prevenzione difetti congeniti , diagnosi prenatale

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prevenzione difetti congeniti , diagnosi prenatale
PREVENZIONE DEI DIFETTI CONGENITI
E
DIAGNOSI PRENATALE
Dr.ssa
Chiara
Boschetto,
specialista
in
ostetricia e ginecologia
Dr. Umberto Colombo, specialista in ostetricia
e ginecologia
Dr.ssa Faustina Lalatta, specialista in genetica
medica
Dr. Guglielmo Zuliani, specialista in ostetricia e
ginecologia
CONTENUTI
Prima della gravidanza
L’acido folico
DNA, geni e cromosomi
Diagnosi prenatale delle anomalie cromosomiche
Villocentesi
Amniocentesi
Diagnosi prenatale delle anomalie genetiche
Le malattie infettive
Ecografia ostetrica
Ecografia 3D e 4D
Ecocardiografia fetale
Test di screening
PRIMA DELLA GRAVIDANZA
Questo opuscolo è rivolto a
tutte le donne che:
1 hanno deciso di avere un figlio
2 pensano, in futuro,di avere un figlio
3 sono all’inizio della gravidanza
La prevenzione dei difetti congeniti
I bambini nascono quasi tutti sani (97%), ma quando si aspetta un bambino, ogni coppia si
chiede: “andrà tutto bene? Sarà sano? Avrà problemi? “
Lo sappiamo : alcuni bambini, purtroppo, nascono con malattie o con malformazioni.
Molto spesso questi difetti si sono realizzati prima della nascita e per questo si definiscono
congeniti . Qualcosa, durante la gravidanza, ha danneggiato il bambino o gli ha impedito di
svilupparsi in modo normale. Le cause dei difetti congeniti sono diverse e spesso impreviste.
Alcune, però, si possono prevedere e prevenire. Per questo semplici misure preventive sono
doverose : ogni donna, oggi, ha la possibilità di fare qualcosa per diminuire la probabilità di
avere un bambino con un difetto congenito .
La salute della mamma influenza lo sviluppo del bambino
Il feto eredita il patrimonio genetico dai genitori: esso determina parte del suo aspetto
fisico (per esempio il colore degli occhi e dei capelli ), del suo sviluppo mentale e anche , in
parte, la sua futura salute.
Il feto durante la gravidanza è però influenzato da un altro aspetto importante : l’
“ambiente” in cui si sviluppa, che è il corpo della sua mamma. Per questo lo stato di salute,
l’alimentazione, le abitudini di vita e l’ambiente in cui vive sono importanti.
Mentre non è possibile, per ora, modificare la costituzione genetica dei genitori per evitare
malattie ereditarie, sulla componente “ambientale” possiamo fare molto. E’ questo lo scopo
principale della consulenza preconcezionale.
Perché prima della gravidanza
Quasi tutte le donne, quando si accorgono di aspettare un bambino, cominciano a prendere
precauzioni e a curare di più la propria salute.
Gli organi del feto tuttavia, si formano nelle prime settimane di gravidanza, nel periodo che si
chiama embrionale. Entro dieci settimane i diversi organi sono già completamente formati(il
cuore entro 6 settimane, il sistema nervoso centrale entro 7 e gambe e braccia entro 9).
E’ più o meno a questo punto che la mamma scopre di essere gravida : in genere , fra la
sesta e l’ottava settimana, a volte anche più tardi. A quel punto, l’embrione ha già compiuto
buona parte del suo percorso di sviluppo. Soprattutto, gli organi che possono essere colpiti da
malformazione sono già formati, ed è tardi per evitare che si determinino danni o difetti.
Ogni donna che si trova nella possibilità di iniziare una gravidanza deve pertanto
pensare a preparare per il suo bambino un ambiente idoneo già prima che la
gravidanza cominci.
La consulenza ( preconcezionale) consiste inizialmente in un colloquio e in un controllo
dello stato di salute della coppia , con l’obiettivo di
• individuare l’eventuale presenza di malattie ereditarie nelle famiglie dei futuri genitori
• individuare altre possibili fonti di rischio (es. mancata vaccinazione)
• decidere quali esami di laboratorio effettuare
• fornire alla coppia tutte le informazioni e i consigli utili sullo stile di vita in vista di una
gravidanza
Le alterazioni
genetiche
Le anomalie genetiche possono riguardare i cromosomi o i geni. ( vedi capitolo sulla diagnosi
prenatale).
In generale, per identificare eventuali fattori genetici familiari bisogna
raccogliere l’anamnesi cioè la storia della famiglia di origine. In particolare si cerca di
raccogliere i dati che riguardano malattie progressive, ritardo mentale o malformazioni in
parenti vicini, abortività ripetuta oppure danni sensoriali (sordità o cecità).
Questa ricerca a volte preoccupa la coppia, e può portare qualcuno a evitare questa indagine
per “ non sapere”. Sapere permette di agire consapevolmente, il non sapere non elimina il
problema.
Le malattie materne croniche
Se la donna ha una malattia cronica è indispensabile che prima di iniziare una
gravidanza faccia il punto della situazione con il gruppo di medici curanti per individuare il
momento più opportuno per iniziare una gravidanza ed il trattamento che sia in grado di
controllare bene la malattia con il minimo rischio per lo sviluppo del bambino.
Malattie croniche che richiedono attenta valutazione in gravidanza
1  Ipertensione arteriosa
2
Diabete mellito
3 Epilessia
4 Malattie cardiovascolari
5 Malattie della tiroide e del sistema endocrino
6 Lupus eritematoso sistemico o altre malattie autoimmuni
7 Malattie trombofiliche e del sistema coagulatorio
8 Nevrosi ansiose, depressive o simili
9
Malattie neurologiche
10 Malattie tumorali
Uso dei farmaci
I farmaci possono essere dannosi se presi in modo casuale e non controllato.
Nel periodo preconcezionale e durante la gravidanza va rispettata, con maggiore
attenzione del solito, la regola fondamentale di utilizzare una medicina solo se
prescritta dal medico.
Durante la consulenza preconcezionale la donna deve indicare al medico tutte le medicine,
assunte anche occasionalmente, per farsi consigliare se e come continuare a prenderle.
I farmaci potenzialmente dannosi allo sviluppo del feto sono pochi e destinati, per lo più, a
malattie specifiche; il loro uso va discusso col curante.
