scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE Rassegna Stampa del 12 febbraio 2015 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE SCENARIO SANITA' NAZIONALE 12/02/2015 Corriere della Sera - Nazionale Bip! Alzati e cammina 5 12/02/2015 Corriere della Sera - Milano «Il Centro Tao non smobilita» Ma i pazienti «Ci lasciano soli» 7 12/02/2015 La Repubblica - Bari Le case della salute? Chiuse e abbandonate "Qui manca tutto" 8 12/02/2015 La Repubblica - Genova Gsl, la sanità ligure contro le fughe dei pazienti 10 12/02/2015 La Repubblica - Milano Valzer di manager, si rinnova il sistema costruito da Formigoni 11 12/02/2015 La Repubblica - Napoli Morì dopo 3 operazioni, processo per sei medici 12 12/02/2015 La Repubblica - Torino Ancora troppe Asl in Piemonte Ridurle si può 13 12/02/2015 La Repubblica - Torino Il blitz dell'assessore Saitta a sorpresa all'ospedale di Lanzo 14 12/02/2015 La Stampa - Torino Un farmaco in aiuto di chi ha bisogno 15 12/02/2015 La Stampa - Torino Buone notizie per Lanzo Nubi nere su Moncalieri 16 12/02/2015 Il Messaggero - Nazionale Sanità, per gli immigrati è allarme prevenzione tumori 17 12/02/2015 Il Messaggero - Ancona Rianimazioni al collasso E' la seconda volta nell'arco di un mese 18 12/02/2015 Avvenire - Nazionale Vite «indesiderate», l'Oms prescrive contraccettivi 19 12/02/2015 Avvenire - Nazionale Sardegna, malati di Sla ancora pronti allo sciopero 20 12/02/2015 QN - Il Giorno - Milano Rabbia nell'ospedale labirintoLa Fials: si rischia dentro e fuori 21 12/02/2015 Il Secolo XIX - Genova «Dimettete i pazienti e liberate letti » 22 12/02/2015 ItaliaOggi Bocciata la sanità pugliese E Vendola assume 1.752 persone 24 12/02/2015 MF - Nazionale I cinesi invecchiano. E la sanità diventa un ricco business 25 12/02/2015 Famiglia Cristiana VACCINI Sì VACCINI NO LA VERITÀ DELLA SCIENZA 26 12/02/2015 Famiglia Cristiana SE IN EUROPA NON È COSI RARO AVERE UNA MALATTIA RARA 27 12/02/2015 Panorama I figli venuti dal futuro 28 12/02/2015 Panorama In difficoltà eravamo noi, non lui 30 11/02/2015 Vita Ricostruiamo la buona vita con i malati di tumore 32 SCENARIO SANITA' NAZIONALE 23 articoli 12/02/2015 Corriere della Sera Pag. 31 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Bip! Alzati e cammina Ecco l'orologio per fare moto ogni 60 minuti I grandi della tecnologia puntano sulla salute Massimo Gaggi NEW YORK Una mela al giorno toglie il medico di torno. Chi ha coniato questo proverbio mai avrebbe immaginato che una mela con la M maiuscola, la Apple, avrebbe cercato di mettere alla porta il medico, sostituito da iPhone, apps e sensori che effettuano un monitoraggio continuo dello stato di salute, inviano i dati a strutture sanitarie di controllo, organizzano consulti a distanza (e low cost ) via web coi propri specialisti attraverso sistemi come HealthKit. Una finestra sulla rivoluzione della medicina che è ormai alle porte l'ha aperta l'altra sera il capo della Apple, Tim Cook, che, illustrando durante una conferenza sulle nuove tecnologie le caratteristiche dell'Apple Watch che verrà lanciato ad aprile, ha spiegato che il computer da polso, oltre a misurare coi suoi sensori i nostri battiti cardiaci e la pressione del sangue, ci dirà anche quando alzarci e camminare un po' perché stiamo seduti da troppo tempo: «Dieci minuti prima dell'ora vi ricorderà di muovervi», ha detto affermando come per molti medici la sedentarietà sia il nuovo cancro. Nell'annuncio di Cook non c'è nulla di rivoluzionario: gli «smart band», i braccialetti per il «fitness» che misurano l'attività fisica esistono da anni così come le app che fanno suonare il telefonino quando hai fatto i cinque o diecimila passi previsti dalla tua «dieta motoria» quotidiana. E, con la moltiplicazione dei sensori a basso costo e delle applicazioni per la sanità, la telemedicina, che per molti anni è stata solo una parolaslogan, comincia a diventare un pezzo importante del nostro modo di curarci. A muoversi per primi sono stati altri giganti come Amazon, attiva soprattutto sul fronte della genomica, e Google: l'azienda ha le sue applicazioni mediche come Google Fit, ha messo a punto una lente a contatto per il controllo del diabete grazie a un sensore che misura la glicemia nel sangue e ora sta aggiungendo al suo motore di ricerca una funzione che consente di sapere quali sono i sintomi, le cure, ma anche la pericolosità e la diffusione di una malattia che, stando ai sensori, si teme di avere. Anche se non è la prima a muoversi, però, Apple potrebbe essere un «game changer» com'è successo con l'iPad che ha trasformato il «tablet» da deprimente «flop» di Sony, Microsoft e altri, in un successo mondiale che ha rivoluzionato il modo di leggere. I bracciali per il fitness usati con entusiasmo due anni fa, oggi spesso restano sul comodino. Con lo «smartwatch» di Cupertino le cose potrebbero andare diversamente perché la Apple, oltre a creare oggetti dal design accattivante, ha la capacità di creare strumenti relativamente semplici da usare, che si integrano bene con le nuove app. E qui si fatica a tenere il passo delle innovazioni sfornate a getto continuo: dalla Theranos, capace di effettuare un'analisi del sangue completa (a volte con apparecchi a domicilio), con una sola goccia prelevata da un capillare, a «Scout» un misuratore personale prodotto in Silicon Valley dalla Scanadu che, oltre a pressione e battiti, misura ossigeno nel sangue, temperatura e traccia un elettrocardiogramma. Passando per gli accessori dell'iPhone che consentono di esaminare gola, orecchie e retina o Cue, minilaboratorio che scopre patologie esaminando saliva e mucose nasali. Diventeremo tutti medici «fai da te»? I produttori di nuovi dispositivi riconoscono che la tecnologia non può sostituire il medico. E invitano i loro clienti a usare i dati ottenuti per presentarsi meglio a loro. Ma tutto questo è destinato a cambiare il rapporto paziente-medico. Se non altro perché molti consulti si faranno a distanza in video. Non in un futuro remoto: le video-visite sono già realtà. Rapide e molto meno costose di quelle «fisiche» (che restano per i casi più seri). Le tecnologie ormai ci sono. Si tratta di creare un sistema ordinato e controllare l'affidabilità degli apparecchi di monitoraggio via «smartphone». Ma la partita è iniziata: l'agenzia Reuters ha chiamato i 23 maggiori ospedali Usa scoprendo che 14 stanno già sperimentando il servizio HealtKit che Apple ha appena messo a disposizione dei pazienti. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 5 12/02/2015 Corriere della Sera Pag. 31 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato © RIPRODUZIONE RISERVATA ILLUSTRAZIONE DI GUIDO ROSA I casi Scanadu Scout è più piccolo di un mouse: basta fare una scansione sulla fronte e collegarlo allo smartphone per misurare pressione del sangue, temperatura, livelli di ossigeno, ritmo cardiaco e respiratorio SmartBand è il braccialetto «intelligente» che registra le attività fisiche di chi lo indossa iMove è il sensore che serve per monitorare i valori della glicemia a distanza, soprattutto per permettere ai genitori di controllare i bambini. Il sensore trasmette ogni cinque minuti i valori del sangue registrati attraverso un portale web cui è collegato Theranos ha messo a punto un sistema di analisi del sangue completo (a domicilio) con una sola goccia prelevata da un capillare SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 6 12/02/2015 Corriere della Sera - Ed. milano Pag. 8 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Al San Gerardo «Il Centro Tao non smobilita» Ma i pazienti «Ci lasciano soli» Rosella Redaelli MONZA «Non lasceremo per strada nessun paziente». Dopo l'annuncio di chiusura del Centro Tao (Terapie anticoagulanti orali) del San Gerardo, il direttore della Asl di Monza e Brianza Matteo Stocco chiarisce: «Stiamo discutendo un accordo con i 530 medici di medicina generale di Monza e Brianza che firmeremo entro questo mese. I pazienti stabili non saranno più seguiti in ospedale, ma dal proprio medico di famiglia che, in base agli esami, prescriverà la terapia farmacologica». Fino ad oggi 3.700 pazienti si rivolgevano al centro all'interno dell'ospedale, dove potevano eseguire i prelievi e ricevere risultati e terapie via mail o fax al proprio domicilio. «Il nostro obiettivo - spiega Carlo Maria Teruzzi, presidente dell'Ordine dei medici - è quello di facilitare la vita ai pazienti e faremo in modo che possano trovare lo stesso livello di assistenza dal proprio medico». Per Giovanni Anchieri, presidente dell'associazione dei malati, i dubbi restano: «Quello che temevamo si sta verificando: ogni giorno dai 30 ai 40 vengono invitati con una lettera a rivolgersi al proprio medico curante. È una scelta inaccettabile che non tutela i pazienti e li getta nel panico». © RIPRODUZIONE RISERVATA E' inoltre un peccato perdere un centro unico di grande livello, soprattutto perché alcuni medici di medicina generale non sono ancora attrezzati per poter prescrivere la terapia". SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 7 12/02/2015 La Repubblica - Ed. bari Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sanità Le case della salute? Chiuse e abbandonate "Qui manca tutto" Sono dodici strutture. Avrebbero dovuto sostituire gli ospedali soppressi. Scatta la denuncia della Cgil "Le criticità ci sono, ma non sono insormontabili. Entro la fine di febbraio sapremo quante risorse serviranno per rimetterle in sesto" ANTONELLO CASSANO ILSIMBOLO dell'attuale sconfitta della medicina territoriale, quel modello sanitario che si affidaa strutture ambulatorialie case della salute per decongestionare l'afflusso di pazienti negli ospedali, si trova a Casamassima. Qui c'è un poliambulatorio nuovo di zecca, ricavato all'interno del vecchio ospedale di paese per un costo di 2,9 milioni di euro, con all'interno guardia medica, piccolo pronto soccorso, postazione 118, consultorio, centro prelievi e centro riabilitazione, inaugurato nel 2011. Peccato che a tre anni di distanza quella che potrebbe rappresentare la prima Casa della salute pugliese è ancora chiusa. Il motivo? Non ci sono medici di medicina generale disposti a occuparla. Il poliambulatorio di Casamassima è solo uno dei 12 ex ospedali dell'Asl Bari, chiusi nel 2011 con il piano di rientro, che avrebbero dovuto trasformarsi in presidi ambulatoriali aperti tutto il giorno (h24) sul territorio. Si trovano a Bitonto, Santeramo in Colle, Grumo Appula, Rutigliano, Noci, Conversano e Castellana Grotte. A questi si aggiungono la vecchia sede del distretto numero 7 di via Fani a Bari, l'ex struttura ospedaliera di Acquaviva delle Fonti e tre Rsa a Sannicando, Poggiorsini e Noicattaro. Qualcosa, però, è andato storto, visto che, ad oggi, buona parte di queste strutture sono chiuse e abbandonate per mancanza di personale o per ritardi sui lavori di ristrutturazione. Tutto questo con buona pace della decongestione degli ospedali, sempre più affollati. Sono questi i dati che emergono da uno sconfortante report messo a punto dalla Cgil e presentato ieri mattina al Policlinico di Bari nel corso del convegno "Medicina territoriale: proposte per l'efficientamento nella sanità". A Bitonto e a Rutigliano - è scritto nel dossier realizzato da Antonio Scanni, responsabile della task force delle politiche sociali nella Cgil Bari - i lavori sono ancora in corso. Nell'ex ospedale di Ruvo si è messo mano solo al sistema antincendio. Va peggio a Noci, dove i lavori non sono mai cominciati e la struttura è in stato di abbandono. Stessa situazione a Gioia del Colle e Grumo Appula. L'unica