Come una maionese, ma peggio: abbiamo lasciato impazzire l`italiano

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Come una maionese, ma peggio: abbiamo lasciato impazzire l`italiano
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CULTURA
Corriere della Sera Mercoledì 22 Aprile 2015
Addii
Raymond Carr
decano degli specialisti
di storia della Spagna
Il caso /De Mauro sull’età dei giurati
«Il Premio Strega
non rottama,
vale la competenza»
Sir Raymond Carr, uno dei maggiori esperti
inglesi di storia contemporanea, decano
degli studi sulla Spagna moderna, è morto a
96 anni. Era professore emerito del St.
Antony’s College dell’Università di Oxford.
Studioso di fama internazionale, era stato
insignito del premio Principe delle Asturie
nel 1999 in riconoscimento del suo lavoro
sulla storia spagnola. E proprio in Spagna,
Catalogna, è deceduto domenica durante
Segna
libro
Sir Raymond
Albert Maillard
Carr (1919-2015)
(1808-1939) pubblicato in prima edizione
nel 1966 e tradotto in sedici lingue (in
italiano fu edito La Nuova Italia). È un testo
cui tuttora si fa riferimento, perché ha
gettato le basi di una nuova storiografia per
la Spagna, in particolare, dal XIX secolo alla
guerra civile. Tra i suoi libri tradotti in italiano,
va ricordato anche La Spagna da Franco a
oggi pubblicato da Laterza nel 1981 (c.br.).
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«Pazzesco!» di Luca Mastrantonio (Marsilio): un saggio e 69 voci
Come una maionese, ma peggio:
abbiamo lasciato impazzire l’italiano
di Paolo Fallai
di Guido Vitiello
A
giudicare dalla varietà
e dall’aleatorietà degli
usi che se ne fanno, si
direbbe che «implementare» è la versione adulta
di «puffare». È un verbo passepartout, che può indicare grosso modo qualunque azione. «Il
governo ha implementato le riforme»; «va abbastanza bene,
ma dovresti implementarlo un
po’»; «ho ricevuto solo la prima parte, puoi implementarmi
il resto?». C’è da scommettere
che, passando per tappe come
«meglio comandare che implementare» e «chi la implementa l’aspetti», arriveremo
presto o tardi, senza accorgercene, alla frase che segnerà il
punto di non ritorno: «Implementami il sale».
Implementare è una delle
strane creature verbali che Luca
Mastrantonio passa in rassegna
in Pazzesco! Dizionario ragionato dell’italiano esagerato
(Marsilio), piccolo inventario
delle parole uscite di senno che
girano a piede libero nella conversazione quotidiana, nel linguaggio giornalistico, nel gergo politico, soprattutto nella
chiacchiera infinita dei social
network. Sono sessantanove
voci, dalla A di «addicted» alla
Z di «zombi», passando per
«applausi», «geniale», «piuttosto che», «la qualunque», «rottamazione», «sapevatelo», più
decine di altre parole discusse
nel saggio introduttivo, tra cui
appunto «implementare». È un
repertorio dei tic linguistici degli ultimi anni, e più che a un
dizionario fa pensare a un manuale diagnostico o a una cartella clinica, perché le parole
sono analizzate come sintomi
dell’impazzimento generale
della lingua. A partire da quella
che dà il titolo al libro, «pazzesco»: «Più che una parola ormai è un effetto speciale, un
gioco pirotecnico, un razzo segnalatore, un bengala di tre sillabe che segnala stupore, meraviglia, terrore. Paz-ze-sco!».
Quand’è che «pazzesco» ha
bituato alle polemiche di tutti i tipi, il
Premio Strega questa baruffa sull’età
media dei votanti proprio non se
l’aspettava. È stata l’Unione industriali
del Lazio — che con 120.000 euro l’anno garantisce serenità al bilancio — a lanciare il tema.