Farmaci potenzialmente dannosi durante il periodo embrionale
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Warfarina (anticoagulante usato per terapie prolungate)
Acido valproico, carbamazepina, fenitoina, trimetadione (farmaci antiepilettici)
Ormoni ad azione androgena (dietilstilbestriolo- in disuso-)
Acido retinoico (usato per gravi forme di acne e malattie della pelle)
Litio (farmaco per disturbi psichiatrici)
Vitamina A, (come integratore a dosaggi giornalieri molto elevati)
Farmaci chemioterapici (metotrexate, aminopeterina)
Antibiotici (tetracicline, penicillamina)
Tiouracile (farmaco per l’ipertiroidismo)
ACE inibitori (farmaci per l’ipertensione)
Altri fattori importanti da tenere sotto controllo
1 - Il peso
Raggiungere e mantenere un peso equilibrato prima di iniziare la gravidanza è fondamentale:
le donne sottopeso hanno maggiori rischi di avere bambini di basso peso.
Le donne in sovrappeso, specie se obese, hanno un maggior rischio di complicazioni come
l’aborto spontaneo, il diabete gestazionale, l’ipertensione arteriosa e difficoltà respiratorie .
Anche per il bambino aumentano i rischi.
È pertanto consigliabile correggere e migliorare le abitudini alimentari per raggiungere il
peso ideale prima della gravidanza e tenerlo sotto controllo durante tutta la gravidanza
2- Il fumo
Fumare riduce la fertilità della coppia e peggiora le condizioni generali della madre.
Aumentano i rischi di aborto spontaneo e i casi di morte del bambino dopo la nascita. Inoltre i
bambini nati da madri fumatrici hanno più frequentemente un peso più basso alla nascita, e
questo può causare una serie di difficoltà sia nel periodo neonatale che nelle successive
epoche di vita. Smettere di fumare , quindi
• aumenta le possibilità di concepire un bambino
• riduce il rischio di un aborto spontaneo
• garantisce un miglior stato di salute generale del bambino
Anche i casi di “morte in culla” risultano ridotti quando entrambi i genitori non fumano.
3 – L’ alcool
L’abuso di alcool è pericoloso sempre; lo diventa maggiormente in gravidanza quando, oltre
ad avere effetti nocivi sulla salute della donna, ha effetti dannosi sul feto. E’ dimostrato che
un abuso di alcool è responsabile di una crescita ridotta del bambino e che può provocare
disturbi del comportamento e ritardo mentale (sindrome feto-alcoolica). Anche basse quantità
di alcool possono produrre effetti simili, per quanto meno gravi. Le bevande alcooliche
andrebbero quindi eliminate, o il loro consumo notevolmente ridotto, ancor prima del
concepimento.
4- Le droghe
E’ inutile sottolineare che tutte le droghe, anche quelle definite leggere, sono assolutamente
controindicate per chi desidera avere un bambino. Tutte, se assunte durante la gravidanza,
possono provocare qualche alterazione dello sviluppo del feto, con possibili ripercussioni
negli anni successivi alla nascita.
L’ACIDO FOLICO
L’acido folico è una vitamina del gruppo B , contenuta in diversi alimenti.
Molti studi hanno dimostrato che se le donne assumono 0.4 milligrammi di acido folico ogni
giorno, due mesi prima della gravidanza e nel primo trimestre di gestazione, vi è una
riduzione del 40% di bambini affetti da difetti del tubo neurale (spina bifida ed
anencefalia).
Non si è ancora capito esattamente come l’acido folico agisca per prevenire i difetti del tubo
neurale. Tuttavia se nell’organismo della madre, per un motivo qualsiasi, c’è una ridotta
disponibilità di acido folico nel momento in cui si deve chiudere il tubo neurale, esiste la
probabilità che le vertebre non si saldino in modo corretto.
E’ preferibile che l’acido folico sia associato ad altre vitamine. Diversi studi sembrano
dimostrare che gli effetti dell’acido folico nel prevenire altre malformazioni (ad esempio
quelle del cuore, del labbro e del palato) possono essere incrementati dalla presenza di altre
vitamine ( riduzione del rischio di circa il 20%).
Se nella propria famiglia dovessero essere già nate persone con spina bifida, il labbro
leporino o una cardiopatia congenita, è opportuno che la coppia si sottoponga ad una
consulenza genetica per conoscere esattamente il suo rischio riproduttivo e la corretta
supplementazione di acido folico.
In conclusione ricordiamo che le misure di prevenzione riducono il rischio, ma non
lo annullano mai completamente.
DNA, GENI E CROMOSOMI
Come abbiamo già sottolineato, fortunatamente quasi tutti i bambini nascono sani,
ma 3 o 4 ogni 100 presentano un difetto congenito. I difetti congeniti sono
numerosi. Alcuni, come le malformazioni e la sindrome di Down, sono molto
conosciuti. Altri, come le malattie ereditarie sono meno conosciuti.
Una parte dei difetti congeniti, come ad esempio la sindrome di Down, non è
prevedibile o prevenibile. Una parte dei rischi ereditari è invece identificabile
attraverso esami sul DNA della coppia di futuri genitori.
Il patrimonio genetico
Ogni individuo possiede un proprio patrimonio genetico (detto anche genoma)
che lo rende unico e diverso da tutti gli altri.
Il genoma è costituito da DNA, una molecola che ha la caratteristica di funzionare
come un alfabeto. Il DNA è in grado di trasmettere messaggi che determinano la
realizzazione di importanti funzioni la produzione delle proteine o il funzionamento
delle cellule.
Tratti di DNA di varia lunghezza, aventi ognuna specifica funzione e struttura,
costituiscono i geni, le unità fondamentali dell’informazione genetica.
Il DNA spiralizzato costituisce a sua volta i cromosomi.
I cromosomi
I cromosomi sono contenuti nel nucleo delle cellule. Non tutte le cellule contengono
lo stesso numero di cromosomi: si distinguono le cellule somatiche, che ne
contengono 46 e le cellule destinate alla riproduzione (cellula uovo o
spermatozoo), dette gameti, che ne contengono 23.
I cromosomi hanno aspetto e dimensioni particolari a due a due, per cui vengono
ordinati in 23 coppie: all’interno di ogni coppia, un cromosoma deriva dal padre e
uno dalla madre.
Il cariotipo femminile normale si descrive : 46,XX
Il cariotipo maschile normale si descrive : 46,XY
Rappresgenintazione
schematica di una cellula, del suo nucleo, di uno dei 46 cromosomi, della localizzazione su di esso
dei geni e del DNA di cui sono costituiti.
Con l’esame dei cromosomi NON possono essere analizzati i geni che
vengono invece analizzati con le tecniche di biologia molecolare (o analisi
del DNA).
Molti geni possono essere studiati estraendo il DNA dalle cellule del sangue. Ogni
gene possiede l’informazione per una sola proteina. Se la sequenza
dell’informazione è sbagliata, la proteina non viene prodotta oppure contiene degli
errori nella struttura che non le consentono di svolgere la sua funzione. In tutti e
due i casi, l’organo dove si esprime questa proteina non funziona correttamente ed
è causa di malattia.
Come si riconoscono le alterazioni dei cromosomi?
Le anomalie cromosomiche sono alterazioni occasionali del numero o della
struttura dei cromosomi. La maggior parte si realizza al concepimento, senza che
sia possibile una prevenzione.
Il cariotipo, che viene eseguito contando e controllando la forma dei 46 cromosomi
del nucleo delle cellule, consente di identificare sostanzialmente tutte le anomalie
cromosomiche. Nei casi in cui si voglia eseguire questa analisi durante la
gravidanza, si usano cellule della placenta (villi coriali) oppure cellule del liquido
amniotico (amniociti) ottenute attraverso prelievi eseguiti da specialisti ostetrici.
Queste cellule contengono il patrimonio genetico del feto.
La percentuale degli errori cromosomici al concepimento, varia con il variare
dell’età materna ma nessuna donna, nemmeno la più giovane, è immune da
queste possibili anomalie.
L’anomalia cromosomica più frequente e più nota è la trisomia 21 che causa la
sindrome di Down.
Cariotipo maschile caratterizzato da trisomia 21 (tre cromosomi n. 21 invece degli usuali due)
La tabella riporta la frequenza della trisomia 21 al momento della villocentesi,
dell’amniocentesi ed alla nascita . Come si può vedere vi è una riduzione della
frequenza legata alla selezione naturale)
Età materna
villocentesi
amniocentesi
20
25
30
31
32
33
34
35
36
37
1/700
1/600
1/400
1/395
1/380
1/370
1/290
1/170
1/150
1/120
1/1000
1/900
1/600
1/520
1/490
1/420
1/380
1/250
1/200
1/180
Nascita
1/1500
1/1300
1/900
1/700
1/670
1/625
1/450
1/380
1/300
1/270
38
39
40
41
42
43
44
45
1/80
1/60
1/50
1/40
1/35
1/25
1/20
1/10
1/120
1/100
1/80
1/60
1/45
1/30
1/25
1/20
1/200
1/150
1/100
1/70
1/50
1/35
1/30
1/25
Modificata da Milinsky A. (2004)
DIAGNOSI PRENATALE DELLE ANOMALIE
CROMOSOMICHE
La diagnosi prenatale comprende un insieme di metodiche che consentono di
identificare un eventuale difetto congenito del nascituro.
In generale le anomalie cromosomiche e le malattie ereditarie vengono
identificate ricorrendo alla villocentesi o all’amniocentesi e le malformazioni
attraverso l’indagine ecografica.
VILLOCENTESI
Prelievo dei villi coriali (CVS)
La VILLOCENTESI (CVS) o PRELIEVO DI VILLI CORIALI consiste nel
prelievo di una piccola quantità ( 20-30 mg) di placenta (tessuto trofoblastico)
mediante l’introduzione attraverso la parete dell’addome di un ago sottile che ha
come bersaglio la placenta.
Viene eseguita preferibilmente tra la 10^ e la 13^ settimana di gravidanza.
Il prelievo è preceduto da un’ecografia per valutare la posizione e la forma
dell’utero, la localizzazione placentare, le caratteristiche del sacco amniotico, la
vitalità, la biometria, la morfologia del feto, l’assenza di controindicazioni al
prelievo.
L’introduzione dell’ago avviene secondo la tecnica “ a mano libera ecoguidata”: la
punta dell’ago raggiunge la placenta in genere parallelamente al suo asse.
Mediante una siringa raccordata con l’ago si eseguono alcune aspirazioni.
I frammenti di placenta vengono coltivati ed analizzati dal citogenetista . Delle due
linee cellulari costituenti la placenta quella detta “citotrofoblasto” , già in fase
replicativa, permette una risposta in 48-72 ore, mentre quella “mesenchimale”
richiede 7-9 giorni di coltura per il risultato. L’uso di entrambe le tecniche consente
di raggiungere la massima affidabilità della diagnosi che è almeno del 99%.
Il rischio di perdita fetale dopo villocentesi, se eseguita all’epoca corretta, da
operatore esperto e con tecnica adeguata, è intorno allo 0.3%; tale valore è da
sommare al rischio di abortività spontanea nella fase di gravidanza in cui si esegue
la villocentesi, che è di circa il 3%.
Altri rari rischi sono: il fallimento del prelievo ( <1%), il fallimento della coltura
(<1%), un risultato dubbio che richieda un ulteriore accertamento citogenetico
(
circa 1%).
La villocentesi può essere eseguita, con particolari accorgimenti tecnici, anche
nelle gravidanze multiple,solo da operatori particolarmente esperti, prelevando villi
dalle diverse placente e quindi ottenendo il cariotipo di tutti i feti.
La diagnosi mediante CVS permette, per la precocità dell’epoca di esecuzione, nei
casi di esito patologico un intervento di interruzione della gravidanza meno
invasivo e meno rischioso per la paziente.
Inoltre i villi coriali rappresentano il tessuto fetale ottimale per le diagnosi genetiche
(DNA).
AMNIOCENTESI
Amniocentesi
L’AMNIOCENTESI consiste nel prelievo di liquido amniotico mediante
l’introduzione di un ago sottile nella cavità amniotica per via transaddominale. In
genere viene eseguita tra la 15^ e la16^ settimana.
La puntura è preceduta da un esame ecografico volto ad evidenziare le
caratteristiche dell’utero, della placenta e del liquido amniotico nonché vitalità,
biometria, morfologia e posizione del feto.
L’introduzione dell’ago avviene secondo la tecnica definita “ a mano libera
ecoguidata”: cioè la punta dell’ago è condotta sotto controllo ecografico continuo
fino al punto desiderato nel sacco amniotico.
Si prelevano mediamente 15 cc di liquido amniotico.
