La vendita dei beni di consumo. Le nuove

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La vendita dei beni di consumo. Le nuove
Anno XIX - Supplemento al numero 27 - 4 maggio 2007
Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003
(conv. in L. 46/2004) art. 1, comma 2, DCB Roma
Programma generale di intervento 2005/2006
della Regione Sardegna
realizzato con l’utilizzo dei fondi
del Ministero dello Sviluppo Economico
Realizzato in collaborazione con:
Lavenditadeibeni
diconsumo
Lenuove
garanzie
Acuradi
CristianoIurilli
TEST noi consumatori - anno XIX - supplemento al numero 27 - 4 maggio 2007
Direttore: Paolo Landi • Direttore responsabile: Francesco Guzzardi • Comitato di redazione:
Paolo Landi, Angelo Motta, Fabio Picciolini • Progetto grafico e impaginazione: Claudio Lucchetta
• Amministrazione: Adiconsum, Via Lancisi 25, 00161 Roma • Registrazione Tribunale di Roma n.
350 del 9.06.88 • Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 46/2004) art. 1,
comma 2, DCB Roma • Stampa: Arti Grafiche S.Lorenzo s.r.l., Via dei Reti 36 - 00185 Roma • Finito
di stampare in giugno 2007
Associato all’Unione
Italiana Stampa Periodica
Sommario
Introduzione ........................................................................................................... 3
La nuova tutela a doppio binario....................................................................... 5
Le nozioni di acquirente e venditore ...........................................................................5
Il termine “garanzia” ......................................................................................................5
L’ambito di applicazione ..............................................................................................8
Il concetto di bene di consumo........................................................................ 10
La definizione ................................................................................................................10
La conformità al contratto ................................................................................ 12
Il concetto di “conformità”.........................................................................................12
Non conformità al contratto e vizi giuridici...............................................................14
Le presunzioni di (non) conformità.............................................................................15
L’idoneità all’uso ..........................................................................................................16
La descrizione fatta dal venditore .............................................................................17
Le qualità del bene presentato come campione o del modello .........................19
Le aspettative del consumatore e le dichiarazioni pubbliche del venditore ......20
Le cause di esonero da responsabilità ............................................................ 22
Il III comma dell’art. 129 cod. consumo ....................................................................22
I diritti del consumatore...................................................................................... 24
L’art. 130 cod. consumo..............................................................................................24
Il sistema di tutela .........................................................................................................27
Per la prima volta in Sardegna viene realizzato un progetto finalizzato alla tutela dei cittadini consumatori/utenti, e vengono spese
risorse per lo sviluppo del consumerismo.
Il Programma Generale di Intervento della Regione Sardegna,
denominato “Informazione, assistenza e consulenza: l’assistenza del
consumatore nel territorio”, viene realizzato con l’utilizzo dei fondi del
Ministero per lo Sviluppo Economico derivanti dalle multe comminate dall’ Antitrust, l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato.
Il Programma, attuato da Adiconsum con la collaborazione di
altre tre tra le più importanti e rappresentative associazioni dei consumatori operanti in Sardegna, quali Cittadinanzattiva, Codacons e
Federconsumatori, è diviso in due distinti Interventi integrati tra loro:
• Il primo –denominato “Rilancio rete territoriale servizi ai consumatori”– ha visto l’apertura di otto Sportelli Territoriali di tutela dei
consumatori/utenti, finalizzati a fornire una adeguata consulenza
e assistenza ai cittadini il più vicino possibile al posto dove vivono
e risiedono (l’elenco degli Sportelli Territoriali, in uno con i giorni e
gli orari di apertura, i numeri di telefono e fax, gli indirizzi di posta
elettronica, è riportato in fondo alla presente Guida).
• Il secondo –denominato “Dal Codice del Consumo, più tutela e
trasparenza”– prevede la realizzazione di corsi di formazione per
gli operatori delle associazioni dei consumatori su tematiche ricomprese nel Codice del Consumo, affinché siano posti in grado
di operare con la dovuta conoscenza delle norme a tutela dei
consumatori/utenti. Prevede, inoltre, la realizzazione di materiale
informativo pratico e di facile lettura sui diritti previsti dalle norme
ricomprese nel Codice del Consumo e su come questi possano e
debbano essere esercitati.
La presente Guida del Consumatore è parte integrante di una
collana di quattro guide, le quali, assieme a quattro pieghevoli,
costituiscono il materiale informativo previsto nel secondo intervento del Programma. L’intera collana è composta dalle seguenti
pubblicazioni:
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
Introduzione
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Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
• Guide del Consumatore:
Auto nuove e auto usate: quali garanzie – Nuovi diritti per i
consumatori
La vendita dei beni di consumo – Le nuove garanzie
Vendita fuori dei locali commerciali e a distanza – Il diritto di recesso
La compravendita degli immobili – Quali regole, quali tutele
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• Pieghevoli Okkio a…:
Il credito al consumo
I mezzi di trasporto
Finanziamenti e tassi di interesse
Le garanzie sui beni di consumo
Auguro a tutti i consumatori una buona e proficua lettura, ricordando loro che alla base di un consumo responsabile vi è la consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri e che tale consapevolezza si forma attraverso una adeguata e corretta informazione. Le
4 Guide del Consumatore e i 4 Pieghevoli Okkio a…, che potranno
essere reperiti gratuitamente presso le sedi degli Sportelli Territoriali,
vogliono essere una prima risposta a questa legittima esigenza dei
consumatori sardi.
Giorgio Vargiu
Segretario Generale Adiconsum Sardegna
Lanuovatutela
adoppiobinario
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
Le nozioni di acquirente e venditore
La disciplina relativa alle garanzie del consumatore nella vendita di beni di consumo ha introdotto, conformemente a quanto
già accaduto per la disciplina dei contratti del consumatore,
contenuta nel capo XIV bis del codice civile, una tutela a doppio
binario, in un certo senso presupponendo la disciplina di cui agli
artt.1469 bis del codice, ed includendo «formalmente» i contratti
di vendita di bene di consumo nella categoria dei contratti del
consumatore.
La similitudine tra le due categorie di norme si nota espressamente nelle definizioni utilizzate, ed in particolare nella definizione di
consumatore, la quale si attaglia precisamente alla definizione di cui
all’art.1469 bis c.c., oggi art. 33 codice del consumo e di venditore
e produttore, da intendersi quali specificazione, per il campo delle
vendite, della definizione della categoria di professionista contenuta
nel Capo XIV bis, e pedissequamente ripresa nella parte III, titolo I del
più volte richiamato codice del consumo.
