La condizione di pellegrini nel medioevo. Dallo status giuridico ai

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La condizione di pellegrini nel medioevo. Dallo status giuridico ai
LA CONDIZIONE DEL PELLEGRINO:
alla ricerca della genesi dello
status giuridico dei pellegrini cristiani.
“Un pellegrinaggio, disse Imlac, come molti altri atti di devozione, può
essere ragionevole o superstizioso, a seconda dei princìpi in nome dei
quali esso è compiuto. Nessuno ci obbliga a far lunghi viaggi in cerca
della verità. La verità, per quel che è necessaria a dar regola alla vita, si
trova sempre dove la si cerca con intento onesto. Il cambiar luogo non
genera di necessità un aumento della devozione, ciò provocando
inevitabilmente un dissiparsi dell'animo. Tuttavia, giacché gli uomini
corrono a vedere quotidianamente i campi dove hanno avuto luogo grandi
azioni, e ne ritornano con più vive impressioni dell'evento, una curiosità
della stessa sorta può naturalmente indurci a visitare il paese donde
s'originò la nostra religione; e io credo che nessuno contempli quei luoghi
numinosi senza un qualche rafforzamento di sante risoluzioni. Che ci si
possa più facilmente propiziare l'Essere Supremo in un luogo piuttosto che
in un altro, è chimera della vana superstizione; ma che alcuni luoghi
abbiano il potere d'influire in maniera singolare sul nostro animo, è
opinione comprovata dall'esperienza di ogni ora. Colui che nutre
l'illusione di poter meglio combattere i propri vizi in Palestina, scoprirà,
forse, di essere in errore, pure potrà andare colà senza essere chiamato
pazzo: colui che pensa che gli saranno più facilmente perdonati, disonora
al tempo stesso la sua ragione e la sua religione.”
Samuel Johnson1
Il pellegrinaggio crea conflitti?
L’anno scorso all’Egeria Conference di Salonicco,2 dopo aver ascoltato due interventi successivi, pur preziosi,
che però tendevano a fare commistione tra pellegrinaggio altomedievale e “divina peregrinatio”, feci ai relatori la
seguente domanda: “Do you accept the difference between pilgrimage, which means to go and return home, and “divina
peregrinatio”, which means to go and become a monk?”.
Naturalmente, uno dei responsabili del Congresso fece una sorta di mozione d’ordine che dichiarò la questione
inaffrontabile in quel contesto, lasciandomi dubbioso sul fatto se io sia un agente provocatore ovvero un inguaribile
ingenuo. Sono arrivato alla conclusione che sono un inguaribile ingenuo provocatore: e questo perché conoscevo già
allora l’affermazione di Cyril Mango che nella lingua greca, e quindi nella cultura bizantina, non esiste una parola
precisa per esprimere il concetto di pellegrinaggio.3
Non potevo pensare però che, per gli organizzatori di quel Congresso internazionale, una simile distinzione
potesse rappresentare un problema, una sorta di nervo scoperto, che avrebbe potuto provocare un certo imbarazzo.
Anche al Congresso internazionale di Salerno, Cava de' Tirreni, Ravello nel 2000, provocai imbarazzo
affermando, e credo anche dimostrando, con qualche base scientifica, che prima dell’avvento dei Normanni il
pellegrinaggio nel Meridione d’Italia non era certo incentivato, anzi.4
1
«Rasselas principe d'Abissinia» / Samuel Johnson ; introduzione di Giuseppe Sertoli ; a cura di Goffredo
Miglietta. - Milano : Il Saggiatore, 1983. - Capitolo XI. Continuazione del racconto di Imlac. Cenno sui pellegrinaggi. Scilicet, pp. 67-68.
2
«Routes of Faith in the medieval Mediterranean» [Egeria Conference 2007] : international Symposium :
Thessaloniki, 7-10 novembre 2007 / European Center of Byzantine and Post-Byzantine Monuments. - [Atti in corso di
stampa]
3
“The Pilgrim's Motivation” / Cyril Mango. - In : «Akten des XII. internationalen Kongresses für christliche
Archäologie» : Bonn, 22-28 September 1991 / Pontificio istituto di archeologia cristiana. - Münster : Aschendorffsche
Verlagsbuchhandlung, 1995. - (Studi di antichità cristiana = Jahrbuch für Antike und Christentum, Ergänzungsband,
20,2). Vista la non semplice reperibilità dei volumi, mi permetto di riportare il passo chiave dell'intervento: “As well all
know, there does not exist in Greek – ancient, patristic or medieval – a special term for a pilgrim, just as there was no
such Latin term until peregrinus had gradually acquired that more restricted meaning”.
4
“Itinerari, motivazioni e status dei pellegrini pregiubilari : riflessioni e ipotesi alla luce di fonti e testimonianze
intorno al Meridione d'Italia” / Fabrizio Vanni. - In : «Fra Roma e Gerusalemme nel medioevo : paesaggi umani ed
ambientali del pellegrinaggio meridionale» [Atti del Congresso internazionale di studi : Salerno, Abbazia di Cava de'
Tirreni, Ravello, 26-29 ottobre 2000] / a cura di Massimo Oldoni. - Salerno : Laveglia editore, 2005. - (Schola
salernitana, studi e testi, 11).
1
Prima della fine di questo convegno prometto che sarò in grado, se ne avete, di rivelare anche i Vostri nervi
scoperti. Devo tener fede alla mia immagine ormai consolidata.
I concetti cambiano significato, da luogo a luogo e nel corso del tempo.
Uno scrittore famoso ebbe a dire che “Le parole sono pietre”; un altro scrittore famoso gli rispose che “le
parole sono puttane”. Crediamo tutti sempre di avere a che fare con concetti durevoli, speriamo anche che restino
sempre uguali, ma non è così, specialmente nel lungo periodo.
Limitandoci anche alla sola componente cristiana del pellegrinaggio (si tratta ormai di oltre due millenni, dai re
Magi a oggi) a partire dal termine chiave – pellegrinaggio, appunto – a tutti quelli ad esso correlati, a discesa, sia nel
corso dei secoli che da un'area all'altra dell'ecumène, che pure si è progressivamente allargata fino a coprire l'intero
globo, non se ne troverà alcuno che sia rimasto assolutamente immutato.
Per questo, rispetto alle baldanzose aspettative di poter compilare e completare un'analisi a tutto tondo dello
status giuridico dei pellegrini, valido almeno per l'intero medioevo, che mi ero riproposto appena ricevuto l'invito a
questo Convegno, devo ammettere di essere ancora in alto mare. Non che non possa proporvi un'abbondante relazione,
da cui dovrò riassumere per non sforare nei tempi. Ma la consapevolezza è che il lavoro euristico resta in gran parte
ancora indiziario perché l'esame delle fonti è stato e resta ancora certamente parziale.
In compenso, per farmi perdonare, ho portato alcune copie di questa mia relazione, per i relatori almeno. È un
materiale di lavoro, che però spero possa esservi utile, e che chiederebbe, in contraccambio, suggerimenti e indicazioni
per non commettere errori, anche solo di omissione. Ogni suggerimento sarà apprezzato e testimoniato in caso di
pubblicazione. Potrei avere anch'io i miei nervi scoperti.
Da advena a peregrinus.
Diamo pure per scontato, quindi, che, nel mondo bizantino, l’idea del pellegrinaggio fu una cosa molto diversa,
sostanzialmente diversa, da quella che si è andata progressivamente formando nell’Occidente cristiano e che comincia
sì, nell’area mediterranea del IV secolo dopo Cristo, con Elena, madre di Costantino, e poi con le matrone romane
Melania,5 e Paola,6 e poi con Egeria (peregrina nel 393-394),7 ma che resta, in quel contesto, un fenomeno elitario.
Elena, Melania, Paola ed Egeria sono di fatto pellegrine ante litteram, ma senza un termine che le definisca,
senza uno status né giuridico né sociale, che non fosse quello di illustri nobildonne, anche perché nessuna di loro ne
aveva bisogno. Finché esiste l’ecumène dell'impero romano non esistono stranieri (se non come fenomeni di
costume, provenienti o dalle steppe o dal deserto o dall’oriente più sconosciuto). Melania, Paola ed Egeria, e a maggior
ragione Elena, sono cittadine romane che continuano a muoversi nel consolidato e tranquillo ambito di una cittadinanza
allargata e rassicurante. Lo stato romano – scusate il gioco di parole – garantisce ancora uno status generico a tutti i
suoi membri, che si spostino o che restino nella loro casa.
