Bazlen
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32 Cultura e Spettacoli IL PICCOLO VENERDÌ 26 LUGLIO 2013 Bazlen e l’Uomo senza qualità «lungo e troppo austriaco» Valeria Rivoli racconta l’attività di «editore nascosto» in un libro che ripercorre il lavoro dell’intellettuale triestino per Olivetti, Boringhieri, Einaudi, Adelphi di SIMONE VOLPATO V i sono figure che conducono un’esistenza eccezionalmente normale e si ritrovano a convivere, dopo morti, con il mito di loro stessi, costruito, per giunta, controvoglia. È il caso di Roberto Bazlen (vedi la splendida voce della Treccani firmata da Aldo Grasso) e delle innumerevoli definizioni a cui la sua intraprendenza e visionarietà sono state sottoposte: dall’uomo scritto dagli altrial maggioreeocculto editor di libri altrui, dal geniale inventorediungenere letterario quali le lettere editoriali (su L’uomo senza qualità, sul Gattopardo, su Voghera, Mattioni e Svevo) all’uomo solitario di genio e misticodell’anonimato. Ascrostaretali immagini,con talento d’indagine (rara in questi tempi di facili esplosioni mediatiche), è il libro “Roberto Bazlen editore nascosto” di Valeria Riboli (Fondazione Adriano Olivetti, collana Intangibili, pagg. 396 edito on-line, introduzione di Giulia de Savorgnani). L’autrice, giovane laureanda milanese, ha compulsato gli archivi della Bollati Boringhieri, dell’Einaudi, della Olivetti, della Mondadori, del Centro Apice, alla ricerca di piccole tessere decisive per costruire una biografia editoriale non romanzata di Bazlen e delle sue ramificazioni con varie case editrici (dalle Nuove Edizioni Ivrea a Einaudi fino ad Adelphi) e scrittori-editorcome Calvino eVittorini: alla fine del libro si ha la certezza che non sia esistito un Bazlen editor ma un Bazlen titolare di una casa editrice che pensava libri che altri editori pubblicavano (questa è editoria di progetto!). Posseduto da uno spirito inquieto che lo porta a vivere giorni di torpore e di malinconia, come scrive Luciano Foà, Bazlen si racconta attraverso l’inchiostro: il libro della Riboli traccia gli anfratti mentali, le aperture verso una Mitteleuropa non diventata ancora, dopo il “Danubio” di Magris, una sorta di etichetta buona per tutte le stagionieifestival. Si mostrano anche le ansie, i L’intellettuale triestino Roberto Bazlen, conosciuto con il nomignolo Bobi, in un ritratto di Massimo Jatosti timori, il passo vacillante di Bazlen. Vediamo qualche caso. Formidabile l’incontro con Adriano Olivetti nel 1939 a Milano. I due visionari elaborarono con furore un piano editoriale che avrebbe partorito le Nuove Edizioni di Ivrea (incunabolo delle future Edizioni di Comunità) dove volevano pubblicare autori la cui conoscenza era stata ostacolata in Italia sia da motivi ideologici sia dall’arretratezza e dal provincialismo della nostra cultura. Di libri in carne e ossa ne vennero pubblicati tre (massima aspirazione) ma non mancano fogli dattiloscritti con titoli che poi andranno a posizionarsi nei cataloghi di altre case editrici: per esempio, erano previste due collane “Mondi e Destini” e “Collana letteraria” che dovevano ospitare Metternich, Ri- lke (“Elegie duinesi”, “Su Dio”, “Lettere a una giovane donna”, “Lettere a un giovane poeta”), Santa Teresa D’Avila, Goethe, Schiller, Hofmannsthal (“Andreas”, “Saggi”), Buber (“Storie chassidiche”): da notare il peso di autori provenienti dall’ambito mitteleuropeo o di lingua tedesca con particolare attenzione al genere autobiografico. Dopo Olivetti si apre nel 1949 l’esperienza einaudiana sotto l’egida