riti e offerte per un viaggio nell`aldilà: la necropoli romana di via cavour

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riti e offerte per un viaggio nell`aldilà: la necropoli romana di via cavour
SEZIONE: APERITIVI AL CHIOSTRO
RITI E OFFERTE PER UN VIAGGIO
NELL’ALDILÀ: LA NECROPOLI
ROMANA DI VIA CAVOUR
MARIA CRISTINA PREACCO
8 marzo 1998
Chiostro di San Sebastiano - Biella
Sono particolarmente contenta di essere qui oggi per una serie di
motivi, tra cui il più importante è il poter parlare di archeologia
biellese nella città dove sono nata. Di questo devo ringraziare
l'Amministrazione del Comune di Biella che mi ha chiamata un a
collaborare per l'allestimento della sezione archeologica del
Museo del Territorio. Un altro doveroso ringraziamento va alla
Soprintendenza archeologica del Piemonte con cui stiamo
collaborando per allestire il percorso archeologico. In particolare
voglio ricordare in questa sede la dott.ssa Brecciaroli con cui
abbiamo iniziato il lavoro sulla Necropoli di Via Cavour che è il
tema della 'chiacchierata' odierna, che speriamo sia edita in
tempi abbastanza brevi.
L'argomento che trattiamo oggi riguarda uno dei ritrovamenti
“storici” della Biella di epoca romana,cioè la necropoli individuata
agli inizi degli anni cinquanta in via Cavour, conosciuta in seguito
come “necropoli di villa Bertrand”, dal nome dell’edificio moderno
in cui la zona fu esplorata. Il tema è tanto più interessante in
quanto, oltre ad illuminarci su uno degli aspetti dell’archeologia
biellese, ci introduce nel mondo misterioso del viaggio nell’aldilà.
Gli antichi avevano profondamente radicata l'idea che l'anima
dopo la morte continuasse ad esistere e per questo avevano
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dedicato una cura particolare al rituale funerario e a tutto quello
che gli archeologi chiamano "simbolismo escatologico", cioè tutto
quello che ha valore e significato dopo la morte.
Lo stesso nome Manes significava “anime di defunti
particolarmente benigni verso i vivi,” tanto che a partire dal I sec.
d.C. sulle iscrizioni funerarie, all'invocazione generale DIS
MANIBUS , spiriti favorevoli e benigni, veniva associato il nome del
defunto che aveva un valore di protezione ancora nei confronti dei
vivi. Questo è importante perché ci spiega quanta cura ponessero i
vivi nei confronti della tomba dei defunti, ritenendo che depositare
degli oggetti legati alla vita quotidiana del defunto (vasellame usato
quotidianamente, pentole, attrezzi da lavoro, collane ed altri oggetti
di ornamento), non solo testimoniasse la sua ricchezza, ma anche
gli rendesse la vita nell'aldilà più comoda e legata al suo
quotidiano. In questo senso le necropoli (città dei morti) sono
rimaste per noi un documento estremamente significativo.
La scelta del titolo: " Riti ed offerte per un viaggio nell'aldilà " vuole
sottolineare l’interesse che i Romani avevano nei confronti del rito
funebre. Noi conosciamo molto bene dalle fonti, Tacito, Cicerone,
Polibio, quello che era il rito funerario esistente presso gli antichi,
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chiamato il Mos Romanus e assai ben documentato nelle
necropoli piemontesi.
A partire dagli inizi del I sec. d.C., con l'avvento dell'Impero, si
praticava il doppio rito della cremazione diretta ed indiretta.
Per la prima, nella zona che veniva scelta come necropoli, si
faceva una pira che aveva il nome di bustum, secondo la
terminologia del Mos Romanus, su cui veniva deposto il defunto
su una barella di legno, seguendo un rito ben preciso: gli occhi
venivano aperti e chiusi, poi si poneva in bocca l'obolo, il naulum,
con cui avrebbe pagato il viaggio a Caronte nell'aldilà, venivano
deposti oggetti poi bruciati con il defunto, e infine si collocavano
tutte le ceneri nella fossa sottostante, in cui si aggiungevano
ulteriori offerte.
La cremazione diretta, attestata molto bene nelle necropoli
dell'Italia settentrionale e in quelle piemontesi, adottava una
tipologia di tomba "a fossa terragna": rimaneva cioè nell'area
dove veniva cremato il defunto.
La cremazione indiretta veniva, invece, effettuata in una zona
particolare della necropoli, destinata al rogo dove si bruciavano
tutti i defunti, chiamata ustrina; poi da questa zona venivano
raccolte le ceneri e deposte all'interno di urne.
