primo maggio - Uiltrasporti
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Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB PER LE STRADE D’EUROPA M E N S I L E D E L L A U I LT R A S P O R T I ANNO XIX - NUMERO 5 - MAGGIO 2010 20 Maggio 1970-20 Maggio 2010 Allora vinsero i lavoratori che videro coronate le grandi lotte degli anni ‘60 da una legge che restituiva diritti e cittadinanza al lavoro e ai valori che il lavoro esprime Oggi si pone il problema di “andare avanti” su questo percorso, estendere tutele e diritti all’intera platea di chi opera nel mondo dei lavori nel quadro delle trasformazioni intervenute nella società EDITORIALE 1 GUIDA AL NUMERO EDITORIALE - La filastrocca di Giuseppe Caronia RIFORME DIFFICILI - CCNL Mobilità: occorre un nuovo protagonismo di Luigi Simeone NELLA SOCIETA’ CIVILE - Aiutiamoci a non diventare razzisti di Santino Fortino SE LA “MONNEZZA” E’ RISORSA - Analisi sulla produzione dei rifiuti di C. Tarlazzi e P. Modi I CONTRATTI - Raggiunta l’intesa per il polo manutentivo di Olbia di Giancarlo Serafini UN PRONUNCIAMENTO DELL’E.T.F. - Ma le liberalizzazioni non debbono diventare un “tabu” di Salvatore Ottonelli MARTIRI DELLA LIBERTA’ - L’insegnamento di Walter Tobagi di Giuseppe Baiocchi LE VIE DEL MARE - La Tirrenia e la sua privatizzazione di Angelo Patimo PRIMO MAGGIO - Lavoro, legalità, solidarietà... il discorso di Luigi Angeletti - Attualità e valori di una data... di Antonio Foccillo - Il canto libero dei settecentomila intervista ad Antonio Ascenzi OPINIONI - I bisogni, le idee, il progetto... di Cleto Catalano UNA INIZIATIVA ANCAM - Lavoratori, mezzo di lavoro. Azienda... di S.F. GIROGIROTONDO - Peace and love van... no in giro di Carola Patriarca LA UIL NEL TERRITORIO - dalle nostre redazioni regionali Piemonte (Nello Fusaro) Campania (Fabio Gigli, Simone Simeone), Lombardia (Natascia Facchini) Toscana (Tommaso Lanni) 1 3 5 7 9 11 “La filastrocca” 14 15 18 20 22 25 28 31 36 È passato anche il Primo Non si recuperano risorse per inMaggio e tutti i problemi vestire se non si controlla e razioche già aveva “denuncia- nalizza la spesa pubblica; non si ti” restano sul tappeto. Problemi controlla e razionalizza la spesa che, inquadrati nella “grande cri- pubblica se non c’è trasparenza e si” mondiale, continuano ad esse- regole a governarla, non c’è afre, per il nostro Paese, flusso di investimenti perdita costante di pose non c’è trasparenza DI GIUSEPPE CARONIA sti di lavoro, carenza di e ordine sul territorio; investimenti destinati non sorgono”buoni laalle crescita, restrizione del credi- vori” se non c’è questo afflusso di to alle piccole e medie aziende, investimenti; non c’è crescita di scarsità di risorse per una ricerca qualità e di competitività se non che possa assicurare competitività con impiego virtuoso degli invee “buoni lavori” all’economia na- stimenti e delle risorse che si renzionale, trasparenza e regole non dessero disponibili. derogabili per la spesa pubblica. Una “filastrocca”, insomma? Se riflettiamo un attimo potremo Purtroppo non fa piacere recitarla accorgerci che ciascuno di questi ma è proprio così. E mentre ci si problemi trascina l’altro in una guarda intorno e ci si chiede il “da “sequentia temporum” che li ren- farsi” dobbiamo assistere, non si de irrisolvibili se non affrontati e sa per quanto tempo ancora, ad avviati a soluzione tutti assieme. una sorta di delegittimazione PER LE STRADE D’EUROPA EDITORIALE 2 “quand’anche di “demonizzazione” del sindacato colpevole indovinate di che? Nientemeno che di aver determinato un “welfare” che ha quanto meno attutito i morsi della crisi, e che va certamente “riposizionato” su modelli e schemi più adeguati al momento, ma che di tutto ha bisogno fuor che di essere sterilizzato e messo in cantina. E sì, la solita storia: chi sta bene, per difendere il suo “benessere” Direttore Responsabile SANDRO DEGNI Redazione: Roma - Via di Priscilla, 101 - tel. 06.862671 Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 00445/92 del 14/07/1992 Comitato di redazione: Enrico Cimmino, Santino Fortino, Salvatore Ottonelli, Angelo Patimo, Roberta Rossi Segreteria di redazione: Carola Patriarca Grafica e impaginazione: Franco Bottoni Studio e-mail: [email protected] Una copia Euro 2,00 Abbonamento annuale Euro 22,00 Abbonamento sostenitore Euro 300,00 Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana EDIZIONI “PER LE STRADE D’EUROPA SRL - PIAZZA DELLA LIBERTÀ, 10 - ROMA STAMPA: GRAFICA RINASCIMENTO SRL - VIA GIUSEPPE VACCARI, 9 - ROMA FINITO DI STAMPARE MAGGIO 2010 PER LE STRADE D’EUROPA invoca sacrifici da chi…sta peggio di lui. E non è un caso se dalle “grandi crisi” si sia usciti molto spesso con l’aumento delle diseguaglianze sociali, con i ricchi più ricchi di prima, e i poveri ancora più poveri. Tutto questo dobbiamo evitarlo. E al sindacato, a un sindacato riformista come la Uil, spetta il compito e il”dovere” di confrontarsi con i Pubblici poteri e con le controparti sociali, senza i paraocchi del pregiudizio, ma senza complessi di inferiorità Qui è Rodi, qui salta, diceva un vecchio adagio latino. Ebbene, proviamo allora a “saltare” insieme. Per quanto ci concerne noi della UILT abbiamo da tempo scoperto le carte in tavola: infrastrutture, mobilità urbana, portualità e ferrovia, traffico marittimo, autostradale e aereo, non sono elementi secondari per lo sviluppo, la crescita, l’uscita dal tunnel. Una intermodalità ben governata può far crescere iniziative “verdi”, insediamenti competitivi, servizi efficienti e portatori di oc- cupazione e di sicurezza: siamo pronti a discuterne, e guarda caso quando si vorrà parlare di questo si dovrà necessariamente tornare alla “filastrocca”. Quanto alle “risorse” lasciateci vedere chiaro su quelle che sono (sarebbero…) le potenzialità del nostro Paese. Il “patto sociale” che lega i cittadini si chiama fiscalità. Esiste un enorme problema finanziario e perequativo, in Italia. Le tasse che si pagano sono alte ma non le pagano tutti. Troppa evasione, troppa elusione fiscale, troppe “furbizie”. Avviene anche che a pagare “tutto” sia chi lavora “un lavoro regolare” e chi è in pensione. Non va: qualcosa ci dobbiamo “inventare” per reagire a questo “non- sistema”. E se la Guardia di Finanza fa quel che può ed è già molto, siamo sicuri che la cosiddetta “società civile” le dia una mano? Il caso – Italia fa testo in Europa. E le cifre del mancato introito fiscale spaventano persino i nostri “partners” europei. Tremonti si è speso bene, ma non c’è Tremonti che tenga se gli italiani non prenderanno coscienza di quanto sia grande l’occasione perduta di “risalire la china” da parte di un Paese con così tanti evasori. Giuseppe Caronia (Segr. Gen. Uiltrasporti) RIFORME “DIFFICILI” 3 CCNL MOBILITA’: occorre un nuovo protagonismo per governare la centralità del lavoro e dello sviluppo di LUIGI SIMEONE C osa nasconde la indeterminatezza della trattativa del rinnovo CCNL della mobilità, perché siamo da quasi due anni arenati in una secca, che invece di essere dragata viene ogni giorno alimentata da nuovi riporti di residui di una vecchia maniera di vivere il confronto e le relazioni industriali? Se qualcuno prova ad attrezzare una risposta convincente, almeno per quelli a cui ogni giorno dobbiamo tentare di dare riscontro, sa che rischia di incamminarsi su un terreno tortuoso e ricco di insidie che si nascondono sia nelle posizioni delle parti datoriali che nel sindacato, ma noi della Uil, si sa, siamo animati da spirito riformista e credendo nelle cose in cui investiamo e ,non attardandoci sulle secche proveremo a spostare un po’ più avanti la discussione. Due anni fa alla stesura della piattaforma del nuovo CCNL si era pensato che la unificazione contrattuale di due settori come quello delle Ferrovie e del TpL sempre più vicini e destinati a contaminazioni più vaste, avesse colto nel segno, soprattutto perché il mercato che si stava delineando si sarebbe potuto meglio affrontare, con la garanzie di regole comuni ed indirizzi certi ed univoci; ed in un primo periodo anche con rilevanti sofferenze tutti si era fatta di necessità virtù, sapendo che il mantenimento del proprio perimetro di competenza andava ricercato anche nel riconoscimento di quello altrui. Questa sensazione di sofferenza inizialmente si è tentato di assegnarla più al sindacato che risultava scomposto anche organizzativamente nelle competenze riferite ai due comparti, che non alle parti datoriali che al netto dei costi di applicazione di un nuovo CCNL, avevano tentato di celare la sostanziale distanza da un progetto in cui apparivano credibilmente interessasti probabilmente solo per il rischio di concorrenza sul trasporto regionale su ferro, rischio che si sarebbe potuto delineare in presenza del trasferimento di competenze per questo particolare servizio dallo stato alle regioni. Questo pezzo di produzione ferroviaria rappresentato da una parte rilevante della produzione di Trenitalia e da un’altra relativa alle cosiddette Ferrovie Secondarie gestite invece da aziende proprie del TPL, è risultato subito potenzialmente di facile contaminazione, anche perché è apparso evidente che le regioni chiamate a definire contratti di servizio con diversi soggetti avessero in qualche modo tentato o comunque ricercato soluzioni comuni, simili o uniche e rendendo quindi interessante affrontare un discorso propedeutico a tali scenari, rimandando invece per le altri sistemi di produzione un percorso di avvicinamento più diluito nel tempo. Con il passare del tempo purtroppo gli scenari sono cambiati e quasi tutte le regioni senza gare hanno stipulato contratti di servizio 6+6 anni con Trenitalia ed in alcuni casi con le aziende locali e quindi la materia eventualmente del contendere si sarebbe potuta considerare venuta meno, se non che in due realtà per niente ininfluenti, Lombardia e Piemonte, si è fatto altro, rispettivamente con una società unica e con un gara divisa su cinque lotti, eccezioni che hanno ripresentato e con toni aggravati dalla tempistica oramai scaduta, il problema della unicità di trattamenti esattamente come il sindacato aveva intuito proponendo una piattaforma per rispon- PER LE STRADE D’EUROPA 4 dere alle esigenze che il mercato avrebbe posto. Se questo non fosse bastato da solo a definire l’ineludibiltà del percorso di unificazione dei due CCNL in soccorso sono arrivate anche altre questioni tra cui quella della nascita di NTV iniziativa imprenditoriale di rilievo che pone elementi di concorrenza anche sui servizi di Alta Velocità. Le novità come si può facilmente desumere si presentano a cadenza sistemica ed è quindi in una logica di sistema che va individuata la strategia per poter compenetrare diritti e innovazione, garanzie del lavoro e dei cittadini. La trattativa invece appare caratterizzata da una evanescenza tale da rimandare solo a logiche di mantenimento del proprio perimetro di competenza, tant’è che con l’accordo del maggio 2009 si sono tracciati percorsi confluenti che hanno delimitato però a soli 4 punti il perimetro del nuovo CCNL rimandando ai due CCNL di settore l’analisi e il confronto sui restanti aspetti che verranno regolati nell’ambito dei rispettivi rinnovi. Probabilmente si poteva fare di più,ma non avremmo mai pensato che anche quel piccolo passo verso la semplificazione contrattuale che tutti a partire sicuramente da Unindustria, hanno rivendicato e salutato come una delle strategie per meglio affrontare le sfide che l’economia e i mercati pongono, fosse stato oggetto di desideri malcelati di disimpegno. La mediazione del governo del maggio scorso 2009 è evidente che è stata subita dalle parti datoriali, che ora probabilmente pensando di avere qualche problema di mantenimento in meno stanno facendo di tutto per rendere la trattativa, e quindi per essa il nuovo CCNL, un percorso privo di reali significati e di credibili approdi, tanto che finanche i limitatissimi quattro punti che da soli non fanno un contratto, ma che PER LE STRADE D’EUROPA RIFORME “DIFFICILI” possono e devono costituire la base di partenza per la costruzione di un nuovo sistema contrattuale che il mercato richiede, sono avversati nel tentativo di svuotarli di ogni valore .Il sindacato ancora una volta è costretto a guardare da solo agli interessi generali, visto che gli altri non sembrano assolutamente intenzionati a fare passi in tale direzione. La garanzia dei diritti sia dei lavoratori che dei cittadini in un regime di congiuntura economica può definirsi se tutti si pongono a servizio della innovazione e della modernità, non si può chiamare i lavoratori a nuove responsabilità se le parti che amministrano le realtà produttive sono ancorate a logiche di conservazione. I nuovi modelli contrattuali possono sposare la sfida del rinnovamento nell’ambito di nuove e rinnovate volontà politiche di gestione della cosa pubblica, in questi settori di privato non c’è nulla se non gli interessi che legittimamente vanno salvaguardati ma in un complesso quadro di garanzie e di sviluppo. Il sindacato non immagina una sommatoria di elementi contrattuali, ma una rinnovata normativa capace di creare un nuovo modello anche del confronto, che assegni alla contrattazione nazionale indispensabili elementi di univocità e uguaglianza nel paese, affidando alle specificità territoriali nuovi orizzonti del confronto per attrezzare risposte confacenti alla domanda proprio là dove essa si genera. Non è più tempo di CCNL omnicomprensivi e che assolvono ad ogni funzione, decentriamo aspetti specifici propri della produzione al secondo livello di contrattazione, determinando così il giusto equilibrio tra diritti e lavoro ad ogni livello di confronto. Il CCNL della Mobilità nelle intenzioni del sindacato deve rispondere a questa logica, quindi aree di competenza specifiche per settori di produzioni e due livelli di contrattazione per vincere la sfida del futuro e del mercato, anche per evitare che il nostro paese diventi territorio di conquista e di scorribande di capitani di ventura in assenza di regole comuni certe ed esigibili, ma soprattutto uguali per tutti. Non sappiamo se a ben vedere questa è la linea che tutti portano al tavolo del confronto, probabilmente in un reale terreno di confronto anche nel sindacato si potrebbero registrare sofferenze, noi della Uil siamo convinti che questa è la strada e non abbiamo avuto modo di registrare grandi difficoltà nel sindacato che, anche se numerosamente rappresentato, non ha offerto le divisioni laceranti che invece abbiamo dovuto registrare nelle controparti, che probabilmente abbandonate come sono dai governi centrali e locali continuano ad offrire confuse opportunità ad un percorso che almeno formalmente hanno condiviso. In un quadro così delineato appare evidente che solo un’azione veramente pregnante del governo e degli enti locali, che dovrebbero essere i più interessati al progetto, può disincrostare il confronto da logiche difensive che regolano solo l’indeterminatezza e l’arretramento e non le garanzie e lo sviluppo. Luigi Simeone NELLA SOCIETA’ CIVILE 5 AIUTIAMOCI A NON DIVENTARE RAZZISTI di SANTINO FORTINO A ll’indomani della seconda guerra mondiale, con il crollo del regime nazista, si chiudeva un triste capitolo della storia europea segnato da atti di ingiustificata e spietata violenza contro le minoranze etniche. Sono tristemente note in tutto il mondo le sorti degli Ebrei nei campi di concentramento, dove uomini, donne e bambini dopo aver patito fame e freddo, prostrati nel corpo e nello spirito, trovarono la morte nelle camere a gas. A distanza di più di mezzo secolo dalla atroce barbarie delle SS, mentre ancora oggi ci interroghiamo, indignati, sulle vicende degli Ebrei o su quelle dell’eccidio di Bary Iar a Kiev, o quelle a noi più vicine come la guerra nei Balcani, gli eccidi in Palestina, o le pulizie etniche di qualche guerra dimenticata in Africa, nella nostra “civilissima” Italia, assistiamo ad una nuova ondata di sentimenti razzistici. Gruppi di fanatici dalle teste rasate offendono, pestano, talvolta arrivano ad uccidere, uomini di colore con riferimento esplicito e parola d’ordine gesti e slogan di matrice nazista. Le cronache dei quotidiani sono traboccanti di storie che hanno per protagonisti extracomunitari lontani dalle loro terre e dalle loro genti, trovati massacrati, bastonati agli angoli delle strade o, quando gli va meglio, schiavizzati nel lavoro. Come spiegare dopo anni di ideali liberali e democratici, il fenomeno del neorazzismo? Alcune considerazioni chiamano in causa il problema dell’occupazione: • sembra che l’intolleranza razziale sia fortemente connessa all’offerta di manodopera straniera a basso costo che sottrae lavoro ad operai e contadini. La rinascita dei sentimenti razzistici e xenofobi sarebbe un brutto colpo per la democrazia del nostro Paese Tuttavia, una attenta analisi rivela l’infondatezza di tale motivazione. Il fenomeno dell’immigrazione in Italia è iniziato gradualmente, con la presenza di giovani di colore che, in estate, percorrevano i nostri litorali, mostrando ai bagnanti stand viaggianti, pieni di stoffe di colori sgargianti e dalle fogge asiatiche. Man mano, gli immigrati di colore hanno cominciato ad affollare le piazze cittadine e le località agricole, per offrirsi come braccianti a basso costo. Lo scherzoso appellativo di “vu cumprà” è stato sostituito da quello più distaccato di extracomunitari e da una atteggiamento di curiosità e commiserazione della gente, si è passati alla diffidenza e alla intolleranza. Attualmente gli immigrati sono impiegati un po’ dovunque: nelle case, come badanti, per lavori di manutenzione e pulizie, sulle impalcature dei cantieri edili, nelle campagne per le raccolte agricole. Molti di loro sono riusciti, tra stenti e sacrifici, a conseguire un titolo universitario, ma molto difficilmente i laureati di colore in ingegneria, medicina