ABORTO E DIRITTO DI MAGISTERO SPIRITUALE Il

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ABORTO E DIRITTO DI MAGISTERO SPIRITUALE Il
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ABORTO E DIRITTO DI MAGISTERO SPIRITUALE
Il caso del Vescovo di Padova
La documentazione che qui pubblichiamo ci sembra importante, non solo
per la parte relativa alla sentenza del Tribunale eli Padova che ha prosciolto
mons. Bortignon, Vescovo di Padova, dall'accusa di grave offesa all'ordinamento
giuridico italiano per aver egli qualificato l'aborto come « abominevole delitto »,
ma soprattutto per lu sapienza giuridica e cnlturale delle motivazioni contenute
nel dispositivo della sentenza stessct.
Doc. n . 1 - Denuncia presentata dall'avv. Antonio Testa al Pretore di Padova contro il Vescovo di Padova, mons. Girolamo Bortignon.
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Il sottoscritto Avv. Antonio Testa, con domicilio in Padova, via San
Biagio n. 11, premesso:
- che con indignazione apprende che il Vescovo di Padova, mons. Girolamo Bortignon, in una lettera pastorale in occasione di una cosiddet ta
« giornata per la vita », indetta dalla Chiesa per il 3/ 2/ 80, ha diffuso valutazioni ed espressioni di dispregio di atti legittimi ai sensi delle leggi dello Stato
italiano, arrivando a criminalizzare pubblicamente i fatti stessi: ciò in riferimento alla Legge 22/ 5178, n. 194, «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza », come risulta dagli allegati fogli di stampa che integralmente pubblicano la lettera del Vescovo di
Padova;
- che in particolare l'interruzione volontaria della gravidanza, nelle
forme e nei modi previsti dalla legge suddetta, viene definita « un abominevole delitto, un vero e proprio assassinio», che la summenzionata « legge italiana ha purtroppo legalizzato e sovvenzionato con mezzi sanitari e con pubbliche risorse » tanto che questa strage di innocenti e di vite, che secondo
il Vescovo di Padova sarebbe data dagli aborti volontari sanitariamente e
giuridicamente regolati, avverrebbe, con grave ignominia, «con la tutela e
la sovvenzione dello Stato »;
- che quanto sopra, al di là di evidenziare il grave stato di Incultura
del Vescovo di Padova, la sua palese nostalgia per i tempi in cui le donne
Italiane si dissanguavano e si Intossicavano nei meandri degli aborti clan-
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destini, non è affermazione di principi ecclesiali e di dottrina che si possono
o meno condividere, ma che comunque debbono sempre essere lasciati alla
valutazione della coscienza individuale, bensl concretizza una violenta ingerenza nella valutazione di fatti disciplinati dalla legge Italiana, criminalizzando fatti legittimi, istigando ed eccitando al pubblico dispregio leggi e istituzioni dello Stato repubblicano, che secondo l'opinione del Vescovo mons.
Bortignon non tutelano la salute e i diritti fondamentali dei cittadini italiani
ma operano delitti, Ignominie e stragi! ! !;
- che le espressioni usate dal Vescovo di Padova mons. Bortignon non
appartengono alla sfera morale ma a quella giuridica e Istituzionale, per cui
non può esservi dubbio avere il medesimo gravemente violato la legge dello
Stato, con un comportamento di penale rilevanza.
Ciò premesso, per i fatti di cui sopra, il sottoscritto formalmente
denuncia
mons. Girolamo Bortignon, Vescovo di Padova, per i reati di cui all'art. 327
C.P. e per ogni altro reato che sarà ravvisato dall'Autorità Giudiziaria sui
fatti summenzionati affinché contro lo stesso ed ogni altro correo sia proceduto a termini di legge.
Avv. Antonio Testa
Doc. n . 2 - Richiesta di « non doversi promuovere azione penale » contro
mons. Girolamo Bortignon, presentata dal Procuratore della Repubblica
di Padova, dott. Aldo Fais, al Giudice istruttore del Tribunale di Padova.