Dunque, anche nel campo delle vendite di beni di consumo, ci
troviamo di fronte ad una sorta di «soggettivizzazione» dell’operazione contrattuale, la cui disciplina muterà a seconda della qualificazione delle parti contraenti: in particolare, nel campo delle vendite, ove si tratti di vendita di beni di consumo (e tale definizione
implicitamente si riferisce ai contratti conclusi da un consumatore
con un professionista, per scopi estranei alla propria attività professionale) si applicherà interamente la nuova normativa, mentre nel
caso di altre tipologie di contratti non rientranti nella categoria così
come prevista dal D.lgs 24/2002, continuerà ad applicarsi la previgente disciplina.
Il termine “garanzia”
In ordine all’identificazione del termine “garanzie” utilizzato dal legislatore interno e comunitario, come già anticipato in precedenza,
ci troviamo di fronte ad un concetto dai contorni molto più ampi e
certi, rispetto alla previsione dei cui agli artt.1490 e segg. c.c..
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Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
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Già in sede di commento alla disciplina comunitaria, concordavamo solo parzialmente con un recente orientamento dottrinale (DE
CRISTOFARO), secondo cui dal combinato disposto degli artt.1, lett.
e) e 6 della direttiva 99/44 risultava chiaro l’inquadramento del concetto di garanzia in una categoria maggiormente ristretta in relazione alle previsioni codicistiche, intendendosi come tale unicamente
quel negozio con cui il produttore o il venditore si impegnava -volontariamente- verso il consumatore, e senza pretendere alcun corrispettivo, a rimborsare il prezzo pagato, a sostituire o riparare il bene
di consumo o ad intervenire altrimenti su di esso qualora quest’ultimo
non corrispondeva alle condizioni enunciate nella dichiarazione di
garanzia o nella relativa pubblicità.
Da tali posizioni, e dall’analisi testuale della normativa comunitaria, sembrava che il legislatore comunitario avesse introdotto -a
livello comunitario- una sorta di “negozio di garanzia di buon funzionamento” applicabile unicamente ai rapporti contrattuali tra professionista e consumatore, identificandone i contenuti minimali al fine
di assicurare a quest’ultimo un maggiore grado di tutela e creando
dunque quella sorta di doppio binario rispetto alle già vigenti disposizioni presenti all’interno dei singoli Stati membri.
Ma contrariamente a ciò, e confortati -oggi a posteriori- dal testo
di recepimento, possiamo affermare che il nuovo testo legislativo
contiene una nuova garanzia legale contenente più incisivi mezzi di
tutela a favore del consumatore, il quale potrà agire avverso il venditore professionista, non più solo in base alle previsioni ex contractu
del certificato di garanzia eventualmente rilasciato dal venditore,
ma ex lege in base a norme di carattere imperativo.
Si parla di garanzia commerciale con riferimento al contratto con
il quale produttore o venditore si impegnano volontariamente verso
il consumatore, e senza pretendere alcun corrispettivo, a rimborsare
il prezzo pagato, a sostituire il bene di consumo o ad intervenire altrimenti su di esso qualora quest’ultimo non corrispondesse alle condizioni enunciate nella dichiarazione di garanzia o nel contratto o nella
relativa pubblicità. Da tali garanzie vanno tenute distinte quelle che
diventano operative solo a seguito del pagamento di un sovrapprezzo, le quali integrano piuttosto la stipula di contratti di assicurazioni.
Le garanzie convenzionali, dunque, si aggiungono ma non si
sostituiscono alla garanzia di “conformità del contratto”, andando
ad aumentare i rimedi a disposizione del consumatore.
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
Pertanto, con il termine garanzia ci riferiamo, prima di tutto, ad
una serie di diritti riconosciuti dall’ordinamento al consumatore, e
non derogabili dal venditore, nei casi in cui il bene possa considerarsi
“non conforme al contratto”.
Precisamente, l’art. 7 della direttiva lascia intendere che la limitazione o l’esclusione della garanzia deve essere comunque evitata
qualunque sia l’espediente negoziale che il venditore abbia escogitato per sottrarsi agli obblighi da essa derivanti.
La garanzia si configura dunque in termini di responsabilità gravante sul venditore quale effetto legale del contratto di compravendita.
Infatti, con la direttiva in questione, il consumatore risulta essere
tutelato indipendentemente dal rilascio di un documento di garanzia e, se rilasciato, indipendentemente dal proprio contenuto, che
non potrà per nulla derogare alle disposizioni minime di tutela (c.d.
garanzia legale).
Ciò si desume anche dalla lettura dell’art. 6 della direttiva il quale
prevede, al comma I, che una garanzia deve vincolare giuridicamente chi la offre secondo le modalità stabilite nella dichiarazione di
garanzia e nella relativa pubblicità.
La circostanza che la garanzia sia offerta lascia supporre che si
tratti di una garanzia ulteriore rispetto a quella legale contemplata
dall’art. 2 della stessa direttiva.
In senso conforme alle nostre posizioni è intervenuto il legislatore
nazionale il quale ha analiticamente previsto il concetto di “garanzia
convenzionale ulteriore”, prevedendo, all’art.133, un suo contenuto minimo, utilizzando uno schema normativo che, ad una prima
lettura, ricorda chiaramente le disposizioni in passato adottate dal
legislatore comunitario ed italiano in sede di recepimento, in ordine
ai contenuti che necessariamente debbono esse presenti all’interno
dei contratti stipulati tra un consumatore ed un professionista in determinate operazioni negoziali, quali gli acquisti in multiproprietà o le
vendite a distanza.
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Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
L’ambito di applicazione
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La riforma ha ad oggetto i contratti di vendita di beni di consumo,
ai quali sono stati equiparati i contratti di permuta, somministrazione,
appalto e contratto d’opera, e tutti gli altri contratti comunque finalizzati alla fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre
Il legislatore ha dunque adottato un’elencazione «aperta», facendo
rientrare nella categoria contrattuale «coperta» dal nuovo concetto di
garanzia, anche contratti atipici e misti, purché finalizzati alla fornitura
di beni di consumo. Questa scelta, non solo comporta un ampliamento del concetto di “vendita” (chiaramente ai soli fini di tutela e non in
relazione alla categoria contrattuale), ma riferisce la nuova disciplina
anche a contratti che, sino ad oggi, avevano una disciplina totalmente
differente, in special modo, in relazione ai tempi e modi di tutela esperibili nei confronti della parte inadempiente: l’opera dell’interprete sarà
pertanto quella di procedere alla disapplicazione di taluna parte della
vecchia disciplina (senz’altro tuttora vigente per i contratti conclusi tra
soggetti di pari forza contrattuale) relativa ai contratti -diversi dalla vendita- ma inclusi nel D.lgs. 24/02, ed integrare le norme ancora vigenti
con la nuova disciplina sostanziale e processuale.