o legge, riescono a conseguire una carriera professionale al pari dei “ bianchi”. L’immigrato trova lavoro perché non avanza pretese, si accontenta di svolgere quelle mansioni che l’italiano rifiuta, è disponibile a tralasciare i diritti. In quanto alle abitazioni, essi spesso, vivono in veri e propri tuguri affittati da “bianchi” a prezzi delinquenziali, quando non si rifugiano in casolari abbandonati o diroccati privi naturalmente di servizi, se non nelle grotte dimenticate. L’atteggiamento di intolleranza razziale si nasconde dietro la paura che la mancanza o precarietà di lavoro, possa attirare gli extracomunitari nella criminalità organizzata, sempre alla ricerca di reclutamento per i loro traffici illeciti e, loro si, che non guardano al colore della pelle. Molte ragazzine di colore o comunque extracomunitarie, sono avviate alla prostituzione da loschi individui pronti a speculare sulla loro disperazione, mentre altri giovani, dietro false garanzie e compensi vengono utilizzati nella distribuzione della droga. Ma, di queste condizioni, gli immigrati non sono gli unici responsabili: criminalità, prostituzione,droga, rappresentano una piaga del nostro Paese che si alimenta sul disagio economico e sociale, sfruttando i più deboli e gli emarginati della nostra società, a qualsiasi razza o colore essi appartengano. Molto più interessante mi sembra la risposta di alcuni studiosi che hanno individuato le radici dell’odio xenofobo nella paura, rintracciabile in ogni uomo, per tutto ciò che è diverso. Di fronte a qualcosa che risulta estraneo, riferito ai nostri parametri, ci spaventiamo e ci ribelliamo con violenza. PER LE STRADE D’EUROPA 6 NELLA SOCIETA’ CIVILE Ciò equivale a dire che ci si difende da ciò che non si comprende, attaccando. Gli stranieri extracomunitari, oltre alla evidentissima differenza somatica, parlano una lingua diversa, vestono per noi in modo inconsueto, praticano altre religioni che influenzano diversamente la loro cultura e i loro atteggiamenti. Tutto ciò li rende estranei e stimola la nostra diffidenza. Dietro il fanatismo e la violenza si nasconderebbe la paura di doversi confrontare con culture diverse dalle nostre. Ma, la prospettiva di una società multirazziale, in un momento storico in cui si tende all’europeismo e si abbattono tutte le barriere ideologiche, sembra un processo ineluttabile. Nonostante il nostro Paese stia attraversando una crisi economica, agli occhi dei più poveri appare come una PER LE STRADE D’EUROPA terra promessa. L’Italia accoglie migliaia di immigrati muniti di permesso di soggiorno e giorno dopo giorno cresce vertiginosamente il numero, tanto che il Sindacato ha creato opportune sezioni. Il fenomeno dell’immigrazione non può essere oltremodo sottovalutato. Più che interrogarsi sulla ipotetica natura razzista dell’italiano è, a mio avviso, opportuno cercare di capire e fronteggiare adeguatamente le ragioni che possono ostacolare il processo di integrazione. Il problema più urgente da risolvere riguarda la predisposizione di servizi che possano rendere meno conflittuale la presenza di immigrati in Italia. La Nazione che accoglie stranieri ha il dovere di offrire alloggi dignitosi e un valido inserimento nel mondo del lavoro. E’ dunque necessario che lo Stato provveda a programmare interventi idonei, migliorando il nostro sistema sociale. E’ un compito delicato e difficile, ma indispensabile per attuare il processo di integrazione. Non basta ispirarsi ad ideali di solidarietà e fratellanza tra i popoli, bisogna creare concretamente condizioni di aiuto umanitario. Dietro il pregiudizio razziale si nascondono conflitti di interessi che si rivelano potenti mezzi atti a istigare alla violenza ed alla intolleranza. I problemi connessi all’enorme afflusso di immigrati, dovrebbero essere risolti a livello istituzionale, molto prima di superare la soglia critica e sfociare in atti di razzismo. Soltanto una analisi della situazione esistente, proiettata sul futuro, può evitare le rivalità. Innanzi tutto è auspicabile una corretta applicazione delle leggi esistenti e un progressivo adeguamento legislativo che può scaturire solo da una reale programmazione dei bisogni. E’ necessario inoltre, predisporre finanziamenti adeguati per consentire alle istituzioni sociali di agire tempestivamente in situazioni di emergenza. Un ruolo fondamentale in questo faticoso e doloroso processo può e deve svolgerlo la scuola. Ad essa infatti, non solo è affidato il compito di educare ai valori della tolleranza e alla solidarietà sociale, ma quello ancora più importante, di arricchirsi reciprocamente nelle diversità, nell’accettare e rispettare le culture altrui. Un bambino bianco e uno nero o giallo che incominciano a convivere sin dai banchi di scuola, avranno meno difficoltà da adulti dei loro genitori. Santino Fortino SE LA “MONNEZZA” E’ RISORSA... 7 Analisi sulla produzione dei rifiuti di C. TARLAZZI e P. MODI I servizi ambientali rappresentano in molti casi un misuratore del grado di civiltà dei Paesi e vengono assunti come significativi indicatori del livello di qualità della vita raggiunta. La politica generale in materia di rifiuti in Italia dovrebbe tendere ad una maggiore efficacia, mettendo tutte le Regioni in condizione di rispettare le previsioni fissate dalle normative in materia e dando puntuale applicazione a quanto previsto dalla Direttiva Europea su: prevenzione, preparazione per il riutilizzo, recupero di energia e smaltimento. Sotto questo profilo è infatti ancora troppo lento il processo di aggiornamento e di modernizzazione del settore e solo in alcuni territori si registrano punte di eccellenza. Il rapporto ISPRA è utile ad avere migliore conoscenza del quadro generale, da cui trarre orientamenti per indirizzare gli interventi nel settore ambientale, dove le OO.SS. possono esercitare un ruolo propositivo assai rilevante. produzione media pro/capite che dal 2006 con 550 kg/ab. è passata nel 2007 a Il Rapporto ISPRA sui 546 kg/ab. e si attesta nel 2008 a 541 dati riferiti all’anno kg/ab. 2008 denuncia un Tra il 2006 e il 2008 i residenti nel troppo lento processo nostro Paese sono cresciuti di oltre 910 mila unità molta parte di questi provedi aggiornamento e nienti dai flussi migratori ed è questo il modernizzazione del dato che potrebbe in qualche misura settore spiegare la tendenza al decremento della produzione di rifiuti. A livello regionale il primato di produzione spetta alla Toscana con oltre 686 Produzione rifiuti: valori nazionali Dal 1996 ad oggi per la prima volta si kg/ab. per anno, mentre il più basso registra una leggera contrazione (– 0,7% appartiene alla Basilicata con 386 kg/ab. circa) tra il 2007 e il 2008, con un – 2,2% al Sud , – 0,7% al Centro e per Raccolta differenziata Continua il trend di crescita a livello contro un +1,5% al Nord. Tale diminuzione può in qualche modo nazionale che nel 2008 ha raggiunto il ricondursi alla crisi economica che ha 30,6% della produzione totale dei rifiuti visto nel 2008 una riduzione dell’1% urbani, nel 2007 si era al 27,5%. Si è però ancora lontani dal 45% fissato della spesa delle famiglie. per il 2008 dalla normativa, con una situazione notevolmente diversificata Produzione rifiuti pro capite Un analogo andamento si registra sulla che vede il Nord attestarsi ad una percentuale del 45,5%, il Centro al 22,9%, e il Sud al 14,7%. In questo quadro i migliori risultati provengono dal Trentino che raggiunge il 56,8 % e dal Veneto con il 52,9%; al Centro la Toscana raggiunge il 33,6% mentre il Lazio con il 12,9% “vanta” il peggior risultato ; al Sud la Sardegna con il 34,7% è nettamente al primo posto. La gestione finale dei rifiuti urbani Cresce il compostaggio, sia nella quantità sia nel numero degli impianti con 229 impianti operativi di cui 154 localizzati nel Nord, 38 al Centro e 37 al Sud (dato 2008). Sono stati mandati agli impianti 2,7 milioni di tonnellate di rifiuti urbani con PER LE STRADE D’EUROPA 8 SE LA “MONNEZZA” E’ RISORSA... un aumento del 12% rispetto al 2007 (con il Sud +46,5%, il Centro +11,5% ed il Nord +7,9%). I rifiuti urbani e il CDR avviati ad incenerimento nel 2008, sono stati 4,1 milioni di tonnellate (il 12,7% di quelli prodotti), con 49 impianti in Italia (di cui 28 al Nord), con 45 che recuperano anche energia e che hanno prodotto circa 3,1 milioni di MWht di energia elettrica e 937 MWht di energia termica. Costi di gestione del servizio Nel 2007 ogni italiano in media ha pagato 131,5 ?, quasi il 3% in più rispetto al 2006. Nei grandi comuni con più di 50.000 abitanti, il servizio costa di più, circa 152 euro a persona, mentre per i comuni sotto i 5000 abitanti, si spende mediamente 96 euro a persona. I costi del servizio sono così ripartiti: il 46% è imputabile ai rifiuti indifferenziati, il 19,1% alle raccolte differenziate, il 15% allo spazzamento e lavaggio delle strade, e la rimanente percentuale è relativa ai costi generali del servizio. I costi specifici diretti di gestione dei rifiuti sono pari a 16,49 eurocent/kg per i rifiuti indifferenziati e 13,65 eurocent/kg per la frazione differenziata, di poco superiori a quelli del 2006 che erano di 16,04 eurocent/kg per i primi e 13,01 eurocent/kg per i secondi. Nel 2009, i comuni che applicano la TIA sono pari a 1.197 (il 14,8% del totale), PER LE STRADE D’EUROPA con una popolazione interessata corrispondente a circa il 29%. Il contesto europeo Nell’anno 2007 con l’ingresso della Bulgaria e della Romania, la produzione dei rifiuti urbani nella U.E. ha raggiunto circa i 258 milioni di tonnellate. La produzione pro capite, è passata da un minimo di 294 kg/ab. nella Repubblica Ceca, agli 801 kg/ab. in Danimarca. Nel 2007, circa il 42% dei rifiuti urbani è stato smaltito in discarica, il 20% incenerito, mentre il 38% è stato avviato al riciclaggio (incluso il compostaggio e il trattamento meccanico/ biologico). Purtroppo le discariche rappresentano la forma di gestione ancora più usata soprattutto nei Paesi che sono recentemente entrati a far parte della U.E., mentre in Paesi quali la Germania, Olanda, Svezia, Belgio e Danimarca la quota dei rifiuti destinata alla discarica non raggiunge il 10%. Premesso che i dati a volte possono dare adito a diverse interpretazioni, vogliamo augurarci che quelli relativi alla diminuzione dei rifiuti siano conseguenti alla messa in campo di una “politica di prevenzione sulla produzione dei rifiuti” e non siano invece legati unicamente ad un fattore di crisi. Altro dato da leggere con attenzione riguarda la produzione di rifiuti sopra la media nazionale delle grandi città. Questo fenomeno, sia per le metropoli ad elevato sviluppo industriale - finanziario sia per le città “d’arte”, è da ricondurre ad un elevato flusso giornaliero di pendolari/visitatori che aumentano in maniera consistente la densità di popolazione. Non è così invece per le raccolte differenziate, che sono legate inequivocabilmente alle scelte politiche locali, come dimostrato dai dati della Sardegna e di alcune città della Campania, dove è stata messa in atto una politica “ virtuosa ” e dove i cittadini hanno risposto in maniera positiva. Occorre passare sempre più diffusamente dalla politica delle discariche ad una politica di investimenti finalizzata al riutilizzo dei materiali di scarto. I costi sono indubbiamente strettamente legati a queste scelte ed è ben evidente che questi sono notevolmente inferiori laddove si mantiene il ciclo integrato con una efficiente raccolta differenziata e dove sono presenti impianti di smaltimento con recupero energetico. Conclusioni A nostro parere si può ridurre il gap che ancora oggi esiste tra il nostro paese e i paesi più virtuosi dell’unione europea mettendo in campo azioni efficaci. Come già avviene in alcune aree geografiche questo è possibile se la politica abbandona gli interessi particolari a favore di un più qualificante interesse generale in cui debbono collocarsi gestori in grado di articolare un sistema operativo del servizio sulla base di processi industriali adeguati alle evoluzioni innovative della gestione e dello smaltimento dei rifiuti, per meglio salvaguardare l’ambiente, dare qualità ad un servizio di interesse generale e valorizzare il lavoro. Il Coordinatore Nazionale P. Modi Il Segretario Nazionale C. Tarlazzi I CONTRATTI 9 POLO MANUTENTIVO MERIDIANA-MAINTENANCE A OLBIA Raggiunta l’intesa sul nuovo contratto per il personale Tecnico Manutentivo di GIAN CARLO SERAFINI M eridiana dopo aver avviato un progetto approvato da Iberia ed Eurofly per il potenziamento dell’area Manutenzione Aeromobili per la costituzione di un Polo Manutentivo, che vedrà anche il coinvolgimento di una società finanziaria, punta a consolidare un business già avviato da Meridiana negli scorsi anni. Con questa nuova iniziativa la compagnia aerea con base a Olbia prevede di portare il fatturato legato alla fornitura di servizi di manutenzione della società dagli attuali 35 milioni ai circa 47 milioni nel 2012 (+34%). La nuova società, MERIDIANAMAINTENANCE che ha Base a Olbia, è dedicata al business della manutenzione ed avrà anche una importante ricaduta nell’area delle risorse umane: da! 2009 al 2011 infatti si passerà dagli attuali 420 a circa 460 addetti fra operai, tecnici ed ingegneri. La formazione e la specializzazione in alcune tipologie di servizi saranno di grande rilevanza per la crescita professionale di figure che provengono dalle scuole tecniche presenti in Sardegna. La Base di Olbia avrà a regime 4 hangar (attualmente sono 2), dotati di 8 baie complessive, delle quali una dedicata alla verniciatura degli aeromobili. Gli impianti potranno ospitare aeromobili del tipo MD8O, A320, B737, ed anche A330. La superficie complessiva sarà di mq 15.000. In termini di investimenti, fra logistica, impianti e training del personale, è previsto un impegno pari a 15 milioni nel primo biennio. Attualmente la Divisione Tecnica di Meridiana, oltre a Meridiana e Eurofly, serve Iberia, Ae Bal e il Gruppo Celestair (Air Uganda, Air Burkina, Air Mali); inoltre garantisce la manutenzione di linea a molti altri vettori di bandiera nei principali aeroporti italiani. In merito alle dinamiche contrattuali significate nella procedura di trasferimento ramo di azienda (contratto dei metalmeccanici) e in funzione delle necessarie riduzioni dei costi che la nuova Azienda aveva presentato alle Organizzazioni Sindacali, si è aperto un confronto negoziale, che ha visto una lunga ed estenuante trattativa, dove, dopo aver convinto la nuova azienda di orientarsi e disciplinare tutti quei elementi che costituiscono il rapporto di lavoro, e a fronte di regolamentare tutti gli aspetti normativi e retributivi, in un solo ambito di settore ovvero, quello del trasporto Aereo. Dopo aver sgombrato il tavolo dal Contratto dei Metalmeccanici e averlo archiviato, ci siamo calati con grande senso di responsabilità a un confronto senato di due giorni continuativi, dove è stata raggiunta l’intesa sul nuovo contratto di settore, dove stipendio e ore di lavoro rimarranno invariati, solo per i neo assunti ci sarà una perdita di un -5%, siamo riusciti a mantenere la fascia notturna che rimane confermata dalle 20.00 alle 08.00, e dove condividendo l’opportunità di un percorso di consolidamento delle professionalità in una prospettiva di continuità lavorativa e di progressiva stabilizzazione di un adeguato numero di risorse attualmente impiegate con contratti atempo determinato, si è proceduto all’assunzione a tempo indeterminato di 60 unità con contratti part-time a 10 mesi. Il tutto chiaramente dovrà essere approvato dai lavoratori che, dopo le assemblee informative, saranno chiamati a esprimersi con un referendum. Gian Carlo Serafini Dipartimento Nazionale Trasporto Aereo PER LE STRADE D’EUROPA UN PRONUNCIAMENTO DELL’E.T.F. 11 Ma le liberalizzazioni non debbono diventare un “tabu” di SALVATORE OTTONELLI A ll’interno del sindacato europeo ETF si è sviluppata una discussione sul tema della concorrenza e del mercato in conseguenza dell’ipotesi per cui il Parlamento Europeo e la Commissione Europea preparano un provvedimento, da attuarsi entro il 2012, per la liberalizzazione del traffico passeggeri nazionale. Questo in uno scenario in cui alcuni paesi hanno già liberalizzato nel proprio territorio (Italia fra questi). La proposta di direttiva dovrebbe muoversi sulla linea di dare indicazioni e parametri con cui effettuare la liberalizzazione. L’ETF è contraria ad ulteriori allargamenti della normativa. Eppure forme di « competitività controllata » forse sono possibili. La discussione in corso tende a individuare alcune linee di tendenza su cui tentare di spostare il dibattito ed il confronto con le istituzioni europee. Il trasporto nazionale di viaggiatori è il solo segmento del settore ferroviario europeo in cui la liberalizzazione non è stata imposta dal diritto comunitario. Attualmente è regolato dal Regolamento 1370/2007 sul trasporto pubblico di viaggiatori per strada e per ferrovie. Un Regolamento entrato in vigore nel dicembre 2009 al termine di 7 anni di discussioni e di negoziati che hanno convinto il legislatore dell’UE a non intervenire, al momento, con norme cogenti lasciando agli Stati membri la scelta fra le diverse opzioni tra l’organizzare il trasporto pubblico di viaggiatori affidandolo a propri operatori o prevedendo, in alternativa un sistema impostato sulla concorrenza e sulle gare. Il trasporto internazionale di viaggiatori per ferrovia è stato liberalizzato dal 1 gennaio 2010 ma con una serie di deroghe che rendono possibile il cabotaggio nazionale liberalizzato, con questo aggi- rando la norma sul trasporto internazionale. Pertanto, alcuni interventi sono già possibili nell’attuale assetto regolatorio. La Commissione Europea, nonostante questo scenario, prepara una Comunicazione sulla liberalizzazione del trasporto nazionale di viaggiatori per ferrovia