A Shared European Policy Strategy for Growth, Jobs, and Stability
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A Shared European Policy Strategy for Growth, Jobs, and Stability
A Shared European Policy Strategy for Growth, Jobs, and Stability: La Proposta Italiana Discussione Graziella Bertocchi, Università di Modena e Reggio Emilia, CEPR e IZA Nomisma, Bologna, 15 marzo 2016 Il documento del Governo italiano rappresenta un contributo molto apprezzabile, soprattutto in una fase in cui prevalgono spinte centrifughe per l'accumularsi di conflitti aggravati dalla protratta crisi economica. Un punto di forza a favore del Governo italiano sta nell’avere effettivamente compiuto, nel contesto nazionale, riforme economiche e politiche di respiro generazionale. Il documento ha ricevuto reazioni miste da parte della stampa: da alcuni è stato elogiato come un Nuovo Deal, da altri è stato invece interpretato come una proposta fuori tempo. Ci sono alcuni punti su cui il documento, forse volutamente e tatticamente, è poco approfondito: 1. Brexit non viene nominata. Più in generale, è possibile ed opportuno ipotizzare, in alternativa al rilancio dell'Unione proposto dal documento, un nuovo assetto meno rigido, per esempio un semplice mercato comune, oppure un network simile al Commonwealth (a sua volta però improntato su un modello ormai in profonda crisi)? 2. Anche l’alto debito pubblico dell’Italia non viene esplicitamente discusso. Come dovrebbe essere affrontato da un nuovo Ministro delle Finanze dell’Eurozona, ovvero dalla nuova figura proposta dal documento? E, a fronte dei precisi programmi di spesa da attribuire a tale Ministro, è possibile ipotizzare altrettanto precise coperture tramite specifiche fonti di entrate fiscali? 3. La scarsa produttività dell’Italia, alla radice delle sue scarse performance da almeno un ventennio, non è pure trattata, nonostante si tratti di un differenziale non colmabile all’interno di progetti europei di rilancio di investimenti in infrastrutture ecc., rivolti in modo indifferenziato a tutti i paesi. 4. Non si parla di una politica estera comune. Prima dell’inizio della crisi, lo sviluppo di una politica estera per l’UE sembrava essere un punto importante nell'agenda. All'interno del documento, solo la politica nei confronti dei rifugiati resta oggi a rappresentarla. Le migliori intenzioni del Governo e dei possibili alleati potrebbero non bastare di fronte alle difficoltà dell’Unione Europea, ascrivibili ad almeno tre fattori che esulano dalla capacità di risposta delle istituzioni non solo europee: a. una crisi di sfiducia nella politica, già sperimentata a suo tempo con il fallimento di una proposta di Costituzione Europea; b. una crisi geopolitica che in brevissimo tempo ha importato entro i confini dell’Europa le tensioni presenti da decenni nell’area mediterranea; c. una crisi economica delle cui cause non è ancora stata data una spiegazione esauriente e per le cui conseguenze non è ancora stata trovata una cura risolutiva. Se, dopo il 1929, sono bastati sette anni perchè Keynes proponesse la sua Teoria Generale, a sette anni da Lehman solo il Quantitative Easing di Bernanke sembra a tutt'oggi poter costituire una novità tale da meritare un nuovo capitolo di libro di testo.