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Articolo 64 Atti a titolo gratuito I. Sono privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, gli atti a titolo gratuito, esclusi i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzionata al patri‐ monio del donante. II. I beni oggetto degli atti di cui al primo comma sono acquisiti al patrimo‐ nio del fallimento mediante trascrizione della sentenza dichiarativa di fal‐ limento. Nel caso di cui al presente articolo ogni interessato può proporre reclamo avverso la trascrizione a norma dell’articolo 36. Commento di Antonio Pezzano SOMMARIO: 1. Le modifiche introdotte dalla legge di conversione n. 132/2015 del d.l. n. 83/2015. – 2. Completa carenza di controllo giurisdizionale nella fase acquisitiva del curatore: primi dubbi di costituzionalità. – 3. Segue: inadeguatezza, recte incostituzionalità (?) anche della successiva fase ex art. 36. – 4. I terzi subacquirenti in buona fede. – 5. Materiale apprensione del bene. – 6. Possibili responsabilità del curatore. – 7. Entrata in vigore e procedimenti in cui trova applicazione la norma. 1. Le modifiche introdotte dalla legge di conversione n. 132/2015 del d.l. n. 83/2015 In sede di conversione del d.l. n. 83/2015, il legislatore sulla scia del nuovo art. 2929-bis c.c. 1 (o, per usare le parole di autorevole dottrina “scopiazzando”) 2, ha 1 L’art. 2929-bis c.c. disciplina l’espropriazione dei beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito, determinando quella che è stata chiamata azione revocatoria semplificata, cioè la possibilità di pignorare direttamente, senza attendere l’esito di una vera e propria azione revocatoria, i beni del debitore che siano stati oggetto, dopo il sorgere del credito, di atti pregiudizievoli a titolo gratuito, purché la loro trascrizione sia avvenuta nell’anno anteriore al pignoramento (v. A. ANTONUCCI, L’azione revocatoria “semplificata”: dubbi di costituzionalità dell’art. 12 d.l. 83/2015, in IlCaso.it, 2015). 2 Cfr. M. FABIANI, L’ipertrofica legislazione concorsuale fra nostalgie e incerte contaminazioni ideologiche, in Crisi d’impresa e fallimento, 2015. Art. 64 Antonio Pezzano 50 inserito un nuovo secondo comma all’art. 64, prevedendo che gli atti a titolo gratuito compiuti nei due anni anteriori al fallimento 3 siano acquisibili alla massa fallimentare attraverso la semplice trascrizione della sentenza di fallimento nei pubblici registri, invertendo l’onere processuale a carico del contraente in bonis che ritenga di dover contestare l’agire stragiudiziale del curatore apprensivo del suo bene. Nel regime anteriore, gli atti a titolo gratuito compiuti nel periodo sospetto erano sempre inefficaci 4, ma, salvo che i beni (mobili) non fossero ancora nella disponibilità del fallito (nel qual caso venivano appresi dalla curatela attraverso la mera inventariazione) 5, il curatore per acquisirli doveva intraprendere un’azione giudiziale finalizzata ad ottenere una sentenza di inefficacia dell’atto contestato. D’altra parte, spesso l’accertamento della sostanziale natura gratuita dell’atto si è dimostrata valutazione non sempre semplice nella variegata tipologia di casi concreti contestati ex art. 64 6. Oggi, grazie alla recente novella, per ottenere il medesimo risultato che prima conseguiva ad un’ordinaria azione revocatoria è sufficiente che il curatore trascriva la sentenza dichiarativa di fallimento. Fortunatamente il legislatore è stato lungimirante nel limitare tale eccezionale strumento (ma non per questo esente da dubbi di costituzionalità, come vedremo) agli atti a titolo gratuito relativi a beni (immobili e mobili) contro cui la trascrizione della sentenza risulti utilmente effettuabile. La ratio dell’istituto è chiara (ed è la stessa, apprezzabilissima, sottesa nei novellati artt. 43, 104-ter, 107, 118 e 120): riduzione delle tempistiche procedurali (oltre che economia della preziosa attività giurisdizionale), per fare tutto quanto possibile affinché l’intera fase di liquidazione dell’attivo sia completata entro due anni dalla data di deposito della sentenza di fallimento 7. 3 Quantunque la legge non risulti esplicita (parlando genericamente di “atti di cui al primo comma”), restano evidentemente esclusi gli (altri) atti a titolo gratuito compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante, come disposto dal comma 1, dell’art. 64, rimasto inalterato. 