così che ho potuto
sperimentare attraverso dei progetti basati sulla musicoterapia
(attiva e ricettiva), l'utilità di questa nella risoluzione di conflitti e
disagi dell'età adolescenziale. Sono stata coinvolta dalla scuola, in un
progetto europeo per la prevenzione al "bullismo", il mio laboratorio
musicoterapico ha incuriosito molto i partners europei (Francia, Svezia,
Lettonia) che hanno fatto esplicita richiesta alla mia scuola, di fare
l'esperienza della musicoterapia con un laboratorio per ragazzi a rischio nelle
loro scuole, ed è per questo che nel dicembre 2005 sono stata a Parigi per una
settimana, in una scuola della periferia, precisamente a Villeneuve - la Garenne, riscuotendo notevole successo sia tra i ragazzi che tra i colleghi per
cui ho tenuto un laboratorio a parte dove ho spiegato il senso della
musicoterapia nella prevenzione al bullismo, ci tengo a precisare del successo
avuto in Francia, perché in Italia, nella scuola dove insegno, il controverso
progetto biennale è stato inficiato da colleghe che si sentivano a disagio
nell'accettare la parola musicoterapia ed un progetto così "audace" ,
innovativo e fuori dagli schemi.
Antonietta Lovecchio
[email protected]
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Neri Simona, *Non mi sembrava vero ma Sara mi ha insegnato ad
ascoltare... le mie emozioni
Pubblicato il 4 ottobre 2008
Il primo colloquio con i genitori di Sara[1] avviene nel marzo del 1999, mi
presento a casa loro dopo l'invito della madre per una consultazione
finalizzata alla valutazione e alla possibilità di iniziare una terapia
musicoterapica.
La madre di Sara, Loretta[2], è una donna giovane, non eccentrica ma vivace
nel suo essere... Mi accoglie sulla porta di casa con un bel sorriso pregandomi
di entrare e scusandosi della confusione. Mi accenna di Sara mentre mi dice
che sta finendo di fare colazione. Mentre saliamo la ripida scala dell'ingresso
mi accorgo che questa è molto stretta e certamente non adatta al passaggio di
una sedia a rotelle, ma non mi soffermo sulla questione pensando solo a
conoscere
la
piccola
Sara
e
suo
padre.
Il padre di Sara, Claudio[3], mi viene incontro nel corridoio porgendomi la
mano e presentandosi, poi mi fanno accomodare nella cucina. Mentre mi
incammino nota sulla destra una stanza completamente arredata per la
terapia di Sara. Probabilmente doveva essere la sala da pranzo. Claudio mi
pare un uomo certamente molto affaticato dalla situazione casalinga, rimango
ad osservarlo mentre mi fa strada. Sara sta finendo di bere il caffelatte, è
molto raffreddata e dimostra una grande difficoltà nella deglutizione. A
grande fatica solleva il capo che tiene reclino in avanti, cerca di guardarmi,
poi riabbassa il capo e riprende a bere il suo caffelatte. Claudio si scusa per
Sara e mi dice che la bimba non è molto socievole con chi non conosce e che il
raffreddore che l'ha colpita negli ultimi giorni la disturba molto. Lascio che
Loretta finisca di dare la colazione a Sara e poi cominciamo a parlare. Loretta
mi parla di Sara, della sua patologia e di tutto quello che hanno fatto fino ad
allora. La mia attenzione, mentre Loretta parla, cade su Sara che sta ferma
sulla sedia ad ascoltare la voce della madre mentre con lo sguardo cerca di
seguirla nei suoi movimenti. Sara è una bimba di undici anni, piccolina e
molto magra per la sua età tanto che sembra più piccola degli anni che ha e mi
accorgo che è molto bella. La forte ipertonia la fa stare tutta rannicchiata su se
stessa, i suoi arti appaiono contratti e grande pare il disagio per la mia
presenza. Dopo un po' comincia a dare segni di insofferenza con qualche urlo,
prontamente ripresa da Claudio Sara abbassa ancora di più la testa
appoggiandosi
quasi
al
banco
della
sedia...
Così iniziai il mio cammino nell'universo musicoterapico
mettendomi, quasi inconsapevolmente, in ascolto di Sara perché,
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
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in cuor mio, intuivo che "Ogni anima umana, quando immersa
nell'angoscia e nel dolore, attende di essere svelata e compresa nei suoi
geroglifici stellari: attende di essere salvata dal drago della sofferenza e
della disperazione: attende di essere ASCOLTATA" (E.Borgna, le
intermittenze del cuore). Ponendomi in ascolto ho scoperto, sulla mia pelle,
che "... la sofferenza psichica va ascoltata perché dice la verità che, con la
nostra vita euforica, ogni giorno noi seppelliamo per la gioia della nostra
epidermide. Anche il nostro cuore conosce la verità di questa sofferenza,
quindi la verità pura e semplice, ma non vuol riconoscere. Ed è così che il
nostro cuore resta inascoltato" (U. Galimberti). Così, paradossalmente,
Sara mi 'ha insegnato' che "ascoltare non è prestare l'orecchio, è farsi
condurre dalla parola dell'altro là dove la parola conduce. Se poi, invece
della parola, c'è il silenzio dell'altro, allora ci si fa guidare da quel silenzio.
Nel luogo indicato da quel silenzio e dato reperire per chi ha uno sguardo
forte e osa guardare in faccia il dolore, la verità avvertita nel nostro cuore e
sepolta dalle nostre parole. Questa verità che si annuncia nel volto di pietra
di chi soffre psicologicamente, tace per non fondersi con tutte le altre
parole... ogni dialogo rischia ogni volta di sbriciolarsi nella leggerezza e
nella frivolezza: nella inconsistenza tematica nella inerzia comunicativa" (E.
Borgna). Ed è per questa ragione che la ringrazio di cuore.
