Oasi 2004.vp - Cergas Bocconi
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4084-8 Cergas Oasi 04 8-11-2004 18:07 Pagina 1 Collana CERGAS Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale dell’Università Bocconi Rapporto OASI 2004 L’aziendalizzazione della sanità in Italia Il rinnovamento dei sistemi sanitari è da tempo al centro del dibattito politico e scientifico nazionale e internazionale. Con l’istituzione di OASI (Osservatorio sulla funzionalità delle Aziende Sanitarie Italiane), il CERGAS ha voluto confermarsi quale punto di riferimento per l’analisi dei cambiamenti in atto nel sistema sanitario italiano secondo un approccio economico-aziendale. Ha inoltre creato un tavolo comune dove mondo accademico e operatori del SSN possono interagire ed essere nel contempo promotori e fruitori di nuova conoscenza. Ogni anno, l’attività di ricerca di OASI viene raccolta in un Rapporto Annuale. Il Rapporto 2004: • riprende e aggiorna temi già proposti negli anni precedenti: assetto complessivo del SSN e principali dati che lo caratterizzano; indirizzi regionali in materia di finanziamento, medicina generale, assistenza farmaceutica; mobilità dei direttori generali; caratteristiche dei sistemi aziendali di programmazione e controllo; • a livello regionale, introduce il tema della programmazione e del finanziamento degli investimenti; presenta inoltre un’analisi dei bilanci consolidati dei SSR; • a livello aziendale, approfondisce i processi di revisione degli assetti istituzionali, l’estensione delle logiche e degli strumenti aziendali alle funzioni amministrative, l’evoluzione degli strumenti manageriali per la medicina generale, lo sviluppo della funzione finanza e degli strumenti di finanza innovativa, le caratteristiche della funzione sistemi informativi con specifico riferimento all’area clinica; • presenta infine l’aziendalizzazione della sanità come percepita dai principali consulenti specializzati nel settore. Nell’analisi dei temi proposti, il Rapporto fa frequente ricorso allo studio di casi. Eugenio Anessi Pessina si è laureato in Economia aziendale presso l’Università Bocconi. Ha successivamente conseguito un Master of Arts e un Ph.D. in Managerial Science and Applied Economics presso la Wharton School dell’Università di Pennsylvania. Attualmente è professore straordinario di Economia aziendale presso l’Università Cattolica (sede di Roma) e senior fellow della Wharton School. È responsabile scientifico di OASI. www.egeaonline.it Elena Cantù si è laureata in Economia Aziendale presso l’Università Bocconi. Ha successivamente conseguito il Dottorato di ricerca in Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche presso l’Università degli Studi di Parma. Attualmente è titolare di un assegno di ricerca al CERGAS Bocconi e svolge attività di docenza presso la SDA. È coordinatrice di OASI. ISBN 88-238-4084-8 9 788823 840843 € 22,00 Rapporto OASI 2004 Anessi Pessina • Cantù a cura di Eugenio Anessi Pessina Elena Cantù Rapporto OASI 2004 CENTRO DI RICERCHE SULLA GESTIONE DELL’ASSISTENZA SANITARIA E SOCIALE DELL’UNIVERSITÀ BOCCONI prefazione di Elio Borgonovi e Francesco Longo L’aziendalizzazione della sanità in Italia CERGAS 4084-8 Cergas Oasi 04 8-11-2004 18:08 Pagina 2 12 Assetti organizzativi e management strategico tra neo-centralismi e periferie in movimento di Federico Lega 12.1 Introduzione Negli ultimi dieci anni si è osservato uno sviluppo consistente di nuovi schemi organizzativi nelle aziende sanitarie pubbliche. Come risulta da diverse indagini (Ministero della salute 2001; ASSR 2003; Baraldi 2003, Bergamaschi e Cantù 2000; Bergamaschi e Fosti 2002; Cantù e Lega 2002; De Pietro, Lega e Pinelli 2003), se nel 1994 i dipartimenti ospedalieri erano ancora oggetto di poche sperimentazioni, nel 2001 circa il 70 per cento delle aziende ospedaliere e il 40 per cento delle ASL avevano dipartimentalizzato i propri ospedali e nel 2003 la percentuale saliva rispettivamente circa al 90 e 80 per