L’ambito di applicazione ratione materiae della nuova disciplina si estende dunque – testualmente – sia ai contratti di vendita di
beni di consumo sia ai contratti di fornitura di beni di consumo da
fabbricare o produrre, risultando irrilevante ogni considerazione sia
in ordine alla prevalenza della componente del dare o del facere, sia alla circostanza che oggetto della prestazione sia un bene
prodotto in serie o individualizzato, prodotto e fornito dal soggetto
obbligato a fornire la garanzia.
La scelta operata dal legislatore comunitario prima, e dal nostro
legislatore in ambito di recepimento, ricorda le scelte legislative operate in sede di determinazione dell’ambito oggettivo di applicazione
della Convenzione di Vienna del 1980 relativa alla disciplina dei contratti di vendita internazionale di merci, secondo cui il legislatore non
può pretendere dal consumatore valutazioni in ordine al contenuto
del negozio giuridico concluso, e necessarie a stabilire con precisione se il contratto debba essere qualificato come vendita, come
appalto o come contratto d’opera.
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
Tuttavia, mentre la Convenzione di Vienna sembra escludere
espressamente dal proprio campo di applicazione i contratti in cui
vi sia la prevalenza di elementi differenti da quelli caratterizzanti la
vendita, la direttiva 99/44/CE ha ricondotto al concetto di vendita
tutti i contratti ove alle prestazioni di dare si affianchino le prestazioni
di facere, ad eccezione di quei contratti che si risolvano in “mere”
prestazioni di servizi.
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Ilconcetto
dibenediconsumo
La definizione
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
A delimitare l’ambito di applicazione, in termini oggettivi, concorre la definizione di bene di consumo contenuta nel comma II, lett. a),
art.128.
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Ci troviamo di fronte ad un concetto nuovo per il nostro ordinamento: bene di consumo infatti, viene definito «qualsiasi bene
mobile, anche da assemblare». Il nuovo regime di tutela non è,
quindi, applicabile ai beni immobili.
In dottrina ci si è chiesti a quale momento debba essere riferito il
carattere “mobile” del bene di consumo: il dubbio sorge, in particolar modo, nei casi in cui il bene diventi mobile solo dopo la conclusione del contratto.
Appare condivisibile l’affermazione di quanti in dottrina sostengono che la normativa in questione sia applicabile anche a tali beni
poiché questi acquistano autonomia in vista della consegna e, ai
sensi dell’art. 129, è proprio con riferimento a tale momento che viene accertato l’adempimento da parte del venditore di consegnare,
appunto, beni conformi al contratto.
Il nostro legislatore ha precisato, a differenza di quello comunitario, che bene di consumo è anche quello da assemblare: in realtà
sembra una precisazione superflua in quanto l’art. 129 menziona, tra
i difetti di conformità, anche quelli che derivano dalla imperfetta
installazione del bene, e l’art. 128, espressamente include nel suo
ambito di applicazione i contratti di opera e di appalto.
Merita invece attenzione l’inesistenza di qualsiasi richiamo al requisito della materialità, previsto dalla direttiva comunitaria.
L’esclusione del carattere materiale del bene è stata salutata
con favore dalla dottrina che già in sede di commento alla direttiva si era posta il problema se potessero essere considerati beni di
consumo anche i beni immateriali quali il software (ZACCARIA – DE
CREISTOFARO).
Con riguardo alla prima ipotesi è necessario precisare che già
l’art. 2922, comma I, c.c., escludeva l’operatività della garanzia
per vizi nel caso di beni oggetto di vendita forzata: sono dunque
escluse tutte le vendite effettuate nell’ambito di un procedimento
giudiziari, mediante una limitazione connessa alla particolare natura
della vendita, effettuata in tali casi nell’ambito di un procedimento
giudiziario.
Sono infine considerati beni di consumo anche i prodotti naturali nonché gli animali vivi che, già in sede di commento alla Convenzione di Vienna, erano stati inclusi nella sfera di applicazione
della normativa, sebbene in tal caso l’interprete nell’applicare
i rimedi predisposti dalle nuove norme debba necessariamente
tener conto della natura vivente dell’animale.
A tutte le vendite di beni che non sono suscettibili di diventare
beni di consumo, come ad esempio le macchine industriali, o che
non verranno mai venduti a consumatori restano senz’altro in vigore le precedenti regole contenute negli artt. 1470-1541 c.c.
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
Ripercorrendo il dato letterale delle nuove disposizioni, si nota
come il legislatore abbia utilizzato una definizione “in negativo”, in
quanto ai sensi dell’art.128, comma II, non sono considerati beni di
consumo, i beni oggetto di vendita forzata o comunque venduti
secondo altre modalità delle autorità giudiziarie, anche mediante
delega ai notai; l’acqua e il gas, quando non confezionati per la
vendita in un volume delimitato o in quantità determinata; l’energia elettrica.
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Laconformità
alcontratto
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
Il concetto di “conformità”
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L’articolo 129 cod. Consumo, prevedendo che “il venditore ha
l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto
di vendita”, enuclea il nuovo (anche se il termine già era presente
nella convenzione di vienna del 1980, già più volte richiamata) ed
ampio concetto di “conformità”.
In particolare, il nuovo testo normativo ha apportato rilevanti
innovazioni ai concetti di vizio, mancanza di qualità essenziali o
promesse e vendita di aliud pro alio datum, sino ad oggi oggetto di
ampio dibattito da parte della nostra dottrina.
Il concetto di conformità espresso nella direttiva 99/44/CE, esprime
il tentativo del legislatore comunitario di costituire una base comune
alle varie tradizioni giuridiche degli Stati membri (cfr. considerando
n.7) introducendo l’ampia categoria di “bene conforme”, ispirandosi
all’art.35 della Convenzione di Vienna del 1980, e ricorrente nel caso
in cui il bene ricevuto non presenti le caratteristiche, qualità e requisiti
necessari per poter essere considerato conforme al contratto, quale
che sia la tipologia e la gravità del vizio, ed indipendentemente dal
dolo o dalla colpa del venditore.
