SUPPLEMENTO Ematologia e dintorni dicembre 2014

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SUPPLEMENTO Ematologia e dintorni dicembre 2014
PERIODICO DI AGGIORNAMENTO MEDICO
Rivista trimestrale - Reg. Trib. PI n. 11/13 del 25 novembre 2013
Supplemento a “Ematologia e dintorni” 2014, Volume 2 - Numero 5
ISSN 2385-2887
PERIODICO DI AGGIORNAMENTO MEDICO
Supplemento al Volume 2 - Numero 5 - Dicembre 2014
ISSN 2385-2887
Rivista trimestrale - Reg. Trib. PI n. 11/13 del 25 novembre 2013
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Ematologia
e dintorni
Indice
Il mieloma multiplo alla prima recidiva
Guida al trattamento
M. Boccadoro, M. Cavo, A. Palumbo
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Mario Boccadoro*
Michele Cavo**
Antonio Palumbo***
* Divisione Universitaria di Ematologia, Città della Salute e della Scienza di Torino, Torino
** Istituto di Ematologia “Seràgnoli”, Alma Mater Studiorum, Università degli Studi
di Bologna, Azienda Ospedaliero-Universitaria “Sant’Orsola-Malpighi”, Bologna
*** Dipartimento di Ematologia, Università di Torino, Torino
Il mieloma multiplo alla prima recidiva
Guida al trattamento
Parole chiave: mieloma multiplo, prima recidiva, terapia, switch, retreatment
Corrispondenza: Mario Boccadoro, Divisione Universitaria di Ematologia, Città della Salute e della Scienza di Torino,Via Genova 3,
10126 Torino
e-mail: [email protected]
Accettato per la pubblicazione il 23 luglio 2015
Riassunto
Negli ultimi anni, lo sviluppo di nuove molecole per
il trattamento del mieloma multiplo (MM) ha migliorato significativamente la prognosi dei pazienti.
Tuttavia, l’incidenza della ricaduta rimane molto
alta. Al contrario di quello che succede per i trattamenti di prima linea, la terapia alla prima recidiva non è ancora standard e la disponibilità di
diversi regimi terapeutici complica la scelta del
trattamento.
L’obiettivo di questo articolo è fornire una guida che
aiuti i medici ad orientarsi nella scelta della migliore
strategia terapeutica per i pazienti con MM alla
prima recidiva. A questo scopo, abbiamo eseguito
un’analisi della Letteratura e delineato algoritmi di
trattamento che possano facilitare la scelta della
terapia, affinché ciascun paziente ne tragga il maggior beneficio possibile.
Introduzione
L’introduzione di nuove molecole per il trattamento
dell’MM, quali gli inibitori del proteasoma (bortezomib) e gli immunomodulatori (IMmunomodulatory
Drugs (IMiD®), lenalidomide e talidomide), ha
migliorato sia la qualità della risposta sia la sopravvivenza dei pazienti [1]. Sulla base dei risultati di
2
follow-up clinico a lungo termine, è stato anche
recentemente proposto che alcune tipologie di MM
possano, ad oggi, considerarsi guaribili [2].
Tuttavia, i dati di Letteratura indicano che la maggior parte dei pazienti con MM andrà incontro ad
una ricaduta [3]. Anche se le nuove terapie hanno
permesso di prolungare le durate mediane della
sopravvivenza globale (Overall Survival, OS) e della
sopravvivenza libera da progressione (ProgressionFree Survival, PFS) in seguito alla prima recidiva, al
momento non esiste un trattamento standard da
applicare in questi casi [4-5].
Data l’influenza della scelta delle sequenze terapeutiche sul corso della malattia e, soprattutto, data
la possibilità di sviluppo di cloni resistenti in seguito ai trattamenti sia di prima linea sia dopo la ricaduta [6-8], è evidente l’importanza di adottare un
metodo “ragionato” che tenga conto della storia
pregressa della malattia.
In Italia, i farmaci con autorizzazione all’immissione
in commercio (AIC) per MM alla prima recidiva sono
la lenalidomide, impiegata in associazione con
desametasone, e il bortezomib, usato in monoterapia o in associazione con doxorubicina liposomiale
pegilata (DLP) o desametasone.
Inoltre, la talidomide può essere utilizzata nella terapia di prima linea e la bendamustina può essere
impiegata nel trattamento dell’MM alla ricaduta
Il mieloma multiplo alla prima recidiva. Guida al trattamento
secondo la legge 648/96 solo quando altri trattamenti sono inappropriati o controindicati.
Trattamento del mieloma multiplo alla
prima recidiva
Obiettivi terapeutici
Prima di discutere l’obiettivo del trattamento della
prima recidiva di malattia, è necessario distinguere
tra recidiva clinica e recidiva biologica. Tali definizioni sono state proposte dall’International Myeloma
Workshop Group (IMWG) sulla base dei criteri
dell’American Society of Hematology (Food and
Drug Administration panel on endpoints in myeloma) per definire e rendere omogenee le popolazioni degli studi clinici [9] (Tabella 1).
Il trattamento della recidiva riguarda i pazienti con
una recidiva clinica e/o i pazienti che presentano
una recidiva biologica significativa [9]. È ancora
dibattuto se iniziare il trattamento nel caso di recidiva biochimica (25% di aumento della paraproteina
rispetto alla miglior risposta, senza ricomparsa dei
sintomi CRAB, dall’inglese, C = Calcium (elevated),
R = Renal failure, A = Anemia, B = Bone lesions)
[10].
In ogni caso, l’obiettivo terapeutico alla prima recidiva è simile a quello del trattamento di prima linea,
e cioè il prolungamento della OS. In particolare, è
stato dimostrato che sia il tipo che la durata della
Tabella 1 Definizione di recidiva clinica e biologica secondo
l’International Myeloma Workshop Group. Modificata da [9].
Recidiva clinica (uno o più dei seguenti criteri)
• Comparsa di un nuovo plasmocitoma nei tessuti molli o
di lesioni ossee rilevabili all’Imaging
• Aumento delle dimensioni dei plasmocitomi già presenti
o delle lesioni ossee > 50% (e almeno di 1 cm)
• Ipercalcemia
• Diminuzione del livello di emoglobina (così come definita
alla diagnosi)
• Disfunzione renale (“de novo” o recidivante)
• Iperviscosità che richieda un intervento terapeutico
Recidiva biologica (uno dei seguenti criteri)
• Raddoppio della componente monoclonale rilevato in
due misurazioni consecutive in un intervallo < 2 mesi
con 0,5 g/dL come valore di riferimento
• Quando in due misurazioni consecutive si verifica un
aumento di uno dei seguenti parametri
- Livello serico di proteina monoclonale ≥ 1 g/dL
- Livello di proteina monoclonale nelle urine ≥ 500 mg/24
ore
- Livello delle catene leggere libere ≥ 20 mg/dL (e un rapporto anomalo di catene leggere libere) o aumento del
25%
risposta si correlano con la sopravvivenza: infatti,
l’ottenimento di una risposta completa (Complete
Response, CR), più frequente con i nuovi agenti
terapeutici, è correlato ad un prolungamento della
OS sia durante il trattamento di prima linea che in
caso di recidiva e a prescindere dall’età [11-14], ed
i pazienti che mantengono la CR nel tempo hanno
una OS significativamente più lunga rispetto a quelli che non conseguono o perdono tale risposta
durante il decorso clinico [15].
Inoltre, è stato dimostrato che i nuovi agenti terapeutici impiegati nel trattamento della ricaduta
dell’MM danno tassi di risposta (Overall Response
Rate, ORR) e PFS mediane superiori, se utilizzati
precocemente a partire dalla prima recidiva [16-18].
Tuttavia, nel caso di pazienti anziani, bisogna prestare particolare attenzione all’eventuale stato di
debolezza del soggetto, adattando, se necessario,
le modalità terapeutiche al fine di ridurre al minimo
la tossicità.
Cambiamento dell’agente terapeutico
(switch) e ritrattamento (retreatment)
A partire dall’introduzione degli IMiD® e degli inibitori del proteasoma nel trattamento di prima linea, è
emersa, alla comparsa della prima recidiva, la questione se sia meglio eseguire uno “switch”, ossia
cambiare la classe terapeutica o l’agente terapeutico impiegati in prima linea per superare possibili
resistenze, o eseguire un “retreatment”, ovvero
riprendere il trattamento con la stessa molecola, o
lo stesso regime terapeutico [19-20].
Sono stati formulati diversi criteri di scelta di un
ritrattamento rispetto a un cambiamento della molecola ma, ad oggi, non esiste un chiaro consenso su
quale sia il criterio di scelta a favore di una strategia
rispetto all’altra. L’analisi dei dati di Letteratura indica che il retreatment potrebbe rappresentare un’opzione nei seguenti casi:
• Dopo un intervallo senza trattamento maggiore
di sei mesi [20-21];
• Dopo una remissione di durata superiore alla
durata mediana della PFS nello studio clinico
che ha valutato il trattamento [22];
• Dopo un intervallo senza trattamento maggiore
di dodici mesi in seguito ad un trattamento precedente di breve durata;
• Nei pazienti anziani (> 65 anni) quando la risposta è duratura, ovvero maggiore a venti-ventiquattro mesi dopo una terapia d’induzione di
prima linea o maggiore a nove-dodici mesi dopo
una terapia alla recidiva [10].
Nonostante, dunque, i criteri proposti siano variabili e poco consensuali, il più accurato sembra essere quello basato sulla durata della PFS riportata
negli studi clinici [10, 22], in quanto presenta il vantaggio di essere indipendente dal trattamento precedente. Quindi, in generale, se la durata della
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
Mario Boccadoro, Michele Cavo, Antonio Palumbo
Retreatment e switch:
definizione e criteri di scelta
Retreatment
Utilizzo della stessa molecola (o dello stesso regime
terapeutico), in monoterapia o in associazione, in
due linee consecutive. Raccomandato preferenzialmente se la durata della remissione supera la
sopravvivenza libera da progressione (ProgressionFree Survival, PFS) mediana attesa dopo uno specifico trattamento di prima linea.
Switch
Cambiamento dell’agente terapeutico, da una classe all’altra o all’interno di una stessa classe, per
ridurre il rischio di sviluppare resistenza, o superarla. Raccomandato principalmente se la recidiva si
manifesta prima della durata mediana della PFS
registrata nello studio clinico di riferimento di prima
linea.
Criteri di scelta
Come durata mediana di PFS di riferimento si considera:
• Trentasei mesi in caso di trattamento d’induzione
con bortezomib/talidomide/desametasone o bortezomib/desametasone seguito da un trattamento
d’intensificazione con autotrapianto;
• Ventiquattro mesi in caso di trattamento con melfalan/prednisone/bortezomib o melfalan/prednisone/talidomide nei pazienti che non hanno i requisiti necessari per sottoporsi al trapianto.
remissione dovesse superare la durata mediana
della PFS riportata dallo studio clinico di riferimento, si potrebbe procedere con il retreatment, altrimenti con lo switch.
Gli studi clinici di riferimento per una stima ottimale
della durata della PFS sono:
Per i pazienti eleggibili al trapianto:
• Lo studio del gruppo italiano GIMEMA (Gruppo
Italiano Malattie EMatologiche dell’Adulto), il
quale ha dimostrato che pazienti trattati con il
regime terapeutico a base di bortezomib/talidomide/desametasone (VTD), doppio autotrapianto di cellule staminali emopoietiche e terapia di consolidamento con VTD non raggiungono la PFS mediana versus una PFS di trentadue mesi del braccio di confronto con talidomide e desametasone (TD); per questi pazienti il Treatment-Free Interval (TFI) è di circa trenta mesi [23];
• La metanalisi degli studi clinici di fase III che
valutano i trattamenti d’induzione con o senza
bortezomib, che ha dimostrato che pazienti trattati con regimi a base di bortezomib raggiungono una PFS mediana di trentasei mesi [24];
4
Per i pazienti non eleggibili al trapianto:
• Lo studio VISTA, che ha riportato con la combinazione terapeutica melfalan/prednisone/bortezomib (MPV) una PFS mediana di ventiquattro
mesi [25];
• Lo studio IFM-99-06, che ha dimostrato con l’associazione terapeutica melfalan/prednisone/talidomide (MPT) una PFS mediana di 27,5 mesi
[26];
• Lo studio IFM-01-01, che ha rilevato con il regime di trattamento MPT una PFS mediana di 24,1
mesi [27].
Terapie disponibili alla prima recidiva
Premessa
In Italia, attualmente, i farmaci con AIC sono bortezomib e lenalidomide. Tuttavia, recentemente,
l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha autorizzato l’utilizzo della combinazione bendamustina/bortezomib/desametasone (BVD) in pazienti con MM
recidivato per i quali non sono disponibili altri farmaci, perché inappropriati o controindicati (legge
648/96). Nella Tabella 2 è riportata la posologia
della terapia in caso di prima recidiva, secondo le
raccomandazioni degli esperti.
Tabella 2 Posologia della terapia in caso di prima recidiva.
AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco.
Bortezomib
• Iniziare il trattamento con 1,3 mg/m2 per otto cicli, preferibilmente per via sottocutanea data la minore tossicità
del farmaco
• Adottare il regime bisettimanale per preservare l’effetto
dose-intensità; quando l’effetto dose-intensità non è necessario, optare per il regime di trattamento settimanale
Lenalidomide
• Iniziare con 25 mg/die a prescindere dall’età, e proseguire fino alla progressione della malattia (come raccomandato dall’AIFA)
• Per i soggetti con insufficienza renale, definita in base
alla valutazione della clearance della creatinina, fare
riferimento al riassunto delle caratteristiche del prodotto
per adattare la posologia iniziale
• In funzione della tolleranza al trattamento si può effettuare un aggiustamento della dose durante la terapia
Desametasone
• Iniziare con 40 mg nei soggetti di età < 75 anni o 20 mg
nei soggetti di età > 75 anni mediante somministrazione
settimanale, salvo nei casi altamente aggressivi, in cui si
può attuare una sequenza di quattro giorni consecutivi
• Mantenere il trattamento alla dose massima tollerata fino
all’ottenimento della risposta stabile e poi aggiustare la
dose in funzione della tolleranza
Il mieloma multiplo alla prima recidiva. Guida al trattamento
Bortezomib
Il bortezomib si usa:
• In monoterapia. Lo studio APEX ha dimostrato
PFS e OS mediane superiori nel braccio di trattamento con bortezomib rispetto al solo trattamento con desametasone ad alte dosi [28];
• In associazione con DLP. Lo studio di Orlowski e
collaboratori ha riportato un ORR del 52% e una
PFS mediana di 9,3 mesi con la combinazione
bortezomib/DLP [29];
• In associazione con desametasone. Lo studio
MMY-3021 ha dimostrato che l’aggiunta di desametasone al solo bortezomib aumentava i tassi
di CR e PR (Partial Response, risposta parziale)
[23]. Questa combinazione è stata valutata
anche in uno studio di fase II [30] e in due studi
retrospettivi [31-32].
Inoltre, la somministrazione sottocutanea, anziché
endovenosa, di bortezomib non solo non inficia il
dato di PFS mediana e OS ad un anno, ma è associata ad una minore tossicità: il 57% di eventi avversi di grado 3 versus il 70% con la somministrazione
endovenosa, il 38% di neuropatie periferiche di tutti i
gradi versus il 53% (p = 0,044) e il 24 versus il 41%
per i gradi uguali o maggiori di 2 (p = 0,012) [33].
Lenalidomide
La lenalidomide si usa:
• In associazione con desametasone. Gli studi
MM-009 e MM-010 hanno dimostrato la superiorità di questa associazione terapeutica rispetto a
desametasone ad alte dosi: 60% di risposte globali, 13,4 mesi di PFS e 38 mesi di OS [34]. Lo
studio di Stadtmauer e collaboratori ha dimostrato che la terapia a base di lenalidomide/
desametasone (RD) permette di ottenere alla
prima recidiva un tasso di risposta globale pari
al 66,9% (vs 56,8%; p = 0,06), un TTP (Time to
Pregression, tempo di progressione) mediano di
17,1 mesi (vs 10,6 mesi; p = 0,026) e una OS
mediana di 42 mesi (vs 35,8 mesi; p = 0,041),
rispetto a quanto ottenuto da un suo impiego in
linee di trattamento successive [16].
Ciò supporta un utilizzo precoce di questa combinazione in caso di recidiva. Inoltre, poiché l’efficacia della terapia con RD (in termini di ORR e PFS) è
stata riscontrata in tutte le fasce d’età, se ne consiglia l’utilizzo anche nei soggetti molto anziani (≥ 75
anni).
Guida per il trattamento della prima
recidiva: algoritmi di trattamento
Premessa
La disponibilità di diversi regimi terapeutici autorizzati per il trattamento dell’MM dopo la prima recidiva complica la scelta del trattamento al momento
della ricomparsa della malattia. In casi come questo, potrebbe risultare utile lo sviluppo di algoritmi
di trattamento che permettano al clinico di avere criteri logici di scelta tra switch e retreatment.
A questo scopo sono stati analizzati i dati di
Letteratura riguardanti la risposta dei pazienti alle
diverse terapie disponibili per il trattamento dell’MM
dopo recidiva e, sulla base del lavoro di Hulin e collaboratori [35], tale informazione è stata integrata in
algoritmi di trattamento.
Per facilitare l’analisi sono stati delineati tre algoritmi: uno per il trattamento della prima recidiva in
pazienti sottoposti a trapianto autologo (Figura 1) e
due per il trattamento della prima recidiva nei
pazienti non eleggibili al trapianto e che in prima
linea sono trattati con i regimi terapeutici MPV
(Figura 2) e MPT (Figura 3).
Trattamento della prima recidiva in seguito
a terapia d’induzione con trapianto autologo
Premessa

Le più recenti Linee Guida dell’IMWG [36] raccomandano che il trapianto autologo sia eseguito come
terapia di prima linea, in combinazione al trattamento
Strategia di trattamento della prima recidiva
in seguito a terapia di induzione
con trapianto autologo
Quando la recidiva avviene in un paziente sottoposto
ad un trattamento intensivo di prima linea, le informazioni cliniche da considerare per la scelta terapeutica
sono:
• Tempo alla recidiva;
• Eleggibilità ad un secondo trapianto;
• Aggressività della recidiva.
Se il tempo alla recidiva è < 3 anni (mediana della
sopravvivenza libera da recidiva stimata negli studi
clinici), la miglior scelta terapeutica è lo switch dell’agente terapeutico.
Se il tempo alla recidiva è ≥ 3 anni, tre opzioni terapeutiche sono disponibili:
• Ritrattamento con secondo trapianto (la soglia del
tempo di recidiva può essere ridotta a due anni per
i pazienti in cui il trattamento di prima linea non
abbia incluso un nuovo agente terapeutico nella
terapia di induzione, un autotrapianto e un consolidamento);
• Ritrattamento con uno stesso agente terapeutico
(combinazione a base di bortezomib);
• Cambiamento dell’agente terapeutico.
Se la recidiva è aggressiva, si può prendere in considerazione l’aggiunta di un terzo farmaco, avendo
cura di scegliere una combinazione tripla a bassa
tossicità.
5
Mario Boccadoro, Michele Cavo, Antonio Palumbo
• VTD
• Trapianto
• VTDa
Tempo
alla recidiva
< di 36 mesib
Cambiamento
dell’agente terapeutico
(RDc ± terzo agente)
Tempo
alla recidiva
≥ di 36 mesib
Ritrattamento
(VDc ± terzo agente)
Prima linea
Fino a
progressione
• Secondo trapianto
se il soggetto
è eleggibile
• ± consolidamento
• ± mantenimentod
Otto cicli
di trattamento
Prima recidiva
Figura 1 Algoritmo di trattamento della prima recidiva nei soggetti sottoposti ad un trattamento intensivo di prima linea (VTD, trapianto, VTD). a Il trattamento di prima linea consigliato dalle Linee Guida per soggetti eleggibili a trapianto è la combinazione VTD,
seguita il più delle volte da una terapia di consolidamento con VTD dopo il trapianto [36]. b La soglia corrispondente al tempo alla
recidiva è stata individuata in base alla mediana della sopravvivenza libera da recidiva stimata negli studi clinici [24]. In caso di
ritrattamento tramite autotrapianto, il lasso di tempo può essere ridotto a due anni se la terapia di prima linea non aveva incluso
un’induzione con un nuovo agente terapeutico, un autotrapianto e un consolidamento. c Alla prima recidiva, trattamenti a base di
lenalidomide e bortezomib sono più efficaci [30, 34]. Una combinazione a tre farmaci può essere utile, in particolare nel caso di
recidive considerate aggressive, che richiedono un effetto in tempi rapidi. d In determinati pazienti, si è dimostrato efficace un
secondo autotrapianto insieme ad una terapia di induzione sistemica [45]. VTD, bortezomib/talidomide/desametasone; RD, lenalidomide/desametasone; VD, bortezomib/desametasone. Modificata da [35].
Tempo
alla recidiva
< di 24 mesib
Cambiamento
dell’agente terapeutico
(RDc)
Tempo
alla recidiva
≥ di 24 mesib
Ritrattamento
(VDd ± terzo agente)
MPVa
Prima linea
Prima recidiva
Figura 2 Algoritmo di trattamento della prima recidiva nei soggetti sottoposti ad una chemioterapia di prima linea con MPV. a Per
i soggetti senza i requisiti per sottoporsi al trapianto, MPV può essere la scelta terapeutica preferenziale nei casi in cui una rapida e profonda citoriduzione sia richiesta [10]. b La soglia corrispondente al tempo alla recidiva è stata individuata in base alla
mediana del tempo fino alla progressione della malattia, stimata negli studi clinici [25]. c RD è la combinazione terapeutica che
dimostra miglior efficacia alla prima recidiva [62]. L’aggiunta di un terzo agente terapeutico deve essere valutata in base ai risultati degli studi clinici in corso [66]. d Il ritrattamento con bortezomib rappresenta una possibile opzione, dopo un trattamento di
prima linea con MPV, a condizione che: la durata della risposta ad MPV sia stata soddisfacente, ovvero simile a quella degli studi
clinici di riferimento [62]; non siano state segnalate sequele di neuropatie periferiche (vale a dire che persistono all’avvio del trattamento di seconda linea) di grado uguale o maggiore di 2. MPV, melfalan/prednisone/bortezomib; RD, lenalidomide/desametasone; VD, bortezomib/desametasone. Modificata da [35].
d’induzione più attivo a disposizione. In Letteratura,
la terapia d’induzione pre-trapianto più efficace è
risultata essere una combinazione di tre farmaci
comprensiva di bortezomib (VTD) [37].
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Alla prima recidiva, le alternative terapeutiche per i
pazienti trattati inizialmente con la combinazione
VTD/trapianto sono: salvataggio con secondo trapianto autologo, ritrattamento senza trapianto
Il mieloma multiplo alla prima recidiva. Guida al trattamento
Cambiamento
dell’agente terapeutico
(RDb)
MPTa
Recidiva
Cambiamento
dell’agente terapeutico
(VD ± terzo agente)
Prima linea
Prima recidiva
Figura 3 Algoritmo di trattamento della prima recidiva nei soggetti sottoposti ad una chemioterapia di prima linea MPT. a Per i
soggetti senza i requisiti per sottoporsi al trapianto, MPT è una scelta terapeutica valida [10]. b Dopo la recidiva, è consigliato il
cambiamento dell’agente terapeutico. RD è la combinazione terapeutica che dimostra miglior efficacia alla prima recidiva [48,
50, 63-64]. L’aggiunta di un terzo agente terapeutico deve essere valutata in base ai risultati degli studi clinici in corso [30]. MPT,
melfalan/prednisone/talidomide; RD, lenalidomide/desametasone; VD, bortezomib/desametasone. Modificata da [35].
autologo e cambiamento dell’agente terapeutico
(cfr. Figura 1). Nel caso di recidive aggressive, è
preferibile utilizzare triplette di farmaci comprendenti lenalidomide o talidomide, che inducono una
risposta rapida con una tossicità accettabile.
Salvataggio con secondo trapianto autologo
I dati di Letteratura descrivono mediane di OS comprese tra 3,5 e 5 anni in pazienti sottoposti al secondo autotrapianto dopo un primo autotrapianto [3844]. Lo studio di Auner e collaboratori conferma
l’importanza dell’autotrapianto in caso di recidiva
riportando mediane di PFS e di OS pari, rispettivamente, a 15,5 mesi e 2,6 anni in pazienti sottoposti
ad un secondo trapianto [45].
Inoltre, tale studio dimostra che nei pazienti in remissione per oltre ventuno mesi dopo il primo autotrapianto, la PFS è due volte superiore rispetto ai
pazienti in remissione per un periodo inferiore ai ventuno mesi [45]. Una remissione poco duratura (inferiore a dodici mesi) si è invece dimostrata un fattore
di prognosi sfavorevole in termini di sopravvivenza
libera da eventi (Event-Free Survival EFS) e OS nello
studio di Fenk [39].
Data la sua importanza prognostica, il lasso di
tempo tra il primo autotrapianto e la ricaduta è, dunque, un fattore da tenere presente nella scelta terapeutica al momento della prima recidiva. In
Letteratura, il secondo autotrapianto è consigliato
nei pazienti candidati quando tale intervallo di
tempo è superiore a 1,5-2 anni [46].
Tuttavia, una metanalisi degli studi clinici di fase III,
che ha confrontato differenti trattamenti d’induzione
associati al trapianto, ha riportato una mediana di
PFS di trentasei mesi [24]. Sulla base di questi dati,
l’opzione del secondo trapianto deve essere valutata quando il tempo alla recidiva è superiore a trentasei mesi. Riguardo alla scelta della terapia di reinduzione necessaria prima del secondo trapianto,
non ci sono dati in Letteratura che permettono di
affermare se sia meglio scegliere una terapia a
base di bortezomib o di un altro regime terapeutico.
Data l’assenza di tali dati, la scelta può essere fatta
secondo le indicazioni per la scelta del trattamento
della recidiva senza autotrapianto.
Ritrattamento senza trapianto: bortezomib o IMiD®
Bortezomib. Lo studio multicentrico di fase II
Retrieve, condotto da Petrucci e collaboratori, ha
valutato il ritrattamento con bortezomib o VD (72%
dei soggetti) dopo una prima risposta (almeno parziale) a bortezomib nei pazienti con una recidiva, che
sono stati sottoposti a un numero mediano di due
linee di trattamento precedenti [47]. Alla prima recidiva, il tasso di risposta globale era pari al 67% e il
TTP mediano nei pazienti che hanno ottenuto almeno
una risposta parziale al trattamento di prima linea
corrispondeva a 8,4 mesi. Nel gruppo di soggetti di
età uguale o maggiore di 65 anni, l’ORR ammontava
al 45% e il TTP mediano nei soggetti responder era
pari a 7,9 mesi. Inoltre, in un articolo del 2012, Mohty
e collaboratori hanno riassunto i dati della Letteratura
relativi al ritrattamento con bortezomib dopo la prima
recidiva [46]. Da questi dati è emerso che dopo un
ritrattamento con bortezomib i valori di TTP sono
compresi tra sei e nove mesi e l’ORR tra il 30 e il 60%.
IMiD®. Uno studio condotto da Madan e collaboratori ha valutato l’effetto della terapia con IMiD® (talidomide (T) e lenalidomide (L)) alla recidiva in
pazienti precedentemente trattati con IMiD® [48], il
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Mario Boccadoro, Michele Cavo, Antonio Palumbo
75% dei quali era stato sottoposto ad un trapianto. Il
ritrattamento con lenalidomide ha indotto risposte
globali più alte rispetto al ritrattamento con talidomide (T/L: 48%; L/L: 54%; T/T: 30%; L/T: 30%); infatti,
sebbene la TTP mediana per la popolazione dello
studio sia stata di nove mesi nel sottogruppo di
pazienti trattati e ritrattati, con lenalidomide (L/L)
questo tempo sale a sedici mesi [48].
Cambiamento dell’agente terapeutico:
lenalidomide/desametasone, bortezomib/doxorubicina
liposomiale pegilata e bortezomib/desametasone
Lenalidomide/desametasone. Due studi clinici di
fase III, MM-009 and MM-010, hanno dimostrato che
questa combinazione di farmaci è più efficace nel
trattamento dei pazienti con MM recidivato e/o refrattario rispetto al desametasone in monoterapia [34,
49-50]. Dalle sottoanalisi dei dati di questi due studi,
eseguite da Chanan-Khan e collaboratori, è emerso:
che nei pazienti precedentemente sottoposti a trapianto (n = 210) si ottiene un ORR del 63,1%; e che
non ci sono differenze nella tollerabilità al trattamento tra pazienti sottoposti o meno a trapianto, con
eccezione della neutropenia di grado 3/4, più frequente in pazienti precedentemente sottoposti a trapianto (38,1 vs 27,3%, p < 0,05) [51-52]. Inoltre, i
pazienti con età uguale o maggiore di 65 anni trattati con RD, presentavano un TTP, una PFS e una OS
mediane migliori rispetto ai pazienti trattati con desametasone in monoterapia (TTP: 11,3 vs 4,6 mesi;
PFS: 11,1 vs 4,6 mesi (p < 0,001); OS: 43,9 vs 36,2
mesi (p = NS)).
Bortezomib/DLP. Lo studio clinico randomizzato di
fase III MMY-3001 ha analizzato l’efficacia e la sicurezza della combinazione terapeutica bortezomib/DLP alla prima recidiva e dimostrato la superiorità di tale combinazione rispetto alla monoterapia
con bortezomib [29]. La durata mediana della
risposta (DOR) e il TTP sono, infatti, risultati significativamente prolungati con la combinazione terapeutica bortezomib/DLP: 10,3 versus 6,8 mesi e 9,8
versus 6,3 mesi [53].
Bortezomib/desametasone. Due analisi retrospettive [32, 54] e uno studio clinico di fase II [30] hanno
valutato questa associazione terapeutica nel trattamento della prima recidiva dell’MM. Lo studio di
fase II ha dimostrato un tasso di risposte globali
pari al 66% e una PFS di 8,6 mesi in seguito al trattamento con bortezomib/desametasone [30].
Trattamento della recidiva aggressiva con una
tripletta di farmaci comprensiva di lenalidomide
e bortezomib
Tenuto conto dell’elevata eterogeneità dell’MM e
del possibile sviluppo di sottocloni aggressivi nel
corso dell’evoluzione della malattia durante il trattamento, l’impiego di combinazioni ottimizzate tramite
l’aggiunta di una terza molecola è giustificato in
8
caso di profili aggressivi di recidiva, per i quali è
necessario ottenere una risposta rapida.
Se è necessario conseguire una citoriduzione rapida, la scelta del trattamento terrà conto del fatto che:
• Combinazioni di agenti terapeutici permettono
di ottenere tassi di risposta più elevati;
• Alcune tipologie di farmaci permettono di
aumentare la rapidità della risposta (combinazione con desametasone, dose elevata di desametasone, combinazione con un agente alchilante e combinazione con antraciclina).
Uno studio prospettico multicentrico di fase III,
MMVAR/IFM 2005-04, ha valutato l’effetto di una
associazione terapeutica tripla (VTD) nei soggetti
con MM dopo progressione della malattia / prima
recidiva, rispetto ad una combinazione di farmaci
doppia (TD) [55].
I risultati hanno dimostrato una maggiore efficacia
della tripla associazione: infatti, VTD induceva un
tasso più alto di CR (25 vs 14%, p = 0,024) ed una
PFS mediana più lunga (18,3 vs 13,3 mesi, p = 0,001).
Tuttavia, tali benefici terapeutici erano accompagnati da una minor tollerabilità al trattamento, in particolare da un’elevata incidenza di neuropatie di grado
3/4 (39 vs 12%). Le associazioni triple di farmaci
bortezomib/desametasone/ciclofosfamide, lenalidomide/desametasone/ciclofosfamide e lenalidomide/bortezomib/desametasone nel trattamento
dell’MM in recidiva sono state analizzate in studi clinici di fase II [56-59], che hanno registrato risposte
globali tra il 64 e il 90%, con tossicità variabili.
Risultati promettenti sono stati riportati da studi di
fase II che hanno valutato la combinazione BVD [6061]. Recentemente l'AIFA ha autorizzato l'uso della
combinazione BVD in pazienti con MM recidivato
per i quali non sono disponibili altri farmaci in quanto inappropriati o controindicati (legge 648/96).
Nonostante l’elevata efficacia delle combinazioni a tre
farmaci, la minore tollerabilità al trattamento ci porta a
ritenere che tale terapia sia da prendere in considerazione nel caso di recidive aggressive, per le quali le
triplette più indicate sono quelle associate a minor
tossicità: lenalidomide/desametasone/ciclofosfamide
o lenalidomide/desametasone/bortezomib.
I dati disponibili in caso di trattamento della prima
recidiva in seguito a terapia d’induzione con trapianto autologo sono riassunti nella Tabella 3.
Trattamento della prima recidiva
nel paziente sottoposto a chemioterapia
di prima linea senza terapia
d’intensificazione
Premessa
I due regimi terapeutici più frequentemente utilizzati
nel trattamento di prima linea del soggetto anziano
e/o che non ha i requisiti necessari per sottoporsi ad
un trapianto attualmente sono quelli comprendenti

Il mieloma multiplo alla prima recidiva. Guida al trattamento
Tabella 3 Dati di efficacia delle diverse strategie terapeutiche
adottate in caso di prima recidiva in seguito a terapia d’induzione con trapianto autologo. TTP, Time To Progression,
tempo di progressione; OS, Overall Survival, sopravvivenza
globale; PFS, Progression-Free Survival, sopravvivenza libera da progressione.
In base alle analisi di sottogruppi degli studi registrativi di
fase III, lenalidomide e bortezomib sono, nel complesso,
più efficaci quando somministrati alla comparsa della
prima recidiva:
• con il trattamento lenalidomide/desametasone: TTP prolungato di quasi sette mesi (17,1 vs 10,6 mesi, p = 0,026)
ed OS di più di sei mesi (42 vs 35,8 mesi; p = 0,041) [16];
• con la monoterapia a base di bortezomib: TTP prolungato di due mesi (7 mesi vs 4,9 mesi) [17];
• con il trattamento a base di bortezomib/desametasone in
caso di prima recidiva: PFS mediana pari a 8,6 mesi [30].
Sebbene per i pazienti di età ≤ 65 anni con recidiva o
malattia refrattaria non siano disponibili dati specifici in
caso di comparsa della prima recidiva, in questa popolazione il TTP mediano è pari a 9,8 mesi in caso di trattamento con bortezomib/doxorubicina liposomiale pegilata e
a 11,3 mesi con lenalidomide-desametasone.
Gli studi sul ritrattamento con bortezomib (in monoterapia
o in associazione) rivelano un TTP mediano compreso tra
sei e nove mesi. Il limite principale riscontrabile in questi
studi consiste nel fatto che il ritrattamento con bortezomib
al momento della ricaduta era basato su combinazioni a
due farmaci, il che non corrisponde alla pratica attuale.
Complessivamente, infine, un cambiamento dell’agente
terapeutico permette di ottenere valori più alti di PFS alla
prima recidiva.
bortezomib (MPV) o talidomide (MPT) [10, 60].
Anche in questo caso al momento della recidiva si
pone la scelta tra il cambiamento dell’agente terapeutico o il ritrattamento (cfr. Figure 2-3).
Attualmente, gli agenti terapeutici approvati per il
trattamento del paziente anziano (≥ 65 anni) alla
prima recidiva sono i seguenti:
• Lenalidomide/desametasone. L’analisi dei dati
degli studi MM-009 e MM-010 [52] ha dimostrato
che l’efficacia del trattamento con RD è superiore
alla monoterapia con desametasone anche nei
pazienti con età uguale o superiore a 65 anni. La
maggior incidenza di eventi tromboembolici,
gastrointestinali e anemie riscontrata in questi
soggetti dipende più dall’età che dalla terapia. In
linea con questi risultati, lo studio di Touzeau e collaboratori ha dimostrato un ORR del 62% ed una
PFS mediana di quattordici mesi nei pazienti d’età
maggiore di 75 anni, evidenziando, quindi, un’efficacia indipendente dall’età del paziente [63];
• Bortezomib (monoterapia, con desametasone,
con DLP). Nello studio di San Miguel e collaboratori [53], la terapia con bortezomib/DLP ha
mostrato nei soggetti di età uguale o maggiore di
65 anni un ORR pari al 49%, una DOR di dieci
Strategia di trattamento della prima recidiva
nel paziente sottoposto a chemioterapia
di prima linea senza terapia
d’intensificazione
Anche i soggetti anziani traggono beneficio dall’impiego delle nuove molecole, soprattutto se utilizzate
precocemente nel corso delle linee di trattamento.
Oltre che della terapia che fornisce miglior risposta,
si deve tenere conto dell’eventuale stato di debolezza del paziente e, dunque, effettuare un monitoraggio attento delle tossicità.
Recentemente è stata evidenziata dall’International
Myeloma Working Group l’importanza di una valutazione dello stato di frailty dei pazienti anziani, per meglio
definire la fattibilità di un regime terapeutico [10].
Data l’età avanzata di questi pazienti, ai fini della
scelta terapeutica alla recidiva non bisogna mirare
unicamente all’ottenimento della miglior risposta possibile ed al mantenimento della stessa, ma si deve
tener conto anche di altri fattori tra cui:
• Condizioni cliniche generali;
• Tossicità pregresse;
• Aggressività della recidiva.
Nel caso di un trattamento di prima linea con melfalan/prednisone/bortezomib:
• Se il tempo alla recidiva è < 24 mesi: si raccomanda di cambiare l’agente terapeutico;
• Se il tempo alla recidiva è ≥ 24 mesi, sono disponibili diverse opzioni:
- Cambiamento dell’agente terapeutico;
- Ritrattamento con bortezomib, solo nel caso in
cui non persista all’avvio del trattamento una neuropatia periferica di grado ≥ 2.
Nel caso di un trattamento di prima linea con melfalan/prednisone/talidomide alla recidiva si raccomanda di cambiare l’agente terapeutico:
• Alcuni esperti suggeriscono di considerare la possibilità di cambiare l’agente terapeutico con lenalidomide/desametasone ± terzo agente in caso di
neuropatia e/o lasso di tempo ≥ 24 mesi.
mesi e un TTP di 9,2 mesi, sovrapponibili ai risultati ottenuti nei pazienti di età inferiore a 65 anni.
L’incidenza degli eventi avversi più frequenti è
simile nei due sottogruppi di età.
I dati disponibili dopo le prime linee di trattamento
utilizzate attualmente in Italia nel soggetto anziano,
principalmente MPV e MPT e più raramente melfalan/prednisone (MP), confermano che si osserva
una maggiore efficacia cambiando l’agente terapeutico rispetto al ritrattamento.
Trattamento di prima linea
con melfalan/prednisone/bortezomib (MPV)
Il follow-up prolungato dello studio clinico di fase III
VISTA (che ha valutato l’efficacia della terapia MPV
9

Mario Boccadoro, Michele Cavo, Antonio Palumbo
Dati di efficacia delle diverse strategie
terapeutiche adottate in caso di prima
recidiva nei pazienti anziani
Nei soggetti anziani con recidiva o malattia refrattaria,
la sopravvivenza libera da progressione (ProgressionFree Survival, PFS) mediana registrata con terapie a
base di bortezomib è risultata essere:
• Circa 5,5 mesi in monoterapia;
• Nove mesi in associazione con doxorubicina liposomiale pegilata;
• Quasi nove mesi in caso di ritrattamento.
Il trattamento alla recidiva con lenalidomide/desametasone ha permesso di ottenere PFS mediane comprese tra quattordici e quindici mesi.
Complessivamente, in base ai dati disponibili, il
cambiamento dell’agente terapeutico alla prima recidiva permette di ottenere tassi di risposta (Overall
Response Rate, ORR) e PFS più alti rispetto al
ritrattamento.
versus MP) ha dimostrato che alla recidiva post-MPV
un cambiamento dell’agente terapeutico (trattamento a base di lenalidomide) induce un ORR del
73%, mentre il ritrattamento a base di bortezomib
(in monoterapia o in combinazione) induce un ORR
pari al 41% [64].
Trattamento di prima linea
con melfalan/prednisone/talidomide (MPT)
Lo studio multicentrico eseguito da Michel e collaboratori ha analizzato pazienti con età mediana di
73,5 anni, sottoposti ad un trattamento di prima
linea con MPT e trattati dopo la recidiva con la combinazione terapeutica RD. Questo studio ha registrato una PFS di 11,5 mesi. È da sottolineare che,
con un tempo di remissione dopo MPT superiore a
ventiquattro mesi, la PFS è risultata significativamente più duratura (15,7 vs 7,5 mesi; p = 0,03).
Inoltre, si è registrata una tendenza al miglioramento quando RD veniva utilizzato nel trattamento di
seconda linea rispetto piuttosto che in terza linea
(14,8 vs 8,2 mesi, p = 0,09) [65].
Tre studi retrospettivi hanno valutato l’efficacia del
trattamento con RD dopo un trattamento a base di
talidomide [48, 50, 66]. Tali studi hanno dimostrato
che l’efficacia della terapia con RD, sia in termini di
ORR che PFS non era inficiata dal precedente trattamento con talidomide.
Anche se non ci sono dati relativi all’utilizzo di bortezomib dopo il trattamento di prima linea con MPT,
una sottoanalisi dello studio APEX dimostra che
pazienti che non hanno ricevuto talidomide durante
il trattamento di prima linea hanno un ORR del 48%,
rispetto al 29% di quelli precedentemente esposti a
talidomide [59].
10
Trattamento di prima linea
con melfalan/prednisone (MP)
Lo studio VISTA ha dimostrato che il trattamento alla
recidiva con regimi comprensivi di lenalidomide,
talidomide e bortezomib nei pazienti inizialmente
trattati con MP permetteva di ottenere ORR pari
rispettivamente al 67, 47 e 59% [64].
Parimenti, nello studio MM-015, dopo un trattamento di prima linea a base di MP [67], il TTP mediano è
risultato di diciotto mesi per un trattamento a base di
lenalidomide, dodici mesi per un trattamento a base
di bortezomib e sei mesi per le altre combinazioni.
Ritrattamento con bortezomib
Lo studio clinico Retrieve ha riportato un tasso di
risposta del 65% ed una PFS mediana di 8,4 mesi,
in pazienti di età maggiore a 65 anni ritrattati con
bortezomib [47] mentre studi precedenti avevano
evidenziato una PFS mediana compresa tra sei e
nove mesi e l’ORR tra il 30 e il 60% [47].
Terzo agente terapeutico nel ritrattamento
e nel cambiamento di terapia nel paziente
con età superiore a 65 anni
Nessuno studio di fase III ha valutato una combinazione tripla di farmaci nel trattamento del paziente
anziano alla prima recidiva. Risultati promettenti
sono stati riportati da studi di fase II che hanno valutato la combinazione BVD [60-61, 68], e da altri
studi che hanno investigato la potenzialità della
combinazione bortezomib/lenalidomide/desametasone (VRD).
Posologia e somministrazione
dei trattamenti alla prima recidiva
Bortezomib
L’efficacia e la tollerabilità della terapia con bortezomib, somministrata per via sottocutanea o endovenosa, sono state valutate in due studi clinici di
fase III [33, 69]. Mentre l’ORR, il TTP, la PFS e la OS
sono equivalenti usando le due vie di somministrazione, la tollerabilità al trattamento, in particolare
riguardo alle neuropatie periferiche, si è dimostrata
superiore quando bortezomib è somministrato per
via sottocutanea [33, 69]. Inoltre, in pazienti con
MM recidivato/refrattario la tossicità può essere
ridotta scegliendo un regime di somministrazione
settimanale [70].
Lenalidomide
Diversi studi hanno valutato l’impatto della posologia di lenalidomide sulla prognosi dei pazienti trattati. Sebbene aggiustamenti della dose possano
aiutare a mantenere la terapia nel lungo termine, iniziare il trattamento con una dose elevata è essenziale per il controllo della patologia. Infatti, i risultati
di uno studio su 1.286 pazienti inglesi affetti da MM
Il mieloma multiplo alla prima recidiva. Guida al trattamento
recidivato/refrattario trattati in 185 centri con lenalidomide/desametasone hanno evidenziato una correlazione significativamente positiva tra dosi iniziali
elevate di lenalidomide e durata del trattamento [71].
L’effetto positivo della terapia a lungo termine con
lenalidomide è ormai ben noto: l’analisi degli studi
MM-009 e MM-010 effettuata da San Miguel ha
dimostrato che il trattamento fino a progressione
determina un prolungamento della sopravvivenza
di oltre quindici mesi nei pazienti che hanno ottenuto almeno una PR, rispetto a quelli che hanno interrotto la terapia per cause diverse dalla progressione di malattia (50,9 vs 35 mesi; p = 0,0594).
Tale risultato è consistente con studi precedenti che
hanno dimostrato che il trattamento a lungo termine
con lenalidomide prolunga la sopravvivenza dei
pazienti.
Uno studio retrospettivo eseguito dal 2007 al 2011
ha, inoltre, dimostrato che quando il trattamento
con lenalidomide supera i dodici mesi, la OS
mediana è superiore a quella rilevata nei pazienti in
cui il trattamento è stato interrotto prima dei dodici
mesi senza progressione della malattia (42,9 vs
20,2 mesi; p < 0,0001) [72].
Allo stesso modo, un trattamento proseguito per tre
o più anni è associato ad un aumento della PFS,
rispetto alla stessa terapia effettuata per un periodo
di tempo compreso tra due e tre anni [73].
Anche la qualità della risposta è associata alla
durata della terapia con lenalidomide. Pazienti che
raggiungono una risposta completa o parziale
hanno PFS e OS più lunghe [14].
Pazienti anziani possono ottenere risposte positive
con trattamento fino a progressione della malattia.
Touzeau e collaboratori hanno dimostrato che
pazienti con età maggiore di 75 anni che seguono
questo regime terapeutico raggiungono un ORR e
una durata di PFS simili a quelli ottenuti da soggetti più giovani [63].
Conclusioni
Le diverse opzioni terapeutiche attualmente disponibili per la prima recidiva sono numerose e complicano la scelta terapeutica da parte dell’ematologo, che deve tenere conto di numerosi fattori collegati al paziente, delle caratteristiche del mieloma, dell’efficacia e della tollerabilità ai trattamenti
precedenti.
Gli algoritmi di trattamento presentati in questo articolo hanno l’obiettivo di aiutare nella decisione
terapeutica alla comparsa della prima recidiva nei
pazienti con MM, evidenziando quattro punti
essenziali:
• L’obiettivo del trattamento della recidiva deve
essere l’ottenimento di un beneficio in termini di
sopravvivenza;
• Se il paziente è in buone condizioni di salute, la
sua età non deve limitare l’obiettivo terapeutico;
• Nel caso di pazienti anziani e fragili una valutazione geriatrica complessiva permette di modulare i trattamenti e quindi di garantire il proseguimento della terapia;
• Per ottenere il migliore beneficio da ciascuno
degli agenti farmacologici e ottimizzare così la
strategia terapeutica in caso di prima recidiva,
nella maggior parte dei casi, il cambiamento terapeutico rappresenta la miglior strategia per l’ottenimento di risultati più vantaggiosi per il paziente.
11
Mario Boccadoro, Michele Cavo, Antonio Palumbo
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Note
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Con il contributo non condizionato di
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