Alternatore -- parallelo

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Alternatore -- parallelo
FUNZIONAMENTO IN PARALLELO DEGLI ALTERNATORI
Accoppiamento in parallelo degli alternatori.
L'accoppiamento in parallelo di più alternatori consiste nel farli funzionare alla stessa
tensione e frequenza, con i morsetti omonimi direttamente collegati a un sistema di sbarre,
dalle quali si dipartono le linee che convogliano la somma delle potenze erogate dalle singole
macchine.
La necessità dell'accoppiamento in parallelo si presenta tutte le volte che la potenza richiesta
dalla rete di utilizzazione supera la potenza che può essere fornita da un solo alternatore.
Fig. 1 - Schema di principio per l'accoppiamento in parallelo di un
alternatore monofase su un sistema di sbarre già in tensione.
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Con riferimento ad una centrale monofase, i circuiti elettrici per l'accoppiamento in parallelo
possono essere predisposti come è indicato in fig. 1 in cui le sbarre di partenza della linea sono
già mantenute in tensione da altre macchine figuratamente rappresentate dall'alternatore Al : su
queste sbarre si vuole mettere in parallelo l'alternatore A2 che è ancora fermo (interruttore
aperto). Condizione indispensabile per la regolarità della manovra è che questa si compia
senza perturbare lo stato di regime della rete, cioè senza che si determini all'atto della
chiusura dell'interruttore alcuno scambio di corrente tra la nuova macchina e le sbarre. Come
si può dedurre dall'equazione generale dell'alternatore
V = E 0 − j ⋅X S ⋅I −R0 ⋅I = E 0 − Z S ⋅I
ciò accade solo se è verificata l'eguaglianza vettoriale
E 0 =V
tra la f. e. m. E0 generata a vuoto e la tensione V rilevata ai morsetti.
È chiaro allora che, prima di chiudere l'interruttore che allaccia l'alternatore A2 alle sbarre, è
necessario avviare e regolare quest'ultimo in modo da fargli produrre una tensione ai morsetti, e
cioè una f. e. m. a vuoto E0, vettorialmente identica alla tensione esistente tra le sbarre. L'identità
fra le due tensioni non deve perciò limitarsi all'eguaglianza fra i rispettivi valori efficaci segnati
dai voltmetri, ma richiede l'eguaglianza costante di tutti i valori istantanei, ed è pertanto
necessario che l'alternatore A2 venga preventivamente regolato in modo che la sua f. e. m. E0
abbia a presentare lo stesso valore efficace e la stessa frequenza della tensione V esistente tra le
sbarre, e che si trovi inoltre rispetto a questa in esatta concordanza di fase. Ciò corrisponde in
altri termini alla condizione che i due vettori siano di eguale ampiezza e ruotino in perfetto 2
sincronismo conservandosi costantemente sovrapposti.
Il verificarsi di questa precisa condizione viene controllato per mezzo di opportuni strumenti
denominati appunto indicatori di sincronismo. I più semplici indicatori possono essere
rappresentati da un voltmetro Vs (zero-voltmetro) e da una lampadina l derivati a cavallo
dell'interruttore I”M che deve allacciare il nuovo alternatore alle sbarre. Prima della chiusura di
questo interruttore, ai morsetti degli indicatori così disposti (voltmetro e lampadina di
sincronismo) viene ad agire una tensione vs che è uguale in ciascun istante alla differenza fra i
valori istantanei contemporanei v e v" delle due tensioni che esistono rispettivamente fra le sbarre
e fra i morsetti dell'alternatore A2. Quando le due tensioni sono identiche si ha costantemente
vs = 0 e il voltmetro di sincronismo Vs rimane perciò a zero, mentre la lampadina l rimane
permanentemente spenta; diversamente l'indicazione del voltmetro e l'accensione della lampadina
seguono le vicende della tensione rappresentata dal vettore VS = V – E0. In base alle indicazioni
così predisposte la manovra di parallelo viene condotta nel modo seguente. Si comincia ad
avviare l'alternatore A2 con l'interruttore I”M aperto, regolandone la velocità fino ad ottenere un
valore assai prossimo ma leggermente diverso dalla velocità di regime, che corrisponde alla
frequenza dell'impianto.
[Questa manovra viene eseguita agendo sul motore primo che trascina l'alternatore. In questo
frattempo il voltmetro di sincronismo da una indicazione costante e la lampada di sincronismo è
accesa per effetto della tensione fra le sbarre, essendo ancora nulla la tensione fornita
dall'alternatore A2 che si suppone diseccitato].