Altri relatori hanno trattato qui della differenza tra advena (che significa straniero) e peregrinus (il cui
significato slitta progressivamente, ma inesorabilmente, da una sorta di sinonimo del primo termine a quello che noi
conosciamo e che diamo ormai per scontato). Non voglio quindi sovrappormi a chi mi ha preceduto. Voglio solo
sottolineare che se il primo termine, advena, per trovare il suo senso compiuto, deve proiettarsi nel lontano passato in
cui Roma non era ancora caput mundi, il secondo nasce con una valenza psicologica che ce lo apparenta al francese
déraciné. Si è peregrini prima di tutto perché ci si sente e ci si comporta come tali, per le ragioni più diverse, ma
chiaramente percepibili e percepite, essendo estranei e straniati, spostati (anche la Verfremdung brechtiana è la
proiezione in un contesto percepito come totalmente estraneo) dal contesto sociale e culturale in cui si viene proiettati.
Come nella Garfagnana della mia infanzia dove i ragazzi, per scherno, si dicevano l’un l’altro “va’ via, pellegrino”.
Forse perché non conoscevamo, allora, né negri, né omosessuali.
5
«Chronicon» / Hieronimus Stridonensis. - In : Migne (ed.) Patrologia Latina 27 (d'ora in avanti PL). “(Anno
Domini 377) Melania nobilissima mulierum Romanarum, et Marcellini quondam consulis filia, unico praetori tunc
Urbano filio derelicto, Jerosolymam navigavit: ubi tanto virtutum praecipueque humilitatis fuit miraculo, ut Teclae
nomen acceperit.”
6
«Vita di Martino, Vita di Ilarione, In memoria di Paola» / introduzione di Christine Mohrmann. - Milano :
Fondazione Lorenzo Valla Arnoldo Mondadori editore, 1993(3^). - (Vite dei santi, IV). Dal racconto di san Gerolamo si
evince che Paola era di famiglia ben nota al proconsole di Palestina, che avrebbe voluto ospitarla nel palazzo pretorio di
Gerusalemme.
7
«Diario di viaggio» / Egeria ; introduzione, traduzione e note di Elena Giannarelli. - Milano : Edizioni Paoline,
1992.
2
La connotatio garfagnina deve nascondere, a mio modesto avviso, il significato primigenio di pellegrino: uno
di cui non si capisce bene chi sia, che cosa vuole e perché si trova a transitare qui da noi. E che non fa nulla per
sembrare uno di noi. Ma guardate voi quanti pellegrini ci sono oggi nel mondo!
E allora quando è che nasce, o comincia a formarsi sotto sotto, il concetto di pellegrino come uno che parte dal
suo natio borgo selvaggio e mette in gioco la sua esistenza per raggiungere una mèta socialmente riconosciuta e
accettata? Lascia famiglia, moglie, figli, ricchezze, condizione sociale riconosciuta, per una prova che può rappresentare
una scommessa persa, se morirà lontano da casa, oppure anche una insperata vittoria, se morirà in grazia di Dio, oppure
anche una delusione, se tornerà a casa tranquillo, oppure ancora una variazione del suo status sociale, se, tornando a
casa, il suo contesto sociale ammetterà che ha compiuto un atto ragguardevole e degno di imitazione?
Vi faccio notare che ho voluto mettere sul piatto, a due a due, le ambigue variabili del risultato del
pellegrinaggio: morire presso loca sancta, tornare a casa possono essere entrambe un plus o un minus a seconda delle
interpretazioni e delle aspettative soggettive.
La risposta al quesito, ho premesso, non può essere definitiva, ma sono arrivato alla profonda convinzione che
il senso generale, e ancora almeno in parte attuale, del pellegrinaggio nasce nella cultura iroscota.
Strana gente gli Iroscoti. In epoca pagana dovevano essere forti peccatori. Su di loro ne hanno dette di tutti i
colori, anche se la tara che lo studioso deve fare è che a parlar male sono quasi sempre antagonisti etnici, gli Angli e i
Franchi: gli uni che erano gli ultimi arrivati alla conversione al cristianesimo e quindi si atteggiavano a “primi della
classe”,8 gli altri, da troppo tempo romanizzati per non considerarsi abitanti di un sobborgo residenziale della grande
Roma caput mundi.
E chi pecca fortiter, tende a credere altrettanto fortiter.
Peregrinatio ossia andarsi a prendere la fede, la liturgia, la santità.
L'Hibernia, l'isola santa, l'isola dei santi, dove non esistono serpenti o animali velenosi, come ebbero a
riconoscere i pur malevoli e un po' invidiosi angli, prima ancora di conquistarsela,9 non solo ha dato un forte contributo
al salvataggio della cultura classica,10 ma ha anche dato un contributo chiave alla diffusione e al riconoscimento sociale
del pellegrinaggio come pratica ascetica religiosa riconosciuta. A partire da san Patrizio, l'evangelizzatore, un anglo
che, dopo esser stato fatto schiavo dagli iroscoti pagani da fanciullo, prima si libera, e poi decide di recarsi nel
Continente per apprendere la cultura religiosa, passa un periodo di formazione a Marsiglia e a Lérins, forse giunge
anche fino a Roma, poi torna e converte l'isola con pochi seguaci. Tanto che l'isola diventa, in un tempo relativamente
breve, una costellazione di monasteri, dove gli abati sono i capi religiosi – nessuno vuole fare il vescovo – e gli
interlocutori del potere laico, decisamente in subordine, questo, e utile soltanto in caso di guerra.
Gli Iroscoti inventano anche il martirio bianco, ossia la decisione di andarsene via per sempre dalla propria
isola, pellegrini per il resto della vita. Distinto, ma non contrapposto agli altri due martirii, quello verde, ossia la divina
peregrinatio monacale, e quello rosso, ovvero il martirio vero, il sacrificio della vita nel sangue, il martirio bianco
diventa per gli Iroscoti una prassi consuetudinaria, regolata soltanto dall'autorizzazione del proprio abate. Lo vediamo
nel caso di Colombano (540 ca. - †615),11 che si mette in viaggio alla fine del VI secolo con dodici confratelli e fonda
un importante monastero iroscoto a Luxeuil, punto chiave di passo tra Lotaringia e Borgogna, e poi, cacciato dai re
merovingi che non gli perdonano l'intolleranza verso certe colpevoli e coltivate abitudini di corte, fonda a Bregenz, nei
pressi della riva orientale del lago di Costanza, quello che diventerà uno dei più famosi cenobi medievali, che prende il
nome dal suo seguace ribelle, san Gallo. Spinto però da un'ansia tutta carismatica, litiga anche con Gallo, che non vuole
seguirlo, e si reca alla corte longobarda, dove domina l'arianesimo dei duri e lo scisma tricapitolino dei cattolici seguaci
della regina Teodolinda. Qui predica, converte, scrive e riesce a farsi donare dal re un pezzo di terra demaniale dove con
i suoi costruirà un altro monastero chiave dell'alto medioevo, Bobbio, che potrà godere per primo dell'esenzione
papale.12
8
“Una semplice copia more romano” : iroscoti, angli, franchi e romani alle origini della Bibbia Amiatina /
Fabrizio Vanni. – In : «De strata Francigena» XV/2 (2007).
9
«Agli estremi confini d'Occidente» : descrizione dell'Irlanda (Topographia hibernica) / Giraldo Cambrense ; a
cura di Melita Cataldi. - Torino : UTET, 2002. - (Strenna UTET 2000).
10
«Come gli irlandesi salvarono la civiltà» la storia mai raccontata del ruolo eroico dell'Irlanda dal crollo
dell'impero romano alla nascita dell'Europa medievale / Thomas Cahill. - Roma : Fazi editore, 1997.
11
Vitae Columbani abbatis et discipulorum eius auctore Jona. – In : MGH Scriptores rerum Merovingicarum
Tomus IV. -Scilicet, pp. 1-156. una versione italiana con testo a fronte è quella curata da Michele Tosi (Piacenza :
Emiliana Grafica, 1965), anche se non contempla un confronto con la precedente edizione.