Simona Neri
*Titolo originale del contributo
Neri Simona, (2001), Musicoterapia e paralisi cerebrale infantile,
Relatore: Dott.ssa Giuliana Boccardi, Tesi di Diploma, Corso Quadriennale di
Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi. Indice. Cenni di anatomia del
sistema nervoso. Encefalo. Cervello, e aree corticali. Disturbi del tono e del
movimento. Le paralisi cerebrali infantili. Definizione. Le tre fasi
cronologiche nella PCI. Gli aspetti neuropatologici (cenni). Classificazione. I
disturbi associati alle PCI. Il trattamento. Introduzione alla musicoterapia.
Musica e origini della musicoterapia. Diffusione della musicoterapia in
Europa e negli Stati Uniti. Definire la musicoterapia. Suono e musicoterapia.
Musicoterapia ed handicap (tecniche riabilitative). Handicap e riabilitazione
(nuove prospettive). Le pratiche musicoterapiche (aree e livelli). La
riabilitazione mediante musicoterapia. L'apertura del canale di
comunicazione. Lo strumentario. La stanza della musicoterapia. Un caso di
PCI trattato con la musicoterapia. Introduzione. Sara. L'apporto di Winnicot
alla terapia di Sara. Postfazione. Bibliografia.
Argomento
L'elaborato di Simona Neri conduce il lettore, con dovizia di particolari, nel
contesto delle paralisi cerebrali infantili. L'autrice, evidenziando l'aspetto
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
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teorico della musicoterapia, espone, con sensibilità e professionalità, la
propria esperienza, enfatizzando una prospettiva musicoterapica volta
all'ascolto e all'accoglienza di sé e dell'altro da sé.
Reperibilità
La tesi è consultabile presso la segreteria del Corso Quadriennale di
Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi Centralino 075/813231 Fax
075/8112288 [email protected] o, contattando direttamente l'Autore.
Contatto con l'Autore
[email protected]
[1]Nome di fantasia, in ottemperanza alla legge della privacy.
[2] Nome di fantasia, in ottemperanza alla legge della privacy.
[3] Nome di fantasia, in ottemperanza alla legge della privacy.
Con tag Neri Simona
Novembre
Lagattolla Fulvia, La musicoterapia e il cancro... emozioni
musicate
Pubblicato il 19 novembre 2008
Mi tuffo nel profondo dell'oceano delle forme,
sperando di trovare la perla perfetta di ciò che è senza forma.
Non veleggerò più di porto in porto
Con questa mia imbarcazione logorata dalle intemperie.
Da lungo tempo sono trascorsi i giorni in cui il mio diletto
essere era sbattuto sulle onde.
Ora sono ansioso di morire nell'immortale.
Nella sala delle udienze dell'abisso senza fondo,
dove risuona la musica di corde silenziose,
porterò l'arpa della mia vita.
L'accorderò alle note dell'eternità e,
quando avrà sospirato la sua ultima frase,
la deporrò silenziosa ai piedi del silente.
"Gitanjali" un canto di
Rabindranath Tagore
"... e il Dolore si ridiluì nel fiume dei ricordi..."
Ildegar Von Bingen
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Il mio approccio alla musicoterapia e alla malattia oncologica avvenne in un
pomeriggio piovoso di autunno con il Signor Teodoro per la consueta
settimanale lezione di pianoforte.
Fu proprio dopo un lungo silenzio conclusivo, al termine di una delle nostre
numerose improvvisazioni al piano, che Teodoro particolarmente provato
quel pomeriggio, si allentò la cravatta sciogliendone il nodo alla gola.
Con tono sommesso, guardandosi le mani che chiudeva con ritmo lento per
riaprirle vigorosamente in estensione, descrisse la rigidità che gli costringeva,
appesantendole, arti e spalle: "sono dure, dure, dure! non sento
niente!
Questo corpo non mi appartiene più ormai.
Mi trascino come un sacco: ha visto come cammino?
E questa gamba?... ".
Erano tutte conseguenze di forti chemioterapie e radioterapie cui si era
sottoposto anni prima a causa di un linfoma.
Intervallava la narrazione della sua storia a grovigli armonici
stridenti sulla tastiera, da dentro a fuori, come un ago e filo,
portava fuori il racconto della sua malattia che tesseva in musica.
Via, via, il racconto si faceva più profondo e lento.
I momenti più difficili che aveva vissuto erano quelli legati al tempo
dell'ospedalizzazione durante le quali si sottoponeva alle procedure mediche e
terapeutiche: erano i momenti indelebili registrati nel corpo e plasmati nelle
emozioni.
Ebbi solo la forza di stare in silenzio, ad ascoltare.
Non osavo interromperlo.
Cominciai a percepirmi come un violoncello che acconsentiva nel lasciarsi
vibrare dalla sua voce.
Avvertivo il legno della cassa di risonanza diventare caldo al tempo
stesso solido, scoprivo una musica per me non ancora ascoltata.
Guardavo Teodoro, e ne scoprivo la sua tenerezza, la sua fragilità, la sua
rabbia, la dignità ferita.
Vidi una storia che passava attraverso un corpo memoria.
Contattai il mio centro nel respiro, in un adagio interiore e vi dimorai per un
po', mentre continuavo ad ascoltarlo.
E allora compresi il senso dei nostri incontri.
Era un senso avviluppato nella sua richiesta iniziale:
"Le sembrerà strano" mi disse quando mi convocò il primo incontro "chiederle di suonare il pianoforte alla mia età".
"Il mio obiettivo è potermi sciogliere le mani, vorrei giocare con
le dita... E poi ho un sogno da realizzare: so leggere, scrivere e
parlare molte lingue, anche antiche.
L'unica lingua che non so ancora leggere e scrivere è la musica.
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37
Vorrei poter scrivere la musica che ho dentro: guardarla
impressa sulla carta e leggerla.
Però l'avviso: - e sorrise dolcemente - sono un paziente... difficile."
Fulvia Lagattolla
[email protected]
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Fagiani Marilisa, Quando la musicoterapia aiuta la scuola
Pubblicato il 18 novembre 2008
"Ecco il mio segreto.
È molto semplice:
non si vede bene che col cuore.
L'essenziale è invisibile agli occhi[1]
(Saint Exupery)
Insegno nella scuola primaria come maestra da ben trentadue anni e ho una
formazione musicale accademica. Il mio impegno costante nel lavoro
didattico, attinente l'area musicale e matematica, è supportato
dalla convinzione che queste attività debbano essere proposte ai
bambini favorendo l'aspetto concreto ed esperienziale; a maggior
ragione con l'inserimento di Pamela (nome di fantasia, in ottemperanza
alla legge della privacy, evocante una persona affetta da grave ritardo mentale
e compromessa a livello comunicativo-relazionale) ho cercato di favorire
ancor di più gli aspetti di tipo manipolativo, motorio, che
facilitassero la realizzazione di esperienze piacevoli e significative
vissute insieme ai compagni. Ritengo che una persona diversamente
abile con la difficoltà a comunicare verbalmente i propri bisogni, abbia la
necessità di vivere soprattutto una dimensione di benessere sociale. Ho
sempre creduto in questo inserimento sostenendo che la vera integrazione
col gruppo classe poteva avvenire alla sola condizione che Pamela mantenesse
i contatti con i suoi compagni Naturalmente la convinzione di dover
anteporre le ragioni della "... prevenzione dell'handicap..."[2] a
quelle dell'apprendimento, fece in modo che il mio atteggiamento
nei confronti di Pamela fosse caratterizzato da una forte valenza
affettivo-relazionale favorita dal gioco. Questa modalità permise alla
bambina di esprimere le emozioni attraverso canali differenti da quello
verbale. Durante le lezioni di musica, vari stimoli sonori furono utilizzati per
sviluppare la percezione psicomotoria, e furono stimolati i canali visivo,
uditivo, tattile così da consentire a Pamela di riconoscere e discriminare le
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diverse realtà sonore e ritmiche.Per questo motivo l'inserimento di Pamela
durante l'attività musicale fu importante e necessario in quanto la "metodica"
da me utilizzata è di tipo attivo, che implica cioè un coinvolgimento in prima
persona in una dimensione globale di "corpo", "cervello", "mente". In questa
prospettiva Damasio (1995) afferma che "... il corpo può costituire
l'indispensabile cornice di riferimento per i processi neurali che noi
avvertiamo come mente. Proprio il nostro organismo è usato come
riferimento base per le costruzioni che elaboriamo del mondo circostante e
di quel senso di soggettività, che è parte integrante delle nostre esperienze; e
le nostre azioni migliori e i pensieri più elaborati, le nostre gioie e i nostri
dolori più grandi, tutti impiegano il corpo come riferimento..." "... la mente
esiste
dentro
e
per
un
organismo
integrato..."
"...Quest'idea si radica sui seguenti enunciati:
1)il cervello umano e il resto del corpo costituiscono un organismo non
dissociabile, integrato grazie all'azione di circuiti regolatori neuronali e
biochimici interagenti...
2)l'organismo interagisce con l'ambiente come un insieme: l'interazione non
è del solo corpo né del solo cervello;
3) i processi fisiologici che noi chiamiamo "mente" derivano dall'insieme
strutturale e funzionale, piuttosto che dal solo cervello: soltanto nel contesto
dell'interagire dell'organismo con l'ambiente si possono comprendere
appieno i fenomeni mentali".[3]
La mia esperienza lavorativa testimonia quindi la fattibilità del processo
integrativo di un'allieva disabile, mediante l'adozione del sonoro e del
musicale ascoltato, eseguito, condiviso.
Nella fase preliminare di realizzazione del lavoro educativo, mi sono chiesta
come fosse possibile integrare Pamela nel contesto scolastico: con quali mezzi
e come far riversare i contributi della musicoterapia nel contesto scolastico.
Pertanto la riflessione iniziale si è focalizzata sull'analisi dei concetti di
integrazione, musica e di musicoterapia. Il mio approccio teorico si rifà alla
Musicoterapia italiana di stampo psicodinamico e si ispira al pensiero di Pier
Luigi Postacchini secondo cui la finalità dell'intervento musicoterapico è
quella di costruire una "... relazione terapeutica attraverso il parametro
sonoro/musicale che possa favorire un'integrazione spaziale (distinzione fra
sé e non sé), temporale ( dalla dimensione dell'essere a quella del divenire),
sociale (rapporto con il mondo esterno e definizione della propria
identità)..."[4] e alla prassi musicoterapica di Giangiuseppe Bonardi.
Chiariti i riferimenti teorici ispiratori ho evidenziato le fasi e i contenuti
dell'intervento: la presa in carico di Pamela, l'osservazione, il trattamento
individuale
e
l'integrazione
di
Pamela
nel
gruppo
classe.
L'analisi dei risultati ottenuti costituisce la parte conclusiva dell'intervento in
cui osservo la crescita personale di Pamela attraverso i suoi comportamenti
nel contesto scolastico e in quello familiare.
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Marilisa Fagiani
[email protected]
[1] Antoine de Saint-Exupery, "Il piccolo principe" , Gruppo Editoriale Fabbri,
Bompiani, Etas S-P.A. , Milano 1949, pag 98.
[2]Postacchini P. L., Ricciotti A., Borghesi M.,, Musicoterapia, Carocci, Roma
2001, pag 57.
[3]Damasio A., L'errore di Cartesio, Adelphi, Milano1995, pag. 23-24.
[4]Manarolo G., Manuale di Musicoterapia, Cosmopolis, Torino 2006,
pag.34.
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Bonardi Giangiuseppe, Marius Schneider e la... Musicoterapia!
Pubblicato il 6 novembre 2008
Analizzando con attenzione alcuni contributi dell’opera etnomusicologia di
Marius Schneider1[1], scopriamo che, per comprendere appieno la realtà che
viviamo, dobbiamo adottare un pensiero dinamico poiché spesso
pensiamo il dato di realtà come un fatto statico non ascoltando
(accogliendo) la sua essenza dinamica.
Una realtà dinamica quindi può essere compresa solamente da un
pensiero dinamico che indaga i fenomeni, considerandoli, non come eventi
statici, ma come manifestazioni vitali, ascoltando e accogliendo la loro
dimensione essenzialmente… ritmica.
Monismo dinamico, dualismo… ritmo
Per Schneider, l’idea di ritmo affonda le sue radici nel concetto di monismo
dinamico che nasce dalla “… penombra intellettuale delle più
primitive culture umane3[2]…” che scaturisce a sua volta “…
dall’osservazione quotidiana del dualismo della vita, così
evidente nell’esistenza dei due sessi, e nello scambio perpetuo
della luce e dell’oscurità.
2[1] Schneider Marius, (1946), Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e
nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986.
3[2] Schneider M. Op. cit. p. 6.
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Dato questo dualismo permanente della Natura, nessun
fenomeno determinato può costituire una « realtà intera », ma
solo la metà di una totalità.
Ad ogni fenomeno (per esempio a una donna o alla notte) deve
corrispondere un fenomeno analogo (un uomo, il giorno), con il
quale formare una totalità, cioè, una « realtà intera ».
Solo l’unione di tesi e antitesi può giungere a formare un insieme
totale.
L’insieme più generale è formato, dal macrocosmo (il cielo maschile
e la terra femminile), la cui configurazione si ripete (per analogia)
continuamente nel microcosmo.
Ogni tesi nasce, si svolge ed anche viene creata dalla sua antitesi,
perché ogni parte della totalità è il compimento o il riflesso della
parte vicina4[3].”.
“Questo dualismo iniziale presenta due aspetti.
Può essere interpretato come una attività di due forze in
opposizione (dualismo propriamente detto) o come una attività di
forze in compensazione (monismo dinamico). 5[4]” .
La realtà è formata quindi da fenomeni in compensazione e ogni fenomeno è
un ritmo.
Non a caso Schneider definisce il ritmo come “… un fenomeno dinamico
naturale6[5]... ”, sottolineando, di fatto, l’essenza
dinamica che
caratterizza qualsiasi dato di realtà fenomenica.
RITMO = FENOMENO DINAMICO
NATURALE COMPLESSO
Ogni elemento organico e inorganico è quindi ritmo e, per il pensatore
alsaziano, la realtà è intessuta da “… quei fenomeni dinamici complessi
che chiamiamo ritmi7[6].”.
Schneider delinea quindi una rappresentazione cosmogonica, essenzialmente
ritmica, della realtà.
Ogni fenomeno, percepito e vissuto, è quindi un “ritmo”, ossia è
l’espressione del rapporto di equilibrio che sussiste tra le “parti
contrastanti” che lo compongono8[7].
Se così non fosse, il fenomeno non potrebbe sussistere.
4[3] Schneider M. Op. cit. p. 6.
5[4] Schneider M. Op. cit. p. 7.
6[5] Schneider M. Op. cit. p. 24.
7[6] Schneider M. Op. cit. p. 27.
8[7] Il concetto di ritmo inteso come compresenza di ‘forze’(fenomeni) contrastanti è stato
ampiamente sostenuto dal M° Bernardino Streito in molteplici seminari formativi di ambito
musicoterapico.
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41
Pertanto anche un semplice suono, ossia un fenomeno, esiste poiché, i
parametri che lo compongono (altezza, intensità, durata, timbro) non
prevalgono, ma stabiliscono tra loro un rapporto di compensazione di forze in
equilibrio dinamico, ossia un “ritmo” che in questo caso, specifico,
chiameremo suono.
Il concetto di ritmo, così delineato, travalica l’usuale ambito
musicale in cui lo collochiamo, poiché, di fatto, può essere
rintracciato in ogni fenomeno percepito e vissuto.
Pertanto un oggetto, un animale, una pianta, un sentimento, in poche parole
qualsiasi cosa è ritmo.
Se la generalizzazione del concetto di ritmo può
creare in noi, pensatori analitici, qualche ragionevole dubbio, essa ne
enfatizza il carattere acustico della realtà per cui un oggetto, una persona, un
animale, un sentimento, ecc., non sono solo fenomeni visibili e, in un certo
senso, statici, ma acustici, dinamici, essenzialmente vivi.
Percepire il fenomeno come ritmo implica in noi un mutamento di
prospettiva che ci porta,
inevitabilmente, a recepire l’aspetto dinamico della realtà.
Una tazza, un gatto, una persona, ecc., qualsiasi fenomeno è, e
_contemporaneamente_ ha, il proprio ritmo.
Percepire ritmi
La percezione del ritmo, per Schneider, “… si realizza quasi
completamente negli strati inferiori della coscienza9[8] …”e si
avvera solo quando lo si vive poiché “… per vivere un ritmo… è
indispensabile abbandonarsi senza riserve a tale ritmo per un
tempo molto lungo, scartando ogni tipo di intervento
dell’intelligenza discorsiva. Se, al contrario, resistiamo
intellettualmente alla esperienza vissuta del ritmo, sia per poterlo mettere per iscritto, senza averlo previamente vissuto, sia perché lo consideriamo solamente un rumore informe, questo ritmo
ci comunica un alto grado di nervosismo10[9].”.
L’esperienza ritmica vissuta “… si ottiene soltanto con il metodo
intuitivo o diretto, mediante il quale si percepisce subito tutta la
forma ritmica come una « forma intera » e un movimento
indivisibile11[10].”.
Percepire un ritmo, quindi, non equivale ad analizzarlo ma a viverlo, vivendo
l’essenza del fenomeno stesso.
I parametri del “ritmo”
9[8] Schneider M. Op. cit. p. 24.
10[9] Schneider M. Op. cit. p. 24.
11[10] Schneider M. Op. cit. p. 24.
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La disanima del pensiero schneideriano evidenzia l’equivalenza tra il
fenomeno e il ritmo ma, a questo punto del discorso, é opportuno chiedersi
quali siano i “parametri” che, interagendo tra loro, formano la dimensione
ritmica di un fenomeno osservato, ossia ascoltato, accolto.
Uomo, corpo… anima
Al riguardo, Schneider propone l’analisi del fenomeno “uomo”,
evidenziandone alcuni ‘parametri’ costitutivi, ossia il “… corpo mortale e
un’anima12[11]…”.