poggiandosi sulla previsione della Direttiva 2007/58/CE che esige dalla stessa Commissione un rapporto al Parlamento Europeo ed al Consiglio. Al momento non disponiamo di notizie certe ma sembra che la questione in discussione non sia « quale opportunità » quanto, piuttosto, « quale modalità » nell’apertura del mercato alla concorrenza. L’ETF rigetta la liberalizzazione del trasporto ferroviario di viaggiatori. A) Ragioni politiche. Il trasporto ferroviario di viaggiatori è un servizio pubblico che garantisce la mobilità delle persone. Ciò vale per il trasporto ferroviario regionale in senso lato (compreso quindi il traffico metropolitano, pendolare, urbano, ecc.). Identica missione caratterizza il trasporto viaggiatori su medie/lunghe distanze. E’ un trasporto che assicura mobilità, sviluppo, interscambio. Peraltro, il trasporto ferroviario è un modo di trasporto rispettoso dell’ambiente. La modalità organizzativa deve restare una competenza nazionale, assunta da ogni singolo Stato nazionale, perché rappresenta un asset importante del servizio pubblico. Sono gli Stati nazionali che debbono decidere se deve essere affidato direttamente a operatori pubblici o se deve essere lasciato alle determinazioni del mercato. Parimenti, il finanziamento per il mantenimento in efficienza dell’infrastruttura e del trasporto pubblico di viaggiatori è indispensabile alla mobilità ed alla coesione sociale di una nazione e di tutti i suoi cittadini. Lo Stato deve fornire questo servizio preferibilmente attraverso proprie imprese pubbliche e permettendo alle imprese private di generare servizi aggiuntivi e a mercato. B) Le ripercussioni dell’apertura dell’accesso alla concorrenza Una buona rete ferroviaria integrata che assicuri la mobilità di tutta la popolazione, senza limitarsi ai grandi centri urbani ed alle linee economicamente forti, permette di tenere insieme le linee redditizie e le linee che non lo sono. L’apertura alla concorrenza, diversamente, determinerebbe la limitazione dei servizi alle linee redditizie. Un finanziamento incrociato delle linee redditizie e non redditizie per garantire un servizio più largo al pubblico, ad una tariffa accessibile, non è concepibile in un ambiente esclusivamente concorrenziale. Le conseguenze saranno una diminuzione dei servizi al pubblico o un aumento dei contributi PER LE STRADE D’EUROPA 12 UN PRONUNCIAMENTO DELL’E.T.F. pubblici. L’ETF giudica inaccettabile che la redditività sia riservata agli interessi privati mentre il pubblico dovrebbe finanziare l’intera mobilità della popolazione. Tutte le esperienze dimostrano che tale sistema gioca a scapito dei lavoratori. Finché non ci sarà uno strumento forte della Comunità, di garanzia del mantenimento C) Gli effetti del collocamento con del livello delle condizioni di gara. lavoro e di impiego, i lavoraDue ragioni presiedono alla volontà che tori saranno in disaccordo con hanno i Governi di imporre il sistema tale concorrenza. concorrenziale : - pensano che il servizio sarà più écono- D) Niente giustifica la libemico; ralizzazione del trasporto di - pensano che il servizio sarà di migliore viaggiatori per ferrovie qualità. Il trasporto di viaggiatori per ferrovie sta Le esperienze maturate fin qui dimostra- conoscendo un relativo successo in conno quanto sia pura illusione il pensare seguenza della crisi economica. Pur in che quel sistema sia in grado di diminui- assenza di liberalizzazione, le statistiche re il costo del servizio offerto. indicano una tendenza positiva anche Per ottenere gli appalti, i concorrenti moderata. Le linee a grande velocità agiscono sull’abbassamento dei costi in ottengono successi nella sfida alle comparticolare del personale. Si possono pagnie aeree sul piano delle tariffe, della facilmente prevedere situazioni di frequenza e degli orari, e sono gestite da degrado delle condizioni di lavoro e imprese pubbliche. delle retribuzioni dei ferrovieri a scapito Gli elementi positivi nell’offerta delle della qualità dei servizi. Inoltre, la dura- imprese pubbliche, nel quadro di un ta di validità limitata dei contratti non è sistema pubblico, sono numerosi. Tutto stimolante per investire per migliorare la alla concorrenza ed al privato non è un qualità e l’efficienza; e se fosse troppo segno di migliore qualità. lunga sarebbe una semplice sostituzione da pubblico a privato. In avvenire, l’im- E) Integrare i temi del dibattito. piego ferroviario tende ad essere preca- A nostro avviso la questione non può rizzato. essere solo la testimonianza di una opposizione per quanto fondata e motivata. Ci sono altre questioni da evidenziare, meritevoli ancor più di un dibattito sulla liberalizzazione di essere portate alla ribalta della discussione in atto. Il dibattito deve assumere l’obiettivo di costruire un sistema coordinato, europeo, per renderlo efficace e sicuro. Non una “semplice” opposizione alla liberalizzazione, ma dobbiamo l’indicazione di alcuni parametri da rivendicare con forza. Socialità. Il sistema deve garantire un servizio minimo e sovvenzionato per evitare l’abbandono sulla logica del puro rapporto costi/ricavi alcune aree PER LE STRADE D’EUROPA all’abbandono ed alla desertificazione. I costi di infrastruttura debbono essere “socializzati”. Una rete efficiente deve garantire ritorni economici senza scaricare tutti i costi sul solo bilancio statale. Regole. In materia di sicurezza con controlli veri e ripetuti. Non basta legiferare, a volte forse troppo. Occorre controllo e verifiche per garantire che i parametri della sicurezza siano realmente applicati. Da organi professionali e dotati di strumenti coercitivi di intervento. Assetti societari. Aziende vere con strutture industriali idonee e sistemi efficienti. Limiti alle concentrazioni industriali per evitare l’effetto supermercato: piccole aziende che entrano nell’orbita di gruppi industriali per aggirare le norme sul trust. Rapporto di lavoro. Individuando parametri comuni non vincolati alla legge di domanda e offerta del mercato; contratti di riferimento vincolanti e supportati normativamente. Concordiamo nell’ETF su un aspetto. Non esistono argomenti tecnici ed economici che giustifichino l’obbligo di liberalizzare i servizi di trasporto di viaggiatori per ferrovie. Quella proposta, piuttosto, si inserisce nel prosieguo di un passaggio puramente ideologico nel quale la concorrenza e il mercato vengono individuati come i risolutori dei problemi e generatori di profitto. Noi abbiamo un altro punto di vista: efficienza e qualità passano per un lavoro dignitoso, giustamente retribuito, sicuro nel servizio. Salvatore Ottonelli CHI NON RISPETTA I LIMITI DI VELOCITÀ, NON RISPETTA NIENTE. 14 MARTIRI DELLA LIBERTA’ L’INSEGNAMENTO DI WALTER TOBAGI Si è tenta nell’auditorium della Regione Lombardia, la “Giornata nazionale della Memoria” dei giornalisti uccisi per mafie e terrorismo. La manifestazione si è svolta a Milano per onorare in particolare Walter Tobagi a trent’anni dal suo assassinio. Riportiamo qui l’intervento di Giuseppe Baiocchi, tra i fondatori con Walter Tobagi, di Stampa Democratica I colleghi hanno voluto affidare a me, che in gioventù ho condiviso tutta l’esperienza di Walter (gli studi storici, l’assistentato universitario l’impegno nella professione al “Corriere della Sera” e nel sindacato) la memoria anche spirituale di questa figura, stroncata a 33 anni dal terrorismo brigatista. Sul piano intellettuale, Walter era paradossalmente più storico che giornalista: e in quegli anni cupi e convulsi si ritrovò a fare, con i suoi articoli e le sue interpretazioni, soprattutto lo “storico del presente”: d’altronde aveva intuito da giovanissimo nel suo primo libro uscito nel 1970 (“Storia del movimento studentesco e dei marxisti-leninisti”) che quel movimento del Sessantotto, anziché all’avvenire si era ben presto rivolto al passato. Ed aveva finito per costituire la tragica rivincita dei “nonni”, massimalisti e rivoluzionari, contro i “padri”, costituzionali e democratici . Di qui, in quella immane tragedia della sinistra culturale e politica, il piano inclinato irrefrenabile della violenza, prima verbale e poi fisica e quindi armata. Che aveva trovato, secondo lui, il suo inizio e il suo “sdoganamento” intellettuale in quel vergognoso manifesto di Lotta Continua contro Calabresi, che trova ancora oggi, purtroppo, firmatari non pentiti e che allora rese una parte del giornalismo italiano succube, se non complice, del compiacimento della violenza.Da storico e attento tessitore di informazione tra le radici del passato e le contraddizioni del presente, credo che Walter avrebbe condiviso lo spirito di questa giornata, sapendo che il ricordo, lo sguardo retrospettivo, la riflessione non retorica diventano, per loro natura, la “memoria del futuro”. Ma dove sta la “memoria del futuro” nell’onorare i colleghi caduti ? Mi pare pro- PER LE STRADE D’EUROPA prio che stia nel riflettere sul senso profondo della nostra professione, del suo ruolo pubblico e insostituibile, della sua delicatissima responsabilità. E su questo, attraverso i suoi scritti i suoi libri, i suoi saggi storici e il suo impegno civile e sindacale, Walter Tobagi ci “parla ancora”, con elementi di sorprendente e straordinaria attualità. Sono passati ormai trent’anni, molto è rimasto sotto la polvere del tempo, e il nostro mestiere è proprio completamente cambiato, e non solo per i computer e Internet. E tante volte ci è capitato di chiederci che cosa avrebbe pensato Tobagi nella interpretazione di queste trasformazioni tumultuose e troppo spesso sregolate e degli interrogativi a volte inquietanti che finivano per aprire. Eppure restava e resta comunque attuale il significato ultimo del mestiere di giornalista: quello cioè di tramite intelligente, di attento e onesto interprete (quasi un traduttore) tra i cittadini e la realtà. A condizione di conservare e coltivare quella che proprio Walter considerava la dote indispensabile della vocazione ad informare, ovvero lo “stupore”. E cioè la libertà interiore di lasciarsi sorprendere dalla realtà, di non sovrapporre pregiudizi, di avere l’orecchio attento e lo sguardo lungo per coglierne i risvolti più impensati, senza indulgere alle mode o a un “pensiero unico” dominante. E di avere la libertà e l’onestà intellettuale di descriverla tutta, così come la si è incontrata. Compiendo così quella preziosa funzione civile, indispensabile in società democratiche, di essere il raccordo cristallino tra la realtà e la pubblica opinione, in modo che il lettore, il cittadino si possa formare, chiaramente informato, il suo libero e maturo convincimento… E Tobagi condensava in quattro parole il senso più vero della professione : “voler capire e poter spiegare”…Che comportava per sé un di più di studio, approfondimento, verifica e rigore professionale, ma insieme la difesa anche testarda dell’autonomia del giornalista in un clima in cui già allora si manifestavano tentativi di chiusure e vicende poco chiare con un peso eccessivo della politica e dei poteri economico-finanziari, magari non trasparenti. Di qui l’impegno civile e pubblico attraverso soprattutto la strada del sindacato. Walter era un esperto e cultore della storia dei sindacati. E nella temperie di quegli anni difficili ne era insieme l’osservatore più critico, ma anche il sostenitore più intelligente. Cogliendo nel sindacato l’anima naturalmente riformista, che nella fatica del gradualismo, del “passo dopo passo” costruiva il reale progresso dei lavoratori ben più, scriveva, delle “parole tonitruanti” e degli inutili massimalismi. E anche nel sindacato dei giornalisti, che appariva malato di conformismo, portò il coraggio di una posizione riformista, fon- LE VIE DEL MARE dando la corrente di “Stampa Democratica” e con il vasto consenso dei colleghi guidando fino alla morte l’Associazione Lombarda.E in questo ruolo cercando di costruire un fronte di intelligenza comune con quanti erano davvero impegnati a migliorare la vita di un Paese incupito e lacerato dall’onda sanguinosa del terrorismo. Ricordo gli incontri con Emilio Alessandrini, forse la mente allora più acuta della Procura di Milano (e non a caso stroncato poco prima di Walter dallo stesso brigatismo rosso), incontri nei quali si sentiva drammaticamente comune la necessità di tutelare “l’autonomia e l’indipendenza”. Non tanto di categorie o di corporazioni, quanto del singolo operatore e della libertà della sua coscienza perché, magistrato o giornalista, potesse assicurare a una democrazia in pericolo quei servizi decisivi della giustizia e dell’informazione indispensabili alla pacifica convivenza civile. Molto ci sarebbe ancora da dire, perché la lezione umana e professionale di Tobagi continua a parlare, (se la si vuol ascoltare). In una occasione come questa, in omaggio ai colleghi caduti e in una vicinanza non retorica ai colleghi minacciati e in pericolo, forse ha un senso concludere con un accenno ai rischi e alla loro consapevolezza. A me, che quasi ogni sera lo accompagnavo a casa dal Corriere, cambiando spesso gli orari e i percorsi, Tobagi confidava, oltre le sue umanissime paure, la sua profonda etica della responsabilità nella piena coscienza di trovarsi nel mirino. “Non mi perdoneranno - mi diceva - di aver rotto il conformismo e l’unanimismo. Sia nelle analisi sulla galassia terroristica, che cerco di capire e di penetrare invece di limitarmi come troppi a maledire; e sia nell’impegno della costruzione di un sindacato moderno e adeguato ai tempi, che ha anche bisogno di rotture democratiche per crescere e per svolgere davvero il suo ruolo civile. E io ho il torto di aver sollevato un velo e di trovare il libero consenso di molti colleghi… E poi succeda quello che deve succedere…”. E anche così restiamo, credo, nella “memoria del futuro”… Giuseppe Baiocchi 15 La Tirrenia e la sua privatizzazione di ANGELO PATIMO I l dato rilevante, oltrechè preoccupante, che è emerso nell’incontro del 18 maggio u.s. tra il ministro Matteoli e le Organizzazioni Sindacali Confederali, al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, incontro significativamente partecipato, oltrechè con la presenza dell’azienda Tirrenia, nella persona dell’Amministratore Delegato, cav. Franco Pecorini, di Fintecna nella persona del suo presidente dottor Maurizio Prato, come pure dei rappresentanti dei ministeri competenti (Economia e Finanza, Lavoro e Politiche Sociali), il dato, appunto, rilevante e preoccupante è stato quello riferito alla dichiarazione da parte di Tirrenia di una condizione di sofferenza aziendale tale da innescare l’effetto, prima ancora della privatizzazione, di tagli di linee con conseguente produzione di esuberi. Tali esuberi ammonterebbero a circa 250 unità tra marittimi ed amministrativi. Una operazione che si configurerebbe in una vera e propria ristrutturazione aziendale, commisurata al ridimensionamento dell’attività. Una ristrutturazione aziendale conseguente di un non meglio precisato Piano Industriale di Tirrenia del quale il sindacato ne ignora l’esistenza? E quale è la logica di questa operazione che vede Tirrenia, azienda venditrice, esercitare, sembra, con la presentazione di un suo Piano, un ruolo nella procedura di acquisto? Tutto questo è veramente singolare, se non assurdo, se si considera che alla fine, con questa malaugurata operazione, quella del preventivo taglio di linee, si agevola l’ avvio di un vero e proprio processo di smantellamento, di frantumazione dell’intero Gruppo Tirrenia. Un processo di smantellamento agevolato, dal momento che, in ultima analisi, si pone sul mercato della privatizzazione un prodotto privo di capacità competitiva, in una condizione di effettivo disvalore. Disvalore del prodotto offerto, perché appesantito da gravami gestionali delle risorse umane, oltrechè deprezzato nella sua capacità patrimoniale dalla gravissima crisi finanziaria-economica. Crisi, che avrebbe suggerito di ricorrere ad un opportuno slittamento della operazione di privatizzazione. Un prodotto, quindi, certamente diverso da quello che si voleva realizzare attraverso il Piano Industriale del 31 gennaio 2007, quello però concordato col sindacato. Piano Industriale che prevedeva il risanamento dell’azienda, attraverso opportune iniziative di razionalizzazione ed omogenizzazione del costo del lavoro per conferire, alla stessa azienda, competitività con l’armamento privato. Il tutto accompagnato da un organica politica di investimenti con l’acquisizione di nuove navi, con l’apertura di nuove linee per lo sviluppo del traffico attraverso provvedimenti normativi a sostegno delle “Autostrade del Mare”. Quindi, un progetto industriale del Piano che comportava l’allungamento del rapporto di convenzione con lo Stato, solo sino al 2012, invece degli otto o dodici anni ora concessi. Questo progetto, attraverso un nuovo assetto aziendale che consentiva la definitiva realizzazione di linee di navigazione in regime di libera imprenditorialità, nella misura dell’80%, e quindi senza sovvenzioni statali. Mentre il restante 20% delle linee di naviga- PER LE STRADE D’EUROPA 16 zione, operante in temporaneo regime di convenzione per l’alto contenuto sociale dei servizi resi. Contenuto sociale dei servizi resi, sia in relazione alla continuità territoriale per l’esercizio del diritto del cittadino utente alla mobilità, sia per la garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali Un vero e proprio, efficace processo di liberalizzazione dell’attività del servizio pubblico, dovuto, per il collegamento delle isole maggiori e minori. Un processo di liberalizzazione che avrebbe consentito di affrontare l’impatto disastroso nel settore dello shipping della crisi finanziaria-economica mondiale nel frattempo intervenuta. Un processo di liberalizzazione che avrebbe permesso, inoltre, la realizzazione di un prodotto sufficientemente appetibile nel mercato della