12
Per approfondimenti, rinvio al mio intervento al convegno di Bobbio “Il ruolo di Bobbio nella diffusione del
simbolico irlandese nella cultura altomedievale: prime ricognizioni in una prospettiva sociologica” in «La fondazione di
Bobbio nello sviluppo delle comunicazioni tra Langobardia e Toscana nel Medioevo» : Atti del Convegno
internazionale : Bobbio, 1-2 ottobre 1999 / Flavio Nuvolone (ed.). - Bobbio : Archivum Bobiense, 2000. - (Studia, III).
3
Ciò che si viene a creare, quindi, a livello continentale, è una struttura assai capillare di assistenza che,
almeno in teoria, dovrebbe essere limitata alla componente monastica iroscota, ma che si apre sia agli altri monaci di
passaggio, sia anche ai civili.
Per dare un'idea dell'importanza del pellegrinaggio per tutti gli iroscoti, ricordo che un giovane pellegrino
iroscoto, poi acclamato vescovo di Fiesole, Donato (in cathedra ab anno 829 - †876), nell'826 fece costruire a sue
spese uno xenodochio per i pellegrini iroscoti a Piacenza, la cui chiesa intitolò a santa Brigida di Kildare, sua
connazionale, e che, quando era ormai vescovo di Fiesole, nell'850, donò al monastero iroscoto di Bobbio, perché
probabilmente dubitava di potersene occupare attivamente, essendo Piacenza una tappa della via Francigena di primaria
importanza per chi giungeva dalla patria lontana.13
Dobbiamo chiederci adesso perché il pellegrinaggio era così importante per gli iroscoti, e poi anche per gli
angli. In primo luogo perché tra loro non comunicavano molto volentieri,14 ma più ancora perché attraverso di esso si
veniva a creare un flusso costante di materiale, umano in primo luogo (un vescovo anglo si riportò in patria nel viaggio
di ritorno da Roma un bravo cantore perché insegnasse il canto gregoriano ai suoi fedeli, e poi si portò dietro anche
architetti, che sapevano lavorare la pietra per fare delle chiese non più di legno) e poi libri, che prima venivano copiati
nei monasteri del Continente e poi inviati nelle due patrie lontane. E infine, reliquie per le nuove chiese.15
Strumenti di fede, strumenti di liturgia, strumenti di legittimazione (il pallio arcivescovile) erano gli scopi di chi
tornava in patria. Per chi non tornava più, o per rinuncia ascetica ancor più intensa o per sopravvenuta chiamata nella
patria celeste, c'era la speranza della santità.
Soltanto iroscoti e angli?
In realtà, se si va a guardare le fonti dell'alto medioevo, tutte riconoscono l'importanza e la giustezza
dell'assistenza ai poveri e ai pellegrini, basandosi su un generico principio riscontrabile nella Bibbia,16 nei Vangeli17 e
negli Atti degli Apostoli.18 Ma se qualcuno cerca di riscontrare un principio genetico dell'assistenza ai pellegrini resta
sostanzialmente deluso. La divisione etnica del mondo occidentale dopo le invasioni barbariche non consentiva né
consente di riconoscere una primazia in tal senso a nessuno degli altri popoli. L'unica eccezione, nelle fonti, è data da
Rodolfo il Glabro che, parlando dei Normanni ormai convertiti al cristianesimo e ben sistemati in Normandia, dichiara
che “curavano l'assistenza ai bisognosi, ai poveri, a tutti i pellegrini, con la stessa assiduità che mostrano i padri verso i
figli. Inviavano doni ricchissimi ai santuari di quasi tutto il mondo, al punto che ogni anno arrivavano a Rouen perfino
monaci orientali dal celeberrimo monte Sinai, e quando tornavano alla loro sede portavano sempre con sé grandi
quantità d'oro e d'argento come omaggio di quei principi. A Gerusalemme, presso il sepolcro del Salvatore, Riccardo II
inviò cento libbre d'oro, oltre ad aiutare con doni grandiosi quanti intendevano recarvisi come devoti pellegrini.”19
13
Vita sancti Donati. - In : AASS, Oct. IX, p.657. Cfr. anche «San Donato e la chiesa di santa Brigida con
ospizio per pellegrini irlandesi a Piacenza» / Gaetano Tononi. - Piacenza : Strenna Piacentina, 1891.
14
Sono costretto, anche in questo caso per gli approfondimenti, a rinviare al mio “Una semplice copia more
romano”, cit.
15
La migliore fonte per capire il profondo legame, pratico, funzionale, ma anche altamente idealizzato che si
crea con la Sedes Petri per la cultura anglosassone delle origini è Beda il Venerabile (672/3-735) e in particolare la sua
Historia ecclesiastica gentis anglorum in PL 95, ora anche con traduzione italiana e commento nella collana della
Fondazione Valla Arnoldo Mondadori editore.
16
Genesi XIX – Passim. Ma in particolare: “Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. E
disse: 'Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi, domattina per tempo,
ve ne andrete per la vostra strada'”.
Inoltre, nella Vita Columbani auctore Jonas anche l'ansia di abbandonare la patria dei monaci irlandesi, nota
come “martirio bianco”, trova una base testuale nel Vecchio Testamento nel comando divino ad Abramo “Exi de terra
tua et de cognatione tua et de domo patris tui et vade in terram, quam mostrabo tibi.”
17
Mt. 25,35 “Hospes eram et collegistis me”. Inoltre Lc 7,44-48 (La peccatrice perdonata). Lc 10, 3-12 (Non
portate borsa, né bisaccia, né sandali). Lc 10,33-37 (Il buon Samaritano). Lc 10, 38-42 (Marta e Maria). Lc 19, 1-10
(Zaccheo che ospita Cristo e ne riceve salvezza).
18
Le citazioni dagli Atti degli Apostoli e dalle Lettere sono comunque meno incisive ed evocative, finalizzate
prevalentemente alle relazioni tra confratelli.
19
Cronache dell'anno mille (Storie) / Rodolfo il Glabro ; a cura di Guglielmo Cavallo e Giovanni Orlandi. Milano : Fondazione Lorenzo Valla – Arnoldo Mondadori editore, 1996(4^). - Scilicet, I, 21. “Egenorum quoque et
pauperum omniumque peregrinorum tamquam patres filiorum curam gerebant assiduam. Dona etiam amplissima sacris
ecclesiis pene in toto orbe mittebant, ita ut etiam ab oriente, scilicet denominatissimo monte Sina, per singulos annos
monachi Rotomagum venientes, qui a predictis principibus plurima redeuntes auri et argenti suis deferrent exenia.
Hierosolimam vero ad Sepulchrum Salvatoris centum auri libras secundus misit Richardus ac quosque cupientes illuc
devote peragrare donis iuvabat immensis.”
4
Ma il monaco borgognone è perfettamente consapevole non solo degli stretti rapporti tra i Normanni e la casa
regnante di Borgogna, ma sa anche altrettanto perfettamente che i capi dei Normanni vogliono in ogni modo ingraziarsi
tutte le potenze che si incontrano lungo la via che porta a Roma, perché già si è stabilizzata una colonia di immigrati
normanni nel Meridione d'Italia, dove presto prenderà il potere, fondando una seconda dinastia feudale fortunata e
ambiziosa tanto da mettere a rischio, tempo dopo, la stessa esistenza dell'impero d'Oriente. Il loro interesse per il
pellegrinaggio è alquanto sospetto.
In realtà quello che il Glabro non dice o non sa o non ritiene politicamente corretto è che tutti i popoli
cosiddetti barbari hanno sempre avuto un particolare rispetto per lo straniero e per il pellegrino e che questa
disposizione sorgiva, al momento della conversione al cristianesimo trova modo di essere esaltata e potenziata.
Elementi della classicità e del germanesimo alla base dello status del pellegrino.
Per questo, stimolato anche dalla lettura della recente traduzione dell'Europa dei barbari di Karol
Modzelewski,20 mi sono chiesto se lo status del pellegrino potesse avere anche radici precristiane.