cento. Simile storia ha avuto il distretto socio-sanitario che, come livello di responsabilità organizzativa, nel 1994 era ancora in fase di istituzione in molte realtà (Ministero della salute 2001; ASSR 2003; Testa e Buccione 2002; Di Falco 2000; De Pietro, Lega e Pinelli 2003). Fino a quel momento il distretto era stato inteso come un punto di accesso alle prestazioni, una sede fisica di erogazione di servizi sanitari. Nel 2002 (cfr. Capitolo 2) si contavano 840 distretti, con un numero medio di abitanti pari a 69.000. La dimensione accresciuta del distretto, che in molte Regioni (Piemonte, Trento, Liguria, Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Lazio, Calabria, Sicilia, Sardegna) coincide con il territorio delle vecchie USL, ne favorisce un ruolo più incisivo a livello gestionale e di programmazione. In generale, le legislazioni regionali enfatizzano la funzione di tutela/committenza del distretto, individuando tale livello organizzativo come quello chiave per la valutazione della domanda di servizi sanitari e la programmazione della relativa offerta. In termini organizzativi, la crescente rilevanza dei dipartimenti ospedalieri e dei distretti socio-sanitari è assimilabile a una divisionalizzazione delle strutture organizzative, segnata dal passaggio da una logica di responsabilizzazione centrata sulle competenze specialistiche (le divisioni ospedaliere, i servizi territoriali) a una fondata su ambiti di risultato (prodotti e tipologia di clienti per i dipartimenti ospedalieri, mercati-popolazioni nel caso dei distretti socio-sanitari). 372 L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2004 12.2 Forma e sostanza negli assetti organizzativi Lo studio e la frequentazione delle aziende sanitarie sul campo mette in evidenza una situazione più ambigua di quella descritta dai documenti formali e dalle indagini tramite questionario (su cui si basano molti risultati delle ricerche richiamate nel precedente paragrafo). In molti casi la divisionalizzazione è più nella forma che nella sostanza. È, infatti, assai frequente il riscontro di un gap aperto tra assetti organizzativi dichiarati (ufficiali e formalizzati), assetti desiderati (ufficiosi, ma non espliciti, in quanto oggetto di gestione cauta per favorire i cambiamenti attesi) e assetti agiti (come funziona effettivamente l’organizzazione) (Lega 2002). Questa situazione deriva da una molteplicità di cause. Tra le principali si possono ricordare le seguenti: • la permanenza delle logiche di potere organizzativo tradizionali (inerzia del modello burocratico), basate sugli ambiti specialistici. In molti casi permane una strumentalità della struttura organizzativa, laddove lo «sblocco» della variabile organizzativa è avvenuto più sulla carta che nei fatti: percorsi di carriera e strutture organizzative specialistiche sono ancora fortemente collegati. Operativamente, questa situazione si traduce in assetti organizzativi centrati sulle unità operative – strutture complesse e semplici (l’ex divisione ospedaliera, il servizio/settore territoriale); • i tempi medio-lunghi per l’assunzione di ruolo da parte dei professionisti chiamati ad assumersi le responsabilità su aree di risultato multidisciplinari e multiprofessionali (i dipartimenti ospedalieri e i distretti socio-sanitari): inventarsi manager non è semplice. Le difficoltà aumentano se l’azienda non riesce a fare un matching positivo tra ruolo (aspettative di comportamento) e persona (attitudini e competenze per sostenere tali comportamenti); • l’isomorfismo mimetico (emulazione di ciò che la «moda» manageriale ritiene essere l’one best way o emulazione di quanto fa la maggioranza degli altri, che essendo la maggioranza devono essere nel giusto per forza) e quello coercitivo (attuazione di quanto suggerito o imposto dalla Regione o da leggi). Dopo una parentesi di relativa stabilità normativa protrattasi da metà anni Novanta fino a circa il 2000, anche a seguito della legge 229/1999 di riforma. Diverse