primo maggio - Uiltrasporti

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primo maggio - Uiltrasporti
Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB
PER LE STRADE
D’EUROPA
M E N S I L E D E L L A U I LT R A S P O R T I
ANNO XIX - NUMERO 5 - MAGGIO 2010
20 Maggio 1970-20 Maggio 2010
Allora vinsero i lavoratori
che videro coronate le grandi
lotte degli anni ‘60 da una
legge che restituiva diritti e
cittadinanza al lavoro e ai
valori che il lavoro esprime
Oggi si pone il problema
di “andare avanti” su
questo percorso,
estendere tutele e diritti
all’intera platea di chi
opera nel mondo dei
lavori nel quadro delle
trasformazioni
intervenute nella società
EDITORIALE
1
GUIDA AL NUMERO
EDITORIALE
- La filastrocca
di Giuseppe Caronia
RIFORME DIFFICILI
- CCNL Mobilità: occorre un nuovo
protagonismo
di Luigi Simeone
NELLA SOCIETA’ CIVILE
- Aiutiamoci a non diventare razzisti
di Santino Fortino
SE LA “MONNEZZA” E’ RISORSA
- Analisi sulla produzione dei rifiuti
di C. Tarlazzi e P. Modi
I CONTRATTI
- Raggiunta l’intesa per il polo manutentivo
di Olbia
di Giancarlo Serafini
UN PRONUNCIAMENTO DELL’E.T.F.
- Ma le liberalizzazioni non debbono
diventare un “tabu”
di Salvatore Ottonelli
MARTIRI DELLA LIBERTA’
- L’insegnamento di Walter Tobagi
di Giuseppe Baiocchi
LE VIE DEL MARE
- La Tirrenia e la sua privatizzazione
di Angelo Patimo
PRIMO MAGGIO
- Lavoro, legalità, solidarietà...
il discorso di Luigi Angeletti
- Attualità e valori di una data...
di Antonio Foccillo
- Il canto libero dei settecentomila
intervista ad Antonio Ascenzi
OPINIONI
- I bisogni, le idee, il progetto...
di Cleto Catalano
UNA INIZIATIVA ANCAM
- Lavoratori, mezzo di lavoro. Azienda...
di S.F.
GIROGIROTONDO
- Peace and love van... no in giro
di Carola Patriarca
LA UIL NEL TERRITORIO
- dalle nostre redazioni regionali
Piemonte (Nello Fusaro)
Campania (Fabio Gigli, Simone Simeone),
Lombardia (Natascia Facchini)
Toscana (Tommaso Lanni)
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“La filastrocca”
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È
passato anche il Primo Non si recuperano risorse per inMaggio e tutti i problemi vestire se non si controlla e razioche già aveva “denuncia- nalizza la spesa pubblica; non si
ti” restano sul tappeto. Problemi controlla e razionalizza la spesa
che, inquadrati nella “grande cri- pubblica se non c’è trasparenza e
si” mondiale, continuano ad esse- regole a governarla, non c’è afre, per il nostro Paese,
flusso di investimenti
perdita costante di pose non c’è trasparenza
DI GIUSEPPE CARONIA
sti di lavoro, carenza di
e ordine sul territorio;
investimenti destinati
non sorgono”buoni laalle crescita, restrizione del credi- vori” se non c’è questo afflusso di
to alle piccole e medie aziende, investimenti; non c’è crescita di
scarsità di risorse per una ricerca qualità e di competitività se non
che possa assicurare competitività con impiego virtuoso degli invee “buoni lavori” all’economia na- stimenti e delle risorse che si renzionale, trasparenza e regole non dessero disponibili.
derogabili per la spesa pubblica. Una “filastrocca”, insomma?
Se riflettiamo un attimo potremo Purtroppo non fa piacere recitarla
accorgerci che ciascuno di questi ma è proprio così. E mentre ci si
problemi trascina l’altro in una guarda intorno e ci si chiede il “da
“sequentia temporum” che li ren- farsi” dobbiamo assistere, non si
de irrisolvibili se non affrontati e sa per quanto tempo ancora, ad
avviati a soluzione tutti assieme. una sorta di delegittimazione
PER LE STRADE D’EUROPA
EDITORIALE
2
“quand’anche di “demonizzazione” del
sindacato colpevole
indovinate di che?
Nientemeno che di
aver determinato un
“welfare” che ha
quanto meno attutito
i morsi della crisi, e
che va certamente
“riposizionato” su
modelli e schemi più
adeguati al momento,
ma che di tutto ha bisogno fuor che di essere sterilizzato e
messo in cantina.
E sì, la solita storia: chi sta bene,
per difendere il suo “benessere”
Direttore Responsabile
SANDRO DEGNI
Redazione:
Roma - Via di Priscilla, 101 - tel. 06.862671
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FINITO DI STAMPARE MAGGIO 2010
PER LE STRADE D’EUROPA
invoca sacrifici da chi…sta peggio di lui. E non è un caso se dalle “grandi crisi” si sia usciti molto spesso con l’aumento delle diseguaglianze sociali, con i ricchi
più ricchi di prima, e i poveri ancora più poveri.
Tutto questo dobbiamo evitarlo.
E al sindacato, a un sindacato riformista come la Uil, spetta il
compito e il”dovere” di confrontarsi con i Pubblici poteri e con le
controparti sociali, senza i paraocchi del pregiudizio, ma senza
complessi di inferiorità
Qui è Rodi, qui salta, diceva un
vecchio adagio latino. Ebbene,
proviamo allora a “saltare” insieme.
Per quanto ci concerne noi della
UILT abbiamo da tempo scoperto
le carte in tavola: infrastrutture,
mobilità urbana, portualità e ferrovia, traffico marittimo, autostradale e aereo, non sono elementi secondari per lo sviluppo,
la crescita, l’uscita dal tunnel.
Una intermodalità ben governata
può far crescere iniziative “verdi”, insediamenti competitivi,
servizi efficienti e portatori di oc-
cupazione e di sicurezza: siamo pronti a
discuterne, e guarda
caso quando si vorrà
parlare di questo si
dovrà necessariamente tornare alla
“filastrocca”.
Quanto alle “risorse” lasciateci vedere
chiaro su quelle che
sono (sarebbero…)
le potenzialità del
nostro Paese.
Il “patto sociale”
che lega i cittadini si
chiama fiscalità. Esiste un enorme
problema finanziario e perequativo, in Italia.
Le tasse che si pagano sono alte
ma non le pagano tutti. Troppa
evasione, troppa elusione fiscale,
troppe “furbizie”.
Avviene anche che a pagare “tutto” sia chi lavora “un lavoro regolare” e chi è in pensione.
Non va: qualcosa ci dobbiamo
“inventare” per reagire a questo
“non- sistema”. E se la Guardia di
Finanza fa quel che può ed è già
molto, siamo sicuri che la cosiddetta “società civile” le dia una
mano?
Il caso – Italia fa testo in Europa.
E le cifre del mancato introito fiscale spaventano persino i nostri
“partners” europei.
Tremonti si è speso bene, ma non
c’è Tremonti che tenga se gli italiani non prenderanno coscienza
di quanto sia grande l’occasione
perduta di “risalire la china” da
parte di un Paese con così tanti
evasori.
Giuseppe Caronia
(Segr. Gen. Uiltrasporti)
RIFORME “DIFFICILI”
3
CCNL MOBILITA’: occorre un nuovo
protagonismo per governare
la centralità del lavoro e dello sviluppo
di LUIGI SIMEONE
C
osa nasconde la indeterminatezza della trattativa del rinnovo
CCNL della mobilità, perché
siamo da quasi due anni arenati in una
secca, che invece di essere dragata
viene ogni giorno alimentata da nuovi
riporti di residui di una vecchia maniera
di vivere il confronto e le relazioni industriali? Se qualcuno prova ad attrezzare
una risposta convincente, almeno per
quelli a cui ogni giorno dobbiamo tentare di dare riscontro, sa che rischia di
incamminarsi su un terreno tortuoso e
ricco di insidie che si nascondono sia
nelle posizioni delle parti datoriali che
nel sindacato, ma noi della Uil, si sa,
siamo animati da spirito riformista e
credendo nelle cose in cui investiamo e
,non attardandoci sulle secche proveremo a spostare un po’ più avanti la
discussione.
Due anni fa alla stesura della piattaforma del nuovo CCNL si era pensato che
la unificazione contrattuale di due settori come quello delle Ferrovie e del TpL
sempre più vicini e destinati a contaminazioni più vaste, avesse colto nel
segno, soprattutto perché il mercato che
si stava delineando si sarebbe potuto
meglio affrontare, con la garanzie di
regole comuni ed indirizzi certi ed univoci; ed in un primo periodo anche con
rilevanti sofferenze tutti si era fatta di
necessità virtù, sapendo che il mantenimento del proprio perimetro di competenza andava ricercato anche nel riconoscimento di quello altrui. Questa sensazione di sofferenza inizialmente si è tentato di assegnarla più al sindacato che
risultava scomposto anche organizzativamente nelle competenze riferite ai due
comparti, che non alle parti datoriali che
al netto dei costi di applicazione di un
nuovo CCNL, avevano tentato di celare
la sostanziale distanza da un progetto in
cui apparivano credibilmente interessasti probabilmente solo per il rischio di
concorrenza sul trasporto regionale su
ferro, rischio che si sarebbe potuto delineare in presenza del trasferimento di
competenze per questo particolare servizio dallo stato alle regioni. Questo pezzo
di produzione ferroviaria rappresentato
da una parte rilevante della produzione
di Trenitalia e da un’altra relativa alle
cosiddette Ferrovie Secondarie gestite
invece da aziende proprie del TPL, è
risultato subito potenzialmente di facile
contaminazione, anche perché è apparso
evidente che le regioni chiamate a definire contratti di servizio con diversi soggetti avessero in qualche modo tentato o
comunque ricercato soluzioni comuni,
simili o uniche e rendendo quindi interessante affrontare un discorso propedeutico a tali scenari, rimandando invece per le altri sistemi di produzione un
percorso di avvicinamento più diluito
nel tempo. Con il passare del tempo purtroppo gli scenari sono cambiati e quasi
tutte le regioni senza gare hanno stipulato contratti di servizio 6+6 anni con Trenitalia ed in alcuni casi con le aziende
locali e quindi la materia eventualmente
del contendere si sarebbe potuta considerare venuta meno, se non che in due
realtà per niente ininfluenti, Lombardia
e Piemonte, si è fatto altro, rispettivamente con una società unica e con un
gara divisa su cinque lotti, eccezioni che
hanno ripresentato e con toni aggravati
dalla tempistica oramai scaduta, il problema della unicità di trattamenti esattamente come il sindacato aveva intuito
proponendo una piattaforma per rispon-
PER LE STRADE D’EUROPA
4
dere alle esigenze che il mercato avrebbe posto. Se questo non fosse bastato da
solo a definire l’ineludibiltà del percorso
di unificazione dei due CCNL in soccorso sono arrivate anche altre questioni tra
cui quella della nascita di NTV iniziativa imprenditoriale di rilievo che pone
elementi di concorrenza anche sui servizi di Alta Velocità. Le novità come si
può facilmente desumere si presentano a
cadenza sistemica ed è quindi in una
logica di sistema che va individuata la
strategia per poter compenetrare diritti e
innovazione, garanzie del lavoro e dei
cittadini. La trattativa invece appare
caratterizzata da una
evanescenza tale da
rimandare solo a logiche
di mantenimento del
proprio perimetro di
competenza, tant’è che
con l’accordo del maggio 2009 si sono tracciati percorsi confluenti che
hanno delimitato però a
soli 4 punti il perimetro
del nuovo CCNL rimandando ai due CCNL di
settore l’analisi e il confronto sui restanti aspetti
che verranno regolati
nell’ambito dei rispettivi
rinnovi. Probabilmente
si poteva fare di più,ma
non avremmo mai pensato che anche
quel piccolo passo verso la semplificazione contrattuale che tutti a partire sicuramente da Unindustria, hanno rivendicato e salutato come una delle strategie
per meglio affrontare le sfide che l’economia e i mercati pongono, fosse stato
oggetto di desideri malcelati di disimpegno. La mediazione del governo del
maggio scorso 2009 è evidente che è
stata subita dalle parti datoriali, che ora
probabilmente pensando di avere qualche problema di mantenimento in meno
stanno facendo di tutto per rendere la
trattativa, e quindi per essa il nuovo
CCNL, un percorso privo di reali significati e di credibili approdi, tanto che
finanche i limitatissimi quattro punti che
da soli non fanno un contratto, ma che
PER LE STRADE D’EUROPA
RIFORME “DIFFICILI”
possono e devono costituire la base di
partenza per la costruzione di un nuovo
sistema contrattuale che il mercato
richiede, sono avversati nel tentativo di
svuotarli di ogni valore .Il sindacato
ancora una volta è costretto a guardare
da solo agli interessi generali, visto che
gli altri non sembrano assolutamente
intenzionati a fare passi in tale direzione. La garanzia dei diritti sia dei lavoratori che dei cittadini in un regime di congiuntura economica può definirsi se tutti
si pongono a servizio della innovazione
e della modernità, non si può chiamare i
lavoratori a nuove responsabilità se le
parti che amministrano le realtà produttive sono ancorate a logiche di conservazione. I nuovi modelli contrattuali possono sposare la sfida del rinnovamento
nell’ambito di nuove e rinnovate volontà
politiche di gestione della cosa pubblica,
in questi settori di privato non c’è nulla
se non gli interessi che legittimamente
vanno salvaguardati ma in un complesso
quadro di garanzie e di sviluppo. Il sindacato non immagina una sommatoria di
elementi contrattuali, ma una rinnovata
normativa capace di creare un nuovo
modello anche del confronto, che assegni alla contrattazione nazionale indispensabili elementi di univocità e uguaglianza nel paese, affidando alle specificità territoriali nuovi orizzonti del confronto per attrezzare risposte confacenti
alla domanda proprio là dove essa si
genera. Non è più tempo di CCNL
omnicomprensivi e che assolvono ad
ogni funzione, decentriamo aspetti specifici propri della produzione al secondo
livello di contrattazione, determinando
così il giusto equilibrio tra diritti e lavoro ad ogni livello di confronto. Il CCNL
della Mobilità nelle intenzioni del sindacato deve rispondere a questa logica,
quindi aree di competenza specifiche
per settori di produzioni e due livelli di
contrattazione per vincere la sfida del
futuro e del mercato, anche per evitare
che il nostro paese diventi territorio di
conquista e di scorribande di capitani di
ventura in assenza di
regole comuni certe ed
esigibili, ma soprattutto
uguali per tutti. Non
sappiamo se a ben
vedere questa è la linea
che tutti portano al
tavolo del confronto,
probabilmente in un
reale terreno di confronto anche nel sindacato si potrebbero registrare sofferenze, noi
della Uil siamo convinti che questa è la strada
e non abbiamo avuto
modo di registrare
grandi difficoltà nel sindacato che,
anche se numerosamente rappresentato,
non ha offerto le divisioni laceranti che
invece abbiamo dovuto registrare nelle
controparti, che probabilmente abbandonate come sono dai governi centrali e
locali continuano ad offrire confuse
opportunità ad un percorso che almeno
formalmente hanno condiviso. In un
quadro così delineato appare evidente
che solo un’azione veramente pregnante
del governo e degli enti locali, che
dovrebbero essere i più interessati al
progetto, può disincrostare il confronto
da logiche difensive che regolano solo
l’indeterminatezza e l’arretramento e
non le garanzie e lo sviluppo.
Luigi Simeone
NELLA SOCIETA’ CIVILE
5
AIUTIAMOCI A NON DIVENTARE RAZZISTI
di SANTINO FORTINO
A
ll’indomani della seconda guerra mondiale, con il crollo del
regime nazista, si chiudeva un
triste capitolo della storia europea
segnato da atti di ingiustificata e spietata
violenza contro le minoranze etniche.
Sono tristemente note in tutto il mondo
le sorti degli Ebrei nei campi di concentramento, dove uomini, donne e bambini
dopo aver patito fame e freddo, prostrati
nel corpo e nello spirito, trovarono la
morte nelle camere a gas.
A distanza di più di mezzo secolo dalla
atroce barbarie delle SS, mentre ancora
oggi ci interroghiamo, indignati, sulle
vicende degli Ebrei o su quelle dell’eccidio di Bary Iar a Kiev, o quelle a noi più
vicine come la guerra nei Balcani,
gli eccidi in Palestina, o le pulizie
etniche di qualche guerra dimenticata in Africa, nella nostra “civilissima” Italia, assistiamo ad una
nuova ondata di sentimenti razzistici.
Gruppi di fanatici dalle teste rasate
offendono, pestano, talvolta arrivano ad uccidere, uomini di colore
con riferimento esplicito e parola
d’ordine gesti e slogan di matrice
nazista.
Le cronache dei quotidiani sono
traboccanti di storie che hanno per protagonisti extracomunitari lontani dalle
loro terre e dalle loro genti, trovati massacrati, bastonati agli angoli delle strade
o, quando gli va meglio, schiavizzati nel
lavoro.
Come spiegare dopo anni di ideali liberali e democratici, il fenomeno del neorazzismo?
Alcune considerazioni chiamano in
causa il problema dell’occupazione:
• sembra che l’intolleranza razziale sia
fortemente connessa all’offerta di
manodopera straniera a basso costo
che sottrae lavoro ad operai e contadini.
La rinascita dei
sentimenti razzistici e
xenofobi sarebbe un
brutto colpo per la
democrazia del nostro
Paese
Tuttavia, una attenta analisi rivela l’infondatezza di tale motivazione.
Il fenomeno dell’immigrazione in Italia
è iniziato gradualmente, con la presenza
di giovani di colore che, in estate, percorrevano i nostri litorali, mostrando ai
bagnanti stand viaggianti, pieni di stoffe
di colori sgargianti e dalle fogge asiatiche.
Man mano, gli immigrati di colore
hanno cominciato ad affollare le piazze
cittadine e le località agricole, per offrirsi come braccianti a basso costo.
Lo scherzoso appellativo di “vu cumprà” è stato sostituito da quello più
distaccato di extracomunitari e da una
atteggiamento di curiosità e commiserazione della gente, si è passati alla diffidenza e alla intolleranza.
Attualmente gli immigrati sono impiegati un po’ dovunque: nelle case, come
badanti, per lavori di manutenzione e
pulizie, sulle impalcature dei cantieri
edili, nelle campagne per le raccolte
agricole.
Molti di loro sono riusciti, tra stenti e
sacrifici, a conseguire un titolo universitario, ma molto difficilmente i laureati di
colore in ingegneria, medicina o legge,
riescono a conseguire una carriera professionale al pari dei “ bianchi”.
