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ELIANA CANGELLI1
Progettazione Ambientale ed evoluzione
dei modelli insediativi
Riflettere oggi, sul corretto approccio e sulle potenzialità di evoluzione
della ricerca tecnologica e architettonica sui temi ambientali, significa porre
con forza al centro di ogni nostro ragionamento società ed economia, piuttosto che numeri e statistiche derivate dai numerosi metodi di valutazione
dell’impatto ambientale delle attività umane sul pianeta. La correlazione tra
sviluppo e attuazione delle azioni e delle politiche ambientali, evoluzione
della società, e progresso economico è serrata e, pensare a modelli di sviluppo diverso, significa anche pensare a come ricucire il legame tra sviluppo economico, sociale e ambientale, verificando come la combinazione di
questi elementi possa essere riarticolata a partire dalle caratteristiche dei
contesti locali (Langer 1994).
In questo senso, sino a che l’eco-efficienza del territorio e degli assetti
insediativi non sarà, con convinzione, riconosciuta come driver primario
dello sviluppo economico e sociale, gli esiti della ricerca in campo ambientale rimarranno teorici, a uso di élite intellettuali e della comunità accademica o utilizzati – nella migliore delle ipotesi - da alcune rappresentanze
politiche a pretesto temporaneo per accrescere i propri consensi, trovando
serie difficoltà per la loro reale sperimentazione applicata.
Se le potenzialità della correlazione tra ambiente, economia e società,
sono già più chiare in contesto nord europeo, in cui i grandi programmi di
trasformazione urbana2 vengono programmati e realizzati nei giusti tempi,
‘Sapienza’ Università di Roma.
Si pensi alla realizzazione del quartiere ecologico Hammarby Sjostad e al rinnovamento del Royal Sea Port che hanno portato Stoccolma ad essere nominata Capitale Europea
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attraverso il confronto serrato delle parti sociali e il coinvolgimento delle
numerose competenze interdisciplinari necessarie, in Italia la necessità di
monetizzazione a breve termine del settore urbanistico ed edilizio (volontà
di profitto immediato dei grandi gruppi immobiliari e necessità degli enti
locali di assecondare rapide realizzazioni) ha favorito trasformazioni urbane di iniziativa privata a cui l’amministrazione pubblica, a causa delle sue
precarie condizioni finanziarie, non è in grado di resistere anche in ragione
della mancanza di visione prospettica della politica attuale3.
Non è casuale che da noi nell’ultimo decennio la questione energetica
sia diventata dominante rispetto a una prospettiva di sviluppo sostenibile
che metta in gioco aspetti sociali, biofisici, tecnologici e ambientali che definiscono la complessità del progetto dell’ambiente costruito. Gli incentivi
e le ricadute economiche che nel breve periodo hanno consentito la diffusione e la veloce realizzazione di grandi impianti di produzione energetica
da fonti rinnovabili costituiscono l’esempio di quanto affermato.
Il processo di trasformazione degli assetti insediativi: il concetto di rete
Nonostante ciò oggi ci troviamo comunque agli esordi di un’auspicata
trasformazione dei modelli insediativi che basa sul concetto di rete (infrastrutturale, energetica, sociale, informativa) la sua evoluzione, e la ricerca
deve perciò procedere con chiarezza all’elaborazione di tali modelli insediativi che devono configurarsi non come ipotesi passibili di revisione, ma
come una guida per l’azione, per non perdere la dimensione problematica
del concetto di modello stesso che porterebbe unicamente a definire “libretti di istruzioni” fondati su certezze improbabili (Augé 2012).
Le recenti tendenze della ricerca, promosse in ambito europeo, muovono dalla consapevolezza che l’integrazione di fonti di produzione energetica diffusa e rinnovabile, affiancata dal rapido sviluppo delle ITC, possa
determinare nuovi scenari di sviluppo delle infrastrutture, del tessuto urbano e del prodotto edilizio legati, appunto, ad una diversificata modalità di
approvvigionamento energetico ed alla possibilità di trasferire velocemente
conoscenza e informazione.
