abiword - lavoro n°2 - Consiglio Notarile Catania

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RASSEGNA DI
PRASSI - LEGISLAZIONE - GIURISPRUDENZA
GIUGNO 2014
GIURISPRUDENZA
A) IL NOTAIO E LA INDELEGABILITA' DELLE SUE FUNZIONI
La rassegna giurisprudenziale inizia con una sentenza che riguarda
l'esercizio della nostra professione molto da vicino e che, per certi
versi,
va
salutata
con
soddisfazione
perchè
costituisce
un
riconoscimento
dell'importanza
ed
essenzialità
della
funzione
notarile.
La vicenda riguarda un Notaio nei confronti del quale viene avviato
un procedimento disciplinare in quanto, nel corso di un'indagine
svolta in sede penale, era emersa una organizzazione di lavoro
caratterizzata da un frequentissimo ricorso alla delega a favore dei
propri collaboratori, con conseguente palese violazione del carattere
personale della prestazione e degli artt. 47, comma 2 L.N., 36 e 37
dei principi di deontologia professionale.
La CO.RE.DI. condannava ad otto mesi di sospensione il Notaio, che
veniva assolto in Corte d'Appello; in particolare, i Giudici di
secondo grado introducevano una strana distinzione fra atti
"routinari" - prevalentemente le compravendite immobiliari - per i
quali il Notaio potrebbe delegare interamente le sue funzioni e
ricevere la volontà delle parti al momento del rogito, ed atti non
routinari, ovvero quelli più complessi che richiederebbero un
coinvolgimento personale del professionista.
La Cassazione, con sentenza n. 8036 del 4 aprile 2014, non ha
difficoltà a smentire la Corte territoriale.
Innanzi tutto, i giudici della Suprema Corte ritengono non corretta
la distinzione fra atti routinari e non: il fatto che vi siano atti
con un contenuto tipico predeterminato "non esclude che vi siano ampi
margini di discrezionalità per le parti nella regolamentazione dei
propri interessi in virtù del principio di autonomia contrattuale di
cui all'art. 1322 c.c.": conseguentemente, l'opera professionale del
Notaio rileva sia nella fase preparatoria che precede la stipula
dell'atto, fase in cui il professionista deve spiegare alle parti le
conseguenze giuridiche delle loro scelte, sia nella fase delle
attività successive, in cui dovrà assicurare la serietà e la certezza
degli effetti tipici dell'atto.
Pertanto, conclude la sentenza, "deve ribadirsi che il Notaio è
tenuto a svolgere personalmente tutte le funzioni ad esso attribuite
dall'ordinamento in riferimento al ricevimento degli atti Notarili e
con specifico riguardo all'indagine relativa all'individuazione delle
volontà delle parti, della fase delle attività preparatorie a quella
delle attività successive al compimento degli atti, senza possibilità
di delegare integralmente ai suoi collaboratori dette attività e
senza distinzione tra atti routinari e non".
In
quest'ultimo
passaggio
mi
sembra
rilevante
l'utilizzo
dell'avverbio
"integralmente",
soprattutto
per
le
attività
successive, in quanto ciò consente di ammettere - come era ovvio che
fosse
la
delegabilità
della
materiale
preparazione
degli
adempimenti successivi alla stipula, a condizione che gli stessi
avvengano sotto la direzione ed il controllo del Notaio.
B) SERVITU' PREDIALI E RAPPORTI OBBLIGATORI
Con la sentenza 3091 dell'11 febbraio 2014, La Seconda Sezione della
Cassazione ribadisce un principio già espresso in precedenza (ex
multis, Cass. 2651/2010, Cass. 23145/2006) che appare interessante
perchè di frequente utilizzo nella pratica contrattuale (si pensi ai
"diritti di passaggio" che spesso le parti riconoscono ad una di esse
o nei quali ci si imbatte esaminando titoli di provenienza).
Il riferimento è al caso in cui le parti intendano riconoscere ad una
di esse un diritto sostanzialmente corrispondente ad una servitù
prediale (il caso più frequente è quello della servitù di passaggio)
ma senza riconoscergli la "forza" tipica del diritto reale e la sua
opponibilità erga omnes. La Cassazione riconosce tale facoltà alle
parti che, in base al principio di autonomia contrattuale ex art.
1322 c.c. possono "sottrarsi alla regola della tipicità dei diritti
reali su cosa altrui attraverso la costituzione di rapporti meramente
obbligatori", pattuendo un "obbligo personale, configurabile quando
il diritto attribuito sia previsto per un vantaggio della persona
indicata nel relativo atto costitutivo, senza alcuna funzione di
utilità fondiaria".
Stante il principio affermato - e confermato - dalla Suprema Corte,
e volendo allacciarci alla sentenza commentata sopra, mai come in
questo caso giova la chiarezza della stesura della clausola da parte
del Notaio, che dovrà, a mio avviso, ben evidenziare l'intenzione
delle parti di costituire un rapporto meramente obbligatorio, privo
della "forza" e della opponibilità tipica dei diritti reali.
C) PREDISPOSIZIONE
"PERICOLOSA".
DEL
REGOLAMENTO
DI
CONDOMINIO:
UNA
CLAUSOLA
Anche questa sentenza - la n. 8606 dell'11 aprile 2014 - appare
interessante e di sicuro taglio pratico.
In particolare, nella fattispecie veniva esaminata la validità della
clausola con la quale un costruttore si era riservata la facoltà di
predisporre il regolamento di condominio e contestualmente la parte
acquirente conferiva mandato in tal senso al venditore di predisporre
lo stesso regolamento, obbligandosi al rispetto dell'emanando
documento, che sin da quel momento approvava.
Il Supremo Collegio conferma l'orientamento secondo il quale il
regolamento di condominio è vincolante a condizione che lo stesso,
già predisposto, venga richiamato ed approvato in sede di vendita; di
contro, il mandato a predisporre un regolamento di condominio
conferito "senza alcun criterio predeterminato" è nullo per
indeterminatezza dell'oggetto e l'approvazione preventiva di un
regolamento non esistente non vincola l'acquirente e, probabilmente,
è nulla anch'essa perchè ha ad oggetto un bene inesistente.
La conclusione mi sembra ineccepibile e deve mettere in guardia
dall'inserimento in atto di tali clausole, frequenti nella prassi;
così come non mi sembra sufficiente il "richiamo e l'approvazione"
cui fa cenno la Suprema Corte, in quanto il compratore spesso rende
la dichiarazione affermando di "ben conoscere ed accettare il
regolamento di condominio ed annesse tabelle millesimali" senza
averne ricevuta copia, ed anche la validità di tale clausola mi
sembra molto dubbia.
Ritengo, pertanto, che la veridicità di tali dichiarazioni debba
essere verificata, magari con l'espressa dichiarazione del compratore
di avere ricevuto in precedenza e visionato il regolamento.
D) IL PREZZO NON E' INTERAMENTE PAGATO? NON E' DONAZIONE INDIRETTA
L'affermazione fatta dalla Cassazione con questa sentenza del 31
gennaio 2014 - la n. 2149 - è il frutto di una interpretazione rigida
di un principio della stessa giurisprudenza della Suprema Corte,
principio che ormai si può ritenere consolidato: l'intestazione di un
immobile con denaro altrui costituisce donazione indiretta dello
stesso
immobile,
nonostante
dal
patrimonio
del
donante
sia
fuoriuscito solo denaro (peraltro, di questo principio la Suprema
Corte ha fatto applicazione recentemente anche per il caso di
donazione di una partecipazione sociale ad una Cooperativa edilizia,
sentenza commentata nell'ultima rassegna).