4 Si tratta di un’inefficacia a carattere oggettivo, per la quale non è richiesto alcun requisito soggettivo e quindi neppure la consapevolezza in chi lo compie che l’atto sia pregiudizievole per la massa dei creditori del fallendo (v. Cass., Sez. I, 1 aprile 2005, n. 6918, in Fallimento, 2006, 2, p. 150; Cass., Sez. I, 9 febbraio 2001, n. 1831, in Giust. civ. Mass., 2001, p. 229). 5 Cfr. M. FERRO (a cura di), Sub art. 64, in ID., La legge fallimentare. Commentario teoricopratico, Padova, 2014. 6 Per (eventualmente) convenire sul punto, pensiamo sia sufficiente sfogliare un repertorio di giurisprudenza di legittimità sub art. 64. D’altra parte non forse è un caso che recentemente anche le Sezioni Unite si siano dovute pronunciare proprio sul concetto di gratuità (ovviamente il riferimento è alla nota Cass., Sez. Un., 18 marzo 2010, n. 6538, in Foro.it, 2010, 9, I, c. 2460). 7 È evidente che l’instaurazione di un giudizio a cognizione piena, teso ad ottenere una sentenza definitiva di inefficacia, potesse risultare in molti casi di per sé la causa per anni di mancata chiusura del fallimento. 339 LEGGE FALLIMENTARE COMPLETA I. LEGGE FALLIMENTARE COMPLETA * Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267. Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata della liquidazione coatta amministrativa (così come modificato sino al D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9) TITOLO I Disposizioni generali Art. 1. Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo (1). – I. Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici. II. Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti: a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila; b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila; c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila. III. I limiti di cui alle lettere a), b e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento. (1) Articolo sostituito dall’art. 1 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169. La norma si applica ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data del 1° gennaio 2008, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (art. 22 D.Lgs. cit.). NORMA PRECEDENTE: D.LGS. N. 5/2006 Art. 1. Imprese soggette al fallimento al concordato preventivo e all’amministrazione controllata (1)(2) . – I. Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori. II. Ai fini del primo comma, non sono piccoli imprenditori gli esercenti un’attività commerciale in forma individuale o collettiva che, anche alternativamente: a) hanno effettuato investimenti nell’azienda per un capitale di valore superiore a euro trecentomila; b) hanno realizzato, in qualunque modo risulti, ricavi lordi calcolati sulla media degli ultimi tre anni o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, per un ammontare complessivo annuo superiore a euro duecentomila. III. I limiti di cui alle lettere a) e b) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni, con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenute nel periodo di riferimento. ————— (1) Articolo sostituito dall’art. 1 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006. (2) L’art. 147 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 ha soppresso tutti i riferimenti all’amministrazione controllata contenuti nel R.D. 16 marzo 1942, n. 267. * Per gentile concessione di Antonio Pezzano, curatore della precedente versione ne “Il codice dei concordati e delle altre procedure concorsuali negoziali”, Giappichelli, Torino, 2014. Appendice 340 NORMA PRECEDENTE: R.D. N. 267/1942 Art. 1. Imprese soggette al fallimento, al concordato preventivo e all’amministrazione controllata. – I. Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento, sul concordato preventivo e sull’amministrazione controllata gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori. II. Sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti un’attività commerciale, i quali sono stati riconosciuti, in sede di accertamento ai fini della imposta di ricchezza mobile, titolari di un reddito inferiore al minimo imponibile. Quando è mancato l’accertamento ai fini dell’imposta di ricchezza mobile sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti una attività commerciale nella cui azienda risulta essere stato investito un capitale non superiore a lire novecentomila. In nessun caso sono considerate piccoli imprenditori le società commerciali (1). ————— (1) Corte cost. 22 dicembre 1989, n. 570, ha dichiarato l’illegittimità cost. del comma, ove prevede che quando è mancato