A fronte della disciplina codicistica della garanzia di cui agli
artt.1490 e segg. c.c., imperniata sulla distinzione fra vizi, mancanza di qualità essenziali o promesse e vendita aliud pro alio, l’art.129
introduce un concetto ampio ed onnicomprensivo di difetto di
conformità, riconducendo ad unitatem i mezzi offerti al consumatore-acquirente al fine di ottenere tutela verso il venditore (o
produttore) del bene di consumo: il “nuovo” difetto di conformità
“assorbe”, in un certo senso, le categorie di “vizio”, di “mancanza
di qualità essenziali o promesse” e di vendita “aliud pro alio”.
In tal modo si enuclea un ampio concetto di non conformità
che inserisce, con certezza, il difetto di conformità all’interno della
fattispecie dell’inadempimento delle obbligazioni del venditore, in
quanto, in caso di trasferimento di un bene materiale non conforme,
risulterebbe un inadempimento all’impegno traslativo assunto dal
Dunque, con il recepimento della direttiva 99/44/CE si è introdotta nel nostro ordinamento una nuova categoria, il difetto di
conformità, applicabile ad ogni contratto di vendita di beni di
consumo concluso tra un professionista ed un consumatore, più
ampia ed onnicomprensiva delle categorie di vizio sino ad oggi
utilizzate dal consumatore acquirente per tutelare i propri diritti.
In tal modo si è provveduto ad una nuova definizione delle obbligazioni poste a carico del compratore ed un nuovo sistema di definizione dei rapporti tra acquirente e venditore, il quale va direttamente
ad inficiare l’ulteriore applicabilità delle ordinarie categorie codicistiche di vizio e relative forme di tutela, nei contratti del consumatore.
Ma ad un’attenta interpretazione del dettato normativo si evince
altresì che con l’introduzione del concetto di “non conformità al contratto”, come si ricava dalla lettura dell’art.129 cod. consumo, il legislatore ha ampliato la categoria della responsabilità contrattuale,
utilizzando -tra i parametri per valutare la non conformità del bene al
contratto- anche le dichiarazioni pubbliche fatte dal venditore, sulle
caratteristiche specifiche dei beni, fatte dal venditore nella pubblicità e nella etichettatura (IURILLI).
Senza voler entrare nel merito dell’ampio dibattito dottrinale relativo al concetto di responsabilità da “documento informativo”, e della sua inclusione o meno all’interno della categoria della responsabilità contrattuale, sottolineiamo l’importanza del contenuto della novella che, considerando la prestazione della “nuova” garanzia quale
obbligazione principale dal contratto di vendita, ed equiparando le
informazioni contenute nella pubblicità del prodotto acquistato, al
contenuto dell’accordo contrattuale in ordine alle caratteristiche
del bene, ha considerevolmente ampliato la categoria di vizio, sino
ad oggi accolta dal nostro legislatore codicistico.
Infatti, se i concetti di vizio, mancanza di qualità promesse ed
essenziali e vendita aliud pro alio avevano ad oggetto principale
la “materialità” del bene, la nuova categoria di “non conformità”
accolta dall’articolo in esame risulta essere costituita dall’unione di
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
venditore in relazione all’inesattezza del bene, introducendo una
nozione di non conformità sì vasta da comprendere sia le fattispecie
di vizi della cosa sia le fattispecie di mancanza di qualità.
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difetto (o vizio) materiale e difetto (o vizio) contrattuale, relativamente alle qualità del bene espresse nell’oggetto del contratto ed altresì
risultanti dalle informazioni precontrattuali (ma solo in termini temporali) fornite dal venditore al consumatore.
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
Non conformità al contratto e vizi giuridici
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Dall’analisi del testo della direttiva 99/44 e del d.lgs n.24/2002 non
si trova menzione dei c.d. “vizi giuridici” (espressione non espressa
in alcuna norma) identificabili, in senso ampio, come le inesattezze
giuridiche dei beni e, dunque, in primo luogo come oneri, pesi, diritti
reali o personali di godimento spettanti a terzi, gravanti sui beni acquistati e non dichiarati nel contratto, nonché come irregolarità giuridiche, cioè come non conformità dei beni a prescrizioni imperative
di leggi nazionali (UGAS).
Il dato testuale normativo, comunitario ed interno, nonché i lavori preparatori, non fanno mai cenno alle problematiche attinenti
ai vizi giuridici: alteresì, i parametri che la disciplina di derivazione
comunitaria offre per valutare la conformità sembrano spesso riferirsi al bene nella sua materialità, riferendosi – in particolare – alla
descrizione del bene, al campione, al modello, agli usi voluti dal
consumatore etc…
E già in sede di commento alla direttiva (LUMINOSO, II), parte della dottrina rilevava come il legislatore comunitario non avesse inteso
occuparsi di tutti «gli istituti della garanzia nella vendita disciplinata dal
codice civile italiano», incidendo unicamente sulla garanzia per vizi e
difetti di qualità; dunque, si dovrebbe dedurre l’esclusione di un’estensione analogica della nuova disciplina alle inesattezze giuridiche anche, e soprattutto, poiché ciò significherebbe assegnare all’interprete
un compito che và ben oltre le sue competenze, trattandosi di “una
scelta che sarebbe pur sempre difficile far risalire alla volontà del legislatore nonché al dato positivo in cui essa si è tradotta” (UGAS).
A tali considerazioni si aggiunga che la dottrina maggioritaria
si è dimostrata incline a ritenere che i vizi giuridici non possano
configurare un’ipotesi di difetto di conformità in quanto la tutela
accordata da altre disposizioni codicistiche (artt.1482-1489 c.c.)
sembra più favorevole rispetto a quella che deriverebbe dalla di-
Considerate le affinità tra i vizi materiali e i vizi giuridici, nonché
l’espressione generica ed onnicomprensiva utilizzata dal legislatore,
riteniamo non vi sarebbe stato alcun impedimento ad estendere alle
c.d. “inesattezze giuridiche” il nuovo concetto di difetto di conformità evitando, in tal modo, l’ingiustificata asimmetria di trattamento
rispetto ad analoghe esigenze di protezione.