struttura che non presenta problemi è quella di Conversano, dove si sta pensando di realizzare la Casa della Salute. È lo stesso report della Cgil a indicare il poliambulatorio di Casamassima come esempio negativo per eccellenza, mentre sulla Casa della salute di Castellana pende un grosso punto interrogativo. La conseprio su Casamassima, il direttore generale dell'Asl Bari, Vito Montanaro, promette novità: «Quella struttura sarà oggetto entro pochissimi giorni di apposito incontro a cui parteciperà anche l'assessore regionale alla Sanità, Donato Pentassuglia. Confidiamo nella possibilità che 7 medici possano trasferirsi in quelle stanze. In caso contrario pensiamo di trasferire in nella struttura degli uffici al momento allocati in altre sedi». Montanaro, però, non nasconde i problemi: «Le criticità ci sono, ma non sono insormontabili. Entro la fine di febbraio sapremo, grosso modo, quante risorse serviranno per rimettere in sesto le strutture». gna era prevista a gennaio di quest'anno, ma ad oggi i lavori sono ancora in corso. La musica non cambia molto neanchea Noicattaro (aperto solo il Cup), Sannicandro (attivo solo il 118 e in stato di abbandono)e nella ex sede Asl di via Fani a Bari. Tutte le 12 strutture sono accomunate da una cronica carenza di personale. «L'Emilia Romagna può contare su 120 case della salute- dice Antonio Scanni della Cgil - la Puglia, invece, ne conta una sola, quella di Casamassima, ancora chiusa. Mancano i finanziamenti e c'è bisogno di un impegno maggiore, altrimenti non risolveremo mai il problema della deospedalizzazione». Ma pro- ACQUAVIVA Più complessa la situazione ad Acquaviva. L'ex ospedale del paese dovrà essere concesso dal Comune all'Asl GRUMO Nell'ex ospedale di Grumo una palazzina che ospitava uffici dovrà essere ristrutturata. Ma attualmente mancano i soldi BITONTO In corso i lavori di ristrutturazione dell'ex ospedale di Bitonto. Il bando di gara risale a giugno 2014. Occorre un potenziamento del poliambulatorio I SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 8 12/02/2015 La Repubblica - Ed. bari Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LUOGHI Foto: PROBLEMI Irrisolti i problemi dei 12 ex ospedali dell'Asl Bari, chiusi nel 2011 con il piano di rientro SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 9 12/02/2015 La Repubblica - Ed. genova Pag. 10 (diffusione:556325, tiratura:710716) Gsl, la sanità ligure contro le fughe dei pazienti Il modello sperimentale, un misto di pubblico e privato, è nato ad Albenga nell'ospedale Santa Maria di Misericordia BETTINA BUSH NEL 2011 parte Gsl, Gruppo Sanitario Ligure, un progetto ambizioso per limitare le fughe in altre regioni di pazienti di ortopedia che preferivano puntare su strutture più competitive, spesso istituti privati accreditati, e per seguire il loro chirurgo di fiducia, alla fine un costo non indifferente per la Regione Liguria. Il modello sperimentale, un misto di pubblico e privato, nasce ad Albenga nell'Ospedale Santa Maria di Misericordia con obiettivi ben precisi: "Il progetto redatto dalla Asl cercava un soggetto privato che trasformasse un'ala dell'ospedale in un reparto di ortopedia - spiega Alessio Albani, presidente di Gsl - poi dopo la struttura bisognava pensare alle persone, a reclutare chirurghi di alto livello, per mantenere in Liguria i pazienti. In Liguria abbiamo avuto due grandi scuole di ortopedia, un'ottima tradizione che non andava persa ". Far dialogare pubblicoe privato nonè sempre facile. All'inizio le difficoltà maggiori? «Siamo partiti con un investimento di un milione e 800 mila euro, abbiamo fatto due sale operatorie, per cominciare abbiamo reclutato oltre una decina di eccellenti ortopedici. Ricordo ancora il primo giorno di interventi, 8 per la precisione, soprattutto protesi all'anca e al ginocchio, con l'ansia della grande prova generale. Le difficoltà maggiori sono state di dover avviare velocemente una macchina complessa, siamo partiti con un'ottima squadra, con 18 posti letti, adesso siamo arrivatia 50,e abbiamo 65 dipendenti a tempo indeterminato». Traguardi faticosi? «Per la qualità abbiamo ottenuto la certificazione Joint Commission International, e in Italia è stata assegnata solo a 5 o 6 strutture. Per quello che riguarda i numeri, già nel primo anno di attività abbiamo raggiunto gli obiettivi del terzo». La sanità, soprattutto in Liguria sta passando momenti difficili, anche voi ne avete risentito? «Nel 2014 abbiamo passato un paio di mesi in cui crescevamo con ritmi intensi, eravamo molto esposti, tutto stava andando molto bene, ma i pagamenti ritardavano ad arrivare solo per questioni burocratiche». Ci può spiegare esattamente il ruolo di Gruppo Sanitario Ligure? «Noi siamo una società privata che fa prestazione chirurgiche per il pubblico, ogni aspetto del nostro lavoro viene continuamente controllato da un funzionario pubblico, e questo rappresenta la massima trasparenza per l'utenza, sicurezza sulla parte medica, che non sempre il paziente riesce a seguire fino in fondo, essendo molto tecnica». Il 2014 è stato il terzo anno di Gsl. I vostri numeri? «Nel 2014 abbiamo fatto 2.800 interventi, abbiamo oltre 25 chirurghi eccellenti; nel primo primo anno, il 2012, abbiamo fatturato 7 milioni di euro, nel 2013 ben 10 milioni, e nel 2014 12 milioni e 500 mila, con margini del 3%». Riuscite a fare utili e a far risparmiare la Regione, come fate a esser competitivi? «Facciamo grandi numeri grazie all'ottima organizzazione del lavoro. Poi riusciamo a fare buone trattative sul prezzo degli impianti, visto i grandi quantitativi che acquistiamo». Tra le caratteristiche di Gsl? «Aver cercato di sviluppare l'accoglienza della struttura delle camere e delle parti comuni con un apporto artistico, con pareti serigrafate che raccontano la bellezza del nostro territorio per unire cura del corpo e dell'anima». I prossimi obiettivi? «Siamo nati per contenere una fuga, adesso vogliamo diventare una struttura in grado di attirare pazienti da altre regioni e in futuro anche dall'estero grazie alla certificazione internazionale Joint Commission». © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 10 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA 12/02/2015 La Repubblica - Ed. milano Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) Valzer di manager, si rinnova il sistema costruito da Formigoni In ballo cariche importanti come quella di dirigente dell'Asl di Milano Un terzo dei direttori generali nei prossimi mesi lasceranno l'incarico IN BALLO ci sono poltrone importanti. Come quella da direttore dell'Asl di Milano, oggi occupata da Walter Locatelli, nominato nel dicembre 2010 ma in pensione già da qualche anno. O quelle che oggi sono di Amedeo Amadeo, dg del Bolognini di Seriate, e di Carla Dotti, alla guida dell'ospedale di Legnano. Sono almeno un terzoi direttori generali che nei prossimi mesi dovranno lasciare l'incarico. Visto che rientrano tra i soggetti «collocati in quiescienza», come recita la circolare emanata dal ministero della Pubblica amministrazione il 4 dicembre. Ovvero, sono in pensione,e per questo non potranno essere rinominati alla scadenza del contratto. La circolare prevede che i pensionati non possano avere «incarichi dirigenziali o direttivi», ma solo contratti di consulenza, gratuiti e massimo per un anno. E se la scadenza dei manager sanitari lombardi è fine 2015, gli effetti del provvedimento già oggi si fanno sentire. Come all'Istituto nazionale dei tumori, dove nel giro di poco hanno lasciato sia il direttore scientifico sia quello generale, entrambi pensionati. Il primo, Marco Pierotti, ha lasciato in autunno, in anticipo di un anno e cogliendo l'occasione di un incarico nel privato. La sua ex posizione per ora è occupata ad interim, in attesa che il ministero ne individui il successore definitivo. Il dg dell'Istituto, Gerolamo Corno, ha invece presentato le dimissioni a gennaio. Entro fine mese la Regione dovrà nominare il sostituto. Dove invece si è deciso subito è stato il Policlinico di Milano, il cui direttore amministrativo, Osvaldo Basilico, ha dovuto lasciare a inizio mese, per il raggiungimento della pensione. Per lui via Sforza aveva chiesto alla Regione di fare un'eccezione, mantenendolo in carica fino a fine anno, anche se a titolo gratuito. Dopo il no della Regione, il Policlinico ha fatto un contratto di consulenza a Basilico (che lavorerà gratis fino a fine 2015), e nominato un sostituto, Francesca Laura Fancelli. Tra coloro che potrebbero essere soggetti alla circolare del ministero, ci sarebbero anche Pasquale Cannatelli, oggi dg del Sacco e per oltre dieci anni guida del Niguarda. E poi Mauro Lovisari (ospedale di Lecco) e Paolo Moroni (ospedale di Melegnano), negli ultimi mesi coinvolti nell'inchiesta sugli appalti negli ospedali. Una matassa tutta da sbrogliare, insomma. Ma che consente alla giunta Maroni di rinnovare quel parterre di manager ereditato da Formigoni e finora rimasto pressoché invariato. Un problema che potrebbe risolversi anche con l'approvazione, liti tra i partiti permettendo, della riforma della sanità. Che, se andrà in porto, dovrebbe ridurre di molto i manager, con risparmi per quasi 80 milioni. (alessandra corica) © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: IN BILICO Il direttore attuale è Walter Locatelli, nominato nel dicembre 2010 ma in pensione da qualche anno SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 11 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL CASO/ LE POLTRONE DELLA SANITÀ 12/02/2015 La Repubblica - Ed. napoli Pag. 8 (diffusione:556325, tiratura:710716) Morì dopo 3 operazioni, processo per sei medici La morte di Elena Trepiccione dopo gli interventi a utero e intestino (irene de arcangelis) TRE interventi chirurgici, la diagnosi di un tumore maligno. La paziente muore, e il suo era un tumore benigno. Errori medici e chirurgici, incompetenza, confusione, la beffa del sistema sanità che diventa una condanna. Una lunga catena di carenze professionali uccide una donna di sessantanove anni il cui unico problema era una fibromatosi uterina. Suo figlio, poliziotto napoletano, racconta tutto nella sua denuncia e ieri il gup del tribunale di Santa Maria Capua Vetere rinvia a giudizio sei medici. Per tutti l'accusa è omicidio colposo. Alla sbarra il prossimo 28 maggio saranno Francesco Lopez, ginecologo della signora, e i chirurghi Antonietta Esposito, Antimo Di Monaco, Andrea Tartaglione, Marco Maria Crescenzo Muto e Michele Scapaticci. L'inizio dell'incubo risale al marzo 2012, quando Elena Trepiccione, dopo una visita specialistica, viene a sapere dal suo medico di fiducia Lopez di avere un polipo alla cervice dell'utero che viene asportato quattro giorni dopo in day hospital nella clinica Santa Maria della Salute di Santa Maria Capua Vetere. Ma in seguito all'esame istologico risulta che la donna ha un adenocarcinoma all'utero, tumore maligno che deve essere subito asportato. Secondo intervento, i medici rassicurano i familiari, ma la paziente ha fortissimi dolori all'addome. La Tac svela che l'intestino della donna è perforato in più punti, c'è la peritonite, inevitabile il terzo intervento. Alla paziente vengono tolti trentacinque centimetri di intestino. I parenti vengono di nuovo tranquillizzati dai medici, ma la signora Trepiccione sta sempre peggio. Resta in Rianimazione per trentasei giorni, la sua agonia dura quarantotto ore prima della morte. Intanto il figlio Giovanni ha già sporto denuncia contro i medici. Dopo la morte della paziente, le indagini medico legali confermeranno le perforazioni all'intestino e, soprattutto, la