L'urna, secondo una serie di tipologie funerarie, veniva
depositata o all'interno di una fossa scavata nella terra e poi
rivestita di ciottoli e coperta da una tegola o da ciotole con
funzione di coperchio, oppure dentro una a cassetta. A seconda
della ricchezza del defunto le urne potevano essere
semplicemente in terracotta, vasellame di uso quotidiano,
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oppure in vetro, di cui abbiamo un esempio nella documentazione
della necropoli di Biella - gli studiosi ritengono che sia riferibile a
sepolture di genere femminile - oppure ancora in argento o in
alabastro, come nelle necropoli più importanti.
Spesso veniva utilizzata l'anfora, recipiente da trasporto per olio e
per vino, che, tagliata a meta', conteneva le ceneri del defunto;
intorno si disponeva il corredo. Tipologie più semplici sono le
sepolture "a cista", in urna, in urna vitrea o ancora "alla
cappuccina", nome che si riferisce ad una tomba a forma di casa
con delle tegole che costituivano un piccolo tetto e al cui interno
era deposta un'urna con i resti del defunto ed il corredo. Questo
può dare l'idea dell'importanza del rito per i defunti e quanto spazio
occupasse nella vita degli antichi romani, tanto che sulla tomba
spesso si facevano poi delle libagioni, le profusiones. Nel momento
della sepoltura si faceva un banchetto e dopo nove giorni, periodo
considerato di lutto stretto, si compiva un'altra serie di libagioni; il
calendario, poi, comprendeva appuntamenti fissi che cadevano a
febbraio e a maggio, dedicati alle profusiones con latte, miele,
frutta, pane, sulla tomba stessa.
Le necropoli sono importanti per ricostruire la vita nel mondo
antico, perché abbiamo in ambito greco, romano od etrusco molta
documentazione in proposito, mentre pochissimi sono gli esempi di
insediamenti. Le necropoli di una città si disponevano secondo
leggi igieniche ben precise al di fuori della cinta muraria
(pomerium); inoltre, sono importanti anche in ambito rurale, in
quanto la loro presenza segnala la vicinanza di un centro abitato.
La necropoli di via Cavour e' uno dei documenti più significativi
della romanità Biellese. È stata individuata nella zona in cui sorge
la villa Bertrand, scavata nel 1950-1951 in seguito ad interventi
edilizi, anche se già si conosceva la presenza di una necropoli in
quella zona, perché da documenti di archivio si sa del ritrovamento
di tombe nel corso della costruzione della clinica Vialarda nel 1838;
inoltre il vivaista Dubois, impiantando il suo vivaio, rinvenne delle
tombe negli anni trenta. Lo scavo fu molto lungo perché la
necropoli occupava gran parte della collina, con una maggiore
presenza
di tombe alle prime pendici, mentre andavano
diradandosi verso il piano. Essa si collocava nella prima ansa della
strada verso Oropa e risultò fin dall’inizio molto importante, in
quanto sono stati riconosciuti oltre cinquecento nuclei tombali.
La necropoli e' risultata prevalentemente costituita da tombe a
cremazione indiretta con probabili zone di ustrina, identificate
anche grazie alla presenza di tracce di bruciato sugli oggetti
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rinvenuti. Si colloca tra la primo e la medio età imperiale, periodo
in cui il vicus doveva essere particolarmente fiorente, e presenta
corredi che vanno datati dalla meta' del I d.C. fino all'incirca al III
sec. d.C. Questo lo sappiamo anche grazie alla presenza di
alcune monete di Domiziano ed in particolare di Traiano, che si
ricollega ad un altro documento di età traianea a Biella, il
bassorilievo reimpiegato nella lunetta del Battistero, documento
di arte scultorea colta, proveniente da Ravenna, che attesta
come in età traianea il vicus fosse ancora ricco e fiorente.
Le tombe presentano quasi tutte una deposizione entro urna o
anfora segata, ma ci sono tre esempi di tombe alla cappuccina.
La deposizione tipica è
l'urna funeraria con
all'interno i frammenti
delle ossa del defunto
cremato
e
alcuni
frammenti della ciotola
che
fungeva
da
coperchio,
come
nell’immagine a fianco.
E' interessante notare
come su 504 nuclei
individuati oltre 200 sono
costituiti da urne singole,
il che ci fa pensare che
l'urna non avesse solo
un
significato
di
deposizione del defunto,
ma, come in altri
contesti, la parte superiore fosse ancora in vista a fungere da
segnacolo funerario. Non si spiegherebbe altrimenti l'enorme
quantità di urne rinvenute in un'area di necropoli destinata
soprattutto al ceto popolare, dove non abbiamo la presenza di
epigrafi, mentre noi sappiamo che in un'altra zona
contemporanea di necropoli individuata a Biella, presso la
cosiddetta rotonda di Sant'Eusebio, negli anni '20 lo scavo degli
ex magazzini generali ha riportato alla luce una serie di epigrafi
funerarie databili al III d.C. riferibili a sepolture più ricche.