Regioni hanno nuovamente legiferato in maniera puntuale, tramite i PSR e le leggi di organizzazione, sugli aspetti organizzativi delle aziende, modificandone, obbligandone e condizionandone le scelte anche in maniera talvolta controproducente; • uno «strutturalismo» di fondo, per cui non di rado si ritiene che un incastro diverso del puzzle (struttura) organizzativo risolva i problemi di coordinamento e di orientamento strategico, dimenticando la centralità delle persone nell’organizzazione e l’importanza di investire sulla loro capacità e disponi- 12 • Assetti organizzativi e management strategico tra neo-centralismi e periferie in movimento 373 bilità ad assumere responsabilità e ruoli necessari per il buon funzionamento dell’organizzazione; • l’emergere di livelli programmatori sovra-aziendali e livelli intermedi tra ASL e distretto, quali le aree vaste, i quadranti, le zone territoriali, che sebbene da un lato rappresentino il giusto anche se tardivo riconoscimento che ospedale e territorio hanno e richiedono scale dimensionali di programmazione diverse, dall’altro lato stanno mettendo in discussione il ruolo dei dipartimenti ospedalieri e distretti, in parte sostituendosi a essi o spingendo verso una dipartimentalizzazione interaziendale. Indubbiamente, si può sostenere come la divergenza tra assetti organizzativi desiderati e agiti sia una condizione almeno in parte fisiologica per aziende sottoposte a costanti riconfigurazioni organizzative dettate dai cicli istituzionali e dalle spinte all’innovazione dettate dall’ambiente esterno e premesse da quello interno, dai professionisti stessi. Fisiologica fin quando la chiusura del gap tra assetto desiderato (in continuo adattamento) e agito è gestita attivamente, attraverso il presidio della funzione dello sviluppo organizzativo. Al contrario, patologica quando il gap è ignorato o irrazionalmente alimentato da riorganizzazioni legate esclusivamente ai cicli istituzionali, quali quelle conseguenti nei quadri normativi di riferimento o il bisogno della nuova direzione aziendale di marcare la propria presenza. Situazioni che minano la continuità necessaria per consolidare lo sviluppo dell’organizzazione oltre il ciclo istituzionale, e che rischiano di determinare il cambiamento non di ciò che più ha bisogno di essere migliorato, ma di ciò che è più facile «aggredire», che risulta meno vischioso, meno resistente. È questo il caso dei servizi clinici, che rispetto a quelli amministrativi hanno visto nelle aziende sanitarie un numero e una portata dei cambiamenti di gran lunga superiore (cfr. capitolo 13). In questa prospettiva si osserva ancora di frequente, purtroppo, un ritorno a logiche organizzative del passato, dovuto al prevalere dell’inerzia organizzativa e di un neo-istituzionalismo di sistema che non permette alle aziende di portare aventi scelte organizzative differenziate che dovrebbero legarsi ai fabbisogni organizzativi risultanti dall’analisi del proprio contesto ambientale di riferimento e dei propri elementi di complessità organizzativa. 12.3 La debolezza dei sistemi di pianificazione e management strategico La situazione sopra descritta viene ulteriormente penalizzata dalla debolezza dei sistemi di pianificazione e management strategico, cioè di quei sistemi che dovrebbero favorire l’allineamento, nei percorsi di sviluppo organizzativo, tra direzione e professionisti, tra top management e middle management (Lega 1997). I processi di pianificazione strategica e i relativi output, i piani strategici, sono molto spesso non applicati, troppo astratti, generici e spesso strumentalizzati all’ac- 374 L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2004 quisizione del consenso esterno, in primis politico. Le aziende si dividono principalmente tra quelle che esclusivamente «navigano a vista», in diversi casi attraverso il sistema di programmazione e controllo annuale, e quelle che nominalmente definiscono obiettivi strategici pluriennali, la cui indeterminatezza