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I
Antonio Mezzasalma aveva contemplato il penultimo
tramonto dall’oblò a 10.000 metri sette mesi addietro, ritornando dalla terra di Sicilia. Le venature iridescenti di
luce ghiacciata si accalcavano sulle estremità dell’ala sinistra, rendendola pelosa per la brina. Quel soffio irriverente
di aria condizionata spiovuto sopra la sua testa lo impressionò, tanto che cercò la mano di lei, di Alessandra.
Teneramente si perse dentro il suo sguardo a mandorla.
Lei ricambiò. Non si era neppure rifatta il trucco per la
partenza, glielo lesse il dito di Antonio, scivolato lungo
il taglio delle palpebre. Il giorno prima, il commissario
Mezzasalma e l’antropologa si erano dati appuntamento
presso la Villa Gianetti di Saronno accarezzata dal torrente
Lura, all’angolo tra le vie Manzoni e Roma, per confermare civilmente la loro unione. All’ingresso del porticato,
Antonio si era fermato ad ammirare la riproduzione della
Madonna del Lippi, in attesa che sopraggiungesse il sindaco. La storica struttura cittadina in cui vengono conservati
graffiti e tele di nota artistica fu costruita intorno agli anni
’20 dalla famiglia Gianetti, in stile Rinascimento lombardo. In cuor suo il commissario desiderava la partecipazione di pochi amici estesa ai suoi più stretti collaboratori, ma
evidentemente il fatto in sé fu oggetto di ovvia curiosità da
parte dei propri concittadini tanto da indurre il Comando
dei Vigili Urbani di Saronno a prendere cautelative misure
di sicurezza. Già dalle prime ore del mattino, il tratto di
via Roma antistante Villa Gianetti era luogo di presidio del
noto vigile urbano soprannominato ‘Brufolo’, il quale poté
dare libero sfogo alla sua autorità, realizzando una marea
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di contravvenzioni per sosta vietata, nonostante il divieto
fosse stato segnalato in tempo, tramite l’ordinanza del sindaco. Adesso Antonio Mezzasalma era rilassato sulla poltrona dell’aereo e sorrideva con questi e altri ricordi, mentre il volo destinazione Palermo era appena iniziato ad alta
quota. Luglio e il mare siciliano lo stavano corteggiando.
‘Chissà se mi basteranno otto settimane’ elaborò sornione rubando con gli occhi i primi raggi di sole spalmati
sulle creste dei ghiacciai perenni delle Alpi, lasciate dietro
alla fusoliera. Il ricordo di San Vito con il figlio divenne
vivido sulla retina, con l’ultimo fotogramma della giornata
spesa presso l’amico d’infanzia Gino, il reggente del faro.
Ancora un’ora e venti circa di volo, poi avrebbe abbracciato la sua terra.
Settimane prima aveva perfezionato l’intrigante rimpatriata con l’ex istruttore Angelo Ardizzone, che di lì a poco
avrebbe trovato ad attenderlo all’aeroporto Falcone e
Borsellino. Inevitabilmente, se lo immaginò così come lo
aveva lasciato vent’anni prima, dalla voce ferma, sicura in
mezzo alle sagome del poligono, quando frequentò l’Accademia di tiro.
Sentì il refolo caldo di scirocco risalire, ma lui, imperterrito, non allargò il nodo dell’immancabile cravatta di
seta.
“Non avrai caldo, Antonio. Hanno messo l’aria condizionata a manetta. Mi sembra di stare in sala autopsie”
mormorò Alessandra.
Sorrisero complici, pensando alla loro prima vacanza
da novelli sposi. Good feeling per corpo e mente, l’ideale
tra mare, sole e sabbia. Ad accoglierli, non il resort con
camere da centocinquantasette euro a notte ma l’ospitalità
siciliana, nel buon nome di chi l’offriva. L’ex istruttore gli
aveva per l’occasione messo a disposizione la sua villetta, come si conviene da queste parti. Antonio Mezzasalma
ritornava metaforicamente a respirare i profumi di zagara.
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Paradossale la novità al proprio fianco? No, sapeva
di essere se stesso rinnovato, perché la prospettiva degli
eventi scorreva tra fiducia e insicurezza, sapendo che non
poteva adattarsi all’immagine che gli altri avrebbero voluto. Questo era il punto da cui partire.
La sua terra, quell’incontro tanto speciale e inatteso,
lo indusse a fare discorsi nostalgici di fine serie, da compagni di scuola. Proprio quando era a Palermo, durante la
sua preparazione al poligono di tiro conobbe personaggi
di grande esperienza, come John Philsingleton che istruì
numerosi militari e agenti di polizia, compresi i famosi
gruppi speciali quali l’FBI, i Navy Seal e l’USMC.
Tra tutti, gli era rimasto nella mente quanto nel cuore
Angelo Ardizzone, palermitano di borgata come lui. Gli
aveva insegnato ad agire con l’arma in piena sicurezza soprattutto in situazioni limite, dove lo stress era pane quotidiano, migliorando la destrezza nel tiro e sviluppando la
concentrazione, quando l’analisi degli eventi va gestita in
rapida successione.
Chiuse gli occhi, riuscendo persino a trasferire la mente
nel ricordo di strade caotiche, nel traffico della città natale
all’ora di punta.
Il tempo trascorse veloce e si perse anche la fase
dell’avvicinamento alla Sicilia e il relativo atterraggio.
Scesero dalla scaletta posteriore, da perfetti turisti informali, e si unirono al resto della spicciolata proveniente
dal portello anteriore, mentre col gesto OK del suo pollice
salutò la simpatica hostess della compagnia di bandiera,
dalla fluente chioma sulla divisa.
Alessandra a fianco, non a braccetto, lasciava scivolare
dall’eburneo collo la sciarpa in viscosa color vinaccia. L’eleganza del portamento nel suo look semplice le conferiva
mistero e al contempo un’aria bohémien-chic. L’arricciatura e le pieghe modellate sotto il seno le davano un non
so che di romantico. Le maniche della blusa color panna
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erano arrotolate a tre quarti, lasciando imbiondire la tenue
peluria.
L’accarezzò il soffio asciutto di brezza. Trenta passi dei
suoi prima di raggiungere insieme al marito il bus, con i
profumi estivi intensi già raccolti, come dentro quel bouquet di colore azzurro intenso del cielo e il nero cupo della
pista asfaltata.
Strizzò l’occhio al compagno: “Passiamo da Palermo?”
domandò con l’idea di cercare una spiaggia per fare il bagno.
“Non adesso. Ti voglio portare a visitare i vicoli intorno alla Cattedrale, i cortili della città più bella del mondo.”
L’accattivante risposta di Antonio Mezzasalma tradiva
l’emozione per l’incontro speciale di lì a breve, tanto che
un’improvvisa tonicità lo raggiunse quando scesero dalla
navetta e misero piede all’interno dell’aerostazione. Vide
subito di fronte un grande pannello pubblicitario della Sicilia; proseguì lungo il percorso obbligato per il ritiro del
bagaglio.
La successiva visione di un altro cartellone gli dilatò
mente e cuore. Si fermò. Lesse, con voce piena: “IMPEGNO, FORMAZIONE, CRESCITA, FUTURO.”
Anche Alessandra sostò davanti alla pubblicità.
Un anno da volontario nell’Esercito ti forma per la vita e ti
dà la libertà di scegliere chi sarai
“Su, andiamo, siamo in vacanza” mormorò appena con
aria sbarazzina, il sorriso misto a una tipica smorfia di suo
marito.
Mezzasalma era visibilmente teso; gli sarebbe bastata
la radice di liquirizia, ma non l’aveva portata dietro. La
sua discesa in Sicilia era uno svago da condividere con la
moglie, non voleva stress o altro.
Così dopo il recupero del bagaglio la fotocellula acconsentì l’apertura verso la massiccia presenza di quanti
attendevano assiepati.
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Tentò di riconoscere l’ex istruttore dai ricordi, sulla
base dell’identikit, come da addetto ai lavori. Si soffermò
davanti alla prima decina di volti. Meno di dieci secondi
in totale.
‘Non è lui, neppure questo qui’ reiterò mentalmente
valutando la possibilità che non fosse lì in mezzo ad attenderlo, quando udì dall’altoparlante: “Il dottor Antonio
Mezzasalma è atteso presso l’ufficio di polizia... Il dottor
Antonio Mezzasalma è atteso presso l’ufficio di polizia...”
Si voltò guardando la moglie. Un lampo negli occhi.
