caval pist e dintorni

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caval pist e dintorni
CAVAL PIST, MAGNÄR PRAMZAN
Solitamente, quando si parla di cucina parmigiana, si citano i piatti più
blasonati, ma raramente vengono celebrati gli umili comprimari della
nostra cucina come, ad esempio, quelli cucinati a base di carne di
cavallo che nella nostra città, da tempo immemorabile si mangia cruda,
o cucinata in varie versioni. Comunque, il piatto forte a base di carne
equina, per noi parmigiani, è il "caval pist".
Per sgombrare il campo da ogni dubbio, è bene chiarire che a Parma, fin
dai tempi più remoti, la carne di cavallo è sempre stata molto amata dal
popolo. Anzi, erano solo ed esclusivamente le fasce popolari che
fruivano di questo tipo di alimento snobbato, ma più che altro evitato,
dalla borghesia. Altra zona, oltre il mantovano, reggiano, piacentino e
cremonese, dove si mangia carne di cavallo è il Salento dove le <rezdore> salentine cucinano in padella i famosi <straccetti> di carne
unitamente ai pomodorini locali e agli aromi degli orti salentini accarezzati dalla brezza del mare.
Nella nostra città si ha notizia della prima macelleria di cavallo nel 1881, mentre la normativa sul
consumo risale al 1873. E la prima bottega di cavallo, almeno secondo le testimonianze dei vecchi,
sarebbe quella ubicata in Via dei Farnese cuore <de d’la da l’acua>. In questa bottega, che ha chiuso i
battenti qualche anno fa, un tempo, ai lati della porta lignea, venivano appese al muro due salviette
bianche e fresche di bucato ( <boràs>) alle quali erano appesi i pezzi di carne che un barroccio,
arrancando sul Ponte di Mezzo, portava a destinazione.
Una bella testa di purosangue in muratura campeggia ancora sopra la porta del negozio (ora destinato
ad altri usi) incastonato nel secentesco Palazzo Roccon, proprio ad indicare che lì si vendeva < al
pist>. Un bottega, quella di via dei Farnese, che per tanti anni vide dietro il banco due anime belle:
Marco e Rosetta Fedi.
Altra storica macelleria equina, grazie a Dio ancora in funzione, è quella di Borgo del Gesso (Via
Ferdinando Maestri) incastonata in quella fettina di casa antica dove un tempo, nella torretta, abitò
Giovannino Guareschi e che qualche anno fa l’indimeticato Giuliano Montagna Guareschi, figlio dello scrittore, fece ricordare con una
lapide.Una bottega, quella di borgo del Gesso, dove i simpatici <pcär> Gianni e Marcello, dispensano <badilädi äd pist > e tanta
simpatia.
Altre due macellerie antiche sono quelle dell’Olga, da sempre nel <pianeta Ghiaia>, e quella di strada D’Azeglio davanti alla <céza di
Stimatèn> dove gli arzilli <cavalär>, marito e moglie, fanno onore alle tradizioni parmigiane con il loro dialetto e il loro sorriso.
In tutti i modi il cavallo, a Parma, è sempre stato un cibo molto gradito sia crudo (condito con
olio e limone), che cotto (bistecche, <vécia con pevrón e pòmm da téra>) oppure anche
stracotto per il ripieno degli anolini secondo un’antica ricetta popolare riscoperta da Laura
Terenzani. <Al pist>, comunque, ha sempre rivestito un ruolo importante nella cucina
parmigiana. A parte le robuste colazioni di fornai, ortolani, scariolanti, facchini, spazzini, che
necessitavano di un buon pasto a base di macinato e pane fresco dopo levatacce ad orari
antelucani, il <cavallo pesto>, era l’indispensabile <base> per
cucinare la <vécia>: quel piatto che un tempo profumava di vita e
di buone cose i borghi della nostra Parma sia di qua che di là dal
torrente.
E che dire delle polpette, sempre di carne di cavallo, patata,
parmigiano, con quella magica spruzzata <äd bonjérbi> (prezzemolo) che comparivano nelle mense dei
parmigiani, ma anche nelle osterie, quali fedeli compagne di frizzanti bicchieri di lambrusco?
Gli ex giovani di ieri che hanno vissuto <in diretta> l’epopea <sessantottina> ricorderanno le leggendarie
polpette del <Sordo> : il mitico oste di Borgo Sorgo che le teneva addirittura nella saccoccia del suo
<impadellato> grembiule nero, mentre con l’inseparabile coppola in testa, girava fra i banchi offrendole ai
clienti. Una tradizione, quella delle polpette di cavallo, che ora porta avanti un’altra oasi di parmigianità, il
circolo <Aquila- Longhi> grazie al mitico Corradino impareggiabile facitore di polpette di cavallo all’antica
e di un risotto, arricchito con polpettine di cavallo, che non sbaglieremmo definire al <savarin de dla da
l’acua>.
Lorenzo Sartorio