Ognuno ricorda l'episodio di Polifemo nell'Odissea, in cui Ulisse prova a scalfire la corazza di brutale barbarie
del ciclope invocando la sacra ospitalità, cara agli dei. “E Zeus è il vendicatore degli stranieri e dei supplici, Zeus
ospitale, che gli ospiti venerandi accompagna.”21 La garanzia divina assicura l'incolumità dell'ospite e la sua
accoglienza. Chi non ottempera a tale precetto è più barbaro dei barbari.
Ma la cultura greco-romana non è la sola a vantare la sacralità delle leggi dell'ospitalità.
Già Cesare nel De bello gallico accenna alla sacralità dell'ospite per i Galli.22
Anche Tacito nella Germania descrive l'accoglienza dei Germani per l'ospite: “Non v'è altro popolo più
largamente conviviale e ospitale di questo. Allontanare dal proprio tetto una qualsiasi persona, è colpa; ognuno come
può accoglie l'ospite alla propria mensa; se chi l'ospita viene a mancare di viveri, gli si fa guida e compagno ad altro
ospizio; entrano nella casa vicina, anche se non invitati. Questo non conta: son ricevuti con eguale cordialità. L'esser
noti o ignoti non tocca per chicchessia la legge dell'ospitalità. A chi se ne vada, è uso accordare ciò ch'egli chieda; con
altrettanta facilità, chiede a sua volta chi dà. I doni sono graditi, ma né il donatore se ne fa un credito, né il donato un
obbligo. Affabile è il loro modo di trattare coi forestieri.”23
Molti secoli più tardi, Adamo da Brema, parlando di popolazioni ancora pagane che vivevano intorno e
nell'isola di Wollin alla foce dell'Oder (attuale Mecklenburg, al confine con la Polonia) - probabilmente allora un
miscuglio etnico e culturale tra Dani, Slavi e mercanti Greci - ne denuncia, sì, l'aberrazione pagana, ma aggiunge subito
dopo che, per il resto dei costumi e per l'ospitalità, non c'è verso di trovare gente più onesta e benevola.24
Potremmo trovare decine di citazioni di analogo tenore, e dobbiamo quindi ridurre quella di Rodolfo il Glabro
a una logica consimile, ma qui ci preme adesso ribadire che, pur avendo trovato un elemento che accomuna barbari e
civilizzati, l'ospitalità, non siamo ancora ad aver dimostrato che l'accoglienza dell'advena, dello straniero, sia la stessa
cosa dell'accoglienza e della legittimazione del peregrinus, del pellegrino.
Diciamo che abbiamo trovato il sostrato su cui diventerà facile costruire lo status del pellegrino quando il
processo di conversione sarà completo e quando la società civile e l'entourage domestico accetteranno che uno o più
membri importanti della società civile abbandonino il proprio ruolo sociale e familiare, consentendo loro di mettersi in
viaggio.
Certamente, se non esistesse un ferreo rispetto della legge dell'ospitalità, non esisterebbe neppure la possibilità
di uno status del pellegrino. Nessuno si metterebbe in viaggio, se pensasse di poter essere oggetto di rapina o di violenza
per il solo fatto di essere uno straniero. La nascita del pellegrinaggio presuppone un'ecumène diffusa e condivisa, se non
politica, almeno percepita.
Quello che dobbiamo aver chiaro è che questa ecumène post-imperiale non è esclusivamente la renovatio
ecumenica cristiana, ma ha come ingrediente anche un sostrato barbarico, tutt'altro che secondario.
Materialismo delle credenze alla base del pellegrinaggio cristiano medievale.
Facciamo un rapido salto in avanti nel tempo, arrivando all'epoca del Concilio di Trento.
20
«L'Europa dei barbari» : le culture tribali di fronte alla cultura romano-cristiana / Karol Modzelewski. Torino : Bollati Boringhieri, 2008.
21
Odissea, Libro IX, vv. 270-271.
22
Liber VI, 23: “ Hospitem violare fas non putant; qui quacumque de causa ad eos venerunt, ab iniuria prohibent
sanctosque habent, hisque omnium domus patent victusque communicatur.”
23
«Germania», cap. 21. Qui si segue l'edizione dei Millenni di Einaudi (1968) con la traduzione di Camillo
Giussani.
24
«Gesta Hammaburgensis Ecclesiae Pontificum» / Magistri Adam Bremensis. - In : MGH Scriptores rerum
Germanicarum in usum scholarum. - Hannoverae et Lipsiae : Impensis Bibliopolii Hahniani, 1917. - Scilicet, Lib. II.
Cap. XXII, p. 79: “Omnes enim adhuc paganicis ritibus oberrant, ceterum moribus et hospitalitate nulla gens honestior
aut benignior poterit inveniri.”
5
Il cardinale Roberto Bellarmino, che molto ha contribuito a rafforzare l'ortodossia in un'epoca di sbandamenti
religiosi, e che quindi se ne doveva certamente intendere, pone un insolito – almeno per me - collegamento tra culto
delle immagini e pellegrinaggio, ma lo fa in negativo, in controluce, dicendo che Claudio, vescovo tardo antico di
Torino, e tutti quelli che dopo di lui hanno condannato entrambe le pratiche, tra cui ovviamente un buon numero di capi
della Riforma protestante, si sbagliavano, perché né per le immagini né per il pellegrinaggio si tratta di idolatria.25
Rinvio volentieri curiosi ed eruditi a quelle poche colonne del cardinale, che riassumono, con esaustiva sintesi,
tutte le principali posizioni e considerazioni pro e contro il pellegrinaggio: per due ragioni, perché con ciò mi evito una
digressione esclusivamente erudita e perché leggendo quelle pagine forse anche voi avrete la percezione precisa che il
cardinal Bellarmino sta chiudendo un ciclo storico, il ciclo storico del pellegrinaggio inteso come spinta ascetica
individuale. Con Bellarmino la Chiesa definitivamente legittima, sì, il pellegrinaggio e lo difende dagli attacchi della
Riforma, ma non può certo lasciarlo, come in passato, all'iniziativa individuale, alla motivazione intima. Dopo il
Concilio di Trento, ma, a voler esser precisi, già anche parecchi lustri prima, il pellegrinaggio è ormai quasi del tutto
una pratica sociale eterodiretta, dalle confraternite e dagli assistenti spirituali di quelle, verso luoghi precisi – Roma,
Loreto, i sacri monti, San Pellegrino dell'Alpe, ecc. ecc. - non molto distanti dalla propria residenza, e, in ogni caso, ben
distanti dall'eresia e dalla devianza: il pellegrinaggio ascetico del medioevo si è trasformato in una sorta di processione
lunga, a tappe prestabilite e rigorosamente controllate e assistite.
Niente a che fare con i rischi, con la messa in gioco esistenziale del pellegrino medievale. Perché?
Perché nel pellegrinaggio “controriformato” – quello che ho definito a suo tempo Wallfahrt, ispirandomi a una
poesia di Heine del Buch der Lieder26 - tutto si va restringendo rispetto alla Pilgerfahrt medievale. Si restringono gli
spazi, i rischi, i costi sociali, le aspettative, i margini emozionali. Nessuno si mette in gioco, anche perché nessuno si
aspetta ormai più di mettersi in gioco.
Si passa, nel corso del medioevo maturo, con impercettibili ma rapidi passi, da una visione ascetica del
pellegrinaggio a una sostanzialmente mistica. Da un atteggiamento materialistico (nel senso della fisicità, dell'andare,
del luogo a cui si tende, delle reliquie del santo a cui ci si vuole rivolgere, del sepolcro che ne ospita le spoglie o il
ricordo) si passa a un atteggiamento idealistico (si va per sentirsi comunità, gruppo, con il pretesto della mèta religiosa
che, in fondo, è diventata intercambiabile).
Nel medioevo ci si affidava a Dio e agli uomini sia per la propria sussistenza che per la propria sopravvivenza;
dopo, forse già dal secondo Giubileo, niente è lasciato al caso. Si sa già chi ci accoglierà e per quanto tempo, quanto
costerà collettivamente e individualmente lo spostamento.27
Il problema delle reliquie: traslazione o brandea?
