abiword - lavoro n°2 - Consiglio Notarile Catania
Transcript
abiword - lavoro n°2 - Consiglio Notarile Catania
RASSEGNA DI PRASSI - LEGISLAZIONE - GIURISPRUDENZA GIUGNO 2014 GIURISPRUDENZA A) IL NOTAIO E LA INDELEGABILITA' DELLE SUE FUNZIONI La rassegna giurisprudenziale inizia con una sentenza che riguarda l'esercizio della nostra professione molto da vicino e che, per certi versi, va salutata con soddisfazione perchè costituisce un riconoscimento dell'importanza ed essenzialità della funzione notarile. La vicenda riguarda un Notaio nei confronti del quale viene avviato un procedimento disciplinare in quanto, nel corso di un'indagine svolta in sede penale, era emersa una organizzazione di lavoro caratterizzata da un frequentissimo ricorso alla delega a favore dei propri collaboratori, con conseguente palese violazione del carattere personale della prestazione e degli artt. 47, comma 2 L.N., 36 e 37 dei principi di deontologia professionale. La CO.RE.DI. condannava ad otto mesi di sospensione il Notaio, che veniva assolto in Corte d'Appello; in particolare, i Giudici di secondo grado introducevano una strana distinzione fra atti "routinari" - prevalentemente le compravendite immobiliari - per i quali il Notaio potrebbe delegare interamente le sue funzioni e ricevere la volontà delle parti al momento del rogito, ed atti non routinari, ovvero quelli più complessi che richiederebbero un coinvolgimento personale del professionista. La Cassazione, con sentenza n. 8036 del 4 aprile 2014, non ha difficoltà a smentire la Corte territoriale. Innanzi tutto, i giudici della Suprema Corte ritengono non corretta la distinzione fra atti routinari e non: il fatto che vi siano atti con un contenuto tipico predeterminato "non esclude che vi siano ampi margini di discrezionalità per le parti nella regolamentazione dei propri interessi in virtù del principio di autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c.": conseguentemente, l'opera professionale del Notaio rileva sia nella fase preparatoria che precede la stipula dell'atto, fase in cui il professionista deve spiegare alle parti le conseguenze giuridiche delle loro scelte, sia nella fase delle attività successive, in cui dovrà assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell'atto. Pertanto, conclude la sentenza, "deve ribadirsi che il Notaio è tenuto a svolgere personalmente tutte le funzioni ad esso attribuite dall'ordinamento in riferimento al ricevimento degli atti Notarili e con specifico riguardo all'indagine relativa all'individuazione delle volontà delle parti, della fase delle attività preparatorie a quella delle attività successive al compimento degli atti, senza possibilità di delegare integralmente ai suoi collaboratori dette attività e senza distinzione tra atti routinari e non". In quest'ultimo passaggio mi sembra rilevante l'utilizzo dell'avverbio "integralmente", soprattutto per le attività successive, in quanto ciò consente di ammettere - come era ovvio che fosse la delegabilità della materiale preparazione degli adempimenti successivi alla stipula, a condizione che gli stessi avvengano sotto la direzione ed il controllo del Notaio. B) SERVITU' PREDIALI E RAPPORTI OBBLIGATORI Con la sentenza 3091 dell'11 febbraio 2014, La Seconda Sezione della Cassazione ribadisce un principio già espresso in precedenza (ex multis, Cass. 2651/2010, Cass. 23145/2006) che appare interessante perchè di frequente utilizzo nella pratica contrattuale (si pensi ai "diritti di passaggio" che spesso le parti riconoscono ad una di esse o nei quali ci si imbatte esaminando titoli di provenienza). Il riferimento è al caso in cui le parti intendano riconoscere ad una di esse un diritto sostanzialmente corrispondente ad una servitù prediale (il caso più frequente è quello della servitù di passaggio) ma senza riconoscergli la "forza" tipica del diritto reale e la sua opponibilità erga omnes. La Cassazione riconosce tale facoltà alle parti che, in base al principio di autonomia contrattuale ex art. 1322 c.c. possono "sottrarsi alla regola della tipicità dei diritti reali su cosa altrui attraverso la costituzione di rapporti meramente obbligatori", pattuendo un "obbligo personale, configurabile quando il diritto attribuito sia previsto per un vantaggio della persona indicata nel relativo atto costitutivo, senza alcuna funzione di utilità fondiaria". Stante il principio affermato - e confermato - dalla Suprema Corte, e volendo allacciarci alla sentenza commentata sopra, mai come in questo caso giova la chiarezza della stesura della clausola da parte del Notaio, che dovrà, a mio avviso, ben evidenziare l'intenzione delle parti di costituire un rapporto meramente obbligatorio, privo della "forza" e della opponibilità tipica dei diritti reali. C) PREDISPOSIZIONE "PERICOLOSA". DEL REGOLAMENTO DI CONDOMINIO: UNA CLAUSOLA Anche questa sentenza - la n. 8606 dell'11 aprile 2014 - appare interessante e di sicuro taglio pratico. In particolare, nella fattispecie veniva esaminata la validità della clausola con la quale un costruttore si era riservata la facoltà di predisporre il regolamento di condominio e contestualmente la parte acquirente conferiva mandato in tal senso al venditore di predisporre lo stesso regolamento, obbligandosi al rispetto dell'emanando documento, che sin da quel momento approvava. Il Supremo Collegio conferma l'orientamento secondo il quale il regolamento di condominio è vincolante a condizione che lo stesso, già predisposto, venga richiamato ed approvato in sede di vendita; di contro, il mandato a predisporre un regolamento di condominio conferito "senza alcun criterio predeterminato" è nullo per indeterminatezza dell'oggetto e l'approvazione preventiva di un regolamento non esistente non vincola l'acquirente e, probabilmente, è nulla anch'essa perchè ha ad oggetto un bene inesistente. La conclusione mi sembra ineccepibile e deve mettere in guardia dall'inserimento in atto di tali clausole, frequenti nella prassi; così come non mi sembra sufficiente il "richiamo e l'approvazione" cui fa cenno la Suprema Corte, in quanto il compratore spesso rende la dichiarazione affermando di "ben conoscere ed accettare il regolamento di condominio ed annesse tabelle millesimali" senza averne ricevuta copia, ed anche la validità di tale clausola mi sembra molto dubbia. Ritengo, pertanto, che la veridicità di tali dichiarazioni debba essere verificata, magari con l'espressa dichiarazione del compratore di avere ricevuto in precedenza e visionato il regolamento. D) IL PREZZO NON E' INTERAMENTE PAGATO? NON E' DONAZIONE INDIRETTA L'affermazione fatta dalla Cassazione con questa sentenza del 31 gennaio 2014 - la n. 2149 - è il frutto di una interpretazione rigida di un principio della stessa giurisprudenza della Suprema