Le cellule fetali contenute nel liquido ( provenienti dalla desquamazione di vari
tessuti fetali) sono poste in coltura e quindi analizzate dal citogenetista per ottenere
la mappa cromosomica fetale. Il tempo medio per la risposta è di 10-14 giorni. Sul
liquido amniotico viene inoltre dosata l’alfafetoproteina (AFP) il cui innalzamento
pone il sospetto di malformazioni del sistema nervoso centrale, quali ad esempio
la spina bifida, la cui diagnosi oggi è comunque ecografica.
Il rischio di perdita fetale attribuibile all’amniocentesi, se eseguita con tecnica
adeguata e da operatore esperto, non supera lo 0.3%. Tale valore si somma al
rischio di aborto spontaneo a 16 settimane quantizzabile nell’ 1%.
Altri rari rischi sono: l’amniosite ( < 0.1% dei casi ), il fallimento del prelievo
( <1%), il fallimento della coltura (<1%), un risultato dubbio che richieda ulteriore
accertamento citogenetica ( < 0.3%).
L’amniocentesi può essere eseguita anche nelle gravidanze multiple, prelevando
liquido dai diversi sacchi amniotici e quindi ottenendo il cariotipo di tutti i feti.
DIAGNOSI PRENATALE DELLE MALATTIE GENETICHE
Quali malattie non si identificano con l’esame cromosomico?
Come già precisato, l’esame cromosomico eseguito sui villi coriali o sugli amniociti
permette di identificare solo le anomalie del numero e della struttura dei
cromosomi. L’esame cromosomico non dà informazioni sul DNA, cioè la struttura
dei singoli geni contenuti all’interno dei cromosomi. Per questo motivo l’analisi
cromosomica non puo’ dire nulla sul rischio di avere un bambino con una malattia
ereditaria dovuta a mutazione del DNA. Le malattie ereditarie sono più di 6.500.
Quali sono le mutazioni del DNA più frequenti ? Da dove provengono?
Noi tutti siamo portatori sani di alcune malattie genetiche. Le mutazioni vengono
ereditate, insieme a tutti i caratteri genetici normali, dai propri genitori.
Queste mutazioni non provocano sintomi o conseguenze per la nostra salute,
ma possono costituire un fattore di rischio per la procreazione nel caso in cui il
partner sia portatore della stessa malattia genetica. In questi casi può nascere un
bambino malato.
Le mutazioni genetiche più frequenti nella popolazione italiana sono quelle che
comportano le seguenti malattie:
1
2
3
4
anemia mediterranea (o talassemia) (1/2500 nati)
fibrosi cistica (o mucoviscidosi)
(1/2700 nati)
sindrome dell’X-fragile (o ritardo mentale legato alla X) (1/4000 maschi)
sordità congenita (legata alla connessina) 1/4000
Alcune di queste mutazioni sono facili da identificare. Ad esempio i portatori
sani di anemia mediterranea hanno i globuli rossi più piccoli dei non portatori e
possono essere identificati con un semplice emocromo. L’identificazione dei
portatori sani di anemia mediterranea avviene di fatto automaticamente per tutte le
coppie.
Altre mutazioni, come ad esempio quelle correlate alla fibrosi cistica, sono molto
più complesse da studiare e richiedono esami specifici che possono essere
eseguiti solo in particolari laboratori.
Perché è importante identificare i portatori sani di malattie ereditarie?
L’incontro di due portatori sani della stessa mutazione genetica comporta un
rischio elevato di avere un figlio malato ( 25% ). Le due mutazioni che causano i
sintomi della malattia giungono nel patrimonio genetico dell’embrione trasportate
dalle cellule germinali, cioè la cellula uovo e lo spermatozoo ed impediscono
l’espressione di una determinata funzione che puo’ colpire un organo, un apparato
o l’intero organismo.
Le malattie ereditarie sono quasi sempre molto gravi e attualmente ancora poco
curabili.
Se entrambi i soggetti di una coppia risultano non portatori di una determinata
malattia, la loro probabilità di avere un figlio malato è praticamente nulla. Infine, se
un partner è portatore e l’altro è non portatore la probabilità di malattia del figlio è
molto bassa, anche se non assente. Per questo motivo è sempre utile verificare il
livello di rischio della propria coppia, almeno per le malattie genetiche più frequenti.
Come si eseguono le indagini per identificare le mutazioni ?
In generale, per le indagini di mutazioni collegate a malattie genetiche si utilizza il
DNA estratto dalle cellule del sangue, ottenute con un semplice prelievo dal
braccio. Con un unico prelievo di sangue si possono eseguire diverse analisi. In
alcuni casi è sufficiente eseguire un tampone buccale.
Il DNA estratto dalle cellule del sangue o della mucosa della bocca viene
analizzato con metodi particolari, scelti dal laboratorio sulla base dell’esperienza e
delle attuali tecnologie. Si tratta di metodi molto sicuri e riproducibili con un 99% di
affidabilità.
Come ci si orienta per decidere se eseguire un determinato test genetico?
Bisogna distinguere due diverse situazioni:
1) Presenza, nelle proprie famiglie, cioè tra i fratelli, le sorelle, gli zii o i cugini, di
persone malate o portatrici sane di una malattia genetica già individuata. In questi
casi la regola vuole che la coppia venga indirizzata ad un centro di genetica prima
della gravidanza per avere tutte le
informazioni e la precisazione della
probabilità di avere figli malati e per conoscere se esistono indagini da effettuare
una volta avviata una gravidanza.
Queste coppie vengono definite a rischio aumentato a causa della loro storia
familiare.
2) Assenza nella proprie famiglie di persone malate o portatrici sane di malattie
genetiche. In questi casi i componenti della coppia vengono considerati soggetti
della popolazione generale e la loro probabilità di essere portatori sani è derivata
dai dati riferiti alla popolazione italiana.
I seguenti dati indicano, ad esempio, la probabilità, per una persona italiana, di
essere portatrice sana di una delle seguenti malattie, non avendo alcun caso in
famiglia:
talassemia
Fibrosi cistica
Sordità legata alla Connessina 26
Ritardo mentale X-fragile
1/25
1/27
1/60
1/250 (donne)
Per poter valutare se sottoporsi ad un test genetico è importante conoscere,
almeno a grandi linee, la malattia di cui si desidera conoscere il rischio riproduttivo
e le caratteristiche del test stesso.
FIBROSI CISTICA
La forma grave, più nota, di Fibrosi Cistica causa problemi all’apparato respiratorio
e digestivo e porta nel tempo ad una malattia polmonare cronica che conduce, a
sua volta, all’ insufficienza respiratoria. La gravità della malattia polmonare è
determinante rispetto alla qualità ed alla durata della vita. Infatti, la maggior parte
delle persone malate muoiono proprio a causa delle complicanze polmonari. I
bambini con la fibrosi cistica sono seguiti da centri clinici specialistici che prestano
le cure volte a prevenire i fenomeni acuti respiratori e il cattivo assorbimento
intestinale, ma tutt`ora non esiste una terapia che arresti completamente la
malattia. Come abbiamo visto la frequenza dei portatori sani è relativamente
elevata nella popolazione italiana ed europea, e quindi non è così raro che due
genitori, entrambi portatori sani, possano incontrarsi casualmente ed avere figli
malati. Il rischio per queste coppie è del 25% (1/4) ad ogni gravidanza.
La fibrosi cistica è causata da numerosissime mutazioni diverse tra loro, piu’ di
mille.
L’indagine molecolare standard del gene CFTR permette di individuare se il
soggetto è portatore di una delle mutazioni più frequenti ed importanti. La
negatività del test, anche se effettuato solo su uno dei due genitori, permette di
ridurre drasticamente il rischio della coppia di avere figli con questa malattia.
La tabella che segue illustra la probabilità di essere portatori e di avere un figlio
malato prima e dopo il test Questa probabilità va confrontata con la probabilità
della popolazione generale che è di 1/3.000 circa.
probabilità di essere portatore
prima del test
1/27
rischio di un figlio malato
prima del test
1/2700
probabilità di essere portatore
dopo il test negativo (
no mutazioni gravi)
1/90
1/27 x 1/90 x ¼
1/10000
1/90 x 1/90 x ¼
1/32000
1/90 x ½ x 1/2
1/360
½x½
¼ = 25%
rischio di figlio malato se un partner è
negativo al test standard e uno non è
testato
rischio di figlio malato se due partner
sono testati e negativi al test standard
rischio di figlio malato se un partner è
positivo e uno è negativo
rischio di figlio malato se i due partner
sono positivi
In generale si suggerisce il test FC ad un componente della coppia. Nel caso di
positività si esegue il test anche sul partner.
SORDITA’ (legata a mutazioni del gene Connessina 26)
Le mutazioni del gene Connessina 26 causano sordità neurosensoriale non
associata ad altri segni o sintomi. La sordità da Connessina 26 rappresenta
circa il 50% di tutte le forme di deficit uditivo genetico ed è caratterizzata dalla
perdita dell'udito, bilaterale e isolata, che avviene sistematicamente prima
dell'acquisizione del linguaggio. La perdita dell'udito può essere lieve o profonda,
con variabile espressione intrafamiliare e interfamiliare. Genitori entrambi portatori
sani di una mutazione del gene Connessina 26 hanno un rischio del 25% ad ogni
gravidanza di avere figli con questa disabilità.
La negatività del test che identifica la mutazione più frequente (35delG) permette di
ridurre drasticamente il rischio della coppia di avere figli con deficit uditivo
associato a mutazioni della connessina 26, anche se non lo annulla del tutto.
E’ importante sottolineare che la negatività del test non esclude deficit uditivo da
altra causa.
RITARDO MENTALE DA SINDROME X-FRAGILE
La sindrome dell'X-fragile è una delle cause più frequenti di ritardo mentale
dopo la sindrome di Down ed è la più frequente tra quelle ereditarie. La
prevalenza della sindrome dell’X-fragile è di circa 1/4000 nei soggetti di sesso
maschile e di 1/8000 nei soggetti di sesso femminile. La prevalenza delle
femmine portatrici della premutazione è di circa 1/250 e dei maschi portatori della
premutazione è di circa 1/813.
La sindrome comporta caratteristiche comportamentali, fisiche e intellettive note
e riconoscibili. Nelle persone affette è stata individuata una mutazione
del
gene FMR1 (localizzato sul cromosoma sessuale X), che consiste in una
ripetizione di una porzione del gene superiore a 200 volte la norma (mutazione
completa). Gli individui con una ripetizione da 56 a 200 (premutazione) vengono
definiti portatori sani in quanto non manifestano la malattia.
Le madri portatrici della premutazione hanno una probabilità del 50% di avere figli
maschi malati e del 50% di avere femmine con la mutazione completa (di queste
solo la metà presenterà i sintomi della malattia) .
Il test molecolare del gene FMR1 consente di individuare senza ambiguità sia lo
stato di premutazione che di mutazione completa.
La normalità del gene FMR1 della donna consente di escludere una sindrome
dell’X Fragile nella prole.
Dopo aver eseguito uno o più test genetici come cambia il rischio
riproduttivo?
L’assenza di mutazioni per una determinata malattia genetica riduce drasticamente
la probabilità di avere un figlio con la malattia collegata all’indagine eseguita. Le
malattie citate hanno la caratteristica di essere frequenti, gravi ed
attualmente indagabili. In un prossimo futuro sarà offerta la possibilità
diagnostica anche per altre malattie genetiche alle coppie non a rischio che
desiderassero ulteriori accertamenti.
Bisogna però sottolineare che le malattie genetiche sono numerosissime, più di
6.000 e che l’esclusione di alcune di esse, anche se sono le più frequenti, non
consente di azzerare la probabilità di difetti congeniti alla nascita.
Quando eseguire i test genetici?
Il momento ideale per discutere le problematiche e quindi eseguire i test per
malattie genetiche è in occasione della consulenza preconcezionale.
I test possono essere opportunamente eseguiti anche all’inizio della gravidanza nel
corso della pianificazione dell’iter diagnostico prenatale.
Infine i test possono essere eseguiti contemporaneamente alla procedura di
diagnosi prenatale ( villocentesi).
Esistono posizioni ufficiali sull’uso dei test genetici?
Nei precedenti paragrafi sono riportate le informazioni riguardanti le patologie
genetiche più frequenti nella popolazione ( fibrosi cistica, sindrome da X fragile,
sordità genetica ) e per le quali esistono test genetici validati e con alta affidabilità,
che possono essere eseguiti sui futuri genitori.
Generalmente questi esami sono indicati e vengono eseguiti presso le
strutture sanitarie convenzionate solo per persone a rischio più elevato
rispetto alla popolazione generale, essenzialmente per una storia familiare
positiva.
E’ comunque importante sottolineare che tali patologie sono tra le più frequenti
malattie genetiche e conseguentemente è elevato il numero dei portatori sani.
Per questo motivo nella realtà italiana si sta diffondendo l’uso di offrire la
possibilità, anche a coppie a basso rischio, di conoscere il loro eventuale
stato di portatori sani.
Per le coppie a basso rischio la scelta di discutere con il proprio specialista
di fiducia se eseguire o meno le indagini sul DNA rimane pertanto
assolutamente soggettiva e volontaria.
LE MALATTIE INFETTIVE
La maggior parte delle malattie infettive, anche se contratte dalla mamma durante la
gravidanza, non costituisce un problema per il nascituro; la placenta infatti svolge un ruolo
straordinario di barriera “attiva” , che permette il passaggio al feto di anticorpi protettivi
materni (difese immunitarie), ed impedisce la trasmissione
degli agenti infettivi al
compartimento fetale.
In due casi tuttavia il feto può essere a rischio:
1- Alcune infezioni, come i virus dell’epatite B e C o il virus dell’HIV possono essere
trasmesse dalla mamma che ne è portatrice in fase attiva, al feto durante la gravidanza o il
parto. Non sono causa di anomalie congenite (difetti fisici o handicap mentali) ma
comportano la nascita di un bimbo affetto da un’infezione analoga a quella della mamma.
E’ pertanto fondamentale verificare nel corso della gravidanza se la mamma è
affetta da tali malattie al fine di mettere in atto le opportune precauzioni.
2- Un’altra classe di infezioni contraddistinte dall’acronimo TORCH (toxoplasmosi, rosolia,
CMV, Herpes virus e altri tra cui la varicella) è potenzialmente pericolosa per il feto qualora la
mamma venga contagiata per la prima volta durante la gravidanza.
Durante il periodo embrionale in cui avviene l’organogenesi, ovvero la formazione degli organi
questo gruppo di infezioni può causare danni molto gravi al feto in caso in cui il filtro
placentare non riesca ad impedire la trasmissione dell’infezione.
I danni coinvolgono frequentemente il sistema nervoso centrale, le funzioni
sensoriali ( la vista, l’udito )e le facoltà intellettive.
Il rischio di conseguenze per il feto tende a ridursi con il passare delle settimane di
gravidanza, pur essendo ancora presente nel corso del II e III trimestre di gravidanza.
Gli esami del sangue, se effettuati prima della gravidanza, permettono di valutare la
suscettibilità della mamma alle varie infezioni e, a seconda dei casi, mettere in atto le
opportune precauzioni.
Se la mamma ha già contratto tali malattie (stato immune) avrà nel sangue anticorpi in
grado di proteggere il nascituro in caso di nuovo contatto durante la gravidanza e nei primi
mesi di vita.
In caso contrario, durante la gravidanza è opportuno verificare a intervalli regolari che la
mamma non abbia contratto l’infezione.
Prima della gravidanza se la mamma è suscettibile alla rosolia e alla varicella è possibile
effettuare la vaccinazione almeno 1 mese prima del concepimento.
Per quanto concerne la toxoplasmosi, non esiste ad oggi un vaccino ma solo norme
igienico-sanitarie per ridurre il rischio di contagio:
-evitare carni crude, insaccati
-lavare frutta e ortaggi con amuchina o bicarbonato
-lavarsi le mani dopo aver maneggiato utensili per tagliare la carne cruda
-utilizzare guanti in caso di giardinaggio
-evitare di occuparsi della lettiera dei gatti
VACCINAZIONI
Sono vivamente sconsigliate durante la gravidanza tutte le vaccinazioni con organismi vivi
attenuati (ovvero vivi ma meno virulenti, come il vaccino per la rosolia e la varicella)
Sono al contrario permesse e consigliabili, in presenza di fattori di rischio (da valutare di volta
in volta con il proprio medico curante), le vaccinazioni da antigeni di superficie e ricombinanti
(influenza e virus dell’epatite B o antitetanica).
ECOGRAFIA OSTETRICA
L’ECOGRAFIA è una tecnica diagnostica che consente di esplorare gli organi interni del
corpo. Si avvale di onde sonore ad alta frequenza, nella fascia non udibile dall’orecchio
umano (ULTRASUONI).
Tali onde, prodotte dalla vibrazione di cristalli particolari
(piezoelettrici) contenuti nelle sonde utilizzate per gli esami ecografici, penetrano attraverso i
tessuti del corpo. I diversi tessuti, cute, sottocute , vasi , parete dell’utero il liquido
amniotico ed i tessuti fetali riflettono parte di queste onde generando echi riflessi (onde di
ritorno) che registrate dalla sonda vengono inviate all’unità centrale che li “decodifica”
trasformandole in immagini visibili in tempo reale nel monitor dell’apparecchio.
Gli ultrasuoni sono stati introdotti nella pratica clinica ormai da più di 30 anni, e non sono mai
stati riportati effetti nocivi sul feto, e, nel lungo termine, sugli individui sottoposti a tale
metodica durante la vita prenatale. Si ritiene pertanto che, con le apparecchiature e le
procedure attualmente a disposizione, l’impiego dell’ecografia non comporta rischi per la
mamma ed il nascituro.
L’ecografia consente di verificare lo stato della gravidanza, l’epoca gestazionale, il numero dei
feti ed in caso, il tipo di gemellarità (monocoriale o bicoriale); permette di valutare
l’accrescimento fetale attraverso la misurazione di parametri biometrici (estremo cefalico,
addome e femore) l’anatomia di alcuni organi fetali,i movimenti, la quantità di liquido
amniotico e la posizione della placenta.
Le finalità dell’esame ecografico cambiano in relazione all’epoca gestazionale.
Solitamente in Italia vengono effettuate 3 ecografie nel corso della gravidanza, una in
ciascun trimestre.
Nel PRIMO TRIMESTRE è necessario
1 Verificare il regolare impianto nell’utero della camera gestazionale
2 Valutare la presenza, vitalità e numero degli embrioni
3 misurare il CRL (lunghezza vertice-sacro)
4 in caso di gemellarità definirne la corialità (gemelli identici o fratelli)
5 datare la gravidanza(corrispondenza rispetto alla data dell’ultimo ciclo)
6 escludere patologie delle tube e ovaie
Nel SECONDO TRIMESTRE è necessario valutare:
1 l’anatomia fetale (screening delle malformazioni)
2 la biometria fetale (accrescimento fetale)
3 l’inserzione placentare
4 la quantità di liquido amniotico
Nel TERZO TRIMESTRE si effettua un controllo analogo a quello eseguito nel corso del II
trimestre con particolare attenzione all’accrescimento fetale, all’inserzione placentare, alla
quantità di liquido amniotico ed al benessere fetale.