Il pensiero schneideriano assume ora una dimensione mistica, spiritualista,
sottolineando nell’uomo la presenza simultanea di due forze ‘contrarie’: il
corpo e l’anima.
L’anima, per Schneider, “… contiene una parte mortale ed una parte
immortale13[12].
Per quanto è visibile in questo mondo, l’anima umana si presenta
alla luce del sole come un’ombra e si percepisce nell’acqua come
l’immagine sonora del corpo14[13].”
La dimensione acustica del ritmo risiede quindi nella parte
immortale dell’anima.
L’essenza del fenomeno “uomo” è quindi acustica “… la parte immortale
dell’anima è la forma sonora e il ritmo essenziale e imperituro
dell’uomo15[14]…”.
In questa prospettiva percepire, ascoltare una persona significa accogliere la
sua “anima musicale” che si manifesta essenzialmente, per Schneider, nel “…
timbro della voce, … , e, soprattutto, nella maniera (fine, rozza,
volgare, ecc.) innegabilmente individuale di cantare - in poche
parole, il ritmo sonoro personale - sono i riflessi più fedeli di ogni
individuo16[15].”.
L’essenza di una persona “… si manifesta nel modo di cantare una
melodia, cioè un carattere individuale che nessuno può imitare.
La melodia della canzone propria può essere una qualunque
canzonetta; ma questa melodia diventa una canzone propria,
quando la si canta in un modo originale17[16]…”.
Generalizzando il dualismo corpo-anima, è verosimile affermare che qualsiasi
“fenomeno” ha una ‘materia’ e, contemporaneamente, “un’anima”, ossia
una dimensione acustica.
12[11] Schneider M. Op. cit. p. 11.
13[12] Schneider M. Op. cit. p. 11. Sul principio doppio dell’anima ai veda anche B. ANKERMANN,
Totenkult und Seelenglaube bei africanischen Völkern, « Zeitschr. f. Ethnologie », 1918, vol. 50,
pp. 89 ss.
14[13] Schneider M. Op. cit. p. 11.
15[14] Schneider M. Op. cit. p. 12.
16[15] Schneider M. Op. cit. p. 21.
17[16] Schneider M. Op. cit. p. 18.
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Imitare ritmi
L’uomo, in particolare, ha la capacità di conoscere la dimensione acustica dei
fenomeni, ossia la loro “anima”, imitandoli con il corpo-voce poiché
“l’essere umano, ... possiede la facoltà di poter imitare
direttamente o indirettamente un gran numero di ritmi altrui e di
ritmi fondamentali della Natura.
Orbene, imitare è identificarsi, nel più alto grado possibile, con
l’oggetto imitato e, fino ad un certo punto, conoscere le sue leggi
intime, cioè dominare l’oggetto copiato18[17].”.
In questa prospettiva imitare, ad esempio, un animale significa essere quel
determinato fenomeno così come accade in quelle popolazioni che vivono,
tuttora, la dimensione totemica individuale e/o di gruppo19[18].
La capacità imitativa di innumerevoli ritmi genera nell’essere umano una “…
collisione (che) determina il carattere equivoco e l’inquietudine
spirituale dell’uomo20[19]…”.
La dimensione “ritmica” della realtà
La dinamica vitalità del ritmo non riguarda solamente l’essenza di ogni
fenomeno in sé ma è l’aspetto essenziale delle possibili relazioni che
intercorrono tra fenomeni differenti.
Se ad esempio consideriamo il fenomeno a, formato da due crome, e lo
mettiamo in relazione con il fenomeno b, costituito da una semiminima, la
relazione che scaturisce tra i due fenomeni contrari è un piede metrico, che la
musicologia codifica come anapesto.
Se invertiamo la disposizione temporale dei due fenomeni otteniamo un piede
metrico dattilo.
18[17] Schneider M. Op. cit. p. 10.
19[18] Schneider M. Op. cit. p. 16.
20[19] Schneider M. Op. cit. p. 29.
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La realtà del piede metrico dattilo e anapesto è ritmica perché essi sono
l’espressione della relazione di equilibrio dinamico che intercorre tra i due
fenomeni originanti gli specifici metri.
Analogia, ritmo comune e fattori S
Finché riusciamo ad elaborare esemplificazioni facilmente intuibili,
riconducibili ad un ambito conosciuto, la lettura della realtà in chiave ritmica
è possibile e convincente ma quando Schneider ci sollecita a individuare
l’aspetto ritmico che pone in relazione fenomeni evidentemente differenti, la
nostra perplessità ci assale, inducendo in noi un sentimento di scetticismo e
smarrimento.
Ad esempio come è possibile mettere in relazione un’antica tromba guerriera
con un asino?
La proposta schneideriana può suonare come una provocazione ma, forse, è
comprensibile solamente se siamo in grado di accogliere la forma di
ragionamento più antica, già conosciuta e utilizzata dall’uomo vissuto in
epoca megalitica.
A riguardo, Schneider afferma che “… ogni volta che due fenomeni
presentano un carattere comune e che questo carattere sembra
essenziale nella strutturazione di ambedue i
fenomeni, si
21
stabilisce tale relazione di analogia [20].”.
In questa prospettiva, per ritornare al nostro esempio, l’asino e la tromba
possono avere una relazione analogica purché si riesca a individuare quel
“carattere comune” che li accomuna.
Un ragionevole dubbio ci assale ma seguiamo le indicazioni del pensatore
alsaziano: “… un fenomeno a b c S è apparentato essenzialmente
con il fenomeno d e f S dall’elemento S, a condizione che questo
fattore S costituisca o sembri costituire un elemento
fondamentale nella strutturazione di ambedue i fenomeni.
Ma questo elemento S non è un fattore isolabile, anzi, al
contrario, tutti gli elementi di ogni fenomeno costituiscono un
complesso ritmico indissolubile.
I fattori S, che pongono in relazione i differenti fenomeni, li
chiameremo il « ritmo comune »22[21].”.