Con la Sentenza che si commenta, la Cassazione afferma che tale
principio è valido solo a condizione che l'immobile venga acquistato
con denaro interamente del donante, mentre la donazione indiretta non
sarà configurabile in presenza di un pagamento solo parziale del
prezzo; secondo i giudici della Suprema Corte, il risultato
giuridico-economico dell'attribuzione liberale si configura solo nel
caso in cui chi intende intestare un bene ad altri ne sostenga
l'intero costo.
L'affermazione
non
è
particolarmente
motivata,
ma
appare
eccessivamente rigida nele sue conclusione; sappiamo bene che il
principio che equipara l'intestazione a nome altrui alla donazione
indiretta dell'immobile è senz'altro criticabile per vari motivi che
non si possono esporre in questa sede, ma se lo stesso viene
affermato sembra eccessivo farlo dipendere dalla quantità del denaro
impiegato, che spesso è tale da poter far ritenere l'acquisto come
effettivamente proveniente dal terzo.
E)
PUBBLICAZIONE
DI
TESTAMENTO
CONTENENTE
LEGATI
IMMOBILIARI:
IL
NOTAIO DEVE TRASCRIVERE
Con questa sentenza del 20 febbraio 2014 - la n. 4485 - viene
affrontata una questione sulla quale si è dibattuto a lungo, al punto
che la nostra Commissione Studi Civilistici, con il corposo studio
321-2012/C del 20 settembre 2012, è intervenuta per meglio
approfondire l'argomento.
Il problema riguarda la pubblicazione di un testamento contenente
legati immobiliari e la tesi, sostenuta da una parte della dottrina,
che nel caso in esame il Notaio non sarebbe tenuto ad eseguire
l'adempimento - prescritto dall'art. 2648 c.c. - della trascrizione,
obbligo che riguarderebbe solo gli atti inter vivos e non gli atti
mortis causa: conseguentemente, il Notaio potrebbe omettere tale
adempimento o quanto meno esserne esonerato dalle parti.
La tesi opposta, sostenuta dallo studio richiamato sopra, partendo
dal principio che anche in questo caso alla trascrizione conseguono
gli effetti prescritti dall'art. 2650 c.c., ritiene, al contrario,
che trascrivere la pubblicazione del testamento contenente legati
immobiliari sia un dovere al quale il Notaio non possa sottrarsi, e
ciò tanto se si ritenga che tale dovere sia di fonte legale e di
ordine pubblico in quanto finalizzato alla corretta tenuta dei
Registri Immobiliari, quanto se si ritenga si tratti di un dovere di
fonte professionale del Notaio, che deve assicurare il buon esito
delle attività anche successive all'atto e la certezza degli effetti
di quest'ultimo.
Queste conclusioni vengono accolte dalla sentenza in esame, che
ribadisce la doverosità della trascrizione da parte del Notaio, in
virtù di un duplice obbligo - civilistico e deontologico - che
incombe sullo stesso; inoltre, afferma la Corte, tale obbligo
discende anche dal fatto che il legato, ex art. 649 c.c., si acquista
senza bisogno di accettazione e dalla conseguente esigenza di dare
pubblicità a tale acquisto; nonchè dalla necessità di far realizzare
gli effetti della continuità disciplinati dall'art. 2650 c.c..
L'obbligo di trascrivere, ovviamente, non ricorrerà nel caso di
institutio ex re certa e di inclusione di alcuni immobili nella quota
dell'erede, in quanto in tal caso per l'acquisto occorrerà
l'accettazione dell'eredità.
F) DUE SENTENZE IN TEMA DI PLUSVALENZE
F1) Con sentenza n. 4150 del 21 febbraio 2014, la Cassazione "stoppa"
una delle tante pretese insolite dell'Agenzia delle Entrate, la cui
attività in alcuni casi appare troppo protesa a far cassa e poco ad
esaminare le questioni di diritto.
A seguito di una cessione di un capannone ad uso commerciale
effettuata da un privato ad una società, veniva notificato avviso di
liquidazione al venditore ed accertata una plusvalenza conseguente
alla cessione ex art. 81 T.U.R (oggi art. 67, comma 1, lett. b): in
sostanza, secondo l'Ufficio, la cessione aveva realizzato una
plusvalenza equiparabile a quella conseguente ai trasferimenti di
"terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria..." norma che, a
detta dell'Agenzia, ricomprende non solo i terreni "nudi" ma anche
quelli che, pur essendo edificati, "conservano integra la loro
capacità edificatoria in base alle previsioni del P.R.G".
La Cassazione non ha difficoltà a ritenere infondato il motivo di
ricorso: l'art. 81 si riferisce alla sola cessione dei terreni nudi,
non edificati, mentre nella fattispecie la cessione aveva avuto ad
oggetto
un
capannone
con
relative
pertinenze,
cessione
non
assoggettabile ad alcuna plusvalenza, a nulla rilevando il fatto che
il fabbricato insorgesse su un terreno che abbia una ulteriore
potenzialità edificatoria e che nei programmi della società
acquirente vi fosse la demolizione del capannone e la successiva
ricostruzione di altro fabbricato.
F2) Le conclusioni cui giunge la sentenza n. 23316 del 15 ottobre
2013 appaiono oltremodo "inquietanti" e foriere di non pochi
contenziosi.
Si affronta la questione della cessione di un terreno agricolo, e
segnatamente di un terreno ricedente in "zona agricola specializzata
AS2" per la quale le norme di attuazione del PRG consentivano una
limitata capacità edificatoria; cosa che, come è noto, ricorre
frequentemente per i terreni ricadenti in zona agricola, con
particolare riferimento alla realizzazione di costruzioni strumentali
all'attività agricola.
L'Agenzia delle Entrate, nel notificare l'avviso di accertamento al
contribuente, sosteneva che la dizione "terreni suscettibili di
utilizzazioni edificatoria" dell'art. 81 T.U.R. (oggi art. 67, comma
1, lett. b) è talmente ampia da potervi fare rientrare la cessione di
qualsiasi terreno, anche agricolo, con riferimento al quale sia
consentita, anche in parte, l'edificazione.
La
Cassazione,
sovvertendo
le
conclusioni
della
Commissione
Tributaria Regionale della Liguria, dà ragione all'Agenzia, sostiene
che la norma in questione non fa alcuna distinzione e si riferisce a
qualsiasi terreno per il quale gli strumenti urbanistici consentano
l'edificazione, a nulla rilevando "cosa ed a qual fine si
costruisca", o il fatto che la destinazione edificatoria sia
"strumentale alla sua destinazione agricola e che quindi la
possibilità di costruire sia soggetta a restrizione".
Le conclusioni della Cassazione sono talmente generiche che
potrebbero portare alla conclusione che anche una minima capacità
edificatoria del terreno agricolo - e quindi anche il famoso indice
di edificabilità 0,03 - possa far rientrare il terreno fra quelli
suscettibili di utilizzazione edificatoria nonché farne assoggettare
a plusvalenza la relativa cessione.