Corte, principio che ormai si può ritenere consolidato: l'intestazione di un immobile con denaro altrui costituisce donazione indiretta dello stesso immobile, nonostante dal patrimonio del donante sia fuoriuscito solo denaro (peraltro, di questo principio la Suprema Corte ha fatto applicazione recentemente anche per il caso di donazione di una partecipazione sociale ad una Cooperativa edilizia, sentenza commentata nell'ultima rassegna). Con la Sentenza che si commenta, la Cassazione afferma che tale principio è valido solo a condizione che l'immobile venga acquistato con denaro interamente del donante, mentre la donazione indiretta non sarà configurabile in presenza di un pagamento solo parziale del prezzo; secondo i giudici della Suprema Corte, il risultato giuridico-economico dell'attribuzione liberale si configura solo nel caso in cui chi intende intestare un bene ad altri ne sostenga l'intero costo. L'affermazione non è particolarmente motivata, ma appare eccessivamente rigida nele sue conclusione; sappiamo bene che il principio che equipara l'intestazione a nome altrui alla donazione indiretta dell'immobile è senz'altro criticabile per vari motivi che non si possono esporre in questa sede, ma se lo stesso viene affermato sembra eccessivo farlo dipendere dalla quantità del denaro impiegato, che spesso è tale da poter far ritenere l'acquisto come effettivamente proveniente dal terzo. E) PUBBLICAZIONE DI TESTAMENTO CONTENENTE LEGATI IMMOBILIARI: IL NOTAIO DEVE TRASCRIVERE Con questa sentenza del 20 febbraio 2014 - la n. 4485 - viene affrontata una questione sulla quale si è dibattuto a lungo, al punto che la nostra Commissione Studi Civilistici, con il corposo studio 321-2012/C del 20 settembre 2012, è intervenuta per meglio approfondire l'argomento. Il problema riguarda la pubblicazione di un testamento contenente legati immobiliari e la tesi, sostenuta da una parte della dottrina, che nel caso in esame il Notaio non sarebbe tenuto ad eseguire l'adempimento - prescritto dall'art. 2648 c.c. - della trascrizione, obbligo che riguarderebbe solo gli atti inter vivos e non gli atti mortis causa: conseguentemente, il Notaio potrebbe omettere tale adempimento o quanto meno esserne esonerato dalle parti. La tesi opposta, sostenuta dallo studio richiamato sopra, partendo dal principio che anche in questo caso alla trascrizione conseguono gli effetti prescritti dall'art. 2650 c.c., ritiene, al contrario, che trascrivere la pubblicazione del testamento contenente legati immobiliari sia un dovere al quale il Notaio non possa sottrarsi, e ciò tanto se si ritenga che tale dovere sia di fonte legale e di ordine pubblico in quanto finalizzato alla corretta tenuta dei Registri Immobiliari, quanto se si ritenga si tratti di un dovere di fonte professionale del Notaio, che deve assicurare il buon esito delle attività anche successive all'atto e la certezza degli effetti di quest'ultimo. Queste conclusioni vengono accolte dalla sentenza in esame, che ribadisce la doverosità della trascrizione da parte del Notaio, in virtù di un duplice obbligo - civilistico e deontologico - che incombe sullo stesso; inoltre, afferma la Corte, tale obbligo discende anche dal fatto che il legato, ex art. 649 c.c., si acquista senza bisogno di accettazione e dalla conseguente esigenza di dare pubblicità a tale acquisto; nonchè dalla necessità di far realizzare gli effetti della continuità disciplinati dall'art. 2650 c.c.. L'obbligo di trascrivere, ovviamente, non ricorrerà nel caso di institutio ex re certa e di inclusione di alcuni immobili nella quota dell'erede, in quanto in tal caso per l'acquisto occorrerà l'accettazione dell'eredità. F) DUE SENTENZE IN TEMA DI PLUSVALENZE F1) Con sentenza n. 4150 del 21 febbraio 2014, la Cassazione "stoppa" una delle tante pretese insolite dell'Agenzia delle Entrate, la cui attività in alcuni casi appare troppo protesa a far cassa e poco ad esaminare le questioni di diritto. A seguito di una cessione di un capannone ad uso commerciale effettuata da un privato ad una società, veniva notificato avviso di liquidazione al venditore ed accertata una plusvalenza conseguente alla cessione ex art. 81 T.U.R (oggi art. 67, comma 1, lett. b): in sostanza, secondo l'Ufficio, la cessione aveva realizzato una plusvalenza equiparabile a quella conseguente ai trasferimenti di "terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria..." norma che, a detta dell'Agenzia, ricomprende non solo i terreni "nudi" ma anche quelli che, pur essendo edificati, "conservano integra la loro capacità edificatoria in base alle previsioni del P.R.G". La Cassazione non ha difficoltà a ritenere infondato il motivo di ricorso: l'art. 81 si riferisce alla sola cessione dei terreni nudi, non edificati, mentre nella fattispecie la cessione aveva avuto ad oggetto un capannone con relative pertinenze, cessione non assoggettabile ad alcuna plusvalenza, a nulla rilevando il fatto che il fabbricato insorgesse su un terreno che abbia una ulteriore potenzialità edificatoria e che nei programmi della società acquirente vi fosse la demolizione del capannone e la successiva ricostruzione di altro fabbricato. F2) Le conclusioni cui giunge la sentenza n. 23316 del 15 ottobre 2013 appaiono oltremodo "inquietanti" e foriere di non pochi contenziosi. Si affronta la questione della cessione di un terreno agricolo, e segnatamente di un terreno ricedente in "zona agricola specializzata AS2" per la quale le norme di attuazione del PRG consentivano una limitata capacità edificatoria; cosa che, come è noto, ricorre frequentemente per i terreni ricadenti in zona agricola, con particolare riferimento alla realizzazione di costruzioni strumentali all'attività agricola. L'Agenzia delle Entrate, nel notificare l'avviso di accertamento al contribuente, sosteneva che la dizione "terreni suscettibili di utilizzazioni edificatoria" dell'art. 81 T.U.R. (oggi art. 67, comma 1, lett. b) è talmente ampia da potervi fare rientrare la cessione di qualsiasi terreno, anche agricolo, con riferimento al quale sia consentita, anche in parte, l'edificazione. La Cassazione, sovvertendo le conclusioni della Commissione Tributaria Regionale della Liguria, dà ragione all'Agenzia, sostiene che la norma in questione non fa alcuna distinzione e si riferisce a qualsiasi terreno per il quale gli strumenti urbanistici consentano l'edificazione, a nulla rilevando "cosa ed a qual fine si costruisca", o il fatto che la destinazione edificatoria sia "strumentale alla sua destinazione agricola e che quindi la possibilità di costruire sia soggetta a restrizione". Le conclusioni della Cassazione sono talmente generiche che potrebbero portare alla conclusione che anche una minima capacità edificatoria del terreno agricolo - e quindi anche