diagnosi sbagliata. Non era necessario operare la paziente d'urgenza (la seconda volta): il suo era un tumore benigno e non maligno. Foto: LA CLINICA La clinica Santa Maria della Salute di Santa Maria Capua Vetere SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 12 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SANTA MARIA CAPUA VETERE 12/02/2015 La Repubblica - Ed. torino Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Ancora troppe Asl in Piemonte Ridurle si può STEFANO LEPRI* UNA delle ragioni della spesa nella sanità piemontese risiede nel numero eccessivo di Asl e Aso. Pur avendole già ridotte anni fa, sono ancora troppe e operano spesso come principati autonomi. Facile intuire che ciò moltiplica le strutture, la burocrazia e quindi la spesa inutile, che potrebbe essere convertita per servizi oppure per nuove assunzioni. Se si vuole fare di più, si discuta sulla possibilità (anche a lungo termine) di eliminare le Aso, senza diminuire il ruolo di quegli ospedali. Nell'attuale Piano Sanitario essi sono infatti considerati di alta complessità e di riferimento per una certa area vasta; non viè quindi alcun rischio di un loro svilimento, se non nominalistico, nel caso si decida che diventino parte di una Asl. Ciò permetterebbe di evitare la conflittualità latente tra Aso e Asl e l'intreccio costoso che ne deriva. L'obiettivo, pur ovviamente restando la libertà di scelta, sarebbe di ridurre la mobilità fuori Asl, potendo il cittadino trovare all'interno la gran parte delle prestazioni, così da abbattere le procedure amministrative. Secondo obiettivo: andare verso un finanziamento per quota capitaria, pur corretto, superando il criterio di riparto anche basato sulla spesa storica. Queste soluzioni consentirebbero anche una riduzione della linea di comando e un governo più snello tra Assessorato e Aziende, senza tuttavia un accentramento eccessivo. A ciascuna delle nuove Asl potrebbero restare gli acquisti non centralizzati, un solo magazzino e molte le altre funzioni. Insegnamento e ricerca possono essere esercitati su più presidi ospedalieri o servizi di territorio, così come già avviene in altre regionie in parte anche già in Piemonte. In questa prospettiva - ma è necessario l'assenso delle Università - possono bastare, insieme al superamento delle Aso, due sole Aziende Ospedaliere Universitarie (Aou) per tutta la regione, a cui far afferire le sole strutture dedicate alla didattica, alla ricerca, nonché le poche specializzazioni di altissima complessità con rilievo regionale che non possono essere assicurate in ogni Asl o area vasta. Queste Aou regionali sarebbero direttamente finanziate dalla Regione, prescindendo dai riparti per popolazione. Resta la questione della città di Torino e della sua provincia. In alternativa alla fusione tra le due Asl cittadine e se teniamo conto del numero di abitanti, della gerarchia degli ospedali e dei flussi di mobilità verso quelli di alta complessità, quasi tutti presenti nella città capoluogo, può discutersi anche una proposta più radicale: suddividere la provincia, e quindi anche la città, in "spicchi" e relative Asl. Tale soluzione contrasta con l'esigenza di garantire servizi sociosanitari e territoriali omogenei per tutti i cittadini della metropoli, anche legati alla particolare condizione di deprivazione e solitudine che caratterizza un'ampia fascia della sua popolazione. Questa esigenza potrebbe tuttavia essere perseguita prevedendo per legge un coordinamento stabile anche con la presenza riconosciuta del Comune di Torino e, ad un secondo livello, della Città metropolitana. Ho prefigurato dunque diverse ipotesi, da quelle più soft ad altre più drastiche. Si tratta di decisioni che il Consiglio regionale può prendere anche prima della nomina dei nuovi direttori generali; ma che potrebbero anche essere raggiunte entro un triennio, quindi da considerare come orientamento di lungo periodo del prossimo Piano sanitario e da costruire tuttavia fin da subito, specie attraverso gli atti aziendali. Sono scelte che trovano non pochi ostacoli e opposizioni, ma che - e ciò è essenziale - avrebbero il vantaggio di liberare risorse per servizi veri, specialmente sul territorio e a domicilio, che oggi mancano o rischiano di venire meno. SENATORE PD Foto: ASL TO 1 L'asl To 1 è stata nei giorni scorsi al centro dell'ennesimo scandalo per un posto di psichiatra assegnato alla figlia di un dirigente INVITATO Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella era stato invitato al concerto di questa sera SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 13 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVENTO/1 12/02/2015 La Repubblica - Ed. torino Pag. 4 (diffusione:556325, tiratura:710716) Il blitz dell'assessore Saitta a sorpresa all'ospedale di Lanzo E conferma: "La struttura non sarà ridimensionata" Moncalieri annuncia ricorso per l'emodinamica Forse non ci sarà più il nome, perché Roma non lo consente, ma i servizi resteranno identici MARIACHIARA GIACOSA VENT' ANNI fa, il ministro della salute, Raffaele Costa, inaugurò la stagione dei blitz negli ospedali. Ieri l'ha imitato l'assessore regionale Antonio Saitta che, in vista dell'incontro organizzato oggi a Lanzo per la conferenza dei sindaci sul futuro dell'ospedale e la riorganizzazione della rete, ha preferito presentarsi nella struttura a sorpresa, con un giorno d'anticipo. Una telefonata dall'auto al direttore generale dell'azienda sanitaria e dopo pochi minuti è partita "l'ispezione". L'obiettivo? Vedere reparti, medici e infermieri al lavoro in un giorno qualsiasi e senza il preavviso di una visita ufficiale. Assessore e staff hanno visitato la nuova ala che a breve aprirà al secondo piano della struttura, con 20 posti letto di continuità assistenziale, l'hospice (il primo aperto in Piemonte), il day hospital oncologico che ogni anno prende in carico 600 pazienti e il servizio dedicato ai disturbi alimentari da poco trasferito da Cirièa Lanzo, con 390 famiglie in carico e 10 nuovi accessi al mese. Alla fine è arrivato il verdetto, che è la conferma di quanto da settimane l'assessore va ripetendo: «Lanzo non perderà nessuna delle sue attuali offerte sanitarie - dice Saitta - Oggi ho visto funzionare l'ospedale, una struttura accogliente e pienamente operativa, ho conosciuto medici e infermieri preparati, ma soprattutto motivati, in un clima positivo per l'utenza». Il futuro della struttura passa, però, dalla collaborazione con l'ospedale di Ciriè, seconda tappa del blitz di Saitta. «Sono due strutture complementari e devono esserlo sempre di più per consentire alla Regione di superare i vincoli stringenti dei parametri nazionali, e soprattutto perché non si tratta di doppioni, ma di strutture integrate tra loro» ribadisce Saitta che oggi proverà a spiegare questa soluzione anche ai cittadini del comitato che hanno raccolto oltre6 mila firme e che lo aspettano alle 11 davanti all'ingresso dell'ospedale. «Forse non ci sarà più il nome, perché il tavolo romano non lo consente, ma i servizi resteranno e Lanzo sarà nei fatti una dependance di Ciriè, in nome di una collaborazione che in gran parte c'è già» è il messaggio che però non convince, per ora, né i cittadini né l'opposizione. Il consigliere Gian Luca Vignale di Forza Italia ribadisce la richiesta di modifica della delibera sulla riorganizzazione della rete ospedaliera «che preveda l'inserimento di Lanzo insieme a Ciriè, in modo che ci sia la garanzia scritta che quell'ospedale non sarà chiuso. Altrimenti - attacca - sono solo parole». Ieri Saitta ha anche incontrato i sindaci della zona Sud ella provincai di Torino guidati dal primo cittadino di Nichelino Angelino Riggio che ha annunciato di voler presentare ricorso contro la decisione di abolire l'emodinamica a Moncalieri ma ha anche fatto sapere che piuttosto di avere tre ospedali sparsi Moncalieri, Carmagnola, Chieri, preferirebbe averne uno unico. SU INTERNET Altre notizie di cronaca sul sito torino.repubblica.it Foto: LE PROTESTE L'ospedale di Lanzo è al centro delle proteste dei cittadini che temono venga ridimensionato nell'ambito della ristrutturazione della rete sanitaria piemontese avviata dalla giunta Chiamparino SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 14 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Pianeta sanità 12/02/2015 La Stampa - Ed. torino Pag. 39 (diffusione:309253, tiratura:418328) Nadia Ferrigo Una medicina per chi non se la può permettere. Sabato in più di 200 farmacie nella provincia di Torino si potranno acquistare e donare farmaci da banco destinati a 51 enti del territorio - tra cui Sermig, Camminare Insieme, gruppo Abele e Caritas - che come ogni anno provvederanno a distribuirli ai loro sempre più numerosi assistiti. Anno dopo anno crescono sia le farmacie coinvolte nell'iniziativa che i medicinali raccolti, ma anche le famiglie che non possono pagarsi le cure mediche. I dati sulla povertà sono in crescita, e tra il 2013 e il 2014 l'aumento di richieste dei farmaci è di oltre il 5 per cento, contro una media nazionale che sfiora l'1 per cento. «Nel 2010 le famiglie italiane erano solo una minima parte dei nostri assistiti - commenta Mariapia Bronzino, responsabile dell'ambulatorio medico del Sermig -, oggi sono quadruplicati. E per le visite odontoiatriche siamo arrivati alla metà». In occasione del Banco farmaceutico dello scorso anno sono state raccolte più di 25mila confezioni per un valore di oltre 140mila euro solo nella provincia di Torino, mentre in Piemonte si è arrivati a superare i 50mila medicinali, con 181 enti beneficiari e più di 40mila persone assistite. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 15 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Un farmaco in aiuto di chi ha bisogno 12/02/2015 La Stampa - Ed. torino Pag. 51 (diffusione:309253, tiratura:418328) Buone notizie per Lanzo Nubi nere su Moncalieri gianni giacomino Sanità: arrivano buone notizie per l'ospedale ex Mauriziano di Lanzo e pessime per il reparto di Emodinamica del Santa Croce di Moncalieri . Ieri l'assessore regionale alla Sanità Antonio Saitta ha effettuato un blitz negli ospedali di Ciriè e Lanzo. «Per rendermi conto direttamente della situazione, senza che la mia presenza fosse annunciata», dice Saitta. E oggi incontrerà gli amministratori delle Valli di Lanzo. «Spiegherò loro e ai cittadini che mi aspettano simbolicamente davanti all'ospedale che non hanno nulla da temere perché i servizi dell'ex Mauriziano resteranno». «La soluzione per confermare i reparti di Lanzo passa dal polo sanitario di Ciriè - continua Saitta - nel senso che le due strutture sono complementari e il mio sopralluogo me lo ha confermato nei fatti. Lo dovranno essere sempre di più e questo consentirà anche alla Regione di superare i vincoli stringenti dei parametri nazionali, perché non si tratta di ospedali doppioni, ma di strutture integrate tra loro». L'altro giorno invece Saitta è stato ospite della conferenza dei 40 sindaci (erano presenti poco più di 20), dell'Asl To5. Saitta, a fianco del sindaco di Moncalieri Roberta Meo, ha spiegato i punti fermi della riforma sanitaria e introdotto la necessità di chiudere entro il 2016 il reparto di Emodinamica del Santa Croce. «Ho trovato un clima collaborativo - ha ammesso l'assessore - Tutte le scelte sono finalizzate a uscire dal piano di rientro e, se ciò non dovesse accadere non avremmo più risorse per garantire l'offerta sanitaria pubblica». Polemico l'intervento del sindaco di Nichelino Angelino Riggio e i commenti post riunione del candidato sindaco del centro sinistra Paolo Montagna: «Bisogna subito riaprire il tavolo delle decisioni e rivedere questa scelta. Emodinamica ha i numeri per stare in piedi. Ne vengono mantenute in vita altre (Rivoli) con numeri inferiori». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 16 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sanità 12/02/2015 Il Messaggero Pag. 8 (diffusione:210842, tiratura:295190) Sanità, per gli immigrati è allarme prevenzione tumori DAGLI ONCOLOGI OPUSCOLI IN 7 LINGUE NELLE CORSIE E NEGLI STUDI MEDICI PER INSEGNARE COME INTERVENIRE Carla Massi ROMA Fumo, alimentazione, alcol, analisi ed esami fatti in ritardo. Il cancro si "nutre" dell'abuso. Gli italiani cominciano, pur lentamente, a cambiare gli stili di vita. Mentre la stragrande maggioranza degli immigrati che ormai vivono qui stabilmente ignorano le regole base per prevenire la malattia. L'effetto: si rivolgono al medico quando la situazione è già compromessa e le cure, anche ad alto costo, rischiano di non essere efficaci. IL MEDICO Il 50% degli stranieri non si sottopone a screening e conduce uno stile di vita (dall'alimentazione al fumo all'eccesso di alcol) collegato all'insorgenza di tumori. Anche in giovane età. La lingua, la difficoltà a farsi capire, ostacola la richiesta di cure e di esami: il 13,8% degli immigrati oltre i 14 anni non riesce, infatti, a spiegarsi in italiano e il 14,9% non capisce quello che il medico dice. Una percentuale importante che, unita ad una diffusa disaffezione alla tutela della salute, porta gli immigrati ad avere la diagnosi anche un anno dopo rispetto agli italiani. Proprio per iniziare ad affrontare in modo concreto questa situazione, tenendo anche conto dei continui flussi migratori, l'Associazione italiana di oncologia medica e la Fondazione "Insieme contro il cancro" hanno presentato, alla Camera, la campagna "La lotta al cancro non ha colore" (www.lalottaalcancrononhacolore.org): quattro opuscoli sulla prevenzione in sette lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, filippino, cinese e arabo). Saranno distribuiti attraverso gli ospedali, le organizzazioni di volontariato, le ambasciate e i medici di famiglia. LA COMUNICAZIONE «Nel nostro Paese risiedono circa 4 milioni e 900mila stranieri, circa l'8,2% del totale della popolazione - spiega Francesco Cognetti presidente della Fondazione "Insieme contro il cancro" - E' la fascia particolarmente a rischio per alcuni tipi di neoplasie come quelle del tratto digestivo superiore, dello stomaco, del polmone, del fegato, el retto, della vescica e del sistema nervoso centrale fra gli uomini e dello stomaco, del fegato e della cervice uterina fra le donne. Inoltre, la permanenza in Italia degli stranieri non migliora in maniera importante la capacità di comunicazione. A distanza di un decennio dall'ingresso il 10,7% dei cittadini stranieri ancora non è in grado di parlare in modo corretto con il medico». I fumatori sono più frequenti tra i romeni, tunisini e ucraini. Quasi un terzo degli stranieri è in sovrappeso (in particolare tra i moldavi, marocchini e albanesi)mentre per quanto riguarda gli obesi i valori di allarme sono tra gli uomini ucraini e romeni e le donne tunisine e marocchine. VIDEO E SPOT Questa è la prima campagna nazionale per la prevenzione delle neoplasie indirizzata agli immigrati. Si svilupperà, oltre che con gli opuscoli, anche con video e spot sostenuti dalla Presidenza della Repubblica e il patrocinio della Camera e del Senato come ha ricordato la vicepresidente di Montecitorio Marina Sereni. «Abbiamo il dovere di accogliere le persone malate - aggiunge Aldo Morrone, presidente della Fondazione Istituto Mediterraneo di ematologia - l'articolo 32 della Costituzione non parla di cittadini ma di individui a cui va garantito il diritto alle cure». Foto: La brochure rivolta agli stranieri SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 17 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA CAMPAGNA 12/02/2015 Il Messaggero - Ed. ancona Pag. 42 (diffusione:210842, tiratura:295190) MANCANO I POSTI: DOPO GLI INTERVENTI PAZIENTI "PARCHEGGIATI" NEL BLOCCO OPERATORIO IL CASO Rianimazione di Torrette al collasso. Dopo la denuncia del Nursind, il sindacato infermieri, che minaccia esposti a Prefettura e Procura, anche la Cisl fa la voce grossa: «La situazione è grave» afferma Raffaele Miscio, referente della Cisl a Torrette. «I due reparti di Rianimazione, clinica e divisione, stanno andando avanti grazie allo spirito di sacrificio del personale sanitario, con gli infermieri che nell'ultimo anno hanno accumulato oltre 100 ore di eccedenza oraria. Serve un tavolo di confronto con l'Azienda ospedaliera e la Regione per mettere a punto un piano di riorganizzazione che tenga conto delle esigenze dei malati e del personale». Per Miscio le soluzioni sono due: o si prevede un ampliamento del numero dei posti letto di Rianimazione, 28 tra divisione e clinica, o si potenziano le altre strutture ospedaliere della provincia. Anche per Miscio, così come per il Nursind: «È assurdo che i degenti post-intervento vengano parcheggiati nel blocco operatorio perché in Rianimazione non ci sono letti». È accaduto qualche settimana fa, quando due pazienti, che dopo un complicato intervento dovevano essere trasferiti in Rianimazione, sono stati costretti a sostare diverse ore in sala operatoria in attesa che si liberasse un posto letto. Una terza persona, poi, sempre sottoposta a una delicata operazione, dopo aver aspettato il ricovero in Rianimazione nell'anticamera di una sala operatoria, nel frattempo occupata da un equipe di Chirurgia epatobiliare e dei trapianti, è stata trasferita in eliambulanza in un altro ospedale. Ed è accaduto anche l'altro ieri mattina quando ben 5 pazienti sono rimasti nel blocco operatorio per mancanza di posti liberi in Rianimazione. IL TAVOLO Dopo aver portato la questione all'attenzione della direzione generale, il Nursind, che afferma come i degenti a volte siano costretti a sostare in sala operatoria per più di un giorno, sembra pronto a sporgere denuncia alle autorità competenti. Chiede invece un tavolo per risolvere la criticità Miscio che illustra i motivi per cui, a suo avviso, la clinica e la divisione di Rianimazione di Torrette a volte, ultimamente spesso, vadano in tilt. «Il problema di fondo - spiega - è il taglio dei posti letto frutto della riforma sanitaria regionale. Se la riduzione non ha toccato Rianimazione, altri reparti dell'ospedale regionale e dei presidi del circondario ne hanno risentito. Così, in alcuni casi, si è costretti a ritardare le dimissioni da Rianimazione di quei pazienti che necessitano di continuità assistenziale perché all'interno di Torrette e nelle strutture limitrofe le corsie sono piene. Ecco quindi che i nuovi degenti non trovano posto». Nel caso in cui la Rianimazione sia piena, i malati vengono lasciati in sala operatoria in base a una direttiva aziendale. Ma per il Nursind si tratta di «un'organizzazione approssimativa che, nonostante la buona volontà del personale infermieristico, non riesce a garantire materialmente un'adeguata e prudente qualità assistenziale». Disagi anche a Rianimazione del Salesi, dove i posti letto, da gennaio, sono passati da 9 a 6. Ma gli operatori del Materno-Infantile riescono comunque a cavarsela, aggiungendo lettini e culle e sistemando i turni così da riuscire a seguire tutti i piccoli pazienti. Letizia Larici © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 18 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Rianimazioni al collasso E' la seconda volta nell'arco di un mese 12/02/2015 Avvenire Pag. 16 (diffusione:105812, tiratura:151233) Vite «indesiderate», l'Oms prescrive contraccettivi Per l'Organizzazione mondiale della sanità sono 87 milioni le gravidanze «non programmate» Che andrebbero evitate così Lorenzo Schoepflin Si intitola «Sottoutilizzo dei moderni metodi di contraccezione: cause e conseguenti gravidanze indesiderate din 35 Paesi a basso e medio reddito» l'articolo pubblicato sulla rivista Human Reproduction e i cui autori fanno capo all'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Nel testo vengono riportati i risultati di un'indagine condotta tra il 2005 e il 2012 a livello mondiale. Albania, Bolivia, Colombia, Ghana, India, Kenya, Ruanda, Ucraina sono alcune delle nazioni interessate dal lavoro che ha riguardato oltre 100mila donne. Le gravidanze indesiderate censite sono state quasi 13mila, un dato che proiettato globalmente, sempre con riferimento ai Paesi selezionati, produce la cifra di oltre 16,5 milioni. Secondo lo studio, ben 15 milioni di esse potrebbero essere evitate attraverso opportune politiche di diffusione dei moderni metodi di contraccezione. L'articolo parte anche da un numero dato per acquisito: in tutto il mondo ogni anno sarebbero 87 milioni le donne che si trovano ad aspettare un figlio non programmato. La soluzione, secondo quanto affermano gli autori dell'agenzia Onu, è l'ormai collaudato schema di pianificazione familiare: pillola, contraccettivi iniettabili, spirale, preservativo maschile e femminile, sterilizzazione sarebbero gli ingredienti di una sana politica volta al miglioramento del benessere materno, di quello infantile, dell'uguaglianza di genere. Una ricetta in linea con le iniziative promosse a livello internazionale dall'Onu e ricordate nell'articolo, come il programma «Family Planning 2020». Nel contributo pubblicato su Human Reproduction viene sottolineata anche l'importanza dell'educazione sessuale nelle scuole. Attraverso i moderni mezzi di comunicazione - dice l'Oms - dovrebbero esser resi appetibili certi contenuti per i giovani, al fine di sfatare alcuni tabù che ostacolerebbero il ricorso globale ancor più massiccio dei contraccettivi. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 19 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL FATTO 12/02/2015 Avvenire Pag. 16 (diffusione:105812, tiratura:151233) (F.Loz.) La Sardegna, la regione più coinvolta dalla lotta alla Sla per l'alto numero di malati presenti - ben 220 -, da alcuni giorni è in subbuglio. Alcuni malati denunciano ritardi nei pagamenti dei contributi di cura. E se da una parte il battagliero «Comitato 16 novembre», capeggiato da Salvatore Usala, minaccia nuovamente uno sciopero della fame, Aisla Sardegna a seguito di un incontro in Assessorato regionale strappa l'impegno a mantenere inalterate le risorse per il 2015. Ma nello stesso tempo chiede urgentemente che vengano effettuati i pagamenti degli assegni di cura, in ritardo da sei mesi, le cui risorse vanno attinte dal Fondo per le non autosufficienze. Sul piano nazionale, nei giorni scorsi i malati di Sla avevano ricevuto un segnale di apertura dal governo, che aveva inserito nei nuovi Livelli essenziali di assistenza anche i computer grazie ai quali i pazienti possono comunicare. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 20 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sardegna, malati di Sla ancora pronti allo sciopero 12/02/2015 QN - Il Giorno - Ed. milano Pag. 5 (diffusione:69063, tiratura:107480) Rabbia nell'ospedale labirintoLa Fials: si rischia dentro e fuori MILANO «PRENDIAMO atto che la sicurezza manca all'interno come all'esterno: il Sacco è sempre più a rischio», è il commento lapidario della Fials, sindacato da anni in prima linea nel denunciare il problema nell'ospedale che è di riferimento per Quarto Oggiaro, ma lo sarà presto anche dell'Expo. A memoria di chi ci lavora da anni c'è un precedente: non c'era ancora la posta pneumatica, un Oss fu rapinato mentre portava i prelievi in laboratorio con l'auto, da un padiglione all'altro dell'ospedale-labirinto, un impianto degli anni '20. Ora il violentatore nel parcheggio dove, sottolinea il responsabile della Fials al Sacco, «chiediamo da tempo di mettere le telecamere». Ma c'è anche «la zona dell'università che non è sicura». I corridoi che collegano il pronto soccorso ai reparti, «lunghi, desolati, con le porte sempre aperte: di notte entra chiunque». E su tutto il pronto soccorso, un fronte aperto anche prima dell'estate 2013, quando un ubriaco ferì due infermieri: prima ancora che il più grave rientrasse in servizio, la guardia giurata ingaggiata dalla direzione se n'era andata. E da allora non è stata ripristinata, nonostante altri episodi - l'ultimo a Capodanno, secondo round di una rissa iniziata in città, una parete in cartongesso sfondata a calci -, e le richieste dei sindacati. Lo scorso ottobre sono andati anche al Pirellone: inutile. È un braccio di ferro annoso: il commissariato Quarto Oggiaro è a corto d'organico, l'ospedale (che un anno fa aveva dotato gli infermieri di fischietto per chiedere aiuto) dice di non avere soldi per la guardia anche in Ps. «Almeno si accordino con i vigilantes della portineria per avere una reperibilità quando il posto di polizia è scoperto - conclude il rappresentante della Fials -. Il direttore generale è tenuto a garantire la sicurezza, dei lavoratori e dei pazienti».Giulia Bonezzi SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 21 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato BRACCIO DI FERRO IL SINDACATO CHIEDE TELECAMERE E GUARDIA GIURATA 12/02/2015 Il Secolo XIX - Ed. genova Pag. 17 (diffusione:103223, tiratura:127026) «Dimettete i pazienti e liberate letti » L'appello del direttore sanitario del San Martino di fronte al collasso dei pronto soccorso L'Ordine dei medici: «Al primo posto c'è sempre il malato, quindi non cedere alle pressioni» GUIDO FILIPPI «MANDATE a casa prima i pazienti, cos ì si liberano i letti». Non c'è scritto proprio cos ì , anche perchè vorrebbe dire chiedere di violare il codice deontologico dei medici, ma la mail che il direttore sanitario del San Martino Ist, Alessandra Morando, ha inviato a una ventina di primari e cattedratici dell'ospedale, ha tutte le caratteristiche di un appello, accorato e con stile, ad accelerare le dimissioni dei pazienti dai reparti per mettere i letti a disposizione del pronto soccorso. Che è al completo e in difficoltà tutti i giorni da almeno tre mesi: malati in corridoio, posteggiati sulle barelle, anche per un giorno, in attesa del trasferimento in un reparto. È il risultato di una politica sanitaria che è stata portata avanti per non scontentare nessuno e per non perdere voti. Meglio i tagli a macchia di leopardo - che al massimo provocano qualche mugugno - che chiudere ospedali ormai solo di campanile ma costosi e poco funzionali. Cos ì nei grandi ospedali la coperta è sempre più corta: per dare un letto a un malato, bisogna mandarne a casa un altro. L'ospedale, per affrontare l'emergenza ha aggiunto una cinquantina di posti, ma il problema non è stato risolto ed è stato uno dei temi caldi del vertice straordinario che si è tenuto luned ì scorso nell'ufficio dell'assessore alla Salute Claudio Montaldo che ha chiamato a rapporto i direttori sanitari e i responsabili dei pronto soccorso di tutti gli ospedali genovesi. Non è un caso che la mail sia partita marted ì mattina. «In considerazione delle criticità contingenti cui sono sottoposti i pronto soccorso dell'area metropolitana.... si chiede di voler monitorare attentamente le dimissioni all'interno dei reparti». Ha poche certezze, ma tantissimi sospetti il presidente della Confederazione ligure per la tutela dei diritti del malato, Adelia Campostano, che ora è in pensione - fa visite in un' associazione di volontariato - ma ha lavorato come medico per una vita al San Martino. «A forza di tagli imposti dalla Regione non c'è più un numero sufficiente di letti, ma non possono essere i pazienti a pagarne le conseguenze. Sono l'anello debole di una catena che non funziona e devono essere dimessi solo quando sono nelle condizioni di poter lasciare l'ospedale, non certo per liberare un letto e perché in pronto soccorso ci sono altri malati che aspettano. Certo è strano che la richiesta del direttore sanitario sia arrivata subito dopo l'incontro con l'assessore Montaldo». Difende i malati, ma si rivolge anche ai medici che «devono essere liberi di decidere e non possono essere sollecitati a dimettere in anticipo i pazienti. I problemi non si possono risolvere sulla pelle dei malati, semmai l'ospedale cambi l'organizzazione interna e utilizzi un altro sistema per i ricoveri». Ricorda che, negli ultimi mesi, sono arrivate al suo centro (intitolato a Maria Chighine) una ventina di segnalazioni e proteste: anziani che non erano nelle condizioni di tornare a casa oppure che sono stati dimessi e poi riportati dopo qualche giorno per fare una risonanza magnetica o un altro esame. «Ovvio che è stato fatto per liberare i letti, ma non è cos ì che si fa. Tra l'altro bisogna tenere conto che, dall'anno scorso, i trasporti in ambulanza sono a pagamento». Una breve pausa e un lungo sospiro di rassegnazione anticipano il messaggio finale: «Chi si rende conto che vengono accelerate le dimissioni di un ricoverato, ci chieda aiuto». Gilberto Forno è il responsabile della Riabilitazione oncologica del San Martino Ist ed è il segretario aziendale dell' Anaao, il sindacato più rappresentativo dei medici di famiglia. Assiste ogni giorno alla battaglia per i letti: «Questo è il risultato di una politica, nazionale e regionale, fatta di tagli. A forza di ridurre il numero dei posti, gli ospedali non sanno più dove ricoverare i malati. Mi auguro che la lettera voglia essere solo un invito a tenere sotto controllo i ricoveri e non un appello a mandare a casa i malati. Se si arriva a tanto, deve intervenire l'Ordine dei medici». E il presidente Enrico Bartolini avverte i medici che lavorano al San Martino: «Non devono lasciarsi condizionare da eventuali pressioni: al primo posto c'è sempre il malato». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 22 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA MAIL AI RESPONSABILI DEI REPARTI È PARTITA DOPO UN VERTICE CONVOCATO DALL'ASSESSORE ALLA SALUTE 12/02/2015 Il Secolo XIX - Ed. genova Pag. 17 (diffusione:103223, tiratura:127026) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: Pazienti " parcheggiati " nei corridoi del pronto soccorso di San Martino Foto: BALOSTRO SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 23 12/02/2015 ItaliaOggi Pag. 1 (diffusione:88538, tiratura:156000) Bocciata la sanità pugliese E Vendola assume 1.752 persone GIOVANNI BUCCHI Bucchi a pag. 10 Bocciata la sanità pugliese E Vendola assume 1.752 persone Una batosta che rischia di rovinare gli ultimi mesi dell'amministrazione di Nichi Vendola alla guida della Puglia. Se il leader di Sel pensava infatti di chiudere in bellezza la sua esperienza da governatore, si dovrà ricredere. La Corte dei conti regionale ha sonoramente bocciato i bilanci 2012 delle Azienda sanitarie locali pugliesi con un giudizio negativo talmente netto da chiamare in causa, seppure indirettamente, gli stessi vertici della Regione, la cui parte principale del bilancio è dedicata proprio alle politiche sanitarie. Quanto emerge dal provvedimento dei magistrati contabili è un sistema sostanzialmente ingovernabile, chiamato a fare i conti con un probabile taglio da parte del governo di 190-200 milioni di euro dal fondo sanitario nazionale, a fronte dei 260 milioni inseriti nel bilancio previsionale 2015. Ci sono situazioni, spiegano i giudici della sezione pugliese di controllo come riportato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, dove i conti dell'Azienda sanitaria in questione risultano addirittura «non realistici»; è il caso dell'Asl di Taranto, il cui risultato di esercizio potrebbe non essere veritiero in quanto non si sarebbe tenuto conto di ammortamenti e rettifi che. È stata la stessa Azienda ad aver ammesso di non conoscere il valore di ammortamenti, rimanenze, ratei e risconti a causa delle «criticità derivanti dall'implementazione del nuovo software». Non è andata molto meglio alle Asl di Bari, Foggia e Lecce che, secondo la Corte dei conti, hanno fatto «illegittimo ricorso a proroghe contrattuali ed affidamenti diretti per gli acquisti di beni e servizi». Dunque, dubbi sulla selezione del personale e appalti non eseguiti per selezionare con bandi pubblici le aziende chiamate a lavorare all'interno delle strutture sanitarie pugliesi. La sola Asl di Foggia, invece, ha sforato il limite di spesa per le consulenze esterne e quello per le missioni del personale. C'è poi l'Asl di Bat (Barletta, Andria, Trani) che non ha contabilizzato 765mila euro di interessi di mora avendo «dimenticato» di comunicare l'elenco degli incarichi di consulenza e avendo superato il tetto di esborsi previsto per i contratti precari. Dulcis in fundo, l'Azienda sanitaria di Lecce presenta il grave problema della mobilità passiva extraregionale; in altre parole, i pazienti salentini preferiscono rivolgersi altrove, fuori Puglia, per farsi curare. Meglio spendere di più e macinare centinaia di chilometri che affi darsi a strutture sulle quali non c'è motivo di riporre troppa fi ducia; d'altronde, sulla salute mica si scherza. A fronte di questa situazione, l'assessore regionale alla Sanità, il pd Donato Pentassuglia, sta incontrando i vertici di tutte le Aziende per capire come porre rimedio alle gravi carenze segnalate. Contro il Pd però si scaglia il capogruppo Ncd, Domi Lanzillotta, che parla di «ruolo chiave del partito nella gestione complessiva della sanità pugliese» tirando così in ballo anche Michele Emiliano, candidato governatore del centrosinistra nonché segretario regionale del Pd. Le politiche sanitarie, ragiona l'opposizione, sono sempre state affidate da Vendola a uomini dem, quindi i responsabili di questo fallimento certificato dalla Corte dei conti vanno cercati anche tra loro. «Se fossi del Pd comincerei a non farmi vedere troppo in giro per l'imbarazzo» tuona il consigliere regionale di Fi Nino Marmo, cui fa eco il capogruppo fi ttiano Ignazio Zullo che riassume «con due immagini» i dieci anni di sanità in Regione a guida Vendola: «La prima, quella del disinfettante pagato 1.600 euro che, in realtà, ne costa 50; e l'altra dei ticket e delle tasse che, nonostante ciò, sono stati imposti a tutti i cittadini». E Vendola? Lui nell'agosto 2014 si è preoccupato, in pieno periodo di vacanze, di approvare una delibera che dava il via libera all'assunzione di 1.752 persone nella sanità pugliese tra il 2014 e 2015, per una spesa totale di circa 122 milioni di euro. © Riproduzione riservata Foto: Nichi Vendola SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 24 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CORTE DEI CONTI 12/02/2015 MF Pag. 17 (diffusione:104189, tiratura:173386) Mariangela Pira Le aziende italiane della sanità dovrebbero guardare con attenzione a quanto accade in Cina, dove il settore dell'healthcare vive un vero boom, e il valore delle operazioni di M&A nel comparto ha superato quello del settore internet, mentre il Paese si prepara ad assistere centinaia di milioni di pazienti anziani. Dopo anni di crescita stabile, le fusionie acquisizioni nel comparto sono più che raddoppiate nel 2014, a 18,5 miliardi di dollari, secondo Thomson Reuters. Nel solo gennaio gli accordi hanno totalizzato 6,9 miliardi di dollari, con un'accelerazione che prelude a un record anche nel 