G)
DOPPIO
INTERVENTO
DEI
TRIBUNALI
DI
MERITO
SUL
VINCOLO
DI
DESTINAZIONE ex art. 2645 ter c.c..
Sul vincolo di destinazione non si registrano finora significativi
interventi della Suprema Corte: ecco perché appare utile segnalare
gli interventi della giurisprudenza di merito, anche per sollevare
alcune problematiche più frequenti.
G1) Con sentenza del 12 maggio 2014, il Tribunale di Reggio Emilia ha
affrontato il caso di un soggetto che opponeva al proprio creditore
procedente l'esistenza di un vincolo ex art. 2645 ter c.c., dallo
stesso apposto su un immobile di sua proprietà e finalizzato a
soddisfare i bisogni abitativi del disponente medesimo e della sua
famiglia.
Si trattava di un caso di destinazione unilaterale che, secondo la
giurisprudenza di merito prevalente, sarebbe nullo in quanto teso a
scardinare le fondamenta dell'art. 2740 in tema di responsabilità
patrimoniale.
Il Tribunale di Reggio Emilia conferma questo principio, affermando
che "la portata applicativa della norma, da intendersi come sugli
effetti e non sugli atti, deve essere interpretata in senso
restrittivo, e quindi limitata alla sola destinazione traslativa
collegata ad altra fattispecie negoziale...": affermazione, a mio
avviso, di dubbio fondamento, in quanto sembra ritenere necessario
che all'apposizione del vincolo faccia seguito un trasferimento, con
conseguente esclusione della fattispecie - che riterrei assolutamente
lecita - del vincolo apposto su un bene del disponente ma per la
realizzazione di interessi altrui.
Ma il Tribunale, a mio avviso, contraddice sè stesso quando, dopo
avere affermato quanto sopra sostiene che, anche a volere ammettere
il negozio destinatorio puro - come fa una parte minoritaria della
giurisprudenza - lo stesso dovrebbe essere accompagnato da un
riscontro concreto sulla meritevolezza degli interessi, cosa che
nella fattispecie difettava.
Ora, è noto a tutti come questo riscontro sia necessario in tutti i
casi di creazione di un vincolo ex 2645 ter c.c. e non solo per
l'autodestinazione, per cui sotto questo aspetto il Tribunale nulla
innova: in sostanza, o si ritiene che questo tipo di vincolo è nullo
per contrasto con il 2740 c.c. o lo si ritiene valido sottoponendolo,
come per tutti i tipi di vincolo, al controllo di meritevolezza
previsto dal 2645 ter c.c..
G2) Con sentenza del 18 maggio 2013, il Tribunale di Roma affronta la
questione della istituzione di un vincolo di destinazione mediante
testamento pubblico e, per certi versi in maniera sorprendente,
giudica "inefficace" il vincolo costituito con questa modalità.
Il Tribunale parte dall'assunto che l'art. 2645 ter c.c. costituisce
una deroga all'art. 2740 c.c., che fissa il principio dela
responsabilità patrimoniale; da ciò ne consegue l'impossibilità di
dare alla norma un'interpretazione estensiva.
La conferma di quanto affermato, secondo il Tribunale, deriverebbe
anche dal fatto che il legislatore "per istituti affini quali le
fondazioni e il fondo patrimoniale ha espressamente previsto la
costituzione sia per atto pubblico che per testamento".
L'interpretazione del Tribunale appare eccessivamente letterale: il
termine atto pubblico non appare affatto in contrasto con l'atto di
ultima volontà ma, a mio avviso, viene utilizzato dal legislatore
proprio per sollecitare un controllo pregnante nella fase costitutiva
del vincolo.
La tassatività del principio di responsabilità patrimoniale può
subire, per volontà esclusiva del legislatore, deroghe in casi
eccezionali, e non vi è dubbio che il vincolo di destinazione (al
pari di altri istituti quali il fondo patrimoniale, i patrimoni
destinati...)
ne
è
un'applicazione
pratica:
in
quest'ottica,
l'utilizzo del testamento - che potrà essere solo pubblico, stante la
lettera della norma - non sembra incida sull'applicazione pratica
dell'istituto, anzi proprio il fatto che tale strumento possa essere
utilizzato, per espressa previsione del legislatore, per altri
istituti affini (fondo patrimoniale, fondazione...) dimostra la
compatibilità assoluta del negozio testamentario con gli atti di
destinazione.
H) TRUST LIQUIDATORIO E FALLIMENTO
Primo intervento della Cassazione - sentenza n. 10105 del 9 maggio
2014 - su un argomento già affrontato da alcuni Trbunali di merito:
la legittimità di un trust costituito in funzione sostitutiva delle
procedure
concorsuali
(nella
fattispecie
della
procedura
fallimentare).
Una società in liquidazione costituisce un trust finalizzato alla
liquidazione del proprio patrimonio ed al soddisfacimento dei
creditori; nel trust viene conferita l'azienda sociale.
La società viene cancellata dal Registro delle Imprese e, entro un
anno dalla cancellazione, viene dichiarata fallita; alla luce dei
recenti consolidati orientamenti della stessa Cassazione, viene
eccepita dalla stessa società l'illegittimità della dichiarazione di
fallimento, stante l'avvenuta definitiva estinzione conseguente alla
cancellazione dal Registro delle imprese, nonchè la costituzione del
trust
liquidatorio
in
funzione
sostitutiva
delle
procedure
concorsuali.
Quanto al primo punto, la Cassazione fa presente il proprio recente
orientamento (SS.UU. 12 marzo 2013 nn. 6070, 6071 e 6072) secondo il
quale il principio della definitiva estinzione della società a
seguito della cancellazione dal Registro delle Imprese soffre
un'eccezione proprio nel caso di intervenuto fallimento della società
entro un anno dalla cancellazione: in tal caso la società non si
estingue
e
continua
ad
essere
destinataria
delle
vicende
fallimentari.
Quanto al trust, la Cassazione, nel corpo della motivazione fissa dei
punti fondamentali per la disciplina dell'istituto.
In primo luogo viene ribadito che il trust è privo di soggettività
giuridica, ma altro non è che un "insieme di beni e rapporti con
effetto di segregazione patrimoniale" con conseguente istituzione di
un patrimonio destinato.
Quindi la Cassazione affronta il tema della liceità del trust
liquidatorio e premette che la liceità del trust, non più in
discussione dopo l'adesione alla Convenzione dell'Aja, deve essere
valutata anche alla luce della compatibilità dell'istituto con i
principi inderogabili dell'ordinamento; in particolare occorre
prendere in esame la causa concreta del negozio posto in essere. Nel
caso in esame, ad avviso della Suprema Corte, la causa concreta del
negozio posto in essere è quella di "segregare tutti i beni
dell'impresa, a scapito di forme pubblicistiche quali il fallimento,
che detta dettagliate procedure e requisiti a tutela dei creditori
del disponente", pertanto l'ordinamento non può accordarvi tutela.
Interessanti sono anche le conclusioni in ordine alla sanzione che ne
consegue: secondo i giudici di merito che avevano affrontato analogo
caso la conseguenza sarebbe la nullità per illiceità della causa, ex
art. 1418 c.c.; la Cassazione va oltre, affermando che la nullità
presuppone il riconoscimento di un atto nel nostro ordinamento, cosa
che non ricorre nella fattispecie in quanto, ai sensi dell'art. 15
della Convenzione dell'Aja, il trust liquidatorio così congegnato
costituisce
un
ostacolo
all'applicazione
della
disciplina
dell'insolvenza:
ne
consegue
non
tanto
la
nullità
quanto
l'inesistenza giuridica dell'istituto.