il famoso indice di edificabilità 0,03 - possa far rientrare il terreno fra quelli suscettibili di utilizzazione edificatoria nonché farne assoggettare a plusvalenza la relativa cessione. G) DOPPIO INTERVENTO DEI TRIBUNALI DI MERITO SUL VINCOLO DI DESTINAZIONE ex art. 2645 ter c.c.. Sul vincolo di destinazione non si registrano finora significativi interventi della Suprema Corte: ecco perché appare utile segnalare gli interventi della giurisprudenza di merito, anche per sollevare alcune problematiche più frequenti. G1) Con sentenza del 12 maggio 2014, il Tribunale di Reggio Emilia ha affrontato il caso di un soggetto che opponeva al proprio creditore procedente l'esistenza di un vincolo ex art. 2645 ter c.c., dallo stesso apposto su un immobile di sua proprietà e finalizzato a soddisfare i bisogni abitativi del disponente medesimo e della sua famiglia. Si trattava di un caso di destinazione unilaterale che, secondo la giurisprudenza di merito prevalente, sarebbe nullo in quanto teso a scardinare le fondamenta dell'art. 2740 in tema di responsabilità patrimoniale. Il Tribunale di Reggio Emilia conferma questo principio, affermando che "la portata applicativa della norma, da intendersi come sugli effetti e non sugli atti, deve essere interpretata in senso restrittivo, e quindi limitata alla sola destinazione traslativa collegata ad altra fattispecie negoziale...": affermazione, a mio avviso, di dubbio fondamento, in quanto sembra ritenere necessario che all'apposizione del vincolo faccia seguito un trasferimento, con conseguente esclusione della fattispecie - che riterrei assolutamente lecita - del vincolo apposto su un bene del disponente ma per la realizzazione di interessi altrui. Ma il Tribunale, a mio avviso, contraddice sè stesso quando, dopo avere affermato quanto sopra sostiene che, anche a volere ammettere il negozio destinatorio puro - come fa una parte minoritaria della giurisprudenza - lo stesso dovrebbe essere accompagnato da un riscontro concreto sulla meritevolezza degli interessi, cosa che nella fattispecie difettava. Ora, è noto a tutti come questo riscontro sia necessario in tutti i casi di creazione di un vincolo ex 2645 ter c.c. e non solo per l'autodestinazione, per cui sotto questo aspetto il Tribunale nulla innova: in sostanza, o si ritiene che questo tipo di vincolo è nullo per contrasto con il 2740 c.c. o lo si ritiene valido sottoponendolo, come per tutti i tipi di vincolo, al controllo di meritevolezza previsto dal 2645 ter c.c.. G2) Con sentenza del 18 maggio 2013, il Tribunale di Roma affronta la questione della istituzione di un vincolo di destinazione mediante testamento pubblico e, per certi versi in maniera sorprendente, giudica "inefficace" il vincolo costituito con questa modalità. Il Tribunale parte dall'assunto che l'art. 2645 ter c.c. costituisce una deroga all'art. 2740 c.c., che fissa il principio dela responsabilità patrimoniale; da ciò ne consegue l'impossibilità di dare alla norma un'interpretazione estensiva. La conferma di quanto affermato, secondo il Tribunale, deriverebbe anche dal fatto che il legislatore "per istituti affini quali le fondazioni e il fondo patrimoniale ha espressamente previsto la costituzione sia per atto pubblico che per testamento". L'interpretazione del Tribunale appare eccessivamente letterale: il termine atto pubblico non appare affatto in contrasto con l'atto di ultima volontà ma, a mio avviso, viene utilizzato dal legislatore proprio per sollecitare un controllo pregnante nella fase costitutiva del vincolo. La tassatività del principio di responsabilità patrimoniale può subire, per volontà esclusiva del legislatore, deroghe in casi eccezionali, e non vi è dubbio che il vincolo di destinazione (al pari di altri istituti quali il fondo patrimoniale, i patrimoni destinati...) ne è un'applicazione pratica: in quest'ottica, l'utilizzo del testamento - che potrà essere solo pubblico, stante la lettera della norma - non sembra incida sull'applicazione pratica dell'istituto, anzi proprio il fatto che tale strumento possa essere utilizzato, per espressa previsione del legislatore, per altri istituti affini (fondo patrimoniale, fondazione...) dimostra la compatibilità assoluta del negozio testamentario con gli atti di destinazione. H) TRUST LIQUIDATORIO E FALLIMENTO Primo intervento della Cassazione - sentenza n. 10105 del 9 maggio 2014 - su un argomento già affrontato da alcuni Trbunali di merito: la legittimità di un trust costituito in funzione sostitutiva delle procedure concorsuali (nella fattispecie della procedura fallimentare). Una società in liquidazione costituisce un trust finalizzato alla liquidazione del proprio patrimonio ed al soddisfacimento dei creditori; nel trust viene conferita l'azienda sociale. La società viene cancellata dal Registro delle Imprese e, entro un anno dalla cancellazione, viene dichiarata fallita; alla luce dei recenti consolidati orientamenti della stessa Cassazione, viene eccepita dalla stessa società l'illegittimità della dichiarazione di fallimento, stante l'avvenuta definitiva estinzione conseguente alla cancellazione dal Registro delle imprese, nonchè la costituzione del trust liquidatorio in funzione sostitutiva delle procedure concorsuali. Quanto al primo punto, la Cassazione fa presente il proprio recente orientamento (SS.UU. 12 marzo 2013 nn. 6070, 6071 e 6072) secondo il quale il principio della definitiva estinzione della società a seguito della cancellazione dal Registro delle Imprese soffre un'eccezione proprio nel caso di intervenuto fallimento della società entro un anno dalla cancellazione: in tal caso la società non si estingue e continua ad essere destinataria delle vicende fallimentari. Quanto al trust, la Cassazione, nel corpo della motivazione fissa dei punti fondamentali per la disciplina dell'istituto. In primo luogo viene ribadito che il trust è privo di soggettività giuridica, ma altro non è che un "insieme di beni e rapporti con effetto di segregazione patrimoniale" con conseguente istituzione di un patrimonio destinato. Quindi la Cassazione affronta il tema della liceità del trust liquidatorio e premette che la liceità del trust, non più in discussione dopo l'adesione alla Convenzione dell'Aja, deve essere valutata anche alla luce della compatibilità dell'istituto con i principi inderogabili dell'ordinamento; in particolare occorre prendere in esame la causa concreta del negozio posto in essere. Nel caso in esame, ad avviso della Suprema Corte, la causa concreta del negozio posto in essere è quella di "segregare tutti i beni dell'impresa, a scapito di forme pubblicistiche quali il fallimento, che detta dettagliate procedure e requisiti a tutela dei creditori del disponente", pertanto l'ordinamento non può accordarvi tutela. Interessanti