L’immigrato trova lavoro perché non
avanza pretese, si accontenta di svolgere
quelle mansioni che l’italiano rifiuta, è
disponibile a tralasciare i diritti.
In quanto alle abitazioni, essi spesso,
vivono in veri e propri tuguri affittati da
“bianchi” a prezzi delinquenziali, quando non si rifugiano in casolari abbandonati o diroccati privi naturalmente di servizi, se non nelle grotte dimenticate.
L’atteggiamento di intolleranza razziale
si nasconde dietro la paura che la mancanza o precarietà di lavoro, possa attirare gli extracomunitari nella criminalità organizzata, sempre alla
ricerca di reclutamento per i loro
traffici illeciti e, loro si, che non
guardano al colore della pelle.
Molte ragazzine di colore o
comunque extracomunitarie, sono
avviate alla prostituzione da loschi
individui pronti a speculare sulla
loro disperazione, mentre altri giovani, dietro false garanzie e compensi vengono utilizzati nella
distribuzione della droga.
Ma, di queste condizioni, gli
immigrati non sono gli unici responsabili: criminalità, prostituzione,droga,
rappresentano una piaga del nostro
Paese che si alimenta sul disagio economico e sociale, sfruttando i più
deboli e gli emarginati della nostra
società, a qualsiasi razza o colore essi
appartengano.
Molto più interessante mi sembra la
risposta di alcuni studiosi che hanno
individuato le radici dell’odio xenofobo nella paura, rintracciabile in ogni
uomo, per tutto ciò che è diverso.
Di fronte a qualcosa che risulta estraneo, riferito ai nostri parametri, ci spaventiamo e ci ribelliamo con violenza.
PER LE STRADE D’EUROPA
6
NELLA SOCIETA’ CIVILE
Ciò equivale a dire che ci si difende da
ciò che non si comprende, attaccando.
Gli stranieri extracomunitari, oltre alla
evidentissima differenza somatica,
parlano una lingua diversa, vestono per
noi in modo inconsueto, praticano altre
religioni che influenzano diversamente
la loro cultura e i loro atteggiamenti.
Tutto ciò li rende estranei e stimola la
nostra diffidenza.
Dietro il fanatismo e la violenza si
nasconderebbe la paura di doversi confrontare con culture diverse dalle
nostre.
Ma, la prospettiva di una società multirazziale, in un momento storico in cui
si tende all’europeismo e si abbattono
tutte le barriere ideologiche, sembra un
processo ineluttabile.
Nonostante il nostro Paese stia attraversando una crisi economica, agli
occhi dei più poveri appare come una
PER LE STRADE D’EUROPA
terra promessa.
L’Italia accoglie migliaia
di immigrati muniti di permesso di soggiorno e giorno dopo giorno cresce vertiginosamente il numero,
tanto che il Sindacato ha
creato opportune sezioni.
Il fenomeno dell’immigrazione non può essere oltremodo sottovalutato.
Più che interrogarsi sulla
ipotetica natura razzista
dell’italiano è, a mio avviso, opportuno
cercare di capire e fronteggiare adeguatamente le ragioni che possono
ostacolare il processo di integrazione.
Il problema più urgente da risolvere
riguarda la predisposizione di servizi
che possano rendere meno conflittuale
la presenza di immigrati in Italia.
La Nazione che accoglie stranieri ha il
dovere di offrire alloggi dignitosi e un
valido inserimento nel mondo del lavoro.
E’ dunque necessario che lo Stato
provveda a programmare interventi
idonei, migliorando il nostro sistema
sociale.
E’ un compito delicato e difficile, ma
indispensabile per attuare il processo
di integrazione.
Non basta ispirarsi ad ideali di solidarietà e fratellanza tra i popoli, bisogna
creare concretamente condizioni di
aiuto umanitario. Dietro il pregiudizio
razziale si nascondono conflitti di interessi che si rivelano potenti mezzi atti a
istigare alla violenza ed alla intolleranza.
I problemi connessi all’enorme afflusso di immigrati, dovrebbero essere
risolti a livello istituzionale, molto
prima di superare la soglia critica e
sfociare in atti di razzismo.
Soltanto una analisi della situazione
esistente, proiettata sul futuro, può evitare le rivalità.
Innanzi tutto è auspicabile una corretta
applicazione delle leggi esistenti e un
progressivo adeguamento legislativo
che può scaturire solo da una reale programmazione dei bisogni.
E’ necessario inoltre, predisporre
finanziamenti adeguati per consentire
alle istituzioni sociali di agire tempestivamente in situazioni di emergenza.
Un ruolo fondamentale in questo faticoso e doloroso processo può e deve svolgerlo la
scuola. Ad essa infatti, non
solo è affidato il compito di
educare ai valori della tolleranza e alla solidarietà sociale,
ma quello ancora più importante, di arricchirsi reciprocamente nelle diversità, nell’accettare e rispettare le culture
altrui.
Un bambino bianco e uno nero
o giallo che incominciano a
convivere sin dai banchi di
scuola, avranno meno difficoltà da adulti dei loro genitori.
Santino Fortino
SE LA “MONNEZZA” E’ RISORSA...
7
Analisi sulla produzione
dei rifiuti
di
C. TARLAZZI e P. MODI
I
servizi ambientali rappresentano in
molti casi un misuratore del grado
di civiltà dei Paesi e vengono
assunti come significativi indicatori del
livello di qualità della vita raggiunta.
La politica generale in materia di rifiuti
in Italia dovrebbe tendere ad una maggiore efficacia, mettendo tutte le Regioni in condizione di rispettare le previsioni fissate dalle normative in materia e
dando puntuale applicazione a quanto
previsto dalla Direttiva Europea su: prevenzione, preparazione per il riutilizzo,
recupero di energia e smaltimento.
Sotto questo profilo è infatti ancora
troppo lento il processo di aggiornamento e di modernizzazione del settore e
solo in alcuni territori si registrano punte
di eccellenza.
Il rapporto ISPRA è utile ad avere
migliore conoscenza del quadro generale, da cui trarre orientamenti per indirizzare gli interventi nel settore ambientale,
dove le OO.SS. possono esercitare un
ruolo propositivo assai rilevante.
produzione media pro/capite che dal
2006 con 550 kg/ab. è passata nel 2007 a
Il Rapporto ISPRA sui
546 kg/ab. e si attesta nel 2008 a 541
dati riferiti all’anno
kg/ab.
2008 denuncia un
Tra il 2006 e il 2008 i residenti nel
troppo lento processo
nostro Paese sono cresciuti di oltre 910
mila unità molta parte di questi provedi aggiornamento e
nienti dai flussi migratori ed è questo il
modernizzazione del
dato che potrebbe in qualche misura
settore
spiegare la tendenza al decremento della
produzione di rifiuti.
A livello regionale il primato di produzione spetta alla Toscana con oltre 686
Produzione rifiuti: valori nazionali
Dal 1996 ad oggi per la prima volta si kg/ab. per anno, mentre il più basso
registra una leggera contrazione (– 0,7% appartiene alla Basilicata con 386 kg/ab.
circa) tra il 2007 e il 2008, con un
– 2,2% al Sud , – 0,7% al Centro e per Raccolta differenziata
Continua il trend di crescita a livello
contro un +1,5% al Nord.
Tale diminuzione può in qualche modo nazionale che nel 2008 ha raggiunto il
ricondursi alla crisi economica che ha 30,6% della produzione totale dei rifiuti
visto nel 2008 una riduzione dell’1% urbani, nel 2007 si era al 27,5%.
Si è però ancora lontani dal 45% fissato
della spesa delle famiglie.
per il 2008 dalla normativa, con una
situazione notevolmente diversificata
Produzione rifiuti pro capite
Un analogo andamento si registra sulla che vede il Nord attestarsi ad una percentuale del 45,5%, il Centro al 22,9%, e
il Sud al 14,7%.
In questo quadro i migliori risultati provengono dal Trentino che raggiunge il
56,8 % e dal Veneto con il 52,9%; al
Centro la Toscana raggiunge il 33,6%
mentre il Lazio con il 12,9% “vanta” il
peggior risultato ; al Sud la Sardegna
con il 34,7% è nettamente al primo
posto.
La gestione finale dei rifiuti urbani
Cresce il compostaggio, sia nella quantità sia nel numero degli impianti con 229
impianti operativi di cui 154 localizzati
nel Nord, 38 al Centro e 37 al Sud (dato
2008).
Sono stati mandati agli impianti 2,7
milioni di tonnellate di rifiuti urbani con
PER LE STRADE D’EUROPA
8
SE LA “MONNEZZA” E’ RISORSA...
un aumento del 12% rispetto al 2007
(con il Sud +46,5%, il Centro +11,5% ed
il Nord +7,9%).
I rifiuti urbani e il CDR avviati ad incenerimento nel 2008, sono stati 4,1 milioni di tonnellate (il 12,7% di quelli prodotti), con 49 impianti in Italia (di cui 28
al Nord), con 45 che recuperano anche
energia e che hanno prodotto circa 3,1
milioni di MWht di energia elettrica e
937 MWht di energia termica.
Costi di gestione del servizio
Nel 2007 ogni italiano in media ha pagato 131,5 ?, quasi il 3% in più rispetto al
2006.
Nei grandi comuni con più di 50.000
abitanti, il servizio costa di più, circa
152 euro a persona, mentre per i comuni
sotto i 5000 abitanti, si spende mediamente 96 euro a persona.
I costi del servizio sono così ripartiti: il
46% è imputabile ai rifiuti indifferenziati, il 19,1% alle raccolte differenziate, il
15% allo spazzamento e lavaggio delle
strade, e la rimanente percentuale è relativa ai costi generali del servizio.
I costi specifici diretti di gestione dei
rifiuti sono pari a 16,49 eurocent/kg per
i rifiuti indifferenziati e 13,65 eurocent/kg per la frazione differenziata, di
poco superiori a quelli del 2006 che
erano di 16,04 eurocent/kg per i primi e
13,01 eurocent/kg per i secondi.
Nel 2009, i comuni che applicano la TIA
sono pari a 1.197 (il 14,8% del totale),
PER LE STRADE D’EUROPA
con una popolazione interessata corrispondente a circa il
29%.
Il contesto europeo
Nell’anno 2007 con l’ingresso
della Bulgaria e della Romania,
la produzione dei rifiuti urbani
nella U.E. ha raggiunto circa i
258 milioni di tonnellate.
La produzione pro capite, è
passata da un minimo di 294
kg/ab. nella Repubblica Ceca,
agli 801 kg/ab. in Danimarca.
Nel 2007, circa il 42% dei rifiuti urbani è
stato smaltito in discarica, il 20% incenerito, mentre il 38% è stato avviato al riciclaggio (incluso il compostaggio e il trattamento meccanico/ biologico).
Purtroppo le discariche rappresentano la
forma di gestione ancora più usata
soprattutto nei Paesi che sono recentemente entrati a far parte della U.E., mentre in Paesi quali la Germania, Olanda,
Svezia, Belgio e Danimarca la quota dei
rifiuti destinata alla discarica non raggiunge il 10%.
Premesso che i dati a volte possono dare
adito a diverse interpretazioni, vogliamo
augurarci che quelli relativi alla diminuzione dei rifiuti siano conseguenti alla
messa in campo di una “politica di prevenzione sulla produzione dei rifiuti” e
non siano invece legati unicamente ad un
fattore di crisi.
Altro dato da leggere con attenzione
riguarda la produzione di rifiuti sopra
la media nazionale
delle grandi città.
Questo fenomeno,
sia per le metropoli
ad elevato sviluppo
industriale - finanziario sia per le città
“d’arte”, è da ricondurre ad un elevato
flusso giornaliero di
pendolari/visitatori
che aumentano in
maniera consistente
la densità di popolazione.
Non è così invece per le raccolte differenziate, che sono legate inequivocabilmente alle scelte politiche locali, come
dimostrato dai dati della Sardegna e di
alcune città della Campania, dove è stata
messa in atto una politica “ virtuosa ” e
dove i cittadini hanno risposto in maniera positiva.
Occorre passare sempre più diffusamente dalla politica delle discariche ad una
politica di investimenti finalizzata al riutilizzo dei materiali di scarto.
I costi sono indubbiamente strettamente
legati a queste scelte ed è ben evidente
che questi sono notevolmente inferiori
laddove si mantiene il ciclo integrato con
una efficiente raccolta differenziata e
dove sono presenti impianti di smaltimento con recupero energetico.
Conclusioni
A nostro parere si può ridurre il gap che
ancora oggi esiste tra il nostro paese e i
paesi più virtuosi dell’unione europea
mettendo in campo azioni efficaci.
Come già avviene in alcune aree geografiche questo è possibile se la politica
abbandona gli interessi particolari a
favore di un più qualificante interesse
generale in cui debbono collocarsi gestori in grado di articolare un sistema operativo del servizio sulla base di processi
industriali adeguati alle evoluzioni innovative della gestione e dello smaltimento
dei rifiuti, per meglio salvaguardare
l’ambiente, dare qualità ad un servizio di
interesse generale e valorizzare il lavoro.
Il Coordinatore Nazionale
P. Modi
Il Segretario Nazionale
C. Tarlazzi
I CONTRATTI
9
POLO MANUTENTIVO MERIDIANA-MAINTENANCE A OLBIA
Raggiunta l’intesa sul nuovo contratto
per il personale Tecnico Manutentivo
di GIAN CARLO SERAFINI
M
eridiana dopo aver avviato un
progetto approvato da Iberia
ed Eurofly per il potenziamento dell’area Manutenzione Aeromobili per la costituzione di un Polo Manutentivo, che vedrà anche il coinvolgimento di una società finanziaria, punta a
consolidare un business già avviato da
Meridiana negli scorsi anni. Con questa
nuova iniziativa la compagnia aerea con
base a Olbia prevede di portare il fatturato legato alla fornitura di servizi di
manutenzione della società dagli attuali
35 milioni ai circa 47 milioni nel 2012
(+34%).
La nuova società, MERIDIANAMAINTENANCE che ha Base a Olbia,
è dedicata al business della manutenzione ed avrà anche una importante ricaduta nell’area delle risorse umane: da!
2009 al 2011 infatti si passerà dagli
attuali 420 a circa 460 addetti fra operai,
tecnici ed ingegneri. La formazione e la
specializzazione in alcune tipologie di
servizi saranno di grande rilevanza per
la crescita professionale di figure che
provengono dalle scuole tecniche presenti in Sardegna. La Base di Olbia avrà
a regime 4 hangar (attualmente
sono 2), dotati di 8 baie complessive, delle quali una dedicata alla verniciatura degli aeromobili. Gli impianti potranno
ospitare aeromobili del tipo
MD8O, A320, B737, ed anche
A330. La superficie complessiva sarà di mq 15.000. In termini
di investimenti, fra logistica,
impianti e training del personale, è previsto un impegno pari a
15 milioni nel primo biennio.
Attualmente la Divisione Tecnica di Meridiana, oltre a Meridiana e Eurofly, serve Iberia, Ae
Bal e il Gruppo Celestair (Air
Uganda, Air Burkina, Air Mali); inoltre
garantisce la manutenzione di linea a
molti altri vettori di bandiera nei principali aeroporti italiani.
In merito alle dinamiche contrattuali
significate nella procedura di trasferimento ramo di azienda (contratto dei
metalmeccanici) e in funzione delle
necessarie riduzioni dei costi che la
nuova Azienda aveva presentato alle
Organizzazioni Sindacali, si è aperto un
confronto negoziale, che ha visto una
lunga ed estenuante trattativa, dove,
dopo aver convinto la
nuova azienda di orientarsi e disciplinare tutti
quei elementi che costituiscono il rapporto di
lavoro, e a fronte di
regolamentare tutti gli
aspetti normativi e retributivi, in un solo ambito
di settore ovvero, quello
del trasporto Aereo.
Dopo aver sgombrato il
tavolo dal Contratto dei
Metalmeccanici e averlo archiviato, ci
siamo calati con grande senso di responsabilità a un confronto senato di due
giorni continuativi, dove è stata raggiunta l’intesa sul nuovo contratto di settore,
dove stipendio e ore di lavoro rimarranno invariati, solo per i neo assunti ci sarà
una perdita di un -5%, siamo riusciti a
mantenere la fascia notturna che rimane
confermata dalle 20.00 alle 08.00, e
dove condividendo l’opportunità di un
percorso di consolidamento delle professionalità in una prospettiva di continuità lavorativa e di progressiva stabilizzazione di un adeguato numero di risorse attualmente impiegate con contratti
atempo determinato, si è proceduto
all’assunzione a tempo indeterminato di
60 unità con contratti part-time a 10
mesi.
Il tutto chiaramente dovrà essere approvato dai lavoratori che, dopo le assemblee informative, saranno chiamati a
esprimersi con un referendum.
Gian Carlo Serafini
Dipartimento Nazionale Trasporto Aereo
PER LE STRADE D’EUROPA
UN PRONUNCIAMENTO DELL’E.T.F.
11
Ma le liberalizzazioni
non debbono diventare un “tabu”
di SALVATORE OTTONELLI
A
ll’interno del sindacato europeo
ETF si è sviluppata una discussione sul tema della concorrenza e del mercato in conseguenza dell’ipotesi per cui il Parlamento Europeo e
la Commissione Europea preparano un
provvedimento, da attuarsi entro il 2012,
per la liberalizzazione del traffico passeggeri nazionale. Questo in uno scenario in cui alcuni paesi hanno già liberalizzato nel proprio territorio (Italia fra
questi). La proposta di direttiva dovrebbe muoversi sulla linea di dare indicazioni e parametri con cui effettuare la
liberalizzazione.
L’ETF è contraria ad ulteriori allargamenti della normativa. Eppure forme di
« competitività controllata » forse sono
possibili.
La discussione in corso tende a individuare alcune linee di tendenza su cui
tentare di spostare il dibattito ed il confronto con le istituzioni europee.
Il trasporto nazionale di viaggiatori è il
solo segmento del settore ferroviario
europeo in cui la liberalizzazione non è
stata imposta dal diritto comunitario.
Attualmente è regolato dal Regolamento
1370/2007 sul trasporto pubblico di
viaggiatori per strada e per ferrovie. Un
Regolamento entrato in vigore nel
dicembre 2009 al termine di 7 anni di
discussioni e di negoziati che hanno
convinto il legislatore dell’UE a non
intervenire, al momento, con norme
cogenti lasciando agli Stati membri la
scelta fra le diverse opzioni tra l’organizzare il trasporto pubblico di viaggiatori affidandolo a propri operatori o prevedendo, in alternativa un sistema impostato sulla concorrenza e sulle gare.
Il trasporto internazionale di viaggiatori
per ferrovia è stato liberalizzato dal 1
gennaio 2010 ma con una serie di deroghe che rendono possibile il cabotaggio
nazionale liberalizzato, con questo aggi-
rando la norma sul trasporto internazionale. Pertanto, alcuni interventi sono già
possibili nell’attuale assetto regolatorio.