Dell'atteggiamento del medioevo verso le reliquie colpisce, e quindi ci si ricorda, solo dei furta sacra.28 Si sa
che dal IV secolo in poi, la consacrazione di una nuova chiesa doveva contemplare anche il possesso di reliquie per la
dedicazione della chiesa stessa al santo intestatario. Si sa che quindi nel nord dell'Europa, man mano che le popolazioni
barbariche si andavano convertendo alla fede cristiana, diventava indispensabile dotarsi di reliquie per le dedicazioni di
chiese. Diventa quindi prassi abituale, prima col consenso delle autorità religiose e poi sempre più spudoratamente,
attingere al serbatoio di santi più ricco della cristianità, le catacombe romane.
Che c'entra tutto questo – direte voi - con lo status dei pellegrini? C'entra, eccome se c'entra. Ci arrivo per fasi
progressive.
In una nota lettera del 594 di papa san Gregorio Magno a Costantina, moglie dell'imperatore Maurizio, che
chiedeva al papa, con una certa finta ingenuità, una reliquia di san Paolo per la chiesa di Costantinopoli che voleva
dedicare all'apostolo, il sant'uomo, che era meno ingenuo di quanto si possa pensare, rispose: “Guai. Chi ci ha provato, a
traslare reliquie dei santi maggiori, ha fatto una brutta fine. C'è un sistema migliore. Quello di porre dei pezzi di stoffa
presso le reliquie dei santi e aspettare un qualche tempo che la virtus del martire si trasferisca anche all'oggetto.”29 Sono
25
Cfr. «Disputationum Roberti Bellarmini politiani s. J. de controversiis christianae fidei adversus huius temporis
haereticos» Tomus II / [Robertus Bellarminus]. - Neapoli : apud Josephum Giuliano editorem, 1837. - Scilicet, liber III
caput VIII De peregrinationibus, p. 537.
26
“Pilgerfahrt gegen Wallfahrt : pellegrinaggio medievale e controriformato alla luce dell'ultimo lavoro di
Renato Stopani” / Fabrizio Vanni. - In : «De strata francigena» n. VIII/1 (2000). La poesia di Heine è ovviamente Die
Wallfahrt nach Kevlar. So bene che in tedesco non c'è la netta differenziazione che detti e do ai due termini.
27
«A Roma per il Giubileo del 1575» : lungo la Francigena con la confraternita della Santissima Trinità / Renato
Stopani. - Firenze : Le Lettere, 1999.
28
«Furta sacra» : la trafugazione delle reliquie nel Medioevo, secoli 9.-11. / Patrick J. Geary. - Milano : Vita e
pensiero, 2000. - (Cultura e storia, 19).
29
“Il culto delle reliquie tra Oriente e Occidente : la testimonianza di papa Gregorio Magno (590-604)” / Alberto
Foresi. - In : «Viaggi di monaci e pellegrini» / Pietro Di Leo (ed.). - Soveria Mannelli : Rubbettino, 2001. - Scilicet,
pp.135 e segg.
6
i famosi brandea, oggetti che conservano integralmente le virtù del santo e che valgono, in termini di carisma, quanto il
corpo che deve restare integro.
Come ci sia rimasta l'imperatrice, a una così radicale e negativa risposta del papa di Roma non sappiamo, ma
sospettiamo, con lo stesso papa Gregorio, che qualcuno malevolo l'avesse consigliata in tal direzione per mettere in
cattiva luce la curia di Roma.
Già, perché in Oriente, e a Bisanzio in particolare, fin dai tempi di sant'Elena, madre di Costantino, si era
andata affermando l'idea di raccattare da ogni parte, specialmente da zone come la Terrasanta, la Siria, il Sinai, esposte
alla pressione dei Persiani prima e degli Arabi poi, reliquie e corpi di santi, non fosse altro per salvarle dall'abbandono o
dalla profanazione degli infedeli. Lo stesso papa Gregorio Magno consentì al vescovo di Evria nell'Epiro, fuggito nel
603 con gran parte dei suoi fedeli nell'isola di Corfù di fronte all'invasione slava dei Balcani, di traslare nell'isola anche
il corpo di san Donato, ma fu una eccezione giustificata per causa di forza maggiore.30
I bizantini invece ce l'avevano proprio nel DNA l'idea di portarsi dietro i corpi dei santi a scopo apotropaico.
E' il caso dell'imperatore Costante II (630 – regnabat 641 - †668) che, nel suo sfortunato viaggio di riconquista in Italia,
si era portato dietro anche le reliquie di san Mercurio, martire guerriero, che avrebbe dovuto assistere e proteggere la
sua spedizione, cosa che fece, dimenticandosi però di proteggere l'imperatore da uno dei suoi servi, che gli spaccò in
testa un'anfora metallica, piena di sapone liquido di Marsiglia, giusto mentre faceva il bagno a Siracusa.31
La domanda che vi faccio ora è ovviamente retorica: che senso può avere il pellegrinaggio per chi pensa di
potersi portare a casa o in viaggio le reliquie a cui è più affezionato?
Imitatio sarracenorum?
Tra gli argomenti che la critica moderna ha addotto allo sviluppo, alla crescita e all'accettazione in ambito
costantinopolitano della teoria iconoclasta è stata presa in considerazione, e mai seriamente smentita, anche una sorta
di captatio benevolentiae nei confronti del mondo musulmano, notoriamente contrario, direi addirittura estraneo alle
raffigurazioni degli esseri viventi, e, conseguentemente, anche alla venerazione iconica di profeti e santi.
Per quanto suggestiva e forse anche tipica del modo di affrontare le questioni religiose da parte della corte
bizantina, la teoria imitativa non regge.
Se dobbiamo dar retta alla naturalità dell'accostamento bellarminiano, prima citato, tra culto delle immagini e
pellegrinaggio, avendo entrambe le pratiche in comune una certa materialità e un concreto appiglio alla venerazione,
a maggior ragione in corrispondenza temporale con il dominio iconoclasta in Oriente, avremmo dovuto riscontrare
anche una sorta di promozione ed esaltazione bizantina dei pellegrinaggi ai loca sancta almeno orientali.
Se ciò non si è verificato, nonostante per il mondo musulmano la pratica del pellegrinaggio alla Mecca sia un
obbligo semel in vita, in quanto quinto pilastro dell'Islam, anche l'ipotesi di una presunta imitatio sarracenorum viene a
cadere per l'iconoclastia orientale.
Per l'Occidente invece restano in piedi le somiglianze che, a suo tempo, evidenziai tra il culto per Santiago di
Compostela e il pellegrinaggio arabo a La Mecca.32
Sfatiamo però l'ospitalità dei conventi. Riserva mentale del ceto monastico nei confronti dei pellegrini.
Non amo né le frasi fatte, né le affermazioni scontate. L'idea che i monasteri fossero lì, pronti ad accogliere
torme di pellegrini e bisognosi deve essere riletta attentamente e ridimensionata. Senza danno per nessuno, come
vedremo, ma con grande vantaggio per la verità.
Una istituzione complessa come un monastero deve darsi delle regole e deve farle rispettare per funzionare. Il
primo strumento per il funzionamento del monastero è la Regola scritta dall'abate fondatore o recepita dalla tradizione.
30
PL 77 Epistolae / Gregorius I. - Epistola VII. Ad Alcysonem Corcyraeum episcopum. Cassiopi castrum sub
Corcyraei episcopi jurisdictione permaneat; ex illo tamen non ejiciantur Euriae sacerdotes. Vedi anche altrove nelle
lettere dello stesso papa.
31
«La spedizione italiana di Costante II» / Pasquale Corsi. - Bologna : Patron, 1983. - Scilicet, p. 60, nonché pp.
130-131.
32
“Santiago, dopo Gerusalemme e Roma. E La Mecca? : funzione euristica delle ipotesi non suffragate” /
Fabrizio Vanni. - In : «De strata Francigena» XI/ 2 (2003).
7
Da un rapido, ma attento esame delle regole33 si comprende chiaramente che la presenza di estranei nel
monastero è comunque un serio pericolo da gestire con attenzione preventiva.