Ma non saranno troppo in là con l’età i votanti?
non sarebbe il caso di ringiovanire? Vittorio
Emiliani, che al premio venne chiamato da Maria Bellonci, ha risposto per le rime: «Mi dimetto, non accetto le sopraffazioni, prima che mi
rottami l’Unione industriale del Lazio mi rottamo da solo». Tullio De Mauro (nella foto) ha
cercato subito di mediare: «Ho scritto a Vittorio
Emiliani e spero che receda. Anche io lascerei
volentieri la presidenza e gli incarichi, perché
incidenti del genere rendono pesante la cosa,
ma né il consiglio di amministrazione della
Fondazione Bellonci, né il comitato direttivo del
Premio Strega hanno intenzione di fare fuori le
persone anziane». E aggiunge: «Non ne faccio
una questione di categoria, avendo superato gli
ottanta, penso che sia giusto riconoscere l’esperienza. D’altronde abbiamo moltiplicato la nostra attenzione ai giovani,
l’anno prossimo faremo addirittura un premio “bambini”
con la Fiera di Bologna». «Non
servono estremismi, ma ci
vuole un’idea che manca nel
nostro clima culturale, che è il
rispetto delle competenze»
interviene Maria Pia Ammirati, scrittrice, votante e direttore di Rai Teche. Lo
stesso presidente dell’Unione Industrali del
Lazio, Maurizio Stirpe cerca di riportare la discussione ad un clima più pacato: «Perché tutto
questo polverone? Ci è stato chiesto di dare un
contributo e noi abbiamo fatto le nostre proposte che possono essere accolte oppure no».
Detto questo restano i numeri: l’età media dei
votanti per lo Strega è di 66,7 anni. Mediamente
si diventa «Amici» per cooptazione (è il Consiglio direttivo a stabilirle chi entra) intorno ai 50
anni. E il ricambio - per ragioni naturali - è di
circa dieci, quindici votanti l’anno. Le dimissioni sono rarissime: Dario Fo, qualche anno fa,
Andrea De Carlo e Emanuele Trevi più di recente. Si calcola che per cambiare la metà della
platea dei votanti (erano 170 nel 1947, dagli anni
Sessanta sono 400) ci vogliano almeno due decenni. Vota ancora un «Amico» che era alla prima edizione, il grecista Benedetto Marzullo,
traduttore di Aristofane e «inventore» del Dams
di Bologna. Fa parte dei votanti Manlio Cancogni, classe 1916. Il più giovane? Paolo Giordano,
del 1982. Ma lui il premio lo ha vinto.
@pfallai
una cerimonia a Tarragona per la
presentazione di un archivio. Nato a Bath,
Carr si era laureato al Christ Church College
di Oxford, iniziando nel 1941 la carriera
accademica nella stessa università come
docente di storia della Spagna e dell’America
Latina. Lì rimase fino al 1987, poi divenne
titolare della cattedra di storia spagnola alla
New York University. Tra i libri di Carr,
fondamentale resta Storia della Spagna
A
Joachim Bouvet
era sicuro. Non
poteva essere
barbara una corte
che accoglieva lui,
gesuita, e i
matematici inviati
in Cina da Luigi
XIV. Era il 1685 e
Bouvet divenne
maestro
dell’imperatore
Kangxi. «La
curiosità che ha
invogliato
l’Imperatore a
studiare le nostre
scienze», scriveva
tra l’altro Bouvet,
«l’ha condotto a
istruirsi nella
nostra Religione»
e «ha mostrato di
prestare
particolare
attenzione a un
eccellente libro del
celebre padre
Ricci». Così il
monarca asiatico
rimanda al
sovrano francese:
ideale simmetria
di saggezze. La
Cina di Bouvet non
è dunque il reame
dell’arbitrio
barbarico che
sarebbe diventata
agli occhi degli
illuministi. Del
1697, L’imperatore
della Cina, è curato
da Michela Catto
per Guanda (pp.
175, e14).
a cura di
Marco
Del Corona
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Luca
Mastrantonio
(sopra) è
giornalista del
«Corriere della
Sera». Pazzesco!