Gli ambiti di azione proposti4 dalla UE prospettano, infatti, un evolu Verde, o agli interventi coordinati di Nordhavn, Carlsberg e Ørestad nella città di Copenaghen.
3 Per una disamina delle ragioni che hanno portato all’allontanamento della politica e
delle istituzioni centrali dall’urbanistica e dai programmi urbani e territoriali si veda il recente
contributo di Benevolo (2012).
4 Piattaforma Smart Cities and Communities, IEE Intelligent Energy Europe, Horizon
2020, etc.
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zione del modello infrastrutturale ed energetico attuale che impone una riorganizzazione complessa degli assetti costruiti fondata su un innovato
rapporto tra uso di energia ed evoluzione culturale, in grado di contrastare
gli elementi caratterizzanti il modello in-volutivo di matrice fossile (Sibilla,
2012).
Il ruolo della ricerca tecnologica e ambientale in questa ridefinizione è
strategico, e deve essere mirato a innovare il bagaglio di conoscenza tecnica, raccordandola alle istanze culturali e sociali e intuendone le possibili e
articolate declinazioni.
Il contributo scientifico possibile è articolato su più livelli: urbano, territoriale ed edilizio.
Il primo, connesso alle tematiche di ottimizzazione degli usi e alla generazione distribuita, che metta a sistema le infrastrutture materiali, le infrastrutture dedicate alla comunicazione (ICT) e partecipazione sociale individuando modalità di organizzazione urbana che possano supportare una
gestione intelligente delle attività economiche, del sistema della mobilità,
dell’efficienza energetica e ambientale, delle politiche dell’abitare e delle relazioni tra le persone.
Il secondo livello, territoriale, riferito nuovamente alle infrastrutture e,
anche, alla produzione energetica da fonti rinnovabili concentrata nei mega
impianti, che obbliga a una riflessione sulle alterazioni e modificazioni che
questi provocano e che richiedono, per definire visioni prospettiche di sviluppo territoriale, il controllo e il monitoraggio ambientale, la verifica preventiva di congruità riferita al paesaggio e alle sue dinamiche evolutive, e
l’approccio del progetto integrato dell’ambiente, come strumento che lega e
garantisce continuità tra processi di trasformazione, innovazione tecnologica e permanenza dei caratteri identitari dell’habitat (Cangelli, Mosconi
2011).
Il terzo livello, quello edilizio, relativo alla progettazione ambientale ed
energetica degli edifici, che focalizza sulla gestione del processo progettuale
attraverso l’approfondimento e la diffusione dell’informazione tecnica su
tecnologie innovative di prodotto e su sistemi e componenti industrializzati
ad alta valenza energetica e ambientale, innescando, altresì, un processo
formativo degli operatori di settore, e degli architetti in primo luogo, che
consenta loro di comprendere che le innovazioni tecnologiche e i criteri
ambientali sono ottime occasioni per alimentare l’innovazione figurativa,
materia prima eccezionale per l’invenzione spaziale ed espressiva5 (Ciorra
5 A livello edilizio, la prospettiva ecologica ha definito protocolli scientifici e promosso
importanti politiche ambientali ma non ha prodotto in uguale misura applicazioni di successo
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2011). L’area del “Design e della Progettazione Tecnologica” può contribuire, a ognuno di questi livelli, proponendo metodologie progettuali fondate
su apporti analitici e strumentali che accolgono contributi transdisciplinari,
derivati anche da un contraddittorio serrato con l’attività progettuale, ed
evitano astrazioni dovute all’assenza di confronto con il fare operativo e
alla mancanza di valutazioni economiche, ambientali e sociali a lungo termine nella definizione delle logiche di sviluppo edilizio, urbano e territoriale, riaffermando così una cultura della progettazione tecnologica che recupera la centralità del progetto come regia tra apporti diversificati e sempre
più complessi (Schiaffonati, Mussinelli, Gambaro 2011).