privatizzazione, attraverso la creazione di valore aggiunto all’azienda Tirrenia, e quindi risorse all’erario Senza contare, come si è precedentemente detto, la tutela del lavoro e la garanzia del servizio sociale da rendere al cittadino per la mobilità.. Oggi, invece, ci troviamo in presenza di una condizione per cui la smobilitazione di Tirrenia si concretizza già prima di avviare il processo di privatizzazione, con significativi costi finanziari a carico dello Stato, attraverso l’apertura di nuove convenzioni della durata di otto anni per Tirrenia, e di dodici anni per le regionali. Aiuti finanziari di Stato che, per Tirrenia, ammonterebbero al costo annuo di euro 72.685.642. Quota di risorse, ritenute insufficienti a garantire il livello dei servizi erogati sulla base della nuova convenzione e del contratto di servizio in vigore, a partire dal 2010, e per i prossimi otto anni., ed il cui costo si aggiun- PER LE STRADE D’EUROPA LE VIE DEL MARE ge a quello degli esuberi già dichiarati e di quelli che inevitabilmente si produrranno a processo di privatizzazione avvenuto. Aiuti di Stato insufficienti, per la qual cosa si rende necessario il reperimento di ulteriori risorse pari a 12.5 milioni di euro, per la sola Tirrenia. Un vero e proprio salasso economico ancora più oneroso di quello che si generava in regime di gestione pubblica dell’azienda. Senza contare che, su questa operazione, quella cosiddetta dell’aiuto di Stato, aleggia la spada di Damocle della procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea che ne contesta la conformità alle norme comunitarie. Infine, quello che fino ad oggi non è dato capire, quale sarà la destinazione dei 15 milioni di euro previsti dall’art. 19-ter, “Disposizioni di adeguamento comunitario in materia di liberalizzazione delle rotte marittime”, per la concessione, per dodici mesi, dell’intero trattamento di integrazione salariale straordinaria. Integrazione salariale ai dipendenti delle società del Gruppo Tirrenia, già dichiarati esuberi prima della privatizzazione, o a quelli delle società dal Gruppo Tirrenia derivanti per effetto della privatizzazione. Sarebbe, quindi, utile conoscere come sarà utilizzata quella risorsa di 15 milioni di euro in previsione di un complessivo di spesa di gran lunga superiore. Questo, nonostante l’impegno del ministro Matteoli “a porre in essere tutte le azioni volte ad assicurare la tutela complessiva dei livelli occupazionali…” come dichiarato e sottoscritto nella riunione dello scorso 30 aprile. Rispetto alla quale riunione, quella del 18 maggio ha registrato il dato preoccupante di una situazione di estrema confusione ed incertezza, per la qual cosa, il ministro Matteoli, bontà sua, ha sollecitato l’Amministratore Delegato a predisporre una dettagliata relazione sulla situazione aziendale. Situazione aziendale che costituirà, insieme ad altri argomenti, materia della procedura di privatizzazione, oggetto della prossima riunione prevista per il 10 giugno. Procedura che, dopo la chiusura della prima fase della due diligence, quella riferita alla data room per l’acquisizione dei dati da parte dei potenziali acquirenti, che si sono ridotti ad otto, dagli iniziali sedici che avevano manifestato interesse, è proseguita con la fase che prevede, tra l’altro, la visita delle navi della flotta. Successivamente, dal 21 al 28 maggio gli aspiranti acquirenti visiteranno Tirrenia per la verifica della situazione contabile ed entro la fine dello stesso mese si dovrà concludere la presentazione delle offerte non vincolanti, mentre entro il 10 giugno dovranno essere depositati i relativi Piani Industriali. La procedura proseguirà con le domande, da presentare entro il 18 giugno, di eventuali aggregazioni tra i candidati interni o con soggetti esterni, per giungere entro la fine di giugno alla consegna delle offerte vincolanti. Nel prossimo mese di giugno, quindi, sono previste decisioni fondamentali per i lavoratori della Tirrenia. Per la qual cosa il sindacato confederale rivendica il suo legittimo ruolo attraverso un maggior coinvolgimento con l’accesso al dibattito sui Piani Industriali che ciascun candidato (gli armatori Mediterranea Holding, Moby, Gestione Amatoriali, Trans Ferry e GNV insieme ai fondi F2i, Cinven e Carlyle), presenteranno. Come pure sul contratto di compra-vendita, operazione finale, all’interno del quale devono fare parte integrante, fondamentalmente, le clausole sociali. Nel frattempo, viene confermata la data dello sciopero dell’8 giugno. Angelo Patimo Primo Maggio 2010 il Sindacato c’è 18 PRIMO MAGGIO Il discorso di Luigi Angeletti a Rosarno Lavoro, legalità, solidarietà per una crescita del Paese L avoro, legalità, solidarietà, queste le “parole d’ordine” lanciate dal Movimento Sindacale Italiano in occasione del 1° Maggio del 2010. Parole da leggere, una ad una, con attenzione e sulle quali meditare parecchio. Intanto il “momento” nel quale CGIL, CISL E UIL si presentano al mondo del lavoro, e al Paese, con questo “trinomio”. Un momento di grave crisi mondiale dell’economia e di pesanti conseguenze per i lavoratori italiani, europei, di tutti i lavoratori coinvolti nella crisi. E’ un momento, peraltro, nel quale i rapporti tra le grandi centrali sindacali del nostro Paese hanno raggiunto i livelli (forse) più bassi degli ultimi quindici anni. A mettere insieme questi due “fatti” (non sono idee, sono constatazioni …) c’è da farsi venire la pelle d’oca. E allora la lettura attenta di quelle “parole d’ordine” può indurre a qualche pur timido processo di speranza, se non proprio di ottimismo. Perché a “svolgere” il problema (lavoro, legalità, solidarietà) ci si sono messi, ci hanno messo la faccia, tutte e tre le Organizzazioni Sindacali che hanno promosso questa “celebrazione” facendo intendere che attorno a questi tre “valori” c’è condivisione. Una condivisione ovviamente che ciascuno coniuga alla luce della propria identità e, diciamolo pure, della propria cultura e della propria tradizione. E che, nel comizio unitario di Rosarno, Luigi Angeletti ha così voluto riassumere nel suo intervento. Primo punto far giustizia della “demonizzazione” della quale PER LE STRADE D’EUROPA una certa parte della stampa (e ahimé) della pubblica opinione avevano fatto dei cosiddetti “casi di violenza” accaduti di recente nella città calabra. Siamo piuttosto di fronte, ha detto il Segretario Generale della UIL, a una esplosione di disperazione e di rabbia da parte di esseri umani preda dello sfruttamento più becero e infame che priva gli indi- vidui del più elementare diritto al lavoro, a un lavoro che sia equamente retribuito, quando c’è, e che non divenga oggetto di ricatto quando scarseggia o scompare. E questo “ricatto” diventa brodo di cultura per una criminalità organizzata che se ne serve per far strame di ogni forma di regole e di legalità. Altro che razzismo, ha proseguito Angeletti, qui siamo di fronte ad una ignominiosa oppressione che turba rapporti umani, relazioni sociali, regole di mercato e fondamento della legalità. E’ da qui, che dobbiamo partire per la nostra battaglia: perché questa è davvero la “nostra” battaglia, quella che sola può consentire al Mezzogiorno, ma non solo al Mezzogiorno, di imboccare la via maestra di una crescita e di uno sviluppo non effimero. Il lavoro non cresce, infatti, e PRIMO MAGGIO non si consolida quando non esistono nel territorio condizioni essenziali di legalità. Le attivività criminose uccidono il mercato del lavoro e rendono impossibile leale competizione, equilibrato progresso, salti di qualità. Dobbiamo pretendere dallo Stato una lotta senza quartiere a questa piaga (o a queste piaghe …) sociali che affliggono la nostra nazione, ma poi non basta “pretendere”: dobbiamo tutti insieme fare la nostra parte. E sbarrare la porta non soltanto al crimine organizzato, ma anche al crimine mascherato (Angeletti voleva intendere legalizzato? …. Forse, ma gli applausi ricevuti sono stati comunque tanti e spontanei … n.d.r.). In una società insicura latitano o fuggono gli investimenti e fuggono le migliori energie, si fa strada la rassegnazione che spesso fa rima con omertà. Dobbiamo restare uniti tutti insieme, ha proseguito Angeletti, contro queste degenerazioni del viver civile. E non perdere la fiducia perché cambiare in meglio, insieme, si può: se il potere politico userà sempre e comunque le risorse pubbliche al servizio dei cittadini cancellando corruttere e clientelismi, se riusciremo ad ottenere dal Governo e Parlamento riforme non effimere di facciata o addirittura “elettorali”, ma sostanziali e propedeutiche ad una crescita virtuosa e costante. Come è solito fare da parecchio tempo a questa parte il Segretario Generale della UIL ha invocato quella che definisce (e non soltanto lui…) la “regina di tutte le riforme” quella fiscale. Ridurre una evasione fiscale che ha raggiunto livelli, che a dire astronomici è dir poco, in uno dei Paesi più ricchi e industrializzati del mondo dove i percettori (dichiarati) di redditi superiori ai 200 mila euro l’anno, non superano nemmeno le 100 mila unità (siamo in un Paese di 60 milioni di abitanti). E dove, sinora, quando si messo mano a questa materia si è finito per favorire chi ha già di più e penalizzare chi Musica classica quest’anno al “Concertone”: con l’Orchestra “Roma sinfonietta” (brani della Carmen, della Norma, di Paganini e di Beethoven 19 sta peggio. E’ urgente, e necessario, abbassare le tasse sui salari e sulle pensioni: non è una operazione caritatevole ma una vera e propria risorsa per l’economia perché contribuirebbe ad aumentare i consumi e conseguentemente a produrre effetti positivi per l’occupazione in un circuito virtuoso che è sin troppo facile intuire. Sulla fiscalità, ha proseguito Angeletti, bisogna peraltro andarci cauti. Provvedimenti indiscriminati finirebbero per portare acqua soltanto al mulino degli evasori o degli evasori parziali (quasi nessun Paese in Europa può annoverare tante “elusioni contributive” come il nostro) e per questo la sola “manovra” certa è quella sui redditi realmente certi. Vale per i lavoratori come per le Imprese. Non poteva mancare nel “discorso del 1° Maggio, festa del lavoro” un riferimento dell’oratore al “valore” non soltanto etico e morale di quello che è e rimane il punto cardine dell’articolo 1 della nostra Costituzione. E una polemica, nemmeno tanto velata, Angeletti ha voluto rivolgerla, prima di terminare il suo intervento, alla preoccupante “finanziariarizzazione” dell’economia: non si va da nessuna parte così , ha affermato il Segretario Generale della UIL: non è la speculazione né il primato della “rendita” a far crescere la società. Chi fa crescere una nazione, un popolo, una comunità, è soprattutto il lavoro: quando il lavoro ha trovato la sua giusta valorizzazione ha dato ricchezza e benessere. Finiamola di relegarlo a semplice “problema sociale”: il lavoro è soprattutto volano di crescita. Lallo N.B.: C’erano in piazza lavoratrici e lavoratori di tutte e tre le Organizzazioni Sindacali. Gli applausi (per tutti e tre gli oratori) sono stati calorosi e unanimi. Qualche giorno dopo in un Congresso sindacale sono volati fischi di dissenso per “qualcuno “ di loro. Perché?! PER LE STRADE D’EUROPA 20 PRIMO MAGGIO Attualità e “valori” di una data che è un pezzo della nostra storia I l l° maggio è una “data simbolo” per la classe lavoratrice in tutto il mondo. Tutto ebbe inizio nel 1886 a Chicago nella lotta per le otto ore, fu assunto dalla Seconda Internazionale nel 1889 quale giornata internazionale di mobilitazione per la riduzione dell’orario di lavoro. Ha quindi segnato oltre cento venti anni di storia del movimento sindacale: anni di estensione quantitativa e crescita qualitativa, di lotte economiche e politiche, di vittorie e di sconfitte. La formazione della coscienza di classe ha vissuto momenti favorevoli e stagioni difficili. Questa storia va propagandata, conosciuta, studiata dagli stessi lavoratori. E’ opportuno far emergere il percorso che è costato tantissimi sacrifici ai lavoratori di quell’epoca, quando prerogative, diritti, libertà e coscienza civile erano negati. Quelle persone hanno testimoniato, con il loro impegno la volontà di reclamare a gran voce la libertà, la giustizia sociale, e successivamente, grazie a loro esempio queste richieste sono diventate principi costituzionali, i quali, tra l’altro, garantiscono il diritto al lavoro, alla libertà di espressione, alla libera associazione e alla partecipazione democratica. Noi dobbiamo sempre ricordare quanti sacrifici è costata la nostra libertà. Solo la memoria storica dei tanti eroi, martiri e uomini comuni che si sono sacrificati può essere d’esempio ai tanti giovani che si affacciano alla vita lavorativa. In quegli anni, così difficili e pericolosi, quegli uomini e quelle donne ci hanno indicato la strada, dimostrando che, anche nei momenti più bui, ognuno può battersi per migliorare non solo il presente, ma anche il futuro. PER LE STRADE D’EUROPA Ancor oggi, nella manifestazione del 1° Maggio, i lavoratori tramandano con una mobilitazione festosa la memoria storica e la continuità di valori che hanno fatto libero e democratico il nostro Paese. I lavoratori, nella rivendicazione dei propri diritti dall’emancipazione al diritto al lavoro e nella lotta per la libertà hanno dimostrato con i loro scioperi, con i loro sacrifici, con i loro eroi, con i loro martiri - a partire da Bruno Buozzi fino a Guido Rossa - di essere una parte importante nella ricostruzione del sistema produttivo e nel ripristino della libertà e della democrazia. Antonio Foccillo (Segretario Confederale Uil) Nessuno deve dimenticare mai - e con orgoglio che lo rivendichiamo anche oggi - il grande coraggio ed il grande lavoro del movimento sindacale, il quale ha assicurato e garantito, benessere, libertà, democrazia e sviluppo, ma ha anche realizzato il riconoscimento del giusto ruolo del lavoro e dei lavoratori. Il compito di una grande organizzazione confederale di massa è quello di contribuire a costruire una società più giusta, ma ha, anche, l’enorme compito di essere strumento di educazione, emancipazione e coesione per il cittadino-lavoratore e di garanzia della sicurezza, della tutela e della salvaguardia dei diritti. Siamo, oggi, pienamente coscienti di quanto ciò sia difficile e come dipenda principalmente dall’attuale contesto di estrema debolezza della considerazione sociale del lavoro. Infatti, la realtà politi- ca di questa seconda Repubblica Italiana dimostra che, i principi ispiratori del Costituente, scritti nell’art. 1 della Carta Costituzionale, già affievoliti e non pienamente realizzati nel corso della prima Repubblica, non solo non sono stati attuati, ma sono stati messi addirittura in discussione nel corso di questi quindici anni di “seconda” Repubblica. L’ultima vicenda sintomatica di questo stato di fatto è quella relativa alla volontà di aprire i negozi da parte di alcune Regioni, sia di centrodestra, che di centrosinistra, nella giornata del primo Maggio. Questa revisione, che è una vera e propria regressione culturale, dimostra chiaramente come si voglia abbandonare la memoria storica di un momento celebrativo cosi importante per una parte del paese, addirittura strumentalizzandolo a favore del profitto che ormai è diventato fondamento di questa nuova società. Il 1° maggio è la festa dei lavoratori ed è costata sangue, sacrifici e tante lotte sindacali e non può essere celebrato lavorando o costringendo a lavorare. La convivenza civile è fatta di coesione, di rispetto dei valori e delle idee altrui, come pure di solidarietà. Quella solidarietà che ha caratterizzato il Dna del sistema sindacale, ma né solidarietà, né coesione sociale possono praticarsi ove non siano sorrette da un modello di società radicato in una piattaforma robusta di diritti fondamentali e su criteri di convergenza sociale. Purtroppo oggi nei rapporti sociali e civili prevale l’intolleranza, che, comunque si manifesti non è accettabile e, nel nostro paese, c’è e la si vede in molte forme. E’ emersa anche nella stessa celebrazione del 25 aprile di quest’anno. Se pre- PRIMO MAGGIO 21 valesse questo sentimento sapere. La tecnologia ha la conseguenza sarebbe un reso più importante la copeggioramento complessinoscenza. L’estrema povo della qualità della vita, vertà in molti Paesi ha fatperché sarebbe scardinato to aumentare la migrazioil sistema di solidarietà e ne, producendo, di consedi coesione. guenza, problemi nei paeIl movimento sindacale si in cui arrivano e gravi confederale può rinnovare danni nei paesi d’origine una nuova battaglia, un che così perdono, per cammino comune, in cui mancanza di cervelli e di giovani, pensionati, immimano d’opera, la possibigrati, cittadini, lavoratori lità di sviluppo economisi stringano insieme per co. Avanzano sempre più abbattere le apatie, il disinproblemi sul piano conteresse, l’intolleranza e la trattuale, sulla sicurezza, violenza. Musica, entusiasmo e “valori” nella Piazza S. Giovanni per il Concerto del sulle relazioni sindacali, Le nostre idee, i nostri slo- 1° Maggio di Uil, Cisl e Cgil sul mercato del lavoro, gan, le nostre azioni sono sulle diverse professionasempre rivolte ad estendere il concetto di glie anche grazie a tante donne e uomini, lità e sulla flessibilità. Di fronte a tutti civiltà, democrazia, sviluppo, pace e di- che vivono nel sindacato, che hanno a questi fatti la stessa giornata del primo fesa dei più deboli. volte rinunciato al loro presente per assi- maggio che rischiava di diventare un riTuttavia il primo maggio di quest’anno curare un futuro migliore ai loro figli. Le tuale sempre più spento e pieno di retoricapita in un momento di particolare dif- forze politiche e sociali, le forze sane di ca, ritrova la sua originalità e nuovo vificoltà. L’Italia vive una crisi economica questo Paese devono fare un patto per gore. diffusa