sono anche le conclusioni in ordine alla sanzione che ne consegue: secondo i giudici di merito che avevano affrontato analogo caso la conseguenza sarebbe la nullità per illiceità della causa, ex art. 1418 c.c.; la Cassazione va oltre, affermando che la nullità presuppone il riconoscimento di un atto nel nostro ordinamento, cosa che non ricorre nella fattispecie in quanto, ai sensi dell'art. 15 della Convenzione dell'Aja, il trust liquidatorio così congegnato costituisce un ostacolo all'applicazione della disciplina dell'insolvenza: ne consegue non tanto la nullità quanto l'inesistenza giuridica dell'istituto. I) TESTAMENTO DI NON VEDENTE E SOTTOSCRIZIONE Interessante - e per certi versi scontato - il principio fissato da questa sentenza della Cassazione, la n. 8346 del 9 aprile 2014, secondo la quale i non vedenti mantengono, ove l'avessero appresa precedentemente, la capacità di sottoscrivere gli atti; conseguentemente, la dichiarazione di "non potere sottoscrivere perché non vedente" si rivela insufficiente ove la stessa non corrisponda al vero, come nel caso, esaminato dalla sentenza, in cui un soggetto fosse divenuto non vedente in tarda età e prima fosse stato assolutamente capace di scrivere e sottoscrivere. Pertanto, la condizione di non vedente non è ex se sufficiente ad escludere la capacità di firmare e la sua non veridicità sarà causa di nullità dell'atto. L) ATTO IN LINGUA STRANIERA E CONFORMITA' CATASTALE: QUANDO LA FORMA DIVENTA SOSTANZA Con sentenza n. 8611 dell'11 aprile 2014, la Cassazione affronta due questioni formali di notevole interesse per la categoria. Nel corso di un'ispezione biennale, vengono contestate ad un Notaio due violazioni: il ricevimento di una procura speciale redatta in lingua italiana con la traduzione in inglese (lingua conosciuta anche dal Notaio) in calce alla stessa e la contestuale dichiarazione del procuratore di conoscere la lingua inglese, nonché il ricevimento di ben 280 atti di compravendita contenenti la dichiarazione di conformità degli immobili alle planimetrie catastali, ma privi di analoga dichiarazione di conformità dei dati catastali allo stato di fatto. Nel primo caso, in particolare, viene contestata al Notaio una duplice violazione: l'art. 54, secondo comma, L.N., prevede che nella fattispecie non solo l'atto debba essere ricevuto nella lingua straniera accompagnato dalla traduzione in italiano, ordine invertito dal Notaio nel caso in esame. La stessa norma prevede, altresì, la necessaria dichiarazione delle parti di non conoscere la lingua italiana requisito, anche questo, non rispettato nel nostro caso, avendo le parti dichiarato la sola conoscenza dell'inglese. Poiché la possibilità di ricevere gli atti in lingua straniera costituisce una deroga alla regola generale dettata dall'art. 54, primo comma, il rispetto dei requisiti formali previsti dal secondo comma costituisce un requisito imprescindibile la cui violazione comporta la nullità dell'atto. Nel secondo caso, la Cassazione evidenzia bene che l'art. 19 del D.L. 78/2010 prevede, sempre a pena di nullità, una duplice dichiarazione di conformità da parte del venditore, ovvero quella dei dati catastali e della planimetria allo stato di fatto: nessuna delle due dichiarazioni può sopperire alla mancanza dell'altra - come sostenuto dalla difesa del Notaio - perchè le stesse sono di diverso contenuto e, in particolare, la conformità dell'immobile alla planimetria depositata in catasto non può ritenersi sostitutiva della conformità dei dati catastali, che sono "elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali dell'immobile rilevanti ai fini fiscali". Anche in quest'ultimo caso la conseguenza sarà la nullità assoluta e non confermabile dell'atto. M) L'ORIGINALE E' ESENTE DA BOLLO, LA COPIA NO Con sentenza n. 11479 del 23 maggio 2014, la Cassazione affronta il caso di un Notaio che aveva ricevuto svariati avvisi di liquidazione dall'Agenzia delle entrate per avere rilasciato le copie conformi all'originale di atti di mutuo senza assolvere all'imposta di bollo, nel presupposto che la copia ricevesse lo stesso trattamento dell'originale, esente da tale imposta ai sensi del D.P.R. 601/73. La Commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna confermava la decisione favorevole al Notaio della Commissione tributaria di Rimini, sostenendo che il D.P.R. suddetto sia norma derogatoria dell'art. 1 della tariffa allegato a) al D.P.R. 642/1972, ai sensi del quale "per le copie dichiarate conformi l'imposta, salva specifica disposizione, è dovuta indipendentemente dal trattamento previsto per l'originale"; conseguentemente, l'esenzione, fra le altre, dall'imposta di bollo andrebbe estesa anche alle copie conformi. La Cassazione smentisce queste conclusioni, affermando che l'art. 5 del D.P.R. 642/72, ai sensi del quale sono esenti da bollo le copie presentate ai competenti uffici "ai fini dell'applicazione delle leggi tributarie" è norma eccezionale, di stretta interpretazione, non applicabile ai casi non espressamente previsti e non suscettibile di interpretazione analogica; pertanto, applicando un principio già espresso in passato (Cass. 10 gennaio 1982 n. 95), la Suprema Corte conclude affermando che "la copia conforme costituisce, ai fini dell'imposta di bollo, autonomo presupposto di imposta rispetto al documento originale". N) LA MANCANZA DELLA TRASCRIZIONE DELL'ACCETTAZIONE EREDITA' BLOCCA L'ESECUZIONE IMMOBILIARE TACITA DI Con sentenza n. 11638 del 26 maggio 2014, la III Sezione Civile della Cassazione fissa dei principi molto importanti per chi si occupa di procedure esecutive (e non solo). In particolare, viene esaminato il caso in cui oggetto di esecuzione sia un bene pervenuto all'esecutato per successione e nella catena delle trascrizioni non risulti la trascrizione dell'accettazione di eredità. I Giudici della Suprema Corte, pur disattendendo le conclusioni dei Giudici di merito che erano giunti ad affermare che la mancanza della trascrizione comporterebbe il rigetto dell'istanza di vendita, ritengono ugualmente necessario procedere all'esecuzione di tale adempimento prima del decreto di trasferimento; e giungono a tale conclusione dopo un approfondito excursus sulla natura e funzione della trascrizione dell'accettazione di eredità, disciplinata dall'art. 2648 c.c.. In particolare, viene evidenziata la funzione della stessa di "saldare" la catena ai fini della continuità delle trascrizioni, ma ciò non comporta l'inefficacia del pignoramento ai sensi dell'art. 2650, primo comma, c.c. - conclusione cui era giunto il Tribunale di Terni - ma solo la necessità di trascrivere l'accettazione di eredità al fine di rendere efficaci le successive trascrizioni del pignoramento e del decreto di trasferimento. La sentenza evidenzia