porta però anch’esse sostanzialmente a navigare a vista. Da un’altra prospettiva, ciò significa che pensiero strategico (il top management) e azione strategia (il middle management, i professionisti) non si incontrano o se lo fanno non è grazie a una guida esplicita, ma per strategie emergenti (Lega 1997). Relativamente poche aziende sanitarie pianificano obiettivi che traducono in azioni misurabili, a cui collegare la programmazione annuale. Non è questa la sede per discutere come pianificazione e programmazione si debbano «incontrare», argomento che meriterebbe molto spazio (Zavattaro 1993); ci preme solo sottolineare come, indipendentemente dal modo con cui si concorda di perseguire un obiettivo strategico, occorra definire anche le azioni misurabili su cui valutare le responsabilità di attuazione di tale obiettivo. Occorre, in sintesi, dare concretezza ai processi di pianificazione strategica per farne crescere la rilevanza all’interno dell’organizzazione (e superare il focus prevalente sulla rilevanza esterna). 12.4 Una periferia in movimento Se questo è il quadro pessimista, una visione ottimista non può però non sottolineare l’esistenza di una periferia in movimento, di aziende dove si formano strategie «emergenti» di innovazione organizzativa attraverso piccoli passi rivoluzionari. È questo il caso degli ospedali dove si assiste all’introduzione di schemi organizzativi che promuovono la separazione tra la piattaforma logistica-assistenziale (il reparto di degenza con il personale infermieristico, le sale operatorie) e le responsabilità cliniche (l’équipe disciplinare), con reparti di degenza, ambulatori, blocchi operatori multispecialistici a gestione esclusivamente infermieristica, con riorganizzazioni delle stesse degenze in base all’intensità di cura/assistenza, con l’organizzazione della componente medica per processi e per gruppi multidisciplinari. Gli ospedali di Forlì, di Città di Castello, di Pontedera (PI), l’ospedale Humanitas di Milano e in generale tutti i progetti dei nuovi ospedali si ispirano a questi schemi (Lega e Verme 2003; Polimeni et al. 2003). Ed è anche il caso dei servizi territoriali dove si sperimentano forme di integrazione multidisciplinare e gestionale per erogare servizi e per gestire le patologie cronico-degenerative, dove si creano ospedali di comunità (country hospitals), dove si costruiscono le reti socio-sanitarie, dove il distretto diventa un ambito di riferimento programmatorio reale. In questo quadro si inseriscono le esperienze distrettuali del Veneto, dell’Emilia-Romagna, della Toscana, dell’Umbria, le sperimentazioni in atto con i Nuclei di Cure Primarie istituiti in diverse realtà emilia- 12 • Assetti organizzativi e management strategico tra neo-centralismi e periferie in movimento 375 ne e romagnole, le équipe territoriali in diverse ASL del nord-est, le UTAP (unita territoriali di assistenza primaria) toscane. Queste proiezioni nel futuro aprono diversi interrogativi a cui si sta cercando di dare risposta, e sicuramente meritano una valutazione attenta prima di essere considerate migliori delle attuali logiche organizzative. Alcune domande aperte riguardano le implicazioni per i percorsi di carriera dei professionisti e per il ruolo dell’ex «Primario», della «Caposala», del Direttore di dipartimento ospedaliero e di distretto, del direttore sanitario di presidio/stabilimento. Altre riguardano le influenze che avranno a livello organizzativo le professioni non mediche, che hanno, e stanno, stanno acquisendo riconoscimento a livello normativo. Contemporaneamente, alcune aziende sanitarie stanno anche sviluppando nuovi approcci alla pianificazione-programmazione strategica, in parte declinando con più attenzione alla fattibilità gli obiettivi strategici, in parte ricorrendo ad approcci e tecniche che favoriscono il collegamento tra obiettivo strategico e azioni per il suo perseguimento: è questo per esempio, il caso della balanced scorecard (BSC) che «obbliga» a