La città e gli ambiti della ricerca tecnologica e ambientale
La riflessione proposta di seguito, sui possibili ambiti di indagine e sulle strategie che possono essere perseguite a livello urbano, è correlata agli
indirizzi della ricerca dettatati dalla comunità europea, e strumentale
all’identificazione di alcuni dei campi di indagine della ricerca dottorale, e
non, dell’area tecnologica6.
La città, difatti, si configura come il luogo in cui nel prossimo futuro
avverranno le principali innovazioni dovute a un massiccio e veloce fenomeno di inurbamento collegato all’introduzione di nuove tecnologie,
all’interno del quale è già cominciata la sperimentazione dei nuovi modelli
insediativi e di nuove forme dell’abitare. Entro il 2030, afferma il Population
Reference Bureau, gli abitanti urbani nel mondo diventeranno circa 4,9 miliardi, più della metà della popolazione mondiale, quindi, vivrà in città. Questo
fenomeno di urbanizzazione, mai accaduto nella storia con tali proporzioni, investirà dunque le metropoli mondiali sottoponendole a condizioni di
sovraffollamento e inquinamento ambientale, a una crescente domanda abitativa e a dover organizzare l'offerta di nuovi servizi pubblici e privati,
adeguati ai nuovi numeri e ai nuovi assetti sociali in corso di definizione.
L’organizzazione spaziale del territorio della città, le sue dotazioni relative
ai trasporti collettivi e la distanza che separa i quartieri residenziali dalle zone di attività economica rappresentano tre grandi fattori determinanti per il
consumo di energia e le emissioni di gas serra anche se, in generale, è pos in architettura, oggi un edificio è definito sostenibile soprattutto attraverso un listato dei suoi
sistemi impiantistici per controllare emissioni e comfort interno piuttosto che rispetto al
progetto specifico della sua forma.
6 Evidentemente gli ambiti di indagine, riportati nel testo che segue, non costituiscono
una trattazione esaustiva delle diverse aree della ricerca nel campo della Progettazione Ambientale, ma si configurano come appunti utili a individuare temi su cui l’area sta già fornendo il suo contributo scientifico.
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sibile affermare che le città europee, il cui tessuto urbano è più denso, sono
più frugali sul piano ecologico, evidenziando le economie di scala che una
minore estensione del tessuto urbano consente di realizzare tanto sotto il
profilo abitativo e dei trasporti che della produzione dei servizi collettivi
(Raisson 2012). Si rende tuttavia necessaria e urgente una riflessione circa
possibili criteri di sviluppo urbano che consentano alle città di assorbire i
nuovi flussi migratori senza ridurre ma anzi innalzando la qualità di vita dei
propri abitanti diminuendo al contempo il proprio ecological footprint già oggi
insostenibile.
L’intervento sulla città deve passare, riprendendo il concetto di rete, attraverso l’implementazione strategica delle infrastrutture per la mobilità che
ricuce strategicamente tra loro aree urbane a usi diversi, avvicinando i luoghi, aumentando la vivibilità delle città stesse e diventando motore di riqualificazione e rigenerazione urbana. A quest’area appartengono le ricerche
riferite alle modalità di organizzazione di interventi strategici sulle infrastrutture per operare importanti trasformazioni urbane basate sulla massimizzazione delle interconnessioni, ovvero del sistema di relazioni e connessioni multiple in ambito urbano (Law 2005). Le infrastrutture sono studiate come “reti di sostegno” attraverso cui misurare gli effetti delle tecnologie, la qualità delle attività umane, la velocità e l’affidabilità dei flussi, e
come vettori utili per la decentralizzazione identificata come elemento di
riduzione della vulnerabilità e del rischio di collasso delle reti infrastrutturali (Mitchell 2003)
Altro ambito di azione cui contribuire con gli esiti della ricerca, è quello relativo alla riconversione funzionale e al riuso di immobili e siti degradati o dismessi che possono concorrere a rendere più efficiente il funzionamento e la gestione di opere edilizie e aree urbane, anche attraverso il
rafforzamento della distribuzione capillare dei servizi e delle infrastrutture.