Dopo di ciò si regola l'eccitazione dell'alternatore A2 agendo sul suo reostato di campo, finché, si
osserva che il voltmetro V” derivato ai morsetti (voltmetro di macchina) segna una tensione
eguale a quella indicata dal voltmetro V’ che dà la tensione esistente fra le sbarre.
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In queste condizioni dunque l'alternatore A2 è regolato in modo da produrre una f. e. m. E0 che
ha lo stesso valore efficace della tensione fra le sbarre ma una frequenza f” leggermente
diversa. Ciò vuol dire che le due tensioni sono rappresentate da due vettori V ed E0, di egual
ampiezza ma ruotanti (fig. 2) con diversa velocità, per modo che essi presentano l'uno rispetto
all'altro uno sfasamento a progressivamente variabile
Fig. 2 - Mette in evidenza
l’origine della tensione
che agisce sugli indicatori di
sincronismo
Se ad esempio l’alternatore A2 ha una velocità di poco inferiore a
quella giusta, anche la sua frequenza f” sarà minore della
frequenza f mantenuta sulle sbarre dal primo alternatore, e il
vettore E0, andrà progressivamente ritardando rispetto a V;
l’angolo α aumenta così finché i due vettori vengono a trovarsi
per un istante in opposizione, poi aumenterà ancora fino a
diventare 360° e allora i due vettori per un istante sono in fase,
dopo di che E0 passa ancora in ritardo per ripetere le identiche
vicende. Se l'alternatore A2 ha invece una velocità superiore
accade il fatto analogo in senso opposto.
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Fig. 2 - Mette in evidenza
l’origine della tensione
che agisce sugli indicatori di
sincronismo
Corrispondentemente la differenza geometrica fra i due vettori
viene rappresentata da un vettore VS = V – E0 che assume
un'ampiezza periodicamente variabile; e precisamente tale
ampiezza è zero quando i due vettori si trovano in fase, raggiunge
il suo valore massimo, pari alla somma aritmetica delle due
ampiezze, quando i due vettori si trovano in opposizione, per
tornare a zero quando i due vettori tornano a sovrapporsi: in
definitiva l'ampiezza del vettore VS aumenta da zero al massimo e
torna a zero ogni volta che uno dei due vettori V ed E0 guadagna
o perde un giro sull'altro : ciò accade tante volte al secondo
quanta è la differenza fra le due frequenze f ed f”.
In queste condizioni ai morsetti degli indicatori di sincronismo agisce quindi una tensione che ha
un valore efficace pulsante come il vettore VS ; se queste pulsazioni (comunemente denominate
battimenti) sono abbastanza lente da poter essere seguite dall'indice del voltmetro si vedrà questo
oscillare con vicenda alterna fra zero e un massimo; analogamente la lampada di sincronismo
sarà condotta ad accendersi e spegnersi tante volte al seconda quanto è la differenza fra le due
frequenze. In base a queste indicazioni si può quindi agevolmente regolare per gradi assai piccoli
la velocità dell'alternatore A2 fino a rendere sempre pin lenti i battimenti che si osservano sugli
indicatori di sincronismo e ottenere infine che il voltmetro resti a zero e la lampadina resti spenta
per un tempo sufficientemente lungo: quando ciò accade, si può chiudere l'interruttore e il
parallelo è eseguito.
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Anche se l'alternatore A2 non aveva una velocità rigorosamente esatta, dopo che l'interruttore è
stato chiuso nel momento giusto, l'alternatore si mette senz'altro in marcia sincrona col primo:
ciò accade perché ogni sua tendenza ad accelerare o ritardare viene automaticamente
contrastata dalle energiche coppie sincronizzanti che intervengono per effetto degli scambi di
corrente che si verificano tra le macchine quando una di esse tende a uscire di sincronismo
(Così ad esempio se l'alternatore A2 tende ad anticipare, anche il vettore E0 si sposta in anticipo su V di un
certo angolo δ ; in base alla relazione
P = 3 ⋅V ⋅ I ⋅ cos ϕ =
3 ⋅V ⋅ E 0
Xs
⋅ senδ
l’alternatore viene con ciò ad erogare una certa potenza che a sua volta determina una coppia resistente
che frena fino a riportarlo in esatto sincronismo. ).