IL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA
Visti gli atti, Rileva:
Dalle espressioni riferite tra virgolette nella denuncia, benché avulse dal
loro particolare contesto, si ricava agevolmente che oggetto di doglianza sono
le seguenti frasi della lettera pastorale del Vescovo:
« Il fenomeno più preoccupante, in questo vastissimo settore di valori
umani compromessi, è quello offerto dal diffondersi sempre più indiscriminato dell'aborto volontario come mezzo innocuo e lecito di ovviare a veri o
supposti Inconvenienti: aborto che, come sappiamo, la legge italiana ha purtroppo legalizzato e sovvenziona con mezzi sanitari e con le pubbliche risorse ».
« Di fronte al diffuso silenzio e all'apatia dei singoli e di istituzioni, la
Chiesa sente preciso n dovere di dire a chiara voce che l'aborto volontario è
un "abominevole delitto" (G.S., 51), un vero e proprio assassinio ».
Un quotidiano, riferendo recentemente citca il premio Nobel dato a Madre
Teresa di Calcutta, riportava anche le dichiarazioni da lei fatte nel corso di
un ricevimento ufflciale. « Ella ha detto, rivolgendosi alle donne svedesi che
praticano l'aborto: "Siete tutte assassine. Dovete ravvedervi e riparare al
delitto che avete commesso prendendovi cura dei bambini degli altri, dando
loro l'amore che avete negato ai vostri figli. La Svezia è una delle nazioni
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più povere del mondo, p9rché permette l'aborto legale, togliendo ai non nati
il diritto alla vita". · Questo è parlar chiaro! E' il parlare del cristiano, il
quale (come insegna Gesù) deve dire "sì, sì; no, no" (Matt. 5, 37), cioè affermare sempre e dovunque la verità, anche col rischio di diventare impopolari».
Non sembra che dall'intero contesto di queste proposizioni, ancorché se
n e vogliano sottolineare alcune espressioni particolarmente forti e icastiche,
emerga alcunché che suoni disprezzo per chicchessia, e tantomeno quel d isprezzo per le istituzioni che caratterizza la fattispecie di cui all'art. 327 C.P.
Anzitutto, quando si assume che l'aborto è un « abominevole delitto», poi
specificando che la sua carica di illiceità è quella dell'assassinio, non bisogna
dimenticare che tali caratterizzazioni sono riferite per l'appunto all'aborto.
Cosicché, quando pure stessero a significare un eccitamento al dispregio
dell'atto medesimo, anziché, più propriamente, un energico invito a non compierlo, il fatto resterebbe ben lungi dal costituil·e reato. E ciò per la più radicale delle ragioni: l'aborto è un'azione lecita a certe condizioni per l'ordinamento italiano e illecita invece per altri ordinamenti; ma, senza ombra di
dubbio, nemmeno per l'ordinamento Italiano può dirsi che sia un'Istituzione,
dal momento che con tale parola si intende ovviamente alludere a t utti quei
soggetti, monocratici o collegiali, nei quali si incentrano pubblici poteri o
pubbliche funzioni (cfr., per tutti, Manzini, Tratt. dir. pen. it., vol. V, 1950,
p. 273).
Peraltro, è da negare altresl che le espressioni appena riportate possano
in qualche modo venir intese nei termini di un « disprezzo » cui l'ordinamento statale debba dare rilievo. Sicw·amente si tratta, sì, di un giudizio di
disvalore, ma tale giudizio resta chiaramente entro i confini di una valutazione scopertamente religiosa: non soltanto perché è formulato da un Vescovo in una lettera pastorale, m a anche e soprattutto per ché, riportato tra
virgolette come «abominevole delitto», reca tra parentesi le iniziali del documento « Gaudium et Spes » che notoriamente racchiude l'insegnamento
fondamentale e conclusivo del Concilio Vaticano II. Tale insegnamento, del
resto, è perfettamente conforme a quanto dispone il diritto canonico, per il
quale l'aborto è proprio un assassinio e come tale qualificato t ra l delitti
contro la vita puniti tra l'altro con la scomunica « latae sententiae ». Di più:
che a questo insegnamento di teologia morale cattolica e di diritto canonico
ci si richiami nel presente passo, è evidente non foss'altro per la ragione che
altrimenti avrebbe senso chiamare delitto ciò di cui si dà atto ch e è consentito dalla legge italiana. Se questo è vero, tuttavia, la conclusione è evidente:
il significato di disvalore resta una annotazione articolata sui parametri di
una morale e di un ordinamento che, in questa materia, non sono quelli stessi
dello Stato italiano; ragione per cui quest'ultimo sarebbe in grave contraddizione con la sua stessa laicità se, dopo averli rifiutati, a quei parametri di
giudizio e a quei valori pretendesse di rifarsi.