L’obiettivo, citando Piano, è favorire «l’implosione della città» da attuarsi
riassorbendo i vuoti urbani provocati dal processo di deindustrializzazione
e completando il tessuto della città: «questa è già un’idea più interessante ed
accettabile del concetto di una crescita senza fine: l’idea della ‘crescita sostenibile’ attraverso la quale le periferie possono trasformarsi in città» (Piano 2010). Strumentale all’approfondimento di quest’area di ricerca è quanto si va facendo oggi in Italia per la valorizzazione del patrimonio pubblico.
Lo stimolo dato dai recenti decreti legislativi, impegna l’area tecnologica, e
non solo questa, a dare nuovo impulso a studi sulla fattibilità e sulla rigenerazione urbana obbligando, altresì, a una collaborazione positiva con enti
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locali e statali a favore di una ritrovata stretta correlazione tra università e
territorio.
In attinenza con le tematiche della valorizzazione possono essere poste
le questioni relative al recupero e alla manutenzione del patrimonio esistente in chiave di efficienza tecnologica, energetica e ambientale. Anche in
questo campo un impulso alla ricerca è dato dalle recenti regolamentazioni
europee, quali la direttiva Net Zero Energy Building, che propone a breve uno
scenario in cui gli edifici dovranno essere a produzione di zero di CO2. Il
ragionamento sul retrofitting dell’esistente diventa prioritario, rispetto a qualsiasi approfondimento sulle nuove costruzioni, in ragione del patrimonio di
edilizia residenziale e terziaria che le capitali europee si troveranno a dover
riconvertire all’efficienza energetica nel breve periodo. In questo caso un
contributo possibile risiede nell’estensione di manuali e codici di pratica per
la manutenzione e la gestione degli edifici e di protocolli per la valutazione
critica delle alternative di progetto e il controllo della qualità architettonica
e ambientale.
Ancora l’intervento sulla città, in Italia, deve liberarsi da ideologie conservative quando non necessarie7, per cominciare a riflettere seriamente, se
non a operare, come già si fa da tempo in Nord Europa, sull’opportunità di
un affermarsi di una cultura della demolizione e ricostruzione alla microscala nella consapevolezza che l’atto di sottrazione, di demolizione, aumenta il valore delle aree (La Cecla 2008) e favorisce la rigenerazione urbana.
La cultura della demolizione difatti se gestita in modo razionale e sistemico,
può permettere di superare la logica di capitalizzazione delle risorse immobiliari sollecitando attività di trasformazione e rinnovo urbano. Demolire e
ricostruire, ridensificare e operare sostituzioni edilizie, nell’ambito di una
programmazione razionale, può consentire di ridurre i costi determinati da
un consumo di suolo non controllato (pensiamo alle periferie delle grandi
città italiane) favorendo un rinnovato e più efficace mix funzionale.
Alla scala dell’edificio è necessario lavorare per acquisire, o riacquisire
in modo innovativo, tecniche e tecnologie low cost per consentire la realizzazione di interventi di qualificazione omogenea in realtà economicamente
e socialmente differenziate. In questo senso deve essere ripensata la prefabbricazione, anche in ragione della possibilità di arrivare, grazie alle macchine a controllo numerico a una produzione quasi prototipica, che abbatte
7 «Le città sono belle perché costruite dal tempo. Si, è il tempo che le costruisce. Ogni
edificio racconta una storia diversa e la città diventa allora lo specchio di mille storie vissute.
Organica come un organismo vivente, cresce adattandosi, stratificandosi, memorizzando se
stessa» (Piano 2010).
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i costi di costruzione favorendo al contempo alte prestazioni degli edifici.
Ancora il trasferimento tecnologico, se pensato coerentemente con logiche
di durata non illimitata del bene edilizio e valutandone i benefici economici
e ambientali sul lungo periodo, può costituire un significativo campo di indagine da sviluppare in modo interdisciplinare alleandosi con la ricerca e la
sperimentazione di aziende private.