Se possibile (posizione del feto, quantità di liquido amniotico, epoca gestazionale), l’esame
ecografico dovrebbe essere completato da una valutazione anatomica, volta all’identificazione
di difetti congeniti; il riscontro di tali condizioni, infatti, può essere precoce (fin dall’ecografia
eseguita nel primo trimestre), ma anche tardivo, nel terzo trimestre o dopo la nascita.
L’ACCURATEZZA di un esame ecografico di primo livello, nell’identificare difetti
congeniti
varia tra il 30-80% e dipende da molteplici fattori tra cui:
l’esperienza dell’operatore, il tipo di apparecchio impiegato, l’epoca gestazionale,
la posizione del feto, la quantità di liquido amniotico, lo spessore dei tessuti della
parete addominale ed infine l’entità e l’epoca di comparsa del difetto anatomico.
Per le caratteristiche intrinseche ed i limiti della metodica è possibile che alcune anomalie,
anche maggiori, possano sfuggire ad un esame ecografico. Nelle migliori condizioni è
ipotizzabile che solo metà dei difetti congeniti rilevati alla nascita possano
essere identificati nel corso della vita prenatale.
La rilevazioni delle anomalie minori non è un obiettivo dell’esame ecografico di
routine.
L’ECOGRAFIA 3D E 4D
L’ecografia tridimensionale è il risultato dell’integrazione
dei principi dell’ecografia
bidimensionale, le scansioni ottenute secondo piani trasversali, longitudinali e obliqui
vengono ricostruite tridimensionalmente attraverso l’elaborazione computerizzata in modo
da riprodurre l’organo, l’arto o le parti fetali da studiare.
Quando si posiziona sull’addome una sonda dedicata per questo tipo di esame e si avvia la
modalità 3D/4D l’apparecchio ecografico acquisisce immediatamente il volume campione con
tutti i piani di sezione , li rielabora in tempo reale ed attraverso un processo noto come “
rendering” riproduce delle immagini che sono molto simili alla realtà.
La modalità 4D consente di esplorare l’aspetto tridimensionale di un organo, o del feto nel
tempo, seguendo i movimenti in tempo reale. Si vedrà quindi in diretta, il feto muovere le
manine, succhiarsi il dito, giocherellare con il cordone ombelicale etc.
Le sonde impiegate sono in grado di acquisire circa 25 –30 fotogrammi al secondo senza
movimento della sonda; ne consegue una immediatezza nella visualizzazione dei particolari
tridimensionali fetali.
Se il 3D è paragonabile ad una fotografia convenzionale il 4D è paragonabile ad una ripresa
video
L’ecografia 3D non è assolutamente un esame di routine.
La sua esecuzione è piuttosto indaginosa rispetto ad una ecografia ostetrica bidimensionale, è
condizionata da vari fattori che ne possono compromettere la riuscita. La posizione del feto
è, ad esempio, cruciale se si vogliono ottenere immagini del volto fetale, ovvero il feto deve
rivolgere il volto verso l’addome della mamma; è necessaria una certa quantità di liquido
amniotico che si comporti da interfaccia per decodificare le immagini, la sua scarsità o la
vicinanza con altre strutture può cearare artefatti che preoccupano i genitori; l’ecogenicità dei
tessuti della donna influenza molto le qualità delle immagini che si ottengono; è talvolta
possibile dover rimandare l’esame in un momento più favorevole per un’altra seduta
Il suo scopo è ovviamente clinico-diagnostico come approfondimento di elevata
specializzazione ed in tal caso viene impiegato come ausilio o complemento nella definizione
e caratterizzazione di un difetto congenito (in caso ad esempio di difetti del viso, delle mani,
dei piedi della colonna vertebrale) utilizzando la macchina in tutte le sue modalità (volume
mode sezioni multiplanari e modalità trasparente)
In tutti gli altri casi rappresenta più una occasione per vedere il proprio bambino nel suo
percorso di sviluppo intrauterino; la ricostruzione attraverso la modalità VOLUME è una
specie di calco e riproduce una vera immagine tridimensionale del viso, delle mani ecc,
fornendo una lettura della superficie del bambino a contatto con il liquido amniotico
permettendo ai genitori di
osservarne le fattezze del volto, spiarne i movimenti, e se
fortunati registrare uno sbadiglio o una smorfia. L’esame è generalmente fonte di una forte
emozione per i genitori
Alla luce delle conoscenze mediche attuali, l’ecografia 3D - 4D è innocua come l’ecografia
bidimensionale standard. Non vengono infatti utilizzate potenze differenti, cambia solo il
modo di rappresentazione dell’immagine
Deve risultare tuttavia ben chiaro che, in queste circostanze, l’esame perde valore
diagnostico, nel senso che non è mirato alla valutazione anatomica convenzionale di tutti gli
organi fetali ed all’esclusione di eventuali difetti congeniti
ECOCARDIOGRAFIA FETALE
Le cardiopatie sono i più comuni difetti congeniti rilevati alla nascita, con una prevalenza nella
popolazione generale compresa tra 0,8-1%. Rappresentano 1/5 di tutte le anomalie
congenite, sono frequentemente associate ad anomalie cromosomiche, ad anomalie
extracardiache e sono responsabili di una quota non trascurabile della mortalità perinatale ed
infantile.
L’inquadramento prenatale di una cardiopatia congenita permette una migliore gestione
ostetrica della gravidanza, del parto ed aumenta le probabilità di sopravvivenza nei casi
suscettibili di correzione chirurgica.
Da queste premesse risulta evidente l’importanza di uno screening delle cardiopatie
congenite durante la gravidanza.
L’ECOCARDIOGRAFIA FETALE è un esame ecografico altamente specialistico ed ha lo
scopo esaminare l’anatomia e la funzione del cuore fetale. Si effettua in generale con
apparecchiature ad alto potere di risoluzione (dotate di M-mode, Doppler pulsato-continuo e
Color Doppler opportunamente settati).
La metodologia dell’esame ecocardiografico prevede l’identificazione della posizione del feto,
del situs (disposizione) degli organi viscerali, dei ritorni venosi sistemici. Successivamente si
procede con la valutazione vera e propria del cuore fetale, camere cardiache, connessioni
atrioventricolari e ventricolo arteriose, infine con la valutazione del ritmo e dei flussi al
Doppler.