in tutti i gangli vitali del Paese. Il riuscire a dare una prospettiva nuova al I valori di libertà, di democrazia, di pluPil cresce poco e negli ultimi anni è ral- nostro Paese. Insieme bisogna vincere e ralismo, di solidarietà, di tolleranza, di lentato progressivamente. Da tanti, mol- ridare speranze e benessere, ripristinare emancipazione, di coesione, di dialogo, ti anni; la produzione industriale rista- l’orgoglio di militanti di una grande for- di pluralismo e di ripristino della dignità gna; il lavoro è a rischio ed è sempre più za di trasformazione e progresso, quale il di tutti, che sono sempre stati nel dna del flessibile, cioè precario. I conti pubblici sindacato è. sindacato andrebbero attentamente spienon tornano, ma ciò che più preoccupa è Il sindacato italiano è forte ed ha una ca- gati alle nuove generazioni, non solo, l’inerzia. Il lavoro si perde. Le famiglie pacità che altri non hanno, cioè, quella di quale memoria storica, ma anche per il denunciano una forte perdita del potere tirare fuori dalla propria storia il modo grande insegnamento morale che riescod’acquisto. Mentre i prezzi e le tariffe migliore per affrontare qualsiasi proble- no a trasmettere. continuano ad aumentare. ma. Il 1° Maggio, giorno glorioso per mi- In un momento come questo in cui si Di fronte a questo scenario il sindacato lioni di uomini e donne del mondo inte- mette in discussione il ruolo del sindacanon può abbandonarsi alla logica del- ro, un solo messaggio deve sempre far to e la sua capacità di rappresentanza, bil’ineluttabile, deve definire una appro- passare: pace, sviluppo, progresso e dia- sogna essere più capaci di formare le priata strategia, anche di contrapposizio- logo. nuove generazioni a tali ideali. Il doverne, per cambiare le cose. Deve ripren- Proprio per questo, pur essendo consape- lo fare è la dimostrazione della vitalità e dere il cammino per recuperare risorse, voli di aver svolto un gran lavoro di del messaggio ancora attuale che rappreper rilanciare un piano di sviluppo, per emancipazione sociale, culturale, di aver senta il sindacato. creare ricchezza e distribuirla più equa- difeso la democrazia e la libertà in que- Vorrei concludere con una frase, che a mente. sto nostro Paese, ancora abbiamo tanto parer mio compendia il senso di questa Il sindacato ha dato sempre prova di da fare. Esiste, infatti, ancora sfrutta- giornata, di uno dei condannati (Spies) in grande responsabilità e in momenti mento della mano d’opera. La globaliz- seguito ai fatti di Chicago. Egli così si ridrammatici per le istituzioni, per la de- zazione ha reso, ancora più diversificato volse al giudice: “Qui calpesterete una mocrazia, per l’economia ha fatto la sua il tenore di vita fra i diversi Paesi e, negli scintilla, ma là e là, dietro e di fronte a parte rinunciando agli interessi di parte stessi, fra le diverse classi sociali. E’ au- voi, dovunque le fiamme divamperanno. per attribuire prevalenza a quelli dell’in- mentata la distanza fra ricchi e poveri. È un fuoco sotterraneo, non potrete spetero paese. Questi ultimi hanno aggiunto alla man- gnerlo”. E’ stato proprio così! Quindi questo paese ha vinto tante batta- canza di beni materiali anche quello del A.F. PER LE STRADE D’EUROPA PRIMO MAGGIO 22 Il canto libero dei settecentomila Significato e portata del “concertone” illustrati da Antonio Ascenzi A ntonio Ascenzi, “uno di noi”, è da anni tra i responsabili Confederali che si occupano di organizzare il “concertone” del 1° maggio. Ha quindi una esperienza consolidata dei problemi, delle fasi, delle iniziative che “stanno dietro” alla complessa “andata in scena” della manifestazione. E’quindi forse la persona più adatta a sciogliere alcuni dubbi che ci sono passati per la mente ed a lui li abbiamo posti così: Il tradizionale “concertone” del 1° maggio che CGIL-CISL-UIL organizzano da diversi anni tra il generale consenso dei “media” e delle centinaia PER LE STRADE D’EUROPA di migliaia di giovani che accorrono da tutta Italia per parteciparvi è stato accolto quest’anno da alcuni ambienti, non soltanto giornalistici, con diffidenza e persino scherno. C’è il dubbio che al di là del concerto stesso siano i “promotori” ad essere nel mirino di queste critiche ostili. In poche parole dietro i “dubbi” sulla manifestazione c’è l’ormai classico attacco al sindacato. E’ questa l’impressione da trarre? Intanto va precisato che CGIL-CISLUIL non organizzano l’evento, ma si limitano a promuoverlo anche se, di fatto, dopo venti anni è diventata una manifestazione intorno alla quale pro- motori ed organizzatori devono star dietro quasi quotidianamente e, non a caso, la società organizzatrice si chiama PRIMATA, acronimo che significa “Primo Maggio Tutto l’Anno” che è anche la denominazione della Rassegna per gli artisti più giovani giunta alla sua sesta edizione (nella edizione di quest’anno sono stati selezionati a livello regionale ben 743 artisti ed i tre vincitori si sono esibiti sul palco di piazza San Giovanni). Per quanto riguarda, poi, le polemiche, nulla di nuovo: ci sono sempre state. Molto spesso legate agli inevitabili disagi che l’allestimento del più grande concerto gratuito d’Europa comporta, in PRIMO MAGGIO particolare per i residenti (ricordo anni fa un sindaco che voleva spostare il “concertone” a Tor Vergata solo perché nel successivo mese di novembre ci sarebbero state le elezioni comunali!). Certo, c’è anche una evidente “allergia” nei confronti di CGIL-CISL-UIL, ma di questi tempi ci si dovrebbe sorprendere del contrario e comunque siamo sempre stati in grado di respingere ogni tipo di attacco grazie al livello di credibilità e di qualità raggiunto dal Concerto in sé e dagli stessi organizzatori. Basti pensare alla edizione del 2008 in cui oltre alla musica rock vi fu l’esibizione di uno dei più grandi jazzisti attuali, Stefano Di Battista, accolto benissimo dai giovani in piazza così come altrettanto bene è stata accolta, quest’anno, l’orchestra sinfonica “Roma Sinfonietta” che ha eseguito brani della Carmen, della Norma, di Paganini e di Beethoven. Questa volta la “guerra delle cifre” non c’è stata. Erano settecentomila, forse qualcosa di più o di meno ma comunque tanti, tantissimi, e questo la dice lunga sulla partecipazione dei giovani ad un evento che anche se artistico, ha pur sempre un sapore e una tradizione popolare e sociale di indubbio rilievo. Pensi sia opportuno insistere e “valorizzare” ancor più un “evento” così? Io penso che, di fronte all’attesa che questo evento suscita ogni anno nei giovani (basta guardare il forum sul sito dedicato al Concerto) è assolutamente opportuno insistere nel promuovere una manifestazione che ha raggiunto ormai, sia per quanto riguarda gli artisti che vi partecipano che per quanto riguarda le scenografie e gli apparati tecnici, livelli di grande qualità e che in ogni caso rimane una grande occasione per la CGIL, la CISL e la UIL di avvicinare i giovani. Il problema semmai, è come riuscire a renderne meno “affannosa” la preparazione in termini di budget. Da questo punto di vista, per esempio, credo indispensabile stabilizzare al più presto il rapporto sia con la RAI che con I NUMERI DEL “CONCERTONE” S olo per dare un’idea di cosa rappresenti oggi il “Concertone del 1° Maggio a Piazza San Giovanni può essere utile riportare alcuni dati relativi alla edizione del 2009. • 700 mila spettatori in piazza • Oltre 600 le persone impegnate nell’organizzazione e gestione del Concerto • 150 mq di schermi LED • Impianto sonoro da 150 mila watt • 500 mila watt luci • 150 mila watt video • Area palco di 1.000 mq • Pedana girevole di 14 metri di diametro • 6 torri alte 16 metri per il tetto • 3 torri alte 16 metri per l’audio • 200 addetti alla sicurezza • 4 ospedali da campo • 120 addetti fra Croce Rossa e Protezione Civile 23 i vari sponsor, attraverso contratti pluriennali che possano garantire una maggiore certezza nel tempo sulle risorse disponibili. Gli artisti che si succedono su quella pedana si sentono in qualche modo “coinvolti” dalle “parole d’ordine” che ne ispirano il significato? Certamente per gli artisti che si esibiscono al “concertone” non si tratta mai di una esibizione di routine o di fare qualche spot promozionale al loro ultimo disco. Nel corso degli anni tante volte è successo che le star presenti hanno reso omaggio dal palco ad altri loro colleghi oppure che artisti di band diverse dessero vita per l’occasione a delle “jam session” che hanno sempre trovato una grande accoglienza fra i giovani presenti. Inoltre c’è sempre un filo conduttore che lega i due momenti in cui si articola il 1° maggio: la mattina il comizio dei Segretari Generali di CGIL-CISL-UIL ed il “concertone” nel pomeriggio. Ad esempio, quest’anno la manifestazione della mattina svoltasi a Rosarno aveva come slogan “lavoro, legalità e solidarietà”, temi ripresi ampiamente nel pomeriggio dalla conduttrice del Concerto, la bravissima Sabrina Impacciatore. C.B. PER LE STRADE D’EUROPA OPINIONI 25 I BISOGNI LE IDEE IL PROGETTO LA REALIZZAZIONE LA CRITICA di CLETO CATALANO re” e la “valutazione” o, se vogliamo, la “critica” nascono praticamente nello ualche tempo fa dialogando con stesso tempo, fanno parte in maniera più un amico a proposito della ri- o meno cosciente dello stesso ragionastrutturazione della mia abita- mento. zione, l’amico mi chiese, credo in modo molto serio, se il “fare” fosse necessariamente propedeutico al “criticare”. Immediatamente, quella domanda mi fece venire in mente che, anche se in altri termini e in un altro contesto, aveva formato oggetto di un ampio e approfondito dialogo in un aula del liceo classico “Virgilio” di Roma più di cinquanta anni prima. La domanda fù posta agli studenti ed a me tra questi se la critica fosse necessariamente posteriore al “fare”, nel nostro caso si trattava di un lavoro artistico, intellettuale, di un lavoro di un singolo autore. La risposta fu concorde, la critica era una attività umana esprimente un giudizio, una valutazione su qualcosa di già esistente, già realizzato, per cui non poteva che essere posteriore al “fare”. La mia immediata risposta alla domanda dell’amico, proprio in virtù si quanto verificatosi nell’ambito di quella disquisizione, fu la stessa , il “fare” costituisce un “prius” rispetto alla “critica” e che la critica non ha ragion d’essere se non si riferisce ad un qualcosa di già avvenuto, Ciò vale anche, sempre a mio parere, andi già fatto. che se si tratta di un’opera d’arte sia essa Qualche giorno dopo mi sono sorti non letteraria, scientifica o figurativa, prova pochi dubbi sulla giustezza della rispo- ne sia che l’autore rivede più volte la prosta, tutto sommato, scontata, banale ad pria opera prima di presentarla al pubbliun a domanda apparentemente altrettan- co. Certamente la “critica” intesa in sento banale. so stretto quale attività professionale vieIl primo dubbio riguardava la mancata ne esercitata da persona diversa dall’auconsiderazione del fatto che l’agire è tore (da un professionista qualificato), spesso preceduto o quanto meno contem- sempre che non ci sia stato un commitporaneo ad una sorta di valutazione o, se tente che abbia sorvegliato o abbia pretevogliamo, ad una sorta di critica da par- so di visionare e dare il suo “placet” alla te della stessa persona che commette opera mentre l’artista procedeva alla real’azione. Quindi possiamo dire che il “fa- lizzazione della stessa. In tal caso, la Q “critica” espressa da persona diversa dall’autore non riguarda solo l’opera realizzata e presentata, ma tutte le fasi che hanno determinato quel risultato. Fin qui il ragionamento che riguarda il “fare” di un singolo soggetto. Ora credo sia opportuno ragionare sul “fare” quale azione riconducibile agli “enti” intesi nella più ampia accezione di questo termine. Per portare avanti appunto questo ragionamento, ho pensato di dover suddividere il processo del “fare” in più fasi e verificare se la “critica” (intesa anche come autovalutazione del proprio pensiero) possa intervenire nelle varie fasi del processo. La teoria che sto seguendo, con gli opportuni accorgimenti, ritengo sia applicabile anche alla realizzazione delle opere d’arte o comunque a qualsiasi attività individuale, come cercherò di chiarire successivamente. Le fasi che ho individuato sono: • l’individuazione dei bisogni, delle necessità che si vogliono soddisfare; • le idee che si ritengono utili per il soddisfacimento dei bisogni individuati; • il progetto con il quale si pensa concretamente di poter soddisfare i bisogni; • la realizzazione del progetto; • la critica, che come vedremo successivamente, può estrinsecarsi non solo rispetto alla realizzazione, ma sicuramente anche nelle fasi (tutte) precedenti alla realizzazione stessa. Come punto di riferimento per valutare se la suddivisione del processo del “fare” che, ho appena esposto, abbia un senso e possa essere di qualche utilità ho scelto l’attività sindacale ed in particolare il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro. Se esaminiamo l’attività principale del sindacato, ovvero la contrattazione ai vari livelli, possiamo individuare la prima PER LE STRADE D’EUROPA 26 fase ossia la individuazione dei bisogni non nell’esigenza di rinnovare i contratti di lavoro, perché questa va necessariamente considerata come una scadenza temporale entro la quale deve essere presentata la piattaforma rivendicativa bensì nella individuazione delle particolari esigenze dei lavoratori destinatari del rinnovo. Esigenze che ovviamente non sono sempre le stesse, ma variano di volta in volta in relazione a vari fattori quali ad esempio il potere di acquisto del salario, le nuove professionalità, il momento economico e così via. Poniamo il caso che in questo pericolare momento storico si ritenga quale esigenza primaria rinnovare i contratti di lavoro destinando maggiori risorse ai livelli inferiori della scala professionale. Si sviluppa quindi all’interno del sindacato una discussione, un dialogo, che assumono sotto certi aspetti anche la forma dell’autocritica. Se la discussione si conclude con il riconoscimento che bisogni veri, primari, sono rappresentati appunto dalla maggiore tutela da dare alle classi professionali più deboli, si può passare alla seconda fase da me indicata come il vaglio delle idee per soddisfare il bisogno individuato. Una volta che questo bisogno sia stato ritenuto primario e, di conseguenza, sia divenuto un obiettivo da perseguire si passa al vaglio delle idee e dei metodi per raggiungerlo. Chiaramente le idee e i metodi per raggiungere l’obiettivo possono essere diversi, ad esempio ci sarà chi proporrà una diversa articolazione dei parametri ufficiali o di fatto, spostando verso l’alto le qualifiche con il parametro più basso, chi invece proporrà l’istituzione di un assegno extra retribuzione normale, chi pro- PER LE STRADE D’EUROPA OPINIONI porrà delle una tantum annuali per tutta la durata del contratto, chi proporrà ancora altre idee. Una volta definita la strada il metodo che si ritiene risolutivo si può passare alla definizione del progetto che, nel caso di rinnovi dei contratti collettivi di lavoro, definiamo “piattaforma”. È chiaro che la formazione della decisione nelle varie fasi passa attraverso gli strumenti di dialogo e di consultazione degli organi preposti nella quali sedi si articola un dibattito, una valutazione, nonché una (eventuale) critica alle proposte che il quadro dirigente presenta prima, per l’individuazione, poi delle idee per soddisfarli, ed infine del progetto-piattaforma rivendicativa. Finora abbiamo visto la strada, l’iter per la formazione della volontà del sindacato, rappresentata dalla piattaforma rivendicativa, ora è il momento di vedere se soggetti esterni al sindacato esercitino o meno il diritto di esprimere giudizi, valutazioni nonché critiche. Posso dire, in base alla mia esperienza che governi, controparti, associazioni interessate, mezzi di informazione, nonché singoli cittadini questo diritto lo esercitano molto spesso e, non poche volte, in modo non benevolo. La domanda che ci si può porre è se sia lecito o meno esercizio di questo diritto. Sicuramente si, perché il rinnovo di un contratto collettivo di lavoro interferisce sul quadro economico complessivo del paese, purché questo diritto di critica non si trasformi surrettiziamente in un diritto di “veto”. L’ultima fase che, a mio parere non è la più importante, anche se lo può sembrare, rappresenta solo il termine di un processo oltremodo complesso che per facilitare lo sviluppo del mio pensiero ho estremamente semplificato. Nel nostro caso, invece, la fase più importante è rappresentata dalla realizzazione del progetto che assume la forma del contratto collettivo di lavoro, anch’esso oggetto di valutazione di giudizio di critica da parte dei soggetti preposti alla sua approvazione, nonché dei soggetti ed organismi interessati alla vicenda contrattuale. Se andiamo ad esaminare il comportamento di un partito politico o di una coalizione politica in occasione di una consultazione elettorale riscontreremo che le fasi del processo “del fare” sono molto simili. La scadenza elettorale e quella contrattuale sono occasione di una riflessione per individuare i bisogni per il sindacato del lavoratori che rappresenta e per i partiti politici dei bisogni dei cittadini. I dirigenti dei partiti, in effetti, procedono con gli stessi metodi per la individuazione dei bisogni, esprimono le idee per soddisfali, tra queste scelgono quelle che sembrano le migliori, le trasformano in progetto programma e se vincono la competizione elettorale adottano i prevedimenti legislativi per attuarlo. Nel caso di sconfitta il partito o la coalizione di partiti farà del tutto per condizionare l’attuazione del progetto-programma del gruppo politico vincente e per far trasformare i disegni di legge almeno in parte secondo il proprio progetto. OPINIONI