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LUNEDÌ 27 SETTEMBRE 2010
SPETTACOLI
&TELEVISIONE
■ 40
Rapper come Fabri Fibra ma anche devoti di Bob Marley come Africa Unite e Skardy continuano a
tenere alta la bandiera della canzone impegnata. E dietro di loro si affacciano molti nomi nuovi
Combat
reggae
CARLO MORETTI
ROMA
n tempo era materia da cantautori:
per capire dove stava andando l’Italia
bastava ascoltare le
canzoni di De André, di Guccini,
di Dalla, di De Gregori, di Rino
Gaetano. Poi quel testimone è
caduto a terra, e lì è rimasto. Non
è solo mutata la realtà italiana: è
la canzone che si è ripiegata su se
stessa, ha scoperto i propri limiti di fronte ad una realtà sempre
più complessa e sfuggente, ha
provato imbarazzo nel condividere sogni e malesseri. Oggi chi
scrive canzoni racconta preferibilmente l’amore, oppure ci fa
entrare in un mondo sempre
troppo personale perché il racconto possa diventare anche
politico: la comunicazione, nella canzone, s’è arenata da anni.
Eppure, circoscritta all’interno
di tanti pubblici diversi, la canzone sociale sopravvive. Ci pen-
U
Il prossimo anno gli Africa
Unite festeggeranno il loro
trentennale. Nel loro
nuovo cd “Rootz”, le radici
reggae e molti temi politici
Gli altri
gruppi
Il cantautore non protesta più
la musica di lotta cambia ritmo
esercizio pericoloso: «Io coi vostri testi ortodossi mi ci pulisco il
culo» dice Fibra in Vip in trip,
«ma quale cantautore? Vaffanculo al rallentatore». E poi, in Rivelazione, «se la musica è una
strada che va dritta alla tesi, io
guido al contrario come gli inglesi».
A tenere alta la bandiera della
canzone di protesta ci pensa il
reggae, radicato nel territorio e
nei dialetti e ben rappresentato
in tutta la penisola. Il ritorno del
veneziano Skardy, già voce dei
Pitura Freska, con l’album Piragna, annunciato peraltro da una
copertina di Vauro, vale quanto
un sonoro ceffone in faccia alle
cricche che si arricchiscono nel
sottogoverno italiano, grazie a
canzoni come Magna Magna e
L’onorevole. C’è anche la cover
di Destra Sinistra di Giorgio Gaber: «Gaber l’aveva vista giusta»,
dice Skardy, che continua a fare
il bidello nell’Istituto d’arte di
Mestre, «per tanti ragazzi destra
e sinistra sono ormai parole vuote, mille polemiche ma poi non
cambia nulla. Mentre la sinistra
antagonista è scomparsa, da noi
la Lega sfrutta l’ignoranza e la
paura della gente, i leghisti che
conosco io hanno una mentalità
razzista e fascista. E oggi stanno
facendo tutto quello che hanno
criticato della politica italiana».
Il reggae scorre anche nelle
vene della Puglia. I salentini Sud
Sound System raccontano da
anni con la loro musica i problemi del loro territorio, dalla Ballata del precario all’inquinamento prodotto dai complessi industriali pugliesi, in particolare
dell’Ilva di Taranto e della centrale elettrica di Cerano nel Brindisino. Da Taranto arriva Mama
Marjas, nuova e interessante voce del reggae in dialetto, che con
Bless the ladies denuncia la violenza sulle donne e in Repubblica italiana fa un ritratto impie-
PARANZA VIBES
Da Pontecagnano in
provincia di Salerno,
cantano in dialetto
Nel ’07 hanno scritto
“In Campania” per il
film “Biutiful Cauntri”
STEELA
Un tempo c’erano
De André e Guccini
ma oggi chi fa
canzoni guarda
solo a se stesso
sano il rap e il reggae a raccontarci come siamo.
Quando è apparso sulla scena, il rap doveva testimoniare la
rivoluzione in diretta, oggi fa
esplodere le contraddizioni del
nostro quotidiano mandando
in corto circuito il linguaggio
della politica. Fabri Fibra è da
due settimane ai vertici della
classifica di vendite con il suo
nuovo album Controcultura, il
disco della sua maturità artistica, dove racconta quest’Italia di
escort, di politici corrotti e di vip
da salotto televisivo. Il suo rap
pieno di calembour lascia dietro
di sé un tappeto di cocci rotti, e
anche ballarci sopra diventa un
I VETERANI
Salentini, cantano in
dialetto e in italiano
Hanno collaborato
con Madaski e con
Raiz, con il quale
sono andati in tour
Fabri Fibra
lotta di successo
Il rapper marchigiano
amatissimo dai giovani è in
testa da due settimane alla
classifica di vendita con il
nuovo album “Controcultura”,
in cui propone un catalogo dei
mali italiani
MAMA MARJAS
Nuova interessante
voce del reggae
italiano, Mama Marjas
è nata 25 anni fa a
Taranto, canta in
dialetto e in inglese
toso del nostro paese.
Con quasi trent’anni di storia
artistica alle spalle, i torinesi
Africa Unite con il nuovo album
Rootz sono tornati alle origini
del reggae, e non solo dal punto
di vista dei suoni. Il sogno di rivoluzione e di cambiamento
che appartiene alla musica di
Marley e di Linton Kwesi Johnson spunta prepotente nelle liriche di questo loro ultimo lavoro
e in particolare nel brano che lo
chiude, intitolato Cosa resta,
cantato da Bunna in stile dub
poetry: «Non si muove foglia ma
tira brutta aria, dal basso il gesto
è immobile e non solleva polvere su chi sta sopra e tira fili di collusioni equivoche» e ancora «In
una piazza o in una cella può
succedere la situazione irreparabile che colpisce chi è più debole, chi ha un vestito da colpevole e non si spoglia più», chiaramente riferito ai casi di Carlo
Giuliani e di Stefano Cucchi. «È
la fotografia di ciò che ci circonda» spiega Bunna, il cantante
Skardy: “Per tanti
ragazzi destra e
sinistra sono parole
che non dicono più
niente”
degli Africa Unite «giorno per
giorno ci stanno togliendo i diritti nei posti di lavoro, nelle
scuole, ma nessuno sembra avere la forza di reagire. Ci si abitua
a questa lenta asfissia di libertà,
non succede nulla, sembra tutto
normale e invece non lo è affatto. Ma c’è un problema di fondo,
sarebbe importante e necessario informarsi, mentre oggi
l’informazione è veicolata dagli
strumenti di consenso delle tv
nelle mani della politica. Giovani con la voglia di nuovo ce ne sono, anche ai nostri concerti. Ma
la maggioranza vive nell’inconsapevolezza».
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