Mentre allungava l’andatura, tirandosi dietro il trolley nero
in pelle, ancora si domandava perché avesse scelto quella
forma plateale per dar forma al loro incontro dopo oltre
vent’anni.
La capacità di metabolizzare le novità può alle volte
trasformarsi in icona. Di sicuro ad Antonio Mezzasalma
riusciva bene l’arrampicata sugli specchi insaponati. Per
la seconda volta, conoscendolo a fondo, avrebbe trovato
panacea nell’amata liquirizia. Girò a destra seguendo le
frecce in alto; lì in fondo c’era il comando di polizia.
A circa cinquanta passi c’era una carrozzina motorizzata per invalidi con un uomo di mezz’età che teneva le
braccia completamente spalancate e rideva.
Gli eventi alle volte ti si parano addosso in rapida successione. Ebbe un attimo di comprensibile esitazione, cancellato subito dopo. Man mano che si avvicinava leggeva
i dettagli nel volto, sino a riconoscere pienamente il suo
ex istruttore di tiro Angelo Ardizzone. La faccia allegra e
spaziosa era tutta lì, accomodante come sempre.
Finalmente anche Antonio spalancò le braccia andandogli incontro.
“Quattro ossa e una banana! Visto che non mi sono dimenticato degli amici?” esordì Angelo con un’overdose di
buonumore. Entrambi furono percorsi dal medesimo brivido.
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“Amuninni, pigghiati i valiggi. Te l’aspettavi questa
sorpresa?” e allungando la mano verso la compagna di
Antonio completò la frase di presentazione:
“Felicissimo, Angelo. Sei una picciridda. So tutto di te,
Alessandra. Se no, che ex poliziotto sarei?” rivolgendosi
all’amico.
“Ci sei rimasto male a vedermi così? Otto anni fa ero diventato un pezzo di carne con gli occhi, praticamente quasi
morto. Ho avuto un terribile ictus, a momenti ci restavo.”
Quell’aria familiare rassicurò immediatamente Antonio, come se non si fosse mai trasferito al Nord per lavoro,
e i pochi minuti d’intrattenimento con l’ex istruttore ufficiale di polizia avevano rimosso le sue fatiche quotidiane.
Intanto che l’Opel Corsa scivolava disinvolta sul nastro
autostradale, lo sguardo magnetico di Mezzasalma guardava dall’alto il ricamo del mare con la città natale alle
spalle, verso l’agognata vacanza a Cefalù.
Grazie ai preziosi insegnamenti, Antonio Mezzasalma,
il commissario della mobile di Saronno, era quello che era,
l’antieroe per eccellenza per il quale l’obiettivo principale
rimaneva quello difensivo, ossia come rendere inoffensivo
l’avversario sebbene armato.
Aveva imparato a dominare le aspettative degli eventi,
ma in quell’occasione, nel vedere l’amico seduto sulla carrozzina, comprese quanta strada avesse da percorrere, perché non si sentì affatto a proprio agio accanto ad Angelo.
Durante gli anni precedenti aveva vissuto all’ombra di
una sana quanto disinteressata amicizia, nel valore sublime che rappresentava.
“Angelo, non ti sei sposato?”
“Ho troppi difetti per trovarla. Credi che con quello che
mi è capitato sarebbe una donna felice?”
“Ma cosa stai dicendo?” domandò motivato.
“Sai, mi sembra ieri quando andammo insieme alla battuta di caccia al cinghiale, ricordi Antonio?”
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Alessandra intanto se la rideva per nulla annoiata.
“Altroché. Un’esperienza di vita che mi porto addosso.
Quei giorni di caccia rappresentano il mio matrimonio con
la professione del commissario.”
Soddisfatto gli rispose: “Ricordi proprio tutto, Antonio?”
La sua domanda richiedeva una risposta altrettanto rapida quanto l’uso della carabina semiautomatica a canna
liscia.
“Sì, ricordo tutto, anche quante volte mi avrai ripetuto
il termine scientifico del cinghiale: sus scrofa.”
“Che memoria hai Antonio” rispose Angelo compiaciuto nel riascoltare quel termine da occasione venatoria,
tanto che se la prese davvero comoda nella guida, rallentando vistosamente, scalando addirittura di marcia, facendo bestemmiare i pistoni.