La Commissione Europea, nonostante
questo scenario, prepara una Comunicazione sulla liberalizzazione del trasporto
nazionale di viaggiatori per ferrovia
poggiandosi sulla previsione della
Direttiva 2007/58/CE che esige dalla
stessa Commissione un rapporto al Parlamento Europeo ed al Consiglio. Al
momento non disponiamo di notizie
certe ma sembra che la questione in
discussione non sia « quale opportunità » quanto, piuttosto, « quale modalità
» nell’apertura del mercato alla concorrenza.
L’ETF rigetta la liberalizzazione del
trasporto ferroviario di viaggiatori.
A) Ragioni politiche.
Il trasporto ferroviario di viaggiatori è
un servizio pubblico che garantisce la
mobilità delle persone. Ciò vale per il
trasporto ferroviario regionale in senso
lato (compreso quindi il traffico metropolitano, pendolare, urbano, ecc.). Identica missione caratterizza il trasporto
viaggiatori su medie/lunghe distanze. E’
un trasporto che assicura mobilità, sviluppo, interscambio. Peraltro, il trasporto ferroviario è un modo di trasporto
rispettoso dell’ambiente.
La modalità organizzativa deve restare
una competenza nazionale, assunta da
ogni singolo Stato nazionale, perché
rappresenta un asset importante del servizio pubblico. Sono gli Stati nazionali
che debbono decidere se deve essere
affidato direttamente a operatori pubblici o se deve essere lasciato alle determinazioni del mercato.
Parimenti, il finanziamento per il mantenimento in efficienza dell’infrastruttura
e del trasporto pubblico di viaggiatori è
indispensabile alla mobilità ed alla coesione sociale di una nazione e di tutti i
suoi cittadini. Lo Stato deve fornire questo servizio preferibilmente attraverso
proprie imprese pubbliche e permettendo alle imprese private di generare servizi aggiuntivi e a mercato.
B) Le ripercussioni dell’apertura dell’accesso alla concorrenza
Una buona rete ferroviaria integrata che
assicuri la mobilità di tutta la popolazione, senza limitarsi ai grandi centri urbani
ed alle linee economicamente forti, permette di tenere insieme le linee redditizie e le linee che non lo sono. L’apertura
alla concorrenza, diversamente, determinerebbe la limitazione dei servizi alle
linee redditizie. Un finanziamento incrociato delle linee redditizie e non redditizie per garantire un servizio più largo al
pubblico, ad una tariffa accessibile, non
è concepibile in un ambiente esclusivamente concorrenziale. Le conseguenze
saranno una diminuzione dei servizi al
pubblico o un aumento dei contributi
PER LE STRADE D’EUROPA
12
UN PRONUNCIAMENTO DELL’E.T.F.
pubblici. L’ETF giudica inaccettabile
che la redditività sia riservata agli interessi privati mentre il pubblico dovrebbe
finanziare l’intera mobilità della popolazione.
Tutte le esperienze dimostrano che tale sistema gioca a
scapito dei lavoratori. Finché
non ci sarà uno strumento
forte della Comunità, di
garanzia del mantenimento
C) Gli effetti del collocamento con del livello delle condizioni di
gara.
lavoro e di impiego, i lavoraDue ragioni presiedono alla volontà che tori saranno in disaccordo con
hanno i Governi di imporre il sistema tale concorrenza.
concorrenziale :
- pensano che il servizio sarà più écono- D) Niente giustifica la libemico;
ralizzazione del trasporto di
- pensano che il servizio sarà di migliore viaggiatori per ferrovie
qualità.
Il trasporto di viaggiatori per ferrovie sta
Le esperienze maturate fin qui dimostra- conoscendo un relativo successo in conno quanto sia pura illusione il pensare seguenza della crisi economica. Pur in
che quel sistema sia in grado di diminui- assenza di liberalizzazione, le statistiche
re il costo del servizio offerto.
indicano una tendenza positiva anche
Per ottenere gli appalti, i concorrenti moderata. Le linee a grande velocità
agiscono sull’abbassamento dei costi in ottengono successi nella sfida alle comparticolare del personale. Si possono pagnie aeree sul piano delle tariffe, della
facilmente prevedere situazioni di frequenza e degli orari, e sono gestite da
degrado delle condizioni di lavoro e imprese pubbliche.
delle retribuzioni dei ferrovieri a scapito Gli elementi positivi nell’offerta delle
della qualità dei servizi. Inoltre, la dura- imprese pubbliche, nel quadro di un
ta di validità limitata dei contratti non è sistema pubblico, sono numerosi. Tutto
stimolante per investire per migliorare la alla concorrenza ed al privato non è un
qualità e l’efficienza; e se fosse troppo segno di migliore qualità.
lunga sarebbe una semplice sostituzione
da pubblico a privato. In avvenire, l’im- E) Integrare i temi del dibattito.
piego ferroviario tende ad essere preca- A nostro avviso la questione non può
rizzato.
essere solo la testimonianza di una
opposizione per quanto fondata
e motivata. Ci sono altre questioni da evidenziare, meritevoli
ancor più di un dibattito sulla
liberalizzazione di essere portate alla ribalta della discussione
in atto.
Il dibattito deve assumere
l’obiettivo di costruire un sistema coordinato, europeo, per
renderlo efficace e sicuro. Non
una “semplice” opposizione alla
liberalizzazione, ma dobbiamo
l’indicazione di alcuni parametri da rivendicare con forza.
Socialità. Il sistema deve garantire un servizio minimo e sovvenzionato per evitare l’abbandono sulla logica del puro rapporto costi/ricavi alcune aree
PER LE STRADE D’EUROPA
all’abbandono ed alla desertificazione. I
costi di infrastruttura debbono essere
“socializzati”. Una rete efficiente deve
garantire ritorni economici senza scaricare tutti i costi sul solo bilancio statale.
Regole. In materia di sicurezza con controlli veri e ripetuti. Non basta legiferare, a volte forse troppo. Occorre controllo e verifiche per garantire che i parametri della sicurezza siano realmente applicati. Da organi professionali e dotati di
strumenti coercitivi di intervento.
Assetti societari. Aziende vere con strutture industriali idonee e sistemi efficienti. Limiti alle concentrazioni industriali
per evitare l’effetto supermercato: piccole aziende che entrano nell’orbita di
gruppi industriali per aggirare le norme
sul trust.
Rapporto di lavoro. Individuando parametri comuni non vincolati alla legge di
domanda e offerta del mercato; contratti
di riferimento vincolanti e supportati
normativamente.
Concordiamo nell’ETF su un aspetto.
Non esistono argomenti tecnici ed economici che giustifichino l’obbligo di
liberalizzare i servizi di trasporto di
viaggiatori per ferrovie. Quella proposta, piuttosto, si inserisce nel prosieguo
di un passaggio puramente ideologico
nel quale la concorrenza e il mercato
vengono individuati come i risolutori
dei problemi e generatori di profitto. Noi
abbiamo un altro punto di vista: efficienza e qualità passano per un lavoro
dignitoso, giustamente retribuito, sicuro
nel servizio.
Salvatore Ottonelli
CHI NON RISPETTA I LIMITI DI VELOCITÀ,
NON RISPETTA NIENTE.
14
MARTIRI DELLA LIBERTA’
L’INSEGNAMENTO DI WALTER TOBAGI
Si è tenta nell’auditorium della Regione Lombardia, la “Giornata nazionale della Memoria” dei
giornalisti uccisi per mafie e terrorismo. La manifestazione si è svolta a Milano per onorare in particolare Walter Tobagi a trent’anni dal suo assassinio. Riportiamo qui l’intervento di Giuseppe Baiocchi, tra i fondatori con Walter Tobagi, di Stampa Democratica
I
colleghi hanno voluto affidare a me,
che in gioventù ho condiviso tutta
l’esperienza di Walter (gli studi storici, l’assistentato universitario l’impegno
nella professione al “Corriere della Sera”
e nel sindacato) la memoria anche spirituale di questa figura, stroncata a 33 anni
dal terrorismo brigatista.
Sul piano intellettuale, Walter era paradossalmente più storico che giornalista: e
in quegli anni cupi e convulsi si ritrovò a
fare, con i suoi articoli e le sue interpretazioni, soprattutto lo “storico del presente”:
d’altronde aveva intuito da giovanissimo
nel suo primo libro uscito nel 1970 (“Storia del movimento studentesco e dei marxisti-leninisti”) che quel movimento del
Sessantotto, anziché all’avvenire si era
ben presto rivolto al passato. Ed aveva
finito per costituire la tragica rivincita dei
“nonni”, massimalisti e rivoluzionari,
contro i “padri”, costituzionali e democratici .
Di qui, in quella immane tragedia della
sinistra culturale e politica, il piano inclinato irrefrenabile della violenza, prima
verbale e poi fisica e quindi armata. Che
aveva trovato, secondo lui, il suo inizio e
il suo “sdoganamento” intellettuale in
quel vergognoso manifesto di Lotta Continua contro Calabresi, che trova ancora
oggi, purtroppo, firmatari non pentiti e
che allora rese una parte del giornalismo
italiano succube, se non complice, del
compiacimento della violenza.Da storico
e attento tessitore di informazione tra le
radici del passato e le contraddizioni del
presente, credo che Walter avrebbe condiviso lo spirito di questa giornata, sapendo
che il ricordo, lo sguardo retrospettivo, la
riflessione non retorica diventano, per loro
natura, la “memoria del futuro”.
Ma dove sta la “memoria del futuro” nell’onorare i colleghi caduti ? Mi pare pro-
PER LE STRADE D’EUROPA
prio che stia nel riflettere sul senso profondo della nostra professione, del suo
ruolo pubblico e insostituibile, della sua
delicatissima responsabilità. E su questo,
attraverso i suoi scritti i suoi libri, i suoi
saggi storici e il suo impegno civile e sindacale, Walter Tobagi ci “parla ancora”,
con elementi di sorprendente e straordinaria attualità.
Sono passati ormai trent’anni, molto è
rimasto sotto la polvere del tempo, e il
nostro mestiere è proprio completamente
cambiato, e non solo per i computer e
Internet. E tante volte ci è capitato di chiederci che cosa avrebbe pensato Tobagi
nella interpretazione di queste trasformazioni tumultuose e troppo spesso sregolate
e degli interrogativi a volte inquietanti che
finivano per aprire.
Eppure restava e resta comunque attuale il
significato ultimo del mestiere di giornalista: quello cioè di tramite intelligente, di
attento e onesto interprete (quasi un traduttore) tra i cittadini e la realtà. A condizione di conservare e coltivare quella che
proprio Walter considerava la dote indispensabile della vocazione ad informare,
ovvero lo “stupore”. E cioè la libertà interiore di lasciarsi sorprendere dalla realtà,
di non sovrapporre pregiudizi, di avere
l’orecchio attento e lo sguardo lungo per
coglierne i risvolti più impensati, senza
indulgere alle mode o a un “pensiero
unico” dominante. E di avere la libertà e
l’onestà intellettuale di descriverla tutta,
così come la si è incontrata. Compiendo
così quella preziosa funzione civile, indispensabile in società democratiche, di
essere il raccordo cristallino tra la realtà e
la pubblica opinione, in modo che il lettore, il cittadino si possa formare, chiaramente informato, il suo libero e maturo
convincimento…
E Tobagi condensava in quattro parole il
senso più vero della professione : “voler
capire e poter spiegare”…Che comportava per sé un di più di studio, approfondimento, verifica e rigore professionale, ma
insieme la difesa anche testarda dell’autonomia del giornalista in un clima in cui già
allora si manifestavano tentativi di chiusure e vicende poco chiare con un peso
eccessivo della politica e dei poteri economico-finanziari, magari non trasparenti.
Di qui l’impegno civile e pubblico attraverso soprattutto la strada del sindacato.
Walter era un esperto e cultore della storia
dei sindacati. E nella temperie di quegli
anni difficili ne era insieme l’osservatore
più critico, ma anche il sostenitore più
intelligente. Cogliendo nel sindacato
l’anima naturalmente riformista, che nella
fatica del gradualismo, del “passo dopo
passo” costruiva il reale progresso dei
lavoratori ben più, scriveva, delle “parole
tonitruanti” e degli inutili massimalismi. E
anche nel sindacato dei giornalisti, che
appariva malato di conformismo, portò il
coraggio di una posizione riformista, fon-
LE VIE DEL MARE
dando la corrente di “Stampa Democratica” e con il vasto consenso dei colleghi
guidando fino alla morte l’Associazione
Lombarda.E in questo ruolo cercando di
costruire un fronte di intelligenza comune
con quanti erano davvero impegnati a
migliorare la vita di un Paese incupito e
lacerato dall’onda sanguinosa del terrorismo. Ricordo gli incontri con Emilio Alessandrini, forse la mente allora più acuta
della Procura di Milano (e non a caso
stroncato poco prima di Walter dallo stesso brigatismo rosso), incontri nei quali si
sentiva drammaticamente comune la
necessità di tutelare “l’autonomia e l’indipendenza”. Non tanto di categorie o di
corporazioni, quanto del singolo operatore
e della libertà della sua coscienza perché,
magistrato o giornalista, potesse assicurare a una democrazia in pericolo quei servizi decisivi della giustizia e dell’informazione indispensabili alla pacifica convivenza civile.
Molto ci sarebbe ancora da dire, perché la
lezione umana e professionale di Tobagi
continua a parlare, (se la si vuol ascoltare).
In una occasione come questa, in omaggio
ai colleghi caduti e in una vicinanza non
retorica ai colleghi minacciati e in pericolo, forse ha un senso concludere con un
accenno ai rischi e alla loro consapevolezza. A me, che quasi ogni sera lo accompagnavo a casa dal Corriere, cambiando
spesso gli orari e i percorsi, Tobagi confidava, oltre le sue umanissime paure, la sua
profonda etica della responsabilità nella
piena coscienza di trovarsi nel mirino.
“Non mi perdoneranno - mi diceva - di
aver rotto il conformismo e l’unanimismo.
Sia nelle analisi sulla galassia terroristica,
che cerco di capire e di penetrare invece di
limitarmi come troppi a maledire; e sia
nell’impegno della costruzione di un sindacato moderno e adeguato ai tempi, che
ha anche bisogno di rotture democratiche
per crescere e per svolgere davvero il suo
ruolo civile. E io ho il torto di aver sollevato un velo e di trovare il libero consenso
di molti colleghi… E poi succeda quello
che deve succedere…”.
E anche così restiamo, credo, nella
“memoria del futuro”…
Giuseppe Baiocchi
15
La Tirrenia
e la sua privatizzazione
di
ANGELO PATIMO
I
l dato rilevante, oltrechè preoccupante,
che è emerso nell’incontro del 18 maggio
u.s. tra il ministro Matteoli e le Organizzazioni Sindacali Confederali, al Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti, incontro
significativamente partecipato, oltrechè con
la presenza dell’azienda Tirrenia, nella persona dell’Amministratore Delegato, cav. Franco
Pecorini, di Fintecna nella persona del suo
presidente dottor Maurizio Prato, come pure
dei rappresentanti dei ministeri competenti
(Economia e Finanza, Lavoro e Politiche Sociali), il dato, appunto, rilevante e preoccupante è
stato quello riferito alla
dichiarazione da parte di
Tirrenia di una condizione di sofferenza aziendale
tale da innescare l’effetto,
prima ancora della privatizzazione, di tagli di linee con conseguente produzione di esuberi.
Tali esuberi ammonterebbero a circa 250 unità tra
marittimi ed amministrativi.
Una operazione che si
configurerebbe in una vera e propria ristrutturazione aziendale, commisurata al ridimensionamento dell’attività.
Una ristrutturazione aziendale conseguente di
un non meglio precisato Piano Industriale di
Tirrenia del quale il sindacato ne ignora l’esistenza? E quale è la logica di questa operazione che vede Tirrenia, azienda venditrice, esercitare, sembra, con la presentazione di un suo
Piano, un ruolo nella procedura di acquisto?
Tutto questo è veramente singolare, se non
assurdo, se si considera che alla fine, con
questa malaugurata operazione, quella del
preventivo taglio di linee, si agevola l’ avvio
di un vero e proprio processo di smantellamento, di frantumazione dell’intero Gruppo
Tirrenia.
Un processo di smantellamento agevolato, dal
momento che, in ultima analisi, si pone sul
mercato della privatizzazione un prodotto privo di capacità competitiva, in una condizione
di effettivo disvalore.
Disvalore del prodotto offerto, perché appesantito da gravami gestionali delle risorse
umane, oltrechè deprezzato nella sua capacità
patrimoniale dalla gravissima crisi finanziaria-economica.
Crisi, che avrebbe suggerito di ricorrere ad un
opportuno slittamento della operazione di privatizzazione.
Un prodotto, quindi, certamente diverso da
quello che si voleva realizzare attraverso il
Piano Industriale del 31 gennaio 2007, quello
però concordato col sindacato.
Piano Industriale che prevedeva il risanamento dell’azienda, attraverso opportune iniziative di razionalizzazione ed omogenizzazione
del costo del lavoro per conferire, alla stessa
azienda, competitività con l’armamento privato.
Il tutto accompagnato da un organica politica
di investimenti con l’acquisizione di nuove
navi, con l’apertura di nuove linee per lo sviluppo del traffico attraverso provvedimenti
normativi a sostegno delle “Autostrade del
Mare”.
Quindi, un progetto industriale del Piano che
comportava l’allungamento del rapporto di
convenzione con lo Stato, solo sino al 2012,
invece degli otto o dodici anni ora concessi.
Questo progetto, attraverso un nuovo assetto
aziendale che consentiva la definitiva realizzazione di linee di navigazione in regime di libera imprenditorialità, nella misura dell’80%,
e quindi senza sovvenzioni statali.
Mentre il restante 20% delle linee di naviga-
PER LE STRADE D’EUROPA
16
zione, operante in temporaneo regime di convenzione per l’alto contenuto sociale dei servizi resi.
Contenuto sociale dei servizi resi, sia in relazione alla continuità territoriale per l’esercizio del diritto del cittadino utente alla mobilità, sia per la garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali
Un vero e proprio, efficace processo di liberalizzazione dell’attività del servizio pubblico, dovuto, per il collegamento delle isole
maggiori e minori.
Un processo di liberalizzazione che avrebbe
consentito di affrontare l’impatto disastroso
nel settore dello shipping della crisi finanziaria-economica mondiale nel frattempo intervenuta.