L’indicazione all’ecocardiografia è assoluta in caso di rischio specifico aumentato (materno o
fetale), nei seguenti casi:
1 Familiarità (per sindromi genetiche o cardiopatie congenite)
2 Malattie materne; diabete, infezioni , cardiopatie, malattie autoimmuni
3 Età materna avanzata
4 Esposizione a farmaci teratogeni
Indicazioni fetali:
1 sospetto di cardiopatia congenita all’esame di routine
2 Anomalie cromosomiche
3 Anomalie congenite extracardiache
4 Iposviluppo fetale
5 Gravidanze plurime da procreazione medico assistita
6 Idrope fetale (versamenti sierosi)
7 Translucenza nucale aumentata (>95 ° centile)
Viene eseguita a partire dalla 12-14 settimana di gravidanza anche se prima della 18-20°
settimana le sezioni del cuore non sono sufficientemente grandi per consentire una
adeguata visualizzazione di tutte le strutture.
Alcune cardiopatie (difetti interventricolari, difetti valvolari o patologie evolutive), per l’entità
del difetto o per l’epoca di comparsa possono non essere riconosciuti nel corso della vita
prenatale e rappresentano i più comuni falsi negativi dell’ecocardiografia.
La precisione diagnostica dell’esame è generalmente piuttosto elevata e cresce con
l’esperienza dell’operatore.
TEST DI SCREENING
Negli ultimi anni l’età media al concepimento è significativamente aumentata e altrettanto la
prevalenza di Sindrome di Down, essendo la sua frequenza strettamente legata all’età
biologica della madre al concepimento.
I test di screening (translucenza nucale, duo test/bi test, screening combinato, tri test)
costituiscono un gruppo di esami il cui obiettivo consiste nel formulare una stima
personalizzata del rischio di un feto per anomalia cromosomica ( trisomia 21,13,18 ).
Tale valutazione è il prodotto di algoritmi matematici che combinano vari fattori: età
materna, parametri ecografici come la translucenza nucale e/o biochimici (ormoni placentari
presenti nel sangue materno).
I test di screening rispondono all’esigenza di selezionare, nella popolazione, una categoria di
soggetti a rischio più elevato per una determinata condizione (sindrome di Down) a cui
offrire una diagnosi prenatale invasiva. Possono essere effettuati nel I o all’inizio del II
trimestre.
TRASLUCENZA NUCALE
Introdotta agli inizi degli anni 90’, la misurazione della translucenza nucale è rapidamente
diventata il più efficace strumento di Screening della sindrome di Down nel I trimestre.
Per translucenza nucale si intende il normale accumulo di fluido nei tessuti sottocutanei a
livello della regione nucale del collo fetale(tra i muscoli che ricoprono la colonna cervicale e la
cute fetale) che si osserva nel corso di un esame ecografico nel I trimestre. Quest’area situata
e livello della nuca fetale deve essere misurata in un momento specifico e limitato della
gravidanza ( tra 11 settimane + 4 giorni fino a 13 settimane + 5 giorni) da operatori esperti
e con tecnica standardizzata.
Quanto maggiore è lo spessore di tale regione tanto maggiore è il rischio di un’anomalia
cromosomica (trisomia 21 ( sindrome di Down ) e trisomia 18 sindrome di Edwards ).
Oltre alla sindrome di Down, la translucenza nucale aumentata risulta correlata ad altre
condizioni patologiche :
1 altre anomalie cromosomiche (trisomia 13, e trisomia 18)
2 cardiopatie congenite
3 malformazione congenite
o ernia diaframmatica, anomalie scheletriche, onfalocele e megavescica
4 e numerose sindromi genetiche (sindrome di Noonan)
Come implicito nel concetto di screening, la translucenza nucale non è un esame
diagnostico, ovvero non esclude la possibilità di una anomalia dei cromosomi, ma riesce ad
identificare circa l’ 80% dei casi di sindrome di Down attesi in una determinata popolazione.
DUO TEST – BI TEST
Se ai parametri ecografici si associa un prelievo di sangue materno per il dosaggio di due
ormoni feto-placentari ( PAPP-A e free-beta hCG ) la sensibilità dello screening migliora.
Il dosaggio plasmatico di tali ormoni è anch’esso in relazione con il rischio di Sindrome di
Down: la free-beta hCG risulta in genere aumentata in caso di anomalia cromosomica fetale,
mentre la PAPP-A diminuita.
L’integrazione di questi parametri (misure ecografiche e dosaggi ormonali) permette infatti
di identificare il 90 % dei casi attesi di sindrome di Down; ciò significa anche che
1 feto su 10 sfugge alla diagnosi ovvero che nonostante sia affetto, il test di screening non dà
un risultato di rischio aumentato ( falso negativo)
Il numero di falsi positivi (falsi allarmi) è fisso e stimato al 5%.
In caso di rischio aumentato, (convenzionalmente fissato a valori uguali o superiori a 1/300)
vi è indicazione a procedere ad una diagnosi prenatale invasiva al fine di escludere la
presenza di una anomalia dei cromosomi.
La scelta di procedere o meno è però rigorosamente individuale e personale
In linea generale e, indipendentemente dal valore assoluto del risultato, se lo screening è
positivo la probabilità che il feto sia effettivamente affetto da sindrome di Down è circa 1/40.
Lo screening del I trimestre può essere applicato con efficacia anche nella gravidanza
multipla, e conserva la medesima affidabilità, inoltre la valutazione è feto-specifica, a seconda
del numero di feti viene prodotta una valutazione di rischio individuale per ciascuno di essi.
In conclusione si ricorda che per i test di screening:
1 La negatività riduce il rischio, ma non lo azzera
2 La positività del test non significa necessariamente che il feto sia affetto, ma
che è giustificato e consigliabile eseguire una procedura diagnostica.
OPZIONI E TIMING DELLA DIAGNOSTICA PRENATALE
1 NESSUNA DIAGNOSI PER SCELTA FILOSOFICA PERSONALE
2 TEST GENETICI PREGRAVIDANZA O NEL PRIMO TRIMESTRE
3 TEST DI SCREENING ( BI TEST)
TRA 12 E 13 SETTIMANE
4 VILLOCENTESI TRA 11 E 13 SETTIMANE
5 AMNIOCENTESI TRA 15 E 17 SETTIMANE
6 ECOGRAFIA MORFOLOGICA TRA 19 E 21 SETTIMANE
7 ECOCARDIOGRAFIA TRA 19 E 21 SETTIMANE