Le presunzioni di (non) conformità
Il II comma dell’articolo 129, contempla taluni casi di presunzione di conformità, che riteniamo contribuiscano sia alla definizione
dell’ampiezza del contenuto dell’obbligazione del venditore di
consegnare al compratore beni conformi al contatto, sia a determinare il contenuto dell’oggetto del contratto di compravendita
nei casi di mancanza di previsione analitica delle caratteristiche
del bene.
Come già rilevato, il “nuovo” concetto di non conformità si distingue dal “vecchio” concetto di vizio materiale o mancanza di
qualità essenziali, o dalla vendita aliud pro alio datum, in quanto
in esso sono inscindibilmente riuniti sia gli aspetti relativi alla “materialità” del vizio, sia gli aspetti relativi alla non rispondenza del bene
venduto a quanto stabilito in contratto o a alle particolari caratteristiche esposte e richieste dal consumatore al venditore al momento
dell’acquisto.
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
sciplina di origine comunitaria (i termini di prescrizione sarebbero
infatti più lunghi; non sarebbe previsto un onere di denuncia del
vizio, etc…).
Ma poiché non esistono ostacoli di ordine logico che impediscano di ritenere che non vi sia difetto di conformità quando il
bene si presenta gravato da pesi, oneri o diritti altrui, pur essendo
stato dichiarato “libero da qualsiasi diritto o pretesa spettante a
terzi”, sarebbe stato opportuno che il legislatore avesse esteso,
espressamente, a tale ipotesi il difetto di conformità, così procedendo ad una compiuta ed organica riforma della materia: tale
scelta avrebbe certamente avuto il merito di ricondurre l’intera
materia alla disciplina dell’inadempimento delle obbligazioni (DE
CRISTOFARO – ZACCARIA).
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Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
Tali regole presuntive, rispettivamente trovano il loro fondamento:
nell’oggettiva inidoneità del bene (da valutarsi in relazione alle caratteristiche dei beni dello stesso tipo e genere – lett. a)), nella mancanza di qualità o di prestazioni abituali, in relazioni a beni dello stesso
tipo (lett. c) prima parte), in una particolare condotta tenuta dal venditore nei confronti del consumatore prima della vendita (lett. b), c)
seconda parte), o sulle ragionevoli aspettative che il compratore abbia portato a conoscenza del venditore al momento dell’acquisto.
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Dunque, le nuove regole presuntive contenute nel II comma
dell’art.129 contribuiscono a determinare il nuovo concetto di “non
conformità”, esprimendo una nuova nozione di vizio (in senso lato)
caratterizzata da un duplice aspetto, soggettivo ed oggettivo: soggettivo, in quanto il legislatore attribuisce rilevanza alle dichiarazioni
effettuate dal compratore al venditore in sede di acquisto, e relative
alle peculiari caratteristiche richieste dal bene oggetto di compravendita; oggettivo, in quanto si da espresso rilievo non solo alla materialità del vizio, quanto anche alla difformità del bene da quanto
esposto all’interno delle clausole contrattuali.
L’idoneità all’uso
A norma della lettera a), dell’art.129, si presumono conformi, i
beni che siano idonei all’uso a cui servono abitualmente beni dello
stesso tipo. La suddetta previsione include nel contenuto dell’accordo contrattuale tutte le caratteristiche strutturali e funzionali che il
bene deve necessariamente possedere per poter essere adibito al
suo normale utilizzo: in tale categoria rientrano certamente tutti i requisiti necessari ai fini di un normale funzionamento del prodotto, in
relazione alle caratteristiche di altri beni facenti parte della medesima categoria merceologica. Dunque, ove oggetto del contratto di
vendita sia il bene A1, appartenente alla categoria merceologica A
la quale presenti determinate caratteristiche generali che rendano
tutti i beni ad essa appartenenti idonei ad un determinato utilizzo, vi
sarà inadempimento del venditore e, dunque, difetto di conformità,
ove il bene A1 non risulti essere idoneo ad essere sfruttato per un
determinato utilizzo che invece risulta assicurato dai bei A2, A3, A4
etc…, tutti appartenenti alla categoria merceologica A.
All’interno dell’accordo contrattuale rientreranno dunque tutti i
parametri di idoneità caratterizzanti la categoria merceologica a cui
risulti appartenere lo specifico bene oggetto di vendita.
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
La descrizione fatta dal venditore
La dottrina che maggiormente ha avuto modo di approfondire
-analiticamente- le problematiche interpretative afferenti la direttiva
99/44/CE (DE CRISTOFARO), in relazione alla disposizione contenuta
nella lett. a) del par.2, art.2 della direttiva, e riportata nell’articolo oggetto di commento alla lett. b) prima parte, escludeva che il termine
“descrizione” utilizzato dal legislatore comunitario, si potesse riferire
alla descrizione del bene effettuata dalle parti in sede di definizione
dei contenuti dell’accordo da esse concluso.
Questa impostazione si fondava sulla circostanza secondo cui,
ove il legislatore comunitario si fosse riferito alla descrizione “contrattuale” avrebbe inutilmente “ripetuto” quanto già affermato dal
paragrafo 1, dell’articolo 2 della direttiva, riferendosi dunque, inutilmente, alla mera descrizione del bene.
Riteniamo di dover parzialmente concordare tale impostazione,
sia per le considerazioni effettuate in sede di compiuta analisi del
concetto di “non conformità”, sia per quanto affermato in sede di
determinazione contenutistica del nuovo concetto di “garanzia
legale” introdotto con il D.lgs. 24/02. Infatti, la non conformità del
bene, risulta oggi costituita dal connubio “difetto materiale”-“difetto
contrattuale”, con un ampliamento anche alle informazioni precontrattuali date al consumatore prima del momento dell’acquisto.
Ove si ritenesse che il legislatore comunitario abbia inteso le parole “la descrizione fatta dal venditore”, quale generica condotta
tenuta dallo stesso in funzione di descrizione del bene, la suddetta
presunzione si andrebbe a confondere eccessivamente con il c.d.
dolus bonus, ovvero con tutti quei comportamenti tenuti dal venditore al fine di “convincere” il consumatore all’acquisto.
Oltrepiù, così facendo, la suddetta interpretazione affievolirebbe
l’autonoma previsione di cui alla lett. c) seconda parte, del II comma
dell’art.129., ove il legislatore concede rilevanza contrattuale (anche al
fine di offrire un contenuto preciso, sia all’obbligo di garanzia posto a
carico del venditore, sia al concetto di non conformità) alle dichiarazioni pubbliche effettuate dal venditore, sulle caratteristiche del bene.