Un processo di liberalizzazione che avrebbe
permesso, inoltre, la realizzazione di un prodotto sufficientemente appetibile nel mercato
della privatizzazione, attraverso la creazione
di valore aggiunto all’azienda Tirrenia, e
quindi risorse all’erario
Senza contare, come si è precedentemente
detto, la tutela del lavoro e la garanzia del servizio sociale da rendere al cittadino per la mobilità..
Oggi, invece, ci troviamo in presenza di una
condizione per cui la smobilitazione di Tirrenia si concretizza già prima di avviare il processo di privatizzazione, con significativi costi finanziari a carico dello Stato, attraverso
l’apertura di nuove convenzioni della durata
di otto anni per Tirrenia, e di dodici anni per
le regionali.
Aiuti finanziari di Stato che, per Tirrenia, ammonterebbero al costo annuo di euro
72.685.642.
Quota di risorse, ritenute insufficienti a garantire il livello dei servizi erogati sulla base
della nuova convenzione e del contratto di
servizio in vigore, a partire dal 2010, e per i
prossimi otto anni., ed il cui costo si aggiun-
PER LE STRADE D’EUROPA
LE VIE DEL MARE
ge a quello degli esuberi già
dichiarati e di quelli che
inevitabilmente si produrranno a processo di privatizzazione avvenuto.
Aiuti di Stato insufficienti,
per la qual cosa si rende necessario il reperimento di
ulteriori risorse pari a 12.5
milioni di euro, per la sola
Tirrenia.
Un vero e proprio salasso
economico ancora più oneroso di quello che si generava in regime di gestione
pubblica dell’azienda.
Senza contare che, su questa operazione, quella cosiddetta dell’aiuto di
Stato, aleggia la spada di Damocle della procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea che ne contesta la conformità
alle norme comunitarie.
Infine, quello che fino ad oggi non è dato capire, quale sarà la destinazione dei 15 milioni
di euro previsti dall’art. 19-ter, “Disposizioni
di adeguamento comunitario in materia di liberalizzazione delle rotte marittime”, per la
concessione, per dodici mesi, dell’intero trattamento di integrazione salariale straordinaria.
Integrazione salariale ai dipendenti delle società del Gruppo Tirrenia, già dichiarati esuberi prima della privatizzazione, o a quelli
delle società dal Gruppo Tirrenia derivanti
per effetto della privatizzazione.
Sarebbe, quindi, utile conoscere come sarà
utilizzata quella risorsa di 15 milioni di euro
in previsione di un complessivo di spesa di
gran lunga superiore.
Questo, nonostante l’impegno del ministro
Matteoli “a porre in essere tutte le azioni volte ad assicurare la tutela complessiva dei livelli occupazionali…” come dichiarato e sottoscritto nella riunione
dello scorso 30 aprile.
Rispetto alla quale riunione, quella del 18 maggio
ha registrato il dato preoccupante di una situazione
di estrema confusione ed
incertezza, per la qual cosa, il ministro Matteoli,
bontà sua, ha sollecitato
l’Amministratore Delegato a predisporre una dettagliata relazione sulla situazione aziendale.
Situazione aziendale che
costituirà, insieme ad altri argomenti, materia
della procedura di privatizzazione, oggetto
della prossima riunione prevista per il 10 giugno.
Procedura che, dopo la chiusura della prima
fase della due diligence, quella riferita alla
data room per l’acquisizione dei dati da parte
dei potenziali acquirenti, che si sono ridotti
ad otto, dagli iniziali sedici che avevano manifestato interesse, è proseguita con la fase
che prevede, tra l’altro, la visita delle navi
della flotta.
Successivamente, dal 21 al 28 maggio gli
aspiranti acquirenti visiteranno Tirrenia per
la verifica della situazione contabile ed entro
la fine dello stesso mese si dovrà concludere
la presentazione delle offerte non vincolanti,
mentre entro il 10 giugno dovranno essere depositati i relativi Piani Industriali.
La procedura proseguirà con le domande,
da presentare entro il 18 giugno, di eventuali aggregazioni tra i candidati interni o con
soggetti esterni, per giungere entro la fine di
giugno alla consegna delle offerte vincolanti.
Nel prossimo mese di giugno, quindi, sono
previste decisioni fondamentali per i lavoratori della Tirrenia. Per la qual cosa il sindacato confederale rivendica il suo legittimo ruolo attraverso un maggior coinvolgimento con
l’accesso al dibattito sui Piani Industriali che
ciascun candidato (gli armatori Mediterranea
Holding, Moby, Gestione Amatoriali, Trans
Ferry e GNV insieme ai fondi F2i, Cinven e
Carlyle), presenteranno.
Come pure sul contratto di compra-vendita,
operazione finale, all’interno del quale devono fare parte integrante, fondamentalmente,
le clausole sociali.
Nel frattempo, viene confermata la data dello
sciopero dell’8 giugno.
Angelo Patimo
Primo Maggio
2010
il Sindacato c’è
18
PRIMO MAGGIO
Il discorso di Luigi Angeletti a Rosarno
Lavoro, legalità, solidarietà
per una crescita del Paese
L
avoro, legalità, solidarietà, queste le “parole d’ordine” lanciate
dal Movimento Sindacale Italiano in occasione del 1° Maggio del 2010.
Parole da leggere, una ad una, con attenzione e sulle quali meditare parecchio.
Intanto il “momento” nel quale CGIL,
CISL E UIL si presentano al mondo del
lavoro, e al Paese, con questo “trinomio”. Un momento di grave crisi mondiale dell’economia e di pesanti conseguenze per i lavoratori italiani, europei,
di tutti i lavoratori coinvolti nella crisi.
E’ un momento, peraltro, nel quale i
rapporti tra le grandi centrali sindacali
del nostro Paese hanno raggiunto i livelli (forse) più bassi degli ultimi quindici
anni.
A mettere insieme questi due “fatti” (non
sono idee, sono constatazioni …) c’è da
farsi venire la pelle d’oca. E allora la lettura attenta di quelle “parole d’ordine”
può indurre a qualche pur timido processo di speranza, se non proprio di ottimismo. Perché a “svolgere” il problema (lavoro, legalità, solidarietà) ci si sono messi, ci hanno messo la faccia, tutte e tre le
Organizzazioni Sindacali che
hanno promosso questa “celebrazione” facendo intendere
che attorno a questi tre “valori”
c’è condivisione. Una condivisione ovviamente che ciascuno
coniuga alla luce della propria
identità e, diciamolo pure, della propria cultura e della propria tradizione. E che, nel comizio unitario di Rosarno, Luigi Angeletti ha così voluto riassumere nel suo intervento.
Primo punto far giustizia della
“demonizzazione” della quale
PER LE STRADE D’EUROPA
una certa parte della stampa (e ahimé)
della pubblica opinione avevano fatto dei
cosiddetti “casi di violenza” accaduti di
recente nella città calabra.
Siamo piuttosto di fronte, ha detto il Segretario Generale della UIL, a una esplosione di disperazione e di rabbia da parte di esseri umani preda dello sfruttamento più becero e infame che priva gli indi-
vidui del più elementare diritto al lavoro,
a un lavoro che sia equamente retribuito,
quando c’è, e che non divenga oggetto di
ricatto quando scarseggia o scompare. E
questo “ricatto” diventa brodo di cultura
per una criminalità organizzata che se ne
serve per far strame di ogni forma di regole e di legalità.
Altro che razzismo, ha proseguito Angeletti, qui siamo di fronte ad una
ignominiosa oppressione che
turba rapporti umani, relazioni
sociali, regole di mercato e
fondamento della legalità.
E’ da qui, che dobbiamo partire per la nostra battaglia: perché questa è davvero la “nostra” battaglia, quella che sola
può consentire al Mezzogiorno, ma non solo al Mezzogiorno, di imboccare la via maestra
di una crescita e di uno sviluppo non effimero.
Il lavoro non cresce, infatti, e
PRIMO MAGGIO
non si consolida quando non
esistono nel territorio condizioni essenziali di legalità.
Le attivività criminose uccidono il mercato del lavoro e
rendono impossibile leale
competizione, equilibrato
progresso, salti di qualità.
Dobbiamo pretendere dallo
Stato una lotta senza quartiere a questa piaga (o a queste
piaghe …) sociali che affliggono la nostra nazione, ma
poi non basta “pretendere”:
dobbiamo tutti insieme fare
la nostra parte. E sbarrare la
porta non soltanto al crimine organizzato, ma anche al crimine mascherato (Angeletti voleva intendere legalizzato? ….
Forse, ma gli applausi ricevuti sono stati
comunque tanti e spontanei … n.d.r.).
In una società insicura latitano o fuggono gli investimenti e fuggono le migliori
energie, si fa strada la rassegnazione che
spesso fa rima con omertà. Dobbiamo restare uniti tutti insieme, ha proseguito
Angeletti, contro queste degenerazioni
del viver civile. E non perdere la fiducia
perché cambiare in meglio, insieme, si
può: se il potere politico userà sempre e
comunque le risorse pubbliche al servizio dei cittadini cancellando corruttere e
clientelismi, se riusciremo ad ottenere
dal Governo e Parlamento riforme non
effimere di facciata o addirittura “elettorali”, ma sostanziali e propedeutiche ad
una crescita virtuosa e costante.
Come è solito fare da parecchio tempo a
questa parte il Segretario Generale della
UIL ha invocato quella che definisce (e
non soltanto lui…) la “regina di tutte le
riforme” quella fiscale. Ridurre una evasione fiscale che ha raggiunto livelli, che
a dire astronomici è dir poco, in uno dei
Paesi più ricchi e industrializzati del
mondo dove i percettori (dichiarati) di
redditi superiori ai 200 mila euro l’anno,
non superano nemmeno le 100 mila unità (siamo in un Paese di 60 milioni di abitanti). E dove, sinora, quando si messo
mano a questa materia si è finito per favorire chi ha già di più e penalizzare chi
Musica classica quest’anno al “Concertone”: con l’Orchestra “Roma sinfonietta” (brani
della Carmen, della Norma, di Paganini e di Beethoven
19
sta peggio. E’ urgente, e necessario, abbassare le tasse
sui salari e sulle pensioni:
non è una operazione caritatevole ma una vera e propria
risorsa per l’economia perché contribuirebbe ad aumentare i consumi e conseguentemente a produrre effetti positivi per l’occupazione in un circuito virtuoso
che è sin troppo facile intuire.
Sulla fiscalità, ha proseguito
Angeletti, bisogna peraltro
andarci cauti. Provvedimenti indiscriminati finirebbero per portare
acqua soltanto al mulino degli evasori o
degli evasori parziali (quasi nessun Paese in Europa può annoverare tante “elusioni contributive” come il nostro) e per
questo la sola “manovra” certa è quella
sui redditi realmente certi. Vale per i lavoratori come per le Imprese.
Non poteva mancare nel “discorso del 1°
Maggio, festa del lavoro” un riferimento
dell’oratore al “valore” non soltanto etico e morale di quello che è e rimane il
punto cardine dell’articolo 1 della nostra
Costituzione. E una polemica, nemmeno
tanto velata, Angeletti ha voluto rivolgerla, prima di terminare il suo intervento, alla preoccupante “finanziariarizzazione” dell’economia: non si va da nessuna parte così , ha affermato il Segretario Generale della UIL: non è la speculazione né il primato della “rendita” a far
crescere la società. Chi fa crescere una
nazione, un popolo, una comunità, è soprattutto il lavoro: quando il lavoro ha
trovato la sua giusta valorizzazione ha
dato ricchezza e benessere. Finiamola di
relegarlo a semplice “problema sociale”:
il lavoro è soprattutto volano di crescita.
Lallo
N.B.: C’erano in piazza lavoratrici e lavoratori di tutte e tre le Organizzazioni
Sindacali. Gli applausi (per tutti e tre gli
oratori) sono stati calorosi e unanimi.
Qualche giorno dopo in un Congresso
sindacale sono volati fischi di dissenso
per “qualcuno “ di loro. Perché?!
PER LE STRADE D’EUROPA
20
PRIMO MAGGIO
Attualità e “valori”
di una data che è un pezzo
della nostra storia
I
l l° maggio è una “data simbolo” per
la classe lavoratrice in tutto il mondo. Tutto ebbe inizio nel 1886 a Chicago nella lotta per le otto ore, fu assunto dalla Seconda Internazionale nel 1889
quale giornata internazionale di mobilitazione per la riduzione dell’orario di lavoro. Ha quindi segnato oltre cento venti anni di storia del movimento sindacale: anni di estensione quantitativa e crescita qualitativa, di lotte economiche e
politiche, di vittorie e di sconfitte. La formazione della coscienza di classe ha vissuto momenti favorevoli e stagioni difficili. Questa storia va propagandata, conosciuta, studiata dagli stessi lavoratori.
E’ opportuno far emergere il percorso
che è costato tantissimi sacrifici ai lavoratori di quell’epoca, quando prerogative, diritti, libertà e coscienza civile erano negati.
Quelle persone hanno testimoniato, con
il loro impegno la volontà di reclamare a
gran voce la libertà, la giustizia sociale, e
successivamente, grazie a loro esempio
queste richieste sono diventate principi
costituzionali, i quali, tra l’altro, garantiscono il diritto al lavoro, alla libertà di
espressione, alla libera associazione e alla partecipazione democratica.
Noi dobbiamo sempre ricordare quanti
sacrifici è costata la nostra libertà. Solo
la memoria storica dei tanti eroi, martiri
e uomini comuni che si sono sacrificati
può essere d’esempio ai tanti giovani che
si affacciano alla vita lavorativa.
In quegli anni, così difficili e pericolosi,
quegli uomini e quelle donne ci hanno
indicato la strada, dimostrando che, anche nei momenti più bui, ognuno può
battersi per migliorare non solo il presente, ma anche il futuro.
PER LE STRADE D’EUROPA
Ancor oggi, nella manifestazione del 1°
Maggio, i lavoratori tramandano con una
mobilitazione festosa la memoria storica
e la continuità di valori che hanno fatto
libero e democratico il nostro Paese.
I lavoratori, nella rivendicazione dei propri diritti dall’emancipazione al diritto al
lavoro e nella lotta per la libertà hanno
dimostrato con i loro scioperi, con i loro
sacrifici, con i loro eroi, con i loro martiri - a partire da Bruno Buozzi fino a Guido Rossa - di essere una parte importante nella ricostruzione del sistema produttivo e nel ripristino della libertà e della
democrazia.
Antonio Foccillo
(Segretario Confederale Uil)
Nessuno deve dimenticare mai - e con
orgoglio che lo rivendichiamo anche oggi - il grande coraggio ed il grande lavoro del movimento sindacale, il quale ha
assicurato e garantito, benessere, libertà,
democrazia e sviluppo, ma ha anche realizzato il riconoscimento del giusto ruolo del lavoro e dei lavoratori.
Il compito di una grande organizzazione
confederale di massa è quello di contribuire a costruire una società più giusta,
ma ha, anche, l’enorme compito di essere strumento di educazione, emancipazione e coesione per il cittadino-lavoratore e di garanzia della sicurezza, della
tutela e della salvaguardia dei diritti.
Siamo, oggi, pienamente coscienti di
quanto ciò sia difficile e come dipenda
principalmente dall’attuale contesto di
estrema debolezza della considerazione
sociale del lavoro. Infatti, la realtà politi-
ca di questa seconda Repubblica Italiana
dimostra che, i principi ispiratori del Costituente, scritti nell’art. 1 della Carta
Costituzionale, già affievoliti e non pienamente realizzati nel corso della prima
Repubblica, non solo non sono stati attuati, ma sono stati messi addirittura in
discussione nel corso di questi quindici
anni di “seconda” Repubblica.
L’ultima vicenda sintomatica di questo
stato di fatto è quella relativa alla volontà di aprire i negozi da parte di alcune Regioni, sia di centrodestra, che di centrosinistra, nella giornata del primo Maggio. Questa revisione, che è una vera e
propria regressione culturale, dimostra
chiaramente come si voglia abbandonare
la memoria storica di un momento celebrativo cosi importante per una parte del
paese, addirittura strumentalizzandolo a
favore del profitto che ormai è diventato
fondamento di questa nuova società. Il 1°
maggio è la festa dei lavoratori ed è costata sangue, sacrifici e tante lotte sindacali e non può essere celebrato lavorando o costringendo a lavorare. La convivenza civile è fatta di coesione, di rispetto dei valori e delle idee altrui, come pure di solidarietà. Quella solidarietà che
ha caratterizzato il Dna del sistema sindacale, ma né solidarietà, né coesione sociale possono praticarsi ove non siano
sorrette da un modello di società radicato in una piattaforma robusta di diritti
fondamentali e su criteri di convergenza
sociale.
Purtroppo oggi nei rapporti sociali e civili prevale l’intolleranza, che, comunque si manifesti non è accettabile e, nel
nostro paese, c’è e la si vede in molte forme. E’ emersa anche nella stessa celebrazione del 25 aprile di quest’anno. Se pre-
PRIMO MAGGIO
21
valesse questo sentimento
sapere. La tecnologia ha
la conseguenza sarebbe un
reso più importante la copeggioramento complessinoscenza. L’estrema povo della qualità della vita,
vertà in molti Paesi ha fatperché sarebbe scardinato
to aumentare la migrazioil sistema di solidarietà e
ne, producendo, di consedi coesione.
guenza, problemi nei paeIl movimento sindacale
si in cui arrivano e gravi
confederale può rinnovare
danni nei paesi d’origine
una nuova battaglia, un
che così perdono, per
cammino comune, in cui
mancanza di cervelli e di
giovani, pensionati, immimano d’opera, la possibigrati, cittadini, lavoratori
lità di sviluppo economisi stringano insieme per
co. Avanzano sempre più
abbattere le apatie, il disinproblemi sul piano conteresse, l’intolleranza e la
trattuale, sulla sicurezza,
violenza.