anche la necessità di tutelare l'aggiudicatario assicurando la "stabilità della vendita coattiva" e fa espresso riferimento alle problematiche relative all'acquisto dall'erede apparente ed all'utilità della trascrizione anche a tal fine. Quindi, la sentenza esamina le modalità per procedere alla trascrizione nel caso in esame, evidenziando come la stessa possa essere eseguita senza difficoltà in presenza di un atto trascrivibile immediatamente in quanto pubblico o autentico; ma, in assenza di un titolo simile, dovrà essere accertata la qualità di erede con sentenza, che non potrà provenire dai giudici dell'esecuzione, privi della necessaria competenza, ma dovrà scaturire da un accertamento da eseguirsi con un procedimento a parte: solo a seguito dell'accertamento positivo della qualità di erede e della trascrizione dell'accettazione di eredità potrà darsi luogo alla vendita coattiva. I principi fissati dai Giudici della Suprema Corte sembrano corretti; tuttavia gli stessi rischiano di sacrificare - forse troppo - le esigenze di celerità del processo esecutivo e gli interessi dei creditori alla soddisfazione dei propri diritti. O) S.R.L. E POTERE DI CONVOCAZIONE DEI SOCI Il Tribunale di Milano - la cui autorevolezza in materia societaria è nota - con sentenza dell'11 novembre 2013 esamina il contenuto dell'art. 2479, primo comma, c.c., secondo il quale i soci che rappresentano almeno 1/3 del capitale sociale possono sottoporre determinati argomenti all'approvazione degli altri soci, confermando - secondo quanto già sostenuto in precedenza dalla giurisprudenza di merito a dalla dottrina prevalente - che tale diritto presuppone il potere degli stessi soci di convocare l'assemblea, potere normalmente riservato all'organo amministrativo e che, secondo i giudici milanesi, è strumentale rispetto alla facoltà concessa dall'art. 2479 c.c.: la mancanza di una previsione simile all'art. 2367 c.c. che, per le S.P.A., autorizza i soci che rappresentino 1/20 del capitale sociale a richiedere agli amministratori di convocare l'Assemblea, non autorizza a negare un simile diritto per i soci di s.r.l.; ed è da escludersi, in tal caso, l'applicazione analogica di quest'ultima norma, posto che dopo la riforma la s.r.l. è stata dotata di una sua autonoma disciplina ed il ricorso all'analogia potrà ammettersi solo in casi eccezionali ed in presenza di una lacuna legislativa, circostanza che non ricorre nella fattispecie. Ma il Tribunale va oltre e ritiene che tale diritto sia di natura inderogabile, che sopravvive anche in presenza di una clausola contraria contenuta nello statuto, in quanto trattasi di uno strumento riconosciuto per contrastare eventuali abusi della maggioranza. P) REPETITA IUVANT Con sentenza 4564 del 26 febbraio 2014 viene ribadito l'importante principio che il verbale di conciliazione giudiziale ha natura contrattuale, privo degli effetti esecutivi di una sentenza, in quanto è frutto di un incontro di volontà delle parti; si tratta di un autentico atto negoziale, al quale si applicano i criteri di interpretazione previsti dagli artt. 1362 ss. c.c.; aggiungerei che questa conclusione impone il rispetto di tutte le norme prescritte a pena di nullità degli atti negoziali, rispetto che noi notai siamo chiamati a controllare quando tali verbali costituiscano titoli di provenienza. E a proposito di verbale di conciliazione, sembra interessante segnalare anche una recente sentenza della Commissione Provinciale di secondo grado di Bolzano che, partendo proprio dalla sostanziale identità del verbale con il rogito notarile, ha ammesso - così smentendo quanto affermato dall'Agenzia delle Entrate la possibilità di ricorrere nella fattispecie all'applicazione tanto della disciplina del prezzo valore quanto delle agevolazioni prima casa. Cass. 12 marzo 2014 n. 5689 ribadisce il principio, gia recentemente affermato e commentato in una precedente rassegna, secondo il quale è sufficiente che il riacquisto entro un anno dalla vendita sia a titolo gratuito per evitare la decadenza dalle agevolazioni prima casa in caso di trasferimento infraquinquennale. Cass. 12 novembre 2013 n. 25408 ribadisce che la nullità sanzionabile ai sensi dell'art. 28 L.N. debba essere inequivoca, con conseguente esclusioni degli atti solo inefficaci. Cass. 3 gennaio 2014 n. 56 conferma il principio, ormai consolidato, in base al quale in caso di intestazione di beni immobili a nome altrui, acquistati con l'utilizzo del denaro proprio del disponente, costituisce oggetto di collazione il bene ultimo che il disponente intendeva donare, cioè il bene acquistato con il denaro dallo stesso fornito. Cass. 2 aprile 2014 n. 7738 conferma che la denuncia di successione ed il pagamento delle imposte non costituiscono accettazione tacita di eredità, ma ribadisce il principio, già espresso in precedenza, in base al quale "l'iscrizione catastale dei beni relitti, eseguita per conto degli eredi dal Notaio o l'esecuzione della loro voltura catastale" costituiscono "atti rilevanti non solo dal punto di vista tributario ma anche dal punto di vista civile in relazione all'accertamento della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi": viene, pertanto, ribadito il principio in base al quale la voltura catastale costituisce un comportamento dal quale consegue l'accettazione tacita dell'eredità. Infine, con Sentenza 12370 del 3 giugno 2014, la I Sezione Civile della Corte di Cassazione conferma il principio, ormai consolidato, secondo il quale dalla violazione della prelazione societaria consegue solo l'inopponibilità della cessione nei confronti della società - che non legittimerà l'acquirente all'esercizio dei diritti sociali - e dei soci titolari del diritto di prelazione, negando a questi ultimi il diritto di riscattare dai terzi la partecipazione sociale, trattandosi di prelazione volontaria alla quale non può applicarsi analogicamente il meccanismo disciplinato dall'art. 732 c.c.. L'argomento meriterebbe ben altro approfondimento, tenendo anche presente che non mancano in dottrina voci di segno contrario, seppur minoritarie. PRASSI A) Cessione Leasing: commenti alla nuova tassazione. Come è noto, l'art. 1, comma 164 della legge 147/2013 - legge di stabilità - ha introdotto l'imposta di registro al 4% per le cessioni dei contratti di leasing. La Direzione Centrale Normativa delle Entrate, rispondendo ad una richiesta di consulenza giuridica di Assilea, ha chiarito alcuni aspetti relativi all'applicazione della norma, stabilendo che: a) gli unici soggetti ai quali si applicherà la solidarietà passiva per il pagamento dell'imposta saranno il cedente ed il cessionario, con espressa esclusione della società di leasing la quale, pur dovendo intervenire per prestare il consenso a sensi dell'art. 1406 