I) TESTAMENTO DI NON VEDENTE E SOTTOSCRIZIONE
Interessante - e per certi versi scontato - il principio fissato da
questa sentenza della Cassazione, la n. 8346 del 9 aprile 2014,
secondo la quale i non vedenti mantengono, ove l'avessero appresa
precedentemente,
la
capacità
di
sottoscrivere
gli
atti;
conseguentemente, la dichiarazione di "non potere sottoscrivere
perché non vedente" si rivela insufficiente ove la stessa non
corrisponda al vero, come nel caso, esaminato dalla sentenza, in cui
un soggetto fosse divenuto non vedente in tarda età e prima fosse
stato assolutamente capace di scrivere e sottoscrivere.
Pertanto, la condizione di non vedente non è ex se sufficiente ad
escludere la capacità di firmare e la sua non veridicità sarà causa
di nullità dell'atto.
L) ATTO IN LINGUA STRANIERA E CONFORMITA' CATASTALE: QUANDO LA FORMA
DIVENTA SOSTANZA
Con sentenza n. 8611 dell'11 aprile 2014, la Cassazione affronta due
questioni formali di notevole interesse per la categoria.
Nel corso di un'ispezione biennale, vengono contestate ad un Notaio
due violazioni: il ricevimento di una procura speciale redatta in
lingua italiana con la traduzione in inglese (lingua conosciuta anche
dal Notaio) in calce alla stessa e la contestuale dichiarazione del
procuratore di conoscere la lingua inglese, nonché il ricevimento di
ben 280 atti di compravendita contenenti la dichiarazione di
conformità degli immobili alle planimetrie catastali, ma privi di
analoga dichiarazione di conformità dei dati catastali allo stato di
fatto.
Nel primo caso, in particolare, viene contestata al Notaio una
duplice violazione: l'art. 54, secondo comma, L.N., prevede che nella
fattispecie non solo l'atto debba essere ricevuto nella lingua
straniera accompagnato dalla traduzione in italiano, ordine invertito
dal Notaio nel caso in esame. La stessa norma prevede, altresì, la
necessaria dichiarazione delle parti di non conoscere la lingua
italiana requisito, anche questo, non rispettato nel nostro caso,
avendo le parti dichiarato la sola conoscenza dell'inglese.
Poiché la possibilità di ricevere gli atti in lingua straniera
costituisce una deroga alla regola generale dettata dall'art. 54,
primo comma, il rispetto dei requisiti formali previsti dal secondo
comma costituisce un requisito imprescindibile la cui violazione
comporta la nullità dell'atto.
Nel secondo caso, la Cassazione evidenzia bene che l'art. 19 del D.L.
78/2010 prevede, sempre a pena di nullità, una duplice dichiarazione
di conformità da parte del venditore, ovvero quella dei dati
catastali e della planimetria allo stato di fatto: nessuna delle due
dichiarazioni può sopperire alla mancanza dell'altra - come sostenuto
dalla difesa del Notaio - perchè le stesse sono di diverso contenuto
e, in particolare, la conformità dell'immobile alla planimetria
depositata in catasto non può ritenersi sostitutiva della conformità
dei dati catastali, che sono "elementi oggettivi di riscontro delle
caratteristiche
patrimoniali
dell'immobile
rilevanti
ai
fini
fiscali".
Anche in quest'ultimo caso la conseguenza sarà la nullità assoluta e
non confermabile dell'atto.
M) L'ORIGINALE E' ESENTE DA BOLLO, LA COPIA NO
Con sentenza n. 11479 del 23 maggio 2014, la Cassazione affronta il
caso di un Notaio che aveva ricevuto svariati avvisi di liquidazione
dall'Agenzia delle entrate per avere rilasciato le copie conformi
all'originale di atti di mutuo senza assolvere all'imposta di bollo,
nel presupposto che la copia ricevesse lo stesso trattamento
dell'originale, esente da tale imposta ai sensi del D.P.R. 601/73.
La Commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna confermava la
decisione favorevole al Notaio della Commissione tributaria di
Rimini, sostenendo che il D.P.R. suddetto sia norma derogatoria
dell'art. 1 della tariffa allegato a) al D.P.R. 642/1972, ai sensi
del quale "per le copie dichiarate conformi l'imposta, salva
specifica disposizione, è dovuta indipendentemente dal trattamento
previsto per l'originale"; conseguentemente, l'esenzione, fra le
altre, dall'imposta di bollo andrebbe estesa anche alle copie
conformi.
La Cassazione smentisce queste conclusioni, affermando che l'art. 5
del D.P.R. 642/72, ai sensi del quale sono esenti da bollo le copie
presentate ai competenti uffici "ai fini dell'applicazione delle
leggi tributarie" è norma eccezionale, di stretta interpretazione,
non applicabile ai casi non espressamente previsti e non suscettibile
di interpretazione analogica; pertanto, applicando un principio già
espresso in passato (Cass. 10 gennaio 1982 n. 95), la Suprema Corte
conclude affermando che "la copia conforme costituisce, ai fini
dell'imposta di bollo, autonomo presupposto di imposta rispetto al
documento originale".
N) LA MANCANZA DELLA TRASCRIZIONE DELL'ACCETTAZIONE
EREDITA' BLOCCA L'ESECUZIONE IMMOBILIARE
TACITA
DI
Con sentenza n. 11638 del 26 maggio 2014, la III Sezione Civile della
Cassazione fissa dei principi molto importanti per chi si occupa di
procedure esecutive (e non solo).
In particolare, viene esaminato il caso in cui oggetto di esecuzione
sia un bene pervenuto all'esecutato per successione e nella catena
delle trascrizioni non risulti la trascrizione dell'accettazione di
eredità.
I Giudici della Suprema Corte, pur disattendendo le conclusioni dei
Giudici di merito che erano giunti ad affermare che la mancanza della
trascrizione comporterebbe il rigetto dell'istanza di vendita,
ritengono ugualmente necessario procedere all'esecuzione di tale
adempimento prima del decreto di trasferimento; e giungono a tale
conclusione dopo un approfondito excursus sulla natura e funzione
della
trascrizione
dell'accettazione
di
eredità,
disciplinata
dall'art. 2648 c.c..
In particolare, viene evidenziata la funzione della stessa di
"saldare" la catena ai fini della continuità delle trascrizioni, ma
ciò non comporta l'inefficacia del pignoramento ai sensi dell'art.
2650, primo comma, c.c. - conclusione cui era giunto il Tribunale di
Terni - ma solo la necessità di trascrivere l'accettazione di eredità
al fine di rendere efficaci le successive trascrizioni del
pignoramento e del decreto di trasferimento.
La sentenza evidenzia anche la necessità di tutelare l'aggiudicatario
assicurando la "stabilità della vendita coattiva" e fa espresso
riferimento alle problematiche relative all'acquisto dall'erede
apparente ed all'utilità della trascrizione anche a tal fine.