Se il monastero deve dotarsi di uno xenodochio, è bene che questo sia esterno alle mura perimetrali del
monastero stesso e che abbia personale addetto. Tra il personale addetto, l'abate mette spesso quei conversi od oblati che
non lo convincono del tutto, non tanto perché “oportet ut scandala eveniant”, quanto piuttosto perché se pericolo deve
esserci, che esso sia il più possibile lontano dalla compagine monastica. Riporto in nota un episodio della Vita di San
Giovanni Gualberto, scritta dal vescovo Atto di Pistoia, che mi pare estremamente indicativo di quanto vado
affermando.34
Ma l'esempio più tipico di questo atteggiamento, che mira alla salvaguardia delle priorità funzionali stesse del
convento, che sono la preghiera e l'abbandono del mondo, la divina peregrinatio cui ho fatto cenno all'inizio, lo
troviamo nei frati benedettini di Gerusalemme, che poco dopo la metà dell'XI secolo ottengono, con la mediazione
degli amalfitani, di poter ricostruire e gestire il quartiere gerosolimitano di Santa Maria Latina, distrutto nel 1009 dal
sultano d’Egitto. Il successo dei frati, provenienti dal Meridione d'Italia, in poco tempo diventa tale, e tanto imponente è
l'afflusso di pellegrini nel quartiere, che i poveretti si vedono costretti ad affidare a un laico, Gerardo, la gestione di
tutti quei servizi di assistenza ai pellegrini e ai poveri infermi che non fanno parte della propria missione, che è quella di
pregare e gestire al meglio le funzioni religiose dei luoghi santi.
Una divisione del lavoro, sacrosanta e ineccepibile, che, per inciso, segnerà il successo della nuova istituzione
ospitaliera che quasi un secolo dopo diventerà l'ordine ospitaliero per eccellenza: quello dei gerosolimitani di san
Giovanni elemosiniere, confuso poi col Battista, che saranno noti anche come cavalieri di Cipro, di Rodi e di Malta, a
seconda del luogo dove la spinta maomettana li costringerà a ritirarsi nel corso dei secoli.
Non sta quindi ai monaci, di regola, trattare e ospitare i pellegrini. Forse solo nei monasteri iroscoti il problema
era meno sentito, proprio perché anche in patria i loro monasteri avevano una precisa e riconosciuta funzione sociale,
relazionandosi costantemente con la società civile. Se quindi il convento, in ossequio al comandamento evangelico e alla
regola, istituisce uno xenodochio, esso è esterno al monastero e esternamente gestito, anche se doverosamente
controllato dall'abate.
Simbolo di questa estraneità è il rapporto col cibo e con la parola. Nelle regole troviamo che il convento può
riaprire la cucina per ospiti che dovessero sopravvenire all'improvviso, ma solo l'abate può parlare loro e può anche
interrompere il digiuno perché la charitas vuole che si condivida il cibo con l'ospite.
Il ruolo delle istituzioni ecclesiastiche: credenziali e primato della Sedes Petri.
33
Ho consultato, delle molte Regulae, oltre a quella di san Benedetto, quelle riportate nella Patrologia Latina del
Migne. Scilicet, Regula monachorum / Auctor Incertus [Hieronymus Stridonensis?] - In : PL 30; Regula S. Pachomii /
Auctor Incertus; Hieronimus Stridonensis. - In : PL 50; Regula monachorum / Isidorus Hispalensis. - In : PL 83; Regula
Magistri / Auctor Incertus. – In : PL 88; Regula monachorum / Fructuosus Bracarensis. - In : PL 87; Antiquae
consuetudines monasteriorum ordinis s. Benedicti / Sturmius Fuldensis. - In : PL 89; Antiquiores consuetudines
Cluniacensis monasterii / Uldaricus Cluniacensis. - In : PL 149.
34
“Vita sancti Joannis Gualberti” / Atto Pistoriensis. In : PL 146 - Caput LII. “Post haec, cum esset in
Passiniano, vir quidam ex territorio Poniensi venit ad eum, dicens saeculum se velle relinquere. Quem quasi respuens, ut
abiret jussit; sed homo mirabiliter instans et ut sui misereretur suppliciter orans, demum, sicut erat mitissimus, ejus piae
petitioni annuit. Qui veniens reatus suos ex parte prodidit, et majores quosdam erubuit confiteri. Quem non post dies
plures ad susceptionem hospitum, et peregrinorum obsequium exterius collocavit. Pius autem Pater agnoscens
inspiratione divina quae nequiter occultaverat, una die dum idem Gerardus alimenta venientibus hospitibus ministraret,
illum seorsum vocans, dixit ei: Gerarde, quare me sic fallere praesumpsisti? At ille tremens respondit: Quomodo, Pater
mi? Et Pater: Quando congrue poteris ad me venias, et quod professus es indicabis At ille praeceptum Patris adimplens,
dum e licuit, venit ad eum. Cui vir Domini: Nunquid non mihi dixisti, quia ex integro tuorum scelerum abscondita
panderes? Et ille: Utique dixi. Et Pater ad eum: Si ita dixisti, quare tam crudelissimum facinus, quod in die sanctae
apparitionis Domini et ejusdem diei vigilia cum uxore talis illius hominis commisisti, mihi patefacere noluisti? Insuper
non tibi sufficiebat tam gravis iniquitas, nisi ad tui confusionem iterum in mente disponeres ad tam grande piaculum
reverti? Tunc ille mente confusus, videns se mendacii proprii laqueo deprehensum, confestim ad terram corruit,
poenitentiam sui criminis lacrymis quaerit, et omnia quae sanctus Pater indicaverat esse vera fatetur.” Il Santo quindi,
che non è convinto pienamente della piena confessione di un oblato, lo mette fuori del convento (exterius) a
ricevere i pellegrini.
8
Fin dai primi concili ecumenici, a Sardica,35 a Cartagine,36 a Calcedonia, le autorità ecclesiastiche hanno
ritenuto dover regolare i rapporti e gli scambi tra i vescovi. Tra queste regole compare anche una normativa mirante a
regolare gli spostamenti in diocesi diverse. La sostanza è che meglio sarebbe se ognuno stesse al suo posto, la famosa
stabilitas loci, ma che se proprio diventa indispensabile spostarsi, chiunque lo faccia, abbia almeno delle lettere
commendatizie del suo vescovo. Gli eruditi dei secoli passati hanno provato a fare delle suddivisioni, delle tipologie,
tra queste lettere di accompagnamento. Personalmente credo che l'unica suddivisione che sia lecito fare tra queste sia
l'ordinarietà o la straordinarietà del viaggio o del viaggiatore.
Il Canone XXIX del IV Concilio ecumenico di Calcedonia è lapidario in questo senso: “Stabiliamo che tutti i
poveri e bisognosi si mettano in viaggio con l'approvazione, ossia con le sole lettere ecclesiastiche ordinarie (pacificae),
non con le lettere commendatizie che conviene riservare per quelle sole persone che abbiano dato una qualche ragione
di sospetto.”37
Quindi il potere religioso aveva due tipi di credenziali per i pellegrini: le pacificae, lettere ordinarie stereotipe,
e le commendatitiae, lettere da scrivere appositamente per i casi strani, singolari.
Ma il criterio non doveva essere affatto tassativo se Venanzio Fortunato, vescovo di Poitiers dal 597,
raccomandava ai suoi colleghi i pellegrini, scrivendo appositamente delle poesie.38
Lettere commendatizie le scrivevano anche i papi, visto il costante e ricco sforzo diplomatico e relazionale
della Sedes Petri. Più distante era la destinazione finale, più numerosi erano i diocesani cui il papa doveva rivolgersi per
raccomandare uno o più inviati. Notevole è l'esempio della lettera commendatizia di Gregorio Magno inviata a una gran
parte dei vescovi della Gallia per raccomandare assistenza ai monaci che sta inviando in Anglia ad Agostino, primate di
Canterbury.39
Più in generale, il ruolo dei papi nei confronti del pellegrinaggio è di silenzioso assenso. Ma non si deve in
alcun modo dimenticare che il primato di Pietro si viene costruendo in Occidente con progressione costante, ma anche
con costanti tentativi se non di negazione, almeno di equiparazione tra sedi patriarcali. Il primato conta quindi e si
avvale di inaspettati alleati, magari altrimenti critici su altri aspetti del comportamento della curia pontificia. Si ricordi
qui, un caso per tutti, la lettera di Guglielmo da Volpiano, riportata da Rodolfo il Glabro, contro la richiesta del
patriarcato di Costantinopoli di assurgere a chiesa universale per la parte orientale dell'impero.40 E, prima ancora, le
35
PL 56 col. 778-779.