c.c., non diventa parte del contratto e resta estranea al rapporto tributario dallo stesso conseguente; b) l'imposta del 4% non si applica alle operazioni di riorganizzazione societaria (trasformazioni, fusioni, scissioni); in questi casi prevale l'art. 4 tariffa parte I D.P.R. 131/86, ovvero imposta fissa di registro; c) l'imposta si applica, invece, in caso di cessione di azienda che comprende anche il contratto di leasing, in quanto atto soggetto ad imposta proporzionale: ed in tal caso sarà bene scorporare i corrispettivi (tenendo presente che la base imponibile per la cessione del leasing è il corrispettivo, aumentato dei canoni a scadere e del riscatto, al netto delle passività proporzionalmente imputabili), altrimenti si applicherà all'intero contratto l'aliquota più elevata del 4%. B) PREZZO VALORE E PREZZO DILAZIONATO Con Risoluzione 53/E del 20 maggio 2014, l'Agenzia delle Entrate esamina l'art. 35, comma 22, del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, nella parte in cui subordina la possibilità di usufruire del meccanismo prezzo-valore, fra gli altri requisiti, alla indicazione analitica delle modalità di pagamento. L'Agenzia prende atto dell'impossibilità (ovvia!) di indicare tali modalità nel caso in cui sia convenuta un dilazione del prezzo, concludendo che in questo caso l'obbligo di indicare le modalità potrà ritenersi assolto "fornendo in atto gli elementi utili alla identificazione, in termini di tempi, importi ed eventuali modalità di versamento, di quanto dovuto a saldo". C) ATTI DI AFFRANCAZIONE: L'AGEVOLAZIONE "RESISTE" Con Risoluzione 64/E del 21 giugno 2014, l'Agenzia delle Entrate ha affermato che per gli atti di affrancazione di terre gravate da usi civici continuano ad applicarsi le agevolazioni fiscali previste dall'art. 2 della Legge 1 dicembre 1981 n. 692, ovvero l'esenzione da "bollo, registro e da altre imposte"; secondo l'Agenzia, tale disciplina non è stata travolta dall'abolizione di tutte le esenzioni ed agevolazioni disposta dal Decreto Legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, in quanto nella fattispecie il diritto di prporietà è già in capo al legittimario, che viene soltanto liberato dall'obbligo di corrispondere il canone con il provvedimento di legittimazione. D) DECADENZA PIANI PARTICOLAREGGIATI: A CHI SPETTA IL CONTROLLO? La Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 37/E del 9 aprile 2014 affronta il caso in cui siano state richieste le - ormai, peraltro, soppresse agevolazioni per i piani particolareggiati e successivamente venga venduto l'immobile prima del decorso del termine di 11 anni senza che sia stato realizzato il programma costruttivo ovvero si faccia trascorrere il termine di 11 anni senza realizzare il predetto programma. Secondo l'Agenzia, trattandosi di due ipotesi in cui l'Amministrazione potrà venire a conoscenza dei fatti autonomamente - per avere iscritto l'atto a campione nel primo caso e perché comunque verrebbe a conoscenza della vendita nel secondo - non vi è alcun obbligo di denunzia ex art. 19 T.U.R. da parte del contribuente e, conseguentemente, non vi è alcuna sanzione. E) S.R.L. ED ACCERTAMENTO DELLE CAUSE DI SCIOGLIMENTO Con parere del 19 maggio 2014, prot. 94215, il Ministero dello Sviluppo Economico fornisce chiarimenti relativamente alla questione della necessità dell'intervento notarile al verificarsi di una causa di scioglimento di s.r.l.. Pur trattandosi di chiarimenti sintetizzarne le conclusioni: a) l'intervento notarile, a necessario nel caso di semplice ne vogliano definire i poteri quanto prescritto dalla legge o non molto...chiari, si tenta di parere del Ministero, non sembra nomina dei liquidatori, a meno che se o il numero in modo differente da dallo statuto; b) per quanto concerne l'accertamento delle cause di scioglimento, il principio affermato dal parere è che l'intervento del Notaio si rende necessario solo nei casi in cui non vi sia una volontà dei soci tesa a modificare l'atto costitutivo (o lo statuto), ma non nel caso in cui si debba prendere atto di eventi che hanno prodotto il loro effetto ex se, così per le ipotesi previste dai nn. 1), 3) e 5) dell'art. 2484 c.c.; a diverse conclusioni si dovrebbe giungere nell'ipotesi di scioglimento prevista dal n. 2) dello stesso articolo - conseguimento dell'oggetto sociale o impossibilità di conseguirlo - ove, a parere del Ministero, si ritiene necessaria la prova del coinvolgimento dell'Assemblea, che dovrà essere chiamata a decidere se modificare l'oggetto o comunque se proseguire l'attività; in questa ipotesi, che non configura una causa "legale" di scioglimento, appare necessario l'intervento notarile. Intervento necessario anche nelle ipotesi disciplinate dal n. 4 dell'art. 2484 (per la quale occorrerà convocare l'assemblea per l'adozione di uno dei provvedimenti previsti dall'art. 2482 ter c.c.) e dal n. 6, tutti casi in cui non operano cause di scioglimento legali o automatiche e per i quali, a parere del Ministero, "si deve concludere per l'obbligatorietà di ricorso all'intervento del Notaio". F) ANCORA SULL'ACCETTAZIONE TACITA DELL'EREDITA': 59 EURO NON DOVUTI? Veramente paradossale la vicenda che si esamina, che registra una doppia e contrastante - a brevissima distanza di tempo presa di posizione sulla questione, in questo periodo molto "calda", relativa alle somme da corrispondere in caso di trascrizione dell'accettazione tacita di eredità. Secondo un'interpretazione di alcuni Uffici, come è noto, dal 1° gennaio 2014 l'imposta di bollo di euro 59 per la trascrizione sarebbe dovuta sempre, anche nel caso in cui la trascrizione dell'accettazione tacita consegua al compimento di un atto diverso dagli "atti traslativi a titolo oneroso della proprietà o altro diritto reale..." soggetti alla nuova disciplina introdotta dall'art. 10 D.Lvo 23/2011; conclusione aberrante, se solo si pensa che fino al 31 dicembre 2013 tale imposta di bollo non era dovuta in quanto ricompresa nell'imposta forfettaria prevista dall'art. 1, comma 1 bis, tariffa parte I allegata al D.P.R. 642/1972. Le pretese degli uffici scaturiscono da una errata interpretazione della Circolare 2/E del 2014, che si è limitata a giungere ad identica conclusione - anch'essa peraltro discutibile - solo per gli atti per i quali è stata introdotta la nuova disciplina, non certo per gli atti che scontano l'imposta di bollo forfettaria. Di tutto ciò si era resa conto la Direzione Regionale dell'Emilia Romagna dell'Agenzia delle Entrate, la quale, con risposta ad un Interpello del collega Massimo De Luca di Roseto del 29 maggio 2014, aveva affermato espressamente che "la Circolare 2/E del 21 febbraio 2014 ha portata circoscritta all'approfondimento dell'art. 10 D.Lgs. 14 marzo 2011 n. 23. ...Pertanto, per tutti gli atti la cui tassazione non è stata modificata dal predetto art. 10...continuano ad applicarsi le precedenti disposizioni normative.". Ebbene, incredibilmente, con successiva comunicazione del 30 giugno 2014, lo stesso ufficio, dopo avere riportato la risposta ad interpello già fornita, alla fine letteralmente conclude: "Tanto premesso, ad autonoma modifica di quanto esposto nella risposta resa all'interpello n. 206/2014, il Notaio terrà conto che l'imposta di bollo di cui all'art. 3,comma 2 bis della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 642 del 26 ottobre 1972 (attualmente 59,00 euro) è dovuta per la trascrizione dell'accettazione tacita di eredità anche nel caso in cui derivino da atti diversi da quelli costitutivi o traslativi della proprietà di beni immobili interessati dalla riforma di cui all'art. 10 del D. Lgs n. 23 del 2011."