Quindi, la sentenza esamina le modalità per procedere alla
trascrizione nel caso in esame, evidenziando come la stessa possa
essere eseguita senza difficoltà in presenza di un atto trascrivibile
immediatamente in quanto pubblico o autentico; ma, in assenza di un
titolo simile, dovrà essere accertata la qualità di erede con
sentenza, che non potrà provenire dai giudici dell'esecuzione, privi
della necessaria competenza, ma dovrà scaturire da un accertamento da
eseguirsi
con
un
procedimento
a
parte:
solo
a
seguito
dell'accertamento
positivo
della
qualità
di
erede
e
della
trascrizione dell'accettazione di eredità potrà darsi luogo alla
vendita coattiva.
I principi fissati dai Giudici della Suprema Corte sembrano corretti;
tuttavia gli stessi rischiano di sacrificare - forse troppo - le
esigenze di celerità del processo esecutivo e gli interessi dei
creditori alla soddisfazione dei propri diritti.
O) S.R.L. E POTERE DI CONVOCAZIONE DEI SOCI
Il Tribunale di Milano - la cui autorevolezza in materia societaria
è nota - con sentenza dell'11 novembre 2013 esamina il contenuto
dell'art. 2479, primo comma, c.c., secondo il quale i soci che
rappresentano almeno 1/3 del capitale sociale possono sottoporre
determinati argomenti all'approvazione degli altri soci, confermando
- secondo quanto già sostenuto in precedenza dalla giurisprudenza di
merito a dalla dottrina prevalente - che tale diritto presuppone il
potere degli stessi soci di convocare l'assemblea, potere normalmente
riservato all'organo amministrativo e che, secondo i giudici
milanesi, è strumentale rispetto alla facoltà concessa dall'art. 2479
c.c.: la mancanza di una previsione simile all'art. 2367 c.c. che,
per le S.P.A., autorizza i soci che rappresentino 1/20 del capitale
sociale a richiedere agli amministratori di convocare l'Assemblea,
non autorizza a negare un simile diritto per i soci di s.r.l.; ed è
da escludersi, in tal caso, l'applicazione analogica di quest'ultima
norma, posto che dopo la riforma la s.r.l. è stata dotata di una sua
autonoma disciplina ed il ricorso all'analogia potrà ammettersi solo
in casi eccezionali ed in presenza di una lacuna legislativa,
circostanza che non ricorre nella fattispecie.
Ma il Tribunale va oltre e ritiene che tale diritto sia di natura
inderogabile, che sopravvive anche in presenza di una clausola
contraria contenuta nello statuto, in quanto trattasi di uno
strumento
riconosciuto
per
contrastare
eventuali
abusi
della
maggioranza.
P) REPETITA IUVANT
Con sentenza 4564 del 26 febbraio 2014 viene ribadito l'importante
principio che il verbale di conciliazione giudiziale ha natura
contrattuale, privo degli effetti esecutivi di una sentenza, in
quanto è frutto di un incontro di volontà delle parti; si tratta di
un autentico atto negoziale, al quale si applicano i criteri di
interpretazione previsti dagli artt. 1362 ss. c.c.; aggiungerei che
questa conclusione impone il rispetto di tutte le norme prescritte a
pena di nullità degli atti negoziali, rispetto che noi notai siamo
chiamati a controllare quando tali verbali costituiscano titoli di
provenienza.
E a proposito di verbale di conciliazione, sembra interessante
segnalare anche una recente sentenza della Commissione Provinciale di
secondo grado di Bolzano che, partendo proprio dalla sostanziale
identità del verbale con il rogito notarile, ha ammesso - così
smentendo
quanto
affermato
dall'Agenzia
delle
Entrate
la
possibilità di ricorrere nella fattispecie all'applicazione tanto
della disciplina del prezzo valore quanto delle agevolazioni prima
casa.
Cass. 12 marzo 2014 n. 5689 ribadisce il principio, gia recentemente
affermato e commentato in una precedente rassegna, secondo il quale
è sufficiente che il riacquisto entro un anno dalla vendita sia a
titolo gratuito per evitare la decadenza dalle agevolazioni prima
casa in caso di trasferimento infraquinquennale.
Cass. 12 novembre 2013 n. 25408 ribadisce che la nullità sanzionabile
ai sensi dell'art. 28 L.N. debba essere inequivoca, con conseguente
esclusioni degli atti solo inefficaci.
Cass. 3 gennaio 2014 n. 56 conferma il principio, ormai consolidato,
in base al quale in caso di intestazione di beni immobili a nome
altrui, acquistati con l'utilizzo del denaro proprio del disponente,
costituisce oggetto di collazione il bene ultimo che il disponente
intendeva donare, cioè il bene acquistato con il denaro dallo stesso
fornito.
Cass. 2 aprile 2014 n. 7738 conferma che la denuncia di successione
ed il pagamento delle imposte non costituiscono accettazione tacita
di eredità, ma ribadisce il principio, già espresso in precedenza, in
base al quale "l'iscrizione catastale dei beni relitti, eseguita per
conto degli eredi dal Notaio o l'esecuzione della loro voltura
catastale" costituiscono "atti rilevanti non solo dal punto di vista
tributario ma anche dal punto di vista civile in relazione
all'accertamento
della
proprietà
immobiliare
e
dei
relativi
passaggi": viene, pertanto, ribadito il principio in base al quale la
voltura catastale costituisce un comportamento dal quale consegue
l'accettazione tacita dell'eredità.
Infine, con Sentenza 12370 del 3 giugno 2014, la I Sezione Civile
della Corte di Cassazione conferma il principio, ormai consolidato,
secondo il quale dalla violazione della prelazione societaria
consegue solo l'inopponibilità della cessione nei confronti della
società - che non legittimerà l'acquirente all'esercizio dei diritti
sociali - e dei soci titolari del diritto di prelazione, negando a
questi ultimi il diritto di riscattare dai terzi la partecipazione
sociale, trattandosi di prelazione volontaria alla quale non può
applicarsi analogicamente il meccanismo disciplinato dall'art. 732
c.c..
L'argomento meriterebbe ben altro approfondimento, tenendo anche
presente che non mancano in dottrina voci di segno contrario, seppur
minoritarie.
PRASSI
A) Cessione Leasing: commenti alla nuova tassazione.
Come è noto, l'art. 1, comma 164 della legge 147/2013 - legge di
stabilità - ha introdotto l'imposta di registro al 4% per le cessioni
dei contratti di leasing.
La Direzione Centrale Normativa delle Entrate, rispondendo ad una
richiesta di consulenza giuridica di Assilea, ha chiarito alcuni
aspetti relativi all'applicazione della norma, stabilendo che:
a) gli unici soggetti ai quali si applicherà la solidarietà passiva
per il pagamento dell'imposta saranno il cedente ed il cessionario,
con espressa esclusione della società di leasing la quale, pur
dovendo intervenire per prestare il consenso a sensi dell'art. 1406
c.c., non diventa parte del contratto e resta estranea al rapporto
tributario dallo stesso conseguente;
b)
l'imposta
del
4%
non
si
applica
alle
operazioni
di
riorganizzazione societaria (trasformazioni, fusioni, scissioni); in
questi casi prevale l'art. 4 tariffa parte I D.P.R. 131/86, ovvero
imposta fissa di registro;
c) l'imposta si applica, invece, in caso di cessione di azienda che
comprende anche il contratto di leasing, in quanto atto soggetto ad
imposta proporzionale: ed in tal caso sarà bene scorporare i
corrispettivi (tenendo presente che la base imponibile per la
cessione del leasing è il corrispettivo, aumentato dei canoni a
scadere e del riscatto, al netto delle passività proporzionalmente
imputabili), altrimenti si applicherà all'intero contratto l'aliquota
più elevata del 4%.