2015. Le prospettive per chi investe nella sanità sono allettanti: 223 milioni di persone dai 65 anni in su vivranno in Cina entro il 2030 e rischi importanti quali la debole infrastruttura ospedalierae la carenza di medici diventano grandi opportunità. Le società straniere stanno approfittando dei legami con i partner locali per assumere personale medicoe accelerare su licenzee permessi in modo da avviare presto il lavoro sui progetti previsti. Pechino prevede che la spesa nella sanità triplicheràa 8 mila miliardi di yuan, (1.300 miliardi di dollari) nei prossimi 5 anni, complice l'invecchiamento della popolazione legato alla politica del figlio unicoe alla bassa natalità. Le possibilità per le aziende italiane sono tante, tra medicinali e attrezzature mediche, progetti congiunti di ricerca e sviluppo, progettazione, costruzione e gestione di ospedali e cliniche private, informatica e telemedicina, software per ospedali e packaging. Non mancano i successi ma come spesso accade sono iniziative singole. Per esempio alcune pmi dell'Emilia Romagna hanno effettuato missioni specifiche per mettere a disposizione del Paese alcuni tecnici ortopedici. (riproduzione riservata) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 25 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I cinesi invecchiano. E la sanità diventa un ricco business 12/02/2015 Famiglia Cristiana - Ed. n.7 - 15 febbraio 2015 Pag. 12 (diffusione:587400, tiratura:685739) VACCINI Sì VACCINI NO LA VERITÀ DELLA SCIENZA IL PRESIDENTE OBAMA E HILLARY CLINTON SONO D'ACCORDO: «NON CI SONO RAGIONI PER NON VACCINARSI». ED È ALLARME ANCHE DA NOI Franca Zambonini Ediventato uno scontro politico il caso di un gruppo di bambini che, in gita al parco dei divertimenti di Disneyland, California, sono stati contagiati dal morbillo. Di chi è la colpa se la malattia, che sembrava sconfitta già da quindici anni, torna a colpire? Per il presidente Obama, la responsabilità è dei genitori che rifiutano di vaccinare i figli, in nome di una presunta pericolosità del vaccino detto Mmr, quello che protegge da morbillo, parotite e rosolia. Per i suoi awersari del Partito repubblicano, occorre invece difendere la libertà di scelta dei cittadini. Così hanno affermato Chris Christie e Rand Paul, probabili candidati alle presidenziali del 2016. Christie, governatore del New Jersey che ha quattro figli e li ha tutti vaccinati, ne fa una questione di principio: la decisione spetta solo alle famiglie. Sicuro delle sue convinzioni è Paul, laureato in Medicina: «I vaccini possono provocare disturbi mentali». FLAGELLI DEBELLATI. Intervengono nello scontro eminenti scienziati, con un deciso "vaccini sì", e oppositori politici che sostengono la facoltà di scelta dei genitori. Obama lancia un appello: «Ci sono tutte le ragioni per vaccinarsi e nessuna per non farlo. Un grande successo della nostra civiltà è la possibilità di prevenire malattie che in passato hanno devastato la popolazione». Il riferimento era a flagelli oggi debellati e basti citare il solo esempio della poliomielite. Il fronte del no ai vaccini è forte anche da noi. Lo denuncia Beatrice Lorenzin, ministro della Salute: «II calo delle vaccinazioni obbligatorie per i bambini, dall'antitetanica all'antipolio, è un serio problema». La conferma arriva dall'Istituto superiore di Sanità: «Preoccupa il calo delle coperture medie nazionali per quasi tutte le vaccinazioni, soprattutto per le quattro obbligatorie contro polio, tetano, difterite, epatite B». Da citare infine il tweet di Hillary Clinton: «La scienza è chiara, la terra è rotonda, il cielo è blu e i vaccini funzionano». • CORBIS PERICOLI PER LA SALUTE Le polemiche sulle vaccinazioni sono esplose negli Stati Uniti dopo che alcuni bambini sono stati contagiati dal morbillo a Disneyland. Intanto, in Italia il ministro della Salute Beatrice Lorenzin denuncia il calo delle vaccinazioni obbligatorie per i bambini, e anche l'Istituto superiore di Sanità lancia l'allarme. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 26 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato AL FEMMINILE PREVENZIONE SANITARIA 12/02/2015 Famiglia Cristiana - Ed. n.7 - 15 febbraio 2015 Pag. 84 (diffusione:587400, tiratura:685739) SE IN EUROPA NON È COSI RARO AVERE UNA MALATTIA RARA Le persone affette sono circa 30 milioni, come la somma delle popolazioni di Belgio, Portogallo e Ungheria. Queste patologie sono in gran parte di origine genetica Filippo Tradati Medico e docente universitario 0siste un gruppo di malattie definite "rare" per la loro scarsa frequenza che però hanno, nel loro complesso, un importante impatto sociale ed economico. A livello europeo si considerano tali le malattie con una prevalenza inferiore a 1 caso ogni 2 mila persone. Sono oltre 6 mila le malattie che possono definirsi "rare" e molte di queste hanno una prevalenza anche inferiore al singolo caso ogni ìoo mila abitanti, interessando, quindi, poche migliaia di individui in Europa. Sulle base dei dati disponibili possiamo calcolare che, nonostante i pochi pazienti affetti da ciascuna di queste malattie, le persone colpite da una malattia rara siano, nell'Unione europea, circa 30 milioni. Una cifra uguale alla somma delle popolazioni di Belgio, Portogallo e Ungheria. Un numero elevato di malati che evidenzia il paradosso di come non sia poi così raro soffrire di una malattia "rara". Queste patologie sono in gran parte di origine genetica (80 per cento dei casi) ma possono esserci anche cause infettive, allergiche, tumorali 0 legate a fattori ambientali (chimici 0 radiazioni). In circa la metà dei casi, l'esordio dei sintomi è alla nascita o nella prima infanzia, ma nell'altra metà dei casi l'insorgenza è in età adulta, come nella malattia di Creutzfeldt-Jakob (malattia della "mucca pazza") o nella Sclerosi laterale amiotrofica (Sia), diventata famosa negli ultimi anni per aver colpito alcuni ex calciatori. MOLTE SONO INVALIDANTI. La gravita delle malattie rare è molto variabile, ma in genere l'aspettativa di vita in questi pazienti è significativamente inferiore alla media. Molte sono malattìe complesse, debilitanti, invalidanti e che colpiscono l'individuo nelle capacità fisiche e mentali, creando serie disabilità. Si può tranquillamente dire che la malattia rara affligge un malato, ma colpisce anche l'intero gruppo familiare, che è quasi sempre coinvolto in maniera pesantissima dalla malattia con conseguenze sociali, economiche, affettive e professionali. A questi problemi si aggiungono le difficoltà legate alle cure. Arrivare alla diagnosi di una malattia rara è spesso un processo lungo e complesso. E una volta giunti alla diagnosi si scopre che la ricerca in questi campi è ancora agli albori. È stato coniato il termine 'Tarmaci orfani" proprio per indicare i medicinali destinati alla cura delle malattie rare e che sono orfani di attenzione da parte della ricerca. Essendo pochi i casi da trattare, risulta scarsamente proficuo per le industrie farmaceutiche sviluppare costose linee di studio e produzione destinate al trattamento di un piccolo numero di pazienti. Per fortuna, ci sono incentivi fiscali, procedurali ed economici che l'Unione europea ha introdotto per promuovere studio e produzione dei 'Tarmaci orfani", e che hanno portato a importanti passi in avanti nella diagnosi e nella cura. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 27 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato VITA IN CASA / LA DIFFICOLTÀ NELLE CURE / IL MEDICO DI FAMIGLIA 12/02/2015 Panorama - Ed. n.7 - 18 febbraio 2015 Pag. 32 (diffusione:446553, tiratura:561533) I figli venuti dal futuro Donazione di mitocondri, trapianto di utero, ovociti e spermatozoi derivati da staminali. La scienza offre modi inediti per nascere. (Chiara Palmerini) Non ci sono donatrici di ovociti per la fecondazione eterologa? Ecco che le cliniche italiane li cercano all'estero, stringendo accordi con banche di gameti di Spagna o Danimarca. Mentre, approfittando del nuovo mercato, alcune cliniche spagnole «sbarcano» in Italia: visite ed esami si fanno qui, la fecondazione in provetta avviene in Spagna, e la donna può andare e tornare in giornata per il trasferimento degli embrioni nell'utero. Con le possibilità offerte dalla scienza, le strade per arrivare a un figlio diventano le più strane, in un intreccio cui è difficile stare dietro tra ciò che è tecnicamente possibile, ciò che lo è o lo diventa da un punto di vista legale e ciò che, secondo i diversi punti di vista, dovrebbe esserlo o no dal lato etico. La Gran Bretagna ha appena dato il via libero alla manipolazione del Dna mitocondriale. Si è parlato di bambini che nasceranno con tre genitori. In questione c'è una tecnica ancora sperimentale di manipolazione dell'ovocita: si sostituiscono alcune parti di Dna difettoso, quello contenuto nelle «centrali energetiche della cellula», i mitocondri, con materiale genetico proveniente da una donna sana, che sarebbe il «terzo genitore»; in realtà il Dna della donatrice è una frazione minima rispetto a quello dei due genitori (circa 16mila basi di Dna contro alcuni miliardi). Lo scopo della manipolazione è dare la possibilità alle donne affette da mutazioni del Dna mitocondriale, all'origine di malattie anche gravi, di avere figli sani. «Se ne parla da 15 anni» osserva Eleonora Porcu, responsabile del Centro di infertilità e procreazione medicalmente assistita dell'Università di Bologna. «La Gran Bretagna, che ha la tradizione di approvare nella pratica ciò che è potenzialmente fattibile, ha dato il via da un punto di vista legislativo. Da quello scientifico rimangono le riserve su quello che potrebbe accadere ai figli nati in questo modo: come per tutte le tecniche che comportano un elevato livello di manipolazione, c'è un margine di imprevedibilità». A ottobre scorso è nato in Svezia il primo bambino da una donna che ha subito un trapianto di utero, una tappa che a lungo è stata inseguita. «È una cosa possibile, ma per ora difficilmente applicabile» commenta Porcu. Mantenere vitale l'organo, se proviene da cadavere (non è il caso della donna svedese, che l'ha avuto dalla madre), trapiantarlo e farci crescere dentro un bambino non è un'impresa da poco. C'è poi il problema dei farmaci antirigetto, che la donna deve continuare ad assumere anche durante la gravidanza, e dell'espianto dell'organo, un ulteriore intervento una volta che il bambino è nato. Ma è un traguardo che ha fatto gioire le donne nate prive di utero per malformazioni congenite o quelle che hanno dovuto subirne per varie ragioni l'asportazione chirurgica. Più fantascientifica, per ora, è un'altra opzione, di cui si è parlato recentemente. Scienziati dell'Università di Cambridge hanno creato in laboratorio i precursori dei gameti, ovociti e spermatozoi, a partire da cellule staminali della pelle. Era stato già fatto nei topi, ora il trucco di riportare indietro l'orologio è riuscito con cellule umane. Sui possibili utilizzi futuri di questa tecnica si può dare libero sfogo alla fantasia: si aprirebbe la possibilità di avere figli da soli, con cellule del proprio corpo e senza bisogno di un partner. Più realistico è il tentativo portato avanti in pochi laboratori al mondo di riattivare le cellule staminali ovariche per ottenere ovociti freschi e funzionanti per le donne affette da menopausa precoce che non riescono ad avere un bambino. Proprio per le donne in menopausa precoce e per quelle sottoposte a terapie che comprometterebbero la fertilità, Porcu ha sviluppato (per prima al mondo) la tecnica del congelamento degli ovociti, ormai di routine in tutto il mondo. Oggi