La manovra è tanto più regolare, e cioè gli scambi di corrente meno sentiti, quanto minore è lo
scarto di frequenza che separa le due macchine nel momento in cui si chiude l'interruttore. Nel
caso ideale tale scarto dovrebbe essere nullo, ma all'atto pratico è in generale assai difficile
regolare le cose in modo che la lampada di sincronismo resti permanentemente spenta e il
voltmetro di sincronismo permanentemente a zero. Ci si limita allora a fare in modo che ciò
accada per un tempo sufficientemente lungo per poter chiudere tempestivamente l'interruttore
di parallelo, e per rendere possibile, d'altra parte, che le coppie sincronizzanti possano avere il
sopravvento sulla reazione d'inerzia, per far superare d'un salto il lieve scarto di velocità che
ancora separa il nuovo alternatore dalla marcia sincrona: dopo di che cessa ogni scambio di
corrente con le sbarre e il parallelo è stabilmente eseguito.
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Per gli alternatori trifasi, lo schema dei circuiti per il collegamento in parallelo assume in
disposizione indicata in fig. 3; ciascun alternatore è munito cioè di tre lampade di sincronismo
derivate fra i contatti
omonimi dell'interruttore tripolare che deve realizzare
l'accoppiamento (queste lampade debbono essere previste per una tensione
doppia della tensione stellata alle sbarre). Le tre lampade così derivate
si accendono e si spengono contemporaneamente: il
sincronismo è raggiunto e l'interruttore può essere chiuso
quando le tre lampade restano spente per un tempo
sufficientemente lungo. Questa disposizione consente anche di
verificare la esatta corrispondenza dell'ordine di successione
ciclica delle fasi, tra le tensioni che provengono
dall'alternatore e quelle esistenti tra le sbarre. Se infatti accade
che, delle tre lampade così collegate, mentre una è spenta le
altre due sono invece accese, vuol dire senz'altro che tale
corrispondenza non esiste; risulta allora necessario scambiare
fra loro due fili ai morsetti di attacco dell'interruttore, da una
parte o dall'altra indifferentemente.
Il numero dei battimenti di luce al secondo dà la misura della
Fig. 3 - Lampade di sincronismo
differenza tra la frequenza esistente sulle sbarre e la
su un alternatore trifase.
frequenza generata dall'alternatore da allacciare, ma non
fornisce alcuna indicazione diretta che attesti se la macchina
è al di sopra o al disotto della velocità sincrona : si deve quindi provare ogni volta se
aumentando, ad esempio, la velocità dell'alternatore numero dei battimenti aumenta o
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diminuisce.
Si può ottenere invece l'indicazione diretta della regolazione da compiere sulla velocità
dell'alternatore, disponendo le tre lampade di sincronismo ai vertici di un triangolo equilatero e
derivandone una fra due morsetti omonimi dell'interruttore di parallelo e le altre due fra morsetti
diagonali come e indicato in fig. 4 (indicatore a luce rotante).
Per avere un'idea immediata del funzionamento di questo semplice dispositivo basta
immaginare le tre lampade derivate figuratamente fra gli estremi dei vettori rappresentativi
delle tensioni interessate, come in fig. 4 b) ; in questa i tre vettori V1, V2, V3, rappresentano le
tre tensioni stellate relative alle sbarre, e i vettori E1, E2, E3, le tre tensioni omonime fornite
dall'alternatore da accoppiare. In tal modo resta rappresentata per ciascuna lampada la tensione
che vi agisce, la quale coincide appunto con la differenza fra i due vettori cui si immagina
collegata la lampada.
Fig. 4 - Lampade di sincronismo a
luce rotante con indicazione della
velocità ipersincrona o iposincrona.
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Fig. 4 - Lampade di sincronismo a
luce rotante con indicazione della
velocità ipersincrona o iposincrona.
Se le due terne di vettori occupano l'una rispetto all'altra la posizione indicata in figura, e cioè
sono in fase fra loro, la lampada l11, è spenta e le altre due sono egualmente accese per effetto
delle due tensioni eguali (V2 - E3) e (V3- E2): questa è la condizione di sincronismo che deve
essere stabilmente realizzata per poter chiudere l’interruttore di parallelo senza inconvenienti.
Se invece l’alternatore da accoppiare ha una velocità inferiore a quella di sincronismo
(iposincrona) la terna di vettori El, E2, E3 ritarda rispetto alla terna delle tensioni sulle sbarre :
allora i due vettori Vl ed E1 si aprono fra loro, e la lampada l11 che era spenta per un momento,
si accende; contemporaneamente i vettori V3 ed E2 si chiudono e la lampada l 32’ che era
parzialmente accesa si viene spegnendo; infine i due vettori V2 ed E3 si aprono ancor più e la
lampada l 23’ che era parzialmente accesa aumenta di luminosità fino a quando i due vettori
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predetti sono giunti in opposizione fra loro.