Esiste, però, una differenza fondamentale, mentre il partito o la coalizione che ottiene la maggioranza deve tenere conto delle posizioni della minoranza, ma può, se vuole, provvedere spedito alla realizzazione del suo progetto-programma, il sindacato per la realizzazione del progetto piattaforma deve convincere le controparti datoriali che quel progetto è economicamente e normativamente sostenibile. Ancora i risultati raggiunti dal sindacato sono oggetto di giudizio da parte dei lavoratori rappresentati e non quelli raggiunti dalla maggioranza politica sono oggetto di giudizio da parte di tutti i cittadini. Dopo questa lunghissima premessa posso esprimere il convincimento che “il fare” in quanto conclusione di un processo estremamente complesso non costituisce necessariamente un “prius” rispetto alla “critica”, ma che il giudizio, la valutazione, l’autocritica, l’autovalutazione espressi nel corso delle fasi logiche e non del tutto cronologiche, come ho purtroppo dovuto esemplificare, condizionano pesantemente “il fare” e che quando si parla della politica del “fare” contrapponendo alla politica del “dire” si cade in uno slogan pubblicitario per nulla giustificato in quanto si afferma che “il fare” è un qualcosa di immediato, estemporaneo, svincolato da una precedente necessaria elaborazione, che come credo di aver dimostrato è assolutamente propedeutica al “fare” che io intendo come realizzazione di un progetto. Un’ultima osservazione, la “critica” svolge senz’altro una funzione importante, imprescindibile, in tutte le fasi del processo ma il suo ruolo è determinante allorché mette a confronto il progetto e la realizzazione dello stesso perché evidenzia o le pecche del progetto o quelle della realizzazione, nonché la buonafede e la correttezza di chi ha prodotto il progetto e di chi ha curato la sua realizzazione e, quindi, dare elementi di giudizio, nel nostro caso agli iscritti al sindacato, di conservare o meno la fiducia al gruppo dirigente e ai cittadini elettori di conservare o meno la fiducia al partito o alla coalizione che ha votato nella precedente consultazione elettorale. Come si intuisce da quanto espresso fino ad ora la critica, l’autocritica la valutazione e l’autovalutazione ed il giudizio sul proprio operato e su quello altrui oltre a rappresentare un diritto se esercitato con correttezza ed eticità, rappresentano la maturità di un paese ed il suo livello di democrazia. Resta da chiarire che non sempre, forse mai, il passaggio dal progetto-piattaforma rivendicativa o dal progetto-programma avviene esattamente nei tempi e nei modo previsti quindi la critica il giudizio devono tenere conto delle difficoltà impreviste e comunque delle congiunture negative che dovessero sopravvenire, perché la critica ed il giudizio per essere apprezzabili e forieri di effetti positivi non possono e non debbono prescindere dalla buonafede e non influenzati da personalismi siano essi positivi o negativi. Cleto Catalano 27 Ci perviene una lettera... Sig. Direttore Ci sembra di capire che "qualcuno" si adombri alle nostre battute e si imponga uno sciopero del sorriso. A prescindere dai perché... vorremmo far sapere che ridere fa bene perché riduce gli ormoni dello stress, fa bene al sistema immunitario, riduce la pressione e il colesterolo cattivo, alza i valori di quello buono e aumenta l'appetito come un vero... "esercizio fisico"! Non lo diciamo solo noi da quassù... ma anche uno studio compiuto dall'Università Lama Linda della California. Ridere riduce la "leptina" e aumenta la "grenolina", rilassa i muscoli e mette in circolo molecole "positive"; ridere 15 minuti al giorno fa perdere in un anno oltre 2 Kg di peso. L'esercizio del sorriso fa dunque bene anche e soprattutto alle persone anziane e a chi è in soprappeso per la troppa sedentarietà e per l'impossibilità a praticare ogni "esercizio fisico". Per questo con le nostre battute alle vostre a volte scriteriate azioni giornaliere, vogliamo dare un piccolo contributo a farvi stare bene e a ... calare di peso. Cordiali saluti I Santini PER LE STRADE D’EUROPA 28 UNA INIZIATIVA DELL’ANCAM Lavoratori, mezzo di Lavoro-Azienda nell’ottica della “Partecipazione” di S.F. B ologna 6/7 maggio 2010. E’ una data importante per il trinomio Lavoratori-Mezzo di LavoroAzienda. Una pietra miliare che riprende la sua funzione di segnalare un percorso e che fa seguito a quello degli anni 70, poi interrotto, con cui le Aziende e le OOSS avevano concordato l’istituzione di una Commissione congiunta che visionasse ed apprezzasse le strutture e le potenzialità degli autobus addirittura prima del loro acquisto. Come tutte le cose intelligenti ha avuto breve durata e l’evoluzione dei tempi lasciò cadere questo importante momento di partecipazione, di rapporto, di garanzia di sicurezza, di valorizzazione del lavoro anche e soprattutto in termini di qualità e di efficienza sia per gli operatori che per gli utenti. Dopo molto tempo, oggi, su proposta dell’Associazione Nazionale Circoli Autoferrotranviari e Mobilità (ANCAM) guidata da Roberto Bertocchi, PER LE STRADE D’EUROPA vulcanico ed instancabile presidente che coordina ed indirizza i Cral del TPL non solo per quanto riguarda il tempo libero, ma anche per quanto concerne la qualità della vita dei Lavoratori del settore, ha preso corpo la proposta per l’effettuazione di una indagine conoscitiva di tipo tecnico-qualitativa per la definizione delle “linee strategiche e degli elementi tecnici fondamentali per la costruzione di un posto guida ottimale di un autobus adibito al TPL”. L’ANCAM non è nuova a queste iniziative, riprendendo una validissima indagine svolta dalla Segreteria Uiltrasporti dell’Azienda ATC di Bologna sullo stress degli autisti, lo ha promosso in altre Aziende Italiane ed è riuscita a promuoverlo anche a livello Europeo nel V Forum Internazionale dei Circoli Europei tenuto a Parigi nel mese di febbraio di quest’anno, suscitando un grande e gratificante interesse. Si è arrivati a questa nuova iniziativa di Bologna con il prezioso e professionale apporto dell’ing. Franco Gazzotti oggi consulente di molte Aziende italiane del settore e il patrocinio oneroso della BredaMenarini s.p.a della città Felsinea. Infatti, l’Ing. Claudio Modelli responsabile delle vendite di questa rilevante Azienda costruttrice di mezzi di trasporto, leader nel panorama nazionale ed UNA INIZIATIVA DELL’ANCAM 29 campione è stata la morfologia fisica e il “panel” di autisti è stato costruito in relazione alla copertura geografica del territorio nazionale e alla rappresentatività dell’Aziende stesse. La UILT Nazionale ha attivato le UILT Regionali e non senza difficoltà, si è riusciti a mettere insieme le unità volontarie necessarie all’indagine, come dal seguente quadro: internazionale, ha creduto in questo progetto e ha operato affinché potesse ottenere il finanziamento della BredaMenarini. Naturalmente il centro operativo è stato assunto dal Circolo Dozza della ATC, usufruendo del prezioso apporto della Segretaria Esmeralda Ballanti e del volontario contributo degli Istruttori ATC Mirco Grimandi, Luigi Marra, Luciano Battistini, nonché del nostro prezioso pensionato, ma non in pensione “Martino”. La Uiltrasporti Nazionale ha risposto con entusiasmo all’invito che l’ANCAM ha inviato alle OOSS e tramite il Servizio delle “Politiche del Tempo Libero” ha messo a disposizione, come contributo ai lavori, i 30 operatori di esercizio richiesti per la struttura a campione, dimostrando purtroppo che è la sola Organizzazione Sindacale , a prestare la giusta attenzione e la sensibilità necessaria per lo sviluppo di questa collateralità del Sindacato. Lo scopo del progetto è quello di valutare tutti gli elementi utili e le caratteristiche tecnico-economiche volte a comprendere come venga percepito e valutato l’attuale impostazione del “posto guida” nei mezzi di trasporto pubblico Città: Aziende: Numero autisti: BOLOGNA ATC 2 MILANO ATM 4 TORINO GTT 3 TRIESTE TT 2 VENEZIA ACTV 2 FIRENZE ATAF 2 ROMA URBANO ATAC 3 ROMA EXTRAURBANO COTRAL 3 locale e quali migliorie possano essere ANCONA CONERO 2 individuate dai conducenti, per risolvere ANM 3 le attuali criticità e puntare a livelli di NAPOLI VERONA ATV 2 eccellenza. L’Ing. Gazzotti e l’Organizzazione, CAGLIARI CPT 2 hanno pensato di coinvolgere nel lavoro TOT. 30 un rappresentativo campione di Operatori di esercizio in numero di 30 unità statistiche, di cui 24 uomini e 6 donne, Le giornate previste per l’indagine sono di età compresa tra i 35 e i 55 anni. tre delle quali due (il6 e 7 maggio) per lo Ulteriore criterio di segmentazione del svolgimento per le prove di guida e a PER LE STRADE D’EUROPA 30 UNA INIZIATIVA DELL’ANCAM distanza di 20 giorni ( il 10 giugno) per l’esposizione dei risultati e gli approfondimenti tecnici con la BREDAMENARINI s.p.a., società committente. I percorsi di guida, negli orari 9,0012,00 e 14,00-17,00 sono stati definiti dagli Istruttori ATC nell’ambito del territorio provinciale e cittadino di Bologna, con la suddivisione degli autisti in tre gruppi di 10 su ciascun mezzo, a rotazione per tre guide di tre ore ciascuna. Dopo il tempo di guida l’autista ha provveduto a compilare un articolato questionario che riportava dati relativi alla strumentazione, posizione di giuda, gli arredi interni, la prestazione del conducente, le scelte costruttive sulla postazione. Tutti hanno espresso e riportato il loro parere e i loro suggerimenti per determinare i punti di forza o di debolezza della cabina di guida. I nostri autisti, che hanno espresso la loro soddisfazione a partecipare a questo importantissimo momento di confronto, chiamiamolo operativo, con l’Impresa costruttrice, sono stati coinvolti come testimoni privilegiati entro questo protocollo di ricerca articolato in quattro momenti: 1° individuazione del livello di soddisfazione in relazione alle diverse componenti del posto guida; PER LE STRADE D’EUROPA 2° esplicitazione dei motivi di soddisfazione o di scarsa soddisfazione; 3° riconoscimento dell’importanza dei diversi aspetti; 4° definizione puntuale dei desiderata. Tutte le informazioni saranno oggetto di valutazioni tra la BredaMenarini, l’Organizzazione e l’Ancam e saranno messe a sistema per costruire punti di riflessione per strutturare sempre meglio le cabine di guida e posto di lavoro degli Operatori di esercizio. Per confermare la portata strategica del- l’evento la Uiltrasporti Nazionale, su mandato del Segretario Generale Giuseppe Caronia, ha fatto presenziare i lavori di questo progetto da chi scrive queste note, mentre il segretario Nazionale del TPL Luigi Simeone, ha partecipato alla presentazione dell’indagine. Il risultato di questi lavori, che verranno seguiti dal nostro Giornale considerata l’importanza e le ricadute che hanno sul nostro lavoro quotidiano, saranno presentati al convegno ASSTRA-ANCAM di settembre2010 a Roma e alla UITP world congress and exhibition il 10 – 14 aprile 2011 a Dubai. Altro momento di valutazione dell’indagine sarà il 3 e 4 giugno a Roma presso la sede della UILT Nazionale, quando si incontreranno le rappresentanze dei lavoratori TPL Francesi, Portoghesi, Svizzere, Ungheresi, Sloveni, Croati e naturalmente l’ANCAM per l’Italia, al fine di preparare e coordinare i temi e i tempi del VI° Forum Internazionale del tempo di non lavoro e del la relativa qualità della vita lavorativa, che si terra a Zagabria nel prossimo anno e che fa seguito a quello iniziale di Roma nel 2000 e seguito da Parigi, Losanna, Bologna e ancora Parigi nel 2009. S.F. GIROGIROTONDO... 31 Peace and Love Van...no in giro di CAROLA PATRIARCA V ogliamo provarle proprio tutte (quelle alla nostra portata si intende…), così questo week end, dopo innumerevoli ricerche del mezzo adatto, noleggiamo un “van”. Il van è un monovolume camperizzato cioè attrezzato per dormire, mangiare e incredibile a credersi fornito di bagno con doccia. Ricordate i mitici furgoncini della Volkswagen per raggiungere Woodstock . Va bene sono un po’ fuori tempo per il “peace and love”, ma la tentazione di fare “i figli dei fiori”, travolti da un reflusso nostalgico posthippy (magari un po’ più comodi) è così stimolante che un venerdì ci sobbarchiamo tre ore di traffico, tra tangenziale e raccordo anulare, per andare a prendere il van e poi via… verso Firenze. È ormai buio quando arriviamo al camping (so già che a questo punto direte: che i figli dei fiori comodi!). Ha piovuto a dirotto per tutta la giornata quindi il terreno si è trasformato da prato in sabbie-mobili . il primo pensiero è: come si fa a non portare tutto questo fango all’interno? Soluzione: non si fa! Domani impasteremo creta e venderemo monili ai turisti, ma ora bisogna per forza scendere per allacciare la luce. Così l’uomo di “casa” si avventura al buio e sotto la pioggia cattura il cavo elettrico dei vicini, poi con passo da ghepardo, seguendo il filo arriva alla colonnina elettrica. Bene, ora sappiamo dove attaccarci, quindi lascio il ghepardo alle intemperie e preparo la cena. Dato che abbiamo ospiti tiro fuori anche il servizio “buono” (cioè i piatti di plastica colorati). Il mattino dopo il sole filtra tra i rami degli ulivi, il cinguettio degli uccelli è l’unico suono che accompagna il giorno nascente, la temperatura è mite e l’aria profuma sulle dolci colline toscane. Tutta un’altra co- sa rispetto al campo profughi che era ieri sera. Raggiungiamo facilmente il centro città e questa mattina la dedichiamo alla cultura: “Uffizi a go-go”. Per fortuna abbiamo prenotato, altrimenti con la fila che c’era forse entravamo lunedì (anche perché in questo week end i musei statali sono gratuiti). Grande scorpacciata di “capolavori”. Opere d’arte straordinarie , ho visto anche il sosia di Andy Luotto (ritratto ignoto) dipinto da Sofonisba Anguissola, certamente le figure femminili che più mi piacciono sono quelle “botticelliane”: “La Primavera”, “La Venere”, le meno note “Giuditta” e “Pallade”, tutte con la loro pancetta rotonda e le linee morbide. Questo modello di femminilità mi fa rammaricare di non essere nata nel ‘500. Dopo “Gli Uffizi” (non sazi) proseguiamo la scorpacciata tra chiese e piazze. A Firenze si gira a piedi comodamente, il centro è pianeggiante e chiuso al traffico. Così girando-girando ci troviamo in una piazzetta (vicino alla casa di Dante) dove facciamo il primo incontro con l’ambulan- te che vende panini con “il lampredotto”. Che incontro fantastico. Un collega me ne aveva parlato, così costringo la truppa all’assaggio. Squisito! Marciamo ancora fino a notte tarda e quando arriviamo a Ponte Vecchio le botteghe degli orafi sono chiuse. Un nutrito gruppo di persone ancora affolla il ponte allietate da un “cantautore” che strimpella. Passiamo distrattamente tra la gente quando percepisco una strofa della canzone che mi raggiunge alle spalle. “Buona notte alla donna con lo zaino con i libri , anche se non ha più l’età…” (o una cosa del genere). Hai capito?! Si riferiva a me, l’impudente! Incuriosita dall’impertinente ma reale osservazione mi fermo ad ascoltare. Ce ne ha per tutti! Ad ogni persona che passa sul ponte da la sua “Buonanotte….” così arguta e pungente, credete uno spasso. In pochi secondi individua nel soggetto la particolarità e subito in rima arriva la “buonanotte-battuta”. All’uomo che porta a spasso il “rolex d’oro”, alla “chiattona “ americana, agli “amici scuri” campioni di PER LE STRADE D’EUROPA 32 “corsa ad ostacoli”. La faccio breve, se non smetteva non andavamo più via. Domenica è veramente splendente. Finalmente la primavera si è ricordata il suo ruolo. Scendendo da Piazzale Michelangiolo il verde pubblico e privato ci incanta. Viali di “maggiociondoli” (alberi con grappoli di fiori giallo-oro), “pruni” dal tronco nero e fiori rosa-acceso, boschetti di “bambù”, “acacie” di bianco fiorite, “glicini” immensi che si abbarbicano sui muri, in un tripudio di colori e profumi camminiamo su un tappeto di fiori. Il Duomo, il Battistero, Santa Maria Novella (con il crocefisso del Giotto che si libra a mezz’aria). Questa volta la sosta al furgoncino del “lampredotto” è lunga e soddisfacente. Per chi non fosse di Firenze; il lampredotto è una parte della trippa (stomaco bovino) bollito e aromatizzato con erbe e peperoncino: insieme alla trippa alla fiorentina ed il bollito compone il trittico di forza nella gastronomia “casareccia”. Con un bel bicchiere di vino rosso… trasforma un triste “panino al volo” in un pasto sopraffino. In preda ai fumi alcoolici-gastronomici sottoscriviamo un patto. La prossima “bischerata” prendiamo il treno e veniamo a Firenze ad onorare il “Lampredotto”. Non ci resta che smaltire nel “Giardino di Boboli”. Il parco è annesso a Palazzo Pitti e occupa scenograficamente la collina soprastante. Fontane, statue, un anfiteatro, il laghetto con il suo iso- PER LE STRADE D’EUROPA GIROGIROTONDO... lotto, la limoneria e il “Viottolone” (viale delimitato da cipressi secolari)…. A questo punto c’è stata la cerimonia funebre. Premetto che ormai da anni ci sono “cose” che viaggiano con me. Un vecchio borsone di pelle per i lunghi viaggi (è meno comodo di un trolley, ma contiene più abiti e lo fanno imbarcare in cabina). Lo zaino (quello per cui mi prendeva in giro il “cantastorie”) che era di mio figlio, altrettanto comodo e utile specie per i viaggi corti. Un altrettanto datato pareo (funge da sciarpa, da gonna, telo mare, borsa d’emergenza, riparo dal sole e dal vento…) e per finire le scarpe da ginnastica. Uso queste scarpe solo per viaggiare o per le gite. Vanno bene in moto (specie in estate), abbastanza calde d’inverno, sufficientemente fresche in estate, comunque comodissime e… purtroppo è successo… sono morte! Nate alla fine del ‘900, non ancora 20enni mi hanno lasciata in una soleggiata giornata di primavera, lontano da casa, in una città straniera. Come spesso succede (morto un Papa se ne fa un altro) do l’addio