B) PREZZO VALORE E PREZZO DILAZIONATO
Con Risoluzione 53/E del 20 maggio 2014, l'Agenzia delle Entrate
esamina l'art. 35, comma 22, del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, nella
parte in cui subordina la possibilità di usufruire del meccanismo
prezzo-valore, fra gli altri requisiti, alla indicazione analitica
delle modalità di pagamento.
L'Agenzia prende atto dell'impossibilità (ovvia!) di indicare tali
modalità nel caso in cui sia convenuta un dilazione del prezzo,
concludendo che in questo caso l'obbligo di indicare le modalità
potrà ritenersi assolto "fornendo in atto gli elementi utili alla
identificazione, in termini di tempi, importi ed eventuali modalità
di versamento, di quanto dovuto a saldo".
C) ATTI DI AFFRANCAZIONE: L'AGEVOLAZIONE "RESISTE"
Con Risoluzione 64/E del 21 giugno 2014, l'Agenzia delle Entrate ha
affermato che per gli atti di affrancazione di terre gravate da usi
civici continuano ad applicarsi le agevolazioni fiscali previste
dall'art. 2 della Legge 1 dicembre 1981 n. 692, ovvero l'esenzione da
"bollo, registro e da altre imposte"; secondo l'Agenzia, tale
disciplina non è stata travolta dall'abolizione di tutte le esenzioni
ed agevolazioni disposta dal Decreto Legislativo n. 23 del 14 marzo
2011, in quanto nella fattispecie il diritto di prporietà è già in
capo al legittimario, che viene soltanto liberato dall'obbligo di
corrispondere il canone con il provvedimento di legittimazione.
D) DECADENZA PIANI PARTICOLAREGGIATI: A CHI SPETTA IL CONTROLLO?
La Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 37/E del 9 aprile 2014
affronta il caso in cui siano state richieste le - ormai, peraltro,
soppresse
agevolazioni
per
i
piani
particolareggiati
e
successivamente venga venduto l'immobile prima del decorso del
termine di 11 anni senza che sia stato realizzato il programma
costruttivo ovvero si faccia trascorrere il termine di 11 anni senza
realizzare il predetto programma.
Secondo
l'Agenzia,
trattandosi
di
due
ipotesi
in
cui
l'Amministrazione potrà venire a conoscenza dei fatti autonomamente
- per avere iscritto l'atto a campione nel primo caso e perché
comunque verrebbe a conoscenza della vendita nel secondo - non vi è
alcun obbligo di denunzia ex art. 19 T.U.R. da parte del contribuente
e, conseguentemente, non vi è alcuna sanzione.
E) S.R.L. ED ACCERTAMENTO DELLE CAUSE DI SCIOGLIMENTO
Con parere del 19 maggio 2014, prot. 94215, il Ministero dello
Sviluppo Economico fornisce chiarimenti relativamente alla questione
della necessità dell'intervento notarile al verificarsi di una causa
di scioglimento di s.r.l..
Pur trattandosi di chiarimenti
sintetizzarne le conclusioni:
a) l'intervento notarile, a
necessario nel caso di semplice
ne vogliano definire i poteri
quanto prescritto dalla legge o
non
molto...chiari,
si
tenta
di
parere del Ministero, non sembra
nomina dei liquidatori, a meno che se
o il numero in modo differente da
dallo statuto;
b) per quanto concerne l'accertamento delle cause di scioglimento, il
principio affermato dal parere è che l'intervento del Notaio si rende
necessario solo nei casi in cui non vi sia una volontà dei soci tesa
a modificare l'atto costitutivo (o lo statuto), ma non nel caso in
cui si debba prendere atto di eventi che hanno prodotto il loro
effetto ex se, così per le ipotesi previste dai nn. 1), 3) e 5)
dell'art. 2484 c.c.; a diverse conclusioni si dovrebbe giungere
nell'ipotesi di scioglimento prevista dal n. 2) dello stesso articolo
- conseguimento dell'oggetto sociale o impossibilità di conseguirlo
- ove, a parere del Ministero, si ritiene necessaria la prova del
coinvolgimento dell'Assemblea, che dovrà essere chiamata a decidere
se modificare l'oggetto o comunque se proseguire l'attività; in
questa ipotesi, che non configura una causa "legale" di scioglimento,
appare necessario l'intervento notarile.
Intervento necessario anche nelle ipotesi disciplinate dal n. 4
dell'art. 2484 (per la quale occorrerà convocare l'assemblea per
l'adozione di uno dei provvedimenti previsti dall'art. 2482 ter c.c.)
e dal n. 6, tutti casi in cui non operano cause di scioglimento
legali o automatiche e per i quali, a parere del Ministero, "si deve
concludere per l'obbligatorietà di ricorso all'intervento del
Notaio".
F) ANCORA SULL'ACCETTAZIONE TACITA DELL'EREDITA': 59 EURO NON DOVUTI?
Veramente paradossale la vicenda che si esamina, che registra una
doppia e contrastante - a brevissima distanza di tempo presa di
posizione sulla questione, in questo periodo molto "calda", relativa
alle somme da corrispondere in caso di trascrizione dell'accettazione
tacita di eredità.
Secondo un'interpretazione di alcuni Uffici, come è noto, dal 1°
gennaio 2014 l'imposta di bollo di euro 59 per la trascrizione
sarebbe dovuta sempre, anche nel caso in cui la trascrizione
dell'accettazione tacita consegua al compimento di un atto diverso
dagli "atti traslativi a titolo oneroso della proprietà o altro
diritto reale..." soggetti alla nuova disciplina introdotta dall'art.
10 D.Lvo 23/2011; conclusione aberrante, se solo si pensa che fino al
31 dicembre 2013 tale imposta di bollo non era dovuta in quanto
ricompresa nell'imposta forfettaria prevista dall'art. 1, comma 1
bis, tariffa parte I allegata al D.P.R. 642/1972.
Le pretese degli uffici scaturiscono da una errata interpretazione
della Circolare 2/E del 2014, che si è limitata a giungere ad
identica conclusione - anch'essa peraltro discutibile - solo per gli
atti per i quali è stata introdotta la nuova disciplina, non certo
per gli atti che scontano l'imposta di bollo forfettaria.
Di tutto ciò si era resa conto la Direzione Regionale dell'Emilia
Romagna dell'Agenzia delle Entrate, la quale, con risposta ad un
Interpello del collega Massimo De Luca di Roseto del 29 maggio 2014,
aveva affermato espressamente che "la Circolare 2/E del 21 febbraio
2014 ha portata circoscritta all'approfondimento dell'art. 10 D.Lgs.
14 marzo 2011 n. 23. ...Pertanto, per tutti gli atti la cui
tassazione non è stata modificata dal predetto art. 10...continuano
ad applicarsi le precedenti disposizioni normative.".