Seppur a diversi livelli, è possibile intuire come tali strategie perseguano obiettivi di riduzione del consumo di suolo per la realizzazione di nuovi
assetti urbani a favore, viceversa, di un recupero del patrimonio esistente
attraverso tecniche diversificate e di una densificazione edilizia che fa del
mix funzionale l’elemento di base capace di generare cicli virtuosi di valorizzazione e riqualificazione urbana. Infatti, in uno scenario che prospetta
un inarrestabile sovraffollamento delle aree urbane, qualsiasi ipotesi di decentramento e di edificazione a bassa densità, con l’inevitabile e insostenibile corollario di reti infrastrutturali dilatate sul territorio, è pura utopia.
Prendendo ad esempio le grandi metropoli americane, è abbastanza semplice dimostrare che l'area urbana di Manhattan è più sostenibile della vicina area urbana degli Hamptons (Long Island, New York), se si considera la
collaborazione integrata fra l'efficiente rete metropolitana sotterranea dell'isola e quella degli ascensori corrispondenti ai grattacieli che occupano la
densa griglia che ne governa la superficie8. Per diverse ragioni, legate al
contesto urbano ed al quadro normativo urbanistico ed edilizio di riferimento, l’esperienza italiana mostra aspetti simili al caso americano, caratterizzato dalla coesistenza di modelli di assoluta dispersione accanto a modelli di grande densità abitativa. Anche in Italia, infatti, il tessuto ‘abusivo’
condonato, affermatosi secondo i principi spontanei dello sprawl, ha costituito il modello alternativo (responsabile del consumo - abuso di suolo e
dell’ipertrofia dell’uso del trasporto privato a spese delle linee su ferro) parallelo a quello formalizzato dei quartieri ‘ufficiali’, definiti da standard insediativi che presuppongono una possibilità di intervento pubblico nell'organizzare gli spazi aperti e i servizi che si è rivelata non realistica, nonostante abbiano comunque prodotto un significativo patrimonio collettivo.
In conclusione, oggi si ravvisa l’opportunità, confermata da una lettura
comparata di casi studio italiani e stranieri, di progettare nuovi metodi per
la riqualificazione, valorizzazione e densificazione della città esistente – sia
quella formale che quella informale – al fine di perseguire condizioni oggettive di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, ottimizzando le risor 8 Qualità Urbana. Strategie ecologiche di valorizzazione e densificazione della città, progetto di Ricerca Ateneo, ‘Sapienza’ Università di Roma.
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se già investite negli ultimi cinquant'anni dagli interventi pubblici (opere di
urbanizzazione, patrimonio edilizio esistente, spazi pubblici). In tale ambito
la ricerca dottorale, e non, dell’area Tecnologica può lavorare per fornire
importanti contributi che pongano a base delle elaborazioni parole chiave
quali: sostenibilità, fattibilità tecnologica, integrazione e multidisciplinarietà
del momento progettuale.
Environmental Design and change of urban development models
Reflecting, today, on the best approach to and the potential for development of technological and architectural research on environmental issues requires a strong focus on society and the economy, rather than on
the statistics resulting from the numerous methods for assessing the environmental impact of human activities on the planet. There is a very close
relationship between the development and implementation of environmental actions and policies, the evolution of society and economic progress, and rethinking development also entails finding a way of bridging the
gap between economic, social and environmental development, as far as
possible, contemplating on how to effectively rearrange these elements,
based first and foremost on the local contexts (Langer 1994).
Therefore, until the eco-efficiency of regional and urban planning is
convincedly acknowledged as a primary driver of economic and social development, environmental research will be unable to progress from theory
to practice, from intellectual and academic speculation or – in the best of
cases – from being simply a temporary stratagem exploited by certain political parties to increase their appeal, with serious problems emerging later
on with respect to implementation.
While the potential of the relationship between the environment, the
economy and society is being clearly tapped in Northern Europe, where
large-scale urban renewal programmes9 are planned and completed in the
9 Suffice it to mention the ecological neighbourhood of Hammarby Sjostad and the renewal of the Royal Sea Port, thanks to which Stockholm has been designated European
Green Capital in 2010, or the coordinated projects of Nordhavn, Carlsberg and Ørestad in
Copenaghen.