alle Nike, celebro ifunerali di Stato e con estremo cinismo sostituisco le defunte e siamo pronti a ripartire. Il tempo è così buono, l’occasione di avere a disposizione il “van” è così ghiotta che facciamo un cambio di programma all’ultimo minuto e ci dirigiamo verso la costa. Inutile dire quanto sia bella la riviera toscana, la sorpresa invece è Rosignano Solvay. La località “Le spiagge bianche” è stata letteralmente creata da Er- nest Solvay nel 1861, ingegnere appassionato di scienze che ha brevettato la produzione industriale di carbonato di sodio a partire da un processo rivoluzionario con soda e ammoniaca. Le famose spiagge sono formate dagli scarichi dell’adiacente industria chimica: per il 90% è calcare cotto e finemente tritato e per il 10% circa cloruro di sodio. Quindi…bianco. Spiaggia bianca, bagliore accecante, mare turchese, aria frizzante (è un neologismo), invece reale è l’inquinamento di queste sostanze che rende la meravigliosa spiaggia non balneabile! Ricordate il cavallo al galoppo sul bagnasciuga della Vidal? Ecco il posto è questo. Ritemprati dalle fatiche della “cultura” e ossigenati dal salmastro torniamo a casa. L’ultima sosta in una piazzola di servizio sull’Aurelia. Così preparo uno spuntino prima di rimmergersi nel caotico traffico romano. C’è un altro camper fermo, un camion e qualche macchina. Ingenua mi si dirà. Si è vero, ma non avevo proprio pensato che quel camper fungesse da pied-a-terre per una libera professionista. Neanche il tempo per un caffè e tre “gentiluomini” si succedono “nell’ufficio” della florida sudamericana. Tra lo sbigottito e il divertito non mi resta che dire: …veloci i “ragazzi”. Sorvolo su ogni altra riflessione su questo spiacevole episodio, è stata una bella vacanza… sono proprio fortunata! Carola Patriarca LA UILT NEL TERRITORIO: QUI TORINO 33 La Sindone da reliquia a Icona dalla nostra redazione PIEMONTESE di NELLO FUSARO T orino. Nel mese di aprile presso il duomo cittadino è avvenuto un evento destinato ad attrarre l'attenzione del mondo intero. Un evento che ha portato a Torino schiere nutrite ed organizzate di uomini e donne per seguirlo in prima persona. Un evento unico che viene ripetuto a parecchia anni di distanza. Presenti autorità d'ogni livello provenienti dai quattro punti cardinali. Vi domanderete di che si tratta? Beh, non occorre una scienza infusa per saperlo, ed è semplice: dell'ostensione della Sindone, il lenzuolo che, secondo la leggenda avrebbe avvolto il lenzuolo di Cristo allorché venne deposto nel suo sepolcro per i famosi tre giorni. Un lenzuolo che noi abbiamo visto più volte anche se con gli occhi di chi non vi crede. Lo hanno osservato milioni di persone, da semplici curiosi a fedeli di varie obbedienze. Il lenzuolo o sudario, come più comunemente viene chiamato, reca in se delle tracce evidenti ed indelebili che vengono attribuite alla folgorazione avvenuta quando Cristo risorse. Più scienziati hanno tentato di stabilire (non con poche limitazioni, vincoli, pressioni ecc.) la datazione del sacro lino. Le prove eseguite su piccoli brani di tessuto, con lo strumento del Carbonio 14, hanno permesso di avvicinarsi con una percentuale di precisione del 95%, quindi scientificamente accettabile, all'epoca di produzione a quella che si presume essere compresa tra il 1260 e il 1390 come dato medio tra i vari responsi. Sia per la scelta dei laboratori che dovettero eseguire le analisi, sia per quella sulle personalità scientifiche che dovevano fornire una sorta di “obbiettività” di giudizio, nacque una contesa polemica, scientifica e di interesse che, alla fine, quando il cardinale di Torino, Ballestrero, il 13 ottobre 1988 annunciò l'esito delle prove, anziché rimuovere ogni esitazione sulla effettiva origine della Sindone, i dubbi si amplificarono a dismisura e le polemiche anziché cessare, continuarono per anni. Per noi che non ci riconosciamo in alcuna religione il problema che si pone non è di natura divina o ad essa riconducibile. Al contrario per noi reliquie o semplici feticci, la differenza non è tra religione e ateismo, quale suo diretto opposto, ma su religione o fede e spiritualità. E non si tratta di una questione di poco conto poiché, alla base di questa contrapposizione si trova il nocciolo di un problema che cozza con tutta la sua forza contro una serie di incongruenze in cui, la chiesa cristiana e la sua storia, ma anche tutte le professioni di fede e il loro principale motivo di esistenza: l'ampliamento del proprio numero di adepti o fedeli. O evangelizzazione. Se andiamo a ritroso però nel tempo, la storia della cristianità come quella di tutte le religioni rivelate potremmo aggiungere, il sangue, il dolore altrui è considerato come una “necessità” per lo scopo finale di un Dio, qualunque esso sia.Suggeriamo ai nostri lettori di compiere una piccola ricerca per restare stupiti: provate a trovare l'origine etimologico delle parole “divino” e “diabolico”, ne scoprirete delle belle... Ma giusto per non perdere il filo del discorso, torniamo sulla via originale. Il 13 ottobre 1988 il cardinale di Torino, annunciò l'esito della prova del Carbonio 14. PER LE STRADE D’EUROPA 34 LA UILT NEL TERRITORIO: QUI TORINO Dei sette istituti scientifici che erano originariamente stati selezionati per sciogliere il dubbio millenario, solo tre alla fine si trovarono a fornire un responso e va detto, con non poche “singolarità” che lasciarono un dubbio ancor maggiore. Mentre la polemica alimentava attorno alla Sindone volumi di parole, il responso del Carbonio 14 però metteva in chiaro che il sacro telo non poteva essere quello che aveva avvolto Cristo oltre mille anni prima. La domanda che circolò immediatamente dopo la data della pubblicazione del rapporto del 1988, e che trascendeva palesemente dal concetto di fede ma che, indirettamente portava nuovamente alla luce le nefandezze della chiesa cristiana nei secoli, trovò risposte (anche se non sarebbero mai state ufficialmente confermate) in un periodo, molto verosimilmente, vicino alla data di produzione del sacro lino: l'anno 1314. Ma allora di chi era il corpo e il volto rimasto impresso sulla Sindone? Le ipotesi sono molte e, a seconda dell'origine di coloro che pongono un'ipotesi come “quella attendibile e vera”, le risposte sono molte. Quella più accreditata, anche se non ovviamente ufficiale, è che il corpo che PER LE STRADE D’EUROPA venne avvolto in quel lino, fosse quello di un uomo la cui fine della vita coincise con una morte tragica e violenta, dovuta presumibilmente ad un evento tale da sviluppare una fonte termica capace di impressionare il tessuto come una pellicola fotografica: un uomo molto sul rogo ad esempio. Nel medioevo la morte per rogo era una consuetudine che faceva seguito all'intervento della tortura come efficace metodo per estorcere confessioni e quant'altro. Studi enciclopedici ci ricordano come con una bolla speciale di scomunica per eresia, Clemente V°, papa debole e soggiacente al re di Francia Filippo il Bello, mise al bando uno degli ordini cavallereschi più potenti mai esistiti al mondo: "Pauperes commilitones Christi templique Salomonis" (Poveri Compagni d'armi di Cristo e del Tempio di Salomone) meglio conosciuti come Cavalieri Templari. Da quel venerdì 13 ottobre 1307, giorno in cui l'ordine di Filippo il Bello di arresto in tutta Europa dei cavalieri, i processi, la tortura e infine i roghi, misero ad una fine pubblica ad un ordine che aveva difeso in Terra Santa le idee della stessa cristianità. Ed è proprio a quella fine che si collega il sacro lino. Infatti quel corpo che venne avvolto verosimilmente in un periodo “compreso tra l'anno1260 e il 1390” come da referto del Carbonio 14, rilasciò una immagine termica che rimase sul tessuto rendendolo “fotografico”. A nostro avviso, non ci sarà mai una prova certa di chi si tratti, ma una nostra piccola ricerca, molto piccola e limitata attraverso una letteratura relativa, ci porta a pensare che quell'immagine sia stata impressa sul telo il 18 marzo 1314 dal corpo ormai privo di vita dell'ultimo Gran Maestro dell'ordine dei cavalieri templari, Jacques de Molay arso vivo a Parigi sull'isola della Senna detta dei giudei, nei pressi di Notre Dame. Non lo sapremo mai con certezza, è ovvio, anche perché se una verità conosciuta possa esistere, questa sarà sempre in mano alla chiesa che, ben sapendo quanto vale in termini comunicativi l'interesse dei fedeli, e quanto rende anche in termini economici, ben si guarderà dal renderla pubblica perché è noto che, davanti al Dio vero ispiratore di questa chiesa moderna, il Dio denaro, ci si inchina supplichi e omertosi. E questo aspetto poco ha di ultraterreno ma tanto di mercantile. In un'epoca come l'attuale in cui anche i valori sono un mercato, coloro che potrebbero essere stimoli e cultura per una società moderna, dinamica e proiettata verso un proprio legittimo futuro, anziché credere e fornire propositi di speranza sono peggio dei mercanti nel tempio ecco perché è oggettivamente riscontrabile un abbandono della “retta via” per seguire paradisi limitati da un pragmatismo manicheo in cui solo il Dio denaro regola la vita e la morte. Nello Fusaro. LA UILT NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI 35 LE SCELTE DEL COMUNE DI NAPOLI NEL CLIMA DI INCERTEZZA DEL DOPO EMERGENZA Dal ciclo integrato ad “ASIA 2” dalla nostra redazione CAMPANA di FABIO GIGLI L’ idea è di quelle che a prima vista sembrano semplici ed efficaci. Sotto i riflettori c’è l’ASIA Napoli, con le sue difficoltà economiche ed una qualità dei servizi di igiene ambientale giudicata carente dall’Amministrazione Comunale. Ad essere considerato particolarmente debole è soprattutto il servizio di spazzamento delle strade. Con titoli ad effetto pubblicati dai vari giornali della città, il Comune di Napoli ha spiegato a tutti i cittadini del capoluogo partenopeo di aver trovato la soluzione al problema. Se ASIA non funziona abbastanza, basta crearne un’altra! In realtà, nelle intenzioni che la Giunta presieduta dal Sindaco Iervolino ha inserito nel bilancio di previsione del Comune, la nuova Azienda dovrebbe farsi carico di una idea più ampia di decoro urbano, andando oltre la semplice ramazzatura delle strade. Il continuo ricorso al condizionale è assolutamente d’obbligo. Non soltanto perché, nel momento in cui scriviamo, il bilancio di previsione non ha ancora ricevuto l’ok del Consiglio Comunale (che sembra comunque assicurato). Il provvedimento elaborato a Palazzo San Giacomo non affronta nel dettaglio molte questioni rilevanti. In che modo il servizio sarà trasferito dall’ASIA Napoli alla nuova Società? Quale sarà la sorte del personale utilizzato da ASIA Napoli, in che modo migrerà nella nuova azienda? Quale contratto sarà applicato ai lavoratori, manterranno tutti il loro posto, conserveranno lo stesso reddito? L’Amministrazione Comunale sinora non è andata oltre rassicurazioni di cui, anche se non c’è motivo di dubitare, non si può fare a meno di notare la genericità. Nemmeno gli incontri sollecitati dal Sindacato hanno contribuito a portare maggiori chiarezze. Si parla genericamente di cessione di ramo d’azienda e di dettagli tecnici da approfondire dopo l’approvazione del bilancio previsionale. Non si fa rife- rimento ad alcun business plan. Non si discute nemmeno dell’annunciata “revisione della forza lavoro”, interpretata dai quotidiani come una politica di svecchiamento degli organici con esodi incentivati per il personale più anziano. Volendo escludere a priori una reticenza volontaria nei confronti del Sindacato, quella che emerge è una mancanza di strategia che il generale rivoluzionamento dell’igiene ambientale in Campania giustifica solo in parte. Le argomentazioni che i rappresentanti della Giunta Comunale utilizzano per motivare la loro scelta sembrano più elementi da approfondire in un confronto con le parti sociali che sentenze inappellabili. La necessità di migliorare lo spazzamento è reale e condivisa. Anche i Sindacati sostengono la necessità di risorse economiche sufficienti per acquistare spazzatrici ed altre attrezzature meccaniche, di personale qualificato e motivato e di una moderna ed efficace organizzazione del lavoro. La volontà del Comune di rendere disponibili maggiori risorse per lo spazzamento è assolutamente condivisibile. Altrettanto condivisibile è pure l’intenzione di rendere meno pesanti le difficoltà dell’ASIA Napoli, logorata da anni di dispendiosa emergenza e di finan- PER LE STRADE D’EUROPA 36 LA UILT NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI ziamenti comunali inferiori ai reali costi di gestione. Possibile, però, che la strada per realizzare tutto questo passi soltanto per la costituzione di nuove Aziende pubbliche e migrazioni di personale che scuotono la stabilità dei lavoratori? Gli stessi Assessori della Giunta di Palazzo San Giacomo che sostengono la costituzione della cosiddetta “ASIA 2” indicano, come oggetto di futuro confronto con le Organizzazioni Sindacali, la possibilità di altri percorsi che sarebbero accolti con maggior favore dai lavoratori. In primo luogo perché salvaguarderebbero l’integrità dell’ASIA Napoli, favorendone il rilancio necessario anche per la raccolta differenziata e gli altri servizi di igiene ambientale. In secondo luogo per evitare una frammentazione del ciclo dei rifiuti che i lavoratori hanno sempre osteggiato. Già nel 2006, nel dibattito che portò all’approvazione del Decreto Legislativo n°152, la definizione di ciclo integrato rappresentò una forte criticità. Anche allora si parlava dello spazzamento come attività di decoro urbano, diversa e separata dagli altri servizi di igiene ambientale. Si ipotizzò la nascita di nuove aziende di servizi, con dipendenti inquadrati in contratti collettivi diversi da quelli, “Federambiente” e “Fise”, che regolano il settore. La contrarietà dei lavoratori fu fortissima. Si creò un vero e proprio movimento nazionale che i Napoletani, soprattutto gli operatori dell’ASIA, sostennero con grande determinazione. Quel movimento raggiunse il suo obiettivo e l’integrità del ciclo dei rifiuti divenne Legge dello Stato. Le disposizioni contenute nel Decreto n°135 del 2009, pure indicate tra i riferimenti normativi che ispirano le strategie del Comune di Napoli, sembrano voler favorire un’ampia liberalizzazione del settore. Si limitano gli affidamenti diretti ad aziende pubbliche e si favoriscono le gare d’appalto aperte al mercato delle imprese private. Per arrivare ad una parziale privatizzazione delle aziende pubbliche si impone la vendita di pacchetti azionari, non la cessione di rami d’attività ad altre aziende PER LE STRADE D’EUROPA pubbliche, potenzialmente oggetto della stessa norma. I riferimenti normativi che renderebbero necessaria o possibile la frammentazione del ciclo dei rifiuti e la creazione di una nuova azienda comunale, insomma, restano tutti da verificare. La scelta del Comune di Napoli, ad onor del vero, cade in una fase di traumatica trasformazione che coinvolge l’intero comparto Campano dell’igiene ambientale. La Legge n°26 del 2010, che sancisce la fine dell’emergenza e disegna il ritorno ad una normalità in cui la gestione dei rifiuti è in capo alle province, ha effettivamente aperto scenari di grande incertezza. Si susseguono le polemiche sul trasferimento, dai Comuni alle Province, delle risorse provenienti da tasse e tariffe che i cittadini pagano per finanziare il prelievo e lo smaltimento dei rifiuti. Il passaggio di gestione degli impianti già esistenti, i cosiddetti STIR, si sta rivelando più problematico del previsto nella gestione dei lavoratori ed ancor più per i problemi di carattere economico e finanziario che la transizione pone ai nuovi gestori, ASIA Napoli in testa. Transizione pesante anche per i Consorzi di Bacino, con gravissimi problemi di approvvigionamento finanziario e migliaia di lavoratori senza stipendio per settimane. A Napoli e Caserta i lavoratori hanno aspettato per mesi, tra momenti di vera disperazione sociale ed agitazioni repentine ed incontrollabili che hanno penalizzato i servizi e ricreato situazioni di vera emergenza. Con il trasferimento di competenze ormai imminente e senza le indicazioni di un piano provinciale per la gestione integrata del ciclo dei rifiuti, le Amministrazioni Comunali non possono che scegliere tra un forzato immobilismo ed iniziative potenzialmente contrastanti con la necessità di “fare sistema”, introdotta dalla legge approvata il 26 febbraio di quest’anno. Il Comune di Napoli ha scelto la strada delle iniziative unilaterali ed introduce un principio di frazionamento del ciclo dei rifiuti che incontra le resistenze del Sindacato, pronto a rappresentare gli interessi dei lavo- ratori con tutti gli strumenti di una dialettica democratica attenta alle esigenze della collettività. Il Sindacato sostiene un’esigenza di efficacia ed economicità dei servizi di igiene ambientale che è la stessa di ogni cittadino di Napoli e della Campania. Un’esigenza che è possibile soddisfare integrando tutte le attività in un unico ciclo, governato da una gestione di carattere industriale nel coordinamento di servizi ed impianti. Parlare di ciclo integrato in ambito provinciale significa pensare ad un vero e proprio piano industriale, un business plan che definisca il portafogli delle attività ed individui i soggetti che ne sono responsabili, definisca quantità e qualità degli organici, quantifichi costi e risorse. Le segreterie di Cgil, Cisl, Uil e le organizzazioni di categoria hanno chiesto che su questi temi si apra al più presto il confronto con l’Amministrazione Provinciale, colmando quello che già pare un ritardo. Il netto aumento di tasse e tariffe per i rifiuti deciso dalla Provincia di Napoli, infatti, produce conseguenze ed effetti che avrebbero meritato una valutazione condivisa con le parti sociali. La portata delle trasformazioni