delle traduzioni: primo test il famoso “Saturno e la malinconia” di Fritz Saxl e Erwin Panofsky,un saggiodella scuola di Warburgh che Bazlen detesta come confessa a Lucia Rodocanachi. Con Einaudi Bazlen avrà un rapporto di consulente editoriale ufficiale non riconosciuto contrattualmente anche perché, ricorda Foà, era impossibile avere un dialogo con un uomo così istituzionalmente anti-ideologico come lui. I suoi pareripenetranonelle stanzedelle riunioni del mercoledì attraverso Luciano Foà che distribuisce piccolifogliettiaCalvino, Cases, Fruttero. Di questa abbondante semina pochi saranno i frutti einaudiani ma gran parte matureranno nell’Adelphi. Resta paradigmatico il caso de “L’uomo senza qualità” di Musil il cui parere sarà dato da Bazlen non su sua iniziativa bensì su quella di Bruno Fonzi che aveva ricevuto un parere negativo da Delio Cantimori e Norberto Bobbio. Sebbene fortemente impressionato dal romanzo Bazlen consiglia “I turbamenti del giovane Törless” e “I sonnambuli” di Hermann Broch, «più accessibili e più commerciabili del romanzo di Musil». Guardando con occhio editoriale-commerciale Bazlen indica quattro pecche: troppo lungo, troppo frammentario, troppo lento, troppo austriaco. Nel 1952 Bazlen incontra Paolo Boringhieri, uscito da Einaudi, ed entrambi lavorano su opere di psicologia ma nello stesso tempo il tarlo di Nietzsche e dell’opera omnia lo consuma e lo conduce ad un nuovo approdo: è Adelphi. Su questo connubio molto si è parlato: dove sta il suo merito? Nell’aver ideato e progettato i primi passi della casa editrice? Sì, ma è riduttivo! La rispostalaoffre Roberto Calasso nel libro “L’impronta dell’editore” (Adelphi, quest’anno sono i 50 anni di fondazione) quando scrive che Bazlen nell’Adelphi trovò assoluta libertà nel pubblicarei libridafare,i cosidettilibri unici dove si riconosce che all’autore è accaduto qualcosa, che avevano rischiato di non diventare mai libri, che avevano il “suonogiusto”. Quel suono che condusse Bazlen fuori da Trieste, che abbandona e rincorre grazie a Svevo, a Mattioni (nel libro della Riboli vi è l’immagine di Bazlen con quella borsa di lavoro ora in casa Mattioni) e a Voghera; una Trieste che definiva, all’inizio del Novecento, provinciale, ispiratrice di un clima di rinnovamento ma incapace di porsi alla testadi talerinnovamento. E se fosse ancora vivo, come vedrebbe questa Trieste balneare? ©RIPRODUZIONERISERVATA MUSICA Un nuovo disco per Peter Gabriel che sarà in concerto a Milano e Zagabria ◗ LONDRA Ci sono anche alcuni brani interpretati da Arcade Fire, Lou Reed, Elbow, David Byrne, Bon Iver, Paul Simon nel nuovo album di Peter Gabriel “And I’ll Scratch Yours”, che uscirà il 24 settembre. «Invece di fare il tradizionale album di cover - spiega Gabriel - ho pensato che sarebbe stato molto più divertente creare un nuovo tipo di progetto nel quale gli artisti comunicassero tra di loro». “Scratch My Back” è stato pubblicato nel 2010 e ora torna disponibile accompagnato da “And I’ll Scratch Yours”. Nonostante questo secondo volume sia stato ritardato dagli impegni in studio e in tour di coloro che dovevano ricambiare il favore, Gabriel è molto felice di quanti hanno aderito al progetto. Ogni artista ha optato per un differente approccio alle canzoni di Gabriel. Alcuni hanno scelto di reintepretare radicalmente il materiale originale, rendendolo a malapena riconoscibile - la ringhiosa “Solsbury Hill” di Lou Reed o la spaventosa e futuristica versione di “Mother Of Violence” di Brian Eno, co-writer “di Heroes” di David Bowie interpretata