Seguendo il pensiero schneideriano posso trovare quindi una relazione
d’analogia tra l’asino e la tromba solamente se individuo i fattori S, ossia il «
ritmo comune » che mette in relazione i due fenomeni.
Ora, a questo punto del discorso, alcuni interrogativi mi sovvengono in
mente: quali sono i fattori S e qual è il ritmo comune che mette in relazione
analogica l’asino con la tromba?
21[20] Schneider M. Op. cit. p. 8.
22[21] Schneider M. Op. cit. p. 8.
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45
Forse la soluzione è vicina poiché Schneider afferma che “… gli esseri
primitivi considerano come un ritmo di parentela S, prima di
tutto, il timbro della voce, il ritmo ambulatorio, la forma del
movimento, il colore e il materiale23[22].”.
La relazione d’analogia avviene quindi, prima di tutto mediante il timbro
della voce, poi con il ritmo ambulatorio, la forma del movimento, il
colore e, infine, la materia.
Pertanto, il fattore S, il ritmo comune che pone la tromba in relazione
analogica con l’asino è, in questo caso, essenzialmente di tipo acustico poiché
il timbro della ‘voce’ dell’asino è analogo a quello della tromba,“… giacché il
timbro e la << melodia >> di questa tromba (antica) sono
assolutamente identici al grido dell’asino. È chiaro che,
nonostante tutto, la differenza tra una tromba e un asino
continua ad essere molto grande; ma, se si considera il piano
acustico come il criterio mistico essenziale di un fenomeno,
l’equazione tromba con due suoni = asino è perfetta e
logica24[23].”.
Trovando così un legame convincente tra i due fenomeni, appartenenti
evidentemente a piani morfologici differenti, la provocazione schneideriana
inizia a dissolversi, assumendo la dimensione di una stimolante proposta che
ci induce a riflettere.
Una riflessione che dischiude la possibilità di poter adottare, con cautela e
tranquillità, la forma più antica di ragionamento che l’uomo abbia elaborato,
utilizzandola in quelle situazioni dove l’argomentazione causale, di cui siamo
avvezzi conoscitori, mostra i suoi evidenti limiti.
Giangiuseppe Bonardi
[email protected]
Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe
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5 commenti
Bonardi Giangiuseppe, Dall'Ascolto alla Musicoterapia
Pubblicato il 1 novembre 2008
23[22] Schneider M. Op. cit. p. 8.
24[23] Schneider M. Op. cit. p. 157.
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Giangiuseppe Bonardi
46
http://www.progettisonori.it/
Anno: 2007
Il libro è al contempo un percorso strutturato, una 'guida' per il neofita che si
accinge a "fare" musicoterapia, e "strumento" di
riflessione, rivolto a quanti (musicoterapisti, familiari,
insegnanti, educatori, psicologi, operatori sociali,
operatori
sanitari,
ecc.)
vivono
situazioni
problematiche che sollecitano interrogativi in merito:
all'ascolto, alle emozioni, ai sentimenti, al tempo, allo
spazio, al simbolo, all'analogia, al sé, alla relazione,
all'espressione musicale ("artistica, naturale" ) provati
"sulla propria pelle".
"Dall'ascolto alla Musicoterapia non sarebbe mai
nato se io, ben sedici anni fa "giovane
musicoterapista in erba", non avessi iniziato ad
incontrare nel lavoro quotidiano quelle innumerevoli persone, raramente
chiamate per nome, ma sovente utenti o pazienti. Paradossalmente gli
"innominati " sono stati i miei "insegnanti " sul campo: sì, proprio loro mi
hanno "pazientemente insegnato" la difficile arte dell'ascolto-accoglienza
per poter trovare quella musica che, "quando funziona", aiuta e diventa
'musicoterapia'.
Una musicoterapia ispirata dalla prospettiva antropologica, in cui
la dimensione musicale indaga in particolare l'uomo che ascolta e
fa musica in modo 'naturale', ossia il cosiddetto "diverso" che, con
la propria musica, rende udibile nello spazio il proprio tempo,
ossia il suo mondo di emozioni."
Giangiuseppe Bonardi
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47
Dicembre
Colonnella Alessandra, *Tra la musica e la terapia c'é la voce
Pubblicato il 31 dicembre 2008
Sono fermamente convinta che il processo di accoglienza della
propria identità di persona, sia essa normodotata e/o disabile, sia
facilitata dalla riscoperta della propria vocalità.
La voce umana è unica, non ce n’è una uguale all’altra.
Nella voce risuona la nostra vita, le nostre predisposizioni genetiche, le
successive modificazioni esperienziali.
La voce possiede un duplice codice: quello linguistico che riguarda il livello
cosciente e quello stilistico, che agisce a livello inconscio.
Il codice stilistico é un codice naturale pre-linguistico, caratterizzato da
involontarietà.
Le onde sonore di un’enunciazione, costituiscono il “messaggio secondario”,
latente, evidenziando così il fatto che la voce ha un potere indipendente dalla
parola.
Il bambino nell'utero, e nei primi stadi di vita, percepisce voci non ancora
linguisticamente comprese.
Nel suo saggio di psicofonetica, La vive voix, Ivan Fònagy parte dalla coppia
oppositiva viva voce - lettera morta, interrogandosi su cosa distingue la voce
dalla lettera.
Il fatto è che la voce veicola qualcosa di più rispetto alla frase
scritta e questo qualcosa di più, Fònagy lo chiama stile vocale.
La lettera morta di Fònagy, rimuove la vitalità della voce, così come fa la
parola, in quanto regola del funzionamento sociale.
Se ciò che riguarda specificamente la voce è il ritmo, l’intonazione, e non
ancora il senso, si può dire che la voce è filogeneticamente anteriore alla frase,
e considerarsi come una sorta di “rimosso” della parola, il “non-detto” del
discorso, dunque il suo “residuo” e la sua “verità”.
Così come il suono veicola informazioni di senso (Fonosimbolismo
di Dogana), la voce - in quanto emissione sonora - ha le stesse
proprietà evocative e racchiude in sé, inevitabilmente e del tutto
spontaneamente, ciò che l'individuo è nella sua interezza.