collegare tra di loro le key performance area (strategie) con i key performance indicators (che implicano le azioni). Prime sperimentazioni di BSC sono ormai avviate in Lombardia e in Emilia-Romagna. Anche su questo tema si aprono degli interrogativi di ricerca e studio importanti, e sono necessarie delle valutazioni attendibili che evitino alle aziende di cadere nella trappola della moda manageriale. I dubbi sulla tenuta di un sistema fondamentalmente meccanicistico e predittivo, quale la balanced scorecard, sono legittimi, così come quelli legati all’utilizzo di approcci di dettaglio nella pianificazione strategica. Tema quest’ultimo che è stato effettivamente poco indagato nel contesto delle aziende sanitarie italiane e rispetto a cui invece si rende necessaria una riflessione sugli approcci, sulle metodologie, sui contenuti, sugli attori da coinvolgere. L’augurio è che l’interesse attorno a questi fermenti di innovazione venga alimentato da tutte le organizzazioni che lavorano per lo sviluppo del settore sanitario, che vi sia l’opportunità per una loro attuazione e valutazione senza la pressione generata da continui cambiamenti negli assetti istituzionali e organizzativi dei SSR, e che le stesse istituzioni, in primis le Regioni, supportino e promuovano, ma senza cadere nella tentazione di avallare normativamente l’ultima «moda», queste esperienze, dalle quali potrebbero emergere proposte concrete per migliorare il funzionamento del settore. Bibliografia ASSR (2003), «Il baricentro è ora nel territorio», Monitor, (6), pp. 2-8. Baraldi S. (a cura di) (2003), L’organizzazione dipartimentale nelle aziende sanitarie, Genova, Accademia Nazionale di Medicina 376 L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2004 Bergamaschi M., Cantù E. (2000), «Sviluppo del modello organizzativo dipartimentale nelle strutture ospedaliere», in Anessi Pessina E., Cantù E. (a cura di), L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2000, Milano, Egea. Bergamaschi M. e Fosti G. (2002), «Lo sviluppo dei processi di dipartimentalizzazione ospedaliera: aspetti di funzionamento e meccanismi operativi», in E. Anessi Pessina, E. Cantù (a cura di), L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2001, Milano, Egea. Cantù E., Lega F. (2002), «Lo sviluppo dei processi di dipartimentalizzazione ospedaliera: aspetti di processo e scelte di natura organizzativa», in E. Anessi Pessina, E. Cantù (a cura di), L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2001, Milano, Egea, De Pietro C., Lega F., Pinelli N. «L’indagine nazionale sul processo di aziendalizzazione: organizzazione e personale» in E. Anessi Pessina, E. Cantù (a cura di), L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2003, Milano, Egea. Di Falco G. (2000), «Il ruolo dei distretti e altre rilevanti tendenze nell’articolazione della struttura e dei servizi: analisi di alcuni casi aziendali», in E. Anessi Pessina, E. Cantù (a cura di), L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto OASI 2000, Milano, Egea. Lega F. (1997), «Prospettive e limiti per un approccio dialettico alla pianificazione strategica nelle aziende sanitarie pubbliche», Mecosan, 24. Lega F. (2002), «Il mistero del dipartimento ospedaliero», Mecosan, 43. Lega F., Verme G. (2003), «L’Ospedale polispecialistico tra presente e futuro. Assetto istituzionale, organizzativo e gestionale», Mecosan, 45. Ministero della salute, Servizio Studi e Documentazione (2001), Relazione Sanitaria sullo stato del paese. Anno 2000, Roma. Polimeni J., Lega F., De Lucis S., Fraccaro S., Ghepardi F., Sosio F. (2003), «Nuove prospettive nell’organizzazione dell’ospedale generale di comunità: il caso dell’ospedale di Pontedera», Organizzazione Sanitaria, n. 4. Testa F., Buccione C. (2002), «Il distretto sanitario: funzioni e potenzialità di governo della domanda sanitaria», Mecosan, 44, pp. 27-60. Zavattaro F. (1993), «Il budget: una risposta alla crescita di complessità del sistema sanitario», Mecosan, 5.