PL 56 Canones concilii Carthaginensis celebrati anno CCCCXIX. “XXVIII. Ut episcopi trans mare non
proficiscantur. Item ut episcopi trans mare non proficiscantur, nisi consulto primae sedis episcopo suae cujusque
provinciae; ut ab eo praecipue possint sumere formatam, vel commendatitias epistolas.”
37
“Concilii Chalcedonensis oecumenici IV. Canones XXIX (an. Chr. 450) – CLXXXIX - 11. Omnes pauperes,
et auxilio indigentes, cum probatione, sive cum pacificis ecclesiasticis litteris solis iter facere definimus, non cum
commendatitiis, quia commendatitias litteras iis solis personis quae in aliquam suspicionem venerunt praeberi oportet.”
In : PL 67, col. 88d.
38
MGH Scriptores Antiquissimi Vol. IV,1 Liber V, p. 122 et Liber X, p. 247:
XV. Item ad eundem de commendatione peregrini.
Vir bone, pro meritis adipiscens culmen honoris,
nobile praesidium, pontificale caput,
quem gradus et genium fuctu pietatis opimo
dignius adtollunt amplificante deo:
ut tibi sit famulans memoratus amore benigno.
Fortunate humilis te, pater, orat apex.
Hic peregrinus item laetetur, summe sacerdos,
pastorem et patriam te meruisse suam.
XIII. Ad episcopos in commendatione peregrini.
Pontifices summi, fidei via, semita vitae,
quos dedit omnipotens luminis esse duces
custodesque gregis caelestis contulit agnos,
vos bene pastores, ut foveantur oves:
ecce viator adest peragens iter inscius illud
finibus italicis, heu peregrina gemens.
Exulis auxilium, errantis via, norma salutis,
ad reditum patriae sitis honore patres.
Semina iactetis, mercedis ut ampla metatis
et redeat vobis centuplicata seges.
Fortunatus enim humilis commender opimis
Ac per vos domino, culmina sancta, precor.
39
PL 77 Epistola LVIII. Ad diversos episcopos Galliae. Commendat monachos in Angliam ad Augustinum euntes.
40
Cronache dell'anno mille / Rodolfo il Glabro, cit. IV, 3.
36
9
lettere di Colombano, piene di deferenza ma anche piene di tassative richieste di una inequivocabile assunzione di ruolo
da parte dei papi stessi.41
Ma il sostegno più costante e senza contropartite al primato petrino è quello del flusso ininterrotto di
pellegrini romipeti. In qualche caso questo costante riconoscimento della primazia petrina viene esplicitato dai papi
stessi. Niccolò I nell'epistola 8,42 per esempio, ricorda “tanta hominum milia protectioni atque intercessioni B.
apostolorum principis Petri ex omnibus finis terrae properantium sese quotidie conterunt, et usque in finem vitae suae
apud eius limina semet mansura proponunt.”
E' di tutta evidenza che il pellegrinaggio non può esser fatto valere come argomento dogmatico o dottrinale, né
potrebbe essere chiamato in causa per cassare tentativi di equiparazione promosse da altre sedi patriarcali, ma resta un
sostanzioso e sostanziale consenso che non sfugge mai né alla curia romana, né ai suoi occasionali antagonisti.
I sovrani fanno a gara per incentivare, indirettamente, l'accoglienza ai pellegrini.
Anche i sovrani avevano le proprie lettere commendatizie, ma le riservavano a casi e persone che stavano loro
particolarmente a cuore. È il caso dell'imperatore Lotario che scrive a suo figlio Ludovico, re d'Italia, perché consenta a
Walberto (Waltbrath), un sassone che dovrebbe essere nipote diretto del re sassone che si assoggettò a Carlo Magno, di
recarsi a Roma.43
L'interesse politico a che niente di male possa accadere a questo vassallo è espresso nella lettera stessa: si tratta
di un vassallo che ha un ruolo strategico per solidificare il legame tra Franchi e Sassoni.
Non pago di ciò, l'imperatore scrive un'altra missiva a tutti i funzionari italici44 e una terza al papa Leone IV
(regnavit 847-855).45
41
“Le Lettere e la Preghiera di S. Colombano” : versione italiana con testo latino a fronte, apparato e commento /
Paolo Todde, Flavio G. Nuvolone. - In : «Archivum Bobiense» XXII (2000). - Scilicet, pp. 43-290.
42
Riportato nel commento del Du Cange alla Descriptio ecclesiae sanctae Sophiae di Paolo Silenziario in
«Corpus Scriptorum Historiae Bizantinae» / B. G. Niebuhr (ed.). - Bonnae : Impensis ed. Weberi, MDCCCXXXVII. Scilicet, p. 140.
43
MGH Scriptores in folio, 2. Scriptores rerum Sangallensium. Translatio sancti Alexandri auctoribus Ruodolfo
et Meginharto. - Scilicet, p. 677: “In nomine domini nostri Iesu Christi, dei aeterni. Hludharius divina ordinante
providentia imperator augustus, Hludouuico dilecto filio, regique glorioso beatae perennitatis sempiternaeque felicitatis
optati in Domino salutem. Noverit tua dilectio, hunc fidelem nostrum, Waltbertum cognomine, a nobis obnixe
efflagitasse licentiam, Romanas adeundi partes, gratia scilicet orationis. Nos vero cognoscentes, eius animum erga
divinum devotum fore cultum, petitioni ipsius effectum praeberi ratum existimantes, liberum illi eundi non denegavimus
arbitrium. Super quo tuam pariter rogamus monemusque benevolentiam, uti eum benigne et humane suscipias, ob amore
scilicet Dei et venerationem beatissimi Petri apostolorum principis, cuius praecum suffragia expetiturus vadit,
nostrumque; pariterque ei legatum aut etiam tuae partis scriptum tribui iubeas, quo per totam Italiam et usque Romam
absque ulla laesione vel contrarietatis iniectione queat pervenire. Nec non etiam, si tempus fuerit, herbam ad pastum
equorum praecipe ei dari, et ubicumque facultas fuerit, reliqua quibus indiguerit sumministrari. Denique scito, eum
Saxonum ex gente nobilem duxisse prosapiam, nostrique utilitatibus non modice aptum fore, fidelemque in omnibus
esse; et ideo nos erga illum te taliter, ut praemonuimus, agere velle. Valere te plurimum opto et in cunctis prosperrime
agere, karissime atque dilectissime filiorum.”
44
Ibidem: “In nomine domini nostri Iesu Christi dei aeterni. Hludharius divina ordinate providentia imperator
augustus, omnibus episcopis, abbatibus, comitibus, vicariius, clusariis, actionariis, seu ceteris rei publicae nostrae
administratoribus. Notum esse volumus, quod Waltpertus, fidelis vasallus noster, a nobis percepta licentia orationis
gratiam Romam profiscitur, ad limina beatissimorum apostolorum Petri et Pauli. Quapropter praecipimus vobis et
omnimodis iubemus, ut ubicumque ad vos venerit, prout melius potueritis vobisque placuerit, ei auditorium tribuatis,
bonasque mansiones atque salvamentum de loco ad locum illi conferatis, tam in eundo quam in redeundo, quatenus
suum desiderium, nostro tutus auxilio et nostro fultus iuvamine, adimplere valeat. Et ut his litteris verius attendatis, anuli
nostri impressione subter iussimus sigillari.”
45
Ibidem: “Religioso viro Leoni papae, beati Petri apostoli vicario, Hludharius Galliarum gentium tutor et rector,
laudem et honorem, salutem et pacem nunc et in perpetuum optat et orat in Christo. Notum esse cupimus, sancte pater,
vestrae celsitudini, quod nobis necessitas magna in partibus nostri regni christianae religionis cultum recuperare
incumbit. Idcirco misimus ad vos, nuntium nostrum, nomine Waltpertum, qui vestrae serenitatis indicasset, quam
multiplex operae pretium nos urguet, ut vestra paternitas, quae omnibus indigentibus et rationabilia petentibus firme
sempre et inremota permanet, nobis aliquod solatium praebere dignetur, dando nobis reliquias sanctorum martyrum,
quorum signis et virtutibus omnipotentis Deis maiestas et magnitudo, cui in hoc saeculo servierunt, cunctis pariter
fidelibus et infidelibus aperte clarescat. Est enim gens in partibus nostri regni Saxonum scilicet et Fresonum commixta,
in confinibus Nordmannorumet Obodritorum sita, quae evangelicam doctrinam iam dudum audierat et acceperat, sed
propter vicinitatem paganorum ex parte firma in vera religione constat, et ex parte iam pene defecta, nisi, Deo auxiliante
et vestra sanctitate patrocinante, nostra corroboratur infirmitas. Qua propter omni corpore prostrati supplices vestram
10
Se per ogni pellegrino dovesse esserci stato un simile trattamento, oltre al callo dello scrivano, ben poco tempo
sarebbe rimasto ai sovrani per la gestione del regno.