O in altre parole. All'interno di uno Stato laico, la critica di non seguire
alcuni orientamenti religiosi che lo Stato stesso considera estranei al proprio
tessuto etico, non può costituire oggetto di un divieto: ciò equivarrebbe addirittura a rinnegare l'indifferenza a quei valori che dà sostanza a quella
laicità. E tanto meno l'ordinamento medesimo può sentire come un pericolo
al prestigio delle istituzioni il fatto che i cittadini siano posti nelle condizioni
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di avvertire con tutta la desiderabile chiarezza il significato e le dimensioni
concrete di quel distacco tra Stato e Chiesa che, in un particolare settore,
contrassegnano la laicità del primo.
D'altronde, neppure ·muta la sostanza delle cose che alla legge italiana
venga addebitato di consentire l'aborto. Si può invece facilmente obiettare
che anche in tale sua parte la condotta denunciata resta assolutamente a l
di fuori del fatto tipico. Nell'art. 327 le istituzioni sono affatto distinte dalle
leggi: le prime, infatti, possono rappresentare il bersaglio di un eccitamento
al dispregio; le seconde, invece, soltanto di un'istigazione alla loro disobbedienza, nel caso di specie del tutto assente in quanto quella sull'aborto non
è una legge che contenga degli imperativi, bensi piuttosto una normazione
attributiva di facoltà <cfr., per tutti, Manzini, op. e loc. cit.).
Si deve avvertire, infine, che non sarebbe pensabile argomentare il
dispregio dell'istituzione in via, per cosi dire, indiretta, alla stregua di un
sillogismo secondo il quale una volta qualificato negativamente l'aborto, un
eguale giudizio di disvalore dovrebbe colpire la legge che lo consente e, da
ultimo, il Parlamento che quella legge ha formulato. Anche a voler sorvolare
sul fatto che, se è vero quanto precedentemente si è detto, manca la condizione prima di tale preteso sillogismo; per renderne comunque surrettizi i
passaggi, basterà far capo a un principio addirittura ovvio. Tutti sanno, !nvero, come la legge sia dotata di una vita e di una autonomia proprie, per
cui una volta formulata essa si distacca dall'organo che le ha dato vita: con
il naturale corollario che il riferimento alla legge, anche quando fosse di per
se stesso critico fino al vilipendio, non si estenderebbe affatto a chi quella
legge ha posto in essere (cfr., per tutti, Trib. Firenze, Ufficio Istruzione 13.3.79,
in « Giur. It. », 1980, II, c. 222 e segg., ed ivi nota adesiva di Vendittl, Omelia
di un Cardinale e vilipendio del Parlamento).
Le osservazioni svolte fino a qui dimostrano nel più evidente dei modi
che il reato non sussiste per difetto della tipicità della condotta, che non è
di eccitazione al dispregio e, tanto meno, di dispregio delle Istituzioni. Ma
quando anche tali osservazioni non apparissero in tutto e per tutto convincenti, resterebbe ancora da dil·e che una siffatta condotta sarebbe pw· sempre
non costitutiva di un reato per essere stata compiuta nell'esercizio di un
diritto: ovviamente - e prima di tutto - del diritto alla libera manifestazione del pensiero, quale è delineato dall'art. 21 Cost.; e poi del diritto allo
svolgimento del magistero spirituale che all'Ordinario Diocesano compete in
virtù dell'art. 2 del Concordato e dell'art. 7 Cost.