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right space of time, thanks to the establishment of close partnerships between the stakeholders and the involvement of the many necessary interdiciplinary skills, in Italy the preference for short-term cash returns on investments by the large property development and construction companies,
and the need, by the local authorities, to lend their support to fast-paced
real-estate development, has fostered mainly private-sector-inspired urban
developments, which the local governments are unable to effectively oppose, also due to the lack of vision of politics today10.
It is no accident that, in Italy, over the last decade, the energy issue has
become predominant, at the expense of a sustainable development perspective capable of reconsidering the social, biophysical, technological and
environmental aspects defining the complexity of the built environment
project. The economic incentives and fallout that have allowed the spreading and quick construction, in the short term, of large renewable energy
production plants, are a clear example of this.
Change in urban planning: the concept of networking
Despite this, today we are on the eve of a much desired change in urban development models, based on the networking of infrastructures, energy, society and information technology, as a result of which research
must clearly focus on how to effectively develop these models, not as assumptions reflecting a ‘work in progress’ situation, but as guidelines for
action, in order not to lose track of the ‘problematic’ dimension of the very
concept of model, which would inevitably lead to the definition of “user
instructions” grounded on unlikely convictions (Augé 2012).
The recent research trends in Europe are driven by the awareness that
the integration of widespread and renewable energy sources, combined
with the rapid development of ICT, can determine new scenarios for the
development of infrastructures, the urban fabric and buildings, grounded
on the diversified procurement of energy and the possibility of speedily
transferring knowledge and information.
The fields of action proposed11 by the EU, in fact, envisage the evolution of the current infrastructure and energy model, which requires the
complex reorganisation of the built-up environment, founded on a brand-
10 For an in-depth description of the reasons leading to the moving away of politics and
central government from urban development and urban and regional planning, see the recent book by Benevolo (2012).
11 Smart Cities and Communities Platform, IEE Intelligent Energy Europe, Horizon
2020, etc.
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new relationship between energy use and cultural development and capable
of opposing the typical elements of a fossil-fuel-based regressive model
(Sibilla 2012).
The role of technological and environmental research in this redefinition process is of strategic importance and should aim at innovating technical know-how and linking it to the relevant cultural and social issues,
with an insight into its possible and varied directions for further development.
The possible scientific contribution features three levels: urban, regional and construction.
The first – urban – level is linked to the optimisation of uses and distributed generation, networking the material infrastructures, the ICT infrastructure and social participation, identifying urban organisation procedures capable of supporting the smart management of economic activities,
mobility systems, energy and environmental efficiency, housing policies
and relations between people.
The second – regional – level also focuses on infrastructure, along with
concentrated renewable energy production by large-scale plants, which
necessarily requires a reflection on the alterations and changes that these
may determine, and, with a view to defining perspectives for regional development, environmental control and monitoring, prior conformity
checks, with respect to the landscape and its development dynamics and
the approach of the integrated environmental project, as an instrument for
linking and ensuring a degree of continuity between the processes of transformation, technological innovation and the preservation of the identity
traits of the habitat (Cangelli, Mosconi 2011).
The third – construction – level, relating to the environmental and energy design of buildings, focusing on the management of the design process, by further researching and spreading the technical information to cutting-edge technologies regarding high energy and environmental value industrialised products, systems and components, also launching training
processes for the persons involved, architects first and foremost, to enable
them to understand that technological innovation and environmental criteria are excellent opportunities for fuelling figurative innovation, an exceptional base material for spatial and expressive inventiveness12 (Ciorra 2011).
12 At the building level, the ecological perspective has defined scientific protocols and
promoted important environmental policies, but has not produced any successful applications in architecture to an equal extent; today, buildings are defined as sustainable primarily
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The field of ‘General and Technological Design’ can contribute to
each of these levels, offering design methods grounded on analyses and
instruments that include cross-disciplinary elements also resulting from
close collaboration in the design process, avoiding any abstractions due to
a lack of operational partnership and the failure to carry out long-term
economic, environmental and social assessments, with respect to the defintion of the construction, urban and regional development criteria, thus reasserting a technological design culture that recoups the central role of the
design project as the coordinated organisation of different and increasingly
complex contributions (Schiaffonati, Mussinelli, Gambaro 2011).