Musica, entusiasmo e “valori” nella Piazza S. Giovanni per il Concerto del sulle relazioni sindacali,
Le nostre idee, i nostri slo- 1° Maggio di Uil, Cisl e Cgil
sul mercato del lavoro,
gan, le nostre azioni sono
sulle diverse professionasempre rivolte ad estendere il concetto di glie anche grazie a tante donne e uomini, lità e sulla flessibilità. Di fronte a tutti
civiltà, democrazia, sviluppo, pace e di- che vivono nel sindacato, che hanno a questi fatti la stessa giornata del primo
fesa dei più deboli.
volte rinunciato al loro presente per assi- maggio che rischiava di diventare un riTuttavia il primo maggio di quest’anno curare un futuro migliore ai loro figli. Le tuale sempre più spento e pieno di retoricapita in un momento di particolare dif- forze politiche e sociali, le forze sane di ca, ritrova la sua originalità e nuovo vificoltà. L’Italia vive una crisi economica questo Paese devono fare un patto per gore.
diffusa in tutti i gangli vitali del Paese. Il riuscire a dare una prospettiva nuova al I valori di libertà, di democrazia, di pluPil cresce poco e negli ultimi anni è ral- nostro Paese. Insieme bisogna vincere e ralismo, di solidarietà, di tolleranza, di
lentato progressivamente. Da tanti, mol- ridare speranze e benessere, ripristinare emancipazione, di coesione, di dialogo,
ti anni; la produzione industriale rista- l’orgoglio di militanti di una grande for- di pluralismo e di ripristino della dignità
gna; il lavoro è a rischio ed è sempre più za di trasformazione e progresso, quale il di tutti, che sono sempre stati nel dna del
flessibile, cioè precario. I conti pubblici sindacato è.
sindacato andrebbero attentamente spienon tornano, ma ciò che più preoccupa è Il sindacato italiano è forte ed ha una ca- gati alle nuove generazioni, non solo,
l’inerzia. Il lavoro si perde. Le famiglie pacità che altri non hanno, cioè, quella di quale memoria storica, ma anche per il
denunciano una forte perdita del potere tirare fuori dalla propria storia il modo grande insegnamento morale che riescod’acquisto. Mentre i prezzi e le tariffe migliore per affrontare qualsiasi proble- no a trasmettere.
continuano ad aumentare.
ma. Il 1° Maggio, giorno glorioso per mi- In un momento come questo in cui si
Di fronte a questo scenario il sindacato lioni di uomini e donne del mondo inte- mette in discussione il ruolo del sindacanon può abbandonarsi alla logica del- ro, un solo messaggio deve sempre far to e la sua capacità di rappresentanza, bil’ineluttabile, deve definire una appro- passare: pace, sviluppo, progresso e dia- sogna essere più capaci di formare le
priata strategia, anche di contrapposizio- logo.
nuove generazioni a tali ideali. Il doverne, per cambiare le cose. Deve ripren- Proprio per questo, pur essendo consape- lo fare è la dimostrazione della vitalità e
dere il cammino per recuperare risorse, voli di aver svolto un gran lavoro di del messaggio ancora attuale che rappreper rilanciare un piano di sviluppo, per emancipazione sociale, culturale, di aver senta il sindacato.
creare ricchezza e distribuirla più equa- difeso la democrazia e la libertà in que- Vorrei concludere con una frase, che a
mente.
sto nostro Paese, ancora abbiamo tanto parer mio compendia il senso di questa
Il sindacato ha dato sempre prova di da fare. Esiste, infatti, ancora sfrutta- giornata, di uno dei condannati (Spies) in
grande responsabilità e in momenti mento della mano d’opera. La globaliz- seguito ai fatti di Chicago. Egli così si ridrammatici per le istituzioni, per la de- zazione ha reso, ancora più diversificato volse al giudice: “Qui calpesterete una
mocrazia, per l’economia ha fatto la sua il tenore di vita fra i diversi Paesi e, negli scintilla, ma là e là, dietro e di fronte a
parte rinunciando agli interessi di parte stessi, fra le diverse classi sociali. E’ au- voi, dovunque le fiamme divamperanno.
per attribuire prevalenza a quelli dell’in- mentata la distanza fra ricchi e poveri. È un fuoco sotterraneo, non potrete spetero paese.
Questi ultimi hanno aggiunto alla man- gnerlo”. E’ stato proprio così!
Quindi questo paese ha vinto tante batta- canza di beni materiali anche quello del
A.F.
PER LE STRADE D’EUROPA
PRIMO MAGGIO
22
Il canto libero
dei settecentomila
Significato e portata del “concertone” illustrati da Antonio Ascenzi
A
ntonio Ascenzi, “uno di noi”, è
da anni tra i responsabili Confederali che si occupano di organizzare il “concertone” del 1° maggio.
Ha quindi una esperienza consolidata
dei problemi, delle fasi, delle iniziative
che “stanno dietro” alla complessa
“andata in scena” della manifestazione.
E’quindi forse la persona più adatta a
sciogliere alcuni dubbi che ci sono passati per la mente ed a lui li abbiamo posti
così:
Il tradizionale “concertone” del 1°
maggio che CGIL-CISL-UIL organizzano da diversi anni tra il generale
consenso dei “media” e delle centinaia
PER LE STRADE D’EUROPA
di migliaia di giovani che accorrono
da tutta Italia per parteciparvi è stato
accolto quest’anno da alcuni ambienti, non soltanto giornalistici, con diffidenza e persino scherno. C’è il dubbio
che al di là del concerto stesso siano i
“promotori” ad essere nel mirino di
queste critiche ostili. In poche parole
dietro i “dubbi” sulla manifestazione
c’è l’ormai classico attacco al sindacato. E’ questa l’impressione da trarre?
Intanto va precisato che CGIL-CISLUIL non organizzano l’evento, ma si
limitano a promuoverlo anche se, di
fatto, dopo venti anni è diventata una
manifestazione intorno alla quale pro-
motori ed organizzatori devono star dietro quasi quotidianamente e, non a caso,
la società organizzatrice si chiama PRIMATA, acronimo che significa “Primo
Maggio Tutto l’Anno” che è anche la
denominazione della Rassegna per gli
artisti più giovani giunta alla sua sesta
edizione (nella edizione di quest’anno
sono stati selezionati a livello regionale
ben 743 artisti ed i tre vincitori si sono
esibiti sul palco di piazza San Giovanni).
Per quanto riguarda, poi, le polemiche,
nulla di nuovo: ci sono sempre state.
Molto spesso legate agli inevitabili disagi che l’allestimento del più grande concerto gratuito d’Europa comporta, in
PRIMO MAGGIO
particolare per i residenti (ricordo anni
fa un sindaco che voleva spostare il
“concertone” a Tor Vergata solo perché
nel successivo mese di novembre ci
sarebbero state le elezioni comunali!).
Certo, c’è anche una evidente “allergia”
nei confronti di CGIL-CISL-UIL, ma di
questi tempi ci si dovrebbe sorprendere
del contrario e comunque siamo sempre
stati in grado di respingere ogni tipo di
attacco grazie al livello di credibilità e di
qualità raggiunto dal Concerto in sé e
dagli stessi organizzatori. Basti pensare
alla edizione del 2008 in cui oltre alla
musica rock vi fu l’esibizione di uno dei
più grandi jazzisti attuali, Stefano Di
Battista, accolto benissimo dai giovani
in piazza così come altrettanto bene è
stata accolta, quest’anno, l’orchestra
sinfonica “Roma Sinfonietta” che ha
eseguito brani della Carmen, della
Norma, di Paganini e di Beethoven.
Questa volta la “guerra delle cifre”
non c’è stata. Erano settecentomila,
forse qualcosa di più o di meno ma
comunque tanti, tantissimi, e questo
la dice lunga sulla partecipazione dei
giovani ad un evento che anche se
artistico, ha pur sempre un sapore e
una tradizione popolare e sociale di
indubbio rilievo. Pensi sia opportuno
insistere e “valorizzare” ancor più un
“evento” così?
Io penso che, di fronte all’attesa che
questo evento suscita ogni anno nei giovani (basta guardare il forum sul sito
dedicato al Concerto) è assolutamente
opportuno insistere nel promuovere una
manifestazione che ha raggiunto ormai,
sia per quanto riguarda gli artisti che vi
partecipano che per quanto riguarda le
scenografie e gli apparati tecnici, livelli
di grande qualità e che in ogni caso
rimane una grande occasione per la
CGIL, la CISL e la UIL di avvicinare i
giovani. Il problema semmai, è come
riuscire a renderne meno “affannosa” la
preparazione in termini di budget. Da
questo punto di vista, per esempio,
credo indispensabile stabilizzare al più
presto il rapporto sia con la RAI che con
I NUMERI
DEL “CONCERTONE”
S
olo per dare un’idea di cosa
rappresenti oggi il “Concertone del 1° Maggio a Piazza San
Giovanni può essere utile riportare
alcuni dati relativi alla edizione
del 2009.
• 700 mila spettatori in piazza
• Oltre 600 le persone impegnate
nell’organizzazione e gestione
del Concerto
• 150 mq di schermi LED
• Impianto sonoro da 150 mila
watt
• 500 mila watt luci
• 150 mila watt video
• Area palco di 1.000 mq
• Pedana girevole di 14 metri di
diametro
• 6 torri alte 16 metri per il tetto
• 3 torri alte 16 metri per l’audio
• 200 addetti alla sicurezza
• 4 ospedali da campo
• 120 addetti fra Croce Rossa e
Protezione Civile
23
i vari sponsor, attraverso contratti pluriennali che possano garantire una maggiore certezza nel tempo sulle risorse
disponibili.
Gli artisti che si succedono su quella
pedana si sentono in qualche modo
“coinvolti” dalle “parole d’ordine”
che ne ispirano il significato?
Certamente per gli artisti che si esibiscono al “concertone” non si tratta mai di
una esibizione di routine o di fare qualche spot promozionale al loro ultimo
disco. Nel corso degli anni tante volte è
successo che le star presenti hanno reso
omaggio dal palco ad altri loro colleghi
oppure che artisti di band diverse dessero
vita per l’occasione a delle “jam session”
che hanno sempre trovato una grande
accoglienza fra i giovani presenti.
Inoltre c’è sempre un filo conduttore che
lega i due momenti in cui si articola il 1°
maggio: la mattina il comizio dei Segretari Generali di CGIL-CISL-UIL ed il
“concertone” nel pomeriggio. Ad esempio, quest’anno la manifestazione della
mattina svoltasi a Rosarno aveva come
slogan “lavoro, legalità e solidarietà”,
temi ripresi ampiamente nel pomeriggio
dalla conduttrice del Concerto, la bravissima Sabrina Impacciatore.
C.B.
PER LE STRADE D’EUROPA
OPINIONI
25
I BISOGNI LE IDEE IL PROGETTO
LA REALIZZAZIONE LA CRITICA
di CLETO CATALANO
re” e la “valutazione” o, se vogliamo, la
“critica” nascono praticamente nello
ualche tempo fa dialogando con stesso tempo, fanno parte in maniera più
un amico a proposito della ri- o meno cosciente dello stesso ragionastrutturazione della mia abita- mento.
zione, l’amico mi chiese, credo in modo
molto serio, se il “fare” fosse necessariamente propedeutico al “criticare”. Immediatamente, quella domanda mi fece
venire in mente che, anche se in altri termini e in un altro contesto, aveva formato oggetto di un ampio e approfondito
dialogo in un aula del liceo classico “Virgilio” di Roma più di cinquanta anni prima. La domanda fù posta agli studenti ed
a me tra questi se la critica fosse necessariamente posteriore al “fare”, nel nostro caso si trattava di un lavoro artistico,
intellettuale, di un lavoro di un singolo
autore.
La risposta fu concorde, la critica era una
attività umana esprimente un giudizio,
una valutazione su qualcosa di già esistente, già realizzato, per cui non poteva
che essere posteriore al “fare”.
La mia immediata risposta alla domanda
dell’amico, proprio in virtù si quanto verificatosi nell’ambito di quella disquisizione, fu la stessa , il “fare” costituisce
un “prius” rispetto alla “critica” e che la
critica non ha ragion d’essere se non si riferisce ad un qualcosa di già avvenuto, Ciò vale anche, sempre a mio parere, andi già fatto.
che se si tratta di un’opera d’arte sia essa
Qualche giorno dopo mi sono sorti non letteraria, scientifica o figurativa, prova
pochi dubbi sulla giustezza della rispo- ne sia che l’autore rivede più volte la prosta, tutto sommato, scontata, banale ad pria opera prima di presentarla al pubbliun a domanda apparentemente altrettan- co. Certamente la “critica” intesa in sento banale.
so stretto quale attività professionale vieIl primo dubbio riguardava la mancata ne esercitata da persona diversa dall’auconsiderazione del fatto che l’agire è tore (da un professionista qualificato),
spesso preceduto o quanto meno contem- sempre che non ci sia stato un commitporaneo ad una sorta di valutazione o, se tente che abbia sorvegliato o abbia pretevogliamo, ad una sorta di critica da par- so di visionare e dare il suo “placet” alla
te della stessa persona che commette opera mentre l’artista procedeva alla real’azione. Quindi possiamo dire che il “fa- lizzazione della stessa. In tal caso, la
Q
“critica” espressa da persona diversa dall’autore non riguarda solo l’opera realizzata e presentata, ma tutte le fasi che
hanno determinato quel risultato. Fin qui
il ragionamento che riguarda il “fare” di
un singolo soggetto. Ora credo sia opportuno ragionare sul “fare” quale azione riconducibile agli “enti” intesi nella più
ampia accezione di questo termine.
Per portare avanti appunto questo ragionamento, ho pensato di dover suddividere il processo del “fare” in più fasi e verificare se la “critica” (intesa anche come
autovalutazione del proprio pensiero)
possa intervenire nelle varie fasi del processo.
La teoria che sto seguendo, con gli opportuni accorgimenti, ritengo sia applicabile anche alla realizzazione delle
opere d’arte o comunque a qualsiasi attività individuale, come cercherò di chiarire successivamente.
Le fasi che ho individuato sono:
• l’individuazione dei bisogni, delle necessità che si vogliono soddisfare;
• le idee che si ritengono utili per il soddisfacimento dei bisogni individuati;
• il progetto con il quale si pensa concretamente di poter soddisfare i bisogni;
• la realizzazione del progetto;
• la critica, che come vedremo successivamente, può estrinsecarsi non solo
rispetto alla realizzazione, ma sicuramente anche nelle fasi (tutte) precedenti alla realizzazione stessa.
Come punto di riferimento per valutare
se la suddivisione del processo del “fare”
che, ho appena esposto, abbia un senso e
possa essere di qualche utilità ho scelto
l’attività sindacale ed in particolare il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro.
Se esaminiamo l’attività principale del
sindacato, ovvero la contrattazione ai vari livelli, possiamo individuare la prima
PER LE STRADE D’EUROPA
26
fase ossia la individuazione dei bisogni non nell’esigenza di rinnovare
i contratti di lavoro, perché questa
va necessariamente considerata come una scadenza
temporale entro la
quale deve essere
presentata la piattaforma rivendicativa bensì nella individuazione delle
particolari esigenze dei lavoratori
destinatari del rinnovo.
Esigenze che ovviamente non sono sempre le stesse, ma variano di volta in volta in relazione a vari fattori quali ad
esempio il potere di acquisto del salario,
le nuove professionalità, il momento
economico e così via.
Poniamo il caso che in questo pericolare
momento storico si ritenga quale esigenza primaria rinnovare i contratti di lavoro destinando maggiori risorse ai livelli
inferiori della scala professionale. Si sviluppa quindi all’interno del sindacato
una discussione, un dialogo, che assumono sotto certi aspetti anche la forma dell’autocritica. Se la discussione si conclude con il riconoscimento che bisogni veri, primari, sono rappresentati appunto
dalla maggiore tutela da dare alle classi
professionali più deboli, si può passare
alla seconda fase da me indicata come il
vaglio delle idee per soddisfare il bisogno individuato. Una volta che questo bisogno sia stato ritenuto primario e, di
conseguenza, sia divenuto un obiettivo
da perseguire si passa al vaglio delle idee
e dei metodi per raggiungerlo.
Chiaramente le idee e i metodi per raggiungere l’obiettivo possono essere diversi, ad esempio ci sarà chi proporrà una
diversa articolazione dei parametri ufficiali o di fatto, spostando verso l’alto le
qualifiche con il parametro più basso, chi
invece proporrà l’istituzione di un assegno extra retribuzione normale, chi pro-
PER LE STRADE D’EUROPA
OPINIONI
porrà delle una tantum annuali per tutta
la durata del contratto, chi proporrà ancora altre idee.
Una volta definita la strada il metodo che
si ritiene risolutivo si può passare alla definizione del progetto che, nel caso di
rinnovi dei contratti collettivi di lavoro,
definiamo “piattaforma”. È chiaro che la
formazione della decisione nelle varie
fasi passa attraverso gli strumenti di dialogo e di consultazione degli organi preposti nella quali sedi si articola un dibattito, una valutazione, nonché una (eventuale) critica alle proposte che il quadro
dirigente presenta prima, per l’individuazione, poi delle idee per soddisfarli,
ed infine del progetto-piattaforma rivendicativa.
Finora abbiamo visto la strada, l’iter per
la formazione della volontà del sindacato, rappresentata dalla piattaforma rivendicativa, ora è il momento di vedere se
soggetti esterni al sindacato esercitino o
meno il diritto di esprimere giudizi, valutazioni nonché critiche. Posso dire, in base alla mia esperienza che governi, controparti, associazioni interessate, mezzi
di informazione, nonché singoli cittadini
questo diritto lo esercitano molto spesso
e, non poche volte, in modo non benevolo. La domanda che ci si può porre è se
sia lecito o meno esercizio di questo diritto. Sicuramente si, perché il rinnovo di
un contratto collettivo di lavoro interferisce sul quadro economico complessivo
del paese, purché
questo diritto di
critica non si trasformi surrettiziamente in un diritto di “veto”. L’ultima fase che, a
mio parere non è
la più importante,
anche se lo può
sembrare, rappresenta solo il termine di un processo oltremodo
complesso che
per facilitare lo
sviluppo del mio
pensiero ho estremamente semplificato. Nel nostro caso,
invece, la fase più importante è rappresentata dalla realizzazione del progetto
che assume la forma del contratto collettivo di lavoro, anch’esso oggetto di valutazione di giudizio di critica da parte dei
soggetti preposti alla sua approvazione,
nonché dei soggetti ed organismi interessati alla vicenda contrattuale.
Se andiamo ad esaminare il comportamento di un partito politico o di una coalizione politica in occasione di una consultazione elettorale riscontreremo che le
fasi del processo “del fare” sono molto
simili.
La scadenza elettorale e quella contrattuale sono occasione di una riflessione
per individuare i bisogni per il sindacato
del lavoratori che rappresenta e per i partiti politici dei bisogni dei cittadini.
I dirigenti dei partiti, in effetti, procedono con gli stessi metodi per la individuazione dei bisogni, esprimono le idee per
soddisfali, tra queste scelgono quelle
che sembrano le migliori, le trasformano
in progetto programma e se vincono la
competizione elettorale adottano i prevedimenti legislativi per attuarlo.
Nel caso di sconfitta il partito o la coalizione di partiti farà del tutto per condizionare l’attuazione del progetto-programma del gruppo politico vincente e
per far trasformare i disegni di legge almeno in parte secondo il proprio progetto.
OPINIONI
Esiste, però, una differenza fondamentale, mentre il partito o la coalizione che ottiene la maggioranza deve tenere conto
delle posizioni della minoranza, ma può,
se vuole, provvedere spedito alla realizzazione del suo progetto-programma, il
sindacato per la realizzazione del progetto piattaforma deve convincere le controparti datoriali che quel progetto è economicamente e normativamente sostenibile. Ancora i risultati raggiunti dal sindacato sono oggetto di giudizio da parte dei
lavoratori rappresentati e non quelli raggiunti dalla maggioranza politica sono
oggetto di giudizio da parte di tutti i cittadini.