Fig. 4 - Lampade di sincronismo a
luce rotante con indicazione della
velocità ipersincrona o iposincrona.
In definitiva si ottiene il risultato che la luce fornita dalle tre lampadine passa dall'una all'altra
ruotando ciclicamente nel verso delle lancette di un orologio e cioè nel verso dei ritardi di fase.
Il fatto opposto accade se l’alternatore ha una velocità superiore a quella di sincronismo
(ipersincrona). In ogni caso il numero di giri compiuti al secondo dalla luce rotante, in un verso
oppure nell'altro, indica lo scarto in difetto oppure in eccesso della frequenza fornita
dall'alternatore rispetto alla frequenza delle sbarre. Si deve quindi regolare l'alternatore da
accoppiare in modo da rendere sempre più lenta la rotazione della luce, fino a immobilizzarla
per un tempo sufficientemente lungo sulle due lampade inferiori del triangolo, mentre è spenta
quella al vertice superiore: in questo frattempo si può chiudere l'interruttore che realizza
l'accoppiamento in parallelo dell'alternatore sulle sbarre. Le tre lampade vengono montate in
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una scatola cilindrica chiusa da un vetro smerigliato. Se la tensione è troppo elevata
l'inserzione diretta, le lampade vengono derivate attraverso opportuni riduttori di tensione.
Nelle grandi centrali tuttavia si usano in genere degli specifici strumenti indicatori di sincronismo
dotati di una maggiore sensibilità e denominati sincronoscopi o gruppi di sincronizzazione.
L'intera manovra di parallelo è in tal caso affidata a un dispositivo automatico, che sotto il
controllo del sincronoscopio esegue con apposito servomotore la regolazione della velocità
dell'alternatore mentre, a sincronismo raggiunto, un altro congegno interviene a chiudere
l'interruttore di parallelo.
È utile precisare l'andamento della tensione che agisce sugli indicatori di sincronismo e che
determina alle lampade i battimenti di luce. Si e visto fin qui che tale tensione è rappresentata da
un vettore Vs la cui ampiezza varia da zero ad un massimo e torna a zero per ogni periodo che
l'alternatore perde o guadagna rispetto alla frequenza delle sbarre. Questo vettore però
rappresenta solo l'ampiezza e cioè i valori massimi successivi che la tensione raggiunge, ma non
da invece nessuna idea della successione dei valori istantanei intermedi. Bisognerebbe a tale
scopo seguire la rotazione effettiva dei vettori V ed E ciascuno con la rispettiva frequenza f ed f’ e
proiettare istante per istante i vettori stessi sull'asse dei valori istantanei. Ma è più semplice
tracciare le due onde sinusoidali relative alle due tensioni e fare la differenza algebrica fra le
ordinate corrispondenti: la curva che ne risulta rappresenta l'andamento della tensione vs = v - e
che si manifesta fra i contatti aperti dell'interruttore di parallelo.
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Nella fig. 5 sono segnate
a titolo d'esempio due
onde sinusoidali di eguale
ampiezza le cui frequenze
stanno fra loro nel
rapporto di 7 a 9. Le
differenze algebriche
delle ordinate
corrispondono ai
segmenti indicati nel
tratteggio i quali
costituiscono le ordinate
della sottostante curva dei
battimenti : questa curva
è fornita di tante
alternanze le cui
ampiezze sono limitate da
una curva sinusoidale che
rappresenta le variazioni
dell'ampiezza del vettore
Vs.
Fig. 5 - interferenza fra due onde
sinusoidali di eguale ampiezza e
diversa frequenza ; formazione dei
battimenti : f = 9 , f ' = 7.
Se i battimenti sono sufficientemente lenti i dispositivi di
sincronismo seguono, nelle loro indicazioni la curva
termicamente equivalente e cioè la curva dei valori efficaci delle
singole alternanze che compongono la curva dei battimenti. 12
Nella continuità del fenomeno questi valori efficaci compongono una curva pulsante, con tante
pulsazioni al secondo quanta è la differenza fra le due frequenze che interferiscono fra loro.
Analiticamente il fenomeno trova la sua interpretazione nel modo seguente. Posto:
v = V M ⋅ sen (ω ⋅t ); e = V M ⋅ sen (ω'⋅t )
risulta
v s = v − e = V M ⋅ [sen (ω ⋅t ) − sen (ω'⋅t )]
e quindi anche :

 ω − ω'   
 ω + ω'  
 ⋅t  ⋅ cos
 ⋅t 
v s = 2 ⋅V M ⋅ sen 
 2   
 2  

La funzione vs così definita rappresenta l'onda di interferenza (o curva dei battimenti).