The city and the scope of technological and evironmental research
The following reflection on the possible fields of investigation and
strategies that can be pursued at the urban level is linked to the research
guidelines laid down by the European Union, and is instrumental to the
identification of several fields of investigation of doctoral and other research in the technological area13.
The city, in fact, appears as the place in which the principal innovations will take place, in the forthcoming future, as a result of a massive and
fast urbanisation linked to the introduction of new technologies, within
which experiments are already under way with respect to new urban
planning and housing models. According to the Population Reference
Bureau, by 2030 urban areas worldwide will accommodate about 4.9 billion
people, as a result of which over half the world’s entire population will be
living in cities. The sheer scale of this process, never experienced before in
the history of mankind, will impact the metropolises of the world with dire
conditions of overcrowding and environmental pollution, a growing demand for housing and the need to organise and provide new public and
private services suited to the huge population growth and new social patterns in the course of development. The spatial organisation of cities, their
mass transit systems and the distance separating the residential neighbourhoods from the business and manufacturing areas are three significant and
decisive factors for energy consumption and greenhouse gas emissions, al-
on the basis of a list of its systems for controlling emissions and ensuring internal comfort,
rather than compliance with a specific project of its form.
13 Obviously, the survey fields, featured in the following text, do not constitute an exhaustive illustration of the various areas of research in the field of Environmental Design,
but are simply useful notes for identifying the issues about which the area is already providing a scientific contribution.
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though, generally speaking, European cities, which feature a denser urban
fabric, are ecologically more frugal, highlighting the economies of scale allowed by more compact cities, with regard to housing, transport and the
production of collective services (Raisson 2012). However, it is urgent and
necessary to reflect on the possible urban development criteria for enabling
cities to absorb the influx of migrants without impairing, but rather improving, the quality of life of its inhabitants, while at the same time reducing
its ecological footprint, which is already unsustainable.
Urban development actions must focus on networking, through the
strategic implementation of mobility infrastructures capable of reconnecting the different parts of the city, shortening distances and enhancing the
living standards of the city’s populations, becoming a driver for urban regeneration and redevelopment. This research topic is covered by a number
of studies on the organisation of strategic actions targeting infrastructures,
with a view to changing the face of cities by maximising interconnections,
or the network of multiple urban relations and connections (Law 2005).
Infrastructures are examined as ‘support networks’, through which to
measure the effects of technologies, the quality of urban activities, the
speed and reliability of flows, and as useful carriers for decentralisation,
identified as an element for minimising the vulnerability and risk of collapse of the infrastructure networks (Mitchell 2003)
Another field of action to which the results of the research can be applied is the functional conversion and reuse of deteriorated or abandoned
buildings and derelict sites, which can play a role in enhancing the operational efficiency and management of urban buildings and areas, also
through the widespread distribution of services and infrastructure. The objective, quoting Piano, is to foster «the implosion of cities», by reabsorbing
the brownfield sites resulting from the de-industrialisation process and
completing the fabric of the city: «this is a more interesting and viable interpretation of the concept of endless city: the idea of ‘sustainable growth’
through which urban sprawl can be turned into sustainable cities» (Piano,
2010). Instrumental to the further investigation of this field of research are
the projects carried out in Italy today for enhancing the value of the public
building stock. Recent legislative measures, in fact, are giving new impulse
in the technological sector, among others, to studies on feasibility and urban renewal, obliging to closer cooperation with the local and central authorities, in view of building tighter links between universities and the local
communities.
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Closely related to these value enhancement projects are the issues related to the refurbishment and maintenance of the existing building stock,
for the purpose of improving its technological, energy and environmental
efficiency. In this field too a great impulse has been given to research by
the recent European regulations, such as the Net Zero Energy Building
directive, which envisages a short-term scenario in which buildings will
produce zero CO2 emissions. This retrofitting approach has achieved priority status, compared to any further investigation on new buildings, by reason of the short-term energy-efficiency upgrading of the residential and
third-sector building stock in European capitals. Here too, a possible contribution can come from the extension of manuals and codes of practice
for building maintenance and management, of protocols for the critical assessment of the design alternatives and the control of architectural and environmental quality.