Dizionario
ragionato
dell’italiano
esagerato esce
domani per
Marsilio (pp. 240,
e 17) che ha già
pubblicato il suo
Intellettuali del
piffero. A fianco:
illustrazione dal
sito «Altered
Artichoke»
cominciato a dare segni di squilibrio? È stato nella seconda
metà del Novecento, tra la Lombardia e la Liguria, modo accademico-parodistico con cui
Mastrantonio allude a due piccole deflagrazioni: il ragionier
Fantozzi che stronca la Corazzata Potemkin e lo slogan dell’aranciata San Pellegrino
«amara, ma amara in un modo
pazzesco». Sarà Beppe Grillo ad
accompagnare la migrazione
della parola dallo spettacolo alla politica, poi se ne perdono le
tracce, o meglio: le si trova
ovunque e in nessun luogo.
Perché «pazzesco» compendia
in otto lettere tutti i sintomi
della follia e dell’alienazione
della lingua: è una «maionese
impazzita che esalta l’assenza
di sapori»; ed è «straniera a se
stessa come un figlio mandato
a studiare all’estero e tornato a
casa barbaro».
Anche se Mastrantonio presenta un suo decalogo dell’italiano impazzito, le voci del suo
dizionario si potrebbero far ricadere quasi tutte in due categorie: parole che vorrebbero dir
tutto, e che non dicono niente;
parole che non vogliono dir
niente, e che dicono tutto. Tra
le prime, «geniale». Parola aristocratica decaduta, e non è un
caso che tra i primi ad avvedersene sia stato uno scrittore della finis Austriae, Robert Musil,
che nell’Uomo senza qualità descrive lo sconcerto del protagonista, Ulrich, davanti a un giornale che parla di «un geniale
cavallo da corsa». Oggi la genialità vale quanto un titolo nobiliare dopo che la Costituzione li
Campionario
Da «assolutamente» a
«piuttosto che», da
«geniale» e «zombi»
fino a «sapevatelo»
ha soppressi, è uno strumento
di adulazione reciproca e democratica perché, scrive Mastrantonio, «arriva dal basso,
non è elargita dall’alto; è autoprodotta, è bio, è un prodotto
tipico, è ego-sostenibile». Poi ci
sono le parole che non vogliono dire nulla, e proprio per
questo dicono tutto sulla società che le usa. Come «assolutamente», avverbio riscattato dal
suo ruolo ancillare, servo pa-
drone che esprime la forma pura di un’enfasi senza contenuto,
un po’ come le bottiglie incolori, trasparenti e levigate della
vodka Absolut. Assolutamente
sì o assolutamente no? Non importa, perché la perentorietà
del «come» prevale decisamente sul «cosa», e la maionese (impazzita) azzera qualunque sapore.
D’altro canto l’italiano forsennato di Mastrantonio si cura
poco delle distinzioni, altrimenti non avrebbe partorito il
mostro del «piuttosto che» disgiuntivo, usato come sinonimo di «oppure». Questo tic
spesso bersagliato esprime «la
tendenza ad azzerare differenze, gerarchie e senso logico».
Mastrantonio propone di applicarlo al dilemma amletico: «Essere piuttosto che non essere?». Ma anche qui, come nel
caso di implementare, il punto
di ritorno rischia di essere più
prosaico, e di sorprenderci a un
angolo di strada per bocca del
primo borseggiatore che ci dirà: «La borsa piuttosto che la vita!». Vuole derubarvi, uccidervi
o entrambe le cose? Nel dubbio, scappate. Assolutamente.
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La kermesse dal 22 giugno al 16 luglio
#ioleggoperché: la fiction «Patologia: libraio» da domani su Corriere.it
La Milanesiana più lunga
L’amore per i libri passa dal web
D
M
urerà 25 giorni e sarà «l’edizione
più lunga della sua storia», la Milanesiana che si svolgerà a Milano dal 22 giugno al 16 luglio: ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi che l’ha presentata ieri a Milano (foto) e giunta alla
sedicesima edizione, la rassegna creerà
quest’anno i suoi incroci di arti diverse
intorno al tema Manie e ossessioni,
spunto intorno a cui si confronteranno i
molti autori ospiti — tra cui i Nobel Wole Soyinka e John Coetzee — e musicisti,
artisti e filosofi.