Ebbene, incredibilmente, con successiva comunicazione del 30 giugno
2014, lo stesso ufficio, dopo avere riportato la risposta ad
interpello già fornita, alla fine letteralmente conclude: "Tanto
premesso, ad autonoma modifica di quanto esposto nella risposta resa
all'interpello n. 206/2014, il Notaio terrà conto che l'imposta di
bollo di cui all'art. 3,comma 2 bis della tariffa, parte prima,
allegata al D.P.R. 642 del 26 ottobre 1972 (attualmente 59,00 euro)
è dovuta per la trascrizione dell'accettazione tacita di eredità
anche nel caso in cui derivino da atti diversi da quelli costitutivi
o traslativi della proprietà di beni immobili interessati dalla
riforma di cui all'art. 10 del D. Lgs n. 23 del 2011."!!
G) Con Circolare n. 16/E dell'11 giugno 2014, l'Agenzia delle Entrate
fa il punto della situazione sulla disciplina delle Start Up, sugli
incentivi fiscali alle stesse riconosciuti e sulle misure per
l'accesso al credito di imposta per assunzione di personale.
H) CESSIONI GRATUITE AL COMUNE: GIUSTIZIA E' FATTA
Recentemente molti di noi sono stati "vittime" delle pretese
dell'Agenzia delle Entrate, che dal 1° gennaio 2014 ha cominciato a
negare la concessione delle agevolazioni fiscali previste dall'art.
32 D.P.R. 601/73 - imposta fissa di registro ed esenzione dalle
imposte ipotecarie e catastali - da sempre applicate per le cessioni
gratuite effettuate a favore di Comuni di aree sulle quali insistono
- o dovranno insistere - opere di urbanizzazione primaria e
secondaria; la pretesa degli Uffici era fondata su una - come al
solito - errata applicazione della nota circolare 2/E del 2014 e su
un presunto profilo di onerosità delle cessioni in quanto poste in
essere al fine di scomputare gli oneri di urbanizzazione.
Sul punto era anche intervenuto uno Studio della nostra Commissione
Tributaria - n. 248 del 2014 - che aveva concluso, ovviamente, per
l'applicabilità
delle
agevolazioni
sulla
scorta
di
svariate
argomentazioni, prime fra tutte il carattere assolutamente gratuito
e senza corrispettivo del trasferimento e la natura di prestazione
imposta delle stesse, collocate nell'ambito di un procedimento
finalizzato al rilascio della concessione per il quali gli oneri sono
dovuti: pertanto ogni profilo di corrispettività è da escludersi.
Con la Risoluzione 68/E del 3 luglio 2014 l'Agenzia delle Entrate si
è resa conto di tutto ciò, concludendo per l'esclusione delle
agevolazioni in oggetto dall'ambito di applicazione dell'art. 10
D.Lgs. 23/2011, la norma, cioè, che ha soppresso tutte le
agevolazioni ed esenzioni dei trasferimenti immobiliari e che resta
applicabile solo ai trasferimenti onerosi; con l'ovvia conseguenza
che ai trasferimenti in oggetto, di natura gratuita, continuano ad
applicarsi
601/1973.
le
agevolazioni
prescritte
dall'art.
32
del
D.P.R.
LEGISLAZIONE
A) Il DM 12 febbraio 2014 del Ministero dell'Interno ha disciplinato
le nuove modalità di trasmissione telematica, fra l'altro, fra i
Comuni ed i Notai relativamente all'annotazione delle Convenzioni
matrimoniali.
B) Con Legge 21 febbraio 2014 n. 13 è stato convertito il D.L. 28
dicembre 2013 n. 149, che aveva dettato disposizioni finalizzate alla
abolizione del finanziamento pubblico dei partiti politici; per un
commento alla nuova normativa si fa rinvio alla rassegna di febbraio
2014.
In sede di conversione sono state introdotte alcune novità
relativamente
all'indicazione
del
simbolo
nello
statuto,
all'indicazione della sede legale, alla disciplina del registro dei
partiti, all'importo massimo - euro 100.000,00 - ed alle modalità
delle erogazioni liberali in denaro.
C) Nella rassegna del mese di febbraio 2014 era stato segnalato il
D.L. 30 dicembre 2013 n. 151, che aveva esonerato lo Stato, gli enti
pubblici e le società di dismissione dalla consegna dei documenti
relativi alla regolarità urbanistica e catastale degli immobili da
trasferire ed aveva introdotto alcune facilitazioni in materia di
prestazione energetica.
Ebbene, il suddetto decreto non è stato convertito in legge nel
termine di sessanta giorni, come da comunicato del Ministero della
Giustizia pubblicato sulla Gazzetta n. 50 del 1° marzo 2014; ne
consegue la sua inefficacia.
D) Con Legge 11 marzo 2014 n. 23 il Governo è stato delegato ad
adottare, entro dodici mesi dall'entrata in vigore - 27 marzo 2014 decreti legislativi recanti la revisione del sistema fiscale, con
particolare riferimento, per quel che ci interessa più da vicino,
alla revisione del catasto fabbricati (art. 2), alla disciplina
dell'abuso del diritto e dell'elusione fiscale (art. 5) ed alla
razionalizzazione dell'IVA e delle altre imposte indirette (art. 13),
con delega, in quest'ultimo caso, per la revisione delle imposte di
registro, bollo, ipotecarie e catastali e delle altre imposte di
trascrizione e di trasferimento.
E) Il D.L. 28 marzo 2014 n. 147 - cd. Piano Casa - ha introdotto
alcune di norme di interesse notarile:
-- l'art. 3 prevede l'emanazione, entro il 30 giugno 2014 - termine
trascorso - di un decreto interministeriale che disciplini le
procedure di alienazione degli immobili di proprietà degli IACP;
-- è prevista la possibilità che le convenzioni aventi ad oggetto le
locazioni degli alloggi sociali contemplino il diritto di riscatto
dei conduttori;
-- le modifiche principali sono state introdotte, in sede di
conversione, dalla legge 23 maggio 2014 n. 80; in particolare, con
l'introduzione dell'art. 10 quater è stato aggiunto il comma 1 bis
all'art. 5 del decreto legislativo 122/2005 - tutela degli acquirenti
degli
immobili
da
costruire
prevedendo
espressamente
che
"l'acquirente non può rinunciare alle tutele previste dal presente
decreto; ogni clausola contraria è nulla e deve intendersi non
apposta.".
Il riferimento alla fideiussione ed alla polizza decennale è
evidente;
la
norma
conferma
l'irrinunciabilità
delle
tutele,
conclusioni alle quali si era già giunti soprattutto per la
fideiussione, mentre per l'assicurazione il punto era controverso. La
particolarità sta nel fatto che non viene introdotta una nullità
relativa di protezione, ma una nullità assoluta, a conferma del fatto
che la normativa è tesa non solo a proteggere l'acquirente, ma anche
a tutelare l'interesse al funzionamento del mercato immobiliare.
Lo stesso art. 10 quater riconosce il diritto di prelazione che
l'art. 9 riserva all'acquirente oltre che nel caso in cui l'immobile
sia stato adibito ad abitazione principale dello stesso o di un suo
parente in primo grado, anche nel caso in cui sia stato adibito ad
abitazione principale del coniuge; e così per l'esclusione dalla
revocatoria, prevista anche nel caso di identico utilizzo da parte
del coniuge.