da Gabriel su “Scratch My Back”. Tra gli altri artisti che hanno partecipato ci sono Arcade Fire (“Games Without Frontiers”), Elbow (“Mercy Street”) e Regina Spektor (“Blood Of Eden”). Poi, Peter Gabriel inizierà l’ennesimo tour che lo porterà anche in Italia il 7 ottobre al Mediolanum Forum di Milano Due giorni prima, sarà in concerto all’Arena Zagreb di Zagabria. Diventato una leggenda con cantante e frontman dei Genesis (e tanti sono i fan che sperano ancora in una vera reunion della band con tutti i musicisti sul palco), Peter Gabriel ha iniziato sul finire degli anni Settanta una carriera solista con grandissimo successo. Anche per la sua voglia di sperimentare sempre, di non fermarsi mai a ripetere quello che i suoi ascoltatori già conoscono. Oggi rappresenta un punto di riferimento per molti artisti delle nuove generazioni. Le ultime parole di Margherita Hack Libro intervista di Cinzia Lacalamita e Igor Damilano viene presentato a Trieste «Doveva chiamarsi “A casa di Margherita”. È diventato “La stella infinita”, in ricordo di lei che non finirà mai». Il 29 giugno Igor Damilano e Cinzia Lacalamita si trovavano a Roma per il montaggio della videointervista realizzata a Margherita Hack due settimane prima, quando furono raggiunti dalla notizia della sua morte. Pubblicata in forma integrale dalla casa editrice Aliberti, “La stella infinita” (pagg. 96, euro 9) è uscita ieri nelle librerie e viene presentata oggi, alle 18, alla Libreria Feltrinelli di Trieste, in via Mazzini, alla presenza dei due autori. In queste settimane e nei mesi passati sono stati numerosi i contributi sulla figura del direttore del nostro Osservatorio astronomico dal 1964 al 1987, rafforzando in tutti noi l’idea che oltre allo spessore dello scienziato di fama internazionale, c’era in lei la stoffa dell’intellettuale a tutto tondo. Della persona integra e mai disposta ai compromessi, di un esempio forte di coerenza, che sapeva esprimere sempre con schiettezza priva di retorica. Cinzia Lacalamita ne aveva conosciuto l’impegno e la generosità quando stava lavorando a un importante testo contro la violenza sulle donne. Il contributo della Hack era stato fermo e lucido come era nel suo stile. Da qui era nata un’amicizia nella quale Igor Damilano si è inserito con la sua freschezza e irriverenza. E’ stata una buona idea pensare di iniziare la lunga intervista chiedendo all’anziana astrofisica se è poi vero che i comunisti mangiano i bambini. A lei che era stata candidata nel 2005 alle regionali in Lombardia per il Partito dei Comunisti Italiani. E che per di più è da sempre vegetariana. Per non parlare della pubblica lettura dell’oroscopo del giorno, segno dei Gemelli, a lei che faceva parte del Cicap, il Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale. L’intervista si svolge con estrema fluidità una volta stabilito che Igor Damilano è la persona giusta per stuzzicare la sagacia tutta toscana della Cinzia Lacalamita e Igor Damilano con l’astrofisica Margherita Hack Hack. Si può scherzare ma c’è anche molto spazio per raccogliere le riflessioni sulla improbabile esistenza di Dio, sulla morte, da affrontare senza paura sulla scorta di Epicuro, ben consapevole delle conseguenze del rifiuto di sottoporsi a un intervento cardiaco, considerato un accani- mento terapeutico. E ancora lo sdegno per la attuale situazione politica italiana, direttamente affrontata nel suo ultimo scritto “L’Italia che vorrei” al quale stava lavorando proprio in quei giorni di giugno. A 91 anni ancora fiduciosa nel futuro. Elena Dragan