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29 Ottobre 2012 Lipparini Lara, Realismo – Courbet, 1 Pagina di 2 Il Realismo Il 1848 rappresenta, a livello europeo, l'anno delle grandi e sanguinose sommosse popolari. L'esempio più noto e drammatico è quello dei moti di Parigi: gli operai, ai quali erano stati imposti salari di pura sussistenza e condizioni di lavoro disumane, esprimono violentemente il proprio malcontento costringendo il re Luigi Filippo d'Orleans a lasciare il trono e proclamando la Seconda Repubblica alla cui presidenza verrà eletto a suffragio universale Napoleone Bonaparte. Molte delle manifestazioni parigine del '48 vengono sanguinosamente represse e in breve anche Napoleone tornerà a schierarsi con la forte borghesia industriale, compiendo un'opera di restaurazione politica e sociale che culminerà nel 1852 al ripristino dell'impero. Di fronte al sangue versato sulle barricate del '48, alle condizioni di vita misere dei ceti popolari più bassi, l'artista non può più nascondersi fuggendo nel mondo incantato della mitologia o dello storicismo romantici. In questo contesto nascono i movimenti realisti con il fine di rispondere in modo artistico a queste prepotente richiesta di vero e di quotidiano. In pittura come in letteratura non si vuole più ingannare, proponendo soggetti falsi e inconsistenti, ma si cerca di documentare la realtà nel modo più distaccato possibile, quasi analitico. In Francia il realismo si sviluppa come metodo scientifico per indagare la realtà, spiegando le contraddizioni e le miserie di tale epoca senza esserne però coinvolti emotivamente. Il fine degli artisti realisti è quello di annotare minuziosamente le caratteristiche del mondo che li circonda, astenendosi da qualsiasi giudizio soggettivo. Il capostipite indiscusso del realismo pittorico francese è senza dubbio Jean-Desirè-Gustave Courbet. Gustave Courbet Uomo di saldi principi morali e di grande onestà nasce a Ornans nel 1819 da una famiglia contadina benestante. Courbet conduce i primi studi presso il piccolo seminario della cittadina natale. Formatosi quasi da autodidatta, inizia la propria attività seguendo la tradizione romantica, dedicandosi soprattutto alla copia dal vero e al rifacimento di alcuni dipinti del Louvre. Ben presto però si distacca da essa e rifiuta ogni tipo di influenza e di compromissione con tutte le forme d'arte ufficiali e proclama che “la pittura può consistere solo nella rappresentazione di oggetti visibili e tangibili”. Nonostante egli sia stato sempre contrario all'insegnamento dell'arte, nel 1861 apre una propria scuola in evidente e aperta polemica con l'Accademia e le altre scuole d'arte ufficiali. Egli è del parere che l'arte non non possa essere espressa meccanicamente, ma essa è individuale motivo per cui la prima cosa che insegna ai suoi allievi “non ci possono essere scuole: ci sono soltanto pittori”. Ai suoi allievi Courbet non impartiva mai lezioni teoriche, ma preferiva piuttosto che gli stessero accanto mentre dipingeva, al fine di apprendere i segreti del mestiere, come avveniva nelle botteghe medioevali. Nel 1871 Courbet partecipava attivamente all'insurrezione di Parigi, e durante la breve stagione libertaria del comune, viene addirittura eletto delegato delle belle Arti. Egli poiché non viene accettato dagli altri saloon, ne crea uno proprio quello del realismo. Egli cerca un rapporto diretto con il pubblico nuovo e popolare diverso da quello dei saloon e che capisca senza scandalizzarsi, per tale ragione l'autore esclude soggetti mitologici, religiosi e storici, concentrandosi unicamente sulla realtà contemporanea. Courbet viene processato e condannato quale sovversivo con l'ingiusta accusa di aver istigato l'abbattimento della monumentale Colonna Vendome. Costretto a vendere all'asta tutte le