Dopo questa lunghissima premessa posso esprimere il convincimento che “il fare” in quanto conclusione di un processo
estremamente complesso non costituisce
necessariamente un “prius” rispetto alla
“critica”, ma che il giudizio, la valutazione, l’autocritica, l’autovalutazione
espressi nel corso delle fasi logiche e non
del tutto cronologiche, come ho purtroppo dovuto esemplificare, condizionano
pesantemente “il fare” e che quando si
parla della politica del “fare” contrapponendo alla politica del “dire” si cade in
uno slogan pubblicitario per nulla giustificato in quanto si afferma che “il fare” è
un qualcosa di immediato, estemporaneo, svincolato da una precedente necessaria elaborazione, che come credo di
aver dimostrato è assolutamente propedeutica al “fare” che io intendo come realizzazione di un progetto. Un’ultima osservazione, la “critica” svolge senz’altro
una funzione importante, imprescindibile, in tutte le fasi del processo ma il suo
ruolo è determinante allorché mette a
confronto il progetto e la realizzazione
dello stesso perché evidenzia o le pecche
del progetto o quelle della realizzazione,
nonché la buonafede e la correttezza di
chi ha prodotto il progetto e di chi ha curato la sua realizzazione e, quindi, dare
elementi di giudizio, nel nostro caso agli
iscritti al sindacato, di conservare o meno la fiducia al gruppo dirigente e ai cittadini elettori di conservare o meno la fiducia al partito o alla coalizione che ha
votato nella precedente consultazione
elettorale.
Come si intuisce da quanto espresso fino
ad ora la critica, l’autocritica la valutazione e l’autovalutazione ed il giudizio
sul proprio operato e su quello altrui oltre a rappresentare un diritto se esercitato con correttezza ed eticità, rappresentano la maturità di un paese ed il suo livello di democrazia. Resta da chiarire
che non sempre, forse mai, il passaggio
dal progetto-piattaforma rivendicativa o
dal progetto-programma avviene esattamente nei tempi e nei modo previsti
quindi la critica il giudizio devono tenere conto delle difficoltà impreviste e comunque delle congiunture negative che
dovessero sopravvenire, perché la critica
ed il giudizio per essere apprezzabili e
forieri di effetti positivi non possono e
non debbono prescindere dalla buonafede e non influenzati da personalismi siano essi positivi o negativi.
Cleto Catalano
27
Ci perviene
una lettera...
Sig. Direttore
Ci sembra di capire che "qualcuno"
si adombri alle nostre battute e si
imponga uno sciopero del sorriso.
A prescindere dai perché... vorremmo far sapere che ridere fa bene perché riduce gli ormoni dello stress, fa
bene al sistema immunitario, riduce
la pressione e il colesterolo cattivo,
alza i valori di quello buono e aumenta l'appetito come un vero...
"esercizio fisico"!
Non lo diciamo solo noi da quassù...
ma anche uno studio compiuto dall'Università Lama Linda della California. Ridere riduce la "leptina" e aumenta la "grenolina", rilassa i muscoli e mette in circolo molecole "positive"; ridere 15 minuti al giorno fa perdere in un anno oltre 2 Kg di peso.
L'esercizio del sorriso fa dunque bene anche e soprattutto alle persone
anziane e a chi è in soprappeso per
la troppa sedentarietà e per l'impossibilità a praticare ogni "esercizio fisico".
Per questo con le nostre battute alle
vostre a volte scriteriate azioni giornaliere, vogliamo dare un piccolo
contributo a farvi stare bene e a ...
calare di peso.
Cordiali saluti
I Santini
PER LE STRADE D’EUROPA
28
UNA INIZIATIVA DELL’ANCAM
Lavoratori, mezzo di Lavoro-Azienda
nell’ottica della “Partecipazione”
di S.F.
B
ologna 6/7 maggio 2010. E’ una
data importante per il trinomio
Lavoratori-Mezzo di LavoroAzienda.
Una pietra miliare che riprende la sua
funzione di segnalare un percorso e che
fa seguito a quello degli anni 70, poi
interrotto, con cui le Aziende e le OOSS
avevano concordato l’istituzione di una
Commissione congiunta che visionasse
ed apprezzasse le strutture e le potenzialità degli autobus addirittura prima del
loro acquisto.
Come tutte le cose intelligenti ha avuto
breve durata e l’evoluzione dei tempi
lasciò cadere questo importante momento di partecipazione, di rapporto, di
garanzia di sicurezza, di valorizzazione
del lavoro anche e soprattutto in termini
di qualità e di efficienza sia per gli operatori che per gli utenti.
Dopo molto tempo, oggi, su proposta
dell’Associazione Nazionale Circoli
Autoferrotranviari e Mobilità (ANCAM) guidata da Roberto Bertocchi,
PER LE STRADE D’EUROPA
vulcanico ed instancabile presidente che
coordina ed indirizza i Cral del TPL non
solo per quanto riguarda il tempo libero,
ma anche per quanto concerne la qualità
della vita dei Lavoratori del settore, ha
preso corpo la proposta per l’effettuazione di una indagine conoscitiva di tipo
tecnico-qualitativa per la definizione
delle “linee strategiche e degli elementi
tecnici fondamentali per la costruzione
di un posto guida ottimale di un autobus
adibito al TPL”.
L’ANCAM non è nuova a queste iniziative, riprendendo una validissima indagine svolta dalla Segreteria Uiltrasporti
dell’Azienda ATC di Bologna sullo
stress degli autisti, lo ha promosso in
altre Aziende Italiane ed è riuscita a promuoverlo anche a livello Europeo nel
V Forum Internazionale dei Circoli
Europei tenuto a Parigi nel mese di febbraio di quest’anno, suscitando un grande e gratificante interesse.
Si è arrivati a questa nuova iniziativa di
Bologna con il prezioso e professionale
apporto dell’ing. Franco Gazzotti oggi
consulente di molte Aziende italiane del
settore e il patrocinio oneroso della BredaMenarini s.p.a della città Felsinea.
Infatti, l’Ing. Claudio Modelli responsabile delle vendite di questa rilevante
Azienda costruttrice di mezzi di trasporto, leader nel panorama nazionale ed
UNA INIZIATIVA DELL’ANCAM
29
campione è stata la morfologia fisica e il
“panel” di autisti è stato costruito in
relazione alla copertura geografica del
territorio nazionale e alla rappresentatività dell’Aziende stesse.
La UILT Nazionale ha attivato le UILT
Regionali e non senza difficoltà, si è riusciti a mettere insieme le unità volontarie necessarie all’indagine, come dal
seguente quadro:
internazionale, ha creduto in questo progetto e ha operato affinché potesse ottenere il finanziamento della BredaMenarini.
Naturalmente il centro operativo è stato
assunto dal Circolo Dozza della ATC,
usufruendo del prezioso apporto della
Segretaria Esmeralda Ballanti e del
volontario contributo degli Istruttori
ATC Mirco Grimandi, Luigi Marra,
Luciano Battistini, nonché del nostro
prezioso pensionato, ma non in pensione
“Martino”.
La Uiltrasporti Nazionale ha risposto
con entusiasmo all’invito che l’ANCAM ha inviato alle OOSS e tramite il
Servizio delle “Politiche del Tempo
Libero” ha messo a disposizione, come
contributo ai lavori, i 30 operatori di
esercizio richiesti per la struttura a campione, dimostrando purtroppo che è la
sola Organizzazione Sindacale , a prestare la giusta attenzione e la sensibilità
necessaria per lo sviluppo di questa collateralità del Sindacato.
Lo scopo del progetto è quello di valutare tutti gli elementi utili e le caratteristiche tecnico-economiche volte a comprendere come venga percepito e valutato l’attuale impostazione del “posto
guida” nei mezzi di trasporto pubblico
Città:
Aziende:
Numero
autisti:
BOLOGNA
ATC
2
MILANO
ATM
4
TORINO
GTT
3
TRIESTE
TT
2
VENEZIA
ACTV
2
FIRENZE
ATAF
2
ROMA URBANO
ATAC
3
ROMA EXTRAURBANO
COTRAL
3
locale e quali migliorie possano essere
ANCONA
CONERO
2
individuate dai conducenti, per risolvere
ANM
3
le attuali criticità e puntare a livelli di NAPOLI
VERONA
ATV
2
eccellenza.
L’Ing. Gazzotti e l’Organizzazione, CAGLIARI
CPT
2
hanno pensato di coinvolgere nel lavoro
TOT. 30
un rappresentativo campione di Operatori di esercizio in numero di 30 unità
statistiche, di cui 24 uomini e 6 donne, Le giornate previste per l’indagine sono
di età compresa tra i 35 e i 55 anni.
tre delle quali due (il6 e 7 maggio) per lo
Ulteriore criterio di segmentazione del svolgimento per le prove di guida e a
PER LE STRADE D’EUROPA
30
UNA INIZIATIVA DELL’ANCAM
distanza di 20 giorni ( il 10 giugno) per
l’esposizione dei risultati e gli approfondimenti tecnici con la BREDAMENARINI s.p.a., società committente.
I percorsi di guida, negli orari 9,0012,00 e 14,00-17,00 sono stati definiti
dagli Istruttori ATC nell’ambito del territorio provinciale e cittadino di Bologna, con la suddivisione degli autisti in
tre gruppi di 10 su ciascun mezzo, a
rotazione per tre guide di tre ore ciascuna.
Dopo il tempo di guida l’autista ha provveduto a compilare un articolato questionario che riportava dati relativi alla
strumentazione, posizione di giuda, gli
arredi interni, la prestazione del conducente, le scelte costruttive sulla postazione.
Tutti hanno espresso e riportato il loro
parere e i loro suggerimenti per determinare i punti di forza o di debolezza della
cabina di guida.
I nostri autisti, che hanno espresso la
loro soddisfazione a partecipare a questo
importantissimo momento di confronto,
chiamiamolo operativo, con l’Impresa
costruttrice, sono stati coinvolti come
testimoni privilegiati entro questo protocollo di ricerca articolato in quattro
momenti:
1° individuazione del livello di soddisfazione in relazione alle diverse componenti del posto guida;
PER LE STRADE D’EUROPA
2° esplicitazione dei motivi di soddisfazione o di scarsa soddisfazione;
3° riconoscimento dell’importanza dei
diversi aspetti;
4° definizione puntuale dei desiderata.
Tutte le informazioni saranno oggetto di
valutazioni tra la BredaMenarini, l’Organizzazione e l’Ancam e saranno
messe a sistema per costruire punti di
riflessione per strutturare sempre meglio
le cabine di guida e posto di lavoro degli
Operatori di esercizio.
Per confermare la portata strategica del-
l’evento la Uiltrasporti Nazionale, su
mandato del Segretario Generale Giuseppe Caronia, ha fatto presenziare i
lavori di questo progetto da chi scrive
queste note, mentre il segretario Nazionale del TPL Luigi Simeone, ha partecipato alla presentazione dell’indagine.
Il risultato di questi lavori, che verranno
seguiti dal nostro Giornale considerata
l’importanza e le ricadute che hanno sul
nostro lavoro quotidiano, saranno presentati al convegno ASSTRA-ANCAM
di settembre2010 a Roma e alla UITP
world congress and exhibition il 10 – 14
aprile 2011 a Dubai.
Altro momento di valutazione dell’indagine sarà il 3 e 4 giugno a Roma presso
la sede della UILT Nazionale, quando si
incontreranno le rappresentanze dei
lavoratori TPL Francesi, Portoghesi,
Svizzere, Ungheresi, Sloveni, Croati e
naturalmente l’ANCAM per l’Italia, al
fine di preparare e coordinare i temi e i
tempi del VI° Forum Internazionale del
tempo di non lavoro e del
la relativa qualità della vita lavorativa,
che si terra a Zagabria nel prossimo
anno e che fa seguito a quello iniziale di
Roma nel 2000 e seguito da Parigi,
Losanna, Bologna e ancora Parigi nel
2009.
S.F.
GIROGIROTONDO...
31
Peace and Love
Van...no in giro
di
CAROLA PATRIARCA
V
ogliamo provarle proprio tutte
(quelle alla nostra portata si intende…), così questo week end,
dopo innumerevoli ricerche del mezzo
adatto, noleggiamo un “van”. Il van è
un monovolume camperizzato cioè attrezzato per dormire, mangiare e incredibile a credersi fornito di bagno con
doccia. Ricordate i mitici furgoncini
della Volkswagen per raggiungere Woodstock . Va bene sono un po’ fuori
tempo per il “peace and love”, ma la
tentazione di fare “i figli dei fiori”, travolti da un reflusso nostalgico posthippy (magari un po’ più comodi) è così stimolante che un venerdì ci sobbarchiamo tre ore di traffico, tra tangenziale e raccordo anulare, per andare a
prendere il van e poi via… verso Firenze. È ormai buio quando arriviamo al
camping (so già che a questo punto direte: che i figli dei fiori comodi!). Ha
piovuto a dirotto per tutta la giornata
quindi il terreno si è trasformato da
prato in sabbie-mobili . il primo pensiero è: come si fa a non portare tutto
questo fango all’interno? Soluzione:
non si fa! Domani impasteremo creta e
venderemo monili ai turisti, ma ora bisogna per forza scendere per allacciare
la luce. Così l’uomo di “casa” si avventura al buio e sotto la pioggia cattura il
cavo elettrico dei vicini, poi con passo
da ghepardo, seguendo il filo arriva alla colonnina elettrica. Bene, ora sappiamo dove attaccarci, quindi lascio il
ghepardo alle intemperie e preparo la
cena. Dato che abbiamo ospiti tiro fuori anche il servizio “buono” (cioè i piatti di plastica colorati). Il mattino dopo
il sole filtra tra i rami degli ulivi, il cinguettio degli uccelli è l’unico suono che
accompagna il giorno nascente, la temperatura è mite e l’aria profuma sulle
dolci colline toscane. Tutta un’altra co-
sa rispetto al campo profughi che era
ieri sera. Raggiungiamo facilmente il
centro città e questa mattina la dedichiamo alla cultura: “Uffizi a go-go”.
Per fortuna abbiamo prenotato, altrimenti con la fila che c’era forse entravamo lunedì (anche perché in questo
week end i musei statali sono gratuiti).
Grande scorpacciata di “capolavori”.
Opere d’arte straordinarie , ho visto anche il sosia di Andy Luotto (ritratto
ignoto) dipinto da Sofonisba Anguissola, certamente le figure femminili che
più mi piacciono sono quelle “botticelliane”: “La Primavera”, “La Venere”, le
meno note “Giuditta” e “Pallade”, tutte con la loro pancetta rotonda e le linee morbide. Questo modello di femminilità mi fa rammaricare di non essere
nata nel ‘500. Dopo “Gli Uffizi” (non sazi) proseguiamo la scorpacciata tra
chiese e piazze. A Firenze si gira a piedi comodamente, il centro è pianeggiante e chiuso al traffico. Così girando-girando ci troviamo in una piazzetta (vicino alla casa di Dante) dove facciamo il primo incontro con l’ambulan-
te che vende panini con “il lampredotto”. Che incontro fantastico. Un collega me ne aveva parlato, così costringo
la truppa all’assaggio. Squisito! Marciamo ancora fino a notte tarda e quando
arriviamo a Ponte Vecchio le botteghe
degli orafi sono chiuse. Un nutrito
gruppo di persone ancora affolla il ponte allietate da un “cantautore” che
strimpella. Passiamo distrattamente
tra la gente quando percepisco una
strofa della canzone che mi raggiunge
alle spalle. “Buona notte alla donna
con lo zaino con i libri , anche se non
ha più l’età…” (o una cosa del genere).
Hai capito?! Si riferiva a me, l’impudente! Incuriosita dall’impertinente ma
reale osservazione mi fermo ad ascoltare. Ce ne ha per tutti! Ad ogni persona
che passa sul ponte da la sua “Buonanotte….” così arguta e pungente, credete uno spasso. In pochi secondi individua nel soggetto la particolarità e subito in rima arriva la “buonanotte-battuta”. All’uomo che porta a spasso il
“rolex d’oro”, alla “chiattona “ americana, agli “amici scuri” campioni di
PER LE STRADE D’EUROPA
32
“corsa ad ostacoli”. La faccio breve, se
non smetteva non andavamo più via.
Domenica è veramente splendente. Finalmente la primavera si è ricordata il
suo ruolo. Scendendo da Piazzale Michelangiolo il verde pubblico e privato
ci incanta. Viali di “maggiociondoli”
(alberi con grappoli di fiori giallo-oro),
“pruni” dal tronco nero e fiori rosa-acceso, boschetti di “bambù”, “acacie” di
bianco fiorite, “glicini” immensi che si
abbarbicano sui muri, in un tripudio di
colori e profumi camminiamo su un
tappeto di fiori.
Il Duomo, il Battistero, Santa Maria Novella (con il crocefisso del Giotto che si
libra a mezz’aria).
Questa volta la sosta al furgoncino del
“lampredotto” è lunga e soddisfacente.
Per chi non fosse di Firenze; il lampredotto è una parte della trippa (stomaco bovino) bollito e aromatizzato con
erbe e peperoncino: insieme alla trippa
alla fiorentina ed il bollito compone il
trittico di forza nella gastronomia “casareccia”. Con un bel bicchiere di vino
rosso… trasforma un triste “panino al
volo” in un pasto sopraffino. In preda
ai fumi alcoolici-gastronomici sottoscriviamo un patto. La prossima “bischerata” prendiamo il treno e veniamo
a Firenze ad onorare il “Lampredotto”.
Non ci resta che smaltire nel “Giardino
di Boboli”. Il parco è annesso a Palazzo
Pitti e occupa scenograficamente la
collina soprastante. Fontane, statue,
un anfiteatro, il laghetto con il suo iso-
PER LE STRADE D’EUROPA
GIROGIROTONDO...
lotto, la limoneria e il
“Viottolone” (viale
delimitato da cipressi
secolari)….
A questo punto c’è
stata la cerimonia funebre.
Premetto che ormai da
anni ci sono “cose”
che viaggiano con me.