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Infatti, pur se si volesse interpretare il contenuto della lett. b) come
dichiarazioni informative ai consumatori, relative alle caratteristiche,
qualità e requisiti del bene, attraverso l’emissione di dichiarazioni,
scritte o telematiche, diffusioni di immagini o simboli, riteniamo che ci
si riferirebbe sempre a documenti che, in base all’interpretazione data
all’ampiezza del concetto di difetto di conformità, avrebbe ad oggetto
clausole e documenti rientranti –seppur non direttamente– all’interno
dell’attività contrattuale. Dunque, certamente il legislatore comunitario, con il termine descrizione si è riferito ad un’attività informativa del
venditore prima della conclusione del contratto, ma altrettanto riteniamo che il riferimento alla descrizione, si riferisca anche alla descrizione
effettuata nel contratto di acquisto, e non –in generale– a qualsivoglia
comportamento tenuto dal venditore al momento della vendita.
Infatti, anche in base ad alcuni spunti di riflessione di ordine processuale, una tale interpretazione potrebbe rivelarsi “un arma a doppio taglio” nei confronti del consumatore.
Ricordiamo infatti che le presunzioni di cui all’art.129, II comma,
sono presunzioni di “conformità”, ed hanno la funzione di “agevolare
la posizione di entrambe le parti, chiaro essendo che con esse viene
tutelato non solo in venditore ma, per i casi i cui si realizzino situazioni
opposte a quelle descritte dalla norma, anche il compratore” (LUMINOSO): dunque al consumatore sarà sufficiente fornire la prova del
presupposto su cui è fondata la presunzione (DE CRISTOFARO), ed il
venditore avrà l’onere di provare il contrario.
Utilizzando un’interpretazione troppo estensiva disposizioni relative alle presunzioni, tendente a far rientrare nel concetto di “descrizione” qualsiasi comportamento tenuto dal venditore, si rischierebbe
di raggiungere il risultato contrario voluto della riforma, e tendente
ad offrire al consumatore una tutela non solo più pregnante, ma “più
facile” da un punto di vista probatorio.
Ove si “offuscassero” i contorni –già poco netti– dei presupposti
delle presunzioni previste dalla novella, in sede di un eventuale giudizio, il consumatore, più che facilitato, si troverebbe innanzi all’onere
di procedere ad un’attività istruttoria molto complessa e tendente
a dimostrare che nel periodo antecedente alla conclusione del
contratto il venditore aveva effettuato delle “dichiarazioni orali” (in
quanto le dichiarazioni scritte comporterebbero un onere probatorio
più semplice da assolvere) sulle caratteristiche e qualità del bene.
Le qualità del bene
presentato come campione o del modello
Anche con tale previsione il legislatore ha voluto, in un certo
senso, integrare il contenuto dell’accordo contrattuale, includendo in esso, in caso di carente descrizione delle qualità del bene, le
caratteristiche presenti nel campione o nel modello presentato dal
venditore al consumatore.
Riteniamo che tale “presentazione” possa essere interpretata sia
come presentazione reale che virtuale: si pensi infatti non solo all’ipotesi che il venditore, non avendo un bene particolare in esposizione,
faccia visionare “materialmente” al consumatore un altro bene a
modello (es. Tizio, recatosi al negozio di Caio, e volendo acquistare
il bene A1, di colore x, con le funzioni y, z, w, non potendo materialmente visionare il bene, si affida alle caratteristiche di un altro bene
A2, preso a modello, e rientrante nella medesima categoria merceologica A, e fatto visionare da Caio, in attesa di poter ricevere, materialmente, il bene A1), ma anche alle ipotesi di vendite a distanza (ad
esempio sia televisive che telematiche) in cui il venditore o un suo
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In tal modo si “appesantirebbe” l’onere probatorio del consumatore, onere già complesso anche ove si procedesse ad una interpretazione minima delle disposizioni di legge, in particolare in relazione
alla previsione di cui alla lett. d) del II comma dell’articolo in esame,
ove il legislatore da espresso rilievo all’uso particolare voluto dal consumatore, ed esposto al venditore al momento dell’acquisto.
In tale ultima ipotesi, sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla
pratica giudiziaria, è facile prevedere come sarebbe difficile per il
consumatore (ad eccezione del caso in cui vi siano stati dei testimoni
presenti al momento dell’acquisto) provare di aver reso edotto il venditore delle proprie legittime aspettative o esigenze particolari relative al bene oggetto di compravendita. Raramente potrà accadere
che il venditore riporti, nel contratto, tali esigenze.
La pratica delle transazioni commerciali ci impone di riflettere sulla maggiore facilità, per il venditore, di dimostrare il contrario, anche
tramite prova per testi (i dipendenti, ad esempio), a discapito del
consumatore che, raramente, sente l’esigenza di premunirsi -anticipatamente- nei confronti del venditore, procedendo all’acquisto
alla presenza di altre persone di propria fiducia.
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rappresentante, faccia visionare al consumatore non il bene concretamente individuato e oggetto di consegna, ma un campione o
un modello che rispecchi le caratteristiche del bene che verrà consegnato al consumatore a seguito dell’acquisto (es. Tizio, visionando
una televendita –soggetta alla disciplina di cui al d.lgs. 185/99, oggi
recepito all’interno del codice del consumo– decide di acquistare un
forno a microonde, di colore rosso, con le caratteristiche x, y, z, ma al
momento della consegna, risulta essergli stato consegnato un forno
elettrico blu, con le caratteristiche x, w). Nelle fattispecie esemplificate dunque, le caratteristiche del modello o del campione rientreranno nell’oggetto contrattuale e, ove il bene consegnato presenti
una qualsivoglia difformità rispetto al bene esposto o fatto visionare
come modello, il venditore dovrà considerarsi inadempiente.
Le aspettative del consumatore
e le dichiarazioni pubbliche del venditore
Importanti problemi interpretativi deriveranno dall’interpretazione
della prima parte della lettera c) del II comma dell’art.129, ove il legislatore interno -conformemente alla previsione comunitaria- da espressa
rilevanza a due presunzioni di carattere nettamente differente, anzi diremo “antitetico”, prevedendo, ai fini della determinazione della “non
conformità”, un criterio obiettivo relativamente alle “qualità e prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo”, ed un criterio soggettivo, in rapporto alle ragionevoli aspettative del consumatore, in ordine alle qualità
del bene. Se risulta di facile cognizione intendere i concetti di qualità e
prestazioni abituali (anche in conformità a quanto in precedenza rilevato rispetto alla lettura del punto a) del II comma), da intendersi quali tutti
i requisiti, caratteristiche ed elementi qualitativi che consentono al bene
di offrire prestazioni comuni ad altri beni appartenenti alla medesima
categoria, risulta difficilmente interpretabile la rilevanza concessa alle
aspettative del consumatore ed alla loro connessione (ove questa vi
sia) in rapporto al criterio obiettivo delle qualità e prestazioni abituali.