Anche l’anfora, oltre a contenere le ceneri ed a servire per le
profusiones, poteva avere una sua funzione di semata, cioè
essere mantenuta visibile solo nella parte superiore.
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Qui a fianco si vede
l’immagine di un'urna
nelle condizioni in cui e'
stata
ritrovata
al
momento dello scavo
per fare comprendere
le
difficoltà
degli
archeologi a lavorare
anche
dopo
il
rinvenimento:
e'
evidente come siano
necessari interventi di
restauro lunghi e molto
costosi.
La
necropoli
nel
vecchio allestimento
del
Museo
era
presentata per tipologie
di oggetti; il lavoro che
si è fatto in questi
ultimi due anni, nell’ambito della collaborazione tra il Comune di
Biella e la Soprintenedenza, e' stato quello di riaccorpare tutti i
corredi e la presentazione che faremo nel nuovo Museo sarà per
gruppi più significativi di corredi, ricostruendo da un lato come si
articolava la necropoli e dall'altro che cosa questi corredi
rappresentavano nella società antica. Delle circa 500 deposizioni
scoperte, meta' sono costituite da urne singole, mentre le restanti
sepolture sono caratterizzate da una serie di corredi che
presentano oggetti vari, alcuni molto semplici: l'urna, la ciotola
coperchio, qualche altro oggetto legato alla vita quotidiana, il
tegame, l'olletta, piuttosto frequentemente la lucerna, che ha nel
rituale funerario antico un significato escatologico notevole poiché
doveva illuminare nell'aldilà il viaggio del defunto. Un altro tipico
corredo e' costituito da ollette che si riconducono dal punto di vista
tipologico alle necropoli della Transpadana, dell'area lombarda, del
Canton Ticino e del Piemonte settentrionale e si associano con i
balsamari che, secondo interpretazioni ottocentesche un po'
estemporanee, raccoglievano le lacrime dei vivi e le conservavano
per la compagnia dei defunti. In realtà il balsamario in vetro
accompagnava sia corredi maschili che femminili; nei corredi erano
poi anche desposti oggetti di ornamento del mondo femminile quali
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collane
(nell’immagine
una collana in
ambra
associata ad un
coltello
che
rimanda
ai
lavori agricoli,.
Un altro oggetto
tipico e' il vaso
a forma di
colombina che ha un significato anche qui di legame con l'aldilà.
Si tratta di un oggetto di grande pregio in ceramica invetriata di
cui sono stati rinvenuti pochi altri esemplari nelle necropoli del
Canton Ticino e di cui sarebbe interessante studiare il rapporto
culturale esistente tra Biella e le zone limitrofe.
Una delle classi di materiali più interessanti che compare nella
necropoli sono i vetri. Fin dal momento dello scavo si e'
compresa l'importanza di questa necropoli proprio per la
concentrazione dei vetri che, rapportandosi alle necropoli del
Vercellese ha fatto pensare all'esistenza di una fabbrica nella
zona tra Biella e Vercelli. I vetri sono di notevole livello; accanto
ai balsamari compare una ricca serie tipologica di anforette o di
coppe costolate.
colomba infatti ritorna con grande frequenza in tutte le tombe, sia in
terracotta, sia in vetro.
L'altra classe di materiali importanti, rinvenuta solo in una decina di
tombe, forse pertinenti ad un “gruppo scelto” all'interno delle
deposizioni e che potrebbe rispecchiare una differenza sociale tra
gli occupanti la necropoli, e' costituita dalle statuette in terracotta.
Esse sono di un buon livello qualitativo. Riflettono da un lato quella
che era la vita quotidiana con animali che accompagnavano gli
uomini, come la papera e il gallo, sia pure sempre con significato
escatologico ; dall'altro rappresentano personaggi come la madre
con i due bambini, uno in fasce l'altro per mano, fatto che potrebbe
far pensare o ad una tomba infantile o una tomba femminile. Un
altro gruppo esprime l'amore degli antichi per i defunti, che
rappresentavano in terracotta le teste degli antenati, e quindi
anche dei Manes.
Infine, altre statuette importanti dal punto di vista iconografico,
perché rappresentano in terracotta la devozione religiosa ,sono in
particolare un bustino con la testa di Atena, di notevole livello
artigianale , e quella della Dea della Fortuna.
Nella foto qui sopra si vede anche una colombina, vaso di vetro
di estrema delicatezza, legato esclusivamente al mondo
femminile, con un proprio valore simbolico escatologico; la
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