Essa indica che la tensione vs varia cosinusoidalmente nel tempo con la frequenza (f + f ’)/2
pari al valore medio delle due frequenze interferenti; il suo valore massimo però non si
mantiene costante, ma varia a sua volta sinusoidalmente tra zero e 2 VM con una frequenza
(f - f ’)/2 secondo la curva di inviluppo].
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Fig. 6- Diagrammi tipici di un alternatore,
nel funzionamento a vuoto e nel
funzionamento sotto carico.
Regolazione e ripartizione del carico attivo e reattivo.
All'atto della chiusura dell'interruttore di parallelo, il
nuovo alternatore che si vuol mettere in servizio è
regolato in modo da generare una tensione a vuoto e cioè
una f. e. m. esattamente eguale e in perfetta concordanza
di fase con la tensione V già esistente fra le sbarre; ne
segue che anche dopo che l'interruttore è stato chiuso,
l'alternatore non può erogare ne ricevere alcuna corrente,
perche la sua f. e. m. fa esatto equilibrio alla tensione
preesistente: l'alternatore cioè, pure essendo stabilmente
allacciato alle sbarre, funziona ancora a vuoto. In queste
condizioni l'alternatore assorbe dalla turbina che lo
aziona solamente la potenza meccanica P0 che
corrisponde alle perdite a vuoto; il suo stato di regime è
rappresentato da un diagramma del tipo indicato in
fig. 6 a).
Si pone ora il problema di far assumere un certo carico attivo e reattivo al nuovo alternatore,
scaricando eventualmente di altrettanto gli altri gruppi. Le regolazioni da compiersi devono
essere tali da far sorgere sul diagramma dell'alternatore i due segmenti rappresentativi della
potenza reale P e della potenza reattiva Q che si vogliono affidare all'alternatore.
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Fig. 6- Diagrammi tipici di un alternatore,
nel funzionamento a vuoto e nel
funzionamento sotto carico.
Precisamente bisogna fare in modo che il
diagramma della macchina, dalla configurazione
iniziale di fig. 6 a), si modifichi fino ad assumere la
forma tipica della figura b), nella quale il segmento
BC rappresenta come è noto la potenza attiva
P = 3 • V • I • cos ϕ e il segmento AC rappresenta
invece la potenza reattiva Q = 3 • V • I • sen ϕ.
Per far assumere all'alternatore una certa potenza
attiva P, cioè per far sorgere il segmento BC che la
rappresenta, è necessario provocare come si vede un
certo anticipo δ della f. e. m. E0 generata dalla
macchina rispetto alla tensione V alle sbarre. A questo
scopo si deve imprimere direttamente alla ruota polare
un corrispondente spostamento in avanti pari ad
αm = δ / p rispetto all'assetto che essa ha nella
rotazione a vuoto.
Ma poiché questo anticipo determina in immediate erogazione di potenza attiva, esso fa
necessariamente sorgere anche una corrispondente coppia di reazione che lo contrasta: ne segue
che un tale anticipo non può mai prodursi spontaneamente, ma deve essere forzato applicando
all'albero la coppia motrice necessaria a vincere la coppia resistente che esso produce.
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Se l'alternatore è trascinato ad esempio da una turbina idraulica sarà necessario quindi
aumentare il grado di apertura delle luci della turbina per far entrare in questa una maggiore
quantità di acqua in confronto a quella richiesta nel funzionamento a vuoto. La maggiore coppia
motrice impressa tende ad accelerare la rotazione della ruota polare dell'alternatore, la quale
comincia così a guadagnare un certo angolo di anticipo αm: corrispondentemente la f. e. m. E0
subisce un anticipo di fase δ = p • αm e la macchina comincia ad erogare corrente ; questa va
gradualmente crescendo fino a quando la coppia resistente che essa determina non arriva a fare
esattamente equilibrio alla maggior coppia motrice applicata ; dopo di ciò il processo di
accelerazione momentanea si estingue ed gruppo riprende la marcia sincrona corrispondente
alle nuove condizioni di equilibrio dinamico che sono state raggiunte.
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La configurazione che assume il diagramma vettoriale in conseguenza delle
manovre indicate è quella rappresentata in fig. 7, nella quale la corrente 1
erogata dall'alternatore risulta a 90° in ritardo rispetto al vettore
j X S • I = E0 - V che si è venuto a creare con lo spostamento in avanti del
vettore E0 .