l’accertamento ai fini dell’imposta di ricchezza mobile, sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti un’attività commerciale nella cui azienda risulta investito un capitale non superiore a lire novecentomila. Art. 2. Liquidazione coatta amministrativa e fallimento. – I. La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente a disporla. II. Le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono soggette al fallimento, salvo che la legge diversamente disponga. III. Nel caso in cui la legge ammette la procedura di liquidazione coatta amministrativa e quella di fallimento si osservano le disposizioni dell’articolo 196. Art. 3. Liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo e amministrazione controllata (1). – I. Se la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa possono essere ammesse alla procedura di concordato preventivo e amministrazione controllata (2), osservate per le imprese escluse dal fallimento le norme del settimo comma dell’articolo 195. (abrogato il secondo comma) (3) (1) (2) L’art. 147 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 ha soppresso tutti i riferimenti all’amministrazione controllata contenuti nel R.D. 16 marzo 1942, n. 267. La modifica entrata in vigore il 16 luglio 2006. (3) Comma abrogato dall’art. 2 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica entrata in vigore il 16 luglio 2006. NORMA PRECEDENTE: R.D. N. 267/1942 Art. 3. Liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo e amministrazione controllata. – I. Se la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa possono essere ammesse alla procedura di concordato preventivo e di amministrazione controllata, osservate per le imprese escluse dal fallimento le norme del settimo comma dell’articolo 195. II. Le imprese esercenti il credito non sono soggette all’amministrazione controllata prevista da questa legge. Art. 4. Rinvio a leggi speciali (1). – (abrogato) (1) Articolo abrogato dall’art. 3 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica entrata in vigore il 16 luglio 2006. NORMA PRECEDENTE: R.D. N. 267/1942 Art. 4. Rinvio a leggi speciali. – I. L’agente di cambio è soggetto al fallimento nei casi stabiliti dalle leggi speciali. II. Sono salve le disposizioni delle leggi speciali circa la dichiarazione di fallimento del contribuente per debito d’imposta. 341 LEGGE FALLIMENTARE COMPLETA TITOLO II Del fallimento CAPO I Della dichiarazione di fallimento Art. 5. Stato d’insolvenza – I. L’imprenditore che si trova in stato d’insolvenza è dichiarato fallito. II. Lo stato d’insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Art. 6. Iniziativa per la dichiarazione di fallimento (1) – I. Il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero. II. Nel ricorso di cui al primo comma l’istante può indicare il recapito telefax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni e gli avvisi previsti dalla presente legge. (1) Articolo sostituito dall’art. 4 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006. NORMA PRECEDENTE: R.D. N. 267/1942 Art. 6. Iniziativa per la dichiarazione di fallimento – I. Il fallimento è dichiarato su richiesta del debitore su ricorso di uno o più creditori, su istanza del pubblico ministero oppure d’ufficio. Art. 7. Iniziativa del pubblico ministero (1) – I. Il pubblico ministero presenta la richiesta di cui al primo comma dell’articolo 6: 1) quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore; 2) quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile. (1) Articolo sostituito dall’art. 5 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006. NORMA PRECEDENTE: R.D. N. 267/1942 Art. 7. Stato d’insolvenza risultante in sede penale – I. Quando l’insolvenza risulta dalla fuga o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore, il procuratore della Repubblica che procede contro l’imprenditore deve richiedere il tribunale competente per la dichiarazione di fallimento. Art. 8. Stato d’insolvenza risultante in giudizio civile – (abrogato) (1) (1) Articolo introdotto dall’art. 6 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006. NORMA PRECEDENTE: R.D. N. 267/1942 Art. 8. Stato d’insolvenza risultante in giudizio civile – I. Se nel corso di un giudizio civile risulta l’insolvenza di un imprenditore che sia parte nel giudizio, il giudice ne riferisce al tribunale competente per la dichiarazione del fallimento. Art. 9. Competenza (1). – I. Il fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa.