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· VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 1 VITAOSPEDALIERA Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA ANNO LXVIII - N° 04 APRILE 2013 P A P A F R A N C E S C O La gioia dei Fatebenefratelli per la nomina di un Papa che predilige i bisognosi e i malati · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 2 · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 3 EDITORIALE S O M M A R I O RUBRICHE 4 ...ed è subito sera 5 Problemi etici della ricerca sulle cellule staminali 6 Il saccheggio/2 7 La leadership invisibile 8 Prevenzione e gestione della mucosite da chemio nei bambini 9 Le metastasi ossee da carcinoma: un problema di rilievo da risolvere 10 Dal contrasto tra medici e giuristi, il termine dottore indicherà per antonomasia “il medico” XXXI – Deontologia e nascita della “Condotta medica” nel Basso Medioevo 11 Schegge Giandidiane N. 37c Fra Eldy L. de Castro, nostro primo Diacono 15 Una medaglia d’oro per fra Benedetto Vernò 16 Chi crede in Gesù Cristo ha la vita eterna! 17 Le Ematurie 18 Presentazione progetto: “Sulla strada di Cricchio” DALLE NOSTRE CASE 19 Centro direzionale Novità nella gestione logistica dei farmaci e dei presidi nel magazzino/farmacia 20 Ospedale Sacro Cuore di Gesù - Benevento Festa di san Giovanni di Dio 21 Ospedale Buon Consiglio - Napoli Festività di san Giovanni di Dio L’Équipe urologica del Buon Consiglio al congresso nazionale di Endourologia 22 Ospedale Buccheri La Ferla - Palermo Progetto Aida, una delegazione Italo-tunisina visita l’ospedale La Via Crucis vivente nei viali dell’ospedale 23 Newsletter VITA OSPEDALIERA Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana ANNO LXVII Sped.abb.postale Gr. III-70%- Reg.Trib. Roma: n. 537/2000 del 13/12/2000 Via Cassia 600 - 00189 Roma Tel. 0633553570 - 0633554417 Fax 0633269794 - 0633253502 e-mail: [email protected] [email protected] Direttore responsabile: fra Angelico Bellino o.h. Redazione: Franco Piredda Collaboratori: fra Giuseppe Magliozzi o.h., fra Massimo Scribano o.h., Mariangela Roccu, Maria Pinto, Raffaele Sinno, Pier Angelo Iacobelli, Alfredo Salzano, Cettina Sorrenti, Simone Bocchetta, Fabio Liguori, Raffaele Villanacci, Bruno Villari, Antonio Piscopo Archivio fotografico: Fabio Fatello Orsini Segreteria di redazione: Marina Stizza, Katia Di Camillo Amministrazione: Cinzia Santinelli Grafica e impaginazione: Duemme grafica Stampa: Fotolito Moggio Strada Galli s.n.c. - 00010 Villa Adriana - Tivoli (RM) Abbonamenti: Ordinario 15,00 Euro Sostenitore 26,00 Euro IBAN: IT 58 S 01005 03340 000000072909 Finito di stampare: aprile 2013 In copertina: In Piazza san Pietro la mattina del 19 marzo c’erano 200 disabili: il Papa, appena vistone uno, è sceso di macchina per andarlo a baciare. FRANCESCO, NOSTRO PAPA PERCHÉ VESCOVO DI ROMA C i siamo rallegrati tutti quando la sera del 13 marzo, dopo appena cinque votazioni, i Cardinali ci hanno donato il nuovo Papa. Forse noi italiani un po’ di più, perché figlio d’emigranti italiani e perché è stato il primo a prendere il nome di Francesco, che noi italiani amiamo definire campanilisticamente “il più italiano dei Santi”. Ma noi romani ancora un po’ di più, perché fin dalle sue prime parole dalla Loggia centrale della Basilica di san Pietro egli ha voluto porre l’accento sul suo legame prioritario con la città di Roma. Vi confido che nel pomeriggio del 13 marzo, mentre seguivo in diretta l’incontro del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, p. Federico Lombardi, con i giornalisti di tutto il mondo, m’era assai piaciuta la risposta a un giornalista messicano che gli faceva notare come su un miliardo e duecento milioni di cattolici sparsi in tutto il mondo, ben il 49,4% vive nel continente Americano, rappresentato però nel Conclave da una minuscola pattuglia di porporati; la risposta era stata che la Chiesa in questi ultimi tempi ha ampliato sempre più la composizione etnica del Collegio Cardinalizio, non però in base al numero dei fedeli, ma in base al principio di veder rappresentate quante più nazioni possibili, non importa se con pochi fedeli. Ottima risposta, ma mi sono rammaricato che non avesse aggiunto che il Papa è tale in quanto è vescovo di Roma. All’inizio fu perciò il popolo romano ad eleggere il Papa e se poi si restrinse il voto ai cardinali, significatamente si volle però legarli a Roma col dare a ognuno di loro la titolarità di una delle parrocchie romane. Non per nulla il primo atto pubblico del nuovo Papa è l’affacciarsi dalla Loggia per salutare in piazza i romani, che col loro applauso annuiscono alla sua nomina. Ogni mio rammarico è però svanito quando, poche ore dopo, il Papa nel suo primo indirizzo di saluto dalla Loggia ha dato ripetuto risalto al suo sentirsi vescovo di Roma: “Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui. Vi ringrazio dell’accoglienza. La comunità diocesana di Roma ha il suo vescovo: grazie! E prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca”. Notare che egli ha nominato Benedetto XVI non come Papa emerito, ma come “nostro vescovo emerito”, parlando cioè come vescovo romano in sintonia con i romani che erano in piazza. Naturalmente, il mondo intero è presente al suo cuore, però il punto di partenza siamo noi romani, come ben risalta da queste sue frasi successive, con un’innovativa richiesta finale, davvero toccante perché svela quanto lui si senta pastoralmente legato al gregge romano: “E adesso, incominciamo questo cammino: vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa, che oggi incominciamo e nel quale mi aiuterà il mio cardinale vicario, qui presente, sia fruttuoso per l’evangelizzazione di questa città tanto bella! E adesso vorrei dare la benedizione, ma prima vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo che chiede la benedizione per il suo vescovo”. · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 4 CHIESA E SALUTE ...ED È SUBITO SERA Fra Elia Tripaldi sac. o.h. F in dai tempi remoti l’uomo ha avvertito la paura di invecchiare per i cambiamenti fisici che si manifestano accompagnati da un progressivo decadimento dell’organismo, sia anche per una serie di disturbi e di malattie legati all’età. Questa è una fase della vita in cui bisogna anche confrontarsi con una serie di perdite: perdita della salute, del ruolo sociale, dell’autonomia, della casa, del coniuge, ... La vecchiaia consiste in quella che noi chiamiamo la “terza età” con diverse e particolari esigenze di vita, fisiche, psicologiche e spirituali. “L’anzianità” – ha sottolineato l’emerito Benedetto XVI – “costituisce l’ultima tappa del nostro pellegrinaggio terreno, che ha fasi distinte, ognuna con proprie luci e proprie ombre”1. Le luci e le ombre, cui si riferisce l’emerito Pontefice, sono costituite da tutti quegli interrogativi presenti in questa ultima tappa dell’esistenza: che senso ha la vita, la malattia, la lotta per difenderla, il coraggio, la pazienza, le cure palliative, l’eutanasia... “Con queste domande – continua l’emerito Pontefice – “deve misurarsi chi è chiamato ad accompagnare gli anziani ammalati, specialmente quando sembrano non avere più possibilità di guarigione”2. Salvatore Quasimodo, poeta italiano del secolo scorso, premio Nobel per la letteratura, con poche magistrali pennellate descrive la vita dell’uomo che si sente al centro del mondo, eppure è solo con se stesso, individuo: “Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed é subito sera”. Egli vede la luce, ne è trafitto come una freccia che penetra il cuore, come 4 un’illusione, giacché questo raggio di sole è brevissimo: subito viene la notte e finisce tutto nella vita dell’uomo. È una delle tante riflessioni sull’uomo d’oggi e di ieri, sul senso dell’esistenza così breve e fugace, anche se la vita si è prolungata, ma non sempre gli si è prolungata la gioia di vivere. Questo concetto ci richiama uno dei personaggi dei libri sapienziali della Bibbia, Giobbe, che nella sua sofferenza sente anche il silenzio di Dio come una tappa verso una rivelazione più piena della sua presenza e una conoscenza più completa dell’uomo. Egli riflette che “Homo natus de muliere, brevi vivens tempore, repletur multis miseriis”, “L’uomo, nato da donna, ha vita breve e piena d’inquietudine” (14,1). La brevità è una delle caratteristiche della vita umana a cui Dio ha imposto un limite invalicabile. Ma il racconto di Giobbe termina precisando che “Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni” (42,17), ossia ebbe una lunga vita come segno della benedizione di Dio. Peraltro è sottolineare che oggi la nota sentenza dello scrittore latino Publio Terenzio: “Senectus ipsa est morbus”, “La vecchiaia è per se stessa una malattia”, non sempre corrisponde a realtà, non sempre gli anziani sono necessariamente malati dal momento che molti di essi vanno ancora stimati e valorizzati per la loro vivacità, esperienza e sapienza in una società sempre più anziana. Essi sono capaci di essere ancora attivi e collaborativi nell’ambiente in cui si è svolta la propria esistenza: la famiglia, la comunità ecclesiale e civile. Il divertimento può essere sostituito dall’amicizia, dalla preghiera, dalla meditazione e dallo sviluppo della loro spiritualità. Il verbo “invecchiare” in latino si traduce con senescere . Se spezziamo il tempo presente senescit con se nescit, ossia che ci si invecchia senza imparare a conoscerci, ciò non è saggio ed è segno di ignoranza. “La persona anziana non deve essere considerata prima di tutto, oggetto di cura e di attenzione pastorale caritativa, quanto piuttosto un soggetto e un protagonista potenziale dell’azione pastorale”3 e chiedersi quanto ancora Dio vuole dall’anziano dopo quanto ha già realizzato nella sua vita: “Insegnaci[Signore]a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio” (Sal 90,12). La vera sapienza dell’uomo e dell’anziano in particolare consiste nel mettere al giusto posto l’onnipotenza di Dio e la capacità di amare e di essere amato, e non solo commiserato e compatito. La vecchiaia è il momento culminante della vita umana perché – come ricorda il Salmo - “nella vecchiaia daranno ancora frutti” (92,15) e saranno in grado di proclamare la bontà e la rettitudine di Dio alla gioventù spesso distratta e spensierata. _________________ Dolentium Hominum, n. 67, 2008, p. 7 Idem, p.7 3 PETRINI M., Anziano, in “Dizionario di Teologia Pastorale” Camilliane 1997, p. 83 1 2 · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 5 BIOETICA PROBLEMI ETICI DELLA RICERCA SULLE CELLULE STAMINALI Raffaele Sinno L ’attuale dibattito giuridico circa l’impiego di cellule staminali in pazienti pediatrici, con malattie rare, ha riavviato una discussione mai sopita sul loro valido uso scientifico e i rispettivi dilemmi etici. È noto che il confronto bioetico si è soffermato a lungo sulla questione della liceità, o meno, della produzione di embrioni con lo scopo di utilizzare cellule staminali in diverse applicazioni biotecnologiche. Per cellule staminali si devono intendere delle unità biologiche indifferenziate che possono replicarsi, e dare origine sia a una nuova cellula staminale, oppure essere capaci di differenziarsi in differenti linee cellulari, da quelle cerebrali, cardiache o epidermiche. Dopo la fecondazione dell’ovocellula da parte dello spermatozoo, avviene un processo di specializzazione biologica, tale da generare cellule che sono in grado di svolgere specifiche funzioni e non altre. Fino allo stadio della morula, ovvero una struttura di circa otto blastomeri, tutte le cellule sono totipotenti, nel senso che se vengono separate possono, ognuna di esse, dare origine a un individuo geneticamente identico. Dalla morula, vale a dire a sedici blastomeri, le cellule perdono progressivamente la loro totipotenza, e diventano pluripotenti, ossia capaci di dare origine a diverse linee cellulari, ma non a tutte. In seguito quando si formeranno i tre foglietti embrionali (endoderma, mesoderma, ectoderma), le cellule staminali diverranno multipotenti, cioè formeranno esclusivamente cellule di quello specifico foglietto embrionale. Questa suddivisione in totipotenti, pluripotenti e multipotenti è di fondamentale importanza per comprendere il concetto che esse possono essere prelevate dall’embrione, direttamente da feti soprannumerari prodotti con le tecniche di fecondazione in vitro, oppure dal sangue del cordone ombelicale o direttamente dall’adulto. Questa riflessione non si prefigge lo scopo di riconfermare la validità scientifica e clinica del prelievo delle cellule staminali adulte o di quelle del cordone ombelicale, al contrario si prefigge di far emergere gli aspetti negativi sociali del metodo Stamina. Si tratta di una tecnica sperimentata e messa in atto dal prof Davide Vannoni1, che prevede l’infusione di cellule staminali mesenchimali. Tale pratica consiste nel prelievo di una striscia di alcuni millimetri di osso dal donatore, con successivo isolamento delle cellule staminali, le quali in seguito possono essere infuse per via endovenosa, oppure iniettate direttamente nel rachide lombare. Questa metodica, non convalidata scientificamente, è stata utilizzata su settanta pazienti, con la possibilità dell’uso compassionevole, e ha ripresentato gli stessi dubbi del noto caso della terapia Di Bella. In questi giorni, non senza accese polemiche, sono riprese le infusioni a Sofia una bambina di tre anni affetta da leucodistrofia metacromatica, una grave malattia neurodegenerativa. L’autoriz- zazione è stata concessa dal ministro della salute Renato Balduzzi, previo consenso informato e autorizzazione del comitato bioetico degli Ospedali Civili di Brescia, e ha posto una fondamentale questione etica: è lecito che una terapia, non conforme alle regole della sperimentazione, possa essere negata, qualora vi sia una forte domanda da parte dei cittadini coinvolti? In quale modo è possibile disciplinare il rapporto tra richieste individuali e la difesa della salute collettiva? Una prima riflessione etica concerne il rapporto tra ricerca scientifica e norma biogiuridica, entro i limiti del principio di beneficialità e di giustizia. È opportuno chiarire un punto irrinunciabile: ogni procedura terapeutica deve necessariamente essere sempre sottoposta a una sua validazione internazionale, per evitarne una delegittimazione scientifica, e ottenere il contrario di ciò che ci si prefigge. Un secondo aspetto concerne l’uso del principio di precauzione nelle applicazioni sociali di una scoperta scientifica. In effetti, non è opportuno accettare tutto ciò che l’opinione pubblica attende dalla tecnoscienza, poiché spesso il sensazionalismo operativo cela intenti non propriamente benefici. Un ulteriore punto di discussione riguarda la richiesta sollevata da diversi ricercatori di conoscere i dati della ricerca di questo metodo. Non è consentito, in nessun modo e per nessuna ragione, trincerarsi in una presunta unicità delle procedure, sottacendo o manipolando i risultati. In definitiva le terapie con le cellule staminali rappresenteranno il futuro della biomedicina, ciò nonostante esse: ”Dovranno essere condotte su di una solida base scientifica e validate secondo i parametri della ricerca medica internazionale”2. _________________ Davide Vannoni non è un medico. Insegna Psicologia della comunicazione nell’Università di Udine 2 Lettera aperta contro la decisione di proseguire la somministrazione di cellule staminali con il metodo Stamina cit. in “Repubblica”, 15.03.2013, p.28 1 5 · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 6 SOLIDARIETÀ TRA I POPOLI IL SACCHEGGIO/2 Simone Bocchetta S econdo gli autori del volume che già abbiamo iniziato ad analizzare (Ugo Mattei e Laura Nader, Il saccheggio. Regime di legalità e trasformazioni globali, Bruno Mondadori, Milano-Torino 2010), la de-politicizzazione del diritto, trasformato in “tecnologia universale” implementabile da specifici addetti, in particolare i grandi studi legali “usati” dalle corporation come agenzie di sviluppo in base a una concezione imperiale del diritto internazionale, promuove un ulteriore strabismo nel rapporto con gli Stati extraoccidentali (cfr Medio Oriente islamico e Cina): «Questi sono oggetto di un’interessata e caricaturale “valutazione”, non lontana, a esempio, dalla lettura che Max Weber dava del qadi (il giudice islamico) che si affiderebbe a giudizi informali nell’amministrazione della giustizia. Il risultato è una forma di “orientalismo giuridico”, a cui tuttavia occorre sottrarre una prospettiva di relativismo assoluto. Gli altri assetti sociali risulterebbero dunque privi di un vero sistema giuridico, bisognosi di un intervento di civilizzazione, che dovrebbe concretizzarsi nell’esportazione (legittimando guerre, genocidi, saccheggi… di cui Afghanistan e Iraq sono solo l’ultimo esempio) del modello giuridico e politico occidentale, dimenticando, tra l’altro, che ogni formazione sociale ha una sua specificità storica (e non storicistica), presentandosi come un “tutto strutturato” da cui non è lecito tagliare delle parti (ritenute inefficienti o anti-moderne secondo la suddetta scala valoriale) e sperare di innestarne delle nuove senza generare conflitti incontrollabili»1. L’intento degli autori consiste dunque nel decostruire il rapporto alienato tra regime di legalità e democrazia – concatenando il primo con il dominio politico perpetrato dall’Occidente –, e nel 6 far emergere la parzialità del rule of law egemone (equivalente all’ordine unipolare incentrato sugli Usa), la funzione legittimante che ha svolto, e tutt’ora ricopre, nel determinare il saccheggio dalla fase coloniale a quella post-coloniale. In effetti la decolonizzazione non ha modificato i rapporti asimmetrici tra “centro” e “periferia”: il prestigio di cui gode il sistema giuridico euro-americano, imitato e introdotto consensualmente dai paesi “recettori” e, soprattutto, le politiche “condizionali” di aggiustamento strutturale, beffardamente ribattezzate di “sviluppo partecipato”, cioè la richiesta di apertura unilaterale dei loro territori al mercato e il contestuale ridimensionamento di un ruolo attivo dello Stato in ambito economico, sono i principali dispositivi che rendono nominale la condizione post-coloniale e “vuota” la sovranità che vi si esercita: «Nella struttura di un sistema neocoloniale il miraggio dell’efficienza e un’apparenza di regime di legalità sono i fattori che oggi legittimano il saccheggio, ruolo svolto precedentemente dalle navi da guerra e da un sistema giuridico apertamente discriminatorio» (p. 33). La duplicità e contraddittorietà del rule of law rimane, comunque, come un dato strutturale: capace di produrre contropoteri a cui i “colonizzatori” rispondono con un’attenuazione del ricorso in contraddittorio attraverso dispositivi come l’Alternative dispute resolution (Adr) e l’appello alla costruzione di una società più armoniosa. In particolare, secondo gli autori, nella successione dal colonialismo europeo all’affermazione dell’egemonia americana sono state prodotte strategie di dominio diversificate e complesse con finalità precise: dalla dottrina Monroe che ha sottomesso l’America Latina agli Usa (sino a pro- durre il sostegno diretto alle dittature fasciste), all’azione del movimento law and development che ha alimentato il “bisogno” di un regime di legalità da esportare – enfatizzando la diffusione e specializzazione di professionisti del diritto intesi come ingegneri sociali operanti in un sistema, quello americano, decentralizzato e organizzato per proteggere i diritti di proprietà –, il risultato si è sempre condensato principalmente in pratiche di saccheggio corrispondenti all’apertura di mercati e alla produzione di profitti per le grandi corporation. Un ruolo fondamentale è stato giocato dall’identificazione di economia (capitalistica) e diritto liberale tramite la nozione (pseudo) oggettiva di efficienza che li congiungerebbe. È evidente, ammettono Mattei e Nader, che senza una discontinuità culturale e politica diffusa e strutturata non si potrà porre fine al “saccheggio”, né vi è possibilità di successo senza riconsiderare criticamente il fantasmagorico “regno dell’individuo”, accecato, nelle esigue porzioni di mondo “privilegiate”, dall’insostenibile circolo consumistico, in fuga dall’alterità e dalle condizioni “naturali” della sua esistenza. In tal senso una rilettura di Spinoza nella misura in cui nell’Ethica ha pensato una “strategia di affermazione amorosa della moltitudine” asserendo che “la soggettività è data nella misura in cui si scopre funzione di una rete complessa di legami che ci fa vivere nell’ottica dell’interdipendenza, nella consapevolezza del limite e nella potenzialità di un’esistenza condivisa” (Di Benedetto 2009), equivale alla riscoperta di una “risorsa occidentale” oltremodo rimossa, la cui potenza ci pare che sia ancora tutta da dispiegare2. _________________ GIROMETTI A., recensione sulla rivista on line «Storia e futuro. Rivista di storia e storiografia», n. 23, giugno 2010: http://www.storiaefuturo.com/it/numer o_23/scaffale/4_milano-torino_bruno—mondatori_-2010~1352.html 2 Cfr ibid., passim 1 · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 7 LEADERSHIP SOLIDALE LA LEADERSHIP INVISIBILE Luigi Rugiero L ’invisibilità non ha goduto in passato di buona fama. Nella mitologia classica era una prerogativa discrezionale degli dei, che se ne avvalevano per fini non sempre lodevoli. Nel secolo XIX Griffin, l’uomo invisibile protagonista dell’opera di H.G. Wells, ci trasmette le tappe di un doloroso percorso comportamentale: sfiducia nella società, solitudine, delirio di onnipotenza. Griffin potrebbe rappresentare secondo Wells l’archetipo di un leader problematico, se invisibile nell’esercizio di un potere eccessivo. Oggi in effetti – giacché se ne vedono i risultati ma non i responsabili – esistono situazioni nelle quali la leadership reale è invisibile, ma non assente, all’interno e all’esterno dell’organizzazione di riferimento. Peraltro, quando agisce entro limiti legittimi e senza fini manipolatori, la leadership invisibile può rispondere talvolta a esigenze-motivazioni reali del tipo: gole aree (Fig.1): A) Area della motivazione soggettiva e della modalità nascosta, caratterizzata da elementi di natura psicologica; scono la visibilità, ovvero “mascherata”, perché mimetizzata con rappresentazione di alterità); ■ trasparente (perché dotata di comportamenti impliciti ed espliciti che si lasciano attraversare dall’osservazione di terzi senza incidere sulla loro percezione di leading, come esemplificato nel quarto stadio della leadership situazionale, quello della delega, con il leader trasparente ma non assente). In ciascun tipo e modalità ognuno può liberamente identificare punti di forza e debolezza specifici e distintivi della leadership invisibile, che offrono spunti di riflessione sia sulle sin- B) Area della motivazione soggettiva e della modalità trasparente, caratterizzata da elementi di natura culturale; C) Area della motivazione oggettiva e della modalità trasparente, caratterizzata da elementi di natura funzionale; D) Area della motivazione oggettiva e della modalità nascosta, caratterizzata da elementi di natura ambientale; sia sulle aree miste, determinate dalla sovrapposizione e combinazione sinergica di motivazioni e modalità diverse, dove l’uso della grafica (bianco, punteggiato, tratteggiato, nero) evidenzia livelli crescenti di invisibilità. ■ soggettivo (per modestia, fastidio e rifiuto verso gli aspetti espliciti-formali dello status pubblico di leader e della responsabilità connessa); ■ oggettivo (per aspetti organizzativi che suggeriscono l’affidamento della leadership visibile a ruoli meglio posizionati, esercitando in modo consulenziale e ufficioso la “leadership alterius”); e realizzarsi in modalità-condizione: ■ nascosta (“rizomatosa”, perché coperta da barriere che ne impedi- Fig. 1 - Motivazione e Modalità come fattori di “Aree di invisibilità” 7 · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 8 SANITÀ PREVENZIONE E GESTIONE DELLA MUCOSITE DA CHEMIO NEI BAMBINI Mariangela Roccu N onostante, in età infantile, il trattamento delle patologie neoplastiche sia divenuto altamente efficace, con tassi di sopravvivenza superiori al 70% [Gatta set al., 2002], rimane, purtroppo, associato a vari effetti secondari, tra i quali le complicanze orali che avvengono durante e dopo il trattamento antineoplastico; sono comuni e causano dolore e difficoltà alla deglutizione e fonazione, riducendo la capacità di alimentazione del soggetto sì da ridurre in maniera considerevole la qualità di vita. Le problematiche più frequenti sono mucositi, cambiamenti del gusto, xerostomia, infezioni opportunistiche, dolore e sanguinamento. La cavità orale, infatti, funge da reservoir di una serie di microorganismi che, nel caso di un’immunosoppressione causata da linfomi o da trattamenti chemioterapici, permette lo sviluppo di infezioni opportuniste (Marrone t al., 2000; Graber et al., 2001; Lark et al., 2001). Il processo etiopatogenetico delle mucositi è multifattoriale, correlato al cambiamento dell’ecologia della flora microbica, al mutamento della proliferazione in vari tipi cellulari, alla risposta immunitaria. La natura e il grado di severità delle mucositi in un determinato paziente, varia a seconda del regime di terapia applicato (combinazione di radio e chemioterapia, dosaggio, durata e sequenza). Alcune caratteristiche del soggetto come l’età, il sesso, lo stato nutrizionale, l’igiene orale, la produzione di saliva, il corredo genetico, possono influenzare l’esordio e la gravità della mucosite. Si è visto che nei bambini il rischio di svi- 8 luppare mucosite è più alto rispetto agli adulti. Una revisione sistematica Cochrane pubblicata nell’aprile 2006, si è posta lo scopo di valutare l’efficacia di alcuni metodi come a esempio gli sciacqui con benzidamina (Tantum), l’adozione di protocolli per l’igiene orale o l’uso di fosfato di calcio, miele, povidone, zinco solfato e pezzetti di ghiaccio da tenere in bocca. Per misurare il grado di stomatite, negli studi sono stati presi in considerazione alcune variabili cliniche: cambiamento visibile dello stato della mucosa orale, dolore, incapacità ad assumere cibi solidi. Per la valutazione sono state usate delle scale da 0 (normale) a 4 (grave) secondo le indicazioni dell’OMS. Gli autori, dopo aver esaminato tutti gli studi sull’argomento e scartato i meno attendibili, hanno concluso che sono sufficientemente fondati solo quelli che riguardano 4 metodi: 3 di essi (aminofosfine, antibiotici e enzimi idrolitici, per le loro proprietà analgesiche e antinfiammatorie); un metodo riguarda i piccoli pazienti a cui viene somministrato il 5-fluorouracile e consiste nel far tenere dei pezzetti di ghiaccio in bocca durante la somministrazione in bolo del farmaco. Il razionale su cui questo intervento si basa è che la vasocostrizione locale rallenterebbe la diffusione del farmaco alle cellule della mucosa orale, riducendo il suo effetto citotossico locale. Sulla base di questa revisione sistematica si può dunque affermare che far succhiare ai pazienti dei pezzetti di ghiaccio durante la somministrazione di terapia antiblastica con 5fluoracile è efficace nel ridurre il rischio di stomatite. Questo metodo si applica solo in casi di somministrazione in bo- lo del farmaco (circa 30 minuti) e non in caso di somministrazione che richiede un lasso di tempo prolungato. La maggior parte degli interventi proposti sia per la prevenzione, sia per il trattamento sono stati studiati solo su pochi casi, non ci sono interventi per i quali l’efficacia è stata dimostrata in modo definitivo. È importante saper individuare e valutare i pazienti a rischio di mucosite e sviluppare strategie educative per i diversi bisogni del paziente, educando il personale sanitario, i genitori, i bambini quando in grado di comprendere, sull’importanza di una visita odontoiatrica prima dell’inizio della terapia e sul mantenimento di un buon livello di igiene orale e alimentare attraverso un equilibrato apporto di liquidi, proteine e vitamine, con cibi tiepidi e morbidi. Il miglioramento della qualità delle cure va inteso, pertanto, come la garanzia del massimo grado delle possibilità di guarigione, riducendo al minimo gli effetti collaterali, anche a distanza (“late effects”), proprio nell’ottica di preservare una crescita per quanto possibile “normale” all’individuo in età evolutiva che si ammala di tumore. Il concetto di “Qualità della Vita” presente e futura dei pazienti e della loro famiglia, proposto dall’OMS, insiste sugli aspetti di soggettività e multi-dimensionalità del benessere della persona e si declina negli attuali processi di “cure” e “care”, considerandone gli ambiti bio-psico-sociali e assistenziali. · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 9 LE METASTASI OSSEE DA CARCINOMA: UN PROBLEMA DI RILIEVO DA RISOLVERE Resezioni in blocco dell’area metastatica più osteosintesi rinforzata con cemento (fig.2), protesi modulari da Antonio Piscopo L o scheletro è la terza sede più frequente di metastasi da carcinoma dopo polmone e fegato. I tumori primitivi della prostata, mammella, rene, polmone e tiroide, in ordine di incidenza, sono le neoplasie che più frequentemente metastatizzano lo scheletro. Dati epidemiologici americani (American Cancer Society) dimostrano che su 1,4 milioni di nuovi casi di carcinoma all’anno, circa la metà riguarda tumori con spiccata tendenza a dare metastasi ossee. Tutti questi dati stanno a dimostrare che la dizione di “metastasi ossee da carcinoma“ cela un capitolo di primaria importanza in chirurgia ortopedica, sia per il numero di pazienti, sia per le difficoltà tecniche e gestionali. La gestione chirurgica del paziente affetto da metastasi dello scheletro è tecnicamente complessa e multidisciplinare; in essa vanno presi in considerazione svariati fattori come età, sede della metastasi e aspettativa di vita; è multidisciplinare perché coinvolge numerose figure professionali come l’oncologo, il radiologo, l’anestesista, l’ortopedico, il neurochirurgo, il radioterapista. Gli obbiettivi principali del trattamento sono: • la prevenzione delle fratture patologiche delle ossa lunghe; • il trattamento delle fratture patologiche; • la prevenzione e la cura della compressione midollare; • il controllo del dolore; • una qualità di vita il più possibile adeguata. In altri termini, gli obbiettivi del trattamento sono quelli di offrire al paziente una cura individuale adeguata evitando interventi insufficienti o eccessivamente aggressivi. Trattamenti di tipo palliativi vengono riservati a pazienti con aspettative di vita limitata, al contrario, trattamenti più aggressivi e adatti a durare nel tempo, vengono riservati a pazienti con buona prognosi. L’osteosintesi di stabilizzazione delle ossa lunghe è uno dei più classici esempi di trattamento di tipo palliativo, trova indicazione sia in caso di fratture patologiche sia in caso di “impending fractures” degli arti (fig.1). Fig. 1: impending fracture da k mammario trattata con osteosintesi endomidollare Fig. 2: lesione ripetitiva da K renale trattata con resezione in blocco + osteosintesi rinforzata con cemento grande resezione o impianti compositi (fig.3) sono alcune delle tipologie di trattamento riservati a pazienti con miglior prognosi. Il trattamento chirurgico delle metastasi ossee da carcinoma, oggi rappresenta un problema sanitario e sociale di rilievo per la collettività in considerazione del numero di pazienti e della complessità dei trattamenti. È grazie a tecniche chirurgiche sempre più raffinate che un numero crescente di pazienti vengono arruolati, tutto ciò crea notevoli problemi di ingorgo alle già affollate Unità Operative di Ortopedia e Traumatologia, senza calcolare la inevitabile ricaduta sui costi di gestione in un momento particolarmente difficile per la sanità pubblica. Ritengo che in un futuro la chirurgia ortopedica oncologica debba assumere sempre più una autonomia a se stante. Fig. 3: estesa lesione ripetitiva da K mammario trattata con resezione in blocco e impianto protesico da grande resezione 9 · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 10 IL CAMMINO DELLA MEDICINA DAL CONTRASTO TRA MEDICI E GIURISTI, IL TERMINE DOTTORE INDICHERÀ PER ANTONOMASIA “IL MEDICO ” XXXI – Deontologia e nascita della “Condotta medica” nel Basso Medioevo Fabio Liguori L a Scuola Medica Salernitana non aveva avuto un vero carattere universitario, e le università che nel Medioevo progressivamente sorgono in Europa sono inizialmente dominate da giuristi. Tra i fondatori dell’università di Bologna (1080), il Magister giurista Irnerio (vissuto tra il 1050 e il 1125: poco si sa della sua probabile origine germanica) aveva riscoperto il Codice giustinianeo (dal nome di Giustiniano Imperatore romano d’Oriente, raccolta di leggi del 534 d.C.), dando inizio a un razionale Diritto europeo basato sul Diritto Romano. Irnerio porterà in auge anche altre arti liberali (dialettica, matematica, fisica, musica, astronomia, geometria), tanto da innalzare quell’università ad Alma Mater Studiorum. Ma è solo nel 1219 che, per merito di papa Onorio III e per la prima volta in Italia, a Bologna viene ufficialmente introdotto l’insegnamento della medicina. Le materie relative, e il metodo di studio, saranno (purtroppo) ancora quelli del “Maestro di Pergamo” (Galeno, II-III sec. d.C.)! Ed altrettanto lontana sarà la rivoluzione che solo nel (1219) Bologna, primi corsi di medicina 10 Rinascimento porterà il “galenismo” alla definitiva cancellazione. “Dottore” era l’antica denominazione con cui si appellavano i celebri professori dell’Università di Bologna. Ancor prima, il titolo soleva indicare una persona dotta nelle varie discipline. È con l’istituzione dell’insegnamento di medicina che il termine acquisterà il significato specifico di medico che tuttora conserva, anche se ciò fu causa di accesi contrasti tra medici e giuristi gelosi delle loro prerogative (soli a considerarsi veri doctores). Nella formula del giuramento ereditata dalla Scuola Salernitana, e fondata sui principi d’Ippocrate, il neo-dottore si obbligava a essere ossequiente agli Statuti della corporazione, a non insegnare cose false, a non pretendere mercede dai poveri, a indirizzare quanti avesse in cura verso i Sacramenti di penitenza, a non accordarsi illecitamente con farmacisti, e a non somministrare sostanze velenose o abortive. Il comportamento del medico doveva essere onesto e confacente alla sua dignità, tanto da essere multato chi pubblicamente avesse sparlato di altro collega. Nell’assumere il malato in cura, il medico doveva per prima cosa informarsi se fosse stato in precedenza visitato da altri, e nelle malattie gravi aveva l’obbligo di chiamare a consulto altro medico o chirurgo. In compenso, il medico era esonerato dal servizio militare e dal pagare certe gabelle. In alcune città era inoltre vincolato alla denuncia di ferite gravi o morti violente di cui fosse venuto a conoscenza, mentre in al- tre la querela spettava alla famiglia del soggetto colpito. Una particolare istituzione risalente al XII secolo (Firenze, Bologna) sarà la cosiddetta Condotta medica, termine che discende da condurre un medico, cioè reclutarlo al servizio e al soldo del Comune. Il medico “comunale”, oltre al compito di curare senza diretto compenso malati e feriti poveri o militari, aveva anche quello di sorvegliare che fossero rispettate le leggi sanitarie e igieniche. Non di rado sorgevano vivaci polemiche e controversie fra Comuni che si contendevano medici reputati per la loro abilità, anche perché i “condotti” dovevano assistere i carcerati e, in alcune città, erano persino chiamati a torturare alcuni imputati. Il medico: “Dottore” per antonomasia Tra le tappe dello stentato cammino della medicina nel Basso Medioevo, sole a meritare citazione saranno: - 1249, la comparsa in Europa (e in Cina) dei primi occhiali con lenti per presbiti; - 1316, grazie al permesso di sezionare i cadaveri, il medico Mondino de’ Liuzzi di Bologna, detto il principe dell’Anatomia, ne scrive il primo libro; - 1365, il medico francese Giovanni di Borgogna scrive un trattato sulla “malattia epidemica della peste nera” del 1348. Sul piano igienico-sanitario saranno proprio le pestilenze a caratterizzare il Medioevo. · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 11 Schegge Giandidiane N. 37c Fra Eldy L. de Castr o nostr o primo Diacono Questo ritardo di quattro secoli è da imputare inizialmente ad un pregiudizio razziale, risalente ai primi tempi del dominio coloniale spagnolo. La Spagna col Trattato di Tordesillas del 1494 si assunse l’impegno della diffusione della fede cattolica nelle nuove terre scoperte da Cristoforo Colombo e pertanto pagò per secoli il viaggio dei missionari, che erano quasi sempre frati, e la costruzione degli edifici di culto. In Messico già nel 1536 fu aperto un Seminario per le vocazioni sacerdotali native, ma questo tentativo di formare un clero locale si concluse con il più completo fallimento, sicché nacque la convinzione che gli indigeni non erano in grado di assumersi gli impegni legati alla consacrazione sacerdotale e tanto meno quelli legati alla Professione dei Voti in un Istituto Religioso. Quando dal Messico iniziò la diffusione della fede anche nelle Fi- Dopo che nel 1898 subentrò al dominio coloniale spagnolo quello statunitense, il Papa acconsentì a sostituire i Vescovi spagnoli con altri di lingua inglese e, in più, accadde che spontaneamente una gran parte dei frati spagnoli se ne tornò in patria, sicché il loro posto fu preso da missionari provenienti da vari Istituti di altre nazioni che, non avendo ereditato pregiudizi, accettarono vocazioni religiose e sacerdotali senza dar alcun peso all’etnia, sicché oggi frati, sacerdoti e vescovi sono quasi tutti filippini e vi sono perfino tre cardinali. I L’abbraccio con fra Bartolomeo chiari risultati positivi della maggior apertura mentale dei nuovi Istituti Religiosi convinsero anche gli altri Istituti presenti dal tempo spagnolo a infine accantonare gli antichi pregiudizi etnici. Venendo al caso specifico dei Fatebenefratelli, va anzitutto detto che siamo un Ordine laico, ma fin dall’approvazione dataci nel 1572 da San Pio V ci fu concesso di avere qualche frate sacerdote che potesse fungere da cappellano nei nostri Ospedali. Quando nel 1611 iniziammo il nostro apostolato nelle Filippine, tra i confratelli spagnoli che vennero missionari in questo lembo d’Asia v’erano anche dei sacerdoti e anzi, per invogliarli a venirvi, fra Alonso de Jesus y Ortega, che fu alla guida del Ramo Spagnolo del nostro Ordine dal 1735, annoverò fra le prime sue iniziative quella di gratificarli con il titolo onorifico di Padre della Provincia, che in Spagna era dato solo a chi era stato Provinciale. Ovviamente, i nostri frati spagnoli condividevano il citato pregiudizio nei confronti dei nativi di pura etnia filippina e mai li ammisero ai Voti e al sacerdozio. L’ultimo frate del tempo spagnolo morì nel 1888 e purtroppo San Benedetto Menni, pur provandoci ripetutamente, non ottenne mai a Madrid il permesso dalle autorità governative di inviare a Manila frati della risorta Provincia Spagnola, sicché solamente nel 1988 l’Ordine, per iniziativa della Provincia Romana, è tornato nelle Filippine, dove ha ammesso senza remore vocazioni F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 37c - Fra Eldy L. de Castro nostro primo diacono U lippine, tale pregiudizio era ormai radicato e mai gli Istituti Religiosi ammisero i nativi di etnia filippina alla Professione dei Voti, ma al massimo li accettavano come Oblati, ossia senza impegno di Voti e perciò liberi d’andarsene in qualsiasi momento. Qualche rara eccezione fu fatta nel Seminario Vescovile, ma i preti diocesani di pura etnia filippina furono rari fino agli inizi dell’Ottocento e relegati sempre in incarichi secondari. 173 n po’ come la ciliegina che va a completare la simbolica torta celebrante il XXV del ritorno del nostro Ordine a Manila, abbiamo avuto la gioia lo scorso 8 marzo, in coincidenza con la festa del nostro Fondatore San Giovanni di Dio, di vedere infine un nostro confratello filippino, per la prima volta nel corso dei quattro secoli trascorsi dal nostro arrivo in tale nazione, accedere al Diaconato, al quale poi seguirà, nel rispetto dell’intervallo di almeno sei mesi richiesto dal diritto canonico, il Presbiterato. · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 12 la buona idea, per rendere più efficienti le registrazioni catastali, d’obbligare tutti i nativi privi di cognome a sceglierne uno da una lista d’oltre 60.000 sia spagnoli, sia filippini e sia cinesi, sicché i più ne scelsero uno spagnolo, come ben appare sfogliando gli elenchi telefonici. La sig.ra Umali nella prima Lettura 174 F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 37c - Fra Eldy L. de Castro nostro primo diacono native sia alla Professione Religiosa, sia anche al sacerdozio. Questo nostro ritorno dopo ben un secolo di assenza, sommato ai tre secoli iniziali di chiusura mentale, spiega perché a Manila siamo dovuti arrivare al 1990 per avere infine le prime ammissioni ai Voti di Novizi di etnia filippina e al 2013 per avere il primo diacono, fra Ildefonso L. de Castro; e non induca in errore il suo cognome spagnolo, che non è dovuto al fatto di essere un creolo, ossia un discendente di quei pochi spagnoli – in media erano appena un cinquemila nei secoli dell’era coloniale – che s’insediarono nelle Filippine, oppure un sangue misto, ma il suo cognome è dovuto al fatto che nel novembre 1849 il Governatore Generale, Narciso Clavería, giusto un mese prima di dimettersi per motivi di salute e tornarsene in patria, ebbe L’ordinazione diaconale di fra Eldy quanti sogni aveva concepito, ma di cui volle rispettare il desiderio di consacrarsi al Signore, manifestato al terminare la Scuola Secondaria. Eldy, come per brevità usammo chiamarlo fin dal primo momento, deve il suo nome di battesimo alla tipica usanza spagnola di scegliere il nome del Santo del giorno, che nel suo caso fu Sant’Ildefonso, per esser nato il 23 gennaio 1973 a Bislig, che è nelle Filippine la città sita più a oriente d’ogni altra, ossia quella che si protende di più sul Pacifico. Bislig è sita nella grande isola meridionale di Mindanao e fa parte della Provincia di Surigao del Sur, al pari di Lianga, che è do- Primo in tempi recenti a farsi promotore del ritorno del nostro Ordine a Manila fu l’indimenticabile suo presule, card. Jaime L. Sin, che a Roma perorò personalmente la richiesta ai nostri confratelli della Farmacia Vaticana, che ne dettero notizia alla Provincia Aragonese, la quale però non poté sul momento accoglierla perché impegnata nella recente fondazione di Lunsar, in Sierra Leone. In data 23 settembre 1985 il card. Sin di nuovo inviò una richiesta scritta, Fra Eldy prostrato al suolo durante il canto delle Litanie dei Santi alla quale questa volta, grazie all’iniziativa di ve Eldy finì le Elementari nel fra Francesco Gillen, provò a dar- 1986, che aveva però iniziato a gli ascolto il Superiore della Pro- San Francisco, nella contigua Provincia Romana, fra Pietro Cicinel- vincia di Agusan del Sur, dove seli, che venne in loco a studiarne la guì anche la Scuola Secondaria e fattibilità col cardinale nel marzo conseguì il diploma nel 1990, 1987 e poi concordò con lui, in un avendovi come insegnante Evelyn incontro successivo del seguente Felipe, coordinatrice anche del ottobre, che i primi confratelli giornalino di classe, il cui comitaavrebbero preso in consegna a fine to di redazione si riuniva spesso in marzo 1988 l’edificio di Quiapo, casa sua; ne faceva parte Eldy, che offertoci in uso gratuito ventenna- v’era accolto come uno di famiglia, le dalla Diocesi di Manila. tanto da nascerne una profonda amicizia, tuttora viva. Fu proprio Fu in tale edificio di Quiapo che in quella Scuola che egli conobbe lunedì 4 giugno 1990 bussò alla le Suore Ospedaliere del S. Cuore nostra porta il giovane Ildefonso, di Gesù, venute per una campagna accompagnato dal suo papà, che vocazionale, e intuì che Dio lo aveva tre figlie femmine e questo chiamava a consacrarsi a Lui nel solo maschio, sul quale chissà servizio ai malati ed ai bisognosi, · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 13 Nella processione d’ingresso è d’uso che il nuovo diacono sia accompagnato dai genitori, ma in questo caso c’era sì il suo papà, ma non la mamma, morta l’anno scorso, sicché il suo posto è stato preso dalla sua insegnante nelle Secondarie, che tanto contribuì a formare il carattere di fra Eldy. Ha assistito il vescovo come cerimoniere p. Ricky Villar o.s.a. e i concelebranti sono stati il Vicario Diocesano per i Religiosi, p. James T. Ferry m.m., il Priore di Perugia, fra Bartolomeo Coladonato, don Gerardo De Corso, parroco di Pietradefusi (Av), p. Austin Cadiz o.s.b., p. Dominic Denina m.m.h.c., p. Henry Matriano m.m.h.c., don Ronnie dela Cruz e il nostro cap- pellano don Paul Tran Xuan Lam; hanno servito all’altare sia i cinque diaconi Jun Arvic Bello, fra Philip Ramos a. m., fra Randolf Dayandayan o.s.a., fra Junbim Torres o.s.a., fra Geoffrey Eborda o.s.a., sia, quali chierichetti, gli Aspiranti portati dal citato loro Maestro, p. Denina. Dall’ambone laterale fra Gerardo G. Mortera ha da commentatore aiutato i fedeli a seguire il Rito, che è stato animato dai canti del minuscolo ma ben affiatato trio corale della Comunità, diretto dal seminarista Alex Cruz. Ha proclamato la prima lettura la signora Rebecca C. Umali che, co- F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 37c - Fra Eldy L. de Castro nostro primo diacono Fra Eldy incensando i fedeli 175 quattro anni ci fu di grande aiuto nella cura spirituale dei candidati e le cui doti interiori trovarono giusto riconoscimento Il vescovo con i concelebranti con l’ordisicché si fece dare dalle Suore il nazione episcopale nel 2002 e la nomina a presule di Taytay nonnostro indirizzo di Manila. ché, da parte nostra, con il conceDopo adeguato discernimento, dergli nel 2006 l’affiliazione al noprotrattosi per un quinquennio, fu stro Ordine, da lui vissuta con tanammesso ai Voti Temporanei l’8 ta partecipazione che a tutt’oggi ha marzo 1995 e ai Voti Solenni il 7 una stanza fissa nel nostro Conottobre 2000. Completò la propria vento, dove sempre alloggia le preparazione professionale presso molte volte che viene a Manila. l’Istituto San Juan de Letran, che i Pertanto fu assai volentieri lui a Domenicani hanno in Intramuros, conferire a fra Eldy nella nostra e v’ottenne nel 2004 il Baccellie- Cappella di Manila il Lettorato il rato in Psicologia. Nel 2008 termi- 31 gennaio 2012 e poi l’Accolitanò a Quezon City dai Verbiti il cor- to il seguente 2 febbraio. so di Filosofia e nel 2011 a Manila A conferirgli il diaconato è stato nella celebre Università Santo Tomas dei Domenicani finì il Baccel- invece mons. Nereo P. Odchimar, lierato in Sacra Teologia, conferi- vescovo di Tandag e che resse la togli cum Laude. Parallelamente ai Parrocchia di San Vincenzo de suoi studi, fra Eldy s’è notevolmen- Paoli nel quartiere di Mangagoy a te prodigato in Delegazione in suc- Bislig, quando vi viveva fra Eldy. cessivi incarichi di formazione del- La cerimonia s’è svolta nel primo le future leve del nostro Ordine, pomeriggio dell’8 marzo, festa del nonché di Superiore locale e, ora, nostro Fondatore ma anche ottavo anniversario dei Voti emessi da fra di Delegato Provinciale. Eldy. Vi hanno assistito alcune Quando fra Eldy entrò da noi, no- centinaia di amici, collaboratori e stro valente cappellano era don pazienti, nonché un bel gruppo di Edgardo S. Juanich, che per oltre colleghi di studio sicché, per far spazio a tutti, il Rito s’è svolto nel più capiente Santuario del Santo Volto, che è proprio di fronte al nostro edificio Fra Eldy col papà, l’ex sua insegnante e i confratelli di Quiapo. · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 14 me affettuosa madre di quattro figli, fin dal 1996 mise a frutto la sua tenerezza materna con il prodigarsi quale volontaria con i nostri bambini disabili di Amadeo, tanto da meritarsi di ricevere il 6 dicembre 2003 dalle mani di fra Brian O’Donnell, allora Superiore Generale, il diploma di affiliazione al nostro Ordine. Ha guidato il canto del Salmo Responsoriale il nostro prepostulante Genesi B. De Guzman ed ha proclamato la seconda lettura fra Giovanni di Dio C. Acosta, Priore di Amadeo. 176 F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 37c - Fra Eldy L. de Castro nostro primo diacono Dopo il Vangelo, proclamato dal diacono Torres, fra Eldy è stato chiamato all’altare e il Superiore della Provincia Romana, fra Pietro Cicinelli, recatosi all’ambone, ha ufficialmente chiesto al vescovo di procedere all’ordinazione, dando fede che per unanime parere il confratello ne aveva i requisiti. In risposta, il vescovo ne ha verificato determinazione e consapevolezza facendogli precise domande e ne ha ricevuto promessa di rispettare gli impegni del diaconato. Ha fatto seguito l’invocazione corale a tutti i santi, ai quali fra Eldy, prostrato in terra, ha chiesto celeste aiuto. Dopo le Litanie, fra Eldy si è inginocchiato ai piedi del vescovo, che ha steso le mani su di lui e lo ha ordinato diacono. Poi, aiutato dal papà e dall’antica maestra, ha indossato la dalmatica e la stola ed è tornato ai piedi del vescovo, che gli ha consegnato l’Evangelario. Terminata la cerimonia e prima di riprendere il Rito Eucaristico, il vescovo ha offerto il bacio di pace al nuovo diacono e così hanno fatto con lui i diaconi e i congiunti. Al termine della Messa fra Eldy ha rivolto dall’ambone un saluto a tutti gli intervenuti, di cui diamo una sintesi. Ha iniziato col rievocare quando a 34 anni, avendo speso metà della sua vita nell’Ordine, in cui era entrato a 17 anni, prese la decisione di dir di sì all’invito al sacerdozio, ipotizzatogli più e più volte e infine accolto dopo lungo discernimento e in piena libertà, sicché al diaconato c’è arrivato a quarant’anni, che è quando si usa dire comincia davvero la vita; nel ritiro precedente l’ordinazione ha potuto però rendersi conto che con essa non è un ripartire da zero, quanto invece un vivere più a fondo il carisma ospedaliero, che ha caratterizzato i ventitré anni già trascorsi nell’Ordine. Fra Eldy ha poi ringraziato il suo Provinciale e tutti i confratelli della Delegazione per il sostegno e la fiducia che gli hanno sempre accordato. Essendo il primo nelle Filippine ad essere ordinato, non vi ha potuto avere altri confratelli preti come punto di riferimento, però grazie ad alcuni preziosi soggiorni in Australia e in Irlanda ha potuto apprendere molto dai sacerdoti che operano in tali Province. Gli sarebbe piaciuto averli presenti alla cerimonia, però certo gli sono stati vicino pregando. Fra Eldy con i suoi parenti e amici Un sentito grazie, unito alla richiesta Fra Eldy leggendo il saluto finale di continuare a pregare per lui, l’ha rivolto al vescovo che ha affrontato il lungo viaggio fino a Manila; al sempre disponibile p. Ferry, che lo ha spiritualmente preparato all’ordinazione; a tutti i sacerdoti concelebranti; a quanti hanno servito all’altare e al coro, debuttante ma riuscitissimo; ai tre compagni di studio presenti, p. Denina, fra Dayandayan e suor Marose Cruza, che puntualmente gli passarono i loro appunti ogni volta che gli impegni comunitari gli impedirono d’essere in classe; alla Famiglia Ospedaliera, formata da collaboratori, volontari, benefattori e Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù. Venato di commozione il grazie per le persone care: il suo papà Joven, che è stato per lui come “vento sotto le ali”; la mamma Susana, scomparsa da un anno, ma di cui mai dimenticherà le premure; le tre sorelle, di continuo sostegno con il loro gioioso affetto; l’insegnante Evelyn Felipe e il marito Sanny, che hanno sempre incoraggiato la sua vocazione. Ultimo ma più importante grazie quello rivolto a Dio, che lo ha chiamato alla vita religiosa e poi accolto tra i suoi ministri ed a Cui di tutto cuore ha chiesto la grazia della fedeltà nell’amarLo e servirLo nei fratelli, in spirito d’Ospitalità. · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 15 “I L M E L O G R A N O ” UNA MEDAGLIA D’ORO PER FRA BENEDETTO VERNÒ Fra Giuseppe Magliozzi o.h. L o scorso autunno a Granada il Museo de los Pisa ha pubblicato la traduzione spagnola, curata da fra José Luis Muñoz Martínez, d’uno dei più accurati manuali di Storia del nostro Ordine, quello pubblicato a Roma nel 1969 da fra Gabriele Russotto col titolo “San Giovanni di Dio e il suo Ordine Ospedaliero”. Nel verificarne con vivo compiacimento l’accurata traduzione, la mia attenzione è stata attirata da una sezione del secondo volume, nella quale sono tracciati i profili dei 26 frati medici più noti e mi sono meravigliato che non vi comparisse fra Benedetto Vernò, che nel quasi mezzo millennio di vita del nostro Ordine fu apprezzato più d’ogni altro per la sua competenza medica. Per la verità, fra Russotto precisa che tra i 26 non ha incluso quelli cui dedica spazio in altre sezioni e, infatti, di fra Vernò parla poi sia a proposito della sua elezione a Generale nel 1837, dove cita l’entusiastico giudizio del Perotti, che nel 1867 lo definì “uno di quei geni sublimi, che di rado Dio concede alla ter- La traduzione del manuale di Russotto ra”, sia a proposito dell’epidemia romana di colera nel 1837, per la quale riporta o riassume vari documenti dell’epoca. Poiché però ho notato che per brevità citava solo tre righe della lettera di conferimento della medaglia d’oro assegnatagli per precisa volontà del Papa, m’è sembrato giusto riprodurla qui per intero, anche perché, portando la data del 29 aprile 1838, ne ricorre questo mese il 175° anniversario. Questo il testo che, su “espresso comando del Papa”, firmò il card. Giuseppe Antonio Sala, che dal 1836 presiedeva la Commissione Straordinaria di Pubblica Incolumità: “Avendo la Santità di Nostro Signore concepito il nobile e clementissimo pensiero di onorare col distintivo di un’apposita Medaglia tutti quei benemeriti soggetti che prestarono con zelo la caritatevole opera loro nelle circostanze dolorosissime del morbo cholerico, da cui venne colpita questa Capitale, non poteva sfuggire che la Paternità Vostra Reverendissima agli altri titoli accoppiò pur quello di essere stato aggregato alla Commissione Straordinaria di pubblica incolumità. Le viene perciò destinata in segno del Pontificio gradimento la medaglia d’oro, che il sottoscritto Cardinale Presidente gode d’inviarle per espresso comando di Sua Santità, compiacendosi ad un tempo di ripetersi con sentimenti di verace stima. Affezionatissimo Servitore G. A. Card. Sala” Nello sfogliare in Archivio il carteggio su questa epidemia romana ho notato, in una lettera del card. Sala al Vernò del 31 dicembre 1837, l’elogio per “la prontezza alla quale la Paternità Vostra al primo annuncio del grave pericolo recossi a Roma di volo conducendovi in ajuto vari de’ suoi Religiosi stanziati in Toscana”. Quell’accenno alla Toscana Fra Benedetto Vernò (1784-1858) mi ha fatto ricordare un recente bel libro in formato stragrande, pubblicato a Firenze lo scorso novembre da Edizioni Polistampa col titolo “Settecento anni di storia. San Giovanni di Dio, un ospedale da non dimenticare”. Curato da Enrico Ghidetti e Esther Diana con il contributo di una dozzina d’altri esperti, offre una completa descrizione del nostro antico Ospedale di Firenze e una pregevole documentazione iconografica, tra cui un ritratto del Vernò, che qui riproduco e che è assai più espressivo di quello conservato a Roma nella nostra Curia Generalizia, probabilmente perché eseguito dal vivo durante una delle sue frequenti visite a Firenze. Il libro sull’antico nostro Ospedale 15 · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 16 ANIMAZIONE GIOVANILE CHI CREDE IN GESU CRISTO HA LA VITA ETERNA! Fra Massimo Scribano, o.h. L ’Anno liturgico ha il suo culmine nel Triduo Pasquale, dove facciamo memoria della Passione, Morte e Resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. In questo tempo forte, noi cristiani siamo chiamati a seguire le orme del Redentore. Vivendo a stretto contatto con la sofferenza, ti accorgi che tanta gente è bisognosa di conforto e sostegno spirituale, e per questo motivo ringrazio Dio di avermi donato la vocazione ospedaliera. La sofferenza vissuta fuori dalla fede diventa disperazione, viceversa si trasforma in speranza. Solo con Cristo possiamo affrontare le prove che la vita ci riserva. Il tempo quaresimale prepara il nostro cuore per custodire la bellezza del messaggio e lo stile di vita di Cristo: “siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36). Il Figlio di Dio ci ha presentato la figura del Padre come un papà che ha tenerezza e bontà per il suo popolo, nonostante la nostra durezza di cuore. Ma nel nome della sua misericordia, noi dobbiamo impegnarci a seguire Gesù Via, Verità e Vita. Papa Francesco in una delle sue ultime omelie ha dichiarato di non avere paura della tenerezza e della bontà. Noi purtroppo, lasciatemi passare il termine, abbiamo vergogna di presentarci agli altri come il Padre ci ha indicato: mitezza e umiltà di cuore. San Giovanni di Dio, ha incarnato bene il messaggio del Vangelo ai suoi seguaci. “Se guardassimo alla misericordia di Dio, non cesseremmo mai di fare il bene tutte le volte che se ne offre la possibilità. Infatti quando per amor di Dio, passiamo ai poveri ciò che egli stesso ha dato a noi, ci promette il centuplo nella beatitudine eterna (san Giovanni di Dio). Il nostro amato Fondatore abbraccia il Vangelo e lo rende visibile, testimoniando la carità e la miseri- 16 cordia di Dio. I gesti, le parole e la sua vita sono un linguaggio che arriva diritto al cuore delle persone, tanto da dargli aiuti materiali e finanziari per portare avanti l’opera che il Signore gli aveva messo nel cuore. Il tempo pasquale è un tempo di grazia per la nostra vita spirituale, perché la nostra missione e la nostra fede devono proiettare nella società odierna, il cambiamento radicale della nostra esistenza, alla luce del Vangelo che è sempre attuale. Seguire Cristo vuol dire seguirlo nella via della Passione e Morte, per poi risorgere a vita nuova come egli ci ha promesso. Il transitare nelle prove della vita risulta difficile e incomprensibile per molti di noi: ma due sono le possibilità per affrontarle, o la disperazione o la speranza nel Gesù misericordioso che non ci abbandona mai. Dobbiamo essere uomini di speranza per poter dare agli uomini la certezza che Cristo ha vinto la morte per sempre. Dopo il tempo quaresimale, caratterizzato dal digiuno e dalla penitenza, siamo chiamati a sollevarci per continuare il cammino che Dio ha tracciato per ognuno di noi. Consapevoli che noi siamo cristiani, imitiamo il nostro Salvatore. Bisogna evangelizzare e annunciare che Cristo è risorto dai morti e Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna (Gv 3,16). Ecco la nostra mèta: la vita eterna. Dio ci ha preparato un posto, affinché noi possiamo stare con Lui per l’eternità. Vi segnalo i prossimi appuntamenti estivi: Esperienza di Servizio: 22 – 30 giugno 2013; 18 – 24 agosto 2013 a Genzano di Roma presso l’Istituto san Giovanni di Dio – Fatebenefratelli. L’Équipe vocazionale svolge inoltre servizio di discernimento personale per giovani o persone che sentono una chiamata speciale alla Vita Consacrata nei Fatebenefratelli e per questo potete contattare i seguenti recapiti: mail: [email protected] sito web: www.pastoralegiovanilefbf.it tel: 091.479377 – cell. 3382509061 Auguro una serena Pasqua e un fruttuoso cammino spirituale per seguire fedelmente il Cristo risorto. · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 17 PA G I N E D I M E D I C I N A LE EMATURIE Franco Luigi Spampinato P er Ematuria s’intende la presenza di sangue nelle urine. Tale presenza può essere rilevata con il semplice esame ispettivo quando è di entità tale da colorare le urine con varie tonalità di rosso e dal punto di vista clinico viene classificata come ematuria macroscopica. Se invece è di scarsa entità e quindi rilevabile solamente con l’esame microscopico delle urine, viene classificata come ematuria microscopica. La perdita di sangue dagli orifici naturali provoca sempre nei Pazienti ansia, agitazione, preoccupazione. Se l’ematuria macroscopica, con la sua evidenza clinica, genera nel Paziente tale stress psicologico e lo spinge di conseguenza a effettuare gli accertamenti clinici del caso, l’ematuria microscopica risulta molto più insidiosa, in quanto non viene rilevata dal Paziente, con conseguente ritardo nell’esecuzione degli esami necessari a determinarne la causa. L’Ematuria nelle sue forme di presentazione, sia macroscopica che microscopica, è bene sottolinearlo, è un sintomo che non va mai trascurato. Tale sintomo è una spia ben precisa che indica che a livello dell’apparato urinario c’è comunque una situazione patologica. È bene tenere presente che alcuni farmaci, come a esempio la Rifampicina, il Metronidazolo, i composti di vitamina B e altri ancora, possono alterare il colore delle urine. In particolare, il Metronidazolo e la Rifampicina possono far assumere al colore delle urine tonalità variate di rosso. Anche i farmaci Antiaggreganti e Anticoagulanti possono provocare Ematuria. Tuttavia, anche in questo caso, vanno eseguite tutte le indagini necessarie per stabilire se tali sostanze siano fattori concausali agenti su situazioni patologiche presenti ma fino a quel momento asintomatiche. Poiché praticamente tutte le malattie dell’apparato urinario e alcune malattie generali di interesse internistico possono causare Ematuria, è bene collocare questo sintomo nel contesto clinico generale del Paziente esaminato. Per quanto riguarda le patologie urinarie di interesse urologico, è bene stabilire se l’Ematuria è preceduta, accompagnata o seguita da altri sintomi o se compare come unico sintomo. A titolo esemplificativo sarà opportuno citare alcune condizioni cliniche patologiche. Il rilievo di un’Ematuria macroscopica, ma più spesso microscopica, in un Paziente giovane che presenta dolori addominali sospetti per colica renale, potrà indirizzare la diagnosi verso una sospetta calcolosi urinaria. Un’Ematuria macroscopica, con coaguli grossolani, accompagnata o non da disturbi minzionali, in un Paziente di mezza età o anziano, indirizzerà la diagnosi verso un sospetto tumore vescicale. Un altro tipo di Ematuria, definita dagli Urologi “capricciosa“ perché tende a comparire e a scomparire irregolarmente, dovrà far sospettare la presenza di un tumore renale. Nel caso di Ematuria con associati sintomi quali febbre, dolori e difficoltà alla minzione medesima, in un Paziente di età superiore a 50 anni, si dovrà sospettare un’infezione urinaria in presenza di ipertrofia prostatica, eventualmente associata a carcinoma prostatico e a tumore vescicale. L’Ematuria può essere presente nei bambini e nei giovani. In primo luogo è necessario escludere la presenza di tumori e malformazioni dell’apparato uri- nario, tenendo presente che queste ultime, hanno una percentuale significativa nel contesto di tutte le malformazioni dell’età pediatrica. Inoltre, se nei Pazienti giovani l’Ematuria si accompagna a sintomi generali quali precedenti tonsilliti, febbre, edemi, insufficienza renale, si dovrà pensare alla presenza di processi infiammatori delle strutture renali deputate alla filtrazione ed elaborazione dell’urina. Tali condizioni patologiche sono definite Glomerulonefriti. Anche condizioni patologiche generali che determinano un deficit nei processi di coagulazione, come le Linfoemopatie o le Patologie Oncologiche, soprattutto in corso di chemioterapia, possono determinare Ematuria. Fortunatamente non sempre le Ematurie sono il sintomo di patologie gravi. Infatti, nelle Pazienti giovani che spesso sono soggette a infezione delle basse vie urinarie da E. Coli, batterio che più facilmente degli altri può provocare Ematuria, tale sintomo spesso si accompagna all’intensa sintomatologia cistitica provocata da tale tipo di infezione. È comunque da ricordare che nella pratica clinica esistono rari tipi di ematuria di cui, nonostante esaurienti indagini effettuate, non si riesce a individuarne la causa. La letteratura corrente ipotizza che in tali casi possano essere presenti micro malformazioni vascolari patologiche a livello renale. In caso di Ematuria, vanno eseguite sistematicamente tutte le indagini disponibili, soprattutto quelle per Immagini (Ecografia, TAC, RMN ) e Operative Endourologiche, per chiarire esaurientemente le cause del sintomo. La terapia è ovviamente rivolta alla causa che ha generato l’Ematuria e quindi, a seconda delle situazioni, dovrà essere medica o chirurgica. Per concludere, è opportuno citare quello che in Urologia è un accettato aforisma: “l’Ematuria, fino a prova contraria e documentata, può nascondere un tumore”. 17 · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 18 A.F.Ma.L . PRESENTAZIONE PROGETTO: “SULLA STRADA DI CRICCHIO” Ornella Fosco I n Senegal molte donne si rifiutano di portare i propri figli mentalmente disabili sui mezzi pubblici; le famiglie nascondono i bambini che soffrono di disturbi mentali o neurologici, e alcuni genitori addirittura li disconoscono. Secondo le ultime statistiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal 2004, 13,4 milioni di persone in Africa sono state colpite da disturbi depressivi unipolari, 7,7 milioni di epilessia, 2,7 milioni da disturbi affettivi bipolari e 2,1 milioni da schizofrenia. Nella società senegalese avere un figlio affetto da disturbi mentali costituisce uno stigma; è credenza comune che sia una maledizione, una punizione divina per infedeltà della madre del bambino al marito. Non c’è assistenza sufficiente e le strutture per queste persone mentalmente disabili sono precarie. Dal punto di vista sanitario, la malattia mentale non è considerata prioritaria e curabile. È in questo contesto che l’AFMaL, su specifica richiesta di aiuto da parte del Centro per la Salute Mentale “DalalXel” dei Fatebenefratelli di Thies in Se- 18 negal, specializzato nella cura e nell’assistenza di malattie mentali, intende rafforzare le capacità del centro con risorse proprie derivanti da campagne di raccolta fondi, insieme alla collaborazione di professionisti volontari della Divisione di Neurologia dell’Ospedale san Pietro Fatebenefratelli di Roma. Il progetto è intitolato ad Alexandra, una giovane collega dei medici neurologi italiani scomparsa recentemente. Tutti, amici e parenti, la chiamavano affettuosamente “Cricchio”. Lavorava presso l’Ospedale Bambin Gesù di Roma e ha partecipato a missioni umanitarie in Vietnam e Cambogia con l’équipe di cardiologia. Il progetto ha come obiettivo primario quello di ridurre le barriere verso il trattamento e la cura delle malattie mentali, accrescendo la consapevolezza della frequenza dei disturbi mentali, della loro curabilità, dei processi di guarigione e dei diritti umani dei bambini e degli adulti. In particolare, il progetto interverrà in tre ambiti specifici: - medico-sanitario: è prevista la presenza attiva di 1 medico specialista in neurologia, 1 tecnico di neurofisiopatologia. L’équipe effettuerà due missioni all’anno per la durata di 15 giorni circa; - formativo: è prevista la valorizzazione delle risorse umane locali (medici, non medici, psicologi, infermieri, assistenti sociali, educatori), attraverso attività di formazione diretta al personale locale (training on the job), come l’aggiornamento nell’ambito diagnostico (elettroencefalografia, elettromiografia e potenziali evocati, ecc.); - educazione e assistenza alla comunità/famiglia in cui il malato mentale è inserito: campagne di sensibilizzazione e di educazione sulla salute mentale, al fine di ridurre lo stigma, la discriminazione, le barriere al trattamento e alla cura, coinvolgendo direttamente la comunità, le famiglie e le scuole. La prima missione è programmata per marzo prossimo. Cammina insieme a noi ….“sulla strada di Cricchio” IBAN IT86L0100503340000000001770 Oppure fai la tua donazione on line: www.afmal.org · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 19 CENTRO DIREZIONALE NOVITÀ NELLA GESTIONE LOGISTICA DEI FARMACI E DEI PRESIDI NEL MAGAZZINO/FARMACIA Paolo Porfiri e Fabio Fatello Orsini Direzione Organizzazione e Sistemi carrelli, sulla base delle richieste pervenute dai reparti; U n’esigenza da sempre molto sentita nei nostri Ospedali è quella della corretta gestione contabile dei materiali sanitari presso le Farmacie Centrali e, di conseguenza, presso i diversi Reparti e Servizi. Con l’avvento della nuova versione della procedura GEMA (Gestione Materiali) si sono poste le basi per sperimentare presso le Farmacie Centrali alcune modalità innovative volte a razionalizzare il processo logistico e a fornire la base per rendere più efficiente la gestione dei materiali presso tutta la struttura ospedaliera. A tal proposito, presso la Farmacia Centrale dell’Ospedale san Pietro, è stata avviata da alcuni mesi una nuova modalità di gestione che prevede importanti cambiamenti rispetto alla precedente. Tra le principali novità introdotte si segnalano: - - - l’etichettatura tramite codice a barre dei farmaci e dei presidi per lotto, scadenza e allocazione. Tale etichettatura viene effettuata dagli operatori della Farmacia al momento della consegna dei materiali da parte dei fornitori; la riorganizzazione degli armadi e degli scaffali (gestione completa dell’allocazione) per permettere lo stoccaggio dei vari prodotti suddivisi per lotto e scadenza tramite le apposite etichette; l’introduzione di computer portatili come supporto per gli operatori durante la fase di preparazione dei - l’utilizzo di palmari wireless per la cattura dei codici a barre dei prodotti, nella fase di preparazione dei carrelli. Tali palmari permettono la cattura del codice a barre, identificando così il prodotto e il suo lotto/scadenza, mostrando le quantità richieste dal reparto e permettendo di digitare direttamente le quantità consegnate. Questa nuova modalità di gestione ha portato cambiamenti importanti nell’operatività del personale della Farmacia, cambiando il flusso logico e consentendo l’eliminazione della fase di registrazione successiva del materiale consegnato. In questo modo l’allineamento delle giacenze è in tempo reale consentendo anche di individuare immediatamente eventuali anomalie. Il gruppo di lavoro della Farmacia e scaffali e una gestione più attenta delle giacenze, dei lotti e delle scadenze dei prodotti. Tale nuova modalità ha limitato di fatto fin da subito l’insorgenza di errori di registrazione, ottimizzando il tempo di lavoro grazie all’unificazione delle fasi di preparazione del carrello ed evasione informatica delle richieste. Il progetto è stato inoltre particolarmente complesso in quanto ha comportato, a fianco di cambiamenti operativi, anche soluzioni tecnologiche innovative: gestione completa della rete wireless in Farmacia, etichettatura dei prodotti tramite barcode, cattura dei codici barcode con palmari wireless, utilizzo di portatili wireless. Certamente è stato importante il contributo del personale della Farmacia nell’adozione di questa nuova modalità di lavoro che ha prodotto, come primo effetto positivo, una allocazione più precisa dei materiali nei diversi armadi L’utilizzo del palmare 19 · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 20 OSPEDALE SACRO CUORE DI GESÙ - BENEVENTO FESTA DI SAN GIOVANNI DI DIO Iride Dello Iacono P receduta dalle celebrazioni nei reparti e dal Triduo, nei giorni 57 marzo, nella Parrocchia di santa Maria di Costantinopoli, l’8 marzo si è celebrata a Benevento la festa del fondatore dell’Ordine dei Fatebenefratelli, san Giovanni di Dio. Alle ore 10,30, sempre nella Chiesa di santa Maria di Costantinopoli, si è svolta la solenne concelebrazione, presieduta dal nostro arcivescovo, mons. Andrea Mugione, e la presenza del vicario generale e parroco mons. Pompilio, del provinciale dei Frati Minori, P. Sabino, e il guardiano P. Filippo, del superiore fra Angelico, del vicario episcopale per la pastorale mons. Abramo e parecchi altri, e autorità civili e militari della città di Benevento. Durante l’omelia l’Arcivescovo ha tratteggiato la figura del Santo che, dopo una vita avventurosa, dedita dapprima alla pastorizia, quindi all’attività militaresca e al lavoro di libraio, in seguito all’ascolto di una predica di san Giovanni d’Avila, si orientò totalmente alla carità e all’amore verso Dio. Egli si privò di tutto e cominciò a mendicare per le vie di Granada, rivolgendo ai passanti la frase che sarebbe divenuta l’emblema di una nuova benemerita istituzione “Fa- te (del) bene, fratelli… ”. La carità che la gente gli faceva fu spartita tra i più bisognosi ma gli abitanti di Granada lo considerarono pazzo e lo fecero rinchiudere in manicomio, laddove Giovanni di Dio si rese conto dei metodi brutali impiegati per la cura dei malati di mente. Non appena si liberò da quell’inferno fondò, con l’aiuto dei benefattori, un suo ospedale in cui, oltre alla cura del corpo, veniva curato lo spirito dei malati. Morì l’8 marzo del 1550, il giorno del suo compleanno, dopo una vita dedita pienamente al sostegno della povertà e della sofferenza, a soli cinquantacinque anni, in ginocchio davanti al Crocifisso. Fu canonizzato nel 1690 dal Papa Alessandro VIII. Mons. Mugione ha ravvicinato la figura del Santo all’immagine del “Buon Samaritano” e un particolare accento è stato posto al concetto di “misericordia divina”, cui deve volgere lo sguardo chiunque si avvicini alla sofferenza altrui, compenetrandosi in essa, attraverso la donazione di se stessi, l’ascolto e, soprattutto, l’amore. La Santa Messa è stata animata dalla corale di Foglianise diretta da Selene Pedicini e, particolarmente significati- I concelebranti 20 Mons. Mugione con fra Angelico e il sindaco Fausto Pepe va, è stata la tradizionale offerta dei ceri votivi a san Giovanni di Dio, a nome della città, da parte del sindaco, ing.Fausto Pepe, e per i Fatebenefratelli, da fra Angelico. Alle ore 18.00, nella Chiesa dell’Ospedale, dopo la celebrazione dei Vespri, la processione e il bacio della reliquia del Santo in tutti i reparti dell’ospedale. Questo momento è risultato particolarmente suggestivo, animato da canti del coro della struttura sanitaria, e la preghiera del Rosario. Il superiore, fra Angelico, si è avvicinato a ogni ammalato e a tutti i parenti e visitatori. Un clima di profonda commozione e di intensa partecipazione ha coinvolto i numerosi presenti, profondamente accomunati dalla sensazione di appartenenza alla grande Famiglia ospedaliera dei Fatebenefratelli. Le vie della santità sono infinite e lo dimostra la vicenda terrena di questo straordinario Santo, modello di vita per gli operatori sanitari che debbono tendere a un percorso di accettazione della sofferenza, che non si compendi esclusivamente nell’offerta dell’aiuto fisico e psicologico all’ammalato, bensì anche nella valorizzazione di quell’azione compenetrata della grazia divina. · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 21 OSPEDALE BUON CONSIGLIO - NAPOLI FESTIVITÀ DI SAN GIOVANNI DI DIO Maria Pinto L a Santa Messa per la festa di san Giovanni di Dio è stata presieduta da p. Giacomo Caprara, provinciale dei Padri Vocazionisti, con fra Agostino Esposito, provinciale dei Frati Minori della Provincia del Sacro Cuore di Napoli, dai cappellani fra Giacinto M. Caronia dei Frati Minori, e p. Giuseppe, da poco tempo nella nostra struttura, da p. Vittorio Missori, parroco della Parrocchia di san Vincenzo Pallotti, p. Vincenzo Pelella, vocazionista e p. Montalbano, barnabita. Dal Vangelo secondo Luca, il messaggio del Buon Samaritano pronto a prendersi cura dell’altro nel momento del bisogno. Ogni anno, il messaggio del nostro Fondatore, viene riproposto con una lettura personale da una figura pastorale diversa che trasmette il suo modo di leggere questo messaggio e farlo rinascere nella vita di ogni giorno. Ciò che san Giovanni di Dio ci ha sempre trasmesso, e sembra retorica ripetere che noi viviamo e respiriamo questo carisma ogni giorno, cambiando la figura e la sua lettura sembra rivivere sotto una nuova forma, dicendoci sempre qualcosa di nuovo. Che san Giovanni di Dio sia stato un uomo che ha vissuto in pieno il suo tempo con varie vicissitudini personali e tante attività intraprese, come lavorare presso un fattore o fare il libraio, e soprattutto come precursore dell’organizzazione etico morale dell’ospedale è noto a tutti, ma la presentazione di questo santo attraverso le parole di p. Giacomo ci ha portato a rivisitare l’amore e la dedizione completa della sua persona alla sofferenza del mondo, spingendoci a vivere con maggiore intensità la vita quotidiana e il lavoro secondo il suo carisma e con la sua grande umiltà. A questo messaggio si è unito quello del nostro superiore fra Alberto, il quale ha voluto esprimere i più sentiti ringraziamenti a tutti i presenti a cominciare dai Sacerdoti celebranti, e a tutti i Collaboratori. L Come consuetudine dopo la messa un piccolo rinfresco nell’area bar come momento di condivisione. “Desidero ringraziare ognuno di voi esortando a vivere la gioia della Famiglia di san Giovanni di Dio. Egli si annullò per servire la Chiesa, visse L’ÉQUIPE UROLOGICA DEL BUON CONSIGLIO AL CONGRESSO NAZIONALE DI ENDOUROLOGIA ’équipe urologica diretta dal dr Imperatore e formata dai dottori S. Di Meo, R. Buonopane e M. Creta esegue comunemente interventi chirurgici disostruttivi per iperplasia prostatica benigna e dedica particolare attenzione ad effettuare controlli periodici anche dopo la risoluzione dei sintomi. L’intervento disostruttivo non ri- un’esistenza dedita ai poveri, dobbiamo cercare di imitare e seguire, essere come lui testimoni della ospitalità divenendo dei buoni samaritani. Le difficoltà fanno parte della vita, per san Giovanni di Dio non furono un ostacolo, la fiducia in Gesù Cristo lo tiene fermo nella fede e nella sua azione. Viviamo una crisi mondiale che ha ripercussioni sulle nostre opere ma non dobbiamo perdere la speranza, anzi rafforzare la famiglia e avvalerci delle qualità e delle potenzialità di quanti ne fanno parte. Abbiamo un grande compito: rinnovare le nostre vite e la Famiglia ospedaliera”. duce infatti il rischio di carcinoma prostatico. Presso l’Ospedale sono stati trattati numerosi pazienti con anamnesi di pregressa chirurgia prostatica affetti da carcinoma prostatico. Interessanti risultati in merito sono stati presentati al Congresso Nazionale della Società Italiana di Endourologia tenutosi a Modena dal 28 Febbraio al 2 Marzo 2013. Il lavoro ha confrontato i risultati dell’intervento di prostatectomia radicale laparoscopica e perineale in soggetti con anamnesi di chirurgia prostatica dimostrando come entrambi gli interventi possano essere eseguiti con sicurezza ed efficacia sia oncologica che funzionale. Il lavoro dei nostri urologi apre nuove prospettive per i pazienti affetti da carcinoma prostatico. “Un’équipe urologica deve poter offrire tutte le possibili alternative terapeutiche al paziente affetto da carcinoma prostatico precisa il dr V. Imperatore -. In centri con esperienza in chirurgia prostatica laparoscopica e perineale il paziente con storia di pregressa chirurgia prostatica può avere migliori opportunità terapeutiche nel rispetto sia degli obiettivi oncologici che funzionali”. 21 · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 22 O S P E D A L E B U C C H E R I L A F E R L A - PA L E R M O PROGETTO AIDA, UNA DELEGAZIONE ITALO – TUNISINA VISITA L’OSPEDALE Cettina Sorrenti U no degli obiettivi del progetto Aida (Auto-immunità: diagnosi), è quello di migliorare gli studi e le diagnosi - in alcune strutture sanitarie della Sicilia e della Tunisia - delle malattie autoimmuni come il diabete mellito, la celiachia, la sclerosi multipla, l’ipotiroidismo, attraverso l’instal-lazione di un sistema informatico di acquisizione di immagini e dati che consentirà analisi precise e precoci sui pazienti. 2013. Capofila del progetto è l’Università di Palermo, il Polo didattico di Agrigento, in partenariato con il Centro Pasteur di Tunisi, l’Ospedale Charles Nicolle, l’Università El Manar di Tunisi e il Ministero della Salute del paese nordafricano. Dal versante italiano altri partner sono l’Assessorato regionale alla Sanità, la Provincia di Agrigento, gli Ospedali Civico e Buccheri La Ferla di Palermo, l’Asp di Trapani. Il progetto è stato presentato a Palermo e finanziato nell’ambito del programma Italia-Tunisia Enpi 2007- Il progetto si avvale di nuovi ricercatori reclutati tra i migliori giovani provenienti dalla formazione universitaria LA VIA CRUCIS VIVENTE NEI VIALI DELL’OSPEDALE T ra i Riti della Settimana Santa, la Via Crucis Vivente è uno dei momenti più suggestivi ed emozionanti, cui si possa assistere. Anche quest’anno si è svolta in Ospedale la terza edizione della Via Crucis Vivente, organizzata dalla Cappellania Ospedaliera. La Passione di Cristo, è stata interpretata all’incirca da 80 partecipanti che hanno recitato tutti rigorosamente dal vivo: medici, amministrativi, tecnici, operai, volontari del Servizio Civile, fedeli che frequentano la chiesa. La Passione di Cristo ha avuto inizio sul sagrato della Chiesa dove è stata realizzata l’Ultima Cena. Nello stesso luogo sono state realizzate la Crocifissione e la Resurrezione; mentre, le altre scene: dalla condanna del Sinedrio, all’inappellabile verdetto che ha condannato a morte Cristo e alla Via Crucis, si sono svolti nei viali dell’Ospedale. 