Quanto al diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, senza
dilungarci in citazioni e considerazioni d'altronde notissime, basterà qui un
riferimento magari molto empirico e però quanto mai convincente. Tutti
sanno che, dal '53 in poi, è consuetudine qualificare una certa legge elettorale come « legge truffa ». L'etichetta non è certo di quelle che muovono al
plauso: eppure a nessuno è mai venuto in mente di incriminare una condotta
siffatta. E la Suprema Corte, in virtù dello stesso principio di libertà critica,
è andata anche più in là, affermando, ad esempio, che non costituisce vilipendio del Governo la frase secondo la quale « esso fa tutto il possibile per
far rinascere il fascismo» (cfr. Cass. 16.7.1953. in « Riv. I t. Dir. Pen. », 1954,
p. 152). Orbene, se di espressioni siffatte si riconosceva la liceità negli anni
'50, un eguale riconoscimento pare tanto più doveroso, negli anni '80, rispetto
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a un testo che, !ungi dall'essere testimonianza di incontrollato malumore, si
qualifica nell'ambito di un ragionato e garantito magistero spirituale. Non è
dubbio, infatti, che le espressioni oggetto del presente giudizio vadano intese
nei termini di un giudizio critico assai severo. Resta il fatto, però, che esse
sono pronunciate da un Vescovo per esortare i fedeli a non commettere un
peccato per la dottrina cattolica gravissimo. E' naturale quindi che, ad evitare
equivoci nei fedeli, occorra dire che la gravità del peccato resta la medesima
anche se la legge dello Stato lo consente. Ed è lapalissiano add irittura che
una tale condotta sia tra quelle previste dall'art. 2 del Concordato. Altrimenti, non si vedrebbe davvero quale mai libertà « di go~erno spirituale dei
fedeli>> sarebbe quella che dovesse arrestarsi - magari· fingendo di aderirvi
di fronte ai valori diversi fatti propri dallo Stato in qualche sua legge.
Coerentemente alle esposte premesse - V. l'art. 74 C.P.P.
chiede
ch e il Giudice istruttore dichiari di non doversi promuovere l'azione penale.
Padova, 11.7.1980
Doc. n. 3 - Sentenza con cui il Giudice istruttore del Tribunale di Padova
dichiara « non doversi promuovere azione penale
mo Bortignon.
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contro mons. Girola-
IL GIUDICE ISTRUTTORE DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Visti gli atti relativi all'esposto dell'avv. Antonio Testa contro il Vescovo
di Padova mons. Girolamo Bortignon
Vista la richiesta del P.M. ed accoltane la motivazione
Visto l'art. 74, 3• cpv C.P.P.
dichiara
non doversi promuovere azione penale
Padova, addl 17.7.1980
IL CANCELLIERE
IL GIUDICE ISTRUTTORE
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JoiiN BAssETTi
JEAN BASSETTi
JoiiANN BAssETTi
JAN BASSETTi
JoiiANNES BAsSETTi
AIHMoaaHHIII &acceTTIII
JuAN BAssETTi
Giovanni Bassetti.150 anni di storia: dal piccolo negozio del1830
all'azienda mondiale degli "anni ottanta".
150 anni fa
Giovanni Bas setti iniziava
con un piccolo negozio.
Piccolo come spazio, ma già
grande come Idee.
Dinamico. creativo,
sempre alla ricerca
del piil alto livello qualitativo
nel settore del tessile.
E quando le idee sono
buone, fanno presto a
moltiplicarsi. Proprio come e
successo al negozio di
Giovanni Bassetti che ha visto
i suoi prodotti entrare nelle
vetrine di tu tto Il mondo.
Oggi la realta Bassetti
e anche la Bassetti France,
la Bassetti Deutschland,
la Bassetti Great Britain,
la Bassetti Espaiiola.
Questo in Europa.
Nel mondo è anche Bassetti/
Springs negli Stati Uniti e
Bassetti/S elkon in Giappone.
Oggi la realtà Bassetti
e sempre una costante
ricerca di modi nuovi di vivere
la biancheria e l'arredamento
per la casa. Ma non solo;
oggi e anche un nuovo modo
di vivere io sport, con la nuova
linea SPORTI ME.
Insomma 150 anni
di storia Bassetti, sono anche
la storia del tessile.
liasseHI:150 anni di idee nuove, per tutto il mondo.