Il commissario, dal canto suo, orgoglioso dei ricordi,
iniziò a macinarli alla stessa stregua dei chilometri masticati dai pneumatici dell’auto. I raggi affilati del sole imperterriti tagliavano l’asfalto nero da poco rifatto dall’ANAS, molle come fosse burro.
Intanto continuava a guardare fuori dal finestrino, curioso di trovare una similitudine tra le punte delle agavi
disseminate lungo lo spartitraffico e le unghie curate di
una donna. Assaporò l’odore del mare lontano che sopraggiungeva dal dominio salmastro di folate di vento, sull’autostrada assolata, dormiente e omertosa.
Riprovò il piacere di respirare il candore e al contempo
la spregiudicatezza di quelle realtà che un tempo gli appartenevano.
Tacitamente Mezzasalma incrociò le dita e decise di
corteggiare il silenzio, osservando tutto con il retrogusto
della novità. Davanti, oltre il parabrezza, vide una tovaglia
di cielo azzurro talmente saturo che pareva una cartolina
dai colori smaglianti e vividi.
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Angelo Ardizzone al contrario voleva parlare, fargli sapere che dopo anni di ricerca nel mondo dei collezionisti di
armi belliche era riuscito finalmente a coronare quel sogno.
Senza indugio frantumò il silenzio, sicuro di farcela,
di non sprecare l’occasione, ora che la mèta era a portata
di mano. Gli mise sulle ginocchia un ritaglio di giornale,
appena più grande di un francobollo per posta aerea.
“Leggi Antonio” esordì con un tono quasi imperativo.
“Eh?” fece l’altro mordendosi il labbro inferiore.
Lo raccolse e lesse:
Cerco Mod. 1901 SCHWARZLOSE la “PERFECT”
Angelo cell. 3382621958
Gli fece i complimenti perché dal sorriso incontenibile
si capiva soprattutto che l’aveva acquistata. Poi alla sua
maniera, alle volte indelicata, gli mollò una battutaccia,
per la quale Angelo smise di ridere.
“Scommetto che non avresti messo l’annuncio per trovarti moglie!” disse caustico, restituendoglielo sul cruscotto arroventato dal sole.
“...Il sogno di una vita in mezzo alle armi, qualcosa di
più che può capire solo chi condivide” rispose non polemico ma lasciando intendere che aveva a fianco la persona
sbagliata.
“Angelo, scusami, non volevo sfotterti. Lo sai come la
penso sulle armi in generale. Ognuno ha i propri hobby, ci
mancherebbe altro.”
“Okay, quando una sera di queste vuoi venirmi a trovare...”
“Inviti solo Antonio?” domandò a bruciapelo Alessandra dietro le quinte.
“No, se vuoi venire a casa mia fai pure. Di una cosa
ti prego, te la dico subito senza girarci intorno e restiamo
buoni amici...”
Lei aveva intuito dove voleva andare a parare, tanto
che interrompendolo l’anticipò.
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“D’accordo, non farò la donnina di casa. Intendevi questo?”
Angelo rise, battendo i palmi aperti sul volante.
“Sapevo che fossi una formidabile antropologa forense. Che leggessi dentro la mente no” sentenziò asciutto.
“Tranquillo, è una compagna ideale che non ama spolverare, stirare e rassettare la casa. Una donna anomala, direi.”
“Sei fortunato, Antonio. Andate fuori a pranzo e a cena?”
“Ci arrangiamo in due senza pretese.”
“Complimenti ragazzi, non l’avrei mai detto.”
“Dai, nessuno è perfetto!” rispose al volo Alessandra.
“Su questo ti sbagli. Quando verrete da me una sera vi
presenterò lei, la sublime perfect... È assolutamente meravigliosa. Nella mia lunga esperienza ho visto e maneggiato
centinaia di Luger, di Mauser. All’incirca una quarantina
di Borchardt, dieci Schwarzlose Standard, tre GabbettFairfax... la famosa Mars, ancora tre Schonberger-Laumann, ma una sola Schwarzlose mod. 1901, che credevo
fosse l’unica privata in circolazione. Mi sbagliavo.”
“Ti ha proprio stregato, ne parli da...”
“Innamorato. Sì, è il termine azzeccato. È vero quando
diciamo di conoscere le cose che si amano. In effetti, mi
basta un solo pezzo smontato per identificare arma, modello e calibro, con possibilità di errore zero. Pazzesco?”
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