!! G) Con Circolare n. 16/E dell'11 giugno 2014, l'Agenzia delle Entrate fa il punto della situazione sulla disciplina delle Start Up, sugli incentivi fiscali alle stesse riconosciuti e sulle misure per l'accesso al credito di imposta per assunzione di personale. H) CESSIONI GRATUITE AL COMUNE: GIUSTIZIA E' FATTA Recentemente molti di noi sono stati "vittime" delle pretese dell'Agenzia delle Entrate, che dal 1° gennaio 2014 ha cominciato a negare la concessione delle agevolazioni fiscali previste dall'art. 32 D.P.R. 601/73 - imposta fissa di registro ed esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali - da sempre applicate per le cessioni gratuite effettuate a favore di Comuni di aree sulle quali insistono - o dovranno insistere - opere di urbanizzazione primaria e secondaria; la pretesa degli Uffici era fondata su una - come al solito - errata applicazione della nota circolare 2/E del 2014 e su un presunto profilo di onerosità delle cessioni in quanto poste in essere al fine di scomputare gli oneri di urbanizzazione. Sul punto era anche intervenuto uno Studio della nostra Commissione Tributaria - n. 248 del 2014 - che aveva concluso, ovviamente, per l'applicabilità delle agevolazioni sulla scorta di svariate argomentazioni, prime fra tutte il carattere assolutamente gratuito e senza corrispettivo del trasferimento e la natura di prestazione imposta delle stesse, collocate nell'ambito di un procedimento finalizzato al rilascio della concessione per il quali gli oneri sono dovuti: pertanto ogni profilo di corrispettività è da escludersi. Con la Risoluzione 68/E del 3 luglio 2014 l'Agenzia delle Entrate si è resa conto di tutto ciò, concludendo per l'esclusione delle agevolazioni in oggetto dall'ambito di applicazione dell'art. 10 D.Lgs. 23/2011, la norma, cioè, che ha soppresso tutte le agevolazioni ed esenzioni dei trasferimenti immobiliari e che resta applicabile solo ai trasferimenti onerosi; con l'ovvia conseguenza che ai trasferimenti in oggetto, di natura gratuita, continuano ad applicarsi 601/1973. le agevolazioni prescritte dall'art. 32 del D.P.R. LEGISLAZIONE A) Il DM 12 febbraio 2014 del Ministero dell'Interno ha disciplinato le nuove modalità di trasmissione telematica, fra l'altro, fra i Comuni ed i Notai relativamente all'annotazione delle Convenzioni matrimoniali. B) Con Legge 21 febbraio 2014 n. 13 è stato convertito il D.L. 28 dicembre 2013 n. 149, che aveva dettato disposizioni finalizzate alla abolizione del finanziamento pubblico dei partiti politici; per un commento alla nuova normativa si fa rinvio alla rassegna di febbraio 2014. In sede di conversione sono state introdotte alcune novità relativamente all'indicazione del simbolo nello statuto, all'indicazione della sede legale, alla disciplina del registro dei partiti, all'importo massimo - euro 100.000,00 - ed alle modalità delle erogazioni liberali in denaro. C) Nella rassegna del mese di febbraio 2014 era stato segnalato il D.L. 30 dicembre 2013 n. 151, che aveva esonerato lo Stato, gli enti pubblici e le società di dismissione dalla consegna dei documenti relativi alla regolarità urbanistica e catastale degli immobili da trasferire ed aveva introdotto alcune facilitazioni in materia di prestazione energetica. Ebbene, il suddetto decreto non è stato convertito in legge nel termine di sessanta giorni, come da comunicato del Ministero della Giustizia pubblicato sulla Gazzetta n. 50 del 1° marzo 2014; ne consegue la sua inefficacia. D) Con Legge 11 marzo 2014 n. 23 il Governo è stato delegato ad adottare, entro dodici mesi dall'entrata in vigore - 27 marzo 2014 decreti legislativi recanti la revisione del sistema fiscale, con particolare riferimento, per quel che ci interessa più da vicino, alla revisione del catasto fabbricati (art. 2), alla disciplina dell'abuso del diritto e dell'elusione fiscale (art. 5) ed alla razionalizzazione dell'IVA e delle altre imposte indirette (art. 13), con delega, in quest'ultimo caso, per la revisione delle imposte di registro, bollo, ipotecarie e catastali e delle altre imposte di trascrizione e di trasferimento. E) Il D.L. 28 marzo 2014 n. 147 - cd. Piano Casa - ha introdotto alcune di norme di interesse notarile: -- l'art. 3 prevede l'emanazione, entro il 30 giugno 2014 - termine trascorso - di un decreto interministeriale che disciplini le procedure di alienazione degli immobili di proprietà degli IACP; -- è prevista la possibilità che le convenzioni aventi ad oggetto le locazioni degli alloggi sociali contemplino il diritto di riscatto dei conduttori; -- le modifiche principali sono state introdotte, in sede di conversione, dalla legge 23 maggio 2014 n. 80; in particolare, con l'introduzione dell'art. 10 quater è stato aggiunto il comma 1 bis all'art. 5 del decreto legislativo 122/2005 - tutela degli acquirenti degli immobili da costruire prevedendo espressamente che "l'acquirente non può rinunciare alle tutele previste dal presente decreto; ogni clausola contraria è nulla e deve intendersi non apposta.". Il riferimento alla fideiussione ed alla polizza decennale è evidente; la norma conferma l'irrinunciabilità delle tutele, conclusioni alle quali si era già giunti soprattutto per la fideiussione, mentre per l'assicurazione il punto era controverso. La particolarità sta nel fatto che non viene introdotta una nullità relativa di protezione, ma una nullità assoluta, a conferma del fatto che la normativa è tesa non solo a proteggere l'acquirente, ma anche a tutelare l'interesse al funzionamento del mercato immobiliare. Lo stesso art. 10 quater riconosce il diritto di prelazione che l'art. 9 riserva all'acquirente oltre che nel caso in cui l'immobile sia stato adibito ad abitazione principale dello stesso o di un suo parente in primo grado, anche nel caso in cui sia stato adibito ad abitazione principale del coniuge; e così per l'esclusione dalla revocatoria, prevista anche nel caso di identico