F) L'art. 38 bis del decreto legge 24 aprile 2014 n. 66, convertito
in Legge 23 giugno 2014 n. 89, esonera da imposte tasse e diritti di
qualsiasi tipo le cessioni dei crediti nei confronti della P.A. ; in
particolare, viene specificato che i crediti devono riferirsi alle
somministrazioni, forniture ed appalti ed alle obbligazioni per
prestazioni professionali.
In realtà, una disposizione quasi identica era già contenuta
nell'art. 8 del D.L. 8 aprile 2013 n. 35 (si veda la rassegna del
mese di ottobre 2013), con le uniche differenze che in quest'ultima
norma mancavano i crediti da prestazioni professionali e veniva
precisato che l'autentica poteva essere fatta, oltre che dal Notaio
- con onorari ridotti a metà - anche da un ufficiale rogante della
P.A..
Ebbene, l'art. 38 del D.L. 66/2014 aveva abrogato l'art. 8 del D.L.
35/2013, ma la norma è stata soppressa in sede di conversione; il
risultato è il solito pasticcio del nostro "bizzarro" legislatore,
che avrebbe potuto ottenere identico risultato con una semplice
aggiunta alla norma precedente!
In sede di conversione del D.L. 66/2014, inoltre, è stata apportata
una modifica all'art. 10, comma 4, del decreto legislativo 23/2011,
la norma, per intenderci, che sopprime le agevolazioni fiscali; in
virtù di tale modifica, fra le agevolazioni che il legislatore
"salva" dalla soppressione vi sono anche:
l'art. 2 della legge 692/1981, che esenta da bollo, registro ed altre
imposte, fra gli altri, le liquidazioni di usi civici, le
legittimazioni e le assegnazioni di terre;
l'art. 40 della L. 1766/1927, norma di contenuto analogo, anche se
più ristretto, di quest'ultima.
Alle stesse conclusioni era giunta l'Agenzia delle Entrate con la
Risoluzione richiamata nella lettera C) della PRASSI.
G) L'art. 44 del D.L. 24 giugno 2014 n. 90 precisa che le
disposizioni che hanno introdotto il Processo Civile Telematico si
applicano "esclusivamente ai procedimenti iniziati innanzi al
Tribunale ordinario dal 30 giugno 2014. Per i procedimenti di cui al
periodo precedente iniziati prima del 30 giugno 2014 le predette
disposizioni si applicano a decorrere dal 31 dicembre 2014.".
H) Il 30 giugno 2014 è entrata in vigore la normativa che prescrive
l'obbligo, per tutti i professionisti, di accettare pagamenti
superiori a 30 euro effettuati mediante carte di debito, obbligo già
in vigore per i professionisti il cui fatturato sia superiore ad euro
200.000,00.
La normativa di riferimento è l'art. 9, comma 15 bis, del D.L. 18
ottobre 2012 n. 179 convertito dalla legge 221/2012 - che ha
istituito l'obbligo - il D.L. 30 dicembre 2013 n. 150 - che ha
prorogato il termine dal 1° gennaio al 30 giugno - e il D.M. 24
gennaio 2014 che in sede di prima applicazione ha limitato l'obbligo
ai professionisti con il suddetto fatturato.
Invero, con una risposta ad una interrogazione parlamentare in data
10 giugno 2014, prot. D/825, il MEF, preso atto di una serie di prese
di posizione dei vari ordini professionali, ha affermato che la
normativa in realtà non avrebbe introdotto un obbligo ma un onere a
carico del professionista, limitato ai casi in cui siano i clienti a
richiedere la forma di pagamento a mezzo carta di debito: pertanto,
la mancata predisposizione del POS non è soggetta ad alcuna sanzione.
La risposta, da un punto di vista giuridico, appare insolita, in
quanto l'onere presuppone un comportamento cui si è tenuti se si
vuole conseguire un vantaggio; di contro, dallla mancata esecuzione
del comportamento dovrebbe conseguire uno svantaggio.
Ora non si vede quale svantaggio consegua al professionista che non
metta il POS a disposizione del cliente e, di contro, non si vede
quale vantaggio lo stesso consegua in caso contrario: probabilmente,
ci troviamo in uno di quei casi in cui il nostro "bizzarro"
legislatore ha introdotto un obbligo
non sanzionato.
H) Con il D.L. 24 giugno 2014 n. 91, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2014, sono state introdotte alcune
novità di rilievo per la categoria; in particolare:
1) è stato abbassata la soglia del capitale minimo per le S.P.A., ora
fissato a 50.000,00 euro; sembra definitivamente superata, a questo
punto, la tradizionale concezione del capitale sociale come strumento
di garanzia del capitale sociale, e privilegiata la concezione del
capitale come riferimento per il peso delle partecipazioni sociali e
per la rilevanza delle perdite;
2) conseguenza della novità di cui sopra è l'altra modifica
importante del Decreto, ovvero la soppressione del secondo comma
dell'art. 2477 c.c.: da ciò consegue che le s.r.l. con capitale
superiore ad euro 50.000,00 non dovranno dotarsi di organo di
controllo, che sarà obbligatorio solo negli altri casi previsti
dall'art. 2477 c.c.;
3) l'art. 20, comma 3, del Decreto, modifica l'art. 2437 ter, comma
3, c.c., e prevede la possibilità per le società quotate di
disciplinare nello statuto la liquidazione delle partecipazioni dei
soci che recedono con le stesse modalità previste dallo stesso
articolo per le altre società;
4) l'art. 20, commi 4 e 5, estendono la possibilità di ricorrere ai
sistemi di valutazione "semplificati", previsti dall'art. 2343 c.c.
in alternativa alla relazione dell'esperto, anche agli acquisti
"pericolosi"
disciplinati
dall'art.
2343
bis
c.c.
ed
alla
trasformazione di società (art. 2500 ter c.c.);
5) l'art. 20, comma 6, riduce a 15 giorni dalla pubblicazione
dell'offerta il termine minimo entro il quale i soci possono
esercitare il diritto di opzione in caso di aumento di capitale nelle
S.P.A.; vengono, altresì, introdotti nuovi e più moderni sistemi di
pubblicità;
6) l'art. 20, comma 1, apporta una rilevante modifica all'art. 127
quinquies del decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58, consentendo
alle società quotate di prevedere nei propri statuti il voto plurimo
fino a due voti, derogando al divieto previsto dall'art. 2351 c.c.
7) L'art. 22 estende le agevolazioni previste dall'art. 15 del D.P.R.
601/73, inserendo dopo le parole "le cessioni di credito stipulate in
relazione a tali finanziamenti" le seguenti "nonché alle successive
cessioni dei relativi contratti o crediti e ai trasferimenti delle
garanzie ad essi relativi"; inoltre alle operazioni ammesse a fruire
delle agevolazioni vengono aggiunte le "operazioni di finanziamento
la cui durata contrattuale sia stabilita in più di diciotto mesi
poste in essere dalle società di cartolarizzazione di cui alla legge
30 aprile 1999 n. 130 nonché da imprese di assicurazione costituite
e autorizzate ai sensi di normative emanate da Stati membri
dell'Unione europea o organismi di investimento collettivo del
risparmio costituiti negli Stati membri dell'Unione europea e negli
Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi
nella lista di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle
finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle
imposte sui redditi.....".
Alberto Spina