Un vecchio borsone di
pelle per i lunghi viaggi (è meno comodo di
un trolley, ma contiene più abiti e lo fanno
imbarcare in cabina). Lo zaino (quello
per cui mi prendeva in giro il “cantastorie”) che era di mio figlio, altrettanto comodo e utile specie per i viaggi
corti. Un altrettanto datato pareo (funge da sciarpa, da gonna, telo mare, borsa d’emergenza, riparo dal sole e dal
vento…) e per finire le scarpe da ginnastica. Uso queste scarpe solo per
viaggiare o per le gite. Vanno bene in
moto (specie in estate), abbastanza
calde d’inverno, sufficientemente fresche in estate, comunque comodissime
e… purtroppo è successo… sono morte! Nate alla fine del ‘900, non ancora
20enni mi hanno lasciata in una soleggiata giornata di primavera, lontano da
casa, in una città straniera. Come spesso succede (morto un Papa se ne fa un
altro) do l’addio alle Nike, celebro ifunerali di Stato e con estremo cinismo
sostituisco le defunte e siamo pronti a
ripartire. Il tempo è
così buono, l’occasione di avere a disposizione il “van” è così
ghiotta che facciamo
un cambio di programma
all’ultimo
minuto e ci dirigiamo
verso la costa.
Inutile dire quanto sia
bella la riviera toscana, la sorpresa invece
è Rosignano Solvay.
La località “Le spiagge
bianche” è stata letteralmente creata da Er-
nest Solvay nel 1861, ingegnere appassionato di scienze che ha brevettato la
produzione industriale di carbonato di
sodio a partire da un processo rivoluzionario con soda e ammoniaca. Le famose spiagge sono formate dagli scarichi dell’adiacente industria chimica:
per il 90% è calcare cotto e finemente
tritato e per il 10% circa cloruro di sodio. Quindi…bianco. Spiaggia bianca,
bagliore accecante, mare turchese, aria
frizzante (è un neologismo), invece
reale è l’inquinamento di queste sostanze che rende la meravigliosa spiaggia non balneabile! Ricordate il cavallo
al galoppo sul bagnasciuga della Vidal?
Ecco il posto è questo. Ritemprati dalle fatiche della “cultura” e ossigenati
dal salmastro torniamo a casa. L’ultima
sosta in una piazzola di servizio sull’Aurelia. Così preparo uno spuntino
prima di rimmergersi nel caotico traffico romano. C’è un altro camper fermo,
un camion e qualche macchina. Ingenua mi si dirà. Si è vero, ma non avevo
proprio pensato che quel camper fungesse da pied-a-terre per una libera
professionista. Neanche il tempo per
un caffè e tre “gentiluomini” si succedono “nell’ufficio” della florida sudamericana.
Tra lo sbigottito e il divertito non mi
resta che dire: …veloci i “ragazzi”. Sorvolo su ogni altra riflessione su questo
spiacevole episodio, è stata una bella
vacanza… sono proprio fortunata!
Carola Patriarca
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI TORINO
33
La Sindone da reliquia a Icona
dalla nostra redazione PIEMONTESE
di NELLO FUSARO
T
orino. Nel mese di aprile presso
il duomo cittadino è avvenuto un
evento destinato ad attrarre l'attenzione del mondo intero.
Un evento che ha portato a Torino schiere nutrite ed organizzate di uomini e
donne per seguirlo in prima persona. Un
evento unico che viene ripetuto a parecchia anni di distanza.
Presenti autorità d'ogni livello provenienti dai quattro punti cardinali.
Vi domanderete di che si tratta? Beh,
non occorre una scienza infusa per
saperlo, ed è semplice: dell'ostensione
della Sindone, il lenzuolo che, secondo
la leggenda avrebbe avvolto il lenzuolo
di Cristo allorché venne deposto nel suo
sepolcro per i famosi tre giorni.
Un lenzuolo che noi abbiamo visto più
volte anche se con gli occhi di chi non vi
crede.
Lo hanno osservato milioni di persone,
da semplici curiosi a fedeli di varie
obbedienze.
Il lenzuolo o sudario, come più comunemente viene chiamato, reca in se delle
tracce evidenti ed indelebili che vengono attribuite alla folgorazione avvenuta
quando Cristo risorse.
Più scienziati hanno tentato di stabilire
(non con poche limitazioni, vincoli,
pressioni ecc.) la datazione del sacro
lino.
Le prove eseguite su piccoli brani di tessuto, con lo strumento del Carbonio 14,
hanno permesso di avvicinarsi con una
percentuale di precisione del 95%, quindi scientificamente accettabile, all'epoca
di produzione a quella che si presume
essere compresa tra il 1260 e il 1390
come dato medio tra i vari responsi.
Sia per la scelta dei laboratori che dovettero eseguire le analisi, sia per quella
sulle personalità scientifiche che dovevano fornire una sorta di “obbiettività”
di giudizio, nacque una contesa polemica, scientifica e di interesse che, alla
fine, quando il cardinale di Torino, Ballestrero, il 13 ottobre 1988 annunciò
l'esito delle prove, anziché rimuovere
ogni esitazione sulla effettiva origine
della Sindone, i dubbi si amplificarono a
dismisura e le polemiche anziché cessare, continuarono per anni.
Per noi che non ci riconosciamo in alcuna religione il problema che si pone non
è di natura divina o ad essa riconducibile.
Al contrario per noi reliquie o semplici
feticci, la differenza non è tra religione e
ateismo, quale suo diretto opposto, ma
su religione o fede e spiritualità.
E non si tratta di una questione di poco
conto poiché, alla base di questa contrapposizione si trova il nocciolo di un
problema che cozza con tutta la sua
forza contro una serie di incongruenze in
cui, la chiesa cristiana e la sua storia, ma
anche tutte le professioni di fede e il loro
principale motivo di esistenza: l'ampliamento del proprio numero di adepti o
fedeli.
O evangelizzazione.
Se andiamo a ritroso però nel tempo, la
storia della cristianità come quella di
tutte le religioni rivelate potremmo
aggiungere, il sangue, il dolore altrui è
considerato come una “necessità” per lo
scopo finale di un Dio, qualunque esso
sia.Suggeriamo ai nostri lettori di compiere una piccola ricerca per restare stupiti: provate a trovare l'origine etimologico delle parole “divino” e “diabolico”,
ne scoprirete delle belle...
Ma giusto per non perdere il filo del
discorso, torniamo sulla via originale.
Il 13 ottobre 1988 il cardinale di Torino,
annunciò l'esito della prova del Carbonio 14.
PER LE STRADE D’EUROPA
34
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI TORINO
Dei sette istituti scientifici che erano originariamente stati selezionati per sciogliere il dubbio millenario, solo tre alla
fine si trovarono a fornire un responso
e va detto, con non poche “singolarità”
che lasciarono un dubbio ancor maggiore.
Mentre la polemica alimentava attorno
alla Sindone volumi di parole, il responso del Carbonio 14 però metteva in chiaro che il sacro telo non poteva essere
quello che aveva avvolto Cristo oltre
mille anni prima.
La domanda che circolò immediatamente dopo la data della pubblicazione del
rapporto del 1988, e che trascendeva
palesemente dal concetto di fede ma
che, indirettamente portava nuovamente
alla luce le nefandezze della chiesa cristiana nei secoli, trovò risposte (anche se
non sarebbero mai state ufficialmente
confermate) in un periodo, molto verosimilmente, vicino alla data di produzione
del sacro lino: l'anno 1314.
Ma allora di chi era il corpo e il volto
rimasto impresso sulla Sindone?
Le ipotesi sono molte e, a seconda dell'origine di coloro che pongono un'ipotesi come “quella attendibile e vera”, le
risposte sono molte.
Quella più accreditata, anche se non
ovviamente ufficiale, è che il corpo che
PER LE STRADE D’EUROPA
venne avvolto in quel lino, fosse quello
di un uomo la cui fine della vita coincise
con una morte tragica e violenta, dovuta
presumibilmente ad un evento tale da
sviluppare una fonte termica capace di
impressionare il tessuto come una pellicola fotografica: un uomo molto sul
rogo ad esempio.
Nel medioevo la morte per rogo era una
consuetudine che faceva seguito all'intervento della tortura come efficace
metodo per estorcere confessioni e
quant'altro.
Studi enciclopedici ci ricordano come
con una bolla speciale di scomunica per
eresia, Clemente V°, papa debole e soggiacente al re di Francia Filippo il Bello,
mise al bando uno degli ordini cavallereschi più potenti mai esistiti al mondo:
"Pauperes commilitones Christi templique Salomonis" (Poveri Compagni d'armi di Cristo e del Tempio di Salomone)
meglio conosciuti come Cavalieri Templari.
Da quel venerdì 13 ottobre 1307, giorno
in cui l'ordine di Filippo il Bello di arresto in tutta Europa dei cavalieri, i processi, la tortura e infine i roghi, misero
ad una fine pubblica ad un ordine che
aveva difeso in Terra Santa le idee della
stessa cristianità.
Ed è proprio a quella fine che si collega
il sacro lino.
Infatti quel corpo che
venne avvolto verosimilmente in un periodo
“compreso tra l'anno1260 e il 1390” come
da referto del Carbonio
14, rilasciò una immagine termica che rimase
sul tessuto rendendolo
“fotografico”.
A nostro avviso, non ci
sarà mai una prova
certa di chi si tratti, ma
una nostra piccola
ricerca, molto piccola e
limitata attraverso una
letteratura relativa, ci
porta a pensare che
quell'immagine sia stata
impressa sul telo il 18
marzo 1314 dal corpo ormai privo di
vita dell'ultimo Gran Maestro dell'ordine
dei cavalieri templari, Jacques de Molay
arso vivo a Parigi sull'isola della Senna
detta dei giudei, nei pressi di Notre
Dame.
Non lo sapremo mai con certezza, è
ovvio, anche perché se una verità conosciuta possa esistere, questa sarà sempre
in mano alla chiesa che, ben sapendo
quanto vale in termini comunicativi l'interesse dei fedeli, e quanto rende anche
in termini economici, ben si guarderà
dal renderla pubblica perché è noto che,
davanti al Dio vero ispiratore di questa
chiesa moderna, il Dio denaro, ci si
inchina supplichi e omertosi.
E questo aspetto poco ha di ultraterreno
ma tanto di mercantile.
In un'epoca come l'attuale in cui anche i
valori sono un mercato, coloro che
potrebbero essere stimoli e cultura per
una società moderna, dinamica e proiettata verso un proprio legittimo futuro,
anziché credere e fornire propositi di
speranza sono peggio dei mercanti nel
tempio ecco perché è oggettivamente
riscontrabile un abbandono della “retta
via” per seguire paradisi limitati da un
pragmatismo manicheo in cui solo il Dio
denaro regola la vita e la morte.
Nello Fusaro.
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI
35
LE SCELTE DEL COMUNE DI NAPOLI NEL CLIMA DI INCERTEZZA
DEL DOPO EMERGENZA
Dal ciclo integrato ad “ASIA 2”
dalla nostra redazione CAMPANA
di FABIO GIGLI
L’
idea è di quelle che a prima vista sembrano semplici ed efficaci. Sotto i riflettori c’è
l’ASIA Napoli, con le sue difficoltà
economiche ed una qualità dei servizi di
igiene ambientale giudicata carente dall’Amministrazione Comunale. Ad essere considerato particolarmente debole è
soprattutto il servizio di spazzamento
delle strade. Con titoli ad effetto pubblicati dai vari giornali della città, il Comune di Napoli ha spiegato a tutti i cittadini del capoluogo partenopeo di aver
trovato la soluzione al problema. Se
ASIA non funziona abbastanza, basta
crearne un’altra! In realtà, nelle intenzioni che la Giunta presieduta dal Sindaco Iervolino ha inserito nel bilancio
di previsione del Comune, la nuova Azienda dovrebbe farsi carico di una idea
più ampia di decoro
urbano, andando oltre la semplice ramazzatura delle strade. Il continuo ricorso al condizionale è
assolutamente d’obbligo. Non soltanto
perché, nel momento
in cui scriviamo, il
bilancio di previsione non ha ancora ricevuto l’ok del Consiglio Comunale (che
sembra comunque assicurato). Il provvedimento elaborato a
Palazzo San Giacomo non affronta nel
dettaglio molte questioni rilevanti. In
che modo il servizio sarà trasferito dall’ASIA Napoli alla nuova Società?
Quale sarà la sorte del personale utilizzato da ASIA Napoli, in che modo migrerà nella nuova azienda? Quale contratto sarà applicato ai lavoratori, manterranno tutti il loro posto, conserveranno lo stesso reddito? L’Amministrazione Comunale sinora non è andata oltre
rassicurazioni di cui, anche se non c’è
motivo di dubitare, non si può fare a meno di notare la genericità. Nemmeno gli
incontri sollecitati dal Sindacato hanno
contribuito a portare maggiori chiarezze. Si parla genericamente di cessione
di ramo d’azienda e di dettagli tecnici
da approfondire dopo l’approvazione
del bilancio previsionale. Non si fa rife-
rimento ad alcun business plan. Non si
discute nemmeno dell’annunciata “revisione della forza lavoro”, interpretata
dai quotidiani come una politica di
svecchiamento degli organici con esodi
incentivati per il personale più anziano.
Volendo escludere a priori una reticenza volontaria nei confronti del Sindacato, quella che emerge è una mancanza di
strategia che il generale rivoluzionamento dell’igiene ambientale in Campania giustifica solo in parte. Le argomentazioni che i rappresentanti della Giunta
Comunale utilizzano per motivare la loro scelta sembrano più elementi da approfondire in un confronto con le parti
sociali che sentenze inappellabili. La necessità di migliorare lo spazzamento è
reale e condivisa. Anche i Sindacati sostengono la necessità di risorse economiche sufficienti per acquistare spazzatrici ed
altre attrezzature meccaniche, di personale
qualificato e motivato
e di una moderna ed
efficace organizzazione del lavoro. La volontà del Comune di
rendere disponibili
maggiori risorse per
lo spazzamento è assolutamente condivisibile. Altrettanto
condivisibile è pure
l’intenzione di rendere meno pesanti le
difficoltà dell’ASIA
Napoli, logorata da
anni di dispendiosa
emergenza e di finan-
PER LE STRADE D’EUROPA
36
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI
ziamenti comunali inferiori ai reali costi di gestione. Possibile, però, che la
strada per realizzare tutto questo passi
soltanto per la costituzione di nuove
Aziende pubbliche e migrazioni di personale che scuotono la stabilità dei lavoratori? Gli stessi Assessori della
Giunta di Palazzo San Giacomo che sostengono la costituzione della cosiddetta “ASIA 2” indicano, come oggetto di
futuro confronto con le Organizzazioni
Sindacali, la possibilità di altri percorsi
che sarebbero accolti con maggior favore dai lavoratori. In primo luogo perché
salvaguarderebbero l’integrità dell’ASIA Napoli, favorendone il rilancio
necessario anche per la raccolta differenziata e gli altri servizi di igiene ambientale. In secondo luogo per evitare
una frammentazione del ciclo dei rifiuti
che i lavoratori hanno sempre osteggiato. Già nel 2006, nel dibattito che portò
all’approvazione del Decreto Legislativo n°152, la definizione di ciclo integrato rappresentò una forte criticità.
Anche allora si parlava dello spazzamento come attività di decoro urbano,
diversa e separata dagli altri servizi di
igiene ambientale. Si ipotizzò la nascita
di nuove aziende di servizi, con dipendenti inquadrati in contratti collettivi diversi da quelli, “Federambiente” e “Fise”, che regolano il settore. La contrarietà dei lavoratori fu fortissima. Si creò
un vero e proprio movimento nazionale
che i Napoletani, soprattutto gli operatori dell’ASIA, sostennero con grande
determinazione. Quel movimento raggiunse il suo obiettivo e l’integrità del
ciclo dei rifiuti divenne Legge dello
Stato. Le disposizioni contenute nel Decreto n°135 del 2009, pure indicate tra i
riferimenti normativi che ispirano le
strategie del Comune di Napoli, sembrano voler favorire un’ampia liberalizzazione del settore. Si limitano gli affidamenti diretti ad aziende pubbliche e si
favoriscono le gare d’appalto aperte al
mercato delle imprese private. Per arrivare ad una parziale privatizzazione
delle aziende pubbliche si impone la
vendita di pacchetti azionari, non la cessione di rami d’attività ad altre aziende
PER LE STRADE D’EUROPA
pubbliche, potenzialmente oggetto della stessa norma. I riferimenti normativi
che renderebbero necessaria o possibile
la frammentazione del ciclo dei rifiuti e
la creazione di una nuova azienda comunale, insomma, restano tutti da verificare.
La scelta del Comune di Napoli, ad onor
del vero, cade in una fase di traumatica trasformazione che coinvolge l’intero comparto Campano dell’igiene ambientale.
La Legge n°26 del 2010, che sancisce la
fine dell’emergenza e disegna il ritorno
ad una normalità in cui la gestione dei
rifiuti è in capo alle province, ha effettivamente aperto scenari di grande incertezza. Si susseguono le polemiche sul
trasferimento, dai Comuni alle Province, delle risorse provenienti da tasse e
tariffe che i cittadini pagano per finanziare il prelievo e lo smaltimento dei rifiuti. Il passaggio di gestione degli impianti già esistenti, i cosiddetti STIR, si
sta rivelando più problematico del previsto nella gestione dei lavoratori ed ancor più per i problemi di carattere economico e finanziario che la transizione
pone ai nuovi gestori, ASIA Napoli in
testa. Transizione pesante anche per i
Consorzi di Bacino, con gravissimi problemi di approvvigionamento finanziario e migliaia di lavoratori senza stipendio per settimane. A Napoli e Caserta i
lavoratori hanno aspettato per mesi, tra
momenti di vera disperazione sociale ed
agitazioni repentine ed incontrollabili
che hanno penalizzato i servizi e ricreato situazioni di vera emergenza.
Con il trasferimento di competenze ormai imminente e senza le indicazioni di
un piano provinciale per la gestione integrata del ciclo dei rifiuti, le Amministrazioni Comunali non possono che
scegliere tra un forzato immobilismo ed
iniziative potenzialmente contrastanti
con la necessità di “fare sistema”, introdotta dalla legge approvata il 26 febbraio di quest’anno. Il Comune di Napoli
ha scelto la strada delle iniziative unilaterali ed introduce un principio di frazionamento del ciclo dei rifiuti che incontra le resistenze del Sindacato, pronto a rappresentare gli interessi dei lavo-
ratori con tutti gli strumenti di una dialettica democratica attenta alle esigenze
della collettività. Il Sindacato sostiene
un’esigenza di efficacia ed economicità
dei servizi di igiene ambientale che è la
stessa di ogni cittadino di Napoli e della Campania. Un’esigenza che è possibile soddisfare integrando tutte le attività in un unico ciclo, governato da una
gestione di carattere industriale nel coordinamento di servizi ed impianti.