Se nel frattempo la potenza attiva richiesta dalla rete rimane invariata è
chiaro che nel momento stesso in cui, aprendo le luci della turbina del
nuovo alternatore, si affida a questo una parte del carico attivo, bisogna
scaricare di altrettanto un altro gruppo. Ciò si ottiene evidentemente
chiudendo le luci della turbina di quest'ultimo della stessa quantità di cui
si aprono quelle del nuovo gruppo che entra in servizio. La manovra di
apertura e chiusura delle luci sui due gruppi deve essere contemporanea,
diversamente l'equilibrio dinamico non può ricostituirsi se non attraverso
una variazione di velocità e frequenza.
Fig. 7 - Alternatore
soggetto a prevalente
carico attivo
Dalla osservazione del nuovo diagramma si può chiaramente constatare
che per mezzo della sola manovra di apertura delle luci di immissione del
fluido motore non risulta sensibilmente influenzato il carico reattivo. Gli
stessi diagrammi della fig. 6 mettono in rilievo che se i segmenti rappresentativi delle potenze
attive dipendono, nel modo già indicato, essenzialmente dall'angolo di anticipo δ della f. e. m.
rispetto alla tensione V alle sbarre, i segmenti rappresentativi delle potenze reattive dipendono
invece dalla maggiore o minore ampiezza della f. e. m. E0 rispetto alla tensione.
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Appare chiaro dunque, passando a
considerare la regolazione della potenza
reattiva Q, come tale regolazione non possa
ottenersi che agendo sul grado di
eccitazione della macchina, dal quale
precisamente dipende il valore della f. e. m.
generata. Partendo ancora dalle condizioni
iniziali rappresentate nel diagramma a),
della figura 6 è evidente infatti che, ove si
immagini di non eseguire nessuna manovra
sulle luci della turbina, ma di agire invece
sulla eccitazione dell'alternatore, ad esempio
aumentandola, si otterrà il risultato di
aumentare la f. e. m...
Fig. 6- Diagrammi tipici di un alternatore,
nel funzionamento a vuoto e nel
funzionamento sotto carico.
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Fig. 8 - Diagrammi di un
alternatore funzionante con
potenza reale nulla :
a)regime sovraeccitato
b)regime sottoeccitato.
Il diagramma dell'alternatore passa allora
dalla sua configurazione iniziale alla nuova
configurazione rappresentata dalla figura 8 a)
nella quale l'angolo δ è rimasto uguale a zero,
mentre il vettore E0 ha assunto una ampiezza
maggiore rispetto a V; il vettore
rappresentativo della corrente erogata I
appare di conseguenza a 90° in ritardo
rispetto alla tensione.
Il risultato contrario si ottiene se l’eccitazione
anziché aumentata viene diminuita: la f. e. m.
E0 acquista in tal caso valori minori della
tensione V, come in fig. 8 b ) , ed il vettore
j XS • I = E0 - V risulta capovolto in confronto
al caso precedente; la corrente erogata I passa
così a 90° in anticipo rispetto alla tensione
Si mette dunque in rilievo il fatto importante che le manovre eseguite solo sull'eccitazione
spostano esclusivamente il regime delle potenze reattive; ma non variano in nessun modo la
potenza attiva. Questa non può essere regolata, se non agendo direttamente sull'immissione del
fluido motore che trascina la macchina, onde provocare lo spostamento dell'equilibrio dinamico
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su valori diversi delle due coppie, motrice e resistente.
Fig. 8- Diagrammi di un
alternatore
funzionante con
potenza reale nulla :
a) regime sovraeccitato
b) regime sottoeccitato.