Sappiamo però che già i sovrani longobardi, che pure desideravano ardentemente abbattere il nascente stato
pontificio per unificare il proprio regno, non badano a spese per creare abbazie regie. Studiosi di alto livello hanno
sottolineato come la dislocazione strategica di tali abbazie fosse finalizzata anche, e forse prevalentemente, al controllo
della viabilità di maggior respiro.46
L'idea stessa di donare a un monastero già esistente dei beni oltre il crinale appenninico costringeva i
destinatari del dono, operose formichine, a tenere in ordine le strade che servivano per controllare e raccogliere i frutti
di tali possedimenti.
Il marchese Ugo di Tuscia fonda numerose abbazie marchionali su terre demaniali: una mente malevola come
la mia pensava all'inizio che fosse per sottrarle al controllo regio, mentre si scopre, approfondendo lo studio, che il
sovrano era perfettamente d'accordo e che lo scopo era la funzionalità delle strade e degli spostamenti dei sovrani e dei
marchesi stessi.
C'è la sensazione in chi consulta le fonti medievali che gli attori sociali, come si dice oggi, usino il fenomeno
religioso nel suo complesso come strumento chiave per la realizzazione di azioni sociali utili su più fronti: dagli
Eigenkloster alle abbazie regie. Oggi un politico raccoglie in prima istanza le risorse economiche, allora si cercava la
finalità religiosa. Una volta trovata quella, il grosso del problema era risolto.
Ecco quindi che il pellegrino diventa una insegna religiosa dei normali scambi interregionali e sovranazionali.
Lo si intuisce specialmente nei diplomi e negli atti dei sovrani carolingi.47
In compenso, la società civile fa da sé. Le donazioni ad susceptionem peregrinorum.
Anche in ambito di diritto privato la susceptio peregrinorum ha attestazioni molto antiche, in particolare in aree
sottoposte a un continuo flusso di pellegrini. Vediamo infatti nel 750 a Lucca il prete Petronace detto anche Flaviperto
che nel donare i suoi averi al monastero di sant'Agata in Lucca stessa, da lui stesso fondato, dedica un capoverso con le
disposizioni post mortem proprio alla susceptio peregrinorum.48
Anche la donazione di Albino Alcuino, studioso britannico riformatore della scuola per conto dell'imperatore
Carlo Magno, allo xenodochio dei dodici ponti prevede la formula della susceptio peregrinorum.49
Questo sottintende quanto meno che un ceto di giuristi ha elaborato e formalizzato formule in cui la donazione
di beni finalizzata all’accoglienza dei poveri e dei pellegrini è divenuta rapidamente una cosa ovvia e naturale. In
particolare la conferma di beni a istituti religiosi tende a perpetuare la formula della susceptio peregrinorum, anche a
prescindere dalla presenza di apposite strutture nel patrimonio trattato.50
Dove c'è un bisogno si crea un servizio.
Neanche stavolta sono riuscito a dimostrare quando e come si consolida e si riconosce uno status giuridico ai
pellegrini: vuoi perché il diritto positivo viene sempre dopo e con netto ritardo rispetto a un riconoscimento sociale
clementiam deprecamur, qua multis prodesse soliti estis, quo nobis aliquod evidens sacramentum mittere dignamini, ne
forte effera gens laqueo erroris involuta, penitus a vera religione deficiat ac pereat, sed potius doctrinis pariter instructa
et signis corroborata, in veri Dei cultu tenacius perseveret. Valeat sanctitas vestra apostolici culminis bene potita, ad
regendam et confortandam sanctam Dei ecclesiam.”
46
“La 'via Francigena' nel periodo longobardo” / Wilhelm Kurze. - In : «De strata Francigena» VI/1 (1998) [Atti
del Convegno internazionale «...Passent la terre, Toscane et Montbardon...» : i percorsi della via Francigena in
Toscana : Montalcino, 23-24 maggio 1997 / a cura di Renato Stopani e Fabrizio Vanni].
47
Si veda in particolare il Capitulare ecclesiasticum dell’anno 789 di Carlo Magno (PL 97): “Omnibus – 74. Et
hoc nobis competens et venerabile videntur, ut hospites, peregrini, et pauperes, susceptione regulares et canonicas per
loca diversa habeant: quia ipse Dominus dicturus erit in remuneratione magni diei: Hospis eram, et suscepistis me. Et
apostolus hospitalitatem laudans, dixit : Per hanc quidam placuerunt Deo, angelis hospitio susceptis."
48
"Unde volo, et decerno ut si aduc jovante eterno Domino meritum fuero aliquantulum lavorare, vel atquirere
quotlivet res, ut post meo obitum in gremio ipsius Ecclesie et Monasterio sit potestatem pro alimoniis pauperum, et
susceptio peregrinorum, vel pro Missa mea in quavis hodie, Ecclesia et Monastherio, vel in hanc dotes." Storia d'Italia
del medioevo Vol. IV Parte IV Codice Diplomatico Longobardo / Carlo Troya. - Napoli : dalla stamperia reale, 1854. Scilicet, p. 369.
49
«B. Flacci Albini seu Alcuni opera omnia» : tomus primus / accurante J.-P. Migne. – Lutetia Parisiorum : apud
J.-P. Migne editorem, 1851. – Scilicet, Col. 71.
50
«Codice diplomatico toscano» : parte II tomo 1 / Filippo Brunetti. – Firenze : coi Tipi di Leopoldo Allegroni e
Giov. Mazzoni, MDCCCXXXIII. - Scilicet, N.ro LI, pp. 321-2.
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diffuso, vuoi perché le fonti potenzialmente utili sono molte più di quante si pensi e spesso capitano sotto gli occhi
quando meno ci si aspetta.
Diciamo, con espressione modernista, che “dove c'è un bisogno, si crea un servizio” e che quindi il potere
politico, quello religioso, il sistema monastico, la stessa società civile rispondono coerentemente a questo bisogno di
peregrinare ogni qual volta esso diviene rilevante e socialmente riconosciuto.
Forse quest'aurea regola del marketing è la risposta più onesta a chi chiede certezze in merito allo genetica
dello status dei pellegrini. Noi del Centro Studi Romei ci siamo interrogati più volte su quando il pellegrinaggio diviene
fenomeno socialmente riconosciuto. Recentemente, studiando la via Diagonalis,51 che portava a Costantinopoli
attraverso i Balcani, ci siamo detti, per esempio, che la conversione al cristianesimo degli Ungari ha consentito la
riapertura di una strada così importante, trasformando il pellegrinaggio a Gerusalemme in un fenomeno di massa.
Chiacchiere. Perché se si prende la testimonianza dell'Itinerarium Antonini Placentini si scopre che, già nella seconda
metà del VI secolo, a Gerusalemme c'era una enorme disponibilità di accoglienza ai pellegrini.52 E che fino alla
distruzione del 1009 un intero quartiere della città – Santa Maria Latina - era a disposizione dei pellegrini.
Da dove siano giunti, con quali mezzi e con quali credenziali, al momento, non è dato quasi mai di sapere. Ma
prima o poi, se il cielo ci assiste, lo scopriremo. È questo infatti il nostro modo di peregrinare.
Fabrizio Vanni
Segretario scientifico del Centro Studi Romei <Firenze>
www.centrostudiromei.eu
51
Si veda il dossier “La via Diagonalis, itinerario terrestre per Gerusalemme” nel fascicolo XIV/1 (2006) di «De
strata Francigena».
52
“...ubi sunt et xenodochia virorum ac mulierum, susceptio peregrinorum, mensae innumerabile, lecta
aegrotorum amplius tria milia.”
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