Orbene, ove il criterio delle aspettative del consumatore fungesse
da “individuatore” delle prestazioni abituali del bene, perderebbe di
rilievo il riferimento, contenuto nella seconda parte della lettera c),
alla natura del bene ed alle dichiarazioni pubbliche effettuate dal
venditore (o dal produttore o da un suo rappresentante) sulle caratteristiche specifiche del bene.
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In tale ipotesi, sulla scorta di quanto rilevato in sede di analisi della
lettera b), vi sarebbe una estrema “soggettivizzazione” del concetto
di qualità e prestazione abituale.
Riteniamo più corretta, anche ai fini della certezza del diritto, procedere ad una lettura sincronica dell’intera disposizione: il legislatore
avrebbe cioè inteso affermare, ancora una volta, il principio dell’affidamento in buona fede, derivante dai contenuti delle dichiarazioni
pubblicitarie (e tenendo conto della natura del bene).
Dunque, l’elemento subiettivo delle “ragionevoli aspettative” del
consumatore, non si porrebbe in contrasto con gli elementi oggettivi
previsti dalla medesima disposizione, ove si interpretasse la norma
non nel senso di individuare due criteri distinti di non conformità, e
precisamente, mancanza di qualità e prestazioni abituali, e mancanza di qualità che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, quanto il contrario: sulla base di un raffronto con le qualità e
prestazioni che un bene dello stesso tipo può presentare, ed in base
alle dichiarazioni pubblicitarie tendenti ad evidenziare al consumatore particolari caratteristiche del bene, il consumatore si è formato il
legittimo convincimento circa la presenza, nel bene, di quelle determinate caratteristiche presentate dal venditore.
A contrario, in mancanza di un corretto collegamento tra la prima
e la seconda parte della lettera c), si dovrebbe dedurre che un bene
si potrà considerare conforme al contratto solo ove presenti il duplice requisito della presenza delle qualità e prestazioni abituali riscontrabili “oggettivamente” in beni dello stesso tipo e -in più- la presenza
di prestazioni e qualità eccezionali ed ulteriori che il consumatore,
per suo convincimento personale, poteva aspettarsi dal bene. In tal
modo, si procederebbe ad una lettura eccessivamente “aleatoria”
del capo in esame.
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Lecausediesonero
daresponsabilità
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Il III comma dell’art. 129 cod. consumo
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In base al comma III dell’art. 129, “il difetto di conformità non sussiste se, al momento della conclusione del contratto, il consumatore
conosceva il difetto o non poteva ignorarlo con l’ordinaria diligenza,
o se il difetto di conformità deriva da istruzioni o materiali forniti dal
consumatore”. Tale disposizione, che nella prima parte ha ricalcato
l’art. 2, comma II della direttiva 99/44, è stata critica sotto diversi profili, preliminarmente poiché la formulazione «il difetto di conformità
non sussiste se...» non sembra corretta in quanto, come rilevato da
Illustre dottrina “non è che non sussista il difetto di conformità; il difetto sussiste, solo che esso è irrilevante e la garanzia è esclusa” (LUMINOSO, III); a ciò si aggiunga la genericità ed ambiguità dell’inciso “al
momento della conclusione del contratto».
Ed infatti, l’esclusiva riferibilità della conoscenza del vizio o della sua conoscibilità al momento della conclusione del contratto
deteriora la posizione del consumatore in tutti i casi in cui, come
nell’appalto e nella prestazione d’opera egli, in quel determinato
momento, non possa venire a conoscenza del difetto semplicemente perché il bene non è venuto ancora ad esistenza; la medesima
considerazione vale nel caso in cui il bene, pur esistendo al momento
della conclusione del contratto, non è stato concretamente mostrato al consumatore.
Sembra peraltro necessario che il consumatore, se a conoscenza del difetto al momento della conclusione del contratto, lo abbia
accettato espressamente o mediante facta concludentia: ben potrebbe accadere che l’acquirente, pur essendo a conoscenza del
difetto, abbia invitato il professionista ad eliminarlo entro il termine
previsto per la consegna del bene.
Escludere la sua tutela in questi casi sarebbe contrario ad ogni
criterio di ragionevolezza, buona fede e correttezza.
Riteniamo dunque che si tratti di un errore del legislatore e che
l’esigenza di assicurare un regime uniforme ai vari contratti equiparati alla vendita, e menzionati nell’art.128, avrebbe dovuto indurre
lo stesso a prevedere che “il consumatore non è tutelato se, al mo-
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
mento della conclusione del contratto, era a conoscenza del difetto
e ne ha tacitamente o espressamente accettato l’esistenza, o se, al
momento della consegna, non ha riconosciuto il vizio, pur essendo
esso facilmente riconoscibile con l’ordinaria diligenza”.
Il momento determinante ai fini della responsabilità del consumatore deve essere individuato nel contatto con il bene, che solo nell’acquisto di cosa specifica coincide con la conclusione del contratto, mentre nella vendita di cosa generica (salvo che l’individuazione
avvenga in un momento successivo alla conclusione del contratto,
ma anteriore alla consegna), coincide con la consegna.
Dunque, l’attuale formulazione della norma attribuisce alle cause
di esonero da responsabilità un margine di operatività molto ridotto,
in quanto sicuramente non abbraccia le vendite di genere, nonché
le vendite a distanza o le vendite fuori dai locali commerciali.
Ancora, non è sembrato opportuno il richiamo a qualsiasi difetto
di conformità.
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Idiritti
delconsumatore
L’art. 130 cod. consumo
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
La particolare articolazione delle azioni e diritti previsti a tutela del
consumatore, ci induce a riportare per esteso il testo dell’art.130, ai
sensi del quale:
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“Il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per
qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.
In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al
ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi terzo, quarto, quinto e sesto, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione
del contratto, conformemente ai commi settimo, ottavo e nono.
Il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo
che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro.