Ora, se percepire il mondo esterno è competenza dei propri sensi, tra i quali la
motricità, nella costruzione del mondo interno va ad assolvere un
ruolo importante il riconoscimento o meglio la percezione di sé
stessi attraverso la propria voce.
In persone normodotate la perdita della voce per qualche giorno disorienta,
avvilisce, e sembra che si sia impossibilitati a rapportarsi con il mondo, al pari
della mancanza di qualsiasi altro organo di senso, con la conseguente perdita
di percezione di sé stessi.
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2008
48
In una condizione di handicap, laddove vi sia una compromissione della
fonazione per cause dirette o indirette, credo si possa agire in un'ottica
musicoterapica volta al recupero della propria vocalità, ossia di sé.
Alessandra Colonnella
[email protected]
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Greco Marina, 25Qual è il contributo del De musica di Sant
Agostino alla... musicoterapia?
Pubblicato il 9 dicembre 2008
Musica est scientia bene modulandi, la musica è la scienza del
misurare correttamente secondo un ritmo.
Questa è la definizione di musica proposta dal Magister-Agostino al
discipulus nelle prime pagine del De Musica, un dialogo condotto con la
tecnica della maieutica socratica che consente al lettore di collocare il
concetto di musica all’interno del pensiero agostiniano.
Fin dal principio dell’opera si percepisce la netta influenza della prospettiva
platonico-pitagorica in quanto nella concezione dell’Ipponate sembra
25
Una doverosa premessa
Il prezioso elaborato della collega Marina Greco è da iscriversi nel filone di riflessione che riguarda la ricerca
del senso del musicale in musicoterapia.
L’apporto della Dott.ssa Greco, che promana dalla ricerca filosofica, offre avvincenti spunti di riflessione in
merito al concetto di musica applicato al lavoro musicoterapico, evidenziando come il ritmo, espresso in
numeri, sia l’essenza dinamica del mondo interno e spirituale della persona.
Quotidianamente svolgo la mia attività di musicoterapia, interagendo con persone gravemente compromesse
che utilizzano poco o per nulla il linguaggio verbale.
Il musicale eseguito e condiviso è perlopiù “caotico” o ossessivo ma, dopo innumerevoli sedute, alcune
persone eseguono spontaneamente alcuni isolati metri: giambo, anapesto, pirrichio, ecc.
Ma come è possibile tutto ciò?
Io non ho insegnato loro nulla di tutto ciò!
Queste persone non conoscono la matematica né, tantomeno, la musicologia ma sanno eseguire ad esempio,
spontaneamente, la cifra 2 in due modi diversi: giambo, pirrichio, perché?
Riflettendo con calma, sappiamo che il metro, sia esso giambo o anapesto, è un’articolazione del tempo.
Il tempo è il proprio modo interiore per cui il metro indica, verosimilmente, l’inizio del processo di
integrazione del proprio modo interno.
In tutta sincerità credo che queste persone, a livello non verbale, stiano solamente comunicandoci,
ritmicamente, che iniziano a stare meglio.
Forse il loro sé é meno frantumato poiché, talvolta, lo esprimono in metri?
In ogni caso, ed è ciò che conta, “a modo loro”, ci stanno ringraziando.
Probabilmente questa mia constatazione chiarisce maggiormente l’urgenza di addentraci a studiare il
musicale, cercando di conoscere altri possibili significati sottesi ai molteplici metri (giambo, pirrichio
anapesto, dattilo, ecc.) che la persona ci comunica.
In questa prospettiva S. Agostino non appare fuori luogo e la tesi, scritta ben tredici anni fa dalla Collega, ci
aiuta a riflettere, ricercando quella sottile relazione d’analogia che intercorre tra la spirituale riflessione
filosofica di Sant’Agostino e la dimensione mistica del pensiero schnederiano25.
Giangiuseppe Bonardi
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prevalere l’aspetto teorico-matematico della musica: se è vero, infatti, che
essa rientra pienamente nel gruppo delle discipline scientifiche in quanto
basata su rapporti numerici ben precisi fra suoni che hanno una durata
differente, emerge però nettamente la sua essenziale funzione catartica.
La musica, infatti, collocata da Agostino nella prospettiva cristiana, diventa
strumento per elevarsi a Dio, in quanto consente all’uomo di passare per
corporalia ad incorporalia, ovvero dalla realtà sensibile e
corporea a quella sovrasensibile, incorporea e spirituale.
Il numerus, ovvero il ritmo26, e l’actus sentiendi presieduto dall’anima
sono l’anello di collegamento fra esteriorità, interiorità e fra
questa e la superiore dimensione spirituale e divina.
Per Agostino, la percezione della musica si verifica mediante l’actus
sentiendi, ossia un’attività dell’anima stessa che, presente in ogni parte del
corpo, è continuamente attenta ad ogni minima modificazione che in lui
avviene e che è provocata da oggetti esterni.
Mediante la musica e la sensazione, l’uomo giunge a scoprire, nella sua stessa
anima, l’esistenza di principi immortali che derivano direttamente da Dio: i
numeri.
Nel V libro Magister e Discipulus procedono all’indagine dei diversi numeri e
alla valutazione della loro maggiore o minore importanza a seconda che siano
meno o più legati alla corporeità.
I numeri esistono innanzi tutto nell’aria che, “percossa”, produce il suono.
Sono i numeri sonantes che si verificano indipendentemente dal fatto che
ci sia o meno qualcuno che ascolti.
Esistono poi i numeri occursores, presenti nell’orecchio di chi ascolta e
che senza i precedenti non possono esistere.
Poi ci sono i numeri che esistono indipendentemente dai primi due:
progressores, indispensabili perchè si inneschi il motus dell’aria che
produce il suono.
Ma esistono anche numeri che si possono ascoltare senza che l’aria sia
percossa perchè essi sono presenti nella nostra memoria: sono i numeri
recordabiles.