Il carattere essenziale della regolazione ,
degli alternatori accoppiati in parallelo ad un
sistema di sbarre mantenute a tensione e
frequenza costanti sta quindi in ciò, che le
potenze attive e reattive restano totalmente
indipendenti fra loro e debbono essere
regolate con due manovre distinte che
agiscono rispettivamente sugli organi che
regolano l'immissione del fluido motore che
trascina gli alternatori, per le potenze attive, e
sui reostati di campo che regolano le
eccitazioni, per le potenze reattive. Se dopo
aver eseguito la manovra di parallelo del
nuovo gruppo si vuol conseguire una
adeguata regolazione tanto della potenza attiva che della potenza reattiva è necessario eseguire
entrambe le manovre, agendo sia sugli organi di immissione del fluido motore, sia sugli organi
che regolano la eccitazione dell'alternatore. La prima operazione va effettuata in modo che la
velocità del gruppo non abbia a variare affinché non vari la frequenza; a tale scopo è necessario
che l'apertura, o la chiusura, delle luci d'immissione avvengano in modo lento e graduale onde
ottenere che istante per istante la potenza fornita all'asse corrisponda esattamente alla potenza
elettrica generata, e il passaggio della ruota polare dal precedente al successivo assetto di
equilibrio si svolga così senza alcuna oscillazione ed a velocità costante. La seconda manovra va
effettuata regolando il reostato di campo, in modo che resti invariata la tensione alle sbarre.20
Nel caso in cui la potenza attiva e quella reattiva di un dato carico debbano essere identicamente
suddivise tra due gruppi ad esempio uguali, occorre operare in modo da uguagliare le immissioni
del fluido motore, aumentandola nel secondo gruppo e diminuendola corrispondentemente nel
primo, affinché la immissione totale nell'uno e nell'altro gruppo resti invariata, e poi occorre
uguagliare anche le eccitazioni eseguendo l'opposta regolazione dei reostati di campo
contemporaneamente nei due alternatori. A carico egualmente ripartito i diagrammi dei due
alternatori risultano identici come nella fig. 9; ciascuno eroga metà corrente attiva e metà corrente
reattiva per modo che le due correnti I1 e I2 risultano uguali e in fase tra loro, e il fattore di
potenza dei due gruppi coincide col fattore di potenza del carico risultante.
È opportuno sottolineare il
concetto che il gioco delle
potenze reattive negli
alternatori accoppiati è in
diretta relazione con le
variazioni di tensione da
vuoto a carico che
avvengono per effetto della
reazione di indotto e delle
altre cadute induttive.
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·Fig. 9 - Alternatori eguali accoppiati carico attivo e reattivo equiripartiti.
Osservando i due diagrammi della figura precedente si rileva infatti che le differenze aritmetiche
fra le f. e. m. e la tensione alle sbarre coincidono sensibilmente, data la piccolezza degli angoli δ1
e δ2, con i segmenti Al C1, e A2 C2 che rappresentano le potenze reattive. Se dunque su due
gruppi identici le f. e. m. sono eguali in valore, anche le potenze reattive sono uguali; ma se si
provoca uno sbilancio tra esse, sbilanciando le eccitazioni, le potenze reattive, risultano diverse.
E precisamente, siccome la tensione ai morsetti dei due alternatori accoppiati è necessariamente
la stessa, quell'alternatore che avrà una maggiore f. e. m. dovrà presentare una maggiore caduta
interna di tensione e perciò dovrà erogare una corrente fortemente sfasata in ritardo; l'altro
invece avendo una f. e. m. minore, per dare la stessa tensione ai morsetti dovrà avere una minore
caduta interna di tensione e perciò dovrà erogare una corrente meno sfasata.
Se la f. e. m. di un alternatore
ha lo stesso valore della
tensione ai morsetti, la
caduta di tensione deve
essere nulla ed esso non può
erogare nessuna potenza
reattiva: può invece erogare
aria certa potenza attiva,
perché quando un alternatore
eroga una corrente in fase con
la tensione la variazione di
tensione é praticamente nulla.
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·Fig. 9 - Alternatori eguali accoppiati carico attivo e reattivo equiripartiti.
Se poi uno degli alternatori ha una eccitazione tale da fargli generare una f. e. m. minore della
tensione alle sbarre, il suo regime dovrà adeguarsi in modo da determinare una sopraelevazione
interna di tensione anziché una caduta, e ciò può accadere solo attraverso una erogazione di
corrente sfasata in anticipo sulla tensione. Si dice in tal caso che l'alternatore funziona in
regime sottoeccitato e l'alternatore stesso compensa il difetto di eccitazione erogando una
corrente sfasata in anticipo, in quale esercita precisamente nella macchina un effetto
magnetizzante. In queste condizioni se il carico complessivo dei due gruppi è induttivo vuol
dire che il secondo alternatore dovrà fornire non solo l'intera corrente swattata richiesta dalla
rete, ma anche la corrente swattata in anticipo del primo. Questo secondo alternatore perciò, per
mantenere la voluta tensione alle sbarre, dovrà avere una sovraeccitazione conveniente.
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Fig. 10 - Due gruppi eguali
accoppiati: il primo funziona in
regime sottoeccitato erogando una
corrente sfasata in anticipo;
il secondo è sopraeccitato per
fornire l'intera corrente swattata
in ritardo I S richiesta dalla linea
e compensare inoltre in corrente
in anticipo I’ S del primo.