utilizzo da parte del coniuge. F) L'art. 38 bis del decreto legge 24 aprile 2014 n. 66, convertito in Legge 23 giugno 2014 n. 89, esonera da imposte tasse e diritti di qualsiasi tipo le cessioni dei crediti nei confronti della P.A. ; in particolare, viene specificato che i crediti devono riferirsi alle somministrazioni, forniture ed appalti ed alle obbligazioni per prestazioni professionali. In realtà, una disposizione quasi identica era già contenuta nell'art. 8 del D.L. 8 aprile 2013 n. 35 (si veda la rassegna del mese di ottobre 2013), con le uniche differenze che in quest'ultima norma mancavano i crediti da prestazioni professionali e veniva precisato che l'autentica poteva essere fatta, oltre che dal Notaio - con onorari ridotti a metà - anche da un ufficiale rogante della P.A.. Ebbene, l'art. 38 del D.L. 66/2014 aveva abrogato l'art. 8 del D.L. 35/2013, ma la norma è stata soppressa in sede di conversione; il risultato è il solito pasticcio del nostro "bizzarro" legislatore, che avrebbe potuto ottenere identico risultato con una semplice aggiunta alla norma precedente! In sede di conversione del D.L. 66/2014, inoltre, è stata apportata una modifica all'art. 10, comma 4, del decreto legislativo 23/2011, la norma, per intenderci, che sopprime le agevolazioni fiscali; in virtù di tale modifica, fra le agevolazioni che il legislatore "salva" dalla soppressione vi sono anche: l'art. 2 della legge 692/1981, che esenta da bollo, registro ed altre imposte, fra gli altri, le liquidazioni di usi civici, le legittimazioni e le assegnazioni di terre; l'art. 40 della L. 1766/1927, norma di contenuto analogo, anche se più ristretto, di quest'ultima. Alle stesse conclusioni era giunta l'Agenzia delle Entrate con la Risoluzione richiamata nella lettera C) della PRASSI. G) L'art. 44 del D.L. 24 giugno 2014 n. 90 precisa che le disposizioni che hanno introdotto il Processo Civile Telematico si applicano "esclusivamente ai procedimenti iniziati innanzi al Tribunale ordinario dal 30 giugno 2014. Per i procedimenti di cui al periodo precedente iniziati prima del 30 giugno 2014 le predette disposizioni si applicano a decorrere dal 31 dicembre 2014.". H) Il 30 giugno 2014 è entrata in vigore la normativa che prescrive l'obbligo, per tutti i professionisti, di accettare pagamenti superiori a 30 euro effettuati mediante carte di debito, obbligo già in vigore per i professionisti il cui fatturato sia superiore ad euro 200.000,00. La normativa di riferimento è l'art. 9, comma 15 bis, del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179 convertito dalla legge 221/2012 - che ha istituito l'obbligo - il D.L. 30 dicembre 2013 n. 150 - che ha prorogato il termine dal 1° gennaio al 30 giugno - e il D.M. 24 gennaio 2014 che in sede di prima applicazione ha limitato l'obbligo ai professionisti con il suddetto fatturato. Invero, con una risposta ad una interrogazione parlamentare in data 10 giugno 2014, prot. D/825, il MEF, preso atto di una serie di prese di posizione dei vari ordini professionali, ha affermato che la normativa in realtà non avrebbe introdotto un obbligo ma un onere a carico del professionista, limitato ai casi in cui siano i clienti a richiedere la forma di pagamento a mezzo carta di debito: pertanto, la mancata predisposizione del POS non è soggetta ad alcuna sanzione. La risposta, da un punto di vista giuridico, appare insolita, in quanto l'onere presuppone un comportamento cui si è tenuti se si vuole conseguire un vantaggio; di contro, dallla mancata esecuzione del comportamento dovrebbe conseguire uno svantaggio. Ora non si vede quale svantaggio consegua al professionista che non metta il POS a disposizione del cliente e, di contro, non si vede quale vantaggio lo stesso consegua in caso contrario: probabilmente, ci troviamo in uno di quei casi in cui il nostro "bizzarro" legislatore ha introdotto un obbligo non sanzionato. H) Con il D.L. 24 giugno 2014 n. 91, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2014, sono state introdotte alcune novità di rilievo per la categoria; in particolare: 1) è stato abbassata la soglia del capitale minimo per le S.P.A., ora fissato a 50.000,00 euro; sembra definitivamente superata, a questo punto, la tradizionale concezione del capitale sociale come strumento di garanzia del capitale sociale, e privilegiata la concezione del capitale come riferimento per il peso delle partecipazioni sociali e per la rilevanza delle perdite; 2) conseguenza della novità di cui sopra è l'altra modifica importante del Decreto, ovvero la soppressione del secondo comma dell'art. 2477 c.c.: da ciò consegue che le s.r.l. con capitale superiore ad euro 50.000,00 non dovranno dotarsi di organo di controllo, che sarà obbligatorio solo negli altri casi previsti dall'art. 2477 c.c.; 3) l'art. 20, comma 3, del Decreto, modifica l'art. 2437 ter, comma 3, c.c., e prevede la possibilità per le società quotate di disciplinare nello statuto la liquidazione delle partecipazioni dei soci che recedono con le stesse modalità previste dallo stesso articolo per le altre società; 4) l'art. 20, commi 4 e 5, estendono la possibilità di ricorrere ai sistemi di valutazione "semplificati", previsti dall'art. 2343 c.c. in alternativa alla relazione dell'esperto, anche agli acquisti "pericolosi" disciplinati dall'art. 2343 bis c.c. ed alla trasformazione di società (art. 2500 ter c.c.); 5) l'art. 20, comma 6, riduce a 15 giorni dalla pubblicazione dell'offerta il termine minimo entro il quale i soci possono esercitare il diritto di opzione in caso di aumento di capitale nelle S.P.A.; vengono, altresì, introdotti nuovi e più moderni sistemi di pubblicità; 6) l'art. 20, comma 1, apporta una rilevante modifica all'art. 127 quinquies del decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58, consentendo alle società quotate di prevedere nei propri statuti il voto plurimo fino a due voti, derogando al divieto previsto dall'art. 2351 c.c. 7) L'art. 22 estende le agevolazioni previste dall'art. 15 del D.P.R. 601/73, inserendo dopo le parole "le cessioni di credito stipulate in relazione a tali finanziamenti" le seguenti "nonché alle successive cessioni dei relativi contratti o crediti e ai trasferimenti delle garanzie ad essi relativi"; inoltre alle operazioni ammesse a fruire delle agevolazioni vengono aggiunte le "operazioni di finanziamento la cui durata contrattuale sia stabilita in più di diciotto mesi poste in essere dalle società di cartolarizzazione di cui alla legge 30 aprile 1999 n. 130 nonché da imprese di assicurazione costituite e autorizzate ai sensi di normative emanate da Stati membri dell'Unione europea o organismi di investimento collettivo del risparmio costituiti negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi.....". Alberto Spina