sentenza dell`1 aprile 2015, la Corte di Appello di Bari

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sentenza dell`1 aprile 2015, la Corte di Appello di Bari
Sentenza n. 599/2015 pubbl. il 15/04/2015
RG n. 2036/2014
DIRITTO CIVILE CONTEMPORANEO
R.G. 2036/2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
dott. Vito Scalera
Presidente
dott. Filippo Labellarte
Consigliere
dott. Vittorio Gaeta
Consigliere rel.
ha pronunziato nel procedimento n. 2036/14 R.G. la seguente
SENTENZA
sull’appello avverso l’ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. del Tribunale di Bari del 7-12.11.2014
in causa 4020-14, proposto da:
Haidara Dembo, n. 1.1.1981 Senegal (avv. Andrea Zitani)
XXXXXXXX
APPELLANTE
nei confronti di
Ministero dell’Interno c/o Commissione territoriale di Bari per il riconoscimento della
protezione internazionale (Avv.ra Distr. Stato)
APPELLATO
nonché
Procuratore Generale presso questa Corte (intervenuto con il P.G. dott. M. Piccioli)
---------------------------------------FATTO E DIRITTO
Il cittadino senegalese Haidara
Dembo chiese al Tribunale di Bari il riconoscimento dello
XXXXXXXX
status di rifugiato, a lui negato con decisione 3.3.2014 della competente Commissione, o in
subordine della protezione sussidiaria o altrimenti umanitaria.
Il Tribunale respinse la domanda, con ordinanza resa all’esito di rito sommario.
Haidara ha appellato, chiedendo il riconoscimento dei diritti negati. Contrastano le sue
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La Corte di Appello di Bari, prima sezione civile, composta dai magistrati:
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conclusioni il P.G. e il Ministero.
L'appello è parzialmente inammissibile.
Nel provvedimento impugnato, il Tribunale ritenne inattendibile il racconto del richiedente
asilo, di essere stato rapito a scopo di addestramento dai ribelli della regione della Casamance,
che lo avrebbero tenuto in un bosco per quattro mesi senza poi dargli addestramento e senza
impedirgli in modo efficace la fuga nonostante la presenza di tre sorveglianti armati. Sia tali
inverosimili.
Nell'appello, XXXX
Haidara ha richiamato la sua versione originaria ma non ha contestato in modo
specifico, indicandone gli eventuali errori, l'articolata motivazione del Tribunale, sulla quale si
è quindi si è formato il giudicato.
Ha tuttavia ricordato in modo ampio e persuasivo la sua incontestata provenienza dalla regione
della Casamance, che versa in una situazione grave.
Sul punto, il Ministero ha da un lato affermato l'impossibilità di richiedere al giudice la
protezione umanitaria, il che non ha fondamento normativo e contrasta col costante
orientamento della Cassazione, e dall'altro sostenuto che “in Senegal lo Stato ha il controllo del
proprio
territorio”,
laddove
al
contrario
nell'avviso
5.2.2015
del
sito
MAE
www.viaggiaresicuri.it si legge che “nella regione meridionale della Casamance, ove si sono
anche di recente registrati rapimenti e scontri tra forze di sicurezza e indipendentisti del
MFDC, la circolazione è da considerarsi pericolosa fuori dai centri abitati. L’utilizzo delle
strade secondarie è inoltre sconsigliato per la presenza di mine (in particolare nella zona di
frontiera tra Senegal e Guinea Bissau) e per gli atti di banditismo, sempre possibili anche
sulle rotabili principali. I maggiori focolai di tensione si concentrano verso il confine con la
Guinea Bissau, a sud di Ziguinchor; nell’area di Bignona (verso il Gambia); in generale lungo
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circostanze, che il soggiorno in Libia per tre anni prima della partenza verso l'Italia, sarebbero
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le rotabili della regione, ove vi è il rischio di imboscate e di taglieggiamenti da parte di
guerriglieri. Si sconsigliano, pertanto, viaggi nella regione della Casamance, se non
effettivamente necessari“.
Si pone allora il problema di stabilire quale sia la protezione concedibile a chi provenga da una
zona teatro di conflitto armato interno (nel senso indicato da CGUE 30.1.2014, Diakité) ma
non abbia reso, come nella specie, una plausibile narrazione individualizzata delle ragioni
Secondo l'orientamento prevalente tra i giudici di merito del nostro Paese, la mera provenienza
da una zona teatro di conflitto armato interno giustifica la protezione sussidiaria;
l'orientamento opposto, che richiede una plausibile narrazione individualizzata, è comunque
consistente, anche perché la preferenza per l'una o l'altra delle opzioni dipende spesso dalle
concrete peculiarità di fatto.
La citata sentenza Diakité, del resto, da un lato definisce al paragrafo 28 il conflitto armato
interno come “situazione in cui le forze governative di uno Stato si scontrano con uno o più
gruppi armati o nella quale due o più gruppi armati si scontrano tra loro”, e dall'altro precisa
al paragrafo 30 che “l’esistenza di un conflitto armato interno potrà portare alla concessione
della protezione sussidiaria solamente nella misura in cui si ritenga eccezionalmente che gli
scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi
armati siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del
richiedente la protezione sussidiaria, ai sensi dell’articolo 15, lettera c), della direttiva a
motivo del fatto che il grado di violenza indiscriminata che li caratterizza raggiunge un livello
talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel paese in
questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul
territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (v., in questo senso,
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dell'emigrazione.
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sentenza Elgafaji, cit., punto 43)”, e al paragrafo 31 che “tanto più il richiedente è
eventualmente in grado di dimostrare di essere colpito in modo specifico a motivo di elementi
peculiari della sua situazione personale, tanto meno elevato sarà il grado di violenza
indiscriminata richiesto affinché egli possa beneficiare della protezione sussidiaria (sentenza
Elgafaji, cit., punto 39)”.
Nella specie, dall'appellante non è venuta una plausibile narrazione individualizzata, mentre
Casamance si è attenuato rispetto agli anni precedenti”.
In siffatta situazione, la mera provenienza da quella tormentata regione del Senegal giustifica
per questa Corte il riconoscimento della protezione per gravi motivi umanitari, apparendo
verosimile, alla luce delle traversie sostenute per arrivare in Italia, del tempo trascorso
dall’emigrazione e della tuttora grave situazione della Casamance, che l'appellante, se tornasse
nel suo Paese, incontrerebbe non solo le difficoltà tipiche di un nuovo radicamento territoriale
ma si troverebbe in una condizione di specifica estrema vulnerabilità (cfr. Cass. 3347/15),
idonea a compromettere la sua possibilità di esercitare i diritti fondamentali, legati anche solo
alle scelte di vita quotidiana.
Non si provvede sulle spese processuali, essendovi stata ammissione al gratuito patrocinio.
P.Q.M.
in parziale riforma dell’ordinanza del Tribunale di Bari del 7-12.11.2014 in causa 4020-14,
dichiara il diritto di XXXXXXXX
Haidara Dembo al rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari;
nulla sulle spese.
Così deciso in Bari, 1.4.2015
Il Consigliere est.
dott. Vittorio Gaeta
Il Presidente
dott. Vito Scalera
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secondo il rapporto di Amnesty International del 2014-2015 “l’annoso conflitto in corso nella