però si comincia a valutarla in un'altra prospettiva, che ha acquisito notorietà soprattutto quando, mesi fa, è uscita la notizia che Facebook e Apple la offrirebbero alle giovani dipendenti, in modo da permettere loro di dedicarsi alla carriera rimandando un'eventuale maternità. È il social egg freezing. Non è un'opzione a costo zero: per prelevare gli ovociti c'è bisogno di una forte stimolazione ormonale, di un intervento chirurgico, e di un'anestesia generale. E pone soprattutto interrogativi non da poco: si potrà davvero diventare mamme a qualunque età? SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 28 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato scenari frontiere 12/02/2015 Panorama - Ed. n.7 - 18 febbraio 2015 Pag. 32 (diffusione:446553, tiratura:561533) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 29 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Bambini con tre genitori La tecnica è la donazione mitocondriale: la manipolazione dell'ovocita per bypassare il difetto genetico all'origine di alcune malattie (il mitocondrio è la «centrale energetica» della cellula, con un suo Dna). In pratica, il nucleo dell'ovocita dell'aspirante madre affetta da anomalie del Dna mitocondriale viene trasferito nell'ovocita di una donatrice con mitocondrio sano; l'ovocita viene poi fecondato in vitro con il seme paterno. Il nascituro, oltre al materiale genetico dei genitori, eredita una piccolissima quota di Dna mitocondriale dalla donatrice, il «terzo genitore». Trapianto di utero A ottobre è nato il primo bambino partorito da una donna che ha ricevuto l' utero di una donatrice. In teoria è una possibilità per donne che sono nate prive di utero, o che ne hanno dovuto subire per vari motivi l'asportazione chirurgica.È una tecnica rischiosa e non priva di interrogativi etici. Social egg freezing Il congelamento degli ovociti (per un'eventuale gravidanza futura) è una pratica già utilizzata per le donne a rischio di menopausa precoce, per esempio quelle che si devono sottoporre a cure (chemioterapia) che distruggono la fertilità. Ora se ne parla però anche come di una possibilità per tutte le donne che devono o vogliono rimandare il desiderio di maternità. Gameti da staminali Di recente, cellule precursori di ovociti e spermatozoi sono state ricavate da cellule staminali embrionali e da cellule adulte della pelle. È solo un primo passo. In teoria, ciascuno potrebbe ricavare dal proprio corpo i gameti per creare un figlio senza bisogno di un partner. 12/02/2015 Panorama - Ed. n.7 - 18 febbraio 2015 Pag. 70 (diffusione:446553, tiratura:561533) In difficoltà eravamo noi, non lui Mario ha quattro anni e un problema al cervello. Che i suoi genitori hanno imparato a curare con un trattamento particolare: una terapia della gioia che ora raccontano anche in un libro. Maddalena Bonaccorso foto di Roberto Caccuri per Panorama Se la loro vita fosse uno specchio rifletterebbe solo gioia. La felicità di due genitori, strappata con le unghie al destino avverso del figlio Mario, quattro anni e un ictus che l'ha colpito quando era ancora nel grembo della mamma o nei giorni immediatamente successivi alla sua nascita. Sulla storia di questa piccola vita e delle battaglie quotidiane da affrontare, la mamma di Mario, Francesca Fedeli, 43 anni e un passato nel marketing e nella comunicazione, ha scritto un libro che è doloroso come una coltellata e ottimista come il sorriso del suo bimbo, che trionfa in copertina con uno sguardo da monello. Lotta e sorridi, edito da Sperling & Kupfer, uscirà il 17 febbraio e racconta un'avventura che è un po' la versione contemporanea dell' Olio di Lorenzo; quella di una mamma e di un papà che pur di aiutare il proprio figlio s'inventano medici, fisioterapisti, ricercatori, crowdfunder, e quella di un bambino che forse non potrà mai correre e saltare come gli altri ma che a soli quattro anni impazzisce dalla voglia di imparare a leggere e ha viaggiato così tanto che imita ridendo i movimenti delle hostess quando indicano ai passeggeri cosa fare se l'aereo va giù. Francesca, cosa è successo alla nascita di Mario? Mario è nato all'ottavo mese di gravidanza, con un cesareo programmato. È rimasto qualche giorno in terapia intensiva per un problema respiratorio, ma è stato solo dopo dieci giorni dalla nascita, al momento delle dimissioni, che i medici, grazie a un'ecografia di routine, si sono accorti di ciò che era successo. Mario aveva avuto un ictus perinatale molto grave, tanto che il 40 per cento dei neuroni del suo emisfero destro si era bruciato. Come avete reagito, lei e suo marito Roberto? In un primo momento, con disperazione. Ci sentivamo come se l'unico vero prodotto della nostra vita fosse stato un fallimento. Io soprattutto ho cominciato a pensare che fosse colpa mia; che magari durante la gravidanza avessi fatto qualcosa di sbagliato. In verità non si saprà mai il motivo di questi ictus perinatali, ma sappiamo che ogni mille nati ci sono almeno due o tre casi come quelli di Mario. Ma dopo il primo momento di scoraggiamento, voi avete deciso di prendere in mano la situazione... Abbiamo iniziato a cercare su internet qualunque notizia potesse tornarci utile, qualsiasi informazione medica fosse stata pubblicata in qualunque parte del mondo. Il neonatologo ci aveva detto che l'area del cervello colpita era quella che sovrintende alle capacità motorie, e che Mario avrebbe sviluppato un'emiplegia su tutta la parte sinistra del corpo. Abbiamo quindi deciso di andare a Pisa, al centro Stella Maris, considerato all'avanguardia nella cura di questi problemi. Sapevamo che un neurologo che lavorava lì era appena tornato dall'Australia dove aveva seguito un progetto pilota con bambini colpiti da ictus perinatale; ci disse che voleva portarlo in Italia e che avremmo potuto far includere Mario. Di cosa si trattava? Di un progetto sui neuroni specchio, speciali cellule nervose che hanno la capacità di attivarsi mentre il soggetto compie un'azione, ma anche solo guardando agire altre persone. Avremmo dunque iniziato una forma di terapia che consisteva nel far vedere a Mario, più volte al giorno per cinque minuti, per esempio, come si afferra una matita; e poi la nostra mano che ruota tenendo questa matita tra il pollice e tutte le altre dita, a turno. Dovevamo filmare il bambino e annotare le reazioni. Garanzie di miglioramento: praticamente nessuna, era tutto sperimentale. Poi però è successa una cosa straordinaria... Ci siamo accorti che Mario non guardava né la matita né le nostre mani, ma noi. Guardava i nostri occhi, le nostre espressioni. E noi eravamo tristi, stanchi, scoraggiati. Non ridevamo più, non lo guardavamo come il magnifico dono che è un figlio, ma come un problema. Noi che avevamo girato il mondo, ci eravamo chiusi in noi stessi, nel nostro dolore. Abbiano cominciato a chiederci se stessimo trasmettendo a nostro figlio una realtà cupa e priva di speranza, e se questo stesse influenzando in negativo la sua vita, la sua capacità di recupero. In pratica, eravate arrivati a un punto in cui vedevate solo i punti deboli del vostro bambino? Proprio così, ci stavamo concentrando ossessivamente sulle mancanze. Su quello che Mario non poteva fare. A quel punto abbiamo deciso di invertire la rotta, di ripartire da quelli che erano i nostri punti di forza, per trasmetterli SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 30 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Buoni esempi 12/02/2015 Panorama - Ed. n.7 - 18 febbraio 2015 Pag. 70 (diffusione:446553, tiratura:561533) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 31 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato a lui, affinché diventassero i suoi. Abbiamo ripreso a viaggiare, prendendo come scusa un viaggio che Roberto doveva fare per lavoro negli Stati Uniti. E così siete partiti tutti... Era l'agosto del 2012, Mario aveva 18 mesi, non solo non camminava, non stava in piedi e non aveva mai nemmeno gattonato. La fisioterapia che facevamo a Milano, anche quella classica, sembrava non funzionare. Ma decidemmo di buttarci tutto alle spalle, e di goderci la vacanza. Un giorno, mentre eravamo a Menlo Park, in California, per un incontro di lavoro, stavolta mio, è successo l'imprevedibile. Mario era seduto a terra e all'improvviso si è attaccato ai pantaloni di suo padre con la mano destra e si è tirato su. È riuscito a trascinare la parte spenta del suo corpo facendo leva su tutto quanto aveva di forte. Per noi è stato come se fosse sbarcato sulla luna. Il vostro amore per il viaggio, le passioni, il piacere della scoperta. Avevate imparato a riflettere come specchi tutto il bello della vita? Probabilmente sì. Era come se Mario si fosse sbloccato, proprio nel momento in cui noi avevamo messo da parte tutta l'angoscia dei primi mesi della sua vita, come se Mario avesse messo in pratica tutto ciò che aveva visto fare e che voleva imparare. Qualche mese dopo ha mosso i suoi primi passi. Ora ha quattro anni, salta e corre. Certo, ha ancora, e probabilmente avrà sempre, molte difficoltà, ma ha fatto passi da gigante. E mentre Mario faceva passi da gigante, lei, Francesca, scriveva questo libro, che racconta i primi quattro anni di vita del suo bambino. È stata una terapia anche per lei? In parte, sì. Raccontare vuol dire metabolizzare. Ma più che per me, o per noi, l'ho scritto per aiutare i bambini che vivranno questo problema dopo Mario, e anche per i loro genitori, affinché non si scoraggino mai. Oltre al libro, io e mio marito abbiano fondato anche un'associazione, si chiama Fight the stroke, e il suo scopo è aiutare i giovani sopravvissuti a un ictus. Io nel frattempo ho lasciato il lavoro e mi dedico soltanto a questo progetto, tenendo sempre presente la grande lezione di Mario: prendi i tuoi punti di forza, non perdere mai la fiducia, e lotta. I risultati arriveranno. Contrasto Terapia della felicità Mario, quattro anni, mentre gioca con i suoi genitori. La storia positiva della sua lotta contro la malattia è raccontata nel libro Lotta e sorridi (Sperling & Kupfer, 192 pagine, 16 euro, a sinistra la copertina), in uscita il 17 febbraio e scritto dalla mamma Francesca Fedeli. Foto: Mario, quattro anni, tra il papà Roberto D'Angelo (44 anni) e la mamma Francesca Fedeli (43). Foto: Può la gioia trasformarsi in una cura? Di' la tua sulla pagina Facebook di panorama. 