Se poi siamo naturalmente portati ad essere dilettati o infastiditi da ciò che
ascoltiamo, secondo la maggiore o minore “uguaglianza” riscontrata
nell’ascolto, ciò lo dobbiamo ai numeri iudiciales.
Questi ultimi ci consentono di modulari, ovvero di misurare correttamente,
ovvero di giudicare.
Ma di che giudizio si tratta?
Solo di un giudizio estetico.
Ma quali numeri ci consentono di bene modulari?
26
“Il termine latino numerus ha diversi significati: numero, serie, quantità, ritmo... L’accezione in cui viene
utilizzato da Agostino nel sesto libro di questo dialogo è stata variamente interpretata... Pur constatandone la
povertà semantica rispetto al termine latino, ci sembra più corretto tradurre numerus con «ritmo»...”. Agostino,
Ordine, musica, bellezza, a cura di M. Bettetini, Rusconi, Milano 1992, p. 222 n. 6.
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I numeri rationales, superiori a tutti gli altri in quanto permettono di
esprimere il vero giudizio, quello razionale, non più legato alla corporeità,
come il giudizio estetico (modulari), bensì alla moralità (bene modulari). Così
Agostino-Magister classifica definitivamente i vari numeri-ritmo: i numeri
rationales divengono i veri iudiciales, mentre i numeri iudiciales divengono
sensuales.
Secondo l’Ipponate la nostra anima non sarebbe in grado in alcun modo di
consentirci di percepire la musica e di giudicare la sua minore o maggiore
bellezza se non fosse impresso in lei l’ideale immortale di bellezza che può
derivarle solo da un’essenza superiore (Dio).
È solo la ratio che consente di tradurre quanto ascoltiamo in puri rapporti
matematici; essa consente di ricondurre quanto è soggettivamente piacevole
alla Bellezza oggettiva, caratterizzata dalla perfezione dell’uguaglianza e
dell’unità.
I numeri rationales/iudiciales sono un dono per l’anima, affinché essa possa
cogliere nelle cose sensibili le tracce e i segni della aequalitas numerosa,
autentica Bellezza manifestazione dei numeri aeterni presenti solo in Dio.
Il numerus-ritmo come filo conduttore, il numerus per riscattare
dalla caducità una materia effimera come il suono27.
La musica, operatio animi fondata sui numeri, quasi scrigno di segni
teofanici, è mezzo per l’anima per potersi elevare fino alla contemplazione
della perfetta uguaglianza, della vera Bellezza.
Marina Greco
Titolo originale del contributo
*La musica nel pensiero filosofico di Agostino, Tesi di Laurea in
Filosofia di Marina Greco, Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Ada Lamacchia,
Correlatore: Prof. Pasquale Porro. A.A. 1994/1995. Università degli Studi di
Bari, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Filosofia.
La tesi è consultabile presso l’Università degli Studi di Bari, Facoltà di
Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Filosofia, oppure scrivendo a
[email protected]
Con tag Greco Marina, Il senso del musicale in musicoterapia
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27 Cfr. Guanti G., La musica come metafora teologica in Agostino e in Kirkegaard, «Rivista di Estetica », 30 (1990), p.
118
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Mazzucca Liliana, *Emozioni cantate in... musicoterapia
Pubblicato il 9 dicembre 2008 da http://musicoterapie.over-blog.com/
Durante il primo incontro, con mio sommo stupore e grande meraviglia,
Maria intonò un canto: "Chitarra vagabonda" scritta da Romeo Olivieri.
Questo canto sarà, possiamo dire, il "leit motif" di tutti gli incontri che
seguiranno.
Mi chiese di accompagnarla alla tastiera ma per me era molto difficile cercare
di eseguire la melodia perché Maria la intonava nel registro acuto,
cambiando continuamente tonalità.
La sua voce era, spesso, stridula, sofferente; a volte eseguiva il canto molto
piano, solamente durante l'ultima seduta dell'osservazione, la sua voce
sembrava più chiara e le parole del canto erano maggiormente comprensibili.
Al termine degli incontri mi chiedevo come mai Maria avesse cantato proprio
quella canzone e non un'altra; condivisi questa riflessione, prima con il tutor,
poi in sede d'équipe.
In quella sede scaturirono alcune interpretazioni in merito a quanto accaduto.
Maria sicuramente conosceva quella canzone particolare poiché,
probabilmente, era legata a uno specifico vissuto: quale?
Incuriosita e perplessa volevo verificare la validità della duplice
interpretazione e così, in una situazione informale chiesi a Maria come mai il
canto "Chitarra vagabonda" le piacesse così tanto.
Immediatamente Maria diventò malinconica e triste.
Dopo pochi secondi però, non senza evidente nostalgia, iniziò a raccontarmi
alcuni episodi della sua vita.
Ero letteralmente pervasa da un contrasto emotivo poiché ero al contempo
preoccupata e contenta.
Preoccupata poiché mi trovavo nella situazione di accogliere il dolore di
Maria.
Felice perché avevo compreso il senso di quell'espressione canora, giacché la
canzone era, verosimilmente, la manifestazione metaforica dei dolorosi
vissuti giovanili di Maria, tuttora vivi e... pulsanti.
Liliana Mazzucca
*Titolo originale del contributo
Mazzucca Liliana (2005), Emozioni ascoltate, cantate, condivise:
un'esperienza musicoterapica condotta in ambito riabilitativo,
Relatore: Prof. Giangiuseppe Bonardi, Tesi di Diploma, Corso Quadriennale
di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi.
Argomento
Che cosa significa una canzone per una persona? È questo l'interrogativo che
caratterizza l'esperienza musicoterapica della Collega Liliana Mazzucca. Sì, in
musicoterapia è necessario, più che mai, interrogarsi costantemente sul senso
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del musicale esperito poiché, la ricerca dello stessi, spesso dischiude inattesi
contenuti emotivi.
Reperibilità
La tesi è consultabile presso la segreteria del Corso Quadriennale di
Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi Centralino 075/813231 Fax
075/8112288 [email protected] o, contattando direttamente l'Autore.
Contatto con l'Autore
[email protected]
Con tag Musicoterapia e ritardo mentale
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