Parlare di ciclo integrato in ambito provinciale significa pensare ad un vero e
proprio piano industriale, un business
plan che definisca il portafogli delle attività ed individui i soggetti che ne sono
responsabili, definisca quantità e qualità degli organici, quantifichi costi e risorse. Le segreterie di Cgil, Cisl, Uil e
le organizzazioni di categoria hanno
chiesto che su questi temi si apra al più
presto il confronto con l’Amministrazione Provinciale, colmando quello che
già pare un ritardo. Il netto aumento di
tasse e tariffe per i rifiuti deciso dalla
Provincia di Napoli, infatti, produce
conseguenze ed effetti che avrebbero
meritato una valutazione condivisa con
le parti sociali.
La portata delle trasformazioni introdotte dalla Legge n°26, con le sue numerose ricadute sui lavoratori e sull’intera opinione pubblica, rende necessaria
un’assunzione di responsabilità da parte di tutte le istituzioni. I Comuni, che
dovranno integrare le loro realtà in un
sistema organizzato su scala provinciale. Le Province, chiamate a progettare e
realizzare un’inedita esperienza di gestione integrata. La Regione, chiamata a
realizzare ed applicare un piano regionale per la gestione dei rifiuti che governi razionalmente la riorganizzazione
dell’intero comparto. Anche il Sindacato, come sempre, farà la sua parte assumendosi le responsabilità che gli competono nei confronti dei cittadini, a cui
non si può chiedere di pagare il conto di
un ritorno alla normalità ancora tutto da
costruire, e dei lavoratori che di sacrifici, nei duri anni dell’emergenza, ne hanno già fatti in abbondanza.
Fabio Gigli
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI
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PLAUSIBILE CHIEDERSI: È UNA NECESSITÀ O VIRTÙ?
Rilanciare il trasporto di Metronapoli
dalla nostra redazione CAMPANA
di SIMONE SIMEONE
C’
è chi si batte per il miglioramento dei servizi del trasporto locale, chi chiede il
rispetto degli standard qualitativi del
servizio metropolitano, chi ripensa di
rilanciare il trasporto pubblico, soprattutto il servizio su rotaia, auspicando
una stagione di politiche miranti alla più
alta incentivazione della pubblica mobilità. Ma la cattiva condizione dei treni e
la frequenza rarefatta delle corse continuano ad imperversare sulla metropolitana di Napoli. Sembra che le condizioni
attuali di trasporto a Metronapoli continuino ad allontanare l’utenza ormai
stanca e stufa di non constatare che la
frequenza delle corse sia una costante
nel servizio erogato. Garantire la copertura del servizio è essenziale, come pure
garantire i treni nelle fasce di punta,
senza mai rinunciare all’orario cadenzato delle corse: allora com’è possibile che
un’azienda giovane come Metronapoli
non riesca ad assicurare tutto ciò ai suoi
viaggiatori? Proprio quello che
doveva essere un comparto di
eccellenza non riesce più a soddisfare le esigenze dell’utenza,
anzi, sembra omaggiare la logica
di corto respiro piuttosto che una
più attenta di carattere strategico. Così i viaggiatori devono fare
i conti con il cattivo funzionamento della linea metropolitana e
questa volta, sotto accusa è la
rarefazione delle corse, con frequenza quasi ferroviaria piuttosto che da metropolitana urbana.
Come è possibile incentivare i
cittadini napoletani a lasciare l’auto a
casa e servirsi della metropolitana, se il
funzionamento di questo servizio pubblico non convince i napoletani che sia il
modo più comodo e conveniente per
spostarsi nella città partenopea? Disagi
enormi subiti ancora dai pendolari, attese lunghe in banchina, treni sovraffollati, tutto ciò proprio a discapito di quei
fruitori a cui dovrebbe invece essere
garantito un servizio metropolitano efficiente. Se poi si verificano ulteriori soppressioni di corse all’atto della partenza
dovute a guasti tecnici, mancanza di personale, carenza di vetture, la situazione
diviene allora ingestibile. Come è possibile quindi per Metronapoli soddisfare
la domanda di mobilità collettiva in
maniera adeguata? Un servizio di trasporto pubblico che difetta dunque di
una affidabile frequenza dei treni, che
non garantisce più questi veloci collegamenti, che non può essere considerato
una vera alternativa al mezzo su gomma
o al mezzo privato, non è proponibile
quale fiore all’occhiello del trasporto
pubblico locale! Bisogna fare qualcosa
per Metronapoli, non aspettarsi ancora
altro da essa in autoproduzione, facciamo in modo che l’azienda torni a fare
l’azienda, non la succursale della politica, garantiamo flussi economici e solidità all’azienda perché essa possa e così
debba garantire la città. Garantire un
apporto alla mobilità è per Metronapoli
obiettivo imprescindibile ed il presente
in cui l’hanno ridotta, non è certo motivo di vanto per questa azienda che già
dalla sua prima realizzazione è stata
considerata un cavallo di battaglia del
trasporto pubblico. Lavorare per la
dimensione metropolitana, significa
lavorare innanzitutto su una nuova identità metropolitana e sulla creazione di
benefici oggettivi per coloro che usufruiscono del servizio underground.
Puntare sull’efficienza dei servizi equivale a dare precise e adeguate risposte
ai viaggiatori, che attualmente si chiedono se è possibile che aspettare un
treno in linea 1 equivalga all’attesa di
un treno regionale. Lavorare su una
nuova identità metropolitana
significa dunque guardare alle
necessità dei cittadini che si
spostano quotidianamente e che
hanno bisogno di servizi adeguati per il loro diritto alla
mobilità. Questo è il problema a
cui si deve rispondere e purtroppo chi è deputato a ciò cambia
troppo spesso forse perché
ormai in città è noto che a giocare con le “partecipate” son bravi
in tanti, ma a fare sul serio sono
in pochi a crederci, tanto la
gente aspetta il prossimo treno.
PER LE STRADE D’EUROPA
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LA UILT NEL TERRITORIO: QUI MANTOVA
La cooperazione perde il suo significato
laddove viene a mancare l’attuazione
delle forme di gestione democratica
dalla nostra redazione LOMBARDA
di NATASCIA FACCHINI
I
l 24 aprile, organizzato unitariamente dalle locali federazioni Sindacali
dei trasporti, si è tenuto a Mantova
un importante convegno sulla qualità
della cooperazione nel territorio mantovano.
Obiettivo del convegno è quello di far luce con qualche urgenza sulle problematiche del rapporto tra Imprese committenti e cooperative di produzione lavoro e di
servizi nell’intento di trovare una convergenza mirata ad obiettivi di trasparenza e di legalità.
Oggi si assiste ad una situazione in cui la
concorrenza anziché sulla qualità del servizio si basa sulla ricerca del massimo ribasso, a solo profitto della committenza
e a tutto danno del socio/ lavoratore nel
vortice di un sistema che lo vede penalizzato in termini di diritti negati, orari di lavoro inaccettabili, evasione contributiva, scomparsa delle quote sociali.
Nelle situazioni più gravi
si aggiunge al danno la
beffa: queste pseudo cooperative falliscono lasciando i soci abbandonati a rivendicare nei confronti degli Enti previdenziali e assistenziali mancati stipendi, contributi e
trattamenti di fine rapporto.
È su questo punto che si
apre il convegno introdotto dal segretario prov.
UIL Trasporti Emanuele
Franchetto. Massimo
PER LE STRADE D’EUROPA
Mazzola segretario FILT ha rappresentato come questo sistema danneggi il lavoratore quale anello più debole della filiera, spesso sottoposto con malcelati ricatti a situazioni di sfruttamento e di illegalità, ma lo stesso sistema finisca col fare danni alle Aziende, sempre più ricorrenti all’esternalizzazione, quale atteso
complemento di qualità della propria organizzazione produttiva.
Non si può non rilevare come le cooperative oggi attraverso i consorzi, ambiscano e raggiungano dimensioni e livelli
organizzativi simili a vere e proprie holding, e molto distanti dalle caratteristiche originarie.
Le segreterie territoriali dei trasporti
hanno lanciato una vera e propria sfida,
quella di richiamare alleanze con il mondo cooperativo che agisce virtuosamente
e il mondo delle Imprese con l’obiettivo
di tutelare chi già opera in modo corretto
nel rispetto delle norme e della dignità
dei lavoratori e contrastare quelle cooperative spurie che attraverso concorrenza
sleale si accaparrano commesse che prima o poi divengono insostenibili scaricando sul sociale danni rilevanti.
Al convegno è intervenuto il Presidente
di Confindustria Mantova, Truzzi,il
quale dopo aver rimarcato l’esigenza
dell’appalto dei servizi come risposta al
bisogno da parte delle imprese di flessibilità ed efficienza ha posto l’accento
sulla necessità di un intervento da parte
del Governo per alleggerire gli oneri fiscali sul lavoro e sui redditi da lavoro.
Il segretario FIT CISL, E. Monti ha denunciato la cooperazione spuria come
terreno fertile e corsia preferenziale per
l’inserimento della malavita negli appalti, situazioni di vero e proprio caporalato. L’imperativo categorico per il Sindacato è vicinanza alle cooperative che
operano secondo le regole e contrasto senza riserve alle spurie che operano nel torbido in una situazione di complicità da
parte della committenza.
E’ intervenuto l’on.
Marco Carra che da
Pubblico amministratore
Mantovano di lungo corso, ha ricordato come anche gli Enti Locali siano
in qualche modo obbligati a scegliere la fornitura di servizi e prestazioni attraverso gare al
massimo ribasso e ciò
comporti che spesso siano i meno virtuosi ad
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI MANTOVA
avere la meglio. La dott.ssa Cinzia
TRIA per conto dell’Ispettorato Provinciale del lavoro, ha rivendicato per il
proprio Istituto un ruolo propositivo, un
ruolo concertativo e soltanto da ultimo
un ruolo sanzionatorio, proponendo di
ridare fiato e gambe all’Osservatorio
Provinciale quale luogo di analisi e di
proposta per il superamento delle attuali condizioni.
L’intervento conclusivo di Claudio Tarlazzi, Segretario nazionale UIL Trasporti, ha preso avvio da una considerazione:
“ la cooperazione dovrebbe porsi come
valida alternativa o quantomeno a complemento del modello economico privatistico, imperniata sulla solidarietà e più
in generale sulla valorizzazione del lavoro”. Tale esperienza deve tornare a rappresentare un esempio virtuoso di sintesi
tra lavoro e partecipazione diretta del lavoratore alla gestione dell’impresa,
un’occasione che non può andare sprecata. Diviene urgente creare uno stretto
rapporto tra capitale, impresa e lavoro,
rapporto che deve porre il lavoratore nella condizione di essere partecipe nella vita dell’azienda. Le cooperative nate proprio con questo intento, attraverso il
coinvolgimento e la partecipazione dei
soci hanno spesso tradotto il proprio operato in una maggiore stabilità lavorativa
nonché maggiore sicurezza per molti lavoratori. Il sindacato ha affiancato e incoraggiato queste esperienze positive
proprio per il carattere partecipativo che
le contraddistingue.
In questo contesto esistono però alcuni
problemi di rilievo “primo fra tutti quello della reale affermazione della gestione
sociale della cooperativa, della effettiva
realizzazione della partecipazione, del
rispetto delle regole e della conduzione
democratica della impresa cooperativa”.
La Cooperazione viene a perdere il suo
significato laddove viene a mancare l’attuazione delle forme di gestione democratica. In taluni casi si mette in discussione persino la presenza del Sindacato
contrariamente alla funzione stessa della
cooperativa che prevede un’attività di
rappresentanza degli interessi dei soci rispetto alle decisioni assunte. Le istanze e
i diritti dei singoli non devono soccombere al carattere maggioritario della cooperativa e di questo il sindacato si fa carico .
Certo si prende atto di un periodo difficile, specialmente per ciò che riguarda la
movimentazione delle merci, settore in
cui si registrano le maggiori degenerazioni del mercato. È diventata sin troppo
diffusa la pratica da parte dei committenti di assegnare servizi in appalto secondo
la logica del massimo ribasso unicamente per ridurre i costi, tralasciando ogni
preoccupazione sulla serietà dei fornitori, anche quando è evidente l’affidamento a cooperative che attuano concorrenza
sleale. Tali cooperative spurie violano
regolarmente le norme sul lavoro e sulla
sicurezza, si avvalgono di lavoro nero,
eludono la contribuzione previdenziale e
fiscale.
A ciò si aggiunge un diffuso fenomeno di
dumping contrattuale, per cui per attività
oggettivamente riconducibili ad un
CCNL di riferimento, si applicano contratti di lavoro con i più bassi contenuti
di costi e di tutele per i lavoratori.
Il doppio pericolo in cui si incorre è che
le cooperative che agiscono in modo virtuoso vengano estromesse dal mercato
dalla cooperazione spuria, mentre le imprese committenti siano chiamate a rispondere delle irregolarità prodotte da
queste ultime.
“Come sindacato di categoria ci siamo
spesi con forza nella richiesta al Ministero del lavoro per una più attenta azione di
controllo nel settore” ha continuato
Claudio Tarlazzi . L’azione di controllo degli Osservatori è fondamentale nell’orientare l’attività ispettiva ma non sufficiente se non unita da un patto sulla legalità, sulle regole con la committenza e
con le Cooperative; patto che deve
estrinsecarsi con puntualità all’interno
del rinnovo del contratto della logistica.
La scelta da parte delle Centrali cooperative di entrare integralmente nel CCNL
della “Logistica, trasporto merci e spedizioni” individuando in esso il contratto
di riferimento per il settore, rappresenta
l’opportunità per riaffermare e rafforzare
la scelta fatta sulla ricomposizione con-
39
trattuale dell’intero ciclo della movimentazione delle merci, al fine di omogeneizzare i diritti dei lavoratori ed il costo
del lavoro, per disciplinare una competizione sempre più vivace tra le diverse
aziende che operano sullo stesso segmento di mercato, per superare le inefficienze e per indirizzare la competitività
sulla qualità delle prestazioni e non già
sul costo del lavoro .
In questa direzione si muove il sindacato
nel profondo convincimento di un accordo con la committenza sulle regole. Nella fattispecie si chiede che ogni impresa
committente assegni gli appalti scegliendo le cooperative sulla base di precisi requisiti strutturali tra i quali l’applicazione del contratto di settore.
Il sindacato crede nella genuina cooperazione, quella che lontana da situazioni di
puro sfruttamento crea reali opportunità
di lavoro, che risponde alle esigenze di
lavoro e di salario degli addetti nonché
quella che mette il lavoratore in condizione di partecipare alla vita della cooperativa stessa.
“Noi, conclude il segretario nazionale
UILTrasporti, crediamo nella cooperazione che non somministra solo “ braccia
“, crediamo nella cooperativa in grado di
valorizzare la sua presenza nel mercato
sulla base della qualità offrendo valore
aggiunto e capacità di rischiare. Tutto il
resto noi lo contrastiamo e continueremo
a farlo”.
Natascia Facchini
PER LE STRADE D’EUROPA
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LA UILT NEL TERRITORIO: QUI FIRENZE
Al Paese serve il treno!
dalla nostra redazione TOSCANA
di TOMMASO LANNI
I
l 13 Aprile si è svolta davanti al
Ministero Dei Trasporti a Roma una
manifestazione organizzata dalle
OOss Nazionali contro quello che appare sempre più come lo smantellamento
del servizio ferroviario nel nostro Paese.
Tutti gli interventi hanno fortemente criticato la politica perpetrata dal nostro
AD Moretti; la Cargo chiude ed anche il
Servizio Universale è ormai in via di
smantellamento.
Il mezzogiorno si trova ad essere fortemente penalizzato con una totale mancanza di collegamenti con le città del
Nord Italia.
Il sud si trova in una situazione di forte
perdita di competitività; anche il Porto
di Gioia Tauro che doveva essere
un dei punti cardine per il rilancio
dell’occupazione del mezzogiorno si trova in completa assenza di
collegamenti ferroviari per il trasporto delle merci.
Quindi in un periodo di forte
crisi, si sceglie di abbandonare il
sud relegandolo ormai ad una
parte di Paese senza futuro.
Si nega ai cittadini del sud anche il diritto alla mobilità, basta pensare che per
raggiungere Milano da Siracusa ci
vogliono col treno più di venti ore.
E meno male che Trenitalia afferma
negli spot TV di unire Il Paese.
E’ ora che anche la politica si faccia
carico delle proprie responsabilità, deve
esprimere chiaramente quale politica dei
Una lettera da Savona
Al compagno Paolo Modi è pervenuta negli scorsi giorni
questa lettera che ci piace portare a conoscenza dei nostri
lettori
CIAO PAOLO!
Sono Dario Lavagna Coordinatore
Provinciale SAVONA !
Noi come UILT abbiamo 51 iscritti e
siamo partiti da 9 iscritti il 2 febbraio 2009.
Prima ero solo Segretario del Circolo Aziendale di Rifondazione Comunista, ma per riuscire a realizzare
tutti i progetti che avevo in mente
ho capito che dovevo sviluppare un
discorso sindacale, ed ho trovato le
migliori opportunità di crescita
nella UILT.
Avendo la fortuna di essere in buoni rapporti con l'Assessore all'Am-
PER LE STRADE D’EUROPA
biente del Comune di Savona, Jorg
Costantino, che proviene dal mio
stesso Partito abbiamo pensato di
formare una struttura che creasse
sinergia con la suddetta azienda.
Questo è stato agevolato dal fatto
che il Direttore ai Lavori Pubblici
del Comune di Savona, Ing. Luca
Pesce, è anche il Direttore Tecnico
dell'Azienda.
Abbiamo quindi formato un ottimo
gruppo che condivide le scelte
aziendali ed i problemi dei lavoratori.
Ciao
Dario
trasporti vuole portare avanti in Italia.
Il trasporto su ferro deve essere la base
per un vero rilancio della competitività
del nostro Paese ed in particolare del
mezzogiorno.
E’ ora di finirla di far circolare una moltitudine di autotreni sulle nostre autostrade affermando che la Cargo deve
chiudere per assenza di lavoro.
Gli interessi dei cittadini devono essere
anteposti a quelle lobby che ormai
comandano in modo incontrastato il
nostro Paese.
Noi come sindacato abbiamo il dovere
morale di dire Basta!
Basta ad una politica dello smantellamento del trasporto ferroviario.
Basta allo svilimento di un mezzogiorno
che si trova ad essere sempre più povero
ed arretrato.
E’ ora di passare dalle promesse ai fatti.
I cittadini meridionali non hanno bisogno di cattedrali nel deserto vedi Ponte
sullo stretto ma di un vero piano integrato dei trasporti, l’intermodalità come
base per il futuro rilancio dell’occupazione e come base di approdo di un turismo che potrebbe essere il vero settore
trainante.
Se vogliamo credere in un futuro roseo
abbiamo il dovere di investire sul settore
che può essere alla base del rilancio, il
trasporto e lamobilità di merci e Persone
è il requisito necessario ed indispensabile per portare in Europa anche il nostro
mezzogiorno.