11/02/2015 Vita - Ed. n.2 - febbraio 2015 Pag. 80 (diffusione:45000) Ricostruiamo la buona vita con i malati di tumore L'assistenza domiciliare modello Eubiosia VITA - febbraio 2015 Sono medici, infermieri, fisioterapisti, professionisti esperti in oncologia e cure palliative che ogni giorno in Italia assistono, gratuitamente, a domicilio 4.250 malati di tumore. Senza indossare il camicie bianco. «Sarebbe una barriera fra noi e il paziente, fra noi e la famiglia del malato. In Fondazione Ant gli operatori accompagnano il malato e la sua famiglia a vivere la malattia», chiarisce subito Maria Bruno uno dei medici dell'organizzazione. Fondata 35 anni fa dal medico oncologo Franco Pannuti per diondere le cure palliative per malati di tumore, Ant ha in carico in tutta Italia circa 10mila persone grazie a 21 équipe di operatori che lavo rano in nome dell'Eubiosia (la buona vi- testi: Carmen Morrone foto: Stefano Pedrelli ta, in greco antico), intesa come insieme di elementi per una vita dignitosa dal primo all'ultimo respiro. In particolare si tratta di 400 professionisti - sanitari e non - a cui si aancano 1.800 volontari iscritti nell'albo dell'associazione. Tutti protagonisti 365 giorni l'anno, 24 ore su 24, in 9 delle venti regioni italiane. A partire da Bologna e dall'Emilia Romagna, dove è nato il progetto. Nel capoluogo emiliano l'attività di assistenza domiciliare prende avvio dalla palazzina di via Jacopo di Paolo, dove medici e infermieri iniziano la loro giornata con il prelievo dei farmaci da portare a casa dei 1.400 malati visitati ogni giorno. Prima di tutto, il medico oncologo Maria Bruno, tarantina, ma bolognese d'adozione che lavora con Fondazione Ant da 12 anni, spiega come avviene l'incontro con i pazienti. «In certi casi è il malato che telefona al nostro call center, altre volte è il medico ospedaliero o il medico di base che invita il paziente a rivolgersi a noi». Fatto sta che «riceviamo ogni anno circa 7mila richieste. Tutte soddisfatte». Il prelievo dei farmaci al mattino è preceduto dall'invio delle richieste, come spiega la dottoressa Bruno che ci accompagnerà lungo tutta la giornata. «Ogni sera invio, tramite cellulare, l'elenco dei farmaci per il giorno dopo. La mattina li trovo nel nostro deposito farmaceutico già insacchettati e li ritiro. Quando invece occorrono altre attrezzatura, ad esempio bombole di ossigeno e altri apparecchi "pesanti", li trovo già al domicilio del paziente perché recapitati dal nostro Servizio Famiglia, che si occupa del trasporto a domicilio degli ausili. I farmaci naturalmente sono quelli prescritti dal medico che ha diagnosticato la malattia e che sta seguendo il paziente. Lavoriamo, infatti, in collaborazione con i medici ospedalieri e di base, e ci confrontiamo per aggiornare le terapie in base ai bisogni del singolo malato. Mi piace definire la nostra assistenza fatta su misura, come un abito». «Si tratta di un servizio unico in Italia», interviene la presidente Raaella Pannuti, figlia del fondatore . «La presa in carico di un paziente da parte di Ant comporta un costo di 2mila euro (esclusi i farmaci che spettano al Servizio sanitario nazionale e il cui costo è assimilabile a quello della presa in carico) per una media di 132 giorni di assistenza l'anno a paziente. Tenendo conto che il costo giornaliero di degenza in una struttura per cure palliative è di circa 240 euro e in un ospedale è di 780 euro, il risparmio è evidente». Il primo paziente della giornata è la signora Teresa , 78 anni. «Dopo aver ascoltato la diagnosi non mi sembrava vero», racconta, «pensavo di avere capito male. Sono arrivata sino a questa età senza gravi malattie. Eppure i referti medici erano chiari: così sono entrata nel mondo dei malati di tumore». «Il mio primo pensiero», continua «è stato per Carlo, mio marito da ben 56 anni, chi avrebbe pensato a lui? Avevo sentito parlare di Fondazione Ant e mi sono rivolta a loro». Teresa è seguita da quasi un anno. «Sono molto soddisfatta per tanti motivi», dice, «il primo è perché mi sto curando a casa mia che non può essere sostituita con nessuna camera di ospedale, nemmeno la più bella. Ant è a disposizione tutti i giorni, Natale, Santo Stefano, Pasqua. Tutto agosto. Chiami e loro ti rispondono. Ant è quello che cercavo, sopratutto per Carlo. Ora si è tranquillizzato perché sotto l'aspetto medico e infermieristico sono assistita, così che lui può pensare a tutte le altre faccende domestiche. Mio marito alla sua età, ha 80 anni, ha imparato pure a cucinare: un mezzo miracolo». «Che dici? È ancora lei il cuoco», interviene Carlo guardano Teresa con gli occhi lucidi, «mi ha insegnato a fare anche il ragù alla bolognese». A Bologna e in Emilia Romagna - così come nelle altre regioni dove la Fondazione Ant è presente - è attivo anche un servizio di assistenza per i familiari che ogni anno si prende in carico centinaia di SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 32 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato FONDAZIONE ANT 11/02/2015 Vita - Ed. n.2 - febbraio 2015 Pag. 80 (diffusione:45000) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 33 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato parenti fornendo aiuti di vario tipo, a partire dalla compilazione e dall'inoltro delle pratiche per l'assegno di cura, per la domanda di invalidità e per quella di esenzione dal ticket fino agli incontri di informazione sulla malattia e a un vero e proprio supporto psicologico per i ca82 regiver. Solo nei primi sei mesi del 2014 sono state oltre 1.700 le persone che hanno usufruito del servizio psicologico gratuito. La fondazione fornisce anche un servizio di cambio biancheria e il trasporto gratuito del malato dal domicilio all'ospedale in occasione di ricoveri e trattamenti in day hospital. Un lavoro che Ant riesce a svolgere in rete con i servizi socio-sanitari del territorio. A casa di Teresa, suona il campanello : sono due volontari. Portano una carrozzina. «Teresa in questi giorni ha un forte mal di schiena e fa molta fatica a camminare. La sedia a rotelle le permetterà di spostarsi in casa e di poter fare qualche giretto nel quartiere», spiega Roberto Cesari, a capo del Servizio Famiglia. Sono le 15 e a casa di Teresa arriva Monica Zanoni. Venticinque anni, Monica è infermiera professionale e lavora per Fondazione Ant da sei mesi. «Ho sempre desiderato lavorare per questa realtà che è molto conosciuta nel bolognese», dice. Per poi aggiungere: «Vengo da San Giovanni in Persiceto e tutti i giorni raggiungo Bologna da quando ho iniziato la professione di infermiere domiciliare. Faccio volentieri la pendolare perché il lavoro mi piace. L'infermiera di Fondazione Ant, infatti, non svolge solo le sue mansioni tecniche, ma come tutti gli altri operatori è responsabile del benessere del paziente: qui i principi dell'Eubiosia si toccano con mano». «Oggi Teresa ha bisogno di un'iniezione», continua, «poi, come ogni giorno, verifico se ha assunto le pastiglie in programma. Infine preparo la terapia per la sera». Il tutto si svolge in una calda cordialità e Monica e Teresa si scambiano i commenti su trasmissioni tv. «La signora Teresa ha una vita familiare serena, in altre famiglie è molto diverso il clima che si respira», interviene Maria Bruno. «Ci capita di visitare pazienti che vivono in case piccole e malsane. Persone sole, soprattutto anziani soli che a causa del tumore non possono più svolgere attività semplici come fare la spesa. Per questo ci sono i volontari della Fondazione che fanno le compere quotidiane, che vanno in posta a pagare le bollette della luce e del gas. A volte, queste persone sole, anche se la malattia non è ancora invalidante, non si prendono più cura di loro stessi: smettono di fare i tradizionali gesti quotidiani, come radersi la barba, lavarsi, pettinarsi. Abbiamo verificato che la nostra presenza quotidiana li spinge a tornare a una vita dignitosa». Le reazioni alla malattia sono diverse. «La famiglia può diventare ansiosa e iniziare una ricerca aannosa di chissà che cosa», continua Bruno, «oppure impietrirsi, diventando incapace di essere attiva anche nelle cose più semplici: come se il familiare fosse entrato in una dimensione estranea alla loro. Qualche mese fa abbiamo seguito una famiglia con sette figli, di cui uno malato terminale. È stato un intervento molto dicile per via delle condizioni economiche precarie e per la scarsa informazione e formazione dei genitori». Gli operatori di Fondazione Ant vivono situazioni emotive molto impegnative per questo c'è l'Unità di psico-oncologia (una trentina di operatori in tutta Italia) che lavora per evitare fenomeni di burn out. La coordina Silvia Varani. «Non è sempre facile instaurare una relazione con i malati di tumore:», spiega, «gli operatori sono preparati per gestire le situazioni di stress e hanno il nostro costante supporto. Al di là degli aspetti strettamente terapeutici, con i malati di tumore non si può essere superficiali, né drammatici, né si possono usare luoghi comuni, né essere fatalisti. È un rapporto che richiede un grande sforzo comunicativo». L'altra parte dell'attività dell'Unità di psicooncologia è rivolta ai malati e alle famiglie sia durante l'assistenza sia nell'elaborazione del lutto. Una presa in carico molto ampia svolta grazie soprattutto alle liberalità di privati cittadini e alle manifestazioni di raccolta fondi (56%), al contributo del 5permille (11%) a lasciti e donazioni (7%), e a un contributo pubblico pari all'18%. Nel 2013 sono stati raccolti 22 milioni di euro, il 76% dei quali è andato alle attività di assistenza. Salutiamo Teresa appena in tempo perché suona il telefono di casa accanto alla poltrona e lei risponde pronta. «Sono quelli di Fondazione Ant, devo rispondere e vi devo salutare», dice con un dolce sorriso. Che sarà impossibile dimenticare. febbraio 2015 - VITA - DOVE Ant è presente in 9 regioni: Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Marche, Basilicata, Campania e Puglia. Ci sono progetti pilota anche a Mestre, Mantova, Cosenza, Monfalcone e in Albania - COME L'attività di assistenza è svolta grazie a una rete di 400 professionisti, sanitari e non, cui si aancano 1.800 volontari che si occupano di servizi alle famiglie e di raccolta fondi - CHI Fondazione Ant nasce a Bologna nel 1978 per iniziativa del medico Franco Pannuti e 11/02/2015 Vita - Ed. n.2 - febbraio 2015 Pag. 80 (diffusione:45000) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 12/02/2015 34 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato fornisce assistenza socio sanitaria gratuita a domicilio ai soerenti di tumore Foto: Ogni giorno. La signora Teresa insieme all'infermiera Monica Zanoni, in un momento dell'assistenza domiciliare svolta da Fondazione Ant Foto: ORE 10.00 ORE 8.00 La giornata comincia nella farmacia, dove gli operatori prelevano i sacchetti di farmaci confezionati dai farmacisti di Fondazione Ant che ricevono le richieste la sera prima Maria Bruno, medico oncologo, arriva a casa del primo paziente della giornata, la signora Teresa. Maria Bruno è uno dei 37 medici di Fondazione Ant, che lavorano a Bologna Raffaella Pannuti Presidente di Fondazione Ant Maria Bruno Medico oncologo Foto: 1. Il deposito farmaceutico di Fondazione Ant . Qui i famacisti insacchettano i farmaci che ogni giorno gli operatori sanitari prelevano per portare al domicilio dei pazienti 2. La dottoressa Maria Bruno per spostarsi dalla sede di via Jacopo di Paolo alle case dei pazienti utilizza un veicolo della Fondazione 3.4. Maria e Monica al lavoro a casa della signora Teresa. In Italia Fondazione Ant conta 122 medici, 87 infermieri, 29 psicologi, 2 nutrizionisti. A Bologna, i medici sono 37, gli infermieri 22 e 8 gli psicologi ORE 15.00 ORE 13.00 È il momento del pranzo cucinato dal marito di Teresa. L'assistenza domiciliare permette di continuare a vivere la normalità, come pranzare e cenare insieme ai propri cari Teresa riceve la visita dell'infermiera, Monica Zanoni. A Bologna ci sono una settantina di operatori. Monica ogni giorno visita una decina di pazienti Foto: ORE 17,30 ORE 20.00 Nella biblioteca della fondazione si preparano i libri e i dvd da portare ai pazienti il giorno dopo. È attivo infatti un servizio di prestito di volumi e film Al call center della fondazione, alcuni volontari ricevono le chiamate dai pazienti e dai familiari. Il servizio è attivo 365 giorni l'anno 24 ore su 24 5. Roberto Cesari, capo del Servizio Famiglia insieme a un collaboratore .Il Servizio Famiglia ogni giorno porta al domicilio ausili come bombole d'ossigenzo, carrozzine 6. Carlo, 80 anni è il marito di Teresa . Da quando la moglie si è ammalata è lui che sbriga le faccende domestiche 7. Teresa, 78 anni . In questo momento, la malattia la costringe a stare molte ore in casa. Le telefonate rendono meno noiosa la giornata