Non cambia la formula, tra serate a
teatro con prologo, letture e concerto —
quest’anno il Teatro Grassi, il Teatro
Studio e il Parenti si affiancano al Dal
Verme — e 50 incontri tra altre sedi milanesi, a cominciare dalla Sala Buzzati
del «Corriere» che ospiterà i cicli Aperitivo con l’autore e Orario Continuato
(con una sezione su Matera, Città euro-
Festival
 Elisabetta
Sgarbi ha
ideato e dirige
la Milanesiana,
quest’anno a
Milano dal 22
giugno al 16
luglio per la
16ª edizione,
con numerose
giornate a
Torino e a
Bergamo
pea della cultura), oltre alle giornate di
Bergamo con la mostra di Theo Volpatti
(23 giugno -31 luglio) e di Torino con gli
incontri al Circolo dei Lettori e la mostra di Santi Moix.
La kermesse apre a Milano il 22 giugno con David Grossman, e continua
con Paolo Giordano, Sandro Veronesi,
Aldo Nove, Walter Siti, Dacia Maraini,
Joël Dicker, Colm Tóibín e con filosofi
come Severino e Cacciari, mentre la
musica apre con Franco Battiato il 23
(presente il ministro Franceschini) e
prosegue con Morgan, Michael Nyman,
Elio, Ramin Bahrami e Antonio Ballista
tra gli altri. Quanto al budget, 518 mila
euro circa per il 2015, è accompagnato
da una nota polemica: «Il vantato contributo della Provincia per il 2014, di 100
mila euro — ha spiegato la Sgarbi —
non è mai arrivato». (Ida Bozzi)
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atteo è un libraio quarantenne
che ama così tanto il suo lavoro
da farne una... malattia. Patologia: libraio è il titolo della nuova web
serie in onda da domani su Corriere.it.
Racconta attraverso il libraio Matteo
(Franco Valeriano Solfiti) e il suo assistente Luca (Stefano Vona Bianchini)
scene semiserie di vita in una libreria e,
senza soluzione di continuità entra in
mondi letterari e fantasiosi, quelli a cui i
libri sanno dare vita. Ci sono lo scrittore
che va nel panico se non trova il suo titolo nello scaffale, il criticone che non
ha una parola buona per nessuno, la
cliente vamp che fa perdere la testa al libraio. E poi personaggi letterari (come
Romeo, Emma Bovary) e scrittori (Lev
Tolstoj).
La fiction, realizzata dal «Corriere» in
collaborazione con Pennylane, è firmata dal regista Duccio Forzani (scritta con
L’attrice
 L’attrice
Valentina
Lodovini (1974,
nella foto)
è tra gli ospiti
speciali della
miniserie
Patologia:
libraio, sul
mondo dei libri,
online da
domani su
Corriere.it
Stefano Sgambati e Valentina Stangherlin). L’attrice Valentina Lodovini e lo
scrittore Giancarlo De Cataldo sono gli
ospiti speciali della miniserie in quattro
puntate online sul sito da domani. La
prima puntata di Patologia: libraio sarà
anche trasmessa in tv nel corso di #ioleggoperché, programma speciale dedicato alla lettura e condotto da Pierfrancesco Favino (alle 21, su Rai3).
La «Giornata mondiale del libro e del
diritto d’autore» (23 aprile) è stata ricordata ieri al Quirinale dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nel
promuovere la lettura come «porta»
della conoscenza e «chiave» per la libertà, il capo dello Stato ha invitato a
«non contrapporre Internet alla lettura,
innovazioni e nuove tecnologie usate
dai giovani a strumenti delle generazioni precedenti». (Severino Colombo).
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