22 La rappresentazione è riuscita a fondersi con l’eternità della parole e del messaggio cristiano. Ogni anno la rappresentazione si arricchisce di nuovi particolari e tutto è curato con passione e dedizione. “La sacra rappresentazione che andiamo a rivivere - ha introdotto il superiore dell’Ospedale, fra Luigi Gagliardotto - è la memoria di ciò che è avvenuto a un uomo, il Figlio di Dio a favore dell’umanità di tutti i tempi, per dare senso alla vita dell’uomo. La Via Crucis ha certamente un valore spirituale ma da questo punto di vista assume anche una connotazione sociale, quella di stimolare gli animi e di spingerli alla riflessione.” di Palermo e Tunisi, affiancati dall’esperienza di un team internazionale composto da fisici, ingegneri, informatici, medici e biologi. Ha una durata di 30 mesi e presenta obiettivi ambiziosi e complessi: maggiore cooperazione per le politiche sanitarie tra la Sicilia e la Tunisia; implementazione di un database di metadati relativo al test IFI per le Malattie Auto-Immuni; applicazione di un sistema esperto per supportare le diagnosi e gli studi epidemiologici. Mercoledì 6 marzo 2013, nell’ambito dello stesso progetto, una delegazione italo-tunisina si è recata presso l’Unità Operativa Complessa di Patologia Clinica del nostro Ospedale, che è Centro di riferimento per l’autoimmunità nella Regione Sicilia ed è uno dei maggiori punti di accesso dell’Isola per volume di prestazioni ed esperienze in questo settore. · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 23 MISSIONI FILIPPINE NEWSLETTER CAMPO SCUOLA A Manila all’alba del 15 marzo una comitiva di oltre cinquanta persone tra alunni, parenti, insegnanti e studenti tirocinanti ha lasciato la nostra Scuola per l’Infanzia Disabile per prender parte in Amadeo al Campo Scuola che vi ha organizzato l’altra analoga Scuola per Disabili, che abbiamo lì. I Campi Scuola, con il loro variegato programma, danno modo sia agli alunni, sia ai genitori e agli insegnanti di avere non solo una pausa distensiva ma anche di socializzare tra loro; e in più, per gli adulti, di avere momenti di confronto sulle sfide da affrontare per valorizzare i talenti dei disabili. TELENOVELLA La sera di San Giuseppe alcuni amici ci hanno chiamato a Manila per dirci che avevano visto in televisione la statua di San Riccardo Pampuri che abbiamo nella nostra Cappella; e la sera dopo ci hanno chiamato di nuovo per aver visto il nostro inconfondibile tabernacolo a forma di melograno con una gran croce in cima. Le due sequenze facevano parte di una telenovella mandata in onda dal canale ABS-CBN dal 4 febbraio col titolo “Juan de la Cruz” e che sta avendo un’alta percentuale d’ascolto, vicina al 40%. La spiegazione è semplice: per girare alcune scene d’ambiente ospedaliero la regia ha noleggiato per varie ore il nostro Poliambulatorio, che nessuno ha riconosciuto, ma per alcune sequenze si è avvalso anche della nostra Cappella. PREMIAZIONI SCOLASTICHE Poiché la primavera nelle Filippine è la stagione più afosa, coincide con essa la chiusura delle Scuole e perciò già il 22 marzo abbiamo chiuso l’anno con la tradizionale premiazione dei nostri alunni disabili. A Manila la cerimonia ha avuto luogo il mattino e quest’anno è toccato a Marc N. Jonas, che indossava gloriosamente tocco e toga per aver conseguito il certificato di superamento della Scuola dell’Infanzia, leggere l’indirizzo di saluto ai presenti. Ad Amadeo la premiazione c’è stata invece di pomeriggio, per permettere ai Confratelli di Manila di presenziare con quelli di Amadeo alla simpatica consegna di una pioggia di medaglie, che ha reso felice non solo i premiati, ma anche parenti e docenti. Dopo la chiusura per vacanze delle nostre due Scuole, il corpo docente di entrambe ha profittato per riunirsi dal 24 al 26 marzo in Amadeo per elaborare insieme i programmi di riabilitazione da attivare nel prossimo anno scolastico, in modo che già da aprile sia possibile aprire le iscrizioni. A BASECO IL RADUNO OPEN Manila: il saluto letto da un alunno Sabato 23 marzo l’usuale iniziativa mensile di radunare gli anziani poveri, indicata con la sigla Open (acronimo di Older People Encounter), s’è svolta non da noi a Quiapo, ma nel rione Ba- Amadeo: premiazione di una spastica seco, sorto in un lembo di terra strappato al mare per darvi ricetto a famiglie senza casa. Purtroppo non vi esistono ancora servizi di trasporto pubblico, sicché un bel gruppetto che riuscì nello scorso incontro di dicembre a venire da noi a Quiapo, ci chiese se qualche volta potevamo organizzarlo da loro, il che è stato fatto questo mese. Al raduno erano presenti 150 anziani e alla ben imbandita tavolata e alle varie iniziative ricreativo-assistenziali della giornata hanno provveduto non solo i Confratelli e le Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, ma anche un gruppo di 26 studenti dell’University of East, che per raggiungere il così mal collegato rione hanno noleggiato due furgoncini. TRE VOLTE VENTICINQUE Il 25 marzo la Comunità di Manila ha festeggiato i 75 anni di fra Giuseppe, trascorsi in tre fasi d’identica durata: 25 anni in famiglia; 25 anni come membro dell’Ordine, quasi sempre a Roma; 25 anni come missionario nelle Filippine. Solamente Iddio sa se ci sarà una quarta differente fase, molto probabilmente più breve, e da che cosa contrassegnata, ma fra Giuseppe ha serenamente confidato che s’affida al Signore, che sa quel che fa e l’utile che ce ne può venire, anche nelle eventuali prove. 23 · VO n° 04 aprile 2013_Aprile 2013 03/04/13 10.22 Pagina 24 I FATEBENEFRATELLI ITALIANI NEL MONDO I Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere. I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri: CURIA GENERALIZIA www.ohsjd.org • ROMA Centro Internazionale Fatebenefratelli Curia Generale Via della Nocetta 263 - Cap 00164 Tel 06.6604981 - Fax 06.6637102 E-mail: [email protected] Ospedale San Giovanni Calibita Isola Tiberina 39 - Cap 00186 Tel 06.68371 - Fax 06.6834001 E-mail: [email protected] Sede della Scuola Infermieri Professionali “Fatebenefratelli” Fondazione Internazionale Fatebenefratelli Via della Luce 15 - Cap 00153 Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308 E-mail: [email protected] Ufficio Stampa Fatebenefratelli Lungotevere dÈ Cenci 4 - Cap 00186 Tel 06.68219695 - Fax 06.68309492 E-mail: [email protected] • CITTÀ DEL VATICANO Farmacia Vaticana Cap 00120 Tel 06.69883422 Fax 06.69885361 • PALERMO Ospedale Buccheri-La Ferla Via M. Marine 197 - Cap 90123 Tel 091.479111 - Fax 091.477625 www.ospedalebuccherilaferla.it • ALGHERO (SS) Soggiorno San Raffaele Via Asfodelo 55/b - Cap 07041 MISSIONI • FILIPPINE San Juan de Dios Charity Polyclinic 1126 R. Hidalgo Street - Quiapo 1001 Manila Tel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918 E-mail: [email protected] http://ohpinoy.wix.com/phils Sede dello Scolasticato e Postulantato della Delegazione Provinciale Filippina San Ricardo Pampuri Center 26 Bo. Salaban Amadeo 4119 Cavite Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.4131737 E-mail: [email protected] http://bahaysanrafael.weebly.com Sede del Noviziato della Delegazione PROVINCIA ROMANA PROVINCIA LOMBARDO-VENETA www.provinciaromanafbf.it www.fatebenefratelli.it • ROMA Curia Provinciale Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794 E-mail: [email protected] Centro Studi e Scuola Infermieri Professionali “San Giovanni di Dio” Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536 E-mail: [email protected] Sede dello Scolasticato della Provincia Centro Direzionale Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520 Ospedale San Pietro Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33581 - Fax 06.33251424 www.ospedalesanpietro.it • GENZANO DI ROMA Istituto San Giovanni di Dio Via Fatebenefratelli 3 - Cap 00045 Tel 06.937381 - Fax 06.9390052 www.istitutosangiovannididio.it E-mail: [email protected] Sede del Noviziato Interprovinciale • PERUGIA Centro San Niccolò Porta Eburnea Piazza San Giovanni di Dio 4 - Cap 06121 Tel e Fax 075.5729618 • NAPOLI Ospedale Madonna del Buon Consiglio Via A. Manzoni 220 - Cap 80123 Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643 www.ospedalebuonconsiglio.it • BENEVENTO Ospedale Sacro Cuore di Gesù Viale Principe di Napoli 14/a - Cap 82100 Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935 www.ospedalesacrocuore.it • BRESCIA Centro San Giovanni di Dio Via Pilastroni 4 - Cap 25125 Tel 030.35011 - Fax 030.348255 [email protected] Sede del Centro Pastorale Provinciale Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico San Giovanni di Dio Via Pilastroni 4 - Cap 25125 Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513 E-mail: [email protected] Asilo Notturno San Riccardo Pampuri Fatebenefratelli onlus Via Corsica 341 - Cap 25123 Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386 E-mail: [email protected] • CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI) Curia Provinciale Via Cavour 2 - Cap 20063 Tel 02.92761 - Fax 02.9241285 Sede del Centro Studi e Formazione Sede Legale Milano: Via San Vittore 12 - Cap 20123 e-mail: [email protected] Centro Sant’Ambrogio Via Cavour 22 - Cap 20063 Tel 02.924161 - Fax 02.92416332 E-mail:a [email protected] • ERBA (CO) Ospedale Sacra Famiglia Via Fatebenefratelli 20 - Cap 22036 Tel 031.638111 - Fax 031.640316 E-mail: [email protected] • GORIZIA Casa di Riposo Villa San Giusto Corso Italia 244 - Cap 34170 Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988 E-mail: [email protected] • MONGUZZO (CO) Centro Studi Fatebenefratelli Cap 22046 Tel 031.650118 - Fax 031.617948 E-mail: [email protected] • ROMANO D’EZZELINO (VI) Casa di Riposo San Pio X Via Cà Cornaro 5 - Cap 36060 Tel 042.433705 - Fax 042.4512153 E-mail: [email protected] • SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI) Centro Sacro Cuore di Gesù Viale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078 Tel 037.12071 - Fax 037.1897384 E-mail: [email protected] • SAN MAURIZIO CANAVESE (TO) Beata Vergine della Consolata Via Fatebenetratelli 70 - Cap 10077 Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175 E-mail: [email protected] Comunità di accoglienza vocazionale • SOLBIATE (CO) Residenza Sanitaria Assistenziale San Carlo Borromeo Via Como 2 - Cap 22070 Tel 031.802211 - Fax 031.800434 E-mail: [email protected] Sede dello Scolasticato • TRIVOLZIO (PV) Residenza Sanitaria Assistenziale San Riccardo Pampuri Via Sesia 23 - Cap 27020 Tel 038.293671 - Fax 038.2920088 E-mail: [email protected] • VARAZZE (SV) Casa Religiosa di Ospitalità Beata Vergine della Guardia Largo Fatebenefratelli - Cap 17019 Tel 019.93511 - Fax 019.98735 E-mail: [email protected] • VENEZIA Ospedale San Raffaele Arcangelo Madonna dellʼOrto 3458 - Cap 30121 Tel 041.783111 - Fax 041.718063 E-mail: [email protected] Sede del Postulantato e dello Scolasticato della Provincia • CROAZIA Bolnica Sv. Rafael Milosrdna Braca Sv. Ivana od Boga Sumetlica 87 - 35404 Cernik E-mail: [email protected] MISSIONI • ISRAELE - Holy Family Hospital P.O. Box 8 - 16100 Nazareth Tel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101 Altri Fatebenefratelli italiani sono presenti in: • TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu Afagnan - B.P. 1170 - Lomé • BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu Tanguiéta - B.P. 7