Ai fini di cui al comma terzo è da considerare eccessivamente oneroso uno dei due rimedi se impone al venditore spese
irragionevoli in confronto all’altro, tenendo conto:
a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformità;
b) dell’entità del difetto di conformità;
c) dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un
congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene
e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene.
Le spese di cui ai commi secondo e terzo si riferiscono ai costi
indispensabili per rendere conformi i beni, in particolare modo con
riferimento alle spese effettuate per la spedizione, per la mano
d’opera e per i materiali.
Nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si tiene conto dell’uso del bene.
Dopo la denuncia del difetto di conformità, il venditore può
offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti:
a) qualora il consumatore abbia già richiesto uno specifico rimedio, il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie
conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di
cui al comma sesto, salvo accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto;
b) qualora il consumatore non abbia già richiesto uno specifico
rimedio, il consumatore deve accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente articolo.
Un difetto di conformità di lieve entità per il quale non è stato possibile o è eccessivamente oneroso esperire i rimedi della
riparazione o della sostituzione, non dà diritto alla risoluzione del
contratto.”
Rapportando l’analisi del contenuto del riportato articolo alle
deduzioni sin qui svolte, si noti come il primo dato importante che si
deduce dalla lettura della norma ha carattere temporale, in quanto
limita la responsabilità del venditore nei confronti del consumatore,
per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.
La prima conseguenza applicativa di tale previsione è quella di
escludere, dall’ambito di applicazione della riforma un difetto di
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
Il consumatore può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle
seguenti situazioni:
a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma sesto;
c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha
arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.
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Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
conformità sopravvenuto a cui dovrebbe continuare ad applicarsi
la previgente disciplina: per una effettiva tutela dell’acquirente sarà
di fondamentale importanza provare che il difetto del bene sussisteva già al momento della sua consegna: infatti, pur se il consumatore
dovrà provare la sussistenza del difetto, si potrà tuttavia giovare -ove
possibile- delle presunzioni di non conformità di cui all’art.129.
Tuttavia, come già accennato i precedenza, riteniamo che il legislatore interno sia incorso in una sorta di contraddizione: se infatti,
quale momento determinante per valutare l’esistenza del difetto di
conformità, per stabilire il termine a quo di cui al III comma dell’art.132
e per determinare la durata della garanzia legale viene considerato
il momento della consegna del bene, l’art.129, dopo aver elencato
le ipotesi di presunzione di non conformità del bene, rectius, di “conformità al contratto”, stabilisce la mancanza di difetto di conformità
ove, al momento della conclusione del contratto, il consumatore
fosse stato a conoscenza del difetto ovvero, non avrebbe potuto
ignorarlo con l’ordinaria diligenza.
Da questa previsione, che peraltro riflette pedissequamente la
norma comunitaria, non solo risulta un onere di accertamento posto a carico del consumatore, ma viene individuato un momento
diverso dalla consegna del bene, affinché tale onere debba essere adempiuto: il momento della conclusione del contratto.
Questa insanabile contraddizione è probabilmente dovuta ad un
errore terminologico, in quanto sembra impensabile pretendere dal
consumatore-medio un onere di diligenza nel controllare la conformità del bene riferito ad un momento, la conclusione del contratto,
spesso distinto ed anteriore al momento di consegna del bene.
Ove si accogliesse il dato normativo puramente e semplicemente, si incorrerebbe nella contraddizione di riferire il termine
a quo per rilevare il difetto di non conformità al momento della
consegna, e contemporaneamente considerare determinante il
momento della conclusione del contratto, onde poter valutare
una eventuale causa di esclusione di responsabilità del venditore,
per la presenza di una qualsivoglia non conformità del bene.
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Riteniamo dunque, onde non procedere ad una interpretazione
che non tenga conto dell’intero contesto normativo della novella,
di dover considerare, quale unico termine determinante, il momento della consegna del bene ad eccezione dei casi in cui quest’ultima non coincida anche con la conclusione del contratto.
Il sistema di tutela
Il legislatore nazionale, conformemente alla scelta comunitaria,
ha previsto una scansione gerarchica del sistema rimediale posto a
tutela del consumatore che predilige la c.d. conservazione del contratto, tramite la previsione del “ripristino della conformità del bene”,
quale rimedio preventivo esperibile dal consumatore (mediante
la sua riparazione o la sostituzione), consentendo a quest’ultimo il
ricorso alle tecniche risolutorie unicamente nei casi in cui i primi due
rimedi si rivelassero inefficaci, sproporzionati, impossibili, ovvero siano stati oggetto di inadempimento da parte del venditore, ovvero
ancora nei casi in cui, pur a seguito del loro fruttuoso esperimento, il
consumatore abbia subito notevoli inconvenienti.
Dunque, a fronte degli ordinari rimedi della riduzione del prezzo
e della risoluzione contrattuale, il D.lgs 24/02 riconosce al consumatore la possibilità di esperire la c.d. azione di esatto adempimento (riparazione e sostituzione del bene), che troverà la sua
fonte giustificativa nella preesistenza, in capo al venditore, di una
obbligazione principale (e non accessoria) e coercibile, di consegnare al consumatore beni conformi al contratto.
Lavenditadeibenidiconsumo–Lenuovegaranzie
Ulteriore conseguenza sarebbe quella di “svuotare” di contenuto
innovativo la previsione di cui alla lettera b) dell’art.1519 ter c.c., ove
si fa espresso riferimento alle qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore “come campione o come modello”.
Tale conclusione, se da un punto di vista interpretativo potrebbe
comportare una disapplicazione della presunzione de qua, su un
piano meramente logico comporterebbe, a carico del consumatore, un onere di valutare l’esistenza di un difetto, su un bene sicuramente diverso (in tal caso) da quello che sarà oggetto di futura
consegna. In tal modo, perderebbero di rilievo tutte le conclusioni
concernenti l’individuazione delle presunzioni di cui all’art.1519 ter
c.c. quali regole legali integrative del contenuto negoziale.
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Dall’esegesi del testo si deduce immediatamente come il legislatore, pur ampliando le azioni poste a tutela del compratore, da altro
lato ne limiti grandemente l’esperibilità, condizionando quest’ultima
alla presenza di ben precise condizioni legali.
Solo infatti in linea teorica i quattro rimedi rappresentati e, tendenzialmente alternativi (DE CRISTOFARO), potranno essere esperiti dal
consumatore indipendentemente dalle caratteristiche del difetto di
conformità.
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Anno XIX - Supplemento al numero 27 - 4 maggio 2007
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