sue opere, muore in dignitosa solitudine nel 1877. Nella scelta dei temi l'artista abbandona di colpo qualsiasi riferimento storicistico concentrandosi sui piccoli fenomeni del quotidiano, registrati con l'impersonale distacco di un osservatore oggettivo. Le opere: 29 Ottobre 2012 Lipparini Lara, Realismo – Courbet, 2 Pagina di 2 Lo spaccapietre olio su tela 45x55 cm - Svizzera, collezione privata Ne lo Spaccapietre del 1849 Courbet rappresenta un manovale intento a frantumare dei sassi per ricavarne ciottoli. L'occhio indagatore dell'artista scava impietosamente nella realtà mettendone a nudo ogni risvolto. Infatti ciò è testimoniato dalla raffigurazione delle toppe sulle maniche della camicia, il panciotto strappato sotto l'ascella, i calzini bucati al tallone. A sinistra sotto un cespuglio, ci sono anche una pentola e mezzo filone di pane evidente accenno a quello che sarà il povero pasto dello spaccapietre. La realtà quando viene rappresentata nella sua vera natura, così cruda e misera dà fastidio al potere. Suscita sconcerto non solo per il soggetto ma anche per il modo in esso era dipinto ovvero senza rispettare le regole dell'arte accademica, senza un rigore compositivo e rispetto dei canoni. Ecco dunque che una volta presentata al Saloon di Parigi verrà rifiutata, l'artista decide pertanto di presentarla al saloon del padiglione del realismo, padiglione costruito a sue spese. La natura circostante è tratteggiata in modo essenziale, quasi scarno. Courbet rifugge da qualsiasi tentazione pietistica è proprio in questo equilibrio che sta la sua grandezza. Per mezzo di quest'opera egli vuole denunciare la società che sta perdendo i suoi valori, richiama l'attenzione verso la povertà, la famiglia e l'amor di patria. Suscitò scalpore il messaggio lasciato nel registro della mostra: “Si prega il Signor Courbet di voler gentilmente rammendare la camicia e lavare i piedi ai suoi spaccapietre”. L'Atelier del pittore olio su tela 359x598 cm - Parigi, Musee d'Orsay Nell'opera in analisi , che l'artista stesso definisce come un “allegoria reale”, egli espone in modo compiuto tutti i suoi ideali artistici e umani. Le grandi dimensioni della tela alludono quasi provocatoriamente al gigantismo di molti dipinti Accademici all'ora di moda, sempre affollati di personaggi storici entro ambientazioni classicheggianti. Al centro della composizione del 1855, Courbet rappresenta se stesso intento a dipingere un paesaggio di Ornans, la sua città natale, con un cielo estremamente realistico e anticonvenzionale. Attorno a lui si affollano, nella fosca penombra dell'Atelier una trentina di personaggi. L'opera può essere vista come divisa in due parti, due fazioni: − a sinistra sono rappresentate le classi sociali che vivono ai margini della società operai, saltimbanchi → hanno tutti la testa mestamente reclinata e l'atteggiamento pensoso. Nei loro volti privi di sorriso si legge il pesante fardello della vita e dei suoi dolori. Seduti in primo piano a sinistra è raffigurato un bracconiere che fissa lo sguardo su un cappello piumato. La mandola il pugnale a terra sono tutti elementi simboli di un romanticismo superato. Di fronte al bracconiere c’è una povera donna irlandese che allatta il suo bambino, attraverso la sua raffigurazione Courbet alludere alla grande crisi economica che aveva colpito l’Irlanda. È presente anche un rabbino mentre sullo sfondo si trova un mercante che offre una stoffa a un benestante seduto, il nonno dell’artista. − A destra sono rappresentati invece i sogni e le allegorie, tra queste l'amore, la filosofia e la letteratura alle quali Courbet ha imprestato i volti di vari amici e conoscenti. La verità nuda accanto all'artista, osserva con tenerezza l'opera che egli sta ultimando. Di fronte un bimbetto dai vestiti laceri guarda incuriosito.