Moreover, urban renewal projects in Italy must make an effort to
shake off the preservation approach, when not strictly necessary14, and
start to seriously reflect on and exploit, like many North European countries have been doing for some time now, the opportunities offered by a
demolish and rebuild culture, on a micro-scale, based on the awareness
that demolishing can increase the value of developable land (La Cecla
2008) and promote urban regeneration. The demolition culture, in fact, if
managed in a rational and systemic way, of course, can help to go beyond
the logic of capitalisation of real-estate resources, encouraging urban change and renewal. Demolishing and rebuilding, redensifying and replacing
buildings, according to a rational approach, can help cut back the costs incurred by uncontrolled land use (as in the case of urban sprawl), fostering a
renewed and more effective functional mix.
At the building level, the aim should be to acquire – or re-acquire –
new low-cost techniques and technologies, in view of uniform regeneration
projects, in economically and socially diverse areas. This entails the rethinking of prefabrication, also in view of the possibility of achieving an almost
prototype-like production, thanks to digitally-controlled machines, cutting
down construction costs and achieving high-performing buildings. Once
again, the transfer of know-how, if planned consistently with the principle
that a building cannot last for ever, and assessing its long-term economic
14 «Cities are beautiful because they are built over time. Yes, it’s time that builds cities.
Each building tells a different story and so the city becomes the mirror of a thousand different stories of everyday life. Organic like a living organism, it grows adapting itself, in layers,
saving its own memories» (Piano 2010)
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and environmental benefits, can represent a significant field of investigation, to be developed along interdisciplinary lines, in partnership with the
private sector.
Albeit at different scales, it is possible to foresee how these strategies
pursue land-use reduction objectives, against the backdrop of new urban
planning concepts promoting, instead, the refurbishment of the existing
buildings using diversified techniques and building densification based on a
functional mix capable of generating virtuous cycles of urban valorisation
and regeneration. Against a backdrop of apparently unstoppable overcrowding of urban areas, in fact, any decentralisation and low-density housing
projects – with the inevitable and unsustainably corollary of dilated local
infrastructure networks – is purely wishful thinking. If we take the large US
metropolises as an example, we can easily prove that the urban area of
Manhattan is more sustainable than the nearby Hamptons (Long Island,
New York), based on the integrated collaboration between the island’s efficient underground railway network and that of the lifts corresponding to
the skyscrapers occupying the dense grid that governs its surface15. Now,
albeit for different reasons, related to the urban context and the applicable
urban planning and building regulations, the Italian experience features aspects similar to the US, characterised by the co-existence of models of absolute dispersion alongside patterns of great housing density. In Italy too,
in fact the urban sprawl areas made up of illegal buildings covered by
building amnesties, has represented an alternative model (responsible for
the use-abuse of land and the hypertrophic use of private transport, at the
expense of rail transport), in parallel to the growth of the ‘official’ neighbourhoods, according to urban development standards that provide for
public projects for the open spaces and services, which has turned out to
be unrealistic, despite the fact that it has produced a significant collective
building stock.
In conclusion, today there is the opportunity – confirmed by a comparative interpretation of Italian and foreign case studies – to design new methods for the regeneration, valorisation and densification of existing (formal and informal) cities, for the purpose of pursuing objective conditions
of environmental, social and economic sustainability, optimising the resources already invested by the public authorities over the last fifty years
(urban improvements/developments, existing building stock, public spaces). In this field, the doctoral and other research into the technological
15 Urban quality. Ecological strategies for valorising and densifying cities, a Ricerca Ateneo project, ‘Sapienza’ University of Rome.
Eliana Cangelli
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aspects can provide an important contribution on the basis of such keywords as sustainability, technological viability, design integration and multidisciplinarity.
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