introdotte dalla Legge n°26, con le sue numerose ricadute sui lavoratori e sull’intera opinione pubblica, rende necessaria un’assunzione di responsabilità da parte di tutte le istituzioni. I Comuni, che dovranno integrare le loro realtà in un sistema organizzato su scala provinciale. Le Province, chiamate a progettare e realizzare un’inedita esperienza di gestione integrata. La Regione, chiamata a realizzare ed applicare un piano regionale per la gestione dei rifiuti che governi razionalmente la riorganizzazione dell’intero comparto. Anche il Sindacato, come sempre, farà la sua parte assumendosi le responsabilità che gli competono nei confronti dei cittadini, a cui non si può chiedere di pagare il conto di un ritorno alla normalità ancora tutto da costruire, e dei lavoratori che di sacrifici, nei duri anni dell’emergenza, ne hanno già fatti in abbondanza. Fabio Gigli LA UILT NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI 37 PLAUSIBILE CHIEDERSI: È UNA NECESSITÀ O VIRTÙ? Rilanciare il trasporto di Metronapoli dalla nostra redazione CAMPANA di SIMONE SIMEONE C’ è chi si batte per il miglioramento dei servizi del trasporto locale, chi chiede il rispetto degli standard qualitativi del servizio metropolitano, chi ripensa di rilanciare il trasporto pubblico, soprattutto il servizio su rotaia, auspicando una stagione di politiche miranti alla più alta incentivazione della pubblica mobilità. Ma la cattiva condizione dei treni e la frequenza rarefatta delle corse continuano ad imperversare sulla metropolitana di Napoli. Sembra che le condizioni attuali di trasporto a Metronapoli continuino ad allontanare l’utenza ormai stanca e stufa di non constatare che la frequenza delle corse sia una costante nel servizio erogato. Garantire la copertura del servizio è essenziale, come pure garantire i treni nelle fasce di punta, senza mai rinunciare all’orario cadenzato delle corse: allora com’è possibile che un’azienda giovane come Metronapoli non riesca ad assicurare tutto ciò ai suoi viaggiatori? Proprio quello che doveva essere un comparto di eccellenza non riesce più a soddisfare le esigenze dell’utenza, anzi, sembra omaggiare la logica di corto respiro piuttosto che una più attenta di carattere strategico. Così i viaggiatori devono fare i conti con il cattivo funzionamento della linea metropolitana e questa volta, sotto accusa è la rarefazione delle corse, con frequenza quasi ferroviaria piuttosto che da metropolitana urbana. Come è possibile incentivare i cittadini napoletani a lasciare l’auto a casa e servirsi della metropolitana, se il funzionamento di questo servizio pubblico non convince i napoletani che sia il modo più comodo e conveniente per spostarsi nella città partenopea? Disagi enormi subiti ancora dai pendolari, attese lunghe in banchina, treni sovraffollati, tutto ciò proprio a discapito di quei fruitori a cui dovrebbe invece essere garantito un servizio metropolitano efficiente. Se poi si verificano ulteriori soppressioni di corse all’atto della partenza dovute a guasti tecnici, mancanza di personale, carenza di vetture, la situazione diviene allora ingestibile. Come è possibile quindi per Metronapoli soddisfare la domanda di mobilità collettiva in maniera adeguata? Un servizio di trasporto pubblico che difetta dunque di una affidabile frequenza dei treni, che non garantisce più questi veloci collegamenti, che non può essere considerato una vera alternativa al mezzo su gomma o al mezzo privato, non è proponibile quale fiore all’occhiello del trasporto pubblico locale! Bisogna fare qualcosa per Metronapoli, non aspettarsi ancora altro da essa in autoproduzione, facciamo in modo che l’azienda torni a fare l’azienda, non la succursale della politica, garantiamo flussi economici e solidità all’azienda perché essa possa e così debba garantire la città. Garantire un apporto alla mobilità è per Metronapoli obiettivo imprescindibile ed il presente in cui l’hanno ridotta, non è certo motivo di vanto per questa azienda che già dalla sua prima realizzazione è stata considerata un cavallo di battaglia del trasporto pubblico. Lavorare per la dimensione metropolitana, significa lavorare innanzitutto su una nuova identità metropolitana e sulla creazione di benefici oggettivi per coloro che usufruiscono del servizio underground. Puntare sull’efficienza dei servizi equivale a dare precise e adeguate risposte ai viaggiatori, che attualmente si chiedono se è possibile che aspettare un treno in linea 1 equivalga all’attesa di un treno regionale. Lavorare su una nuova identità metropolitana significa dunque guardare alle necessità dei cittadini che si spostano quotidianamente e che hanno bisogno di servizi adeguati per il loro diritto alla mobilità. Questo è il problema a cui si deve rispondere e purtroppo chi è deputato a ciò cambia troppo spesso forse perché ormai in città è noto che a giocare con le “partecipate” son bravi in tanti, ma a fare sul serio sono in pochi a crederci, tanto la gente aspetta il prossimo treno. PER LE STRADE D’EUROPA 38 LA UILT NEL TERRITORIO: QUI MANTOVA La cooperazione perde il suo significato laddove viene a mancare l’attuazione delle forme di gestione democratica dalla nostra redazione LOMBARDA di NATASCIA FACCHINI I l 24 aprile, organizzato unitariamente dalle locali federazioni Sindacali dei trasporti, si è tenuto a Mantova un importante convegno sulla qualità della cooperazione nel territorio mantovano. Obiettivo del convegno è quello di far luce con qualche urgenza sulle problematiche del rapporto tra Imprese committenti e cooperative di produzione lavoro e di servizi nell’intento di trovare una convergenza mirata ad obiettivi di trasparenza e di legalità. Oggi si assiste ad una situazione in cui la concorrenza anziché sulla qualità del servizio si basa sulla ricerca del massimo ribasso, a solo profitto della committenza e a tutto danno del socio/ lavoratore nel vortice di un sistema che lo vede penalizzato in termini di diritti negati, orari di lavoro inaccettabili, evasione contributiva, scomparsa delle quote sociali. Nelle situazioni più gravi si aggiunge al danno la beffa: queste pseudo cooperative falliscono lasciando i soci abbandonati a rivendicare nei confronti degli Enti previdenziali e assistenziali mancati stipendi, contributi e trattamenti di fine rapporto. È su questo punto che si apre il convegno introdotto dal segretario prov. UIL Trasporti Emanuele Franchetto. Massimo PER LE STRADE D’EUROPA Mazzola segretario FILT ha rappresentato come questo sistema danneggi il lavoratore quale anello più debole della filiera, spesso sottoposto con malcelati ricatti a situazioni di sfruttamento e di illegalità, ma lo stesso sistema finisca col fare danni alle Aziende, sempre più ricorrenti all’esternalizzazione, quale atteso complemento di qualità della propria organizzazione produttiva. Non si può non rilevare come le cooperative oggi attraverso i consorzi, ambiscano e raggiungano dimensioni e livelli organizzativi simili a vere e proprie holding, e molto distanti dalle caratteristiche originarie. Le segreterie territoriali dei trasporti hanno lanciato una vera e propria sfida, quella di richiamare alleanze con il mondo cooperativo che agisce virtuosamente e il mondo delle Imprese con l’obiettivo di tutelare chi già opera in modo corretto nel rispetto delle norme e della dignità dei lavoratori e contrastare quelle cooperative spurie che attraverso concorrenza sleale si accaparrano commesse che prima o poi divengono insostenibili scaricando sul sociale danni rilevanti. Al convegno è intervenuto il Presidente di Confindustria Mantova, Truzzi,il quale dopo aver rimarcato l’esigenza dell’appalto dei servizi come risposta al bisogno da parte delle imprese di flessibilità ed efficienza ha posto l’accento sulla necessità di un intervento da parte del Governo per alleggerire gli oneri fiscali sul lavoro e sui redditi da lavoro. Il segretario FIT CISL, E. Monti ha denunciato la cooperazione spuria come terreno fertile e corsia preferenziale per l’inserimento della malavita negli appalti, situazioni di vero e proprio caporalato. L’imperativo categorico per il Sindacato è vicinanza alle cooperative che operano secondo le regole e contrasto senza riserve alle spurie che operano nel torbido in una situazione di complicità da parte della committenza. E’ intervenuto l’on. Marco Carra che da Pubblico amministratore Mantovano di lungo corso, ha ricordato come anche gli Enti Locali siano in qualche modo obbligati a scegliere la fornitura di servizi e prestazioni attraverso gare al massimo ribasso e ciò comporti che spesso siano i meno virtuosi ad LA UILT NEL TERRITORIO: QUI MANTOVA avere la meglio. La dott.ssa Cinzia TRIA per conto dell’Ispettorato Provinciale del lavoro, ha rivendicato per il proprio Istituto un ruolo propositivo, un ruolo concertativo e soltanto da ultimo un ruolo sanzionatorio, proponendo di ridare fiato e gambe all’Osservatorio Provinciale quale luogo di analisi e di proposta per il superamento delle attuali condizioni. L’intervento conclusivo di Claudio Tarlazzi, Segretario nazionale UIL Trasporti, ha preso avvio da una considerazione: “ la cooperazione dovrebbe porsi come valida alternativa o quantomeno a complemento del modello economico privatistico, imperniata sulla solidarietà e più in generale sulla valorizzazione del lavoro”. Tale esperienza deve tornare a rappresentare un esempio virtuoso di sintesi tra lavoro e partecipazione diretta del lavoratore alla gestione dell’impresa, un’occasione che non può andare sprecata. Diviene urgente creare uno stretto rapporto tra capitale, impresa e lavoro, rapporto che deve porre il lavoratore nella condizione di essere partecipe nella vita dell’azienda. Le cooperative nate proprio con questo intento, attraverso il coinvolgimento e la partecipazione dei soci hanno spesso tradotto il proprio operato in una maggiore stabilità lavorativa nonché maggiore sicurezza per molti lavoratori. Il sindacato ha affiancato e incoraggiato queste esperienze positive proprio per il carattere partecipativo che le contraddistingue. In questo contesto esistono però alcuni problemi di rilievo “primo fra tutti quello della reale affermazione della gestione sociale della cooperativa, della effettiva realizzazione della partecipazione, del rispetto delle regole e della conduzione democratica della impresa cooperativa”. La Cooperazione viene a perdere il suo significato laddove viene a mancare l’attuazione delle forme di gestione democratica. In taluni casi si mette in discussione persino la presenza del Sindacato contrariamente alla funzione stessa della cooperativa che prevede un’attività di rappresentanza degli interessi dei soci rispetto alle decisioni assunte. Le istanze e i diritti dei singoli non devono soccombere al carattere maggioritario della cooperativa e di questo il sindacato si fa carico . Certo si prende atto di un periodo difficile, specialmente per ciò che riguarda la movimentazione delle merci, settore in cui si registrano le maggiori degenerazioni del mercato. È diventata sin troppo diffusa la pratica da parte dei committenti di assegnare servizi in appalto secondo la logica del massimo ribasso unicamente per ridurre i costi, tralasciando ogni preoccupazione sulla serietà dei fornitori, anche quando è evidente l’affidamento a cooperative che attuano concorrenza sleale. Tali cooperative spurie violano regolarmente le norme sul lavoro e sulla sicurezza, si avvalgono di lavoro nero, eludono la contribuzione previdenziale e fiscale. A ciò si aggiunge un diffuso fenomeno di dumping contrattuale, per cui per attività oggettivamente riconducibili ad un CCNL di riferimento, si applicano contratti di lavoro con i più bassi contenuti di costi e di tutele per i lavoratori. Il doppio pericolo in cui si incorre è che le cooperative che agiscono in modo virtuoso vengano estromesse dal mercato dalla cooperazione spuria, mentre le imprese committenti siano chiamate a rispondere delle irregolarità prodotte da queste ultime. “Come sindacato di categoria ci siamo spesi con forza nella richiesta al Ministero del lavoro per una più attenta azione di controllo nel settore” ha continuato Claudio Tarlazzi . L’azione di controllo degli Osservatori è fondamentale nell’orientare l’attività ispettiva ma non sufficiente se non unita da un patto sulla legalità, sulle regole con la committenza e con le Cooperative; patto che deve estrinsecarsi con puntualità all’interno del rinnovo del contratto della logistica. La scelta da parte delle Centrali cooperative di entrare integralmente nel CCNL della “Logistica, trasporto merci e spedizioni” individuando in esso il contratto di riferimento per il settore, rappresenta l’opportunità per riaffermare e rafforzare la scelta fatta sulla ricomposizione con- 39 trattuale dell’intero ciclo della movimentazione delle merci, al fine di omogeneizzare i diritti dei lavoratori ed il costo del lavoro, per disciplinare una competizione sempre più vivace tra le diverse aziende che operano sullo stesso segmento di mercato, per superare le inefficienze e per indirizzare la competitività sulla qualità delle prestazioni e non già sul costo del lavoro . In questa direzione si muove il sindacato nel profondo convincimento di un accordo con la committenza sulle regole. Nella fattispecie si chiede che ogni impresa committente assegni gli appalti scegliendo le cooperative sulla base di precisi requisiti strutturali tra i quali l’applicazione del contratto di settore. Il sindacato crede nella genuina cooperazione, quella che lontana da situazioni di puro sfruttamento crea reali opportunità di lavoro, che risponde alle esigenze di lavoro e di salario degli addetti nonché quella che mette il lavoratore in condizione di partecipare alla vita della cooperativa stessa. “Noi, conclude il segretario nazionale UILTrasporti, crediamo nella cooperazione che non somministra solo “ braccia “, crediamo nella cooperativa in grado di valorizzare la sua presenza nel mercato sulla base della qualità offrendo valore aggiunto e capacità di rischiare. Tutto il resto noi lo contrastiamo e continueremo a farlo”. Natascia Facchini PER LE STRADE D’EUROPA 40 LA UILT NEL TERRITORIO: QUI FIRENZE Al Paese serve il treno! dalla nostra redazione TOSCANA di TOMMASO LANNI I l 13 Aprile si è svolta davanti al Ministero Dei Trasporti a Roma una manifestazione organizzata dalle OOss Nazionali contro quello che appare sempre più come lo smantellamento del servizio ferroviario nel nostro Paese. Tutti gli interventi hanno fortemente criticato la politica perpetrata dal nostro AD Moretti; la Cargo chiude ed anche il Servizio Universale è ormai in via di smantellamento. Il mezzogiorno si trova ad essere fortemente penalizzato con una totale mancanza di collegamenti con le città del Nord Italia. Il sud si trova in una situazione di forte perdita di competitività; anche il Porto di Gioia Tauro che doveva essere un dei punti cardine per il rilancio dell’occupazione del mezzogiorno si trova in completa assenza di collegamenti ferroviari per il trasporto delle merci. Quindi in un periodo di forte crisi, si sceglie di abbandonare il sud relegandolo ormai ad una parte di Paese senza futuro. Si nega ai cittadini del sud anche il diritto alla mobilità, basta pensare che per raggiungere Milano da Siracusa ci vogliono col treno più di venti ore. E meno male che Trenitalia afferma negli spot TV di unire Il Paese. E’ ora che anche la politica si faccia carico delle proprie responsabilità, deve esprimere chiaramente quale politica dei Una lettera da Savona Al compagno Paolo Modi è pervenuta negli scorsi giorni questa lettera che ci piace portare a conoscenza dei nostri lettori CIAO PAOLO! Sono Dario Lavagna Coordinatore Provinciale SAVONA ! Noi come UILT abbiamo 51 iscritti e siamo partiti da 9 iscritti il 2 febbraio 2009. Prima ero solo Segretario del Circolo Aziendale di Rifondazione Comunista, ma per riuscire a realizzare tutti i progetti che avevo in mente ho capito che dovevo sviluppare un discorso sindacale, ed ho trovato le migliori opportunità di crescita nella UILT. Avendo la fortuna di essere in buoni rapporti con l'Assessore all'Am- PER LE STRADE D’EUROPA biente del Comune di Savona, Jorg Costantino, che proviene dal mio stesso Partito abbiamo pensato di formare una struttura che creasse sinergia con la suddetta azienda. Questo è stato agevolato dal fatto che il Direttore ai Lavori Pubblici del Comune di Savona, Ing. Luca Pesce, è anche il Direttore Tecnico dell'Azienda. Abbiamo quindi formato un ottimo gruppo che condivide le scelte aziendali ed i problemi dei lavoratori. Ciao Dario trasporti vuole portare avanti in Italia. Il trasporto su ferro deve essere la base per un vero rilancio della competitività del nostro Paese ed in particolare del mezzogiorno. E’ ora di finirla di far circolare una moltitudine di autotreni sulle nostre autostrade affermando che la Cargo deve chiudere per assenza di lavoro. Gli interessi dei cittadini devono essere anteposti a quelle lobby che ormai comandano in modo incontrastato il nostro Paese. Noi come sindacato abbiamo il dovere morale di dire Basta! Basta ad una politica dello smantellamento del trasporto ferroviario. Basta allo svilimento di un mezzogiorno che si trova ad essere sempre più povero ed arretrato. E’ ora di passare dalle promesse ai fatti. I cittadini meridionali non hanno bisogno di cattedrali nel deserto vedi Ponte sullo stretto ma di un vero piano integrato dei trasporti, l’intermodalità come base per il futuro rilancio dell’occupazione e come base di approdo di un turismo che potrebbe essere il vero settore trainante. Se vogliamo credere in un futuro roseo abbiamo il dovere di investire sul settore che può essere alla base del rilancio, il trasporto e lamobilità di merci e Persone è il requisito necessario ed indispensabile per portare in Europa anche il nostro mezzogiorno.