Carico attivo equiripartito.
La I’ S costituisce una corrente di
circolazione fra le due macchine.
Il regime di funzionamento ora descritto corrisponde ai diagrammi indicati nella fig. 10. Il
carico attivo è ugualmente ripartito. Il secondo alternatore fornisce la potenza reattiva
rappresentata dal segmento A2C2; essa corrisponde all'intera potenza reattiva di carattere
induttivo richiesta dalla rete aumentata della quantità necessaria a compensare la potenza
reattiva di segno opposto, e cioè capacitiva, del primo alternatore che funziona in regime
sottoeccitato.
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Corrispondentemente la corrente swattata I2S, fornita dal secondo alternatore è composta
dall'intera corrente swattata IS richiesta dal carico e dalla parte I’S che non va in linea, ma
corrisponde alla corrente swattata in anticipo del primo alternatore. Questa corrente I’S
costituisce così una corrente di circolazione fra le due macchine; il suo effetto è quello di
compensare parzialmente lo squilibrio di eccitazione fra i due alternatori esercitando una azione
smagnetizzante nell'alternatore sovraeccitato, nel quale essa è in ritardo sulla tensione, e
un'azione magnetizzante invece nell'alternatore sottoeccitato rispetto al quale essa è sfasata in
anticipo. In definitiva l'alternatore sovraeccitato, attraverso la corrente di circolazione predetta,
interviene esso stesso a colmare il suo difetto di eccitazione rispetto al primo.
Nei collegamenti in parallelo fra più centrali, le correnti di circolazione del tipo descritto
possono interessare in generale tutte le linee di interconnessione fra le diverse centrali della
rete.
La ripartizione dei carichi attivi e reattivi fra queste centrali viene in tal caso eseguita in
base al criterio di ridurre al minimo le perdite di potenza ,e le cadute di tensione lungo le linee
di interconnessione.
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Fig. 11 - Il funzionamento di
due alternatori accoppiati in
serie non è stabile
[Occorre infine osservare che gli alternatori non
vengono mai accoppiati in serie tra loro, e ciò per
due ragioni. In primo luogo perché manca la
necessità pratica di eseguire questo accoppiamento,
ed in secondo luogo perché il funzionamento di due
o più alternatori accoppiati in serie non è stabile.
La necessità dell'accoppiamento in serie non è
sentita, perché il risultato di questo accoppiamento
sarebbe solo quello ottenere una tensione più elevata
: questo stesso risultato viene invece più
convenientemente ottenuto coll'impiego di
trasformatori elevatori i quali consentono di
ottenere qualunque tensione, indipendentemente da
quella fornita dagli alternatori.
D'altra parte, che il funzionamento di due
alternatori accoppiati in serie non sia stabile, risulta
subito considerando il diagramma vettoriale del
sistema. Siano V1 e V2 le tensioni fornite dai due
alternatori (fig. 11); sarà V = V1 +V2 la tensione
risultante ai capi della serie.
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Sia I la corrente inviata in linea, sfasata in ritardo
di un certo angolo ϕ rispetto alla tensione V. In
queste condizioni il prima alternatore eroga la
potenza
P1= V1 •I • cos ϕ1 ed i1 secondo la potenza
P2= V1 •I • cos ϕ2: la loro somma (IA In potenza
totale inviata in linea P= V •I • cos ϕ. Se ora la
coppia motrice applicata, ad esempio al primo
alternatore subisce un momentaneo aumento, anche
assai lieve, accade che questo alternatore subisce un
certo anticipo, e cioè anticipa il vettore V1, rispetto a
Fig. 11 - Il funzionamento di
V2 . Allora la potenza erogata da questo alternatore
due alternatori accoppiati in
diminuisce (perché diminuisce cos ϕ1 ) ed in
serie non è stabile
proporzione diminuisce anche la coppia resistente
opposta dall'alternatore stesso il quale perciò anticipa ancora di più e l’equilibrio dinamico non
può in nessun modo ristabilirsi. Le due tensioni Vl e V2 finiscono quindi per mettersi in
opposizione fra loro, con ciò la tensione in linea si annulla e i due alternatori risultano chiusi in
corto circuito l'uno sull'altro.
Nel funzionamento in parallelo invece, quando un alternatore subisce un anticipo la potenza
erogata aumenta e perciò aumenta la coppia resistente, ristabilendo immediatamente l'equilibrio
dinamico del gruppo.
Il funzionamento di alternatori collegati in